In questa pagina è possibile chiedere informazioni o lasciare un commento relativamente alle Neoplasie Mieloproliferative.
Si sottolinea che non verranno espressi pareri medici su situazioni personali o valutazioni su diagnosi e cure in corso. I ricercatori si riservano di non rispondere a domande che abbiano come oggetto giudizi clinici personali. Le risposte saranno pubblicate in questa sezione del sito nell'arco di alcuni giorni. Non verranno fornite risposte ad indirizzi email privati.
Archivio 2017
Nella policitemia il vaccino antinfluenzale va fatto o a causa dei globuli bianchi già elevati e del midollo già accelerato va evitato?
(Giancarlo)
Risposta
Nei pazienti con diagnosi di policitemia vera non sono note controindicazioni all'esecuzione della vaccinazione antinfluenzale. Discuta con il suo medico curante l'indicazione a procedere con la vaccinazione.
Salve, scrivo per avere informazioni su una trombosi alla vena porta che hanno riscontrato a mio padre qualche mese fa. Ha già avuto più di un emorragia che l'ha portato a doversi ricoverare d'urgenza più di una volta. Mio padre ha un cancro al fegato che non può essere curato (cosi dicono i medici) fino a che non viene risolto il problema delle continue emorragie dovute dal trombo alla vena porta. Volevo quindi chiedere: è possibile operare questa trombo o no? Ci sono specialisti in Italia che possono visitare mio padre? Io sto cercando disperatamente aiuto e spero di aver delle risposte che possano darmi speranza. Grazie
(Federico)
Risposta
Buongiorno Federico, la domanda non rientra tra le tematiche del progetto Agimm, che si occupa di complicanze trombotiche nell'ambito delle neoplasie mieloproliferative. Le consiglio pertanto di consultare l'oncologo di riferimento.
Buongiorno, vorrei un vostro parere circa la tempistica diagnostica dello stadio di mielofibrosi. Dopo una prima biopsia nel 2012 con MF1 per 5 anni non è stata eseguita alcuna biopsia di controllo e quando è stata rifatta nel 2017, perché l'emoglobina continuava a scendere e la milza ad igrossarsi, il risultato è stato di MF3. Ora ha iniziato jakavi, ma in dose ridotta per anemia e necessita di trasfusioni.
Mi chiedo, non sarebbe stato meglio intercettare lo stadio MF2, magari con una biopsia di controllo intermedia, dato che anche se lentamente l'emoglobina scendeva, e iniziare jakavi in quel momento. Non avrebbe un'aspettativa di vita migliore? Mi sembra che si sia aspettato troppo e ora non ci sia molto da fare per rallentare il processo, infatti con questa dose di jacavi la milza non diminuisce e immagino che la fibrosi non si fermi. Grazie per il vostro aiuto. Buona giornata.
(Roberta)
Risposta
Buongiorno Roberta, credo di aver già risposto ad una sua analoga domanda del 24/12 ma per sicurezza ripropongo la risposta.
Ad oggi non sono disponibili farmaci (compreso il ruxolitinib) in grado di modificare la storia naturale della mielofibrosi primitiva, e quindi di bloccare o quanto meno rallentare la progressione della fibrosi midollare. L'unica opzione terapeutica con potenzialità curativa è rappresentata dal trapianto allogenico di midollo osseo, che è riservato tuttavia solo ad alcuni pazienti con specifiche caratteristiche. E' evidente che, nel caso specifico di suo padre, una più precoce rivalutazione midollare, pur documentando un aumento del grado di fibrosi midollare, non avrebbe fornito informazioni aggiuntive ed utili da un punto di vista terapeutico. L'uso del ruxolotinib è regolamentato in maniera precisa e non derogabile. Tale farmaco, infatti, è prescrivibile in presenza di specifiche condizioni indipendenti dal grado di fibrosi midollare documentata alla biopsia osteomidollare. In particolare, il ruxolitinib è indicato per il trattamento della splenomegalia e dei sintomi in pazienti con mielofibrosi (primitiva, post-policitemia vera o post-trombocitemia essenziale) a rischio alto, intermedio-2 e più recentemente intermedio 1.
Grazie x la risposta del 19 dicembre cmq l ematolo mi dice che anche se avrei avuto malattia mieloprolifera oltre la kumadin e domina non mi avrebbero fatto prendere niente xche come dicevo senza nessun sintomo, dimenticavo jek 2 negativo secondo voi?
(Mario)
Risposta
Buongiorno Mario, probabilmente per alcuni errori di battitura la domanda risulta poco comprensibile. Sarò felice di rispondere se mi riformula il quesito, magari aggiungendo qualche altra informazione riguardo alla sua condizione. Grazie mille.
Curo da qualche anno (3) la policitemia con idrossiurea, cardioaspirina e allipurinolo per evitare iperuricemia e salassi (negli ultimi 2 anni, 5 ogni anni). Ho superato i 75 anni. C'è un limite nei salassi per anno? Milza, fegato ed esami ematologici vari in ordine, ad eccezione dell'ematocrito sempre sui 46/46,5 ed emoglobina sui 16 di media. Per questi due dati utilizzo salassi.
(Pier)
Risposta
Non esiste un numero massimo di salassi eseguili nell'arco di un anno. Secondo le attuali linee guida internazionali, un paziente come lei a rischio elevato (per età maggiore di 60 anni) il trattamento indicato è l'aspirina a basse dosi, la terapia citoriduttiva a base di Onco Carbide e i salassi per mantenere un valore di ematocrito inferiore a 0.45.
Curo da quakche anno la policitemia con idrossiurea, cardioaspirina e allipurinolo per evitare iperuricemia. E' presente però una cheratosi attinica al cuoio capelluto e prurito. Che consiglio può darmi?
(Pier)
Risposta
Per il trattamento della cheratosi attinica è consigliabile affidarsi all'esperienza di uno specialista dermatologo, non avendo nessuna correlazione con la malattia mieloproliferativa e con il suo trattamento. Per quanto riguarda il prurito, si tratta di un disturbo molto frequente nei pazienti con policitemia vera, talora molto fastidioso e disturbante e spesso poco responsivo ai farmaci oggi a disposizione. I consigli che posso darle per limitare il prurito sono di lavarsi preferibilmente con acqua fredda o al più tiepida (ma non calda), di asciugare senza strofinare ma solo premendo delicatamente sulla pelle con un asciugamano morbido, di non grattarsi e di evitare l'esposizione solare utilizzando sempre fattori di protezione alti (creme schermanti, specialmente se in trattamento con idrossiurea). Inoltre la pelle dovrebbe essere mantenuta idratata impiegando apposite creme o lozioni. Sono stati segnalati benefici con l'impiego di soluzioni di bicarbonato di sodio o di creme alla capsaicina, con trattamenti a base di raggi ultravioletti (purché sotto stretto controllo specialistico dermatologico) e con l'uso di antistaminici (che possono però causare sonnolenza).
Buongiorno dottori, ho 66 anni sono affetta da trombofilia genetica ho fatto l'ecocolordoppler del TSA e hanno riscontrato a sinistra placca ateromastica con riduzione del 40% e a destra placca con riduzione del 20-25%; dall'angiologo mi e' stata consigliata terapia antiaggregante ma non tollero nessuna terapia del tipo cardioaspirina, plavix , ticklid, ibustrin con farmaci IPP pntoprazolo, omeprazolo e esomeprazolo) in quanto mi si scatena RGE con dolore e pirosi epigastrica, sono anche affetta da ernia iatalee piccoli polipi del corpo gastrico. Per questo l'ematologa ha sostituito gli antiaggreganti con compresse di PRISMA che assumo mattina e sera. L'angiolo a cui mi sono rivolta mi dice che non sono sufficienti per il mio problema invece l'ematologa dice che basta questa terapia con il Prisma perché è antiaggregante. A dire la verità sono molto confusa non so cosa fare. Vi prego illustri ricercatori di dirmi secondo voi qual è la terapia più giusta in modo da non rischiare trombosi o ischemie. Vi rigrazio anticipatamente.
(Giovanna)
Risposta
Buongiorno Giovanna, sono dispiaciuto ma non posso rispondere alla sua domanda. Il sito AGIMM è dedicato a pazienti affetti da neoplasie mieloproliferative e i ricercatori del gruppo AGIMM che rispondono sono specialisti che hanno accumulato esperienza nella gestione di queste condizioni.
In riferimento alla risposta del 14/12/2017, "policitemia vera", ore 17,19, ultima riga. Se nella PV non vi è correlazione tra piastrinosi e rischio trombosi, qual è il rischio maggiore di svilupparla per cui viene raccomandata aspirina? E' forse Htc a predire il rischio? In ultima analisi, di cosa si muore nella PV?
(Fabrizio)
Risposta
Nella policitemia vera sono stati ad oggi identificati diversi fattori di rischio trombotico, tra cui quelli più conosciuti e studiati sono la storia di pregressi eventi trombotici, l'età del paziente, l'ematocrito (quale indice della massa eritrocitaria) e la leucocitosi (ovvero un aumentato numero di globuli bianchi). Le confermo che non esistono in letteratura evidenze a supporto della correlazione tra piastrinosi e rischio di sviluppare trombosi. Secondo le attuali linee guida internazionali, il trattanmento della policitemia vera ha come obiettivo la riduzione del rischio di sviluppare eventi trombotici senza incrementare il rischio emorragico. Tale obiettivo si ottiene con l'uso di aspirina a basse dosi, di salassi per mantenere un ematocrito inferiore a 45% e di terapia citoriduttiva (in genere Onco Carbide) a seconda della classe di rischio trombotico del paziente, definita dall'età e dalla storia di pregressi eventi trombotici.
Nei pazienti con policitemia vera le principali cause di morte sono rappresentate dagli eventi trombotici sia arteriosi che venosi (tra cui l'infarto miocardico e l'ictus cerebrale sono associati al maggior tasso di mortalità), dalle complicanze emorragiche, dall'evoluzione in mielofibrosi, dalla progressione in leucemia acuta e dallo sviluppo di tumori solidi non ematologici.
Salve, volevo sapere se dal passaggio da mielofibrosi a leucemia vi sono dei sintomi che possono far suonare il campanello d'allarme.
(Franco)
Risposta
L'evoluzione della mielofibrosi in leucemia acuta è generalmente caratterizzata da un rapido e importante aumento dei globuli bianchi immaturi (chiamati blasti) nel sangue, spesso accompagnato dalla comparsa o dall'aggravamento dell'anemia e/o della piastrinopenia. Allo stesso tempo si osserva tipicamente un significativo peggioramento delle condizioni cliniche del paziente, con un progressivo aggravamento della sensazione di stanchezza e affaticamento, del calo ponderale e della febbre. Oltre a ciò, è aumentato il rischio di infezioni gravi, come conseguenza della produzione di un elevato numero di globuli bianchi funzionalmente incompetenti, e di emorragie, a causa della piastrinopenia spesso severa.
Buon giorno, a mio padre è stata diagnosticata la mielofibrosi idiopatica. La dottoressa dice che in questo momento è come se dormisse e finché non c'è nessun segnale la lasceranno dormire... Cosa significa? Si rischia di morire? Sono tanto confusa e impaurita. Leggo molte cose brutte ed in più voglio precisare che mio padre è una persona assai sofferente, ha mutazione in omozigote del mthfr, ha avuto un infarto, ictus e tanti problemi... Mi spiega a cosa porta questa condizione? Grazie.
Risposta
La mielofibrosi è una malattia cronica del midollo osseo che appartiene al gruppo delle neoplasie mieloproliferative croniche, insieme alla policitemia vera e alla trombocitemia essenziale. E' caratterizzata da un'alterata proliferazione e funzione delle cellule del midollo osseo associata ad una progressiva formazione di tessuto fibroso che modifica definitivamente la struttura del midollo stesso non consentendogli più di funzionare correttamente. Esistono due forme di mielofibrosi: primaria (o idiopatica), così chiamata perché non è dovuta ad altre malattie o cause esterne, e secondaria, evoluzione cioè di un'altra malattia mieloproliferativa cronica come la policitemia vera o la trombocitemia essenziale. La mielofibrosi si acquisisce nel corso della vita, quindi non è ereditaria e non può essere trasmessa ai propri figli. Le cause di questa condizioni non sono state ancora del tutto chiarite ma la malattia si associa a specifiche mutazioni genetiche che interessano la cellula staminale alterandone il comportamento, tra cui le principali sono tre: la mutazione del gene JAK2 (presente nel 50-60% dei casi), la mutazione del gene CALR (presente nel 30% circa dei casi) e la mutazione del gene MPL (presente nel 5% circa dei casi).
Da un punto di vista clinico ed ematologico, la mielofibrosi si caratterizza per l'alterazione del numero dei globuli bianchi (aumentati o ridotti), delle piastrine (aumentate o ridotte) e dei globuli rossi (quasi sempre ridotti), per la presenza di sintomi generici (sensazione di profonda stanchezza e debolezza, mancanza di appetito, febbre o febbricola, dimagrimento, sudorazioni abbondanti soprattutto notturne, prurito diffuso in tutto il corpo che peggiora tipicamente con il contatto con l'acqua, dolori alle ossa e/o alle articolazioni) e per l'aumento delle dimensioni della milza (splenomegalia) e talora del fegato (epatomegalia) con i disturbi che ne conseguono (senso di pesantezza addominale, difficoltà digestive, sazietà precoce e dolori addominali tra i più comuni).
Le caratteristiche con cui si manifesta la mielofibrosi sono diverse da persona a persona e, trattandosi di una malattia cronica, possono dar luogo negli anni a situazioni cliniche molto variabili e complesse. Talvolta può accadere che per anni il paziente rimanga stabile presentando solamente lievi alterazioni ematologiche, come potrebbe essere il caso di suo padre. In altri casi i disturbi legati alla malattia possono diventare debilitanti e influire sulla qualità di vita del paziente impedendogli talvolta di svolgere le abituali attività lavorative e quotidiane e influenzando negativamente la normale vita di relazione.
Una delle complicanze più rischiose e comuni nei pazienti con mielofibrosi è la trombosi (al cui sviluppo può contribuire la presenza di alcune condizioni di trombofilia ereditaria, come ad esempio la mutazione in omozigosi del gene MTHFR a cui ha fatto riferimento), che possono essere sia arteriose che venose. In alcuni casi (10-15% dei casi) la mielofibrosi può evolvere in una patologia più severa come la leucemia acuta.
Stabilire la prognosi di un paziente con mielofibrosi è altamente complesso ed oggi ci si affida a alcuni sistemi di classificazione prognostica tra cui IPSS (International Prognostic Score System) e DIPSS (Dynamic IPSS), che vengono calcolati in base ad alcuni fattori tra cui l'età, la presenza di sintomi costituzionali, la conta leucocitaria, il livello di emoglobina e la percentuale di blasti nel sangue periferico.
Di seguito il link per l’opuscolo creato dagli specialisti ematologi del Gruppo AIL Pazienti Malattie Mieloproliferative Croniche Ph, nel quale potrà trovare informazioni più dettagliate riguardo la mielofibrosi: Libretto Mielofibrosi
Buongiorno,
vorrei un vostro parere circa la tempistica della cura. Mio padre ha scoperto di avere una mielofibrosi Mf1 con una biopsia eseguita nel 2012, per anni ha preso solo oncocarbide. Dal novembre 2016 l'emoglobina ha iniziato a scendere nonostante la riduzione dell'oncocarbide e la milza a crescere. In questo anno l'unica scelta è stata ridurre oncocarbide per poi sospenderlo, ma la biopsia è stata fatta solo a ottobre 2017 e la mielofibrosi è diventata Mf3. Mi chiedo se non si sarebbe dovuta eseguire una biopsia di controllo ai primi segnali di crescita della milza e diminuzione dell'emoglobina invece di aspettare un anno? Magari avremmo intercettato uno stadio mf2? Magari avremmo iniziato la cura con jakavi prima che l'emoglobina scendesse a 7 e avessimo bisogno di trasfusioni e la prognosi sarebbe migliore? Grazie per il vostro parere. Buona serata.
(Daniela)
Risposta
Ad oggi non sono disponibili farmaci (compreso il ruxolitinib) in grado di modificare la storia naturale della mielofibrosi primitiva, e quindi di bloccare o quanto meno rallentare la progressione della fibrosi midollare. L'unica opzione terapeutica con potenzialità curativa è rappresentata dal trapianto allogenico di midollo osseo, che è riservato tuttavia solo ad alcuni pazienti con specifiche caratteristiche. E' evidente che, nel caso specifico di suo padre, una più precoce rivalutazione midollare, pur documentando un aumento del grado di fibrosi midollare, non avrebbe fornito informazioni aggiuntive ed utili da un punto di vista terapeutico. Il ruxolitinib, infatti, è prescrivibile in presenza di specifiche condizioni indipendenti dal grado di fibrosi midollare documentata alla biopsia osteomidollare. In particolare, il ruxolitinib è indicato per il trattamento della splenomegalia e dei sintomi in pazienti con mielofibrosi (primitiva, post-policitemia vera o post-trombocitemia essenzaile) a rischio alto, intermedio-2 e più recentemente intermedio 1.
Salve!
C'è qualche attinenza o collegamento tra un midollo proliferativo compatibile con quadro di potenziale TE e la presenza nel midollo spinale di ernie e una cavità siringomielica dorsale?
Grazie e saluti.
(Davide)
Risposta
Non esiste alcuna correlazione scientificamente dimostrata tra forme di neoplasia mieloproliferativa (tra cui la trombocitemia essenziale) e malformazioni a carico del sistema nervoso.
Bravissimi Ricercatori, sempre grato per la Vostra attenzione ai quesiti, Vi auguro buone feste e tante soddisfazioni nel Vostro lavoro. I Vostri successi sono la nostra speranza, rendono meno pesante il macigno che grava sulle nostre spalle. Con tanta stima.
(Demetrio)
Risposta
Buonasera Demetrio, un grande ringraziamento per le belle parole spese. L'intero gruppo di ricercatori si stringe per augurare a tutti un buona Natale e buone feste di fine e inizio anno. Che il 2018 possa essere per tutti un anno di serenità e soddisfazioni.
Sulla G.U. del 22 dicembre è stata pubblicata la rinegoziazione del farmaco Jakavi. Con quella determina è stata estesa la rimborsabilità di Jakavi anche alle MF con rischio basso e rischio intermedio 1? Grazie e auguri.
(Donatella)
Risposta
A seguito della pubblicazione della Determina nella Gazzetta Ufficiale n.299 del 2/12/2017, a partire dal 7 gennaio 2018 sarà possibile prescrivere il ruxolitinib (Jakavi) per il trattamento di pazienti adulti con policitemia vera che sono resistenti o intolleranti a idrossiurea e per il trattamento di pazienti con mielofibrosi a rischio intermedio 1.
A voi che ci siete sempre vicini e a noi dedicate tanto del vostro tempo, Buon Natale. Grazie, sempre.
(Angela)
Circa 5 anni fa ho avuto trombosi vena porta mi hanno diagnosticato PAI 1 e MTHFR omozigote milza leggermente ingrandita analisi sempre nella norma e senza nessun sintomo. Per paura di qualche malattia mieloprolifera non ho voluto fare nessun esame a riguardo, secondo voi la trombosi mi è potuta scaturire dalla trombofilia? Grazie.
(Mario)
Risposta
Il ruolo delle forme di trombofilia ereditaria (tra cui le più comuni e studiate sono il PAI1 4G-4G, il fattore V Leiden 506Q, il MTHFR C677T e la protrombina 20210A) nelle trombosi venose splancniche è ancora oggi dibattuto. Alcuni studi recenti hanno dimostrato una significativa frequenza di trombofilia ereditaria nei casi di trombosi venosa splancnica, con particolare riferimento al PAI1 4G-4G e alla mutazione MTHFR C677, suggerendo un possibile ruolo di questi fattori della patogenesi dell'evento trombotico. Nel suo caso specifico, è possibile che la presenza delle due condizioni di trombofilia ereditaria abbia contribuito allo sviluppo della trombosi portale. Tuttavia, se lo specialista ematologo sospetta la coesistenza di una forma mieloproliferativa, è altamente consigliabile mettere in atto un percorso diagnostico accurato in grado di confermare o smentire il sospetto diagnostico ed impostare in tal modo il trattamento più efficace, soprattutto nell'ottica di prevenire la recediva trombotica.
Mi hanno riscontrato PV nel 2013, casualmente. Terapia con Asa 100 e a volte salassi. All'ultimo controllo Hct 45,6 Hgb 14,8, Plt circa 800. Ho 49 anni, uomo. In ottobre globuli bianchi a 15.000. Stavolta sono ritornati a 13.000. Questi ultimi e le plt col passare del tempo sono saliti. Sono valori che aumentano il rischio trombico? Quando sarà il caso di cambiare terapia? Devo fare altre analisi di approfondimento per capire se c'è una ulteriore evoluzione?
Scusate per la raffica di domande e grazie di esistere. Siete un esempio di competenza, pazienza e sensibilità. Buon Natale.
(Gianni)
Risposta
Diversi studi hanno dimostrato che, nell'ambito delle neoplasie mieloproliferative, una conta piastrinica elevata non aumenta il rischio di sviluppare trombosi. Al contrario un aumento della conta leucocitaria rappresenta un riconosciuto fattore di rischio trombotico.
Per quanto riguarda il trattamento della sua condizione, quest'ultimo è definito da linee guida internazionali ed ha come obiettivo la riduzione del rischio di sviluppare eventi trombotici senza incrementare il rischio emorragico. Nei soggetti di età inferiore a 60 anni senza storia di pregressi eventi trombotici sono indicati l'aspirina a basse dosi e i salassi per mantenere un ematocrito inferiore a 45%. Dai dati da lei forniti, sembrerebbe che l'approccio terapeutico impostato sia coerente con le linee guida e quindi corretto. L'eventuale modificazione della terapia non può essere sicuramente guidato dalla variazione del numero di piastrine e globuli bianchi (che possono andare normalmente incontro ad oscillazioni). Ulteriori indagini per valutare la progressione della malattia sono indicate solo nel caso in cui emergano nuovi elementi clinici e/o di laboratorio suggestivi di una evoluzione della malattia verso forme di mielofibrosi o di leucemia acuta. E' compito dell'ematologo di riferimento identificare tali elementi ed eseguire indagini di approfondimento per riconoscere l'eventuale progressione.
Carissimi ricercatori, in riferimento a quanto specificato nella risposta data alla sig.ra Franca in data 9/12/17 sembrerebbe che la negatività dei geni sia un fattore di handicap rispetto alle aspettative di vita, è così?
(enzo)
(Enzo)
Risposta
L'assenza delle 3 mutazioni driver (a carico dei geni JAK2, CALR e MPL) identifica un paziente come "triplo negativo" e rappresenta un fattore prognostico negativo in termini di sopravvivenza SOLTANTO nella mielofibrosi primitiva.
Buongiorno,
ho 40 anni e mi è stata diagnosticata una Polictemia Vera da circa 1 anno. Sono in cura con salassi e cardioaspirina. Attualmente l'ematocrito è di 43.3 (ultimo salasso un mese fa con una frequenza di uno ogni 2/3 mesi), emoglobina 13.6, rossi 6.81, bianchi 13.61, PLT 1.009.000. Negli ultimi 5 mesi le piastrine sono costantemente tra 850.000 e 1.000.000, mi sembrano molto elevate, c'è da preoccuparsi e/o è il caso di fare una piastrinoaferesi per ridurle? Inoltre, ho il ferro molto basso (ferritina 9.3; trasferita 382; siderea 17) anche se l'ematologo mi dice che conviene tenerlo a questi livelli, continuo così? Vi ringrazio e vi auguro buone feste.
(Jonathan)
Risposta
Gli esami ematici riportati nella domanda sembrerebbero indicare un buon controllo della malattia. Il valore di piastrine, pur essendo superiore alla norma, non necessita sicuramente di essere ridotto attraverso procedure di pistrinoaferesi o altri sistemi farmacologici. La riduzione del ferro nel sangue è una diretta conseguenza della salassoterapia (che rimuove infatti i globuli rossi contenenti una grande quantità di ferro legato all’emoglobina) e risulta utile in quanto riduce la capacità del midollo osseo di produrre globuli rossi. Per questo motivo il reintegro del ferro non è generalmente indicato nei pazienti con policitemia vera, potendo causare un aumento vertiginoso del valore di ematocrito rendendo quindi necessari nuovi salassi. Nel caso in cui la carenza di ferro determini la comparsa di disturbi importanti (perdita di capelli, fragilità delle unghie, alterazioni del gusto e della mucosa del cavo orale), si può prendere in considerazione l'assunzione di compresse di ferro, ma solo per poco tempo e sempre dietro indicazione dello specialista ematologo.
Nella P. Vera, vi è correlazione tra insorgenza ed evoluzione della splenomegalia e prognosi? Ci sono casi di splenectomia al riguardo?
E' razionale affermare che mentre l'Htc si può controllare con salassi, l'aumento delle piastrine richiede l'uso di farmaci (per es. oncocarbide in prima battuta)?
(Fabrizio)
Risposta
La splenomegalia è una della manifestazioni più comuni della policitemia vera, può essere presente alla diagnosi o comparire nel corso della malattia, tuttavia non esistono dati in letteratura scientifica a supporto della correlazione tra insorgenza ed evoluzione della splenomegalia e prognosi della malattia. La splenectomia non è generalmente indicata, ad eccezione di rari casi in cui subentra l'indicazione chirurgica legata a complicanze acute della splenomegalia (ad esempio la rottura traumatica).
L'ultima affermazione può essere considerata solo in parte corretta. Infatti se da un lato l'ematocrito può essere controllato attraverso salassi e terapia citoriduttiva (generalmente idrossiurea), una riduzione della conta piastrinica può ottenersi attraverso l'impiego di farmaci ad azione citoriduttiva e non mediante procedure fisiche. E' tuttavia da sottolineare che un aumento della conta piastrinica non rappresenta un'indicazione all'introduzione di misure atte a ridurla, dal momento che non esistono in letteratura evidenze a supporto del fatto che la piastrinosi sia legata ad un aumento del rischio di sviluppare trombosi.
Gentili ricercatori, buongiorno.
Sono una donna di 50 anni. Da 10 anni affetta da mielofibrosi idiopatica. All'inizio seguivo controlli periodici e assumevo cardioaspirina per le piastrine un po' alte mentre l'emoglobina si aggirava intorno a 10.
Quattro anni fa l'emoglobina mi scende a 8 e ai vari controlli diminuiva. Iniziai quindi eprex 2 volte a settimana e trasfusioni con scadenza bimestrale, la BOM indicava MF2. Nello stesso periodo iniziavo jakavi con ottimi risultati sulla splenomegalia.
A distanza di 4 anni le terapie suddette sono rimaste invariate e l'ultima recente BOM indica MF2. LDH 500. Globuli bianchi leggermente bassi, piastrine nella norma. Se non fosse per l'anemia, le mie condizioni generali di salute sono buone.
Vorrei sapere qual è il mio grado di rischio. L'ematologo e il trapiantologo che mi seguono mi consigliano il trapianto allogenico da donatore familiare compatibile al 100% sia perché le mie attuali condizioni generali di salute mi permetterebbero di superare meglio la procedura trapiantologica sia perché dispongo di un donatore familiare.
Condividete? Vi ringrazio di cuore per la risposta che vorrete darmi.
Risposta
Nella mielofibrosi (sia essa primitiva o secondaria a policitemia vera o trombocitemia essenziale) il "rischio" viene definito sulla base di alcuni sistemi di classificazione prognostica tra cui IPSS (International Prognostic Score System), DIPSS (Dynamic IPSS) e DIPSS-plus. Questi sistemi classificativi si basano sulla valutazione di alcuni fattori che si sono dimostrati correlati al decorso della malattia e successivamente sul calcolo di un punteggio che definisce la categoria di rischio del paziente. Per fare un esempio, il DIPSS (che può essere utilizzato alla diagnosi e durante il decorso della malattia) si basa sulla valutazione dell'età, della presenza di sintomi costituzionali, della conta leucocitaria, del livello di emoglobina e della percentuale di blasti nel sangue periferico. Appare evidente che per la definizione della sua categoria di rischio non ho a disposizione dati sufficienti.
Per quanto riguarda il trapianto allogenico di midollo osseo, si tratta di un'opzione terapeutica indicata in alcuni pazienti sulla base della classe di rischio. Più in particolare, la procedura trapiantologica è indicata in pazienti giovani (di età inferiore a 70 anni) e con classe di rischio elevata (cioè intermedio-2 e alta) secondo le classificazioni prognostiche oggi in uso (IPSS e DIPSS). In alcuni casi il trapianto di midollo osseo può essere proposto in pazienti più giovani (di età inferiore a 65 anni) con classe di rischio intermedio 1, qualora siano presenti anemia trasfusione dipendente, blasti (cellule immature) nel sangue periferico >2%, un cariotipo (analisi dei cromosomi) sfavorevole, assenza delle mutazioni driver (JAK2, MPL o CALR), oppure la presenza di mutazioni nel gene ASXL1.
Buongiorno. Dopo la presentazione dei dati confortanti all'ASH 2017 dello studio che coinvolge il Ropeginterferone e l'oncocarbide (BAT) è possibile che ci si possa aspettare un'approvazione ed immissione in commercio a breve termine (2018 o 2019)?
Questo anche considerando che i dati relativi alla risposta molecolare sembrano essere nettamente dalla parte del ropeg. https://ash.confex.com/ash/2017/webprogram/Paper106570.html
(Luca)
Risposta
I dati riguardo il ropeginterferone (forma pegilata a maggiore durata d'azione dell'interferone) nel trattamento della policitemia vera sono molto promettenti e i dati presentati recentemente all'ASH 2017 sembrerebbero confermare che si tratta di un farmaco sicuro e con una miglior tolleranza rispetto alle vecchie formulazioni, in grado di ottenere risposte ematologiche durature con effetti importanti anche sulla carica allelica soprattutto a lungo termine. I dati presentati all'ASH 2017 riguardano lo studio PROUD - PV e la rispettiva fase di estensione dopo 3.6 anni di trattamento (in 171 pazienti con PV di cui 95 trattati con ropeginterferone e 76 con idrossiurea). Essi hanno mostrato che il ropeginterferone ottiene un maggior numero di risposte ematologiche complete rispetto all'oncocarbide dopo circa 20 mesi di trattamento, mentre risulta essere sostanzialmente sovrapponibile all'HU nel controllo dei sintomi e della splenomegalia. Dopo circa 2.7 anni di trattamento la percentuale di pazienti che avevano presentato un evento avverso era pari al 90% nel braccio del ropeginterferone e del 89% in quello dell'HU, con una maggior tendenza a sviluppare anemia per l'HU (22% vs 9%) e a dare un aumento di enzimi epatici per il ropeginterferone (11% vs 0%). Per quanto riguarda la comparsa di eventi avversi di specifico interesse i pazienti trattati con interferone hanno sviluppato più frequentemente malattie endocrine (4% vs 1%), malattie autoimmuni (2% vs 0%) , stati depressivi (2% vs 1%) ed eventi trombotici maggiori ( 10% vs 5%) rispetto ai pazienti trattati con HU. Tuttavia non sono stati presentati dati sull'effetto dei farmaci sulla fibrosi midollare. Un aggiornamento dei dati di uno studio clinico di fase 2 proposto dal consorzio americano sulle malattie mieloproliferative (MPD-111) in cui 115 pazienti (50PV e 65TE) sono stati trattati con peg-interferone e presentato ugualmente all'ASH 2017, ha mostrato che circa l'11% dei pazienti trattati con peg-interferone aveva raggiunto una risposta completa midollare; mentre nel 10% il grado di fibrosi era aumentato.
Che voi sappiate in che percentuale può essere idiopatica una trombosi porta?
(Gigi)
Risposta
La trombosi della vena porta fa parte di un gruppo di eventi trombotici venosi rari cui ci si riferisce complessivamente con il termine di "trombosi venosa splancnica" (in inglese "splanchnic vein thrombosis" o SVT). Nell'ambito delle trombosi venose splancniche, oltre alla trombosi della vena porta si riconoscono anche la trombosi della vena mesenterica, la trombosi della vena splenica e la più rara trombosi delle vene epatiche (o sindrome di Budd-Chiari). Si definiscono idiopatici tutti quei casi di trombosi venosa splancnica in cui non è possibile identificare una causa locale o sistemica alla base dell'evento trombotico.
Secondi i dati più recenti, dal 15 al 27% di tutte le trombosi venose splanchiche sono idiopatiche e tale percentuale è andata progressivamente riducendosi negli anni grazie all'identificazioni di nuovi fattori di rischio.
Nelle forme non idiopatiche di trombosi venosa splancnica, le cause sono estremamente eterogenee e comprendono la cirrosi epatica (la causa più frequente), i tumori solidi (soprattutto a carico di fegato, pancreas e stomaco), le malattie infiammatorie croniche dell'intestino, gli interventi di chirurgia addominale, la terapia ormonale estro-progestinica, le forme di trombofilia ereditaria (ad esempio il fattore V Leiden), le neoplasie mieloproliferative (specialmente se associate alla mutazione JAK2V617F) e altre condizioni più rare.
Buongiorno,
le inoltro gli esami di mio marito (42 anni): globuli bianchi 7.78; rossi 6.02; emoglobina 17.3; ematocrito 51.2; piastrine 492. Risultato positivo al JAK2. I valori del sangue sono rimasti quasi costanti dal 2014. Splenomegalia, ma assenza di sintomi. L'ematologo non ha consigliato né salassi né cardioaspirina, solo il controllo dell eritropoietina, dicendo che le sue condizioni generali non sono preoccupanti. Dobbiamo chiedere un secondo parere? Grazie!!!
(Elisa)
Risposta
Secondo le attuali linee guida europee (Vannucchi AM et al. "Philadelphia chromosome-negative chronic myeloproliferative neoplasms: ESMO Clinical Practice Guidelines for diagnosis, treatment and follow-up" Annals of oncology (2015)), il trattamento della policitemia vera è diverso a seconda della classe di rischio, che identifica il rischio di sviluppare trombosi ed è definito da 2 principali fattori, ovvero l'età e la storia trombotica del paziente. Pertanto:
- nei pazienti a basso rischio (età inferiore a 60 anni E nessun episodio trombotico pregresso) sono indicati l'aspirina a basse dosi (in genere 100 mg al giorno) e i salassi per mantenere un ematocrito inferiore a 45%
- nei pazienti ad alto rischio (età superiore a 60 anni E/O almeno un episodio trombotico pregresso) sono indicati l'aspirina a basse dosi, i salassi e una terapia citoriduttiva, in genere a base di idrossiurea (Onco Carbide), con lo scopo di mantenere un ematocrito inferiore a 45%
In presenza di una diagnosi di policitemia vera secondo i criteri WHO, ritengo pertanto indicata un rivalutazione dell'approccio terapeutico riservato a suo marito.
Bravissimi Ricercatori,
cinquantenne, in buone condizioni generali, affetto da PV, scoperta per caso nel marzo u.s., costretto a frequenti salassi, terapia non sostenibile a lungo per il controllo dello stato ematologico, dovrò ricorrere fra non molto ai farmaci.
Seguo, attraverso articoli, l'evoluzione delle sperimentazioni in corso sugli inibitori della proliferazione emopoietica e gradirei conoscere quale farmaco si distingue finora per efficacia non solo contro la trombosi ma anche sul decorso della malattia. Da numerose pubblicazioni on line si deduce che l'interferone combinate alfa2 pegilato è un farmaco sperimentato da molto tempo e con ottimi risultati rispetto ad altri.
Nel 2011 una paziente, sostenuta da un ematologo di Napoli, in un ricorso ottenne il pegilato. Nel marzo 2013 il Prof.Fabrizio Pane dell'Ospedale Federico II di Napoli, a proposito del pegilato sosteneva la "capacità di indurre remissioni della malattia con possibilità di sospendere il trattamento e riduzione del clone policitemico al di sotto del potere di risoluzioni diagnostiche attuali".
In un meeting tenuto in California il 13/12/2016 sono stati presentati i risultati sullo studio clinico di fase III "Proud PV" in cui il pegilato alfa2b è stato valutato in malati di PV. Lo studio randomizzato, condotto in 48 paesi europei, ha dimostrato una tollerabilità, significativamente migliore rispetto all'HU, nei pazienti trattati con pegilato e soprattutto mancanza di tumori maligni tanto che "I DATI POSITIVI SUPPORTERANNO LE RICHIESTE DI APPROVAZIONE DI PROPENGINTERFERONE ALFA2b NEL TRATTAMENTO DI PV richiesta che intendono presentare PHARMA ESSENTIAeAOP alla FDA degli STATI UNITI e all'EMA" Ma quando ciò avverrà?
Nel luglio 2016 Marcon e Nicchi in una interrogazione parlamentare sollecitavano la prescrizione del pegilato come in altri paesi europei, essendo in Italia giovani malati di PV con malattia fuori controllo, con elevato rischio di vita e complicanze. Come al solito, i vertici hanno risposto democraticamente con il SILENZIO. In Italia viene fornito il non pegilato, già in altri paesi superato per intollerabilità. Il ruxolinitib di cui si parla tanto, pare agisca sulla splenomegalia e sull'espansione della massa eritocitaria. Non si capisce perché in Italia si è ancora abbarbicati all'oncocarbide che, essendo un chemioterapico, è piuttosto rischioso in caso di lunghe assunzioni.
Se il pegilato, come si deduce da autorevoli affermazioni in seguito a lunghe sperimentazioni,consente di raggiungere maggiori risposte ematologiche con una tossicità limitata ed è ad oggi "il più efficace nel ridurre e talora abolire la carica allelica JAK2" perché non può essere prescritto in Italia?
Gradirei molto una vostra sincera risposta ai miei quesiti. In fiduciosa attesa vi saluto con tantissima stima.
(Fernando)
Risposta
La questione che lei solleva dell'interferone è una delle più dibattute attualmente. Si deve innanzitutto precisare che esistono regole procedurali ben definite che devono essere seguite per garantire che l'uso di un farmaco sia appropriato, che gli effetti collaterali siano accettabili e che vi sia un reale vantaggio rispetto alla terapia cosidetta standard.
La terapia standard nella policitemia vera che ha necessità di citoriduzione (cioè di farmaci che controllino il numero delle cellule nel sangue) è l'oncocarbide, di cui si conoscono bene gli effetti positivi e gli effetti collaterali. L'alternativa è l'interferone pegilato, in diverse preparazioni, che è un farmaco molto promettente ma del quale ancora non sono stati completati gli studi di fase 3 necessari all'approvazione. Sono disponibili solo studi di fase 2, che seppure molto promettenti, da soli non possono bastare per sostenere che l'interferone sia migliore della oncocarbide.
Uno studio di fase 3 con ropeginterferone ha dimostrato che quest'ultimo non è inferiore alla idrossiurea, ma non che sia superiore, sebbene il risultato di questo studio sia molto importante. Un altro studio di fase 3 con un'altra preparazione di interferone, ad una analisi intermedia, ha osservato che l'interferone è inferiore alla oncocarbide, anche se bisogna attendere i risultati finali per poter trarre conclusioni.
Infine, uno studio di fase 2 a lungo termine (7 anni) con interferone pegilato ha mostrato che anche nei pazienti trattati con interferone si possono verificare trombosi, trasformazioni in mielofibrosi e in leucemia acuta, ad una frequenza che è stata stimata simile alla oncocarbide. Quindi, le agenzie regolatorie che lei cita non hanno dati certi tali da portare rapidamente all'approvazione del farmaco, anche se lo studio con ropeginterferone ha caratteristiche tali da poter essere preso in considerazione ai fini regolatori. Si deve attendere la valutazione dei dati finali di questi studi per poter affermare con certezza che interferone debba sostituire oncocarbide in tutti i pazienti.
Ruxolitinib, invece, è stato approvato per i pazienti che hanno sviluppato resistenza o intolleranza alla oncocarbide sulla base di due studi di fase 3, ed il farmaco è divenuto rimborsabile in Italia proprio in questi giorni. Anche per questo, le indicazioni all'uso sono precise e a queste i medici si debbono attenere.
Salve gentili ricercatori e grazie per il vostro lavoro; vorrei porvi un quesito.
Nella policitemia vera il gene JAK2 può trovarsi mutato in forma eterozigotica (<50%) od omozigotica (>50%) e si è visto che se presente nello stato omozigote la malattia ha un più alto rischio di evoluzione fibrotica.
Allora i farmaci, soprattutto i nuovi interferoni (ropeginterferon) che riducono sensibilmente il peso allelico e sono in grado di portare il gene mutato da omozigote ad eterozigote, non hanno un evidente impatto sulla malattia e sulla sua naturale evoluzione e quindi dovrebbero essere usati di logica come prima linea di trattamento per tutti i pazienti policitemici? Grazie.
(Stefano)
Risposta
La carica allelica (o burden allelico) esprime il livello di espressione dell'allele mutato in relazione ai livelli totali di espressione di JAK2 (valore dell’allele mutato + valore dell'allele wild type). L'omozigosi viene definita dalla presenza di livelli di carica allelica superiori al 50%, mentre i casi con carica allelica inferiori al 50% sono considerati eterozigoti.
Nella policitemia vera la carica allelica è associata ad alcune caratteristiche clinico-ematologiche della malattia, tra cui valori maggiori di globuli bianchi ed ematocrito, una maggior frequenza di splenomegalia ed eventi trombotici, oltre ad un maggior rischio di evoluzione verso la mielofibrosi. Diversi studi hanno dimostrato che sia l'interferone che i JAK2 inibitori sono in grado di ridurre, talora sensibilmente, la carica allelica della mutazione JAK2V617F ed attualmente sono in corso alcuni trial clinici che hanno mostrato che entrambi i farmaci più o meno rapidamente sono in grado di ridurre la carica allelica di alemno il 20% in circa il 20-40% dei casi. Tuttavia è ancora da definire se l'azione di questi farmaci sul burden allelico rifletta realmente la capacità di questo farmaco di modificare la storia naturale della malattia in quanto è dimostrato che altre mutazioni coesistenti con JAK2 così come le mutazioni di CALR o MPL non si riducono allo stesso modo. Pertanto è necessario attendere il risultato di questi studi e trial futuri per dare una risposta definitiva a tale quesito.
Quali sono i pro ed i contro dell'interferone alfa-2b?
(Marco)
Risposta
L'interferone alfa-2b è una molecola ad azione immunomodulante, in grado cioè di regolare le risposte del sistema immunitario dell'organismo riconoscendo le cellule patologiche modificandone la crescita e/o le funzioni. L’interferone si somministra con una iniezione sottocutanea in genere 3 volte a settimana, tuttavia esistono e sono attualmente in sperimentazione formulazioni a lunga durata d'azione (interferone pegilato o interferone PEG) che consentono una somministrazione a settimana o ogni 2 settimane.
La terapia con interferone determina la riduzione del numero di alcune cellule del sangue in eccesso, come globuli rossi e piastrine, e sembra in grado di garantire risposte ematologiche e in alcuni casi anche risposte molecolari, suggerendo un possibile ruolo nel controllo del clone malato. L'interferone non è invece in grado di ridurre le dimensioni della milza. Gli effetti indesiderati più frequenti comprendono disturbi simili all'influenza, come affaticamento, febbre, dolori ai muscoli e alle articolazioni, mal di testa e sudore. Possono comparire anche effetti indesiderati gravi, come reazioni allergiche (difficoltà di respirazione o orticaria), diminuzione della vista o segni di depressione (tristezza, sensazione di inutilità). Per l'interferone non è stato rilevato alcun aumento del rischio di evoluzione verso forme di leucemia, per questo motivo le linee guida europee ne raccomandano l'utilizzo soprattutto nei pazienti giovani. Sempre secondo le linee guida europee, l'interferone trova anche impiego nelle donne in gravidanza, in cui l'uso di questa molecola risulta sicuro per la madre e il nascituro.
Buonasera. Nella prospettiva di un TCSE per mielofibrosi primaria vorrei conoscere lo stato attuale della ricerca biotecnologica al fine di ridurre i rischi GVHD post trapianto. Grazie
Risposta
La graft versus host disease (GVHD) o "malattia del trapianto contro l'ospite" è una delle più temibili complicanze del trapianto allogenico di midollo osseo ed è causata da un'aggressione immunitaria da parte delle cellule immunocompetenti presenti nel midollo osseo del donatore contro i tessuti dell'individuo ospite che vengono riconosciuti come "estranei". Esiste una forma acuta e una forma cronica di GVHD, che differiscono principalmente per gli organi interessati e il tipo di manifestazioni cliniche. Il rischio di GVHD può essere ridotto attraverso un'accurata selezione del donatore (in termini di compatibilità), della fonte di cellule staminali emopoietiche (sangue periferico, midollo, cordone) e del regime chemioterapico di condizionamento più adatto. La prevenzione della GVHD si fonda oggi sull'impiego di sostanza immunosoppressive in grado di inibire la risposta immunitaria del donatore nei confronti dell'ospite (ciclosporina, methotrexate, micofenolato, tacrolimus, e/o sulla rimozione dal midollo osseo del donatore dei linfociti in esso contenuti responsabili dello sviluppo della GVHD (anti-thymocyte globulin, ovvero anticorpi di coniglio che riconoscono specificatamente i linfociti). Sono oggi in corso innumerevoli studi sperimentali che stanno valutando l'efficacia e la sicurezza di altri farmaci e altre strategie potenzialmente in grado di prevenire la GVHD.
Buongiorno, ho 53 anni e da un anno mi è stata diagnosticata la P.V.; attualmente sono in cura con oncocarbide (8 capsule alla settimana), clopidogrel e allopurinolo.
Da quando mi è stata diagnosticata la malattia ho sospeso quasi completamente il consumo di carni rosse, uova, formaggi e insaccati sostituite con carni bianche, legumi e pesce. Ho sempre praticato sport e continuo a praticarlo tuttora (2 volte alla settimana nuoto e due volte palestra). Negli ultimi mesi sto constatando un evidente calo della massa muscolare, vi chiedo se l'utilizzo di amminoacidi ramificati o polline è consigliabile nel mio caso. Grazie.
(Francesco)
Risposta
Uno stile di vita sano e una dieta completa ed equilibrata rappresentano elementi importanti nella gestione terapeutica della policitemia vera, principalmente perché utili nel ridurre il rischio cardiovascolare. Per quanto concerne le norme alimentari, è sicuramente consigliabile variare la dieta mangiando regolarmente pesce, frutta, verdura e legumi, ridurre il consumo di grassi di origine animale, utilizzare poco sale e moderare se non evitare il consumo di bevande alcoliche. Con una dieta completa ed equilibrata, non ritengo utile l'utilizzo di aminoacidi ramificati per il mantenimento della massa muscolare. Per quanto riguarda il polline, non esistendo ad oggi evidenze scientifiche riguardo la reale utilità di questa sostanza come supplemento alimentare nell'uomo, non posso esprimere un giudizio univoco a riguardo.
Qual è la differenza tra essere positivi a una mutazione e no, e se ai e negativi e di buon auspicio. Grazie mille.
(Franca)
Risposta
Essere positivi ad una mutazione significa possedere la mutazione del gene in questione. Nelle malattie mieloproliferative croniche il profilo mutazionale ha importanti ripercussioni sul comportamento biologico e quindi sulla prognosi della malattia. Per fare solo un esempio, nella mielofibrosi primitiva i pazienti che possiedono la mutazione tipo 1 del gene CALR hanno statisticamente un'aspettativa di vita maggiore rispetto ai pazienti con altre mutazioni (mutazione di JAK2, mutazione di MPL e mutazione tipo 2 di CALR) e soprattutto rispetto ai pazienti tripli negativi (ovvero negativi per le mutazioni di JAK2, MPL e CALR).
Gentilissimi ricercatori vorrei la vostra opinione sul valore della ferritina 2188 riscontrato a mia madre il giorno successivo alla trasfusione di due sacche di sangue e precisamente il 1 dicembre c.m. Agganciandomi alla mia email del 13.11.17 "bassi livelli di vitamina D" vorrei comprendere se questo valore ritenuto dall'ospedale altissimo è dovuto essenzialmente sia alla quantità di sangue che alla vicinanza della trasfusione oppure ai farmaci che mia madre assume dal mese di febbraio c.a. perché, prima di questa data il valore era il seguente:(2013-231) (2014-254) (2015-142) (23.1 2017 295) (13.4.2017 1137) ed il 1.12.2017 2188.
Mia madre è dai primi di febbraio fino ad agosto che ha assunto sia il prefolic 50 mg una volta la settimana invece il dobetin 5000 è stato assunto due volte. Dai primi di settembre i due farmaci vengono presi ancora oggi in forma ridotta al 50% sia in termini di tempo che di quantità.
Saluti e grazie
(Carlo)
Risposta
La ferritina è una proteina attraverso la quale l'organismo umano immagazzina il ferro, un oligoelemento fondamentale per la vita che viene assunto attraverso la dieta, principalmente all'interno del fegato. La ferritina può aumentare in presenza di condizioni di infiammazione. In assenza di processi infiammatori in atto, il valore plasmatico di ferritina è un indice affidabile dello stato marziale di un individuo, ovvero della quantità di ferro presente nell'organismo. Si tratta di un indice dinamico che si modifica nel tempo in relazione al contenuto di ferro in maniera relativamente lenta (pertanto gli elevati valori di ferritina di sua madre non possono essere dovuti esclusivamente alla trasfusione eseguita il giorno precedente). E' verosimile che l'iperferritinemia emersa agli esami di sua madre sia dovuta all'elevato numero di trasfusioni di globuli rossi di cui necessita (nella sua domanda del 10/11 scrive "E' dal mese di febbraio che va a farsi settimanalmente le trasfusioni"). In tali situazioni può essere indicata una terapia ferrochelante, in grado cioè di ridurre l'assorbimento e l'accumulo di ferro nell'organismo.
Salve, mio figlio ha fatto trapianto midollo da sorella HLA identica e stesso gruppo sanguigno per immunodeficienza, a distanza di 5 mesi dal trapianto abbiamo un chimerismo eseguito su midollo del 4% neutrofili e 66% linfociti; cosa mi aspetta? C'è ancora il rischio di perdere pure attecchimento linfociti?
(Immacolata)
Risposta
Buongiorno Immacolata, il sito AGIMM è dedicato a pazienti affetti da neoplasie mieloproliferative e i ricercatori del gruppo AGIMM che rispondono sono specialisti che hanno accumulato esperienza nella gestione di queste condizioni. Pertanto non posso rispondere alla sua domanda.
Salve, nei rari casi di TE con doppia mutazione (JAK2-CARL) da voi seguiti che tipo di decorso ha avuto la malattia e che peculiarità sono state riscontrate?
Risposta
La reale frequenza dei casi doppio mutati (JAK2-CALR ma anche JAK2-MPL o MPL-CALR) nella popolazione con trombocitemia essenziale non è ancora nota. In letteratura sono descritti casi di singoli pazienti, per tale motivo ad oggi non è possibile definire specifiche caratteristiche cliniche o prognostiche di questi pazienti.
Buongiorno, volevo chiedere gentilmemte un vostro parere per la cura dell'anemia di mio padre affetto da moelofibrosi. Per 5 anni ha preso solo oncocarbide ma da circa un anno ha iniziato a diminuire l'emoglobina (11 a dicembre 2016 - 7.9 a dicembre 2017). Ha ripetuto la biopsia al midollo e ha iniziato la terapia con Jakavi a novembre... l'emoglobina continua a scendere. Il medico gli ha dimezzato il Jakavi. Mi chiedo, dato che l'emoglobina scendeva già prima della terapia, e inoltre all'inizio Jakal può far abbassare ulteriormente l'emoglobina, dopo qualche mese Jakavi può curare ossia può far rialzare l'emoglobina? Anche con una dose dimezzata può essere efficace? Insomma Jakavi, oltre che per la riduzione della milza, ha effetti positivi sull'anemia nel tempo? Grazie mille. Buona serata.
(Daniela)
Risposta
L'anemia rappresenta, insieme alla piastrinopenia, uno degli effetti indesiderati più comuni del ruxolitinib ed è legata al meccanismo d'azione del farmaco stesso. Si tratta di un effetto avverso dose-dipendente (cioè correlato alla dose di farmaco assunta) che in genere viene agevolmente gestito dall'ematologo con l'aggiustamento del dosaggio del ruxolitinib (senza comprometterne l'efficacia) o con terapia trasfusionale, determinando solo in rari casi la sospensione definitiva della cura. Compare generalmente durante i primi mesi di trattamento con ruxolitinib e tende successivamente a stabilizzarsi e in alcuni casi a migliorare. E' da sottolineare che l'anemia (definita come un valore di emoglobina inferiore a 10 g/dL) rappresenta un fattore prognostico negativo nei pazienti affetti da mielofibrosi. Tuttavia, quando compare in corso di trattamento con ruxolitinib, non è da considerarsi un elemento negativo a fini prognostici.
Salve, volevo sapere quando il jakavi sarà dispensato dal SSN per la PV e quali sono le condizioni per poter accedere all'arruolamento. Grazie.
(Giuseppe)
Risposta
Il ruxolitinib (Jakavi) si è dimostrato un farmaco efficace e sicuro nel trattamento della policitemia vera ed è approvato negli USA per il trattamento dei pazienti affetti da policitemia vera refrattari o intolleranti all'idrossiurea (Onco Carbide). Il 17 marzo 2015 il ruxolitinib è stato approvato anche dall'agenzia europea del farmaco (EMA) con le medesime indicazioni. L'agenzia italiana del farmaco (AIFA) ha recentemente approvato la rimborsabilità per i pazienti con policitemia vera resistenti o refrattari all'idrossiurea e nei pazienti con mielofibrosi a rischio intermedio 1. I medici quindi protranno prescrivere ruxolitinib per tali indcazioni appena sarà pubblicata in Gazzetta Ufficiale.
Salve, mi dite qual è la sopravvivenza di una mielofibrosi prefibrotica?
(Fernando)
Risposta
I dati ad oggi presenti in letteratura scientifica indicano che la sopravvivenza mediana nei pazienti con mielofibrosi prefibrotica varia da 11.9 anni e 14.7 anni. Essa è influenzata da alcuni fattori, tra cui la mutazione driver presente (JAK2, CALR o MPL, con la mutazione tipo 1 del gene CALR associata alla prognosi migliore), la presenza di altre mutazioni non driver (EZH2, ASXL1, IDH1/2, SRSF2), la presenza di alterazioni cariotipiche sfavorevoli e la categoria di rischio definita in base alle classificazioni prognostiche oggi in uso (IPSS, DIPSS o DIPSS plus).
Ho 37 anni e quasi due anni fa ho riscontrato una conta piastrinica molto alta (1,5 milioni di piastrine). Da ulteriori esami è risultato il JAK2 negativo e CALR positivo, nessuna altra complicazione e, in seguito ad aspirato midollare, mi disgnosticano la trombocitemia essenziale.
Ho assunto l'oncocarbide solo per brevi periodi, per il resto sono stata sottoposta a controlli mensili (le piastrine sono rimaste sulla stessa cifra).
Dopo un anno, ho rifatto l'aspirato midollare e questo è l'esito:
"Coerente con una neoplasia mieloproliferativa con una mutazione CALR+ sec. classificazione WHO, favorita in prima ipotesi la mielofibrosi primaria in fase precoce cellulare pre-fibrotica, con associata trombocitosi"
Dopo questa diagnosi ho iniziato ad assumere interferone.
Prima di tutto, la diagnosi dell'aspirato midollare quanto è soggetta ad interpretazione? In secondo luogo, quali sono le complicazioni dell'interferone? E' opportuno iniettarlo nel mio caso?
Grazie mille.
(Carmen)
Risposta
La mielofibrosi primitiva prefibrotica è stata definitivamente riconosciuta dalla classificazione dell'Organizzazione Mondiale della Sanità, che nell'ultima revisione del 2016 ha codificato dei criteri specifici per la diagnosi di questa entità. Sebbene esistano alcune controversie riguardo il grado di coerenza tra anatomopatologi diversi nella diagnosi istologica di mielofibrosi primitiva prefibrotica, è ormai indubbio l'importanza del riconoscimento di questa entità e della sua distinzione dalle altre neoplasie mieloproliferative per i numerosi risvolti clinici e prognostici.
Gli effetti avversi dell'interferone-alfa sono molto variabili da individuo a individuo. Oltre ai disturbi legati al sito in cui viene somministrato il farmaco, i più comuni sono rappresentati da un quadro sintomatologico simile a quelli dell'influenza (stanchezza, mancanza d'appetito, febbre, brividi, dolori muscolari e articolari, cefalea). Questi disturbi sono molto comuni, interessano più frequentemente i pazienti di età avanzata e tendono a risolversi spontaneamente durante la fase iniziale del trattamento. Effetti avversi meno frequenti dell'interferone-alfa comprendono la nausea, il vomito ed eruzioni cutanee simili all'acne.
Secondo le linee guida attuali (Vannucchi AM et al. "Philadelphia chromosome-negative chronic myeloproliferative neoplasms: ESMO Clinical Practice Guidelines for diagnosis, treatment and follow-up." Annals of oncology (2015)), l'interferone-alfa trova indicazione nel trattamento della trombocitemia essenziale come agente di seconda linea dopo l'idrossiurea. Nella mielofibrosi primitiva prefibrotica l'interferone-alfa invece non trova ad oggi indicazioni ufficiali.
Negli ultimi esami leggo globuli bianchi 4.38, sono quattromila 38 o sono quattromila 380? Grazie mille.
(Angelo)
Risposta
Un valore di globuli bianchi pari a 4.38 (immagino 4.38 x 10^9/L) corrisponde a 4380 (quattromilatrecentottanta) globuli bianchi per microlitro.
Salve, la trombocitemia essenziale con l'aggiunta della mutazione JAK2 ha una prognosi diversa rispetto alla semplice TE?
(Fernando)
Risposta
La mutazione del gene JAK2 è una delle 3 mutazioni che possono causare la trombocitemia essenziale. Le altre mutazioni possono riguardare i geni CALR e MPL. Solo una di queste mutazioni può essere presente nello stesso paziente, tuttavia esiste una piccola quota di pazienti con trombocitemia essenziale nei quali non può essere identificata nessuna mutazione a carico di questi 3 geni. In ogni caso la prognosi della trombocitemia essenziale con mutazione del gene JAK2 è uguale alla prognosi della trombocitemia essenziale con altri tipi di mutazioni o senza alcuna mutazione nota.
Sono affetto da policetemia vera da JAK2 da tre anni ma da qualche mese è passata a inizio mielofibrosi, ho 47 anni l'ematologo dell'ospedale dove sono in cura mi ha consigliato il trapianto visto che la malattia potrebbe degenerare in leucemia. Che ne pensate voi?
(Damiano)
Risposta
Il trapianto allogenico di cellule staminali emopoietiche è attualmente l'unica terapia in grado di curare la mielofibrosi. Si tratta di un'opzione terapeutica che può essere considerata solo in alcuni pazienti affetti da mielofibrosi, in particolare pazienti giovani (in genere di età inferiore a 70 anni) con classe di rischio elevata (cioè intermedio-2 e alta) secondo le classificazioni prognostiche oggi in uso (IPSS e DIPSS). In alcuni casi il trapianto di midollo osseo può essere proposto in pazienti più giovani (di età inferiore a 65 anni) con classe di rischio intermedio 1, qualora siano presenti anemia trasfusione dipendente, blasti (cellule immature) nel sangue periferico >2%, un cariotipo (analisi dei cromosomi) sfavorevole, assenza delle mutazioni driver (JAK2, MPL o CALR), oppure la presenza di mutazioni nel gene ASXL1. E' importante che l'opzione trapiantologica venga accuratamente discussa con l'Ematologo curante, tenendo conto della disponibilità di un buon donatore, delle caratteristiche biologiche del paziente e della malattia e della volontà del paziente stesso.
La milza nella mielofibrosi è il primo sintomo o perlomeno è in percentuale sempre ingrandita?
(Franca)
Risposta
La splenomegalia, ovvero l'incremento delle dimensioni della milza, è una della manifestazioni principali della mielofibrosi, sebbene non sia necessariamente sempre presente. Può essere presente all'inizio della malattia oppure comparire negli anni successivi alla diagnosi nel corso della storia naturale della malattia.
La vitamina B12 può aumentare i globuli rossi e quelli bianchi?
(Anna)
Risposta
La carenza cronica di vitamina B12, spesso dovuta ad uno scarso introito con la dieta di alimenti di origine animale, può determinare un quadro di anemia (riduzione dei valori di globuli rossi e emoglobina in essi contenuta) e leucopenia (riduzione dei valori di globuli bianchi). Pertanto in questa condizione la correzione del deficit vitaminico con l'assunzione di vitamina B12 determina l'aumento dei globuli rossi, dell'emoglobina e dei globuli bianchi. Tuttavia, in presenza di anemia e leuocopenia dovute ad altra causa (come ad esempio una sindrome mieloproliferativa cronica), l'assunzione di vitamina B12 non è in grado di aumentare da sola i valori di globuli rossi e di globuli bianchi.
Buonasera,
ho 61 anni sono un collega. All'età di 27 anni riscontrai occasionalmente una piastrinosi (450000/mmc) decisi (probabilmente sbagliando) di monitorare il dato semestralmente. A dicembre 1996 le Plt erano stabili ma l'Hb era 16 g/dl. Nel luglio 1997 fui ricoverato per un ictus ischemico: GB 14000/mmc Plt 890000/mmc, Hb 19.5g/dl Ht 59. Fui sottoposto a BOM con diagnosi di policitemia vera ed iniziai Idrossiurea 1500 mg/die: ogni tentativo di riduzione determinò peggioramento dei parametri.
In epoca più recente sono risultato eterozigote per il JAK2. L'Idrossiurea è stata sospesa nel 2016 per la comparsa di dolorosissime ulcere perimalleolari. Nell'ottobre del 2016 ho iniziato Interferone 3000000 di unità tre volte alla settimana, ma anche questo farmaco è stato sospeso per la severità degli effetti collaterali.
Da ottobre 2017 assumo Ruxolitinib 5 mg X 2. Il farmaco ha determinato in un mese riduzione della lunghezza della milza da 28.5 a 23.5 cm. Gli effetti collaterali del Jakavi sono nel mio caso ulcere del cavo orale (uso il Cortifluoral) meteorismo, eruttazioni, flatulenza, dolori crampiformi seguiti da diarrea (a volte sono costretto ad usare Loperamide). Ho abolito tantissimi cibi e bevande (cioccolata, Coca-Cola, bevande fredde, burro se non piccole quantità).
Vi chiedo: vista la mia storia che aspettativa di vita potete ipotizzare? Siate pure schietti, per me questa è misera sopravvivenza, sono in malattia da oltre un anno e non mi aspetto più niente. Grazie, cordiali saluti.
(Enrico)
Risposta
L'aspettativa di vita nei pazienti affetti da policitemia vera è mediamente inferiore rispetto alla popolazione generale. Dai dati di letteratura scientifica sembrerebbe che un'anamnesi positiva per eventi trombotici e la presenza di specifiche alterazioni cariotipiche possano influenzare negativamente la sopravvivenza mediana. L'obiettivo della terapia nei pazienti con policitemia vera è la riduzione del rischio di sviluppare eventi trombotici senza incrementare il rischio emorragico. L'esperienza clinica con il ruxolitinib nei pazienti con policitemia vera risulta ad oggi ancora insufficiente per stabilire se l'uso di questa nuova molecola sia in grado di conferire un beneficio in termini di sopravvivenza. E' pertanto necessario attendere i risultati di studi con follow-up più lungo per dare una risposta a questo quesito.
In una sospetta mielofibrosi è possibile che i globuli bianchi siano a 4.42 e i rossi a 4.48?
(Franca)
Risposta
Nella milofibrosi i valori di globuli bianchi, globuli rossi e piastrine possono essere molto variabili. Se da un parte il valore di globuli rossi de emoglobina è generalmente ridotto, dall'altra parte i valori di globuli bianchi e piastrine possono essere elevati, ridottti o anche normali. Pertanto un valore di globuli bianchi di 4.42 e di globuli rossi di 4.48 può essere sicuramente presente in un quadro di mielofibrosi.
Buongiorno,
ho 63 anni e da 1 anno e mezzo sono in cura per PV con oncocarbide e cardioaspirina (nei primi sei mesi dalla diagnosi in aggiunta ero anche stato sottoposto a salassi, ultimo un anno fa).
Riporto i valori di Hct degli ultimi 6 mesi e il corrispondente numero di pastiglie di oncocarbide assunte settimanalmente:
Hct 42.9 HU 19
Hct 42.0 HU 18
Hct 40.8 HU 17
Hct 41.9 HU 17
Hct 41.6 HU 17
Hct 43.0 HU 16
Riporto anche alcuni valori dell'ultimo emocromo effettuato: globuli bianchi 7.9, globuli rossi 3.9, emoglobina 14.5, MCV 109, piastrine 255.
Mi pongo e vi pongo le seguenti domande:
1. Considerato che il valore limite di Hct è 45, può essere consigliabile dosare la dose di HU in modo da avvicinarvisi maggiormente?
2. Poiché sono ancora presenti variazioni del valore di Hct, quali contoindicazioni possono esserci a mantenere un controllo mensile dell'emocromo?
Con molta stima, ringrazio e saluto.
(Mauro)
Risposta
La dose di oncocarbide nel trattamento della policitemia vera deve essere modulato cercando di raggiungere la dose più bassa in grado di garantire un controllo soddisfacente sulle conte ematiche e sui sintomi minimizzando il rischio di effetti avversi. Per quanto riguarda l'ematocrito, l'obiettivo della terapia è quello di mantenere un valore inferiore a 45.0 ma non necessariamente il più vicino possibile a 45.0. Dai valori riportati nella domanda sembrerebbe esserci un buon controllo dei valori di ematocrito. Non ravviso inoltre nessuna controindicazione al controllo mensile dell'emocromo.
E' possibile che la trombocitemia sia scatenata da una parodontite.
(Stefania)
Risposta
Non vi è alcuna relazione causale fra parodontite e trombocitemia essenziale.
Buonasera,
si descrivono spesso le qualità di Jakavi e gli effetti collaterali di interferone (non pegilato). Considerato però che l'oncocarbide è ancora il farmaco più usato, vorrei alcuni chiarimenti in merito alla sua efficacia ed in particolare se agisce anche come antiblastico. In caso positivo, non c'è il rischio che possa mascherare un loro aumento o comunque un'evoluzione della malattia? In riferimento poi al caso del bambino che dall'età di tre anni assume oncocarbide (domanda di Daniela), avrebbero potuto esserci delle alternative nel trattare la pastrinosi?
(Micro)
Risposta
L’oncocarbide può agire come antiblastico e, come tale, non maschera ma riduce effettivamente il numero di blasti. In questo senso quindi non maschera la evoluzione della malattia, la quale può comunque avere una sua evoluzione indipendentemente dalla azione della oncocarbide. Come sempre, bisogna valutare la situazione clinica nel suo complesso per dare un giudizio specifico.
Nel caso pediatrico citato, non essendo a conoscenza dei dettagli, è difficile dare una risposta: una possibilità avrebbe anche potuto essere quella di non dare una terapia specifica ma, come ripeto, non vi sono abbastanza notizie per entrare nel merito.
Gentili ricercatori chiedo informazioni per mio nipote.
Mio nipote è un bambino di 12 anni un po' robustino ma non in modo eccessivo ed a seguito di controlli ematici il primo a settembre c.a. il secondo la prima settimana di novembre c.a. gli sono stati riscontrati in ambedue esami il valore delle piastrine nel seguente modo: a settembre il valore era di circa 650000 invece a novembre è stato di 550000. A seguito di visita ospedaliera ematologica viene diagnosticato che nei bambini di questa età in modo specifico nei maschi questo valore alto delle piastrine è considerato come un valore normale e nello specifico di mio nipote non preoccupante perché è il bambino stesso che nella sua conformazione a produrre in modo elevato queste piastrine.
Gentili ricercatori vorrei la vostra opinione. Saluti.
(Carlo)
Risposta
Da quanto riportato non è chiaro se siano state escluse cause di piastrinosi secondaria. In un dodicenne una possibile causa di piastrinosi potrebbe essere una lieve carenza marziale che dovrebbe essere quindi, se non lo è già stata, indagata. Anche stati infiammatori possono provocare un aumento delle piastrine. Infine, i casi pediatrici di malattie mieloproliferative croniche, per quanto rari, non possono essere esclusi ma occorre prima indagare, se già non è stato fatto, possibili cause di piastrinosi secondaria e tenere monitarata la conta delle piastrine.
E' possibile avere una mielofibrosi, avendo avuto da circa due anni e mezzo trombosi addome con analisi sempre perfette fino ad oggi?
(Monica)
Risposta
È possibile che una mielofibrosi esordisca con una trombosi di un caso addominale, talvolta anche con esami ematochimici praticamente normali. Naturalmente, occorre una biopsia ossea per poter porre la diagnosi.
Circa due anni fa, causa trombofilia omozigote ho avuto trombosi vena porta, l'anno scorso ho fatto eco la milza era 126x66 area splenica 62 l'ho ripetuta in qwesti giorni e la milza è risultata 129x63 area 64 è normale tutto ciò, essendo anche le analisi perfette?
(Lina)
Risposta
Da quanto riportato non si evince se lei è affetta o meno da una malattia mieloproliferativa cronica Ph negativa. Le dimensioni della milza non sembrano molto diverse nei due controlli ma senza informazioni più precise non è possibile esprimere un parere.
Buona sera,
a mia mamma è stata diagnosticata una mielofibrosi idiopatica primaria, risiede nelle Marche, ha 79 anni e vorrei sapere dove poter fare un ulteriore consulto.
Grazie
(Andrea)
Risposta
Nelle Marche vi sono ottimi centri, per esempio ad Ancona e a Pesaro. Al di fuori della regione e relativamente vicino, si può fare riferimento all'ematologia dell'Ospedale Sant'Orsola a Bologna, o al Centro per la Ricerca ed Innovazione della Malattie Mieloproliferative dell'Ospedale Careggi di Firenze.
Salve.
Ho già scritto mesi fa circa il problema di mio marito, 46 anni: Trombocitemia Essenziale diagnosticata presso l'unità di Ematologia del Policlinico di Bari (presso l'Ospedale di Pavia gli venne diagnosticata invece Mielofibrosi in stato prefibrotico). Al di là di queste due diagnosi simili e diverse, oggi al Policlinico di Bari è curato per la Trombocitemia Essenziale con una Cardioaspirina al giorno e una pastiglia di acido folico alternata, un giorno si e un giorno no.
Le piastrine generalmente sono intorno al valore 828. Sto scrivendo per un dato risultante dalle ultime analisi del sangue effettuate in data 15/11/2017, (in cui non ci è stato chiesto di effettuare l'emocromo), ci siamo preoccupati molto, in particolare perché abbiamo visto con le analisi precedenti un aumento considerevole dell'L.D.H.
15/11/2017(ultime analisi):
L.D.H (Lattatodeidrogenasi): 548 - valori di riferimento fino a 480
Colesterolo HDL: 34. Colesterolo Totale: 116 (non ci è stato richiesto il colesterolo LDL)
25/01/2017 (analisi precedenti)
L.D.H (Lattatodeidrogenasi):471 valori di riferimento fino a 480
Colesterolo HDL : 31. Colesterolo LDL : 84. Colesterolo Totale: 124.
Gentilmente chiedo una spiegazione sull'L.D.H. e sul valore basso di colesterolo LDL: perché L.D.H questo dato è importante? Cosa significa un significativo aumento, tra l'altro a distanza di pochi mesi?
Con la Patologia di mio marito che relazione c'è?
Perché il cosidetto Colesterolo Buono è basso?
La prossima visita in ematologia sarà ad Aprile, così ci ha detto la Dott.ssa.
Cosa sta succedendo? Ci dobbiamo preoccupare? Siamo molto preoccupati e demoralizzati, tra l'altro risulta difficilissimo mettersi in contato con il reparto di Ematologia del Policlinico, ancor più con la Dott.ssa che segue mio marito, se non impossibile.
In questi giorni mio marito ha un'infezione su una tonsilla, infezione che in realtà non sta passando da quest'estate. Su tale tonsilla un giorno ci sono placche un giorno no, sembra quest'estate abbia avuto la Mononucleosi.
Chiedo un'ultima cosa: come facciammo a sapere se la Trombocitemia non si sta trasformando in Mielofibrosi? Fece l'esame del Midollo Osseo circa dieci anni fa, perché non viene nuovamente richiesto?
Siamo disposti a uscire da Bari per avere nuovi consulti, non ci possiamo fermare così e aspettare che tutto peggiori.
Grazie per la collaborazione e la pazienza..
(Silvana)
Risposta
Valori aumentati di LDH nel sangue periferico sono caratteristici delle malattie mieloproliferative croniche Ph negative, in particolare della mielofibrosi, per cui non deve essere sorprendente il riscontro di valori sopra la norma. Nel suo caso specifico il valore riportato, pur essendo sopra la norma, non è particolarmente elevato e come tale non gli si può attribuire un significato particolare: una valutazione del suo andamento nel tempo, che confermi un progressivo incremento, deve far pensare ad una fase attiva della malattia. Al contrario di LDH, valori di colesterolo, totale o HDL, bassi sono frequentemente riscontrati nei pazienti affetti da mielofibrosi e, secondo alcuni dati riportati in letteratura, possono avere un significato prognostico.
Per quanto riguarda la possibilità che la trombocitemia essenziale si stia trasformando in mielofibrosi, ammettendo che già non lo fosse, vista la diagnosi di mielofibrosi prefibrotica che suo marito aveva ricevuto e che poi era stata cambiata in trombocitemia, i dati che lei ci manda non ci permettono di essere definitivi riguardo un simile evento: di solito il sospetto viene per modifiche dell'emocromo, progressiva splenomegalia, incremento marcato dell'LDH, aumento delle cellule CD34+ circolanti, comparsa o aggravamento di sintomi sistemici ecc. In ogni caso la certezza della trasformazione deriva dall'esame istologico del midollo osseo, quindi dall'esecuzione di una biopsia ossea. In assenza di questi segni clinici e laboratoristici di evoluzione l'esecuzione di una biopsia ossea non è mandatoria, anche qualora l'ultima biopsia risalga a 10 anni prima.
Gentili ricercatori, buonasera. Vorrei sapere perché nella mielofibrosi il trapianto è indicato ad una particolare categoria di pazienti e non trova applicazione per la maggior parte di essi.
Risposta
Il trapianto allogenico di cellule staminali emopoietiche è, attualmente, l'unica terapia in grado di guarire la mielofibrosi. Questa procedura, tuttavia, non è priva di rischi per il paziente al quale viene proposta ed è gravata da una mortalità, cosiddetta peritrapiantologica, ovvero legata ai primi mesi successivi al trapianto, che può arrivare a seconda delle casistiche a valori del 20-25%. Pertanto, questa opzione viene offerta a pazienti con classe di rischio alta, cioè, secondo lo score IPSS o DIPSS, a pazienti con classe di rischio Intermedio-2 o alta. Ricerche recenti hanno poi dimostrato come pazienti in classe di rischio bassa sottoposti a trapianto abbiano avuto una sopravvivenza globale minore di quella di pazienti della stessa classe di rischio trattati con terapia medica: pertanto in questi pazienti il trapianto non è in genere consigliato sia per l'esposizione ad un rischio trapiantologico che per una prognosi meno buona in termini di sopravvivenza. Infine, vi è una considerevole porzione di pazienti che, pur avendo l'indicazione al trapianto sulla base della classe di rischio, non può essere trapiantata a causa dell'età: infatti il limite di età sopra il quale il trapianto non viene proposto è attorno ai 65 anni e può raggiungere i 70 per pazienti senza particolari co-morbidità che ne limitino la candidabilità alla procedura.
Tenendo conto di tutte queste considerazioni e ricordando che la mielofibrosi è una malattia che viene spesso diagnosticata nella sesta decade di vita, si comprende perché il trapianto trova indicazione in un numero limitato di pazienti.
Buonasera, scrivo per mio figlio che ha 12 anni, affetto da TE, in cura presso il Bambino Gesù di Roma, la patologia è stata scoperta all'età di 5 anni con un aumento improvviso delle piastrine arrivate fino a 5.000.000 (le analisi furono fatte per ricovero per broncopolmonite) ha sempre assunto oncocarbide che ha interrotto nel maggio del 2017 perché la conta piastrina si è stabilizzata intorno a 550.000/650.000.
Il bambino è negativo al JAK2, BCR, ABL, non ha mutazione di MRP4 e CALR assente, ma da un'indagine molecolare effettuata presso il Policlinico universitario di Firenze è risultato il gene ASXL1 mutato, nella risposta è scritto che questa alterazione è classificata in modo controverso nei vari algoritmi e quindi per alcuni è benigna per altri è dannosa; il medico del Bambino Gesù mi ha detto che dalla biopsia ossea non risulta.
Vorrei capire a cosa si va incontro e comunque che provvedimenti bisognerebbe prendere. Grazie.
(Daniela)
Risposta
Le casistiche di malattie mieloproliferative croniche Ph negative, ed in particolare di trombocitemia essenziale, nell'infanzia non sono particolarmente ampie, data la rarità di queste diagnosi in tale età. Pertanto, le informazioni disponibili sono molto meno numerose e, per certi versi più frammentarie, rispetto alle stesse malattie diagnosticate nell'adulto. Nel suo caso, considerando l'assenza delle mutazioni driver ed il riscontro della mutazione del gene ASXL1, il cui significato prognostico nella trombocitemia essenziale è meno chiaro rispetto alla mielofibrosi, è consigliabile un attento monitoraggio dei valori dell'emocromo e dei sintomi clinici, evitando, quando non sia strettamente necessario, il trattamento farmacologico. I rischi principali in questa malattia sono rappresentati dalla comparsa di eventi trombotici o dalla trasformazione in mielofibrosi: nella popolazione pediatrica, proprio per la mancanza di ampie casistiche di cui detto sopra, non si hanno dati epidemiologici certi come nell'adulto che suggeriscano atteggiamenti precisi o condivisi. Pertanto un'attenta osservazione e monitoraggio del giovane paziente rappresentano il provvedimento migliore che, al momento, possa essere messo in atto.
Egregi Dottori,
ho 67 anni e sono portatore di mielofibrosi post policitemia vera. Attualmente assumo RUXOLITINIB (20 mg pro die) con ottimi risultati sui sintomi complessivi. Da molto tempo però mi trovo a combattere con frequentissime minzioni giornaliere (no notturne). In pratica ho notato che, con modeste quantità di urina in vescica vi è una pressione della stessa molto forte che mi costringe ad una urgenza minzionale come se la vescica fosse oltremodo piena. Come sintomo ho anche costantemente un pesantore (stanchezza) del pavimento pelvico. Dalle approfondite analisi delle urine non risultano patologie; inoltre l'urologo esclude l'adenoma prostatico per il quale ho già effettuato l'intervento tre anni or sono. A questo punto vi chiedo quali esami clinici possono essere fatti per individuare le cause e se tra queste vi è l'eventualità di un effetto collaterale di RUXO.
(Riki)
Risposta
E' improbabile che la pollachiuria, cioè la minzione frequente che lei riferisce, dipenda da un effetto collaterale del farmaco. Per chiarire le possibili cause della pollachiuria è necessario che lei si rivolga nuovamente all'urologo che, a prescindere dall'intervento di adenectomia prostatica cui lei è stato sottoposto 3 anni fa, le potrà prescrivere le indagini strumentali e funzionali utili per inquadrare il suo problema. L'esame delle urine, per quanto approfondito, non fornisce tutte le informazioni necessarie per escludere un problema urologico come causa del suo disturbo.
Aiuto! Con policitemia vera cosa posso associare all'antistaminico per il prurito dopo la doccia? Grazie.
(Angela)
Risposta
Il prurito dopo la doccia o in genere contatto con l'acqua può rappresentare un problema importante per la sua scarsa responsività al trattamento farmacologico con antistaminici. L'uso di acqua non molto calda può aiutare a limitare il sintomo, anche se non ad abolirlo. Oltre all'antistaminico, vi sono segnalazioni di efficacia di farmaci appartenenti alla classe degli inibitori della ricaptazione della serotonina la cui prescrizione deve comunque essere fatta dal suo medico. Un farmaco molto attivo sul prurito, e sulla malattia in generale, è il ruxolitinib, che però nella PV sarà prescrivibile probabilmente entro fine anno e comunque con alcune limitazioni. Anche l'interferone è efficace nel ridurre/abolire il prurito ma attualmente non è prescrivibile di routine nell'ambito del SSN.
Mio figlio, età 14 anni è stato diagnosticato policitemia vera. In un età cosi giovane si puo guarire?
(Elona)
Risposta
La prognosi, riguardo la guarigione, della policitemia vera non cambia nell'adolescente rispetto all'adulto. La malattia è da considerarsi pertanto cronica; l'unica terapia in grado di guarire la malattia è il trapianto di cellule staminali emopoietiche, che normalmente non è indicato nei pazienti con questa malattia.
Buon giorno a tutti voi, sono una persona di 68 anni con patologia Mielofibrosi, ho iniziato da poco con Jakavi e Omncocarbide, poiché sono raffreddato gradirei sapere quale farmaco posso prendere. Grazie.
(Pasquale)
Risposta
Se si tratta, come sembra dal suo messaggio, di una semplice infreddatura, senza febbre, può essere sufficiente evitare di esporsi al freddo senza bisogno di farmaci particolari. Come sintomatico può assumere, se non vi sono controindicazioni, dell'acido acetilsalicilico o del paracetamolo per os.
Buongiorno,
sto cercando un gruppo di sostegno per pazienti affetti da mielofibrosi, malattia da poco diagnosticata al mio papà. La zona è Cava dei Tirreni (Salerno).
Grazie per l'aiuto.
(Rosalba)
Risposta
Può trovare contatti con pazienti e gruppi di pazienti collegandosi al sito www.ail.it e cercando nel menù "area pazienti" e da qui in "seminari e gruppi ail pazienti" troverà il link per i pazienti affetti da malattie mieloproliferative croniche Ph negative che comprendono la mielofibrosi.
In alternativa, può collegarsi al sito dell'Associazione Italiana Pazienti con Malattie Mieloproliferative: www.aipamm.it dove pure troverà indicazioni per mettersi i contatto con altri pazienti.
Buongiorno, affetto da policitemia vera, in terapia con oncocarbide 12 cp settimanali più salassi mensili e cardiospirina 100. Nonostante ciò dall'ultimo emocromo si evince che hct e hb aumentano mentre piastrine e globuli bianchi si mantengono normali tendendo al basso. Non potendo aumentare la dose dell'oncocarbide per evitare di abbassare questi valori cosa mi consigliate di fare? Nel ringraziarvi saluto.
(Aldo)
Risposta
Da quanto riportato c'è margine per un piccolo aumento del dosaggio dell'oncocarbide, dal momento che i valori delle piastrine e dei globuli bianchi sono ancora nella norma, seppure, da quanto si evince dal suo messaggio, ai limiti inferiori: questo potrebbe essere sufficiente per controllare meglio l'ematocrito, eventualmente aumentando la frequenza dei salassi. Le alternative potrebbero essere rappresentate dall'uso di interferone o di ruxolitinib: per l'impiego sia dell'uno che dell'altro farmaco, essendovi al momento delle limitazioni nell'ambito del SSN, deve discutere con il suo ematologo di riferimento.
Grazie per la vostra tempestiva risposta. In riferimento alla domanda del 13 novembre 2017 argomento "Piastrine e fibrinogeno", la paziente non è affetta da nessuna malatttia sono solamente portatrice sana di anemia mediterranea. Le analisi mi sono state prescritte per controllo di routine e non ho mai avuto alterazioni, solo le piastrine le ho avute sempre ai limiti massimi, ma sempre entro il range. Grazie siete sempre Gentilissimi.
(Daniela)
Ritiro referto analisi. Emocromo: unico valore fuori dalla norma sono le piastrine (409000). Fibrinogeno 168 valore un po più basso. Colesterolo, trigliceridi, transaminasi, sideremia, vitamina d, creatinina tutto nella norma. Per quanto riguarda fibrinogeno e piastrine c'è da preoccuparsi? Grazie per una vostra risposta.
(Daniela)
Risposta
Da quanto riportato i valori non sembrano significativi: si tratta di un lieve aumento delle piastrine e di un lieve calo del fibrinogeno. Tuttavia, la mancanza di altre informazioni (da quale malattia è affetta la paziente? Ci sono state in passato altre alterazioni di questi o altri parametri? Per quale motivo ha fatto questi esami?) non permette di essere più precisi.
Gentilissimi ricercatori,
in riferimento alla vostra risposta del 10.11.2017 "bassi livelli di Vitamina D" nella quale indicate le possibili cause ostative che non favoriscano l'innalzamento della vitamina D di mia madre al fine di una mia facile comprensione (nel campo dei farmaci sono ignorante) vi comunico la terapia farmacologica giornaliera assunta da mia madre:
mattino: una cp. di Lucen da 20 mg, una cp. di Eutirox da 75 mg, una cp. di Lasix da 25 mg, una cp. di Micardis da 80 mg;
mattino e sera due cp. di Cardicor da 2,5 mg;
pomeriggio una cp. di Ziloric da 300 mg.
Medroll da 16 mg una cp. per 8 giorni, per altri 16 giorni mezza cp. e un quarto di cp. per altri 6 giorni.
Per quanto riguarda invece l'aiuto che il medico ha voluto fare per la vitamina D da marzo in aggiunta alla terapia indicata fa anche la seguente cura:
una fiala la settimana di Prefolic da 50 mg; una fiala la settimana di Dobetin 5000; una fiala di Dibase 100000 ogni 10 giorni; da aprile c.a. a luglio c.a. quasi giornalieri punture di Tad 600 e come indicavo nella email precedente è da circa 10 giorni che l'ospedale gli ha fatto riprendere due cp. di jakavi da 5 mg, sospeso nel mese di luglio per la caduta repentina delle piastrine.
Gentilissimi ricercatori chiedo il vostro parere in quanto come indicato nelle mie email precedenti siamo costretti a rivolgerci a medici privati per quanto riguarda la situazione generale di salute di mia madre perché da quello che abbiamo intuito l'ospedale che cura mia madre si concentra solo sul jakavi.
Saluti
(Carlo)
Risposta
I farmaci che sua madre sta assumendo non interferiscono con l'assorbimento e la funzione della vit D, a parte il Medroll, che però dovrebbe avere sospeso o comunque assumere ad un dosaggio molto basso. Prefolic e Dobetin non sono in grado di per sé di migliorare i livelli di Vit D (uno è acido folico, l'altro vit. B12). La somministrazione della fiale di DiBase se già non avviene va fatta per via intramuscolare. In aggiunta a questo, si può provare a passare ad una fiala ogni settimana, invece che ogni 10 giorni. Dopo un mese, sarà utile valutare ancora i liveli ematici di Vitamina D.
Di recente ho avuto trombosi all'addome, se fosse la mielofibrosi le analisi sarebbero dovute uscire necessariamente sballate?
(Franco)
Risposta
Non è necessariamente detto che gli esami, in particolare l'emocromo, siano alterati in maniera grossolana. Tuttavia, un esame attento dello striscio di sangue periferico ed un controllo ripetuto dei valori dell'emocromo potrebbero mostrare qualche lieve anomalia. Indagini più approfondite quali la ricerca di mutazioni o la biopsia ossea sarebbero indicate solo se la trombosi non potesse essere attribuita a causa specifiche, diverse da una sottostante malattia mieloprolifeariva crocnica.
Trombosi portale 2 anni fa, nessuna malattia mieloprolifera ma trombofilia omozigote, eco fatta un anno fa, milza era 12.6.
(Enzo)
Risposta
Viste le informazioni che ci ha dato, è possibile che la milza possa essere ingrandita rispetto ad un anno fa, probabilmente non in maniera eccessiva.
Buonasera ricercatori, circa due mesi fà a mia madre (63 anni) è stata diagnosticata una mielofibrosi secondaria; siamo in attesa del risultato dell'analisi del dna relative alle mutazione JAK2/V617F,MPL esone10, CARL esone9.
Ma in attesa di questo risultato le condizioni fisiche di mamma stanno peggiorando a vista d'occhio (ci è voluto 1 mese per fare il prelievo del midollo e un altro mese per avere il risultato, lo avremo il 27 novembre).
Nel frattempo ha avuto un ricovero per una ulcera che le ha abbassato notevolmente l'emocromo e da quel momento stiamo eseguendo l'analisi dell'emoglobina settimanalmente. Ieri sera ha avuto necessità di una nuova trasfusione. Ha molti dolori alle ginocchia, alle mani e a tutte le giunture(che sembrano dovute ad un eccesso di ferro, per questo abbiamo sospeso il sideral), l'anestia è un sintomo con cui ormai combatte da tre settimane.
Per i dolori gli è stata solo concessa la tachipirina 500 (forse per l'ulcera che ha avuto).
Vorrei sapere se, in attesa del risultato delle mutazioni, è possibile aiutarla a sopportare i dolori con farmaci diversi dalla tachipirina. E se, sempre in attesa del risultato delle analisi, si possa iniziare un qualche trattamente per alleviarle questo periodo davvero molto pesante.
Grazie per tutto ciò che fate.
(Valentine)
Risposta
I dolori ossei nella mielofibrosi, all'esordio o durante il suo decorso, non sono infrequenti. Purtroppo in questo caso l'impiego di molti analgesici è precluso, o comunque fortemente limitato, dalla storia di ulcera della paziente. In questi casi il paracetamolo è il farmaco più sicuro da usare. Se l'effetto al momento non è efficace nel ridurre la sintomatologia, si può provare ad aumentare il dosaggio oppure utilizzare combinazioni di paracetamolo e codeina. Vi sono poi farmaci appartenenti ad altre categorie che si possono usare in casi particolari in cui la terapia più convenzionale non è efficace. Per questi è bene che si rivolga al suo curante che conoscendo il caso della paziente a fondo è in grado di dare un giudizio più adeguato sul loro impiego.
Salve, vi scrivo per un quesito. A mia moglie, affetta da mf2 post pv, nella formula del sangue è risultata l'assenza di anisopoichilocitosi che è sempre stata presente nella suddetta formula, a volte accompagnata dalla presenza di dacriociti.
Cosa può significare?
Grazie sempre per esserci.
(Ernesto)
Risposta
Un certo grado di anisopoichilocitosi (cioè una variabilità di forma e dimensione dei globuli rossi) e la presenza di dacriociti (globuli rossi a forma di lacrima) sono reperti frequenti nella mielofibrosi; l'assenza nello striscio di sangue periferico di tali reperti non ha un significato clinico particolare e non deve quindi generare preoccupazione.
Salve, volevo porvi una domanda. E' possibile che in un portatore sano di anemia mediterranea si riscontra un numero di piastrine leggermente piu alto della soglia (409000)?
(Giuseppe)
Risposta
Il valore della conta piastrinica da lei riportato è ai limiti suoperiori della norma e non è correlato alla presenza di anemia mediterranea.
Buonasera. Sono un paziente affetto da mielofibrosi in cura con Jakavi a partire da marzo 2017. A seguito di un abbassamento dei neutrofili dal 26 settembre al 30 ottobre riduco progressivamente Jakavi da una dose di 20 mg fino a sospensione totale. Immediatamente dopo compaiono afte alla bocca sudorazione notturna e eritemi pruriginosi su tutto il corpo. Da ieri ho anche un marcato gonfiore a tutta la gamba destra e un leggero gonfiore alla gamba sinistra. E' anch'esso un effetto della sospensione del farmaco o ci può essere qualche altra complicanza? Grazie.
Risposta
Mentre la comparsa di sudorazioni e prurito sono con molta propbabilià imputabili alla sospensione del farmaco, il gonfiore alla gamba destra è verosimilmente un evento indipendente che sarebbe utile far valutare dal suo curante per escludere complicanze vascolari.
A causa di trombofilia, ho avuto trombosi vena porta, la milza ingrandita leggermente, a giorni ho eco, secondo voi c'è possibilità di milza ancora più grande?
(Enzo)
Risposta
Le informazioni fornite sono molto generiche e non permettono di dare una risposta precisa. Da quanto tempo ha avuto la trombosi? Da quale malattia mieloproliferativa cronica è affetto? La "milza leggermente ingrandita" è stata valutata ecograficamente?
Mia madre, a seguito della ripresa dell'innalzamento delle piastrine sopra i 100000, ha ripreso la terapia con due compresse di jakavi da 5 mg giornaliere. E' dal mese di febbraio che va a farsi settimanalmente le trasfusioni. Lunedi a seguito di un controllo generale presso un medico privato è stato evidenziato il valore della vitamina D che è di 31. Il medico non trovando convinzione su questo dato ci ha chiesto di cambiare laboratorio di analisi ma il valore è risultato 37.
Gentili ricercatori, come mai il valore della vitamina D di mia madre si mantiene cosi basso nonostante è dal primo di marzo di questo anno che mia madre assume in modo continuativo ogni 10 giorni una fiala di DIBASE 100000? Saluti.
(Carlo)
Risposta
Il modesto innalzamento dei livelli di Vitamina D, pur sotto terapia, può dipendere da possibili diversi fattori. Innanzitutto, potrebbe essere che sua madre assuma altri farmaci che interferiscono con il Dibase; in secondo luogo vi potrebbe essere un ridotto assorbimento del farmaco: nel caso sua madre stia assumendo la fiala per os, potreste provare a somminisitrargliela per via parenterale. Se già la somministrazione fosse parenterale e non vi fosse interazione con altri farmaci, è possibile che, nonostante il dosaggio attaule sia già abbastanza elevato, sia necessario aumentare la posologia.
In condizioni di anemia dovuta ad una ridotta risposta alla terapia farmacologica con Ruxolitinib con conseguente ricorso a trasfusioni, vi sono indicazioni per coadiuvare la eventuale astenia?
(Nazzareno)
Risposta
In un paziente anemico che necessita di trasfusioni l'astenia è un riscontro frequente. Il modo migliore per ridurla è mantenere livelli adeguati di emoglobina con un adeguato supporto trasfusionale. Una scarsa alimentazione o un tono dell'umore depresso possono influire negativamente sull'astenia. In queste situazioni può essere utile l'uso di integratori alimentari nel primo caso o di un eventuale supporto farmacologico nel secondo.
Sono il paziente del quesito del 7/11/2017 ore 17:19. Non ho ben chiarito, sicuramente per colpa mia. Il riferimento,descritto dalla letteratura scientifica, a una mediana di 15 anni come sopravvivenza da PV, quali parametri ha considerato nei soggetti studiati. Mi spiego meglio, coloro che sono sopravvissuti di meno, che caratteristiche avevano rispetto ai soggetti della popolazione studiata vissuta più a lungo?
Ho 70 anni, 2 anni fa trombosi venosa profonda polpaccio sx risolta, (epoca diagnosi PV) in cura con aspirinetta e clexane 6000 sc e salassi al bisogno. Vorrei programmare il futuro della mia famiglia nel modo migliore possibile e l'aspettativa di vita è fondamentale. Scusate la franchezza, ma credo che molti si pongono la domanda e non hanno il coraggio di porla.
(Fabrizio)
Risposta
I fattori prognostici che, considerando gli studi fatti su casistiche adeguate e con metodi statistici appropriati, condizionano maggiormante la sopravvivenza sembrano essere l'età alla diagnosi (sopra i 65-70 anni, a seconda degli studi), la presenza di leucocitosi (fissata da alcuni studi sopra i 13.000.000 globuli bianchi), la presenza di trombosi (in atto o pregressa) e il riscontro di anomalie citogenetiche nel cariotipo. Tenga comunque conto che si tratta di dati statistici, che hanno margini di probabilità che non fanno di questi dati delle certezze assolute. Inoltre, per la prognosi "quod vitam" vanno poi considerati fattori non direttamente legati alla malattia, quali le co-morbidità, cioè altre patologie coesistenti, o condizioni come, per esempio, l'essere fumatori o avere altri fattori di rischio cardiovascolari. Pertanto, una risposta più precisa al suo quesito può esserle fornita dallo specialista ematologo che la segue, il quale, conoscendo il suo caso a fondo, sarà in grado di darle una informazione più completa al riguardo.
Buon giorno gentili ricercatori, vi volevo chiedere che cosa sono i granulociti immaturi e che significato hanno in un paziente con policitemia vera. Grazie.
(Isabella)
Risposta
I granulociti presenti nel sangue periferico sono cellule che derivano dalla maturazione di cellule progenitrici, poco differenziate, che progressivamente acquistano le caratteristiche dei granulociti maturi. Questo processo di maturazione avviene nel midollo osseo e, in soggetti sani, solo granulociti maturi escono dal midollo e circolano nel sangue periferico. Tuttavia, nelle malattie mieloproliferative croniche, accade non infrequentemente che qualche granulocito non ancora completamente differenziato lasci anzitempo il midollo osseo e compaia nel sangue periferico. E' pertanto non sorprendente che in un paziente con policitemia vera alcuni di questi granulociti immaturi, propriamente definiti come metamielociti o mielociti, siano osservati nel sangue periferico.
Buongiorno,
vorrei avere alcune informazioni in materia di trapianto di midollo nella mielofibrosi.
1)E' possibile congelare le cellule staminali del donatore (es. familiare compatibile al 100%) per usarle nel caso si presenti la necessità ed evitare che non possano più essere usate a causa di età avanzata o malattie o ripensamento del donatore stesso?
2)E' vero che la risposta positiva sull'esistenza di un donatore compatibile da ricerca su Registro avviene in genere entro i primi sei mesi dalla richiesta?
3)Da quali fattori può dipendere la difficoltà nel trovare un donatore compatibile?
4)In un recente convegno per pazienti si è fornita una percentuale complessiva del 62% di pazienti in vita a cinque anni dal trapianto. Esistono dati disaggregati per età e sullo stato della malattia al momento del trapianto? In tal caso, potete indicarmi in quali studi?
Scusate le tante domande, ma sono quelle più ricorrenti da quando si è cominciato con più frequenza a parlare di trapianto e ad allontanare nel tempo la prospettiva di una terapia genica in grado di intervenire sulla patogenesi delle MPN. Davvero molte grazie.
(Micro)
Risposta
Nell'ambito del SSN, è possibile congelare in maniera preventiva le cellule di un donatore solo se è famigliare, mentre se si tratta di donatore da registro questo non è possibile. Tuttavia, anche nel primo caso, centri diversi possono avere regole diverse: è quindi bene che lei senta direttamente il centro presso il quale è seguito.
In generale se la ricerca non dà un risultato nei primi 6 mesi è poco probabile che risulti positiva nei mesi successivi.
La compatibilità fra donatore e ricevente dipende fondamentalmente dalla presenza, sulle cellule che vengono trapiantate, di certe proteine facenti parte del complesso maggiore e minore di istocompatibilità, che esistono in natura in moltissime varianti. E' necessario che un certo numero di queste proteine sia presente nella stessa forma variante sia nelle cellule del donatore che in quelle del ricevente. Siccome alcune varianti sono più rare di altre, la ricerca della compatibilità può essere più o meno difficoltosa.
Infine, la descrizione e l'analisi dei dati delle casistiche trapiantologiche presenti nella letteratura scientifica non è di facile interpretazione. Le suggerisco di discutere queste cose di persona con un ematologo esperto di mielofibrosi e trapianti. Le segnalo comunque le seguenti pubblicazioni che possono fornirle informazioni riguardo il suo ultimo quesito:
Alchalby H, et al. Bone Marrow Transplant 2016;51:1223 Kroger NM, et al. Leukemia 2015;29:2126.
Farhadfar N, et al. J Oncol Pract 2016;12:611.
Nella PV, l'espressione JAK2 positivo, significa che questo gene è mutato? Inoltre, quando si esprime una prognosi a x anni, qual è il punto zero di partenza. Faccio queste domande perché mi è stata diagnosticata PV casualmente in occasione di emocromo per altri motivi, ma non so il tempo di insorgenza della PV. Perciò chiedo se vi è una stadiazione della malattia che condiziona la prognosi e su cosa si fonda.
(Fabrizio)
Risposta
L'espressione "JAK2 positivo" solitamente significa che le cellule emopoietiche del paziente presentano la mutazione del gene JAK2: detto in questo modo non è comunque specificato se la mutazione è quella V617F oppure una delle mutazioni a carico dell'esone 12.
In genere, quando si indica al paziente una prognosi "a x anni" bisogna specificare se si intende da quel momento particolare oppure dall'insorgenza della malattia. Solitamente, quando si stratificano i pazienti in classi di rischio ci si riferisce al momento della diagnosi. La Policitemia Vera può essere classificata a basso o ad alto rischio, basandosi sulla presenza o di un'età maggiore di 60 anni o di un evento trombotico attuale o pregresso. L'assenza di entrambi definisce un basso rischio, la presenza anche di uno solo dei due definisce un alto rischio.
Buonasera,
vorrei sapere se è già stato approvato il protocollo per l'uso del Luspatercept per trattare una mielofibrosi primaria non trattabile con il Ruxolitinib ed eventualmente in quali Paesi viene già effettuata questa cura sperimentale. Grazie e buon lavoro.
(Elisabetta)
Risposta
Il trial basato sull'impiego del Luspatercept nei pazienti con mielofibrosi ed anemia, legata o meno all'uso di ruxolitinib, è attualmente ancora in fase di approvazione in Italia. Anche in Europa non è ancora iniziato l'arruolamento. Questo invece è attivo in alcuni centri negli USA.
In relazione al mio quesito del 3 novembre vi comunico che ho una Policitemia Vera e sono curioso degli esiti degli studi "low-PV" e Proud pv. Può il ropeg influenzare l'andamento della patologia?
(Luca)
Risposta
Dati sullo studio "low-PV" non sono ancora disponibili; invece lo studio "Proud" ha mostrato, in una prima analisi con un follow up relativamente breve, una non inferiorità del ropeginterferon rispetto ad idrossiurea per quanto riguarda la remissione ematologica, vale a dire la correzione dei valori di emoglobina, ematocrito, globuli bianchi e piastrine. Ciò vuol dire che, da questo punto di vista i due farmaci si equivalgono. Una analisi su un periodo di follow-up più lungo potrà evidenziare meglio eventuali differenze, in particolare quelle a livello molecolare.
Il ropeginterferon è sicuramente in grado di influenzare favorevolmente i valori dell'emocromo ed è in grado di determinare una certa percentuale di remissioni molecolari, anche complete. Tuttavia, un effetto sui meccanismi di malattia e quindi un impatto sul suo decorso non è ancora stato dimostrato.
E' vero che la carenza di ferro, anche se indotta da salassi per tenere sotto controllo l'ht, può provocare disfunzioni cardiache anche serie? Grazie.
(Antonella)
Risposta
La carenza di ferro, indotta o meno da ripetuti salassi, non causa disfunzioni cardiache.
A cosa è dovuto il prurito nella PV? Vi è una relazione tra comparsa/intensità del prurito nel tempo e prognosi?
(Fabrizio)
Risposta
Il prurito associato alle malattie mieloproliferative croniche ha una causa non del tutto chiara, nonostante sia stato oggetto di diversi studi. Probabilmente si tratta di un'origine multifattoriale in cui giocano un ruolo sia l'attivazione di particolari cellule quali i basofili ed i mastociti, in grado di rilasciare istamina, sia la produzione aumentata o sregolata di particolari citochine, cioè proteine dotate di peculiari funzioni. Alcuni studi hanno recentemente rivelato che esiste una correlazione fra il carico allelico della mutazione V617F del gene JAK2 e la presenza del prurito in pazienti affetti da policitemia vera. Infine, non vi sono dati certi che indichino una correlazione della comparsa/intensità del prurito con la prognosi: è stato suggerito da alcuni che il prurito possa avere un significato favorevole ma il dato non è stato confermato.
Buongiorno ricercatori,
volevo sapere se vi sono casi di poliglobulie (JAK2 negative e non pv) che possano col tempo passare a mielofibrosi o a forme leucemiche. Grazie mille.
(Elisabetta)
Risposta
Nel caso di eritrocitosi o poliglobulie nelle quali sia stata sicuramente esclusa la diagnosi di policitemia vera, non vi è rischio di evoluzione in malattie mieloproliferative, né per le forme congenite (anomalie del recettore dell'eritropoietina, emoglobinopatie ad alta affinità, ecc.) né per quelle acquisite (associate a malattie respiratorie, a stenosi dell'arteria renale, ecc.). Lo stesso discorso vale per le eritrocitosi idiopatiche, nelle quali nessuna causa dell'eritrocitosi può essere dimostrata.
Gentilissimi,
in terapia con ruxolitinib è più facile andare incontro a ulteriori mutazioni rispetto alla terapia con oncocarbide e/o interferone in soggetti a rischio medio/alto?
Inoltre è possibile che presto ci sarà una terapia con il ropeginterferone disponibile per soggetti a rischio basso che ha la capacità di fare regredire la malattia?
Grazie mille.
(Luca)
Risposta
Non vi sono evidenze che permettano di affermare che la terapia con ruxolitinib prevenga l'acquisizione di ulteriori mutazioni, oltre quelle già presenti prima di iniziare la terapia.
Per quanto riguarda la terapia con ropeginterferon, da quale forma lei è affetto? Policitemia vera o mielofibrosi?
Buonasera,
da circa 1 mese abbiamo scoperto che mio marito 38 anni soffre di TE. JAK2 e Bom positiva; la diagnosi è giunta poiché mio marito a causa di un'amnesia transitoria ha eseguito RMN encefalo che ha mostrato trombosi della vena giugulare e del seno trasverso di sinistra. I valori di PTL sono di circa 850.000. Al momento assume cardioaspirina, coumadin ed idrossiurea (1 g/die).
L'ematologo sostiene che tale terapia dovrà essere eseguita per tutta la vita; inoltre, come coppia avevamo il desiderio di un figlio ma ci è stato sconsigliato per il potenziale effetto teratogeno dell'idrossiurea.
Se possibile chiedevo un parere.
(Concetta)
Risposta
L'idrossiurea è un farmaco potenzialmente teratogeno e pertanto si sconsiglia il concepimento durante il suo uso. E' possibile prima di inziare la terapia o durante una sua sospensione criopreservare il seme ed utilizzarlo in seguito per fertilizzazione in vitro.
La terapia che le è stata prescritta dal suo ematologo va effettivamente continuata a tempo indeterminato.
Gentili ricercatori sono affetta da TE da circa 5 anni e per la prima volta nell'emocromo mi spunta la voce Lieve ipocromia...
Cosa vuol dire?
I globuli rossi sono a quota 4810 mila; Emoglobina 12,8; Ematocrito 39; Globuli bianchi 9700; Piastrine 1022 mila; Ferritina 39.9; Sideremia 72. Inoltre i bianchi sono un po' altini?
Grazie anticipatamente
(Marinella)
Risposta
Il termine ipocromia si riferisce a globuli rossi letteralmente "poco colorati". Questo è dovuto ad un ridotto contenuto di emoglobina ed è un reperto tipico di molte anemie. Nel suo caso si tratta di una lieve ipocromia, non associata ad una chiara condizione di anemia. Infine, i suoi globuli bianchi sono normali, seppure ai limiti superiori della norma.
Egregi Dottori, da circa tre anni ho scoperto, per caso, di avere livelli molto elevati di vitamina B12, senza aver assunto integratori, ad eccezione dell'acido folico per il controllo dell'omocisteina. Tale valore è rimasto costantemente alto nel tempo, fino ad oggi (oscilla tra 5400 e 5800) mentre gli altri esami ematochimici sono sempre risultati nella norma. I medici che ho consultato, incluso un ematologo, mi hanno detto che in un soggetto sano, livelli lelevati di vit. B12 non costituiscono un problema, l'ematologo, in particolare, ipotizza che buona parte di questa vitamina sia presente in forma non attiva, ma non riesce a trovare un laboratorio che esegua questo tipo di test. Io invece vista la vostra esperienza nel campo vi chiedo: è possibile che un valore di Vit. B12 così inspiegabilmente elevato sia prodromico allo sviluppo di una malattia mieloproliferativa? Grzie per il vostro lavoro.
(Corrado)
Risposta
Non vi sono dati in letteratura che colleghino il riscontro ripetuto di elevati livelli ematici di vitamina B12 e lo sviluppo di malattie mieloproliferative croniche. E' comunque consigliabile un monitoraggio costante dell'emocromo e dei valori della vitamina B12.
Gentili ricercatori buonasera, vorrei sapere se l'ospedale Moscati di Taranto è idoneo alle varie procedure di trapianto di midollo osseo o se è meglio considerare un'altra ematologia. Grazie infinite.
Risposta
Presso l'Ospedale Moscati di Taranto sono effettuate procedure di trapianto di cellule staminali emopoietiche sia autologhe che allogeniche, ed è quindi idoneo allo svolgimento di tali procedure.
Buongiorno Dottori,
mi dareste una vostra opinioni su questa ricerca? (link )
Grazie anticipatamente.
Enrica (ET da 10 anni, in cura con Cardioaspirina)
Risposta
L'articolo, di recentissima pubblicazione, suggerisce che nei pazienti con policitemia vera o trombocitemia essenziale che manifestano una resitenza all'azione dell'aspirina al dosaggio di 75 mg una volta al giorno, possa essere utile passare ad un dosaggio di 75 mg per due volte al giorno. La casistica presentata nello studio non è particolarmente ampia e la conclusione dovrà quindi essere confermata da studi condotti su un maggior numero di pazienti e con metodi statistici più rigorosi.
Dopo 25 anni di trombocitemia essenziale, mi è stata diagnosticata la mielofibrosi, vorrei chiedervi quale centro è maggiormente accreditato per questa patologia, io vivo a Roma e conosco i principali ospedali.
(Claudio)
Risposta
A Roma può fare riferimento all'ematologia del Policlinico Gemelli.
Egregi Dottori,
67 anni e portatore di mielofibrosi post policitemia vera.
Nei miei periodici controlli (vado sempre nello stesso laboratorio) per determinare se occorre il salasso oppure no, mi sono accorto di alcune incongruenze proprio sul valore dell'ematocrito. Vengo al punto. Una volta il numero dei globuli rossi ha un valore di 7,11 e l'ematocrito è 45%. La volta successiva i globuli rossi hanno un valore di 7,07 e l'ematocrito è 47%. Oltre questo ho notato anche che quando aumenta il valore dell'emoglobina "a parità di globuli rossi" l'ematocrito aumenta. Probabilmente mi sfugge qualcosa di fondamentale. Ho sempre pensato che l'ematocrito dipendesse dal numero dei globuli rossi presenti nel plasma, con un insignificante contributo di piastrine e globuli bianchi ma evidentemente mi sfugge qualcosa di fondamentale e per questo Vi chiedo lumi.
Grato della risposta cordialmente Riki.
(Riki)
Risposta
Il valore dell'ematocrito dipende non solo dal numero dei globuli rossi ma anche dal loro volume, che può essere identificato nel referto dell'emocromo come MCV o volume globulare medio. Inoltre, fattori non direttamente legati al numero o volume dei globuli rossi, come ad esempio il grado di idratazione, possono determinare lievi modifiche dell'ematocrito. Il numero di globuli bianchi e piastrine non influenza significativamente il valore dell'ematocrito. Infine, il valore di emoglobina dipende non solo dal numero dei globuli rossi ma anche dal contenuto medio di emoglobina degli stessi.
Gentilissimi la mielofribrosi si può manifestare con trombosi vena porta e analisi perfette?
(Lina)
Risposta
Non è infrequente che la prima manifestazione di una mielofibrosi sia proprio una trombosi della vena porta. Meno frequente, ma possibile, è che questo evento si associ ad un emocromo senza evidenti alterazioni.
Egregi Dottori,
premetto che ho la mielofibrosi e vorrei sapere, per favore, se per verificare una possibile ernia in quanto sofferente da vari anni di lombalgia dolorosa con irradiazione gluteo e coscia, sia più prudente effettuare una risonanza o una radiografia. Grata della risposta porgo cordiali saluti.
(Margherita)
Risposta
Per confermare il sospetto di un'ernia discale sarebbe più utile effettuare una risonanza magnetica del rachide. Consiglio comunque una valutazione clinica da parte per proprio Curante per l'indicazione ad eseguire un esame strumentale come una risonanza magnetica e per valutare le diverse cause che possano giustificare la sintomatologia di ciascun paziente.
Buongiorno,
sono affetto da PV asintomatica da qualche anno, ad oggi non faccio salassi, il valore HB 16 e HCT 48 sono borderline. JAK2 pos.
Mi è stato proposto per la Società per cui lavoro di spostarmi in Costa d'Avorio per circa 1 anno, dovrò effettuare dei trattamenti contro la malaria.
Volevo sapere se vi possano essere delle controindicazioni con la mia malattia.
Vi ringrazio di cuore
(Fabio)
Risposta
I pazienti affetti da policitemia vera vengono trattati in maniera diversa in relazione al rischio trombotico (anche in assenza di sintomi):
- i pazienti ad alto rischio (età ≥ 60 anni e/o presenza di un evento trombotico in anamnesi): terapia citoriduttiva (ad es idrossiurea) e cardioaspirina;
- i pazienti a basso rischio (età <60 anni e non presenza di un evento trombotico in anamnesi) salassoterapia (target di ematocrito < 45%, dunque i pazienti con Hct > 45% devono essere sottoposti a salassoterapia per ridurre il rischio trombotico) e cardioaspsirina 100 mg 1 cp al giorno.
Non vi sono controindicazioni assolute alla profilassi antimalarica nei pazienti affetti da policitemia vera, ma ciascun paziente deve essere prima valutato dal proprio Medico curante prima della somministrazione di qualsiasi farmaco.
Per un amico che ha urgenza, ci sono centri che hanno aperto la sperimentazione di Lupatercept nella mielofibrosi? Quali? Grazie.
(Fernando)
Risposta
Uno studio clinico che valuterà l'efficacia e la sicurezza dell'impiego di Luspatercept nei pazienti affetti da mielofibrosi con anemia dipendente o non dipendente da trasfusione, verrà a breve aperto nei seguenti centri Italiani:
- Azienda Ospedaliera Papa Giovanni XXIII Bergamo, Italia, 24127
- Azienda Ospedaliera Universitaria Careggi Firenze, Italia, 50134
- Fondazione IRCCS Policlinico San Matteo Pavia, Italia, 27100
- Istituto Clinico Humanitas Rozzano (MI), Italia, 20089
- Ospedale di Circolo di Varese Varese, Italia. 21100
Si consiglia di eseguire comunque una valutazione con il proprio Ematologo curante.
Buongiorno, ad un mio parente è stata riscontrata una malattia mileloproliferativa con riarrangiamento FIPL1 -PDGRFa ma ancora non classificata. Oltre a questo posso dire che presenta eosinofilia, è presente mutazione JAK2, Biopsia midollare con sede di neoplasia milelop con mastocitosi. Elevata vitamina B12, epato e splemenogalia, triptasi 27.9 su ug/l <10. A che tipo di malattia mielopr potrebbe corrispondere?
(Rosa)
Risposta
La mastocitosi secondo la classificazione WHO 2016 viene classificata in:
1. Mastocitosi cutanea (CM)
2. Mastocitosi sistemica (caratterizzata da infiltrati di mastociti ≥15% - in sezioni di biopsia osteomidollare e/o in organi extracutanei - criterio maggiore; Criteri minori: presenza di mastociti nel midollo osseo o in organi extracutanei >25% con morfologia atipica o mastociti > 25% su aspirato midollare immaturi e atipici; presenza della mutazione del codone 816 di KIT su midollo osseo, sangue o altro organo extracutaneo; presenza dell'espressione di CD25, con o senza CD2, in presenza di markers di mastociti normali su mastociti nel midollo osseo o in un altro organo extracutaneo; triptasi sierica persistentemente >20 ng/ml)
a. Mastocitosi sistemica indolente
b. Mastocitosi sistemica smoldering (SSM)
c. Mastocitosi sistemica associata con un neoplasia ematologica (SM-AHN)
d. Mastocitosi sistemica aggressiva (ASM)
e. Leucemia mastocitaria (MCL)
3. Sarcoma mastocitario (MCS)
Le mastocitosi sistemiche possono essere associate con altre neoplasie ematologiche e quindi in considerazione della compresenza di un'altra neoplasia ematologica presentare marcatori molecolari che la caratterizzano.
In considerazione della complessità di tali quadri è molto importante che il paziente venga valutato dal proprio Ematologo curante che formulerà una diagnosi in stretta collaborazione con l'anatomopatologo.
Gentili ricercatori, vorrei sapere cosa significa il seguente risultato relativo a una paziente con mielofibrosi idiopatica: "le cellule CD34+ risultano pari allo 0,53% della cellularita" (corrispondenti a 18,5/ul). Grazie mille per la risposta.
Risposta
L'antigene di superficie CD34+ è un indice di immaturità delle cellule staminali. Solitamente i pazienti con mielofibrosi presentano una quota di cellule CD34+ circolanti aumentata.
La conta delle cellule CD34+ può essere effettuata su sangue periferico o valutata anche nell'ambito della biopsia osteomidollare. Nel paziente con mielofibrosi primaria o secondaria vengono valutate entrambe. Solitamente la conta delle cellule CD34+ è utilizzata oltre che alla diagnosi anche durante il monitoraggio delle neoplasie mieloproliferative Ph negative. È importante che l'analisi di tali dati venga discussa con il proprio Ematologo curante.
Egregi Dottori,
come ormai è assodato dalla letteratura medica ogni paziente ha una risposta individuale ai farmaci; l'orientamento è addirittura quello di stabilire anche la risposta individuale di genere (donna - uomo). A tal proposito vi chiedo se esistono già degli esami specifici (chip genico?) per individuare la risposta ad un determinato farmaco. Se sì, sarei molto interessato a fare questi test specifici rispetto ai farmaci che sto assumendo e che sono il RUXOLITINIB e la CARDIOASPIRINIA. Cordialmente.
(Riki)
Risposta
Al momento in letteratura sono disponibili studi in vitro e su cellule di pazienti arruolati nell'ambito di protocolli sperimentali. Non vi sono test con l’impiego di chip genici che vengono attualmente impiegati nella pratica clinica per testare i pazienti prima o durante la terapia con ruxolitinib o con altri farmaci impiegati nella cura delle neoplasie mieloproliferative.
Una coorte di pazienti affetti da mielofibrosi, arruolati in uno studio iniziale con Ruxolitinib, svolto in un centro americano di eccellenza nell'ambito delle MPN (MD Anderson Cancer Center) sono stati studiati per valutare l’eventuale comparsa di mutazioni durante il trattamento.
Per una quota di pazienti era disponibile sia un campione di sangue relativo all'arruolamento nel trial (prima di iniziare il trattamento con Ruxolitinib), sia un campione raccolto al momento dell'interruzione del trattamento stesso: gli Autori hanno ricercato, grazie a tecniche genetiche moderne, l'eventuale acquisizione di nuove mutazioni durante il periodo di trattamento, e hanno combinato questo dato con le caratteristiche cliniche e di laboratorio degli stessi pazienti.
Al momento dell'interruzione del trattamento, i valori di emoglobina e di piastrine sono risultati inferiori rispetto alle determinazioni iniziali, ed era allo stesso tempo aumentato il numero di pazienti trasfusione-dipendenti; queste due osservazioni possono essere spiegate sia con un peggioramento della malattia, sia - almeno in parte - con la nota tossicità ematologica del farmaco.Circa un terzo dei pazienti al momento della sospensione di Ruxolitinib aveva acquisito una o più mutazioni in un set di 28 geni che gli Autori avevano precedentemente selezionato per il loro significato biologico in questo particolare setting; i geni più frequentemente coinvolti sono stati ASXL1, TET2, EZH2 e TP53. Per i pazienti che avevano acquisito almeno un nuovo evento genetico, la sopravvivenza dopo l'interruzione di Ruxolitinib è risultata inferiore; lo stesso effetto sfavorevole sulla prognosi è stato riportato per i pazienti che avevano conte piastriniche più basse, all'inizio e alla fine del trattamento. L'unica variabile clinica associata all'evoluzione clonale è risultata essere lo sviluppo di anemia di grado tale da necessitare supporto trasfusionale. Anche se studi genetici approfonditi come questo sono attualmente limitati all'ambito della ricerca, i dati che emergono aiutano a comprendere la complessità e l'eterogeneità di questo setting di pazienti, per i quali si rendono necessari sia nuovi approcci terapeutici, sia nuovi indicatori capaci di cogliere tempestivamente l'evoluzione della patologia ematologica -Newberry KJ et al, Clonal evolution and outcomes in myelofibrosis after ruxolitinib discontinuation, Blood. 2017 Aug 31;130(9):1125-1131. doi:10.1182/blood-2017-05-783225. Epub 2017 Jul 3.
In uno studio condotto su i granulociti purificati di pazienti affetti da policitemia vera e trombocitemia essenziale arruolati nel protocollo sperimentale 18424-256 di fase 2 utilizzando l'analisi del profilo di espressione dei microRNA sono stati documentati per la prima volta i cambiamenti in vivo dell'espressione di miRNA nei granulociti di pazienti che ricevono ruxolitinib, che potrebbero contribuire meccanicamente all'efficacia clinica del farmaco- Guglielmelli P.et al, Treatment with Ruxolitinib (INCB018424) Induced Changes of Microrna Expression in Granulocytes of Patients with Polycythemia Vera and Essential Thrombocythemia, Blood 2011 118:3852.
Sono stati inoltre condotti degli studi per individuare i meccanismi di resistenza ai JAK inibitori per comprendere come mai alcuni pazienti perdano la risposta a questi farmaci. Uno studio in vitro è stato effettuato per identificare la presenza di mutazioni aggiuntive a carico della proteina JAK2 mutata per V617F (JAK2V617F) che, conferendo la resistenza all'inibitore di JAK2 ruxolitinib, possono essere potenzialmente rilevanti in campo clinico. Per fare questo, hanno introdotto altre mutazioni nel gene JAK2V617F, e ne hanno poi indotto l'espressione in linee cellulari di derivazione murina in presenza di ruxolitinib. In queste condizioni, se una mutazione conferisce resistenza al farmaco, le cellule proliferano anche in presenza dell'inibitore, altrimenti la crescita cellulare viene inibita. La caratterizzazione delle cellule diventate resistenti a ruxolitinib ha portato all'identificazione di 5 mutazioni puntiformi che impediscono il legame tra JAK2V617F e l'inibitore, riducendone quindi l'efficacia farmacologica. Queste mutazioni, come dimostrato da software in grado di predire la struttura tridimensionale delle molecole, sono a carico o nelle strette vicinanze degli amminoacidi coinvolti nell'interazione con l'inibitore e causano, oltre alla resistenza, anche un vantaggio proliferativo. Inoltre, gli sperimentatori hanno testato altri inibitori di JAK2 dimostrando che le mutazioni identificate conferiscono resistenza anche verso molecole diverse. Inoltre, è stata individuata un'ulteriore mutazione in una posizione critica del dominio chinasico della proteina JAK2V617F che conferisce resistenza al ruxolitinib, ma non agli altri inibitori testati. I risultati ottenuti da questo studio sono di grande interesse dato il largo impiego che potrebbero avere questi farmaci, non solo per le patologie caratterizzate dalla mutazione JAK2V617F, ma anche per quelle in cui JAK2 risulta costitutivamente attivato. I dati ottenuti sottolineano l'importanza del monitoraggio dello stato mutazionale di JAK2 nei pazienti che non rispondono alla terapia con gli inibitori come ruxolitinib e dell'identificazione di farmaci alternativi da utilizzare per questi pazienti - Deshpande A. Kinase domain mutations confer resistance to novel inhibitors targeting JAK2V617F in myeloproliferative neoplasms.Leukemia. 2012 Apr;26(4):708-15. doi: 10.1038/leu.2011.255. Epub 2011 Sep 16.
Un altro studio è stato effettuato per cercare di identificare nuove mutazioni nella chinasi JAK2 che possano conferire resistenza agli inibitori che oggi vengono prescritti ai pazienti affetti da patologie mieloproliferative (MPNs), al fine di prevenire una ricaduta della patologia visibile a livello clinico. Tramite un nuovo approccio biotecnologico sono stati generati in laboratorio diversi alleli JAK2 mutati e successivamente analizzati in termini di capacità di crescita, di stimolazione di pathways a valle e di fosforilazione di nuovi target in presenza dell’inibitore (CEP-701 e TG101348). I mutanti resistenti ad alte dosi di inibitore sono stati individuati nel dominio chinasico di JAK2 e sono in grado di attivare i pathways molecolari di Stat5, Erk1/2 e Akt. Alcune di queste mutazioni sono state ritrovate anche analizzando un pannello di alleli JAK2-V617F (la tipica mutazione associata alle MPNs), validando così l'iniziale screening su JAK2 wild type. In particolare i cambi aminoacidici G935R, R975G e N909K conferiscono forte attività chinasica alla molecola JAK2 anche in presenza di una concentrazione dell'inibitore farmacologico 200 volte superiore a quella che normalmente ha effetto sulla molecola JAK2 wild-type. Il motivo di questa forte resistenza si individua nella diversa conformazione strutturale che le mutazioni conferiscono a JAK2, poichè esse vanno ad alterare il sito di legame per il farmaco, con conseguente riduzione nella sua efficacia. Questi risultati dimostrano quindi come anche gli inibitori farmacologici di JAK2 (principalmente small-molecules) possano indurre il sorgere di mutanti resistenti e che di conseguenza i farmaci di nuova generazione contro le malattie mieloproliferative debbano essere assolutamente formulati tenendo conto della presenza e localizzazione di questi mutanti che potrebbero insorgere e ridurre l'efficacia del farmaco stesso- Marit MR et al, Random mutagenesis reveals residues of JAK2 critical in evading inhibition by a tyrosine kinase inhibitor, PLoS One. 2012;7(8):e43437. doi: 10.1371/journal.pone.0043437. Epub 2012 Aug 16.
http://www.progettoagimm.it/Progetto/articoli.shtml
Commosso e riconoscente per la Vostra esauriente risposta, Vi auguro un proficuo lavoro di ricerca e grandi soddifazioni nella Vostra carriera scientifica. Fate onore all'Italia per cultura e grande umanità. Siete la nostra speranza, ci aggrappiamo a Voi.
(Demetrio)
Salve vi scrivo per un parere. Mia moglie, in cura con jakavi 30 mg da gennaio 2014, milza 10,5 cm, mf post pv asintomatica (diagnosi giugno 2013), dopo un periodo stazionario della malattia che ha visto una hb con valori fra12 e 11,7, a partire da questa estate ha visto un calo dell'emoglobina che dal valore di 10,8 di luglio è scesa a fine agosto a 10 sino arrivare ad oggi al valore 9,10. Tenuto conto dell'assenza dei blasti, del rapporto normale dei neutrofili 74%, linfociti 16,4% su un valore dei wbc 2,7, rbc 3.07, piastrine 191, in attesa del risultato di bom, vi chiedo se la causa di questa anemia può essere dovuta al dosaggio di 30 mg del ruxolitinib. In sostanza diminuendo un po' il farmaco i valori dell'emoglobina potrebbero migliorare? In caso contrario occorre al più presto fare una terapia per aumentare i globuli a fianco del ruxolitinib?
Grazie sempre per esserci
(Ernesto)
Risposta
Un evento avverso frequente in corso di terapia con ruxolitinib, oltre alla piastrinopenia, è l'anemia. Si può osservare un miglioramento dell'anemia riducendo la dose del farmaco. In alcuni casi si può osservare anche neutropenia. La valutazione midollare è utile per discriminare se un peggioramento dell'emometria è correlato al farmaco o ad un peggioramento della malattia.
Paziente a basso rischio per policitemia vera con prurito incoercibile può essere avviato a terapia citoriduttiva? E ancora qual è secondo voi il numero di salassi in un anno oltre il quale il paziente deve essere avviato a terapia citoriduttiva oppure cambiare la terapia citoriduttiva che sta assumendo? Grazie per la vostra pazienza.
(Simona)
Risposta
Il prurito, tipicamente scatenato dal contatto con l'acqua (acquagenico), è un sintomo frequente, e talvolta poco tollerato, nei pazienti con policitemia vera. Nei pazienti a basso rischio è utile effettuare una efficace salassoterapia che mantenga un ematocrito inferiore a 45% (in questo modo si riduce anche il rischio trombotico). Farmaci quali antistaminici, basse dosi di cortisonici, il trattamento PUVA (psoralene e raggi ultravioletti), e anche tranquillanti minori, come le benzodiazepine, o antidepressivi, come la paroxetina possono essere utilizzati con risultati soddisfacenti. Nei casi più severi e resistenti, si può pensare a nuovi farmaci per il trattamento della PV come l'interferone pegilato (attualmente impiegato nell'ambito del protocollo Low-risk PV) o in futuro a ruxolitinib. Ciascun paziente deve essere valutato dall'ematologo curante.
Il paziente a basso rischio trattato con salassoterapia (per mantenere l'ematocrito < 45%, riducendo il rischio trombotico) e cardioaspirina a basse dosi può necessitare di frequenti flebotomie e/o essere intollerante alla procedura. In questi casi verrà valutato dall'ematologo curante per terapie alternative (ad esempio la terapia citoriduttiva).
Qualcuno si è mai occupato di studiare la qualità di vita dei pazienti affetti da policitemia vera?
(Maurizio)
Risposta
Sono stati pubblicati diversi studi che valutano la qualità di vita dei pazienti affetti da neoplasie mieloproliferative; è stato osservato che i pazienti affetti da policitemia vera possono avere una variabilità di sintomi che possono impattare sulla qualità di vita in maniera significativa e che non correlano necessariamente con la categoria di rischio della patologia (HL Geyer et al., Distinct clustering of symptomatic burden among myeloproliferative neoplasm patients: retrospective assessment in 1470 patients Blood, 2014) .
In uno studio clinico condotto nei pazienti affetti da policitemia vera resistenti o intolleranti ad idrossiurea (Response) attraverso la somministrazione ai pazienti arruolati di questionari specifici e la compilazione di uno specifico diario (MPN-SAF, EORTC Quality of Life Questionnaire–Core 30, the Pruritus Symptom Impact Scale) è stata valutata la qualità di vita dei pazienti. Sono stati riscontrati ottimi risultati riguardanti un miglioramento della qualità di vita dei pazienti in terapia con ruxolitinib, poiché il farmaco controlla molto bene la sintomatologia.
Cari ricercatori, sappiamo che per la policitemia vera disponiamo di una serie di farmaci,come oncocarbide, busulfano, interferone, e tra poco ruxolitinib. Esistono altri farmaci all'orizzonte?
(Alberto)
Risposta
Il givinostat è un inibitore dell'HDAC (istone deacetilasi; gli istoni sono delle proteine che interagiscono con il DNA, e le loro alterazioni sono coinvolte in molte malattie, tra cui alcuni tipi di tumori) che è stato testato in studi clinici di fase 2 in pazienti affetti da neoplasie mieloproliferative, che comprendevano pazienti con PV, con intolleranza o refrattarietà ad idrossiurea.
Un altro studio prevedeva l'associazione di givinostat con idrossiurea a basse dosi, in pazienti che non rispondevano alla dose massima tollerata di idrossiurea. Questi studi hanno fornito buoni risultati iniziali di efficacia per quanto riguarda il controllo Hct, la riduzione delle flebotomie ed il miglioramento dei sintomi, con un buon profilo di sicurezza. Tuttavia non è stato ancora avviato uno studio di fase 3.
Un altro inibitore della HDAC, vorinostat, ha mostrato efficacia nel normalizzare l’emometria, riducendo il prurito e la splenomegalia nei pazienti affetti da PV precedentemente trattati ed intolleranti ad altre terapie; purtroppo sono stati segnalati effetti collaterali importanti che hanno determinato la sospensione del trattamento in un numero elevato di pazienti.
Salve,
mio padre 76 anni, nel maggio 2015 riceveva diagnosi di lnc (negativo per JAK2,CARL e bcr-abl)curata con oncocarbide. Dopo un anno positivo a CSF3R T618I. Inizia terapia con jakavi con grande successo per totale scomparsa dei sintomi e per netto miglioramento dell'emocromo (però leucocitosi mai minore di 20000) e milza da 28 cm a 18 cm.
Ad agosto 2017 inizia trasfusioni per calo graduale di emoglobina. A settembre viene sospeso jakavi e la situazione peggiora e viene effettuata BOM: Midollo emopoietico con cellularità prossima al 100%, sostenuta in gran parte da granulopoiesi immatura e displastica MPO+, con quota di blasti CD34+ pari a circa il 20%. Ipoplasia di eritro e megaropoiesi, con displasia maturativa severa. Fibrosi reticolinica diffusa di grado 2. Depositi emosidenerici non evidenti.
Ieri ha iniziato Vidaza con oncocarbide e si sente ancora peggio.
Secondo voi potrebbe esserci una terapia più adatta? Magari in qualche centro italiano specifico? In ogni caso cosa devo aspettarmi? Grazie.
(Giulia)
Risposta
La leucemia neutrofila cronica (LNC) è un neoplasia mieloproliferativa rara e potenzialmente aggressiva. E' stato individuato un marcatore clonale di tale patologia: identificato come una mutazione somatica di CSF3R, più comunemente CSF3R T618I. Tale mutazione rientra attualmente nei criteri della classificazione WHO 2016 per la leucemia neutrofila cronica.
Le mutazioni in SETBP1 e ASXL1 sembrano avere un significato prognostico e correlano con progressione della malattia. I progressi nella comprensione della patogenesi molecolare di LNC non sono ancora pienamente tradotti in strategie terapeutiche soddisfacenti, ma recentemente sono comunque migliorate.
L'idrossiurea è il farmaco maggiormente utilizzato ed è efficace nel controllare la leucocitosi e la splenomegalia fino a che non vi sia evidenza di una progressione in fase blastica o accelerata.
L'impiego di interferone alfa è stato descritto in diversi case reports o serie retrospettive riportando una remissione clinica per 41 mesi in un paziente ed un controllo delle malattia rispettivamente per 66 e 90 mesi in due pazienti.
Il trapianto allogenico è una strategia terapeutica da considerare nei pazienti con neutrofilia progressiva e refrattaria o in fase blastica eleggibili per età e condizioni generali permissive, previo consulto presso un centro trapianti.
Nuovi approcci terapeutici: ruxolitinib non è approvato dalla FDA per la LNC, ma nonostante ciò sono stati pubblicati diversi casi di pazienti con LNC e CSFR3 mutato o leucemia mieloide cronica atipica trattati con ruxolitinib. E’ stato riportato il caso di un paziente con la mutazione di CSF3R T618I che ha ottenuto una risposta clinica (riduzione del numero di neutrofili e risoluzione della trombocitopenia) dose dipendente con ruxolitinib. E’ stato inoltre descritto un caso di LNC con co-espressione di mutazioni di CSF3RT618I e SETBP1 con citogenetica normale, che è stato trattato con ruxolitinib dopo resistenza ad idrossiurea. Questo caso ha mostrato refrattarietà anche al trattamento con ruxolitinib. Studi in vitro sulle cellule mieloidi di questo paziente con la doppia mutazione hanno mostrato resistenza al trattamento specifico con l’inibitore di JAK.
Successivamente è stato segnalato un altro caso di un paziente con una coespressione delle mutazioni CSFR3T618I e SETBP1, refrattario al trattamento con ruxolitinib. E’ possibile dunque che la copresenza della mutazione di SETBP1 possa indurre resistenza a ruxolitinib.
Un ulteriore supporto a questa osservazione è un caso (segnalato in letteratura) di un paziente affetto da leucemia mieloide cronica atipica CSFR3T618I-positiva con leucocitosi, anemia e trombocitopenia, splenomegalia massiva e gravi sintomi costituzionali che non ha risposto ad idrossiurea, ma che ha avuto un rapido miglioramento dell'emometria, riduzione significativa del volume della milza e netto miglioramento dei sintomi costituzionali con ruxolitinib. Questo paziente non presentava la mutazione di SETBP1.
Terapia delle fasi accelerate/blastiche: la chemioterapia di induzione standard (antraciclina e cititarabina) è stata impiegata in pazienti con fasi accelerate o blastiche di LNC. Per quanto riguarda la fase blastica: un case report pubblicato descrive il caso di un paziente in fase blastica nel quale la chemioterapia di induzione ha riportato la malattia in una seconda fase cronica; la maggior parte dei pazienti trattati in fase accelerata/blastica è risultata refrattaria alla chemioterapia di induzione standard. (Elliott MA, Tefferi A.Chronic neutrophilic leukemia 2016: Update on diagnosis, molecular genetics, prognosis, and management. Am J Hematol. 2016 Mar;91(3):341-9. doi: 10.1002/ajh.24284. Epub 2016 Feb 9. Review).
Il paziente è stato gestito bene presso l'Ematologia dove viene attualmente seguito. Purtroppo si tratta di una patologia rara e soprattutto nelle fasi avanzate della malattia le strategie terapeutiche attualmente disponibili sono limitate.
L'approccio terapeutico per ciascun singolo paziente viene valutato dall'Ematologo curante in relazione alla malattia e alle comorbidità/caratteristiche del paziente.
Lo stato psicologico e patologico di cui soffro, mi costringe ad abusare della vostra cortese disponibilità.
Bravissimi, gradirei avere esplicite indicazioni su qualche Centro con maggiore esperienza ed interesse al fine di arrestare, spero radicalmente, l'attiva proliferazione dei globuli rossi, causa di stanchezza, affanno, prurito, nonostante i frequenti salassi. Insisto perché molto confuso sulle molteplici indicazioni che mi pervengono. Ho a Voi esposto l'8 luglio 2017 ed il 26 settembre 2017 l'esordio della malattia e la terapia.
Vi prego di scusarmi per l'insistenza e di accogliere la mia ansiosa richiesta con spirito scientifico e altamente umano e di suggerirmi, con chiarezza e sinceramente, modalità di approcci anche all'estero, come ad una persona di famiglia a Voi cara. In fiduciosa attesa, vi saluto con tanta stima.
(Demetrio)
Risposta
Nella policitemia vera a basso rischio trombotico (età < 60 anni, senza storia di eventi trombotici) è indicato il trattamento con cardioaspirina a basse dosi (100 mg al giorno) e salassoterapia per mantenere un target di ematocrito < 45%.
E' in corso uno studio per i pazienti con policitemia vera a basso rischio trombotico (Low risk PV) con l'impiego di interferone pegilato. Lo studio è multicentrico ed al momento aperto in diverse divisioni di Ematologia in Italia:
- UO Ematologia, Ospedale Casa Sollievo della Sofferenza Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico, San Giovanni Rotondo, (FG) Puglia, Italia, 71013
- Azienda Ospedaliera Universitaria Federico II di Napoli, Napoli, Campania, Italia, 80131
- Divisione Ematologia Policlinico S. Orsola - Malpighi, Bologna, Emilia Romagna, Italia, 40138
- UCSC Ematologia, Fondazione Policlinico Universitario "Agostino Gemelli" Università Cattolica del Sacro Cuore, Roma, Lazio,Italia, 00168
- Clinica Ematologica, Azienda Ospedaliero-Universitaria "Santa Maria della Misericordia", Udine, Friuli Venezia Giulia, Italia, 33100
- USC Ematologia, ASST Papa Giovanni XXIII, Bergamo, Lombardia, Italia, 24127
- Divisione Oncoematologia, Fondazione IRCCS Ca' Granda Ospedale Maggiore Policlinico, Milano, Lombardia, Italia, 20122
- U.O. Ematologia, Ospedale di Circolo e Fondazione Macchi Varese, Varese, Lombardia,Italia, 21100
- Divisione Ematologia, Fondazione IRCCS Policlinico San Matteo, Pavia, Lombardia, Italia, 27100
- S.C. Ematologia Azienda Ospedaliera S. Croce e Carle Cuneo, Cuneo, Piemonte,Italia, 12100
- SCDU Ematologia, A.O.U. Maggiore della Carità, Novara, Piemonte, Italia, 28100
- S.C. Ematologia, AOU- Presidio Ospedaliero Molinette, Torino, Piemonte, Italia, 10126
- U.O. Ematologia con Trapianto, Azienda Universitaria Ospedaliera Consorziale - Policlinico Bari, Bari, Puglia, Italia, 70120
- Unità Operativa Complessa di Emostasi Azienda Ospedaliero-Universitario Policlinico "Vittorio Emanuele" - Presidio Ospedaliero Ferrarotto, Catania, Sicilia, Italia 95124
- UOC Ematologia, Azienda Ospedaliera Universitaria Policlinico "G. Martino", Messina, Sicilia, Italia 98100
- Divisione Ematologia Azienda Ospedaliera Universitaria Policlinico "Paolo Giaccone" Palermo, Palermo, Sicilia, Italia, 90127
- SOD Ematologia AUOC Azienda Ospedaliero-Universitaria "Careggi", Firenze, Toscana, Italia, 50134
- Clinica Medica I Azienda Ospedaliera di Padova, Padova, Veneto, Italia, 35128
- Divisione Ematologia, Ospedale Borgo Roma, Verona, Veneto, Italia, 37134
- Divisione Ematologia, Ospedale San Bortolo, Vicenza, Veneto, Italia
Salve,
vi scrivo per avere notizie sulla sperimentazione dei farmaci PIM447 e LEE011, per pazienti con MF post PV in cura da 4 anni con ruxolitinib e con inizio di perdita alla risposta del farmaco. Vi chiedo se ci sono già studi in Italia ed in particolare a Firenze.
Grazie sempre per esserci!
(Ernesto)
Risposta
Uno studio di fase 1 b che esplora il profilo di sicurezza sicurezza del PIM447 in combinazione con Ruxolitinib (INC424) e LEE011 nei pazienti con mielofibrosi è attivo presso l'Ematologia di Firenze. Per avere informazioni più dettagliate su tale protocollo sperimentale consiglio di contattare direttamente i colleghi Ematologi di Firenze (AOUC Azienda Ospedaliera Universitaria Careggi, Firenze: Centro di ricerca e innovazione per le malattie mieloproliferative, coordinatore Prof. Alessandro Maria Vannucchi).
Buona sera, mio figlio affetto da Mielofibrosi, dovrà iniziare la cura del jakavi, l'esame del quantiferon è positivo. Dovendo iniziare la cura per eliminare il batterio del tbc ed iniziare la cura del jakavi vorrei sapere se le due cure sono in contrasto oppure possono essere compatibili. Grazie.
(Giovanni)
Risposta
I pazienti con infezione tubercolare latente (ossia con test di Mantoux positivo o quantiferon test positivo o RX-torace positivo) devono essere sottoposti a profilassi della progressione a malattia conclamata mediante isoniazide al dosaggio di 5 mg/kg al giorno fino ad una dose massima di 300 mg al giorno per nove mesi.
L'isoniaziade è un debole inibitore del CYP3A; non sono necessari aggiustamenti di dose di Ruxolitinib che può essere somministrato in concomitanza con l'isoniazide. Il paziente deve comunque essere attentamente monitorato presso la Divisione di Ematologia dove viene regolarmente seguito.
Buongiorno, mi consigliate un buon specialista a Napoli per la mielofibrosi?
(Maria)
Risposta
A Napoli vi sono due Aziende Ospedaliere con due note divisioni di Ematologia: l'Ospedale A. Cardarelli (Direttore della divisione di Ematologia: Prof. Felicetto Ferrara) e l'Ospedale Federico II (Direttore della divisione di Ematologia Prof Fabrizio Pane).
Buonasera,
soffro da alcuni anni di mielofibrosi idiopatica. Ho seguito la cura con JAKAVI (5 + 5 mg) da marzo 2015 che ha dato ottimi risultati ma che ho dovuto sospendere a settembre 2017 per progressiva mancata risposta del farmaco e progressione della malattia (ad oggi conta piastrinica 14 mila, dimensioni della milza 26x26x11 cm, globuli bianchi 150 mila).
Attualmente sono ricoverato in reparto intensivo per piastrinopenia, aggravata da complicazioni infettive e problemi respiratori/focolai polmonari.
Chiedo cortesemente se il nuovo farmaco Pacritinib della Biopharma, che so aver superato i vari step per la commercializzazione, sia attualmente disponibile in qualche centro ospedaliero italiano o privatamente.
Vi ringrazio fin da subito per la cortese risposta che vorrete darmi.
(Marco)
Risposta
Il pacritinib non è al momento prescrivibile in Italia. Uno studio di fase 2 (PAC203) è attualmente in corso negli Stati Uniti.
Sotto controllo per epatite c, beta 2 microglobuline alterate da circa dieci anni senza apperente causa.
(Rosa)
Risposta
La beta2microglobulina è una proteina plasmatica presente ad alta concentrazione sulla superficie delle cellule del sistema immunitario come linfociti e macrofagi. Viene filtrata dal glomerulo renale e riassorbita dai tubuli renali, per tale motivo la sua determinazione offre importanti informazioni circa la funzionalità renale. Infatti si ha un suo aumento nell'insufficienza renale; vi sono comunque altre condizioni in cui si può osservare un aumento della beta2microglobulina come malattie autoimmuni, malattie infiammatorie croniche, epatiti virali. Viene utilizzata anche come marker tumorale, ma un suo aumento non è necessariamente indice di neoplasia. Un aumento della beta2microglobuline va approfondito con ulteriori indagini da parte del curante in relazione al quadro clinico di ogni singolo paziente.
Mi è stata diagnosticata PV. L'emocromo mostra prevalenza di piastrine (600.000) rispetto alllo HTC (45%). Mi è stato riferito che con i salassi controllo solo l'HTC, mentre per le piastrine serve un farmaco. E' così?
(Fabrizio)
Risposta
I paziente affetti da policitemia vera possono essere suddivisi in due gruppi in relazione al rischio trombotico:
- pazienti ad alto rischio: età ≥ 60 anni e/o storia di eventi trombotici;
- pazienti a basso rischio: con età < 60 anni e senza storia di eventi trombotici.
Nei pazienti a basso rischio è indicata la terapia con salassi con target di ematocrito < 45% e cardioaspirina a basse dosi (100 mg/die)
Nei pazienti ad alto rischio è indicata una terapia citoriduttiva (ad es. con Idrossiurea) e cardiosapirina a basse dosi (100 mg/die).
I pazienti a basso rischio che presentano un emocromo caratterizzato da leucocitosi e piastrinosi con valori di leucociti < 20.000/mmc o piastrine <1000000/mmc-1500.000/mmc (stabili e non rapidamente progressive) non richiedono una terapia citoriduttiva. Nei pazienti a basso rischio che presentano una leucocitosi con valori di leucociti > 20.000- 25.000/mmc/mmc e/o piastrinosi con piastrine >1000000/mmc-1500.000/mmc, splenomegalia dolente/sintomatica, intolleranza ai salassi o elevata necessità di salassoterapia, o con una sintomatologia correlabile alla malattia non controllata con salassoterapia a cardioaspirina è indicata una terapia citoriduttiva (How I treat polycythemia vera, Vannucchi A.M. Blood 2014 124:3212-3220.; How I treat polycythemia vera, Passamonti F, Blood 2012 120:275-284)
Ciascun singolo paziente comunque necessita di un una valutazione specifica.
Salve volevo sapere quali sono i centri italiani dove è possibile sperimentare ruxolitinib insieme a PRM-151. E se è vero che questa combinazione è utile a chi soffre di piastrinopenia (dovuta a ruxolitinib). Grazie.
(Franco)
Risposta
PRM-151, una pentraxina-2 ricombinante, è un potente agente antifibrinolitico valutato nella mielofibrosi. Uno studio di fase 2 (disegno a 4 bracci di cui 2 in associazione a Ruxolitinib), condotto in meno di 30 pazienti ha mostrato che tale farmaco (da solo o in combinazione con Ruxolitinib) ha determinato un miglioramento dei sintomi e/o una riduzione della fibrosi midollare nel 43% dei casi dopo 24 settimane di trattamento. Non sono stati registrati eventi avversi gravi. PRM-151 ha inoltre prodotto una riduzione della fibrosi midollare in circa il 70% di pazienti trattati con miglioramento della splenomegalia, anemia, piastrinopenia e dei sintomi correlati alla mielofibrosi.
La seconda parte dello studio è volta a valutare l'efficacia e la tollerabilità di PRM-151 da solo nei pazienti con mielofibrosi resistenti o non eleggibili al trattamento con Ruxolitinib.
Lo studio è in corso anche in Italia (ad esempio presso IRCCS policlinico San Matteo di Pavia), ma non recluta pazienti.
Mia madre ha 74 anni.
A fine maggio 2017, a seguito di biopsia midollare le hanno diagnosticato la "mielofibrosi idiopatica in fase fibrotica IPSS ad alto rischio". E' da febbraio che settimanalmente va a fare le trasfusioni perché la sua emoglobina è quasi sempre al di sotto di 8,0 e dopo circa 5 giorni, anche se si mette una sacca di sangue, il valore dell'emoglobina gli ritorna sempre a 8,0.
Dal 17 giugno ha iniziato il jakavi con 30 mg al giorno perché aveva le piastrine a 125000. Dopo circa 15 giorni gli hanno ridotto il jakavi a 10 mg al giorno e nonostante questa riduzione, le piastrine le sono continuate a scendere fino ad arrivare alla soglia dei 45000 e le hanno sospeso il farmaco. Dopo la sospensione del farmaco (metà luglio) le piastrine sono iniziate a risalite in maniera lenta tanto è che ancora oggi non arrivano a superare le 70000.
Prima, a ridosso della trasfusione, accusava dolori alle gambe, giri di testa e a volte gli capitava un po' di febbre invece è da qualche mese che si è aggiunto inappetenza, nausea, senso di vomito. Questi sintomi sono legati in modo stretto all'avanzamento della malattia oppure a qualche altra cosa?
Saluti e grazie.
(Carlo)
Risposta
I pazienti anziani affetti da mielofibrosi primaria ad alto rischio IPSS non sono eleggibili alla procedura trapiantologica, ma possono essere trattati oggi con JAKAVI (ruxolitinib). La dose iniziale del farmaco è stabilita in base alla conta piastrinica. La dose iniziale raccomandata di Jakavi nella mielofibrosi è di 15 mg due volte al giorno per i pazienti con una conta piastrinica tra 100.000/mm3 e 200.000/mm3 e di 20 mg due volte al giorno per i pazienti con una conta piastrinica >200.000/mm3. Le informazioni per raccomandare una dose iniziale per i pazienti con conte piastriniche tra 50.000/mm3 e <100.000/mm3 sono limitate. La dose massima iniziale raccomandata in questi pazienti è di 5 mg due volte al giorno e deve essere incrementata con cautela. Le dosi possono essere titolate sulla base della sicurezza e dell'efficacia.
La piastrinopenia è un evento avverso atteso in corso di terapia con JAKAVI. Il trattamento deve essere interrotto per conte piastriniche inferiori a 50.000/mm3 o conte assolute di neutrofili inferiori a 500/mm3. Il trattamento con JAKAVI porta a risoluzione o riduzione significativa dei sintomi costituzionali (caratterizzati da febbre/febbricola, calo ponderale, sudorazioni notturne), prurito, astenia e della sintomatologia correlabile ad ingombro splenico (inappetenza, senso di ripienezza precoce) in conseguenza della riduzione della splenomegalia. Anche i dolori ossei possono far parte del corteo dei sintomi della mielofibrosi.
Se il farmaco (JAKAVI) viene sospeso si ha solitamente una ricomparsa della sintomatologia sistemica. La presenza di nausea e profonda astenia sono sintomi che caratterizzano spesso i pazienti anemici e trasfusione dipendenti.
Nei pazienti che presentano un peggioramento della sintomatologia, della splenomegalie, delle condizioni cliniche generali e dell'emometria è opportuno effettuare una rivalutazione ematologica.
Salve volevo sapere che sperimentazioni ci sono all'ospedale di Reggio Calabria riguardo la mielofibrosi post-policitemia vera.
(Franco)
Risposta
Un protocollo attualmente disponibile presso l'Ematologia del policlinico ospedali Riuniti di Reggio Calabria (direttore Dott. Bruno Martino) è lo studio ROMEI: si tratta di uno studio osservazionale multicentrico per i pazienti affetti da mielofibrosi eleggibili a trattamento con ruxolitinib.
Si consiglia di contattare l'Ematologia di Reggio Calabria per informazioni più dettagliate.
Gentili ricercatori buonasera.
Sono una paziente di 48 anni affetta da mielofibrosi idiopatica e diagnosticata 9 anni fa. Sono in cura con jakavi eprex e occasionali trasfusioni. Ho una sorella compatibile al 100 %. Le mie condizioni generali di salute sono buone, quali possibilità di riuscita ci sarebbero per il trapianto che dovrò affrontare nel prossimo futuro? Grazie per la gentile risposta.
Risposta
I dati presenti in letteratura confermano che il trapianto allogenico al momento è l'unico approccio terapeutico curativo nella mielofibrosi. Circa il 40-70% dei pazienti affetti da mielofibrosi possono essere curati attraverso la procedura trapiantologica (ESMO guidelines, Vannucchi A.M. et al, Annals of Oncology 2015, Kroeger N et al, Blood and Marrow Transplant 2010, Ballen KK et al, Biol Blood Marrow transplant 2010) e la probabilità di successo del trapianto allogenico dipende dalle caratteristiche di ciascun singolo paziente. Nel suo caso la presenza di un donatore consanguineo compatibile al 100% è un fattore favorevole e predittivo di un maggiore tasso di sopravvivenza libera da malattia dopo il trapianto (Ballen KK et al, Biol Blood Marrow transplant 2010). Un altro fattore favorevole nel suo caso potrebbe essere una buona risposta al Jakavi prima del trapianto in termini di contenimento della sintomatologia sistemica e della riduzione del volume splenico.
In ogni caso per avere una stima più accurata dei rischi e dei benefici della procedura trapiantologica nel suo caso le consiglio di effettuare un colloquio presso un centro trapianti.
Buongiorno, vorrei sapere se ci sono farmaci in Europa e cliniche dove viene somministrato il Kimriach o similari, oppure una clinica in Europa dove vengono fatte le cure più innovative nel campo delle neoplasie mieloproliferative croniche.
(Antonio)
Risposta
La terapia con cellule CAR-T (chimeric antigen receptor T cell) è un trattamento innovativo in corso di sperimentazione clinica in diverse neoplasie ematologiche. Kymriah(TM) (CTL019) è il primo trattamento di questo genere approvato negli Stati Uniti per pazienti con leucemia acuta linfoblastica resistenti alle altre terapie. Non ci sono ancora studi clinici attivi con questo trattamento nelle malattie mieloproliferative croniche in Europa, ma c'è interesse a svilupparli prossimamente nei pazienti con mielofibrosi, anche in Italia.
Non ho parole...
Infiniti e sentiti ringraziamenti per la vostra risposta, come sempre, molto esaustiva, che rivela anche grande disponibilità all'ascolto, qualità non sempre presente in ambiente medico.
Avrei molto gradito un'indicazione meno generica di centri nazionali e internazionali con grandi esperienze e competenze in policitemia, ma comprendo benissimo che il vostro ruolo ciò non consente. Comunque, ancora grazie. Continuerò a rivolgermi a voi per chiarimenti e suggerimenti.
(Demetrio)
So infatti di essere un caso raro e questo mi inquieta un po' proprio per l'incertezza e la mancanza di studi specifici. Mi consiglia di rivolgermi a uno dei vostri centri di ricerca?
(Vale)
Risposta
In genere, il modo migliore di raccogliere informazioni sui casi rari in medicina è costituire dei registri nazionali o internazionali in modo da raggruppare un numero maggiore di pazienti da studiare. Uno specifico registro sulle malattie mieloproliferative croniche con doppia mutazione JAK2 e CALR non è però ancora stato creato, anche se i maggiori centri italiani hanno qualche paziente di questo tipo. L'opportunità di segnalare questi casi rari ai centri con specifico interesse per queste patologie deve essere discussa e concordata con l'ematologo curante.
Grazie per la sollecita risposta. La vostra competenza e comprensione dei problemi è di grande aiuto ai pazienti e ai loro familiari. Grazie ancora.
(Giuseppe)
Salve, 36 anni con TE e copresenza delle mutazioni JAK2 e CARL e mi è stato detto che la mut. CARL in parte bilancia il rischio trombotico legato alla mut. JAK2, è vero? Grazie mille.
(Vale)
Risposta
I pazienti con TE e presenza contemporanea delle mutazioni JAK2V617F e CALR sono rari e non ci sono studi che abbiano valutato il loro rischio trombotico in confronto ai pazienti con singola mutazione.
Vorrei sapere quali risultati clinici ha dato l'oncocarbide nella mielofibrosi in termini di sopravvivenza e progressione della malattia. Grazie.
(Fernando)
Risposta
Stime di sopravvivenza nei pazienti con mielofibrosi primaria trattati con la terapia standard (principalmente con idrossiurea) possono essere ricavate dallo studio IPSS (Cervantes et al. Blood 2009;113:2895-901). La sopravvivenza mediana globale è stata di 69 mesi e variava da 135 mesi nei pazienti a basso rischio, 95 mesi nel rischio intermedio-1, 48 mesi nel rischio intermedio-2 e 22 mesi nei pazienti ad alto rischio.
I fattori di rischio considerati in questo studio erano: a) età maggiore di 60 anni, b) leucociti maggiori di 25.000/mmc, c) blasti in periferia uguali o superiori a 1%, d) presenza di sintomi sistemici (calo di peso, sudorazione notturna o febbre), e) emoglobina inferiore a 10 g/dl.
I pazienti a basso rischio non avevano questi fattori, quelli a rischio intermedio-1 ne avevano uno, a rischio intermedio-2 ne avevano due ed i pazienti ad alto rischio ne avevano tre o più.
Gentili Dottori buongiorno,
volevo sapere se sono usciti i dati relativi alla sperimentazione con il PRM 151 nella mielofibrosi. Avevo letto su PubMed uno studio americano forse 2015 in cui veniva affermato che vi era una riduzione delle fibrosi con questo farmaco in quasi tutti i pazienti ma poi non ho visto altre pubblicazioni dello stesso autore o di altri. Sapevo che erano in corso protocolli anche in Italia; non si hanno ancora dati, anche preliminari in ordine alla efficacia o meno del trattamento?
Infine vi chiedo cortesemente chiarimenti in ordine all'opzione del trapianto di midollo (ho letto recentemente che anche compatibilità del 50% sembrano avere risultati sovrapponibili a quelli con piena compatibilità); infine è meglio fare un eventuale trapianto quando le condizioni cliniche sono ancora buone e la fibrosi non è in fase avanzata oppure aspettare? Grazie.
(Salvatore)
Risposta
L'agente antifibrotico PRM 151 è tuttora in sperimentazione clinica e sono disponibili solo dati preliminari, peraltro molto incoraggianti.
I trapianti di cellule staminali emopoietiche nella mielofibrosi con donatore aploidentico (compatibile al 50%) sono ancora pochi per dare un giudizio valido. In generale, è comunque ancora preferibile un trapianto da donatore familiare HLA identico (compatibile al 100%), così come è preferibile un trapianto in un paziente ancora in buone condizioni cliniche.
Concedetemi una domanda per favore: se si è in cura con Oncocarbide si può distinguere la PV dalla TE? In altri termini c'è un marcatore diagnostico che non interferisca con l'Oncocarbide che permetta di diagnosticare con certezza la PV escludendo la TE o viceversa? Grazie.
(Luigi)
Risposta
L'esame diagnostico che permette di distinguere la policitemia vera dalla trombocitemia essenziale in corso di trattamento con idrossiurea o con altri farmaci è la biopsia ossea.
Bravissimi Ricercatori, vi stimo tantissimo, vi chiedo cortesemente chiarificazioni e suggerimenti.
In data 8 luglio 2017 vi ho esposto l'esordio della mia malattia, conosciuta casualmente, nel marzo 2017: dagnosi di SD mieloproliferativa cronica a tipo policitemia vera. Ho 51 anni, non pregresse trombosi, ecografia addome completo negativo (non fumatore, non diabete,non ipertensione né ipercolesterolemia.
Dopo sei salassi di 400 ml ciascuno, il recentissimo emocromo del 25 settembre 2017 (cioè dopo 78 giorni dal salasso avvenuto il 6 luglio 2017), ha dato i seguenti valori:
globuli bianchi 9,38 v.rif.4,00-10,00
globuli rossi 6,92 4,50-5,70
emoglobina 15,2 13,5-17,0
ematocrito 46,8 40,0-52,0
RDW CV 19,7 11.5-14,5
quindi dovrò sottopormi ad un nuovo salasso. Non pensavo che in un così intervallo (78 giorni) mi sarei sottoposto a salasso. Faccio presente che da circa 20 giorni ho un persistente prurito in tutto il corpo: è la malattia che progredisce a grandi passi? Questa vivace attività proliferativa causerà al più presto mielofibrosi o qualcosa di peggio?
Il centro che mi segue, dove risiedo (in Romagna), si limita ad emocromi e salassi, mi sento un NUMERO. Ogni tanto telefono ad un ematologo privato per comunicare dati. Non conosco un centro di riferimento per una assistenza più partecipativa, più vicina a chi soffre e soprattutto degna di fiducia per onesti suggerimenti e aggiornamenti.
Per la mia giovane età non vorrei sottopormi a terapia farmacologica. Potreste consigliarmi qualche centro di ematologia all'avanguardia, non speculatore, come punto di riferimento, non molto distante dalla Romagna?
C'è all'estero un centro molto più avanti negli studi? E'in atto in sperimentazione un farmaco che potrebbe far sperare noi sfortunati in una vita più serena fisicamente? Grazie di cuore e cari saluti.
(Demetrio)
Risposta
Si definisce "a basso rischio" di eventi trombotici un paziente con policitemia vera di età inferiore a 60 anni e senza trombosi precedenti. In questi casi, il trattamento consigliato è rappresentato da salassi in modo da mantenere l'ematocrito a valori inferiori a 45% ed aspirina a basse dosi (100 mg al giorno). Questa raccomandazione internazionale è, di regola, seguita da tutti i centri ematologici italiani. In casi particolari, l'ematologo curante di un paziente con policitemia, anche a basso rischio, può consigliare al paziente, se lo ritiene opportuno, una consulenza presso altri centri di ematologia, italiani o internazionali, con maggiore interesse ed esperienza per questa patologia. In Italia, è attualmente in corso uno studio per valutare l'efficacia e la tollerabilità di interferone pegilato in questo specifico gruppo di pazienti.
Egregi ricercatori, ho 64 anni ed ho avuto diagnosticato la trombocitemia essenziale nel 2004. Sono attualmente in cura con Oncocarbide e Clopidogrel dopo episodi di TIA. Da circa un anno è aumentato il valore della creatinina per cui l'Ematologo mi ha prescritto di aumentare l'assunzione di acqua. Da quando ho cominciato ad assumere parecchia acqua ho notato che l'acufene di cui soffro tende a diminuire per cui ho cominciato a modulare la quantità di acqua che assumo con la percezione dell'acufene fino a farlo quasi cessare con una quantità di oltre 5-6 litri di acqua al giorno. Con l'idratazione ho notato che diminuisce anche la sensazione di stanchezza ed aumenta la vivacità intellettuale.
Vorrei sapere se la presenza dell'acufene è indice di maggiore incidenza di TIA, se la maggiore idratazione diminuisce quindi la probabilità degli eventi di TIA, se possono essere suggerite altre terapie in alternativa alla idratazione che mi rende fortemente dipendente dalla accessibilità ai servizi igienici. Ringrazio cordialmente.
Risposta
Gli acufeni (ronziii o fischi che disturbano l'udito) possono essere un sintomo della trombocitemia essenziale ma non ci sono studi che abbiano osservato una loro relazione con attacchi ischemici transitori (TIA) cerebrali. Non ci sono evidenze scientifiche neanchè sull'utilità dell'idratazione nel trattamento degli acufeni o nella prevenzione dei TIA. In genere, il trattamento consigliato per gli acufeni e per altri sintomi cosiddetti microvascolari della TE (es. disturbi della vista chiamati fosfeni, alterazioni della sensibilità cutanea chiamate parestesie, ischemie periferiche delle dita chiamate eritromelalgie) è l'aspirina.
Buongiorno,
da circa due anni ho eritrocitosi (GR intorno ai 6 mln) e HB tra i 16 e 16.7, l'ematocrito varia tra 46 e 49, con reticolocitosi alti intorno ai 120000 con percentuali >2.
Questo quadro clinico al momento non presenta JAK2 ed esone 12 positivi. Potrebbe trattarsi una una PV allo stato iniziale considerato il valore alto di reticolociti e GR? Grazie.
(Ernesto)
Risposta
La policitemia vera è caratterizzata dalla mutazione V617F di JAK2 in oltre il 90% dei casi e dalla mutazione dell'esone 12 in circa il 5%, anche nelle fasi iniziali della malattia. Pertanto, una poliglobulia molecolarmente negativa assai raramente è una policitemia vera. Atri esami necessari per la diagnosi sono il dosaggio dell'eritropoietina e la biopsia osteo-midollare. I valori dei reticolociti e dei globuli rossi non sono utili per la diagnosi.
Quali sono i sintomi della Sindrome emorragica? Nella mielofibrosi, complicata da pistrinopenia (60/80.000 piastrine), la presenza di lividi sulla pelle (soprattutto braccia e gambe) può essere considerata un sintomo, anche lieve, di questa sindrome, tale da consigliare la riduzione o la sospensione del Ruxolitinib?
(Giuseppe)
Risposta
Sintomi emorragici possono essere presenti nei pazienti con mielofibrosi che assumono Ruxolitinib ed essere correlati con la piastrinopenia dovuta sia alla malattia che al farmaco. Però, la decisione di ridurre le dosi o sospendere il farmaco è basata sul numero delle piastrine e non sulla sindrome emorragica.
Egregi Dottori,
ho 67 anni e sono portatore di MIELOFIBROSI post PV. Attualmente assumo il Ruxolitinib (20 mg due volte al giorno) con ottimi risultati sulla sintomatologia complessiva ad iniziare dalle dimensioni della milza. Quello che invece non varia sono i globuli rossi (sempre alti) e per questo devo ricorrere, seppur meno frequentemente, al salasso per via dell'ematocrito alto. A tal proposito volevo sapere se vi è già una statistica per quanto riguarda l'assunzione di Ruxolitinib in combinazione con Oncocarbide.
Grato per la vostra consueta cortesia cordialmente Riki.
(Riki)
Risposta
Non ci sono studi clinici sull'associazione di ruxolitinib e oncocarbide nelle malattie mieloproliferative croniche perché, di regola, ruxolitinib viene usato quando l'oncocarbide è risultata inefficace. Peraltro, non c'è una controindicazione assoluta all'utilizzo combinato dei due farmaci in casi particolari. Per esempio, è disponibile uno studio nella policitemia vera che utilizza l'associazione di oncocarbide con un altro farmaco, givinostat, un inibitore delle istone deacetiilasi che ha anche un'attività inibitoria su JAK2 come ruxolitinib (Finazzi et al. Br J Haematol 2013;161:688-94).
Buongiorno, ho 66 anni ed ho avuto diagnosticato la TE nel 2002. Dal 2012, dopo episodio di TIA senza rilevabili conseguenze, prendo Oncocarbide con dosi in aumento sino al valore attuale di 1,5 grammi/die. L'ematologo afferma che l'evoluzione della malattia mostra un peggioramento e che trarrei beneficio da Ruxolitinib, ma che questa farmaco non è attualmente prescrivibile in Italia per la TE. Potendo usufruire del servizio sanitario belga vorrei sapere se Ruxolitinib è prescrivibile in Belgio per la TE. Grazie.
(Antonio)
Risposta
In nessun paese europeo Ruxolitinib è approvato per il trattamento della trombocitemia essenziale. Il farmaco è prescrivibile per la policitemia vera resistente all'idrossiurea e per la mielofibrosi (compresa la mielofibrosi post-policitemia vera o post-trombocitemia essenziale) di gravità intermedia o alta.
Salve, malato di mielofibrosi post policitemia, in cura con ruxolitinib da 4 anni e mezzo. Da qualche mese sta accadendo che i globuli bianchi aumentano (ora a 32000) mentre le piastrine diminuiscono (ora a 71). Prendo 5 mg la mattina e 5 mg la sera. Da una settimana la maattina prendo 10 mg anziché 5 mg. L'ematocrito è a 46. Cosa pensate stia accadendo?
(Franco)
Risposta
Le variazioni dell'emocromo sono frequenti in corso di terapia con Ruxolitinib e, per questa ragione, il dosaggio del farmaco deve essere adattato per ogni paziente. L'ematologo curante dovrà tenere conto se tali variazioni rientrano in quelle attese in corso di trattamento o se possono invece indicare una variazione dello stato di malattia.
La nuova classificazione delle malattie mieloproliferative, indica la nuova entità chiamata mielofibrosi in fase prefibrotica, io ho la policitemia vera da circa 12 anni, una nuova biopsia osteomidollare mostra una MF0, questo significa che la mia malattia è evoluta in mielofibrosi in fase prefibrotica?
(Giovanni)
Risposta
La mielofibrosi in fase prefibrotica è una diagnosi differenziale soprattutto nei confronti della trombocitemia essenziale. L'esame istologico mostra un aspetto dei megacariociti midollari simile a quello della mielofibrosi vera e propria, ma diverso da quello della trombocitemia essenziale, in assenza di fibrosi midollare. Anche la policitemia vera può avere un grado di fibrosi pari a 0 e questo non significa necessariamente che si tratti di una mielofibrosi in fase prefibrotica. Comunque, questa.diagnosi è, di regola, chiaramente specificata dall'anatomo-patologo nel suo referto.
Ovunque si parla di mielofibrosi idiopatica e quasi mai di mielofibrosi secondaria. Ma sono la stessa cosa? Hanno una storia diversa? Grazie.
(Fernando)
Risposta
Si definisce primaria (meglio che idiopatica) una mielofibrosi che viene diagnosticata fin dall'inizio come tale. Si definisce secondaria una mielofibrosi che all'inizio era stata diagnosticata (giustamente) come policitemia vera o trombocitemia essenziale e poi è progredita a mielofibrosi (post-PV o post-ET).
Nella pratica clinica, i due tipi di mielofibrosi vengono trattati in modo simile. Alcuni studi hanno però dimostrato che ci sono differenze, per es. nei criteri prognostici, fra mielofibrosi primaria e post-ET o post.PV. Queste differenze dovranno essere confermate da altri studi e dovranno essere prese in considerazione dagli esperti per stabilire se sono sufficientemente rilevanti da modificare le raccomandazioni di gestione e trattamento dei pazienti.
Salve, vorrei sapere se l'eta' di 64 anni obbliga al trattamento con Oncocarbide anche in una situazione clinica buona e/o fase iniziale di mielofibrosi. Grazie.
(Vincent)
Risposta
L'età maggiore di 65 anni è considerata un fattore predittivo di mortalità nei pazienti con mielofibrosi primaria secondo gli attuali criteri prognostici. L'età, da sola, non è un criterio per stabilire la terapia, ma deve essre considerata insieme a tutto il quadro clinico ed ematologico del paziente.
Buongiorno, sono Policitemico da due anni prendo 12 oncocarbide alla settimana più un salasso una volta ogni mese e mezzo, ma il mio ematocrito gira come valore intorno ai 50; è possibile che il farmaco abbia poco effetto su di me? Cosa mi consigliate? Grazie.
(Ferdinando)
Risposta
Il dosaggio medio di Oncocarbide nella policitemia vera è 2 cp da 500 mg al giorno (14 cp alla settimana). Il farmaco può essere aumentato fino a 4 cp al giorno, compatibilmente con la tollerabilità del paziente e i valori di leucociti e piastrine. Una inefficacia (resistenza) del farmaco è definita quando i valori dell'emocromo non sono controllati dopo almeno 3 mesi di terapia con 2 g (4 compresse) di Oncocarbide al giorno (Barosi et al. Br J Haematol 2010;148:961).
Gentili Ricercatori, vorrei sapere quando sarà autorizzata l'immissione in commercio del farmaco Luspatercept. Ho letto che presto questo farmaco sarà utilizzato per i pazienti con mielofibrosi e anemia. Il protocollo prevederà anche l'utilizzo nei casi di mielodisplasia con forte anemia?
Io ho una mielodisplasia con sideroblasti ad anello, con forte calo dell'emoglobina, aggravata da una piastrinosi che mi comporta l'assunzione di oncocarbide, cardioaspirina ed Eprex settimanale. Luspatercept potrebbe essere un farmaco valido per la mia patologia? Grazie.
(Lella)
Risposta
Luspatercept è una proteina di fusione in grado di aumentare l'emoglobina in volontari sani. Sono in corso diversi studi clinici per stabilre se il farmaco può migliorare l'anemia sia nei pazienti con mielofibrosi che in queli con sindromi mielodisplastiche. Al momento, non è possibile prevedere se e quando Luspatercerpt sarà autorizzato all'immissione in commercio.
Buongiorno, ho una MF secondaria trattata con 1 onco al giorno e cardioaspirina. Ho avuto recentemente una forte lombosciatalgia per la quale ho preso antinfiammatori e antidolorifici (Oki, voltaren, contramal, toradol). Ho riscontrato nell'emocromo fatto a qualche giorno di distanza dalla fine di queste terapie, un notevole abbassamento di linfociti (3,5%). Può essere dovuto ai farmaci presi per la lombosciatalgia? Grazie mille.
(Donatella)
Risposta
Di regola, l'uso di farmaci anti-infiammatori non steroidei o di antidolorifici non ha effetto sulla conta dei linfociti. L'uso di cortisonici aumenta invece la conta dei granulociti neutrofili per un effetto di mobilizzazione di queste cellule indotto dal farmaco.
Buongiorno, ho una policitemia in trattamento con salassi e plavix. Finora ho combattuto i pruriti, peraltro rari, cercando di tenere idratata la pelle ed evitando sbalzi di temperatura. Di recente però ho notato che tanto le punture di zanzare quanto la desquamazione della pelle sulla schiena dovuta al venir meno dell'abbronzatura, mi scatenano pruriti esagerati e persistenti. L'effetto amplificato può essere dovuto alla malattia? Grazie.
(Antonella)
Risposta
Il prurito, tipicamente scatenato dal contatto con l'acqua (acquagenico), è un sintomo frequente, e talvolta molto disturbante, nei pazienti con policitemia vera. Il primo modo per ridurlo è una efficace salassoterapia che mantenga un ematocrito inferiore a 45% (in questo modo si riduce anche il rischio trombotico). Altri presidi, farmacologici, comprendono antistaminici, basse dosi di cortisonici, il trattamento PUVA (psoralene e raggi ultravioletti) frequentemente usato in Dermatologia, e anche tranquillanti minori, come le benzodiazepine, o antidepressivi, come la paroxetina. Nei casi più severi e resistenti, si deve pensare a nuovi farmaci per il trattamento della PV come l'interferone pegilato o, prossimamente, gli inibitori di JAK2 come ruxolitinib.
Egregi dottori,
ho 42 anni e una mielofibrosi con rischio Intermedio 2 secondo criteri DIPPS. L'ematologo mi ha indicato per le mie buone condizioni generali una potenziale indicazione trapiantologica. Vorrei sapere se ci sono dei centri per il trapianto in Italia che sono particolarmente esperti nei casi di mielofibrosi; questo può essere un criterio per scegliere a chi rivolgersi? Oppure quale criterio dovrei utilizzare?
Grazie per l'aiuto che vorrete darmi, al momento non saprei da dove cominciare...
(Ilaria)
Risposta
In Italia ci sono numerosi centri ematologici di trapianto allogenico di cellule staminali emopoietiche, esperti anche nel trattamento dei pazienti con mielofibrosi. L'ematologo curante che pone l'indicazione al trapianto deve essere la prima persona al quale il paziente si deve affidare per decidere insieme a quale centro di trapianti rivolgersi.
Ho la trombocitemia da 7 anni dal 2010 senza accusare disturbi particolari, qualche volta prurito e formicolii. Le piastine non sono mai state eccessivamente alte, sono arrivate a 476. Adesso l'LDH è aumentato, le piastrine sono salite a 540 e i medici devono farmi la biopsia.
Domanda: ldh aumentato è segno di mielofibosi anche se il resto degli esami sono perfetti? Chiedo se in caso di mielofibrosi questo farmaco funziona bene e quanto è aumentata la sopravvivenza visto che ho ancora 56 anni. Vi ringrazio e vi saluto cordialmente.
(Giusi)
Risposta
La determinazione della lattato deidrogenasi (LDH) non è un criterio diagnostico di mielofibrosi post-trombocitemica (Barosi et al. Leukemia 2008;22:437-8). L'aumento di questo test di laboratorio può avere molte cause, fra le quali un aumento della mieloproliferazione periferica e midollare. L'ematologo curante stabilirà se l'aumento dell'LDH, valutato nel quadro clinico e di laboratorio generale del paziente, sia o no un criterio per approfondire le indagini ematologiche.
Egregi Dottori,
67 anni portatore di MIELOFIBROSI e attualmente in cura con Ruxolitinib + Cardioaspirina. Da più di un mese, a fasi alterne e quotidiane, soffro di spasmi (per fortuna non molto intensi) provenienti da sotto lo sterno. Il mio Ematologo, dopo aver auscultato la zona, ha escluso problemi cardiaci. Quello che vorrei chiedervi e se esistono delle indagini cliniche (laste, RM, Tac ecc.) ad hoc per ricercare le cause e, a seguire, gli eventuali rimedi.
Grazie come sempre per le vostre puntuali risposte.
(Riki)
Risposta
La sensazione soggettiva di "spasmi" retrosternali non è un sintomo frequente nella mielofibrosi, nemmeno in trattamento con Ruxolitinib. Npn esistono pertanto specifiche indagini cliniche in aggiunta a quelle che l'ematologo curante riterrà opportune.
Gentili ricercatori la conta delle cellule CD34+ è un criterio diagnostico e prognostico nella TE quali sono i valori ritenuti normali in percentuale e numero? Inoltre, la conta WBC nel sangue periferico cosa sta ad indicare? Grazie mille.
(Marinella)
Risposta
La conta delle cellule CD34+ non ha un sicuro significato né diagnostico né prognostico nella trombocitemia essenziale. Il valore normale di queste cellule nel sangue periferico è compreso tra 1.5 e 4.7 per microlitro.
Sono affetta da ET da circa 6 anni e nel 2011 ho effettuato il test sul JAK2 risultato positivo ma mi era stato detto che era ancora un esame non attendibile al 100%. Dovrei rifarlo oggi?
(Vale)
Risposta
La mutazione V617F del gene JAK2 nelle malattie mieloproliferative croniche è stata scoperta nel 2005 e i test molecolari per identificare la mutazione sono stati rapidamente introdotti nella pratica diagnostica. I test sono di regola largamente attendibili e non devono essere ripetuti se non in casi particolari o per motivi di studio.
Cari ricercatori, ho 66 anni e mi è stata da tempo diagnosticata una anemia con sideroblasti ad anello aggravata nel tempo da una piastrinosi (mutazione MPL). Da un anno circa assumo oncocarbide ciclicamente (10 gg sì e 10 gg no), Eprex 40.000 e cardioaspirina. Le ultime analisi danno Leucociti 3.27 con Neutrofili 47.2% (range 40.000/74.000)e 1.54 x10^3/mcl (range 1.90/8.00). Emoglobina e piastrine hanno valori accettabili (11.0 e 600). Vorrei un Vostro parere circa l'effettuazione o meno (considerando la patologia, il valore piuttosto basso dei leucociti e i farmaci assunti) della vaccinazione antinfluenzale nella prossima stagione autunnale, vaccinazione che nello scorso autunno non ho fatto per i valori piuttosto bassi dei Neutrofili.
Grazie in anticipo per la risposta.
(Lella)
Risposta
In linea generale, non ci sono controindicazioni alla vaccinazione anti-influenzale nei pazienti con queste malattie ematologiche, anche con valori modestamente ridotti di leucociti. Però, per ogni paziente, la decisione finale spetta all'ematologo curante.
Ho policitemia vera, assumo cardioaspirina, oncocarbide, da anni, noto che quando metto cinture cinturini stretti sia alla pancia che in zona caviglia, o abiti stretti si arrossa la zona in un modo pazzesco come chiazze grosse estese, come mai?
Risposta
Gli eritemi da contatto non sono complicanze cutanee tipiche della policitemia vera o della sua terapia, come invece sono le ulcere alla caviglia (malleolari) o in altre sedi cutanee, caratteristicamente provocate o peggiorate dall'Oncocarbide. Nel caso degli eritemi, è consigliabile una valutazione dermatologica.
Salve, esiste qualche combinazione di ruxolitinib per chi soffre di piastrinopenia? Sono in cura da 4 anni con ruxolitinib per mielofibrosi post policotemia vera.
(Franco)
Risposta
La piastrinopenia è una complicanza comune in corso di Ruxolitinib e, infatti, il dosaggio iniziale del farmaco è basato sul numero di piastrine del paziente. In genere, è una complicanza non grave, di rado associata a complicanze emorragiche e gestibile con la modificazione delle dosi. Ruxolinib non è comunque indicato per pazienti con piastrine inferiori a 50.000/mmc. Non sono disponibili combinazioni di altri farmaci con Ruxolitinib per pazienti piastrinopenici.
Gentili ricercatori,
è dai primi di febbraio che mia madre settimanalmente si va a fare le trasfusioni. Da febbraio la sua emoglobina ha avuto un valore di 8. Necessiterebbe di più sacche di sangue ma per carenza gli mettono solo una sacca e qualche volta è capitato che non gli hanno messo nemmeno una. Ogni volta che fa le trasfusione ha la febbre con una temperatura corporea di 37. Perché le succede questo? Come la si può combattere?
Saluti e grazie.
(Carlo)
Risposta
Reazioni febbrili (temperatura corporea superiore a 37 °C) o febbre con brivido sono comuni in corso o subito dopo la trasfusione di emocomponenti (globuli rossi, piastrine, plasma) e sono dovute nella gran parte dei casi alla presenza di anticorpi diretti contro le piastrine, i leucociti o frammenti di leucociti presenti nei componenti trasfusi. La febbre può essere anche dovuta a citochine pirogene generate durante la conservazione degli emocomponenti. Non sono gravi e si risolvono spontaneamente o con l'uso di paracetamolo. Si possono prevenire utilizzando emocomponenti filtrati o facendo precedere la trasfusione dall'infusione di antistaminici e/o cortisonici.
Come entrare in un protocollo di ricerca inibitore JAK2?
(Elio)
Risposta
L'inserimento di un paziente in protocolli di ricerca nelle malattie mieloproliferative croniche, che includano o meno l'uso di farmaci inibitori di JAK2, viene proposto al paziente dai centri ematologici dove è in cura, eventualmente in accordo con altri centri. Al paziente il protocollo dovrà essere spiegato nei dettagli in modo che possa firmare un consenso informato senza il quale nessun protocollo sperimentale può essere avviato.
Cari ricercatori, 50 anni, sono affetto da PV JAK2+ dal 2010 in trattamento con oncocarbide 3 cps al dì, plavix, frequente cortisone per il prurito poco controllabibile, ipertensione , già operato nel 2010 di bypass coronarico, zyloric i cps al dì; dagli ultimi esami è emersa una marcata splenomegalia circa 22 cm, ed il valore GFR (filtrato gromenulare) a 60 (val. di rifer. maggiore o uguale a 90) e LDH stranamente bassa 200 (val. di rif. fino a 290).
Il mio quesito: con la mia patologia e la terapia farmacologica in atto vado incontro a dei seri problemi renali?
Grazie in anticipo per la risposta.
(Giuseppe)
Risposta
I pazienti con policitemia vera non presentano tipicamente complicanze renali, anche se in trattamento. Più frequentemente tali complicanze si associano ad altre patologie associate come l'ipertensione arteriosa o una condizione di vasculopatia cronica.
Il ruxolitinib ha inciso sull'insorgenza di leucemia nei pazienti trattati? Grazie.
(Fernando)
Risposta
I dati a lungo termine (follow-up mediano 4 anni) dello studio COMFORT II, che ha confrontato ruxolitinib con la migliore altra terapia possibile nei pazienti con mielofibrosi, hanno mostrato una frequenza di leucemie del 5.5% nel gruppo trattato con ruxolitinib e del 6.8% in quello trattato con altra terapia (Harrison et al. Leukemia 2016;30:1701-7). Questa lieve differenza non rappresenta però una dimostrazione sicura di un effetto positivo del farmaco sull'incidenza di trasformazione leucemica della mielofibrosi ed altri studi controllati e a lungo termine sono necessari.
Patologia diagnosticata: policicemia vera con mutazione JAK2 su due bande ad alto rischio trombotico. Essendo intollerante ad Oncocarbide la legge italiana, in merito, prevede la possibilità dell'uso del Jakavi?
(Antonio)
Risposta
In questa indicazione, in Italia, Ruxolitinib è attualmente in attesa della definizione del regime di rimborsabilità. Si attende tale definizione entro la fine dell'anno. Dopodiché il farmaco potrà esere prescritto e rimborsato dal SSN.
Buongiorno,
da più di 6 mesi ho acufeni costanti all'orecchio destro, le analisi che faccio costantemente evidenziano valori costanti nei 6 mesi, leggera eritrocitosi, HB 16, HCT 48 e reticolociti di poco superiori alla norma; JAK2 ed esone 12 negativi, ad oggi non PV non diagnosticata.
La cosa che non mi spiego è come mai questi acufeni sono presenti con valori non elevati di HCT? Potrebbero influire i reticolociti che sono di poco alti rispetto al normale? O è possibile che il tutto si stia evolvendo in PV allo stato iniziale?
Ringraziandovi di tutto vi porgo i miei saluti.
(Fabio)
Risposta
La comparsa di acufeni è una condizione piuttosto frequente, si stima che possa interessare circa 10% ÷ 15% della popolazione. Le cause sono numerose ed includono disturbi dell'orecchio, della pressione o dei vasi. L'aumento dei reticolociti non rientra tra le cause di insorgenza di acufeni.
Malattia di Fahr
(Guido)
Risposta
La malattia di Fahr non rientra purtroppo nel nostro specifico progetto di ricerca. Si tratta comunque di una una rara malattia genetica autosomica dominante caratterizzata dalla calcificazione idiopatica dei nuclei della base (telencefalo), e che comporta la comparsa di disturbi neurologici.
Salve, in eritrocitosi idiopatica iniziata 8 anni fa, salassi periodici (circa 2 all'anno) le piastrine sono sempre rimaste intorno a 250-280 con puntate sporadiche a 300. Ho notato però che negli ultimi 7 mesi la conta piastrinica sta assumendo un trend in discesa e fino a 200 (ultimo esame eseguito ieri), cosa mai accaduta. Vorrei sapere se questa circostanza merita ulteriori approfondimenti e, seppur alla lontana, di cosa potrebbe esserne l'esordio (mielofibrosi, leucemia, linfoma, mieloma o cosa)?
(Pino)
Risposta
Una riduzione modesta ed isolata della conta piastrinica può essere fisiologica. Si definisce comunque piastrinopenia quella condizione clinica in cui la conta periferica delle piastrine è minore di 150x10^9/L. Quindi solo per una riduzione della conta piastrinica a valori inferiori a questa soglia potrebbe essere richiesto un approfondimento diagnostico. Raramente la sola comparsa di piastrinopenia, ovvero in assenza di altri esami ematici o strumentali alterati, rappresenta l'esordio di patologie come da Lei indicate.
In relazione della domanda sulla vena porta, significa che una vena porta ristretta non si vede con una semplice ecografia?
(Davide)
Risposta
L'ecografia dell'addome semplice è in grado di vedere una riduzione del calibro della vena porta ma non consente di valutare l'effetto sul flusso ematico della riduzione del calibro della v. porta, che al contrario può essere valutato con un esame ecocolordoppler.
Mio marito ha trombofilia genetica omozigote, io no, i miei figli, nel caso che ce l'abbiano, sarà eterozigote?
(Lina)
Risposta
La trombofilia genetica non rientra nel nostro specifico progetto di ricerca. Comunque la trasmissione genetica in questo caso dipende dal Suo assetto genetico.
Egregi Dottori, grazie per le vostre risposte precedenti, sempre molto precise ed esaustive.
Mi rivolgo nuovamente a voi: 15/6/2007, anni 62, biopssia e riscontro di policitemia vera curata fino all'inizio 2013, molto bene con oncocarbide. Nel 2013, 68 anni, evoluzione della policitemia in anemia refrattaria con presenza di blasti areb 1. Nel mese in corso provvederò ad iniziare il 49° ciclo con l'Azacitidina.
I miei attuali valori sono: leucociti,5,89 - emoglobina 142, piastrine 60.000 - ematocrito 49 - eritrociti 5,76. Alla luce di quanto sopra esposto, da una recente ecografia addome riscontrata milza con diametro bipolare 200 millimetri. Ogni tanto soffro di infezioni asintomatiche curate con augumentin. Vorrei gentilmente sapere da Voi se questa splenomegalia è di una certa gravità e se l'azacitidina può ridurre il diametro della milza e/o in alternativa se esistono altre cure. Un grazie di cuore e buone vacanze.
(Salvatore 1944)
Risposta
In considerazione dei dati che riferisce consigliamo una rivalutazione del caso in quanto il valore di emoglobina ed ematocrito riportate non sono tipiche dell'anemia refrattaria. L'azacitidina comunque non determina una riduzione efficace della splenomegalia. La gravità della splenomegalia dipende da quanto questa è sintomatica ovvero se determina dolore o un peggioramento della qualità di vita del paziente.
Circa un paio di anni fa ho avuto trombosi vena porta, in una recente ecografia mi hanno detto che la vena porta si è un poco ristretta, cosa significa e una conseguenza?
(Davide)
Risposta
La riduzione del calibro della v. porta per un peggiormaneto della trombosi viene rilevata da un esame ecografico in grado di studiare il flusso dei vasi addominali. Si consiglia di rivolgersi al proprio medico curante per una valutaizone del caso.
Sono una donna di 35 anni con diagnosi di TE JAK2 mutata, nota da circa 4 anni. In questi anni il mio ematologo non mi ha mai fatto assumere farmaci non avendo secondo lui condizioni di rischio e con valori di PLT ATTORNO A 700.000, 800.000.
Circa 8 mesi addietro in seguito ad una banale caduta sono stata sottoposta ad intervento di splenectomia. Da quel momento le mie piastrine superano costantemente 1 milione e mezzo/mmc. Inoltre, comincio ad avere sintomi come vertigini, cefalea e disturbi visivi. Vista la sintomatologia il mio ematologo vuole sottopormi a terapia citoriduttiva. Voi cosa ne pensate?
(Giovanna)
Risposta
Secondo le più recenti linee guida il trattamento dei pazienti affetti da Trombocitemia Essenziale a basso rischio prevede la sola terapia antiaggregante con basse dosi di acido acetilsalicilico, a meno che non vi siano controindicazioni maggiori, inclusa la malattia di von Willebrand acquisita.
La terapia citoriduttiva è indicata nei pazienti con TE ad alto rischio (età >60 anni e/o pregresso evento trombotico). La terapia citoriduttiva può, inoltre, essere considerata nei casi che presentano una spiccata piastrinosi, con conta superiore a 1.500.000/mmc, in quanto in tale circostanza sussiste un rischio vascolare di tipo emorragico.
Anche la comparsa di una sintomatologia clinica associata ad una elevata conta piastrinica può indurre il medico ad iniziare un trattamento citoriduttivo.
Salve, sono una ragazza di 33 anni con TE, sono in gravidanza ed ero interessata ad effettuare la conservazione del cordone ombelicale, posso farlo? O a causa della mia malattia non posso?
(Sofia)
Risposta
Nel nostro paese, secondo quanto stabilito dalla legge, sono possibili solo la donazione eterologa, con la quale si dona il cordone ombelicale a beneficio della collettività, proprio come avviene per le donazioni di sangue, e la donazione dedicata, ovvero riservata al proprio neonato o un consanguineo per quelle famiglie ad alto rischio di malattie genetiche o che hanno già un bimbo malato. Sia la donazione eterologa che quella dedicata sono gratuite, a carico del Servizio sanitario nazionale e vengono gestite da una rete di banche pubbliche. L'unico divieto, quindi, riguarda la conservazione autologa. Inoltre, qualsiasi persona che sia affetta da una malattia delle cellule del sangue non può donare né sangue intero, né globuli rossi o altri componenti del sangue.
Buongiorno, vi ringrazio per la risposta del 4 agosto "mielofibrosi e citogenetica", ma a questo punto mi sorgono altre domande.
A quanto credo di aver capito le anomalie citogenetiche vengono trovate a seguito della ricerca fatta su pazienti con le varie patologie, quindi la mia prima domanda è: questa anomalia (46, XX, der(22)t(1;22)) è stata ritrovata in pazienti con quale patologia? O se il mio ragionamento non fosse corretto questa anomalia cosa significa?
Inoltre, se questa anomalia fosse già presente da anni è possibile che sia stata trasmessa ai miei figli?
Vi ringrazio. Saluti.
(Monica)
Risposta
Patologie diverse possono essere caratterizzate dalla stessa anomalia citogenetica: l'anomalia da Lei riportata è presente in varie malattie diverse e non in una sola. Peraltro, sugli stessi cromosomi i punti di alterazione possono essere molto diversi. Per quanto riguarda la trasmissione ai figli, questa non dipende dalla presenza dell'anomalia citogenetica da molti anni, ma dalla presenza dalla nascita, cosa estremamente rara.
Due mesi fa ho effettuato trapianto renale. La terapia consiste in tacrolimus 6 mg al giorno e acido micofenolico 360 mg x 2. Da circa 15 giorni soffro di diarrea ricorrente. Desidererei sapere quali prodotti naturali contro la diarrea non interferiscono con la terapia, tipo carbone vegetale e mirtillo, o prodotti da banco antidiarroici. Grazie.
(Mena)
Risposta
Per gli effetti collaterali del trapianto renale e dei farmaci immunosoppressori relativi, La rimando ai colleghi che la seguono: è impossibile stabilire a distanza correlazioni tra clinica e farmaci in corso e tantomeno prescrivere una terapia adeguata. Aggiungo peraltro che il blog riguarda le neoplasie mieloproliferative croniche.
Egregi dottori,
67 portatore di mielofibrosi post policitemia e in terapia con RUXOLITINIB + cardioaspirina. Volevo chiedervi se avendo fatto il BOM 2 anni or sono dove mi è stata appunto riscontrata la suddetta patologia non sarebbe il caso di ripeterlo, al fine di determinare oltre alle ulteriori variazioni della mutazione DRIVER, anche tutte le mutazioni secondarie (predittive e non), onde avere (finalmente!) la cosidetta CARTA DI IDENTITA' MOLECOLARE.
Aggiungo, inoltre, che se vi fosse la possibilità sarei più tranquillo se tutto quanto avvenisse presso il centro ricerche di Pavia. Purtroppo la mia sensazione e non solo la mia è che nell'ospedale di riferimento gli Ematologi, tutti bravissimi e disponibilissimi, siano, loro malgrado, troppo oppressi dalla struttura relativamente alle tempistiche (non più di 1/4 d'ora per ogni paziente), ai costi delle terapie e delle analisi ecc... Capisco e condivido l'esigenza di evitare gli sprechi ma, laddove le patologie sono reali e importanti, non si dovrebbe indugiare troppo.
Grato per la vostra consueta cortesia vi saluto cordialmente.
(Riki)
Risposta
La rivalutazione di malattia tramite la BOM viene generalmente ripetuta qualora le condizioni cliniche o degli esami lo richiedano per vari motivi, e non semplicemente dopo un certo intervallo di tempo. La ricerca delle mutazioni aggiuntive a quella driver può comunque essere eseguita anche sul sangue periferico data l'elevata capacità di rilevazione delle tecniche attuali di genetica molecolare.
Salve, ieri il mio ematologo mi ha detto che la trombocitemia essenziale non è una neoplasia, e quindi mi chiedo perché ho il cod esenzione 048 e nella BOM c'è scritto neoplasia mieloproliferativa? Grazie.
(Sofia)
Risposta
La trombocitemia essenziale è a tutti gli effetti una neoplasia. La sua caratterizzazione negli anni più recenti ha infatti portato l'organizzazione mondiale della sanità a riconoscere questa definizione per cui trombocitemia essenziale, policitemia vera e mielofibrosi sono ora denominate "neoplasie mieloproliferative croniche".
Buongiorno, ho 54 anni, nel'ottobre del 2015 a causa di un controllo al pronto soccorso è stato riscontrato l'ematocrito avente un valore di 64,3. Hanno applicato un secondo stent a causa di una riduzione del 70% della coronoria e successivamente è stato diagnosticato la mutazione del JAK2 e di conseguenza la Policitemia vera. Nel maggio 2016 ho subito un terzo stent a causa dell'occlusione quasi totale della coronaria dx. Le medicine prescritte ad oggi sono il pariet, il cardicor, il duoplavin, il zopranol e l'oncocarbide, per quest'ultima, da un mese circa, a causa dell'aumento dellematocrito a 53,9, è stata aumentata la somministrazione da 6 a 9 pillole alla settimana. Poiché sono istruttore di vela ed ho un'esposizione al sole di parecchie ore diverse volte alla settimana, volevo chiedervi, anche se è un problema minore viste le patologie in atto, se c'è un nesso tra la somministrazione dell'oncocarbide, ed un herpex labiale che non guarisce da circa un mese e quali possono essere, nel tempo, le conseguenze per una esposizione continuata al sole per me che assumo costantemente questo tipo di farmaci? Grazie.
(Filippo)
Risposta
In merito all'infezione da Herpes virus al labbro, l'oncocarbide non determina un grado rilevante di riduzione delle difese immunitarie, in particolare nei confronti dei virus, quindi non c'è evidenza di una correlazione diretta.
Per l'esposizione alla luce solare, a maggior ragione in concomitanza di una terapia che ha comunque una certa tossicità cutanea, la raccomandazione è quella di utilizzare una protezione adeguata di grado elevato: in generale l'esposizione prolungata ai raggi UV espone al rischio di tumori cutanei.
A dicembre del 2012 a mia madre (69 anni) le hanno scoperto che aveva sia le piastrine alte che un LDH anche questo alto con causa della milza ingrossata. A seguito di questo ha fatto l'esame del JAK2 ed è risultato mutato. Per tenere sotto controllo queste piastrine inizia subito l'oncocarbide con controlli trimestrali dell'emocromo.
Visionando alcuni esami prima del 2012 e quelli successivi ci siamo resi conto che mia madre storicamente ha avuto un valore dell'emoglobina mediamente a 10,30 ed un LDH superiore a 1350 e pensiamo che questo sia stata la causa della milza ingrossata che le continua a persistere. Col tempo ci siamo resi conto che una cura poteva essere solo un trapianto di midollo osseo ma bisognava essere giovane e forte e mia madre non lo era e per questo non lo ha fatto.
Pensavamo che la cura di mia madre era una buona cura fino settembre del 2016 quando il medico curante si accorse che a mia madre il valore dell'emoglobina le era sceso addirittura a circa 8,5 e il valore delle piastrine a 14000 nonostante avesse eliminato l'oncocarbide da tre mesi. Consultando un altro dottore iniziammo da subito con delle vitamine d e b perché era molto a terra tanto da finire in pronto soccorso da cui iniziò a fare le trasfusioni di sangue. Per mia madre fu nuovissima questa situazione pensavamo che questa doveva essere l'unica ma in realtà così non lo è stato perché è da febbraio che si fa settimanalmente le trasfusioni.
A giugno l'ospedale consiglia di fare la biopsia midollare. Mia madre la fa e risulta in una fase dove viene consigliato a seguito di una sua accettazione una terapia con il Jakavi. Il 17 giugno inizia con due compresse da 15 mg al giorno perché ha le piastrine 130000. Dopo appena sette giorni le piastrine le sono scese prima a 98000 dopo altri due giorni a 78000. Subito allarmati l'ospedale riduce il Jakavi da 15 a due compresse da 5 mg al giorno e nonostante questo le piastrine le sono scese fino a 45000 e le è stato sospeso. Questa riduzione di piastrine è successa in meno di 15 giorni di Jakavi. Adesso le ha a 96000 e l'ospedale vuole che mia madre riprenda nuovamente il Jakavi iniziando con due compresse da 5 mg al giorno perché secondo loro può averne un beneficio la milza. Mia madre è contraria perché è da febbraio fino all'inizio del Jakavi ha avuto un media di piastrine di circa 135000. Ha preso sempre gli stessi farmaci ed associa la caduta delle piastrine solo al Jakavi.
Gentili ricercatori voi cosa ne pensate?
(Carlo)
Risposta
In termini generali, la terapia con Ruxolitinib produce frequentemente una riduzione della conta piastrinica, così come dell'emoglobina, che comporta spesso la necessità di modificare il dosaggio del farmaco fino a trovare un equilibrio tra effetti vantaggiosi (come la riduzione del volume della milza) e appunto gli effetti sfavorevoli.
Nel caso specifico, decidere e gestire un trattamento con Ruxolitinib non può prescindere da tutti gli elementi clinici e di laboratorio della paziente che possono essere valutati solo nell'ambito di una visita.
L'invito è pertanto quello di riparlare del farmaco e del bilancio tra effetti benefici e non, nel caso di Sua madre con il Vostro Ematologo di riferimento.
Buongiorno,
da recente BOM è stata rilevata la seguente anomalia citogenetica: 46, XX, der(22)t(1;22) che non era stata rilevata nelle precedenti BOM (1989, 2009, 2014) probabilmente per materiale insufficiente. Vorrei gentilmente sapere cosa significa. Maggiore predisposizione ad evoluzione leucemica, o altro?
TE diagnosticata nel 1989, nel 2014 mi viene diagnosticata mielofibrosi secondaria con mutazione MPL da alcuni, ma su rivalutazione midollare di vetrini del 1989 viene diagnosticata mielofibrosi prefibiotica da altri. E qui ho due domande: cosa cambia tra le due diverse diagnosi? E ancora: in previsione di un trapianto di midollo, avere da così tanti anni la malattia (che tra l'altro pur avendo un grado di fibrosi 3, ho emoglobina sopra i 10, non febbre, no prurito, no sintomi, piastrine 700 mila pur con oncocarbide) ha qualche influenza sull'esito del trapianto (attecchimento, ricadute, etc.)? Grazie-
(Monica)
Risposta
In merito all'anomalia citogenetica indicata, non rientra tra quelle associate a una maggiore evolutività nella mielofibrosi; il fatto che non fosse stata trovata in precedenza può certamente dipendere da un problema di laboratorio o di campione ma l'alterazione può anche essere comparsa in un momento successivo.
La distinzione tra forma pre-fibrotica e fibrotica "franca" è un'acquisizione recente: in termini generali separa in una categoria a se stante le situazioni pre-fibrotiche, che sono mediamente associate a un andamento meno evolutivo nel tempo ma che possono comunque passare a una forma fibrotica vera e propria. L'identificazione di una delle due forme, a volte non così immediata, può essere utile nella gestione clinica, ma in un caso come il Suo, essendoci un grado 3 di fibrosi all'ultima valutazione, sapere se in precedenza ci fosse o meno una forma pre-fibrotica non modifica le cose in modo sostanziale.
In previsione di un trapianto allogenico, la durata della malattia precedente non è un fattore rilevante di per sé quanto possano esserlo complicanze precedenti eventualmente correlate alla malattia (infezioni ricorrenti, fabbisogno di trasfusioni e altro).
Buongiorno.
Nel 2008 mi è stata diagnosticata mielofibrosi di tipo indolente. Fondamentalmente sto bene. Attualmente la milza in eco risulta 18,8 cm DL e sborda circa 6,5 cm dall'arcata costale. Il valore di CD34+ è 0,15%, mentre la conta delle cellule blastiche nel sangue periferico resta al di sotto dell'1%.
Altri dati: Rbc 5,99; Hgb 13,80; Hct 43,80%; Plt 460. Il dato che mi preoccupa di più è rappresentato dai WBC che nel tempo è lievitato ed oggi si attesta a 18,09 mila/mmc. Al riguardo il mio ematologo mi ha suggerito di assumere oncocarbide (idrossiurea) al fine di ridurne il valore. Io però non sono pienamente convinta per i suoi effetti collaterali (trasformazione nel tempo della mielofibrosi in qualcosa di più severo come la leucemia). Per favore, gradirei tanto il vostro autorevole parere a tal proposito. Saluti.
(Giusi)
Risposta
La scelta di adottare una terapia citoriduttiva, cioè che si occupa di contenere la proliferazione della malattia e quindi i globuli bianchi e il volume della milza, deve tener conto di numerosi fattori clinici e di laboratorio per cui non può essere valutata a distanza.
Quello che si può affermare è comunque che gli studi disponibili sull'oncocarbide mostrano come sia un farmaco sicuro che non aumenta in modo rilevante il rischio di trasformazione leucemica della mielofibrosi.
Sono policitemico vero. Ho subito intervento chirurgico e, causa sanguinamento, l'HB da 18 è scesa a 11 con HTC 35 e PTL 530000. Nonostante la relativa anemizzazione, mi è stato consigliato di continuare con oncocarbide 500 perché agirebbe prevalentemente sulle piastrine e molto meno su GR. E' così?
(Fabrizio)
Risposta
La modulazione della terapia con oncocarbide in base all'andamento dell'emocromo non può essere fatta a distanza perché deve tener conto di numerosi fattori clinici e di laboratorio. In termini generali, nella Sua situazione il calo dell'emoglobina generalmente recupera in tempi relativamente brevi in parte proprio per la concomitante policitemia vera; all'incremento delle piastrine può aver contribuito proprio l'anemizzazione e allontanandosi dall'intervento i valori del sangue tenderanno a stabilizzarsi.
Buona sera gentili ricercatori,
vorrei sapere se presso l'Ospedale di Firenze è già stata attivata la sperimentazione del Ruxolitinib in combinazione con i farmaci PIM447 e LEE011 e quali sono i primi risultati. E per quanto riguarda la sperimentazione del Ruxolitinib in combinazione con il Vismodegib (Erivedge)?
Ringrazio e con l'occasione porgo distinti saluti augurandoVi buon lavoro.
(Paolo)
Risposta
La tripletta è presso UO Firenze, ma per ora non ci sono risultati disponibili.
Ruxolitinib e vismodegib in attesa di risultati.
Buonasera e sempre grazie per la vostra costante e preziosa presenza. Ho 48 anni, da 3 con policitemia vera JAK pos., in cura con salassi e cardioasirina. Negli ultimi due mesi ho fatto 2 salassi per ematocrito suo a 50. Normalmente salasso ogni 3 - 4 mesi. Ho notato da qualche mese un aumento delle piastrine sono arrivate a 800. Mi preoccupano. Il mio ematologo non dice nulla di particolare. Devo preoccuparmi? Con piastrine così alte c'è maggior rischio di trombosi? Io tra 10 giorni devo prendere un aereo posso viaggiare? Grazie per i vostri consigli e vi auguro buone vacanze.
(Agostino)
Risposta
La piastrinosi si vede di frequente quando si fanno i salassi ed è secondaria alla carenza di ferro indicata dai salassi. Non se ne preoccupi fino a che le piastrine non superano 1 milione.
Buonasera,
sono un uomo di 50 anni, da circa 18 mesi avevo analisi di emocromo non conformi, dopo aver effettuato più visite mediche, a febbraio 2017 mi è stato diagnosticato la Mielofibrosi idiopatica primaria con triplo negativa (attualmente a basso rischio).
I miei sintomi principalmente sono: presento forti sudorazioni notturne, stanchezza e quando faccio un po' di movimento anche accelerazione del battito cardiaco.
I miei quesiti riguardano:
- quando ho difficoltà respiratorie in alcuni casi mi si aggiunge una fastidiosa e persistente tosse secca che mi toglie il respiro, volevo saper se c'è un rimedio curativo che mi venga in aiuto durante queste "crisi";
- negli ultimi mesi in più occasioni quando mi sono un po' più affaticato la sera riscontravo la presenza di qualche linea di febbre, che con il riposo notturno scompariva; però in due occasioni la febbre saliva per un periodo di circa 10 giorni consecutivi a 38/39 °C che mi è stata curata con antibiotico Rocefin, a fine di questo periodo mi ritrovo sempre molto debole, penso a causa della cura antibiotica. Volevo sapere se la cura antibiotica è appropriata al mio caso?
Vi ringrazio in anticipo per la Vostra attenzione. Cordialmente.
(Gabriele)
Risposta
Il suo quadro clinico non può essere affrontato via mail. Richiede una valutazione clinica. Penso si debba anche eseguire una TC torace. Ne parli con il suo ematologo.
Egregi Dottori,
vorrei sapere se allo stato vi sono delle sperimentazioni in Italia mirate alla regressione o, meglio ancora, guarigione della Mielofibrosi post Policitemia Vera per pazienti con età superiore ai 65 anni e che attualmente sono in terapia con Ruxolitinib. In caso affermativo gradirei sapere quali sono i centri e le modalità di accesso. Cordialmente.
(Riccardo)
Risposta
Contatti il gruppo di Firenze che dovrebbero avere una terapia con tre farmaci per questi casi.
Salve,
vi ho scritto riguardo agli acufeni il 24 c.m.
Volevo sapere se anche con HCT 46% si possono avere problemi di iperviscositò tanto da causare acufeni, giusto per essere chiara ho GR a 6 mln e reticolociti al 2,4%. Vi ringrazio ancora per la vostra disponibilità e per tutto ciò che fate.
(Ornella)
Risposta
Gli acufeni sono disturbi da iperviscosità e si possono avere anche per valori di HCT 45-48% nella PV. In tali casi in genere si può effettuare un salasso. Ne parli con il curante.
In attesa di risultato esame midollo per mielofibrosi post policitemia vera, vorrei sapere se il farmaco ruxolitinib è a carico del servizio sanitario anche nella regione Lazio. Grazie per il vostro sempre attento supporto verso di noi.
(Vincenzo)
Risposta
Ruxolitinib è rimborsabile in Italia per i pazienti con mielofibrosi primaria o secondaria a rischio intermedio-2 o alto con milza ingrandita o sintomi sistemici.
Gentilissimi Dottori,
sono una ragazza di 34 anni con trombocitemia, scoperta ormai da 10 anni. Da un anno ho iniziato la terapia con interferone. Assumo interferone 2 volte a settimana 3 mln. Ultimamente sto avendo problemi con la tiroide. Il Tsh è stato sempre buono, ma negli ultimi mesi è sceso tantissimo (0,017), FT4II 1.71, cosi l'endocrinologa mi ha fatto fare delle analisi ed è risultato Anticorpi antirecettori del tsh 7,0. Secondo lei è una malattia della tiroide (morbo d Basedow) non legata all'interferone. Può essere? Adesso mi ha prescritto Tapazole, mezza compressa.
Grazie infinite.
(Sara)
Risposta
La presenza di anticorpi in genere suggerisce una genesi autoimmune (quindi Basedow). Continui la cura e si faccia seguire anche dall'endocrinologo.
Ho una trombofilia omozigote PAI 4G5G MTHFR c677T mutazione omozigote può avermi provocato trombosi vena porta?
(Gianni)
Risposta
La sua situazione va valutata nel contesto clinico. Ha una malattia mieloproliferativa? Era in terapia con estroprogestinici?
Carissimi Dottori,
donna, 48 anni, TE da 9, piastrine stabili (tra 7 e 800) ma in lento inesorabile aumento, in cura con cardiaspirina 1 die. Domanda: consapevole che presto o tardi dovrò iniziare una cura per ridurre la conta piastrinica, per quale farmaco dovrò "lottare"? Dico lottare perché ho capito che non bisogna mai rassegnarsi o fermarsi al primo parere medico. L'idrossiurea mi sembra appartenere ormai al passato..., i nuovi interferoni sembrano molto efficaci..., ci sono sperimentazioni in Italia alle quali poter aderire?
Grazie anticipatamente e buone vacanze.
(Marta)
Risposta
Lei è giovane, a basso rischio, con piastrine non alte. Per ora proceda con il solo monitoraggio e antiaggregante (se JAK2pos). Quando sarà necessaria una terapia (in caso di manifestazioni vascolari o per età avanzata) ci ricontatti per stabilire la cura migliore.
A che punto sono le metanalisi sullo Jakavi? E' un farmaco che ha modificato la prognosi della mielofibrosi? Quali sono i pazienti che ne traggono maggior beneficio?
(Fernando)
Risposta
Ruxolitinib ha dimostrato di ridurre la splenomegalia, i sintomi e prolungare la sopravvivenza nei pazienti a rischio intermedio-2 e alto. Nell'intermedio-1 lo studio documenta attività. Nel basso rischio non vi è esperienza.
Il farmaco è attivo in tutti i casi senza predilezioni di caratteristiche.
Egregi Dottori,
67 anni in terapia con ruxolitinib + cardioaspirina a causa di mielofibrosi post policitemia vera. Ogni tanto mi vengonono degli ematomi a volte anche abbastanza estesi. Quanto faccio l'emocromo le piastrine sono sempre regolari. Vorrei sapere se quanto sopra è dovuto alla caratteristiche della patologia e se no quali esami debbo fare per individuarne la causa. Grato per la vostra cortese risposta. Cordialmente.
(Riccardo)
Risposta
E' consigliabile controllare anche la coagulazione e valutare la sospensione dell'aspirina con il suo ematologo. In qualche caso ruxolitinib può indurre sanguimenenti.
Buongiorno,
nei pazienti di PV di solito gli acufeni sono sintomo di un aumento dell'ematocrito? Con eventuale abbassamento di HCT gli acufeni potranno finalmente rendersi meno costanti? Grazie mille.
(Ornella)
Risposta
Gli acufeni sono sintomo da iperviscosità e quindi legati alla PV iperproliferativa
Salve, sono un paziente ex Hodgkin trattato con MBVD. Dopo circa 2 anni dal termine della terapia ho avuto problemi di poliglobulia Hb, che oscilla tra 16.5 a 17.5, ematocrito 47.5 a 49.5 JAK2 negativo, S-eritropoietina 8.9Ul/L range 11-29, eco negativa. Nessun sintomo. Secondo voi può trattarsi di PV? JAK2 exone 12 non effettuato, di solito ha valori di Hb più elevati? Grazie.
(Davide)
Risposta
Le consiglierei di parlarne con l'ematologo che la cura. Visita, clinica, e semmai controllo le mutazioni di JAK2.
Salve, mio padre anni 67 conseguente mielofibrosi da trombocitemia essenziale, presso ospedale di Cona (FE), trattato con la terapia del JAKAVI, ma che purtroppo si è rilevata inefficace ed anzi peggiorativa della patologia; volevo sapere se a tutt'oggi ci sono altri farmaci sperimentali, per quanto meno tenere sotto controllo la malattia e l'anemia che da gennaio ad oggi necessita di almeno una trasfusione a settimana; inoltre, i medici che lo hanno in cura dicono che non ci sia altra terapia in corso se non oncocarbride e cortisone per tenere sotto controllo il volume della milza e trasfusione per aumentare valori di emoglobina. Grazie della disponibilità.
(Francesca)
Risposta
A breve avremo in studio il lupatercept nell'anemia da mielofbrosi. Ci ricontatti dopo l'estate.
Gentilissimi dottori, mia mamma, di 90 anni, è affetta da mielofibrosi (mutazione JAK2 positiva) e sta facendo la terapia con l'oncocarbide.
Mi è stato detto che il ruxolitinib alle persone anziane non viene somministrato, ma poi, navigando per caso qui, mi sembra di avere letto (dal lato google) che il ruxolitinib viene somministrato anche agli anziani.
Quali sono i parametri di mutuabilità del ruxolitinib?
Spero in una vostra risposta e faccio un buon augurio a tutti.
(Luigi)
Risposta
Non vi sono restrizioni legate all'età per l'impiego di ruxolitinib. Bisogna valutare molto bene con il suo ematologo se il profilo di beneficio/rischio è favorevole per sua madre.
Sono in cura per policitemia con mutazione del JAK2 dal 2010. Dal 2000 al 2010 la diagnosi era stata inizialmente di trombocitemia essenziale evolutasi successivamente in PV.
Ho 47anni e nei primi anni mi sono limitato ai salassi quando necessari (circa 4 all'anno) e all'assunzione di aspirina. La milza tendeva però ad ingrossare (intorno ai 17,5 cm) incrementatasi di circa 1,5 cm nell'ultimo anno. Pertanto a giugno 2015 ho iniziato la terapia con interferone, la quale mi ha portato ad una riduzione sia delle PLTS che HTC. Ad aprile 2016 ho dovuto sospendere con interferone in quanto i valori tendevano a scendere troppo, in particolare l'emoglobina. Continuo a non avere sintomi, ma dopo la sospensione dell'interferone, l'HCT è talvolta risalito oltre il 45 dovendo pertanto fare il salasso. Ora da circa 3-4 mesi HCT è intorno a 38,5 PLTS 327 HGB 11,8. Potrebbe essere ancora l'effetto dell'interferone oppure potrebbe trattarsi di un inizio di una evoluzione della malattia?
Con questi valori è il caso di continuare a prendere l'aspirina? Grazie mille.
(Gian Carlo)
Risposta
E' passato molto tempo dalla fine dell'interferone. Le consiglierei una rivalutazione midollare utile per una decisione terapeutica.
Salve, l'aspettativa di vita ad oggi di una persona con PV diagnosticata a 40 anni, sana e in buona forma, è di poco inferiore alla media o molto ridotta? Grazie.
(Michele)
Risposta
Non eccessivamente dissimile dalla popolazione generale, almeno nei primi decenni.
Gentilissimi ricercatori,
vorrei un ulteriore chiarimento da parte vostra in merito alla mia email del 6 luglio 2017 delle ore 9,07, inerente Jakavi e favismo. Nella scheda delle caratteristiche del prodotto a pagina 5 viene riportata nel paragrafo degli eccepienti la seguente descrizione: Jakavi contiene lattosio. I pazienti affetti da rari problemi ereditari di intolleranza al galattosio, da deficit di Lapp lattasi, o da malassorbimento di glucosio-galattosio, non devono assumere questo medicinale. Secondo voi una persona positiva al favismo può assumere questo farmaco? Saluti.
(Carlo)
Risposta
Trattasi di intolleranza al galattosio; il favismo è altra cosa.
Gentili ricercatori sono affetta da TE e ho 28 anni, le piastrine sono a quota 876 mila e ho come mutazione calreticulina. Ho eseguito la coagulazione e i risultati sono Antitrombina 116 INR 1,03 PTT 35 Fibrinogeno 301. Assumo solo cardioaspirin una volta al dì. Sono soddisfacenti oppure c'è qualcosa che non va nella mia coagulazione?
Grazie sempre.
(Marinella)
Risposta
La sua coagulazione è nei limiti. Il suo ematologo le ha prescritto l'aspirina per la profilassi primaria vascolare (suppongo). Ne discuta bene con lui/lei.
Buongiorno riceratori,
ho sempre avuto valori di emoglobina intorno ai 16,5 con ematocrito variabile tra 46 e 48%. Nell'ultimo anno i valori dei GR sono stabili a 6 mln/mm3 ed in più il valore dei reticolociti risulta essere di poco superiore alla norma, il valore dell'eritroproteina è nella norma. La cosa mi ha molto turbato e tramite il mio ematologo ho fatto la prova del JAK2 che è risultato negativo. Con questi valori si potrebbe pensare ad una policitemia in atto?
Grazie
(Roberto)
Risposta
La nuova classificazione WHO considera il valore di Hb per ulteriori indagini 16 g/dL. Controllerei anche le mutazioni dell'esone 12 di JAK2 oltre alle cause di eritrociti secondaria.
Carissimi ricercatori,
infiniti ringraziamenti per la risposta molto precisa ai miei quesiti dell'8/7/2017. Fino ad ora nessuna manifestazione di trombosi. Mi fa preoccupare in questi giorni lo stimolo frequente di evacuare. Non ho mangiato nulla che lo giustifichi. Mi auguro che non sia legato alla patologia. Ho capito che cercate di tranquillizzarmi perché sono sempre molto ansioso. Non ci sono parole per dimostrarvi la mia gratitudine. Siete ineguagliabili.
(Demetrio)
Risposta
Per il disturbo che riferisce non vedo correlazioni con la malattia. Ne parlerei con il gastroenterolo o medico di famiglia, se il disturbo continuasse. Se ha anche dolori la situazione potrebbe essere diversa.
Ho notato che dopo aver effettuato un salasso, oltre a salire le piastrine, aumentano anche i globuli bianchi. E' un caso? Grazie.
(Antonella)
Risposta
L'aumento di piastrine post salasso è noto; la leucocitosi post salasso non è comune. Bisogna capire se è legata alle neoplasie mieloproliferative o ad altre cause intercorrenti.
Buonasera, ci sono informazioni riguardo alla eventuale diminuzione della fibrosi midollare grazie alla terapia con Jakavi? E, invece, riguardo alle potenzialità di interferone per la riduzione della fibrosi? Grazie mille.
Risposta
La fibrosi può ridursi in 1/3 dei pazienti con ruxolitinib.
Con interferone non ci sono studi certi prospettici.
Per errore ho assunto una doppia compressa di uoplavin. Cosa può succedermi?
(Manu)
Risposta
In genere nulla, ma ne parli con chi l'ha prescritto.
Ciao ho la policitemia JAK vera e ho 85 anni. E'sconsigliato andare in montagna?
Risposta
Nessuna controindicazione. Buone ferie.
Gentili ricercatori, buonasera.
Ho 48 anni, affetta da mielofibrosi idiopatica da otto anni. Assumo jakavi ed eprex due volte alla settimana. Occasionalmente trasfondo. Posso seguire dei corsi di camminata veloce? Grazie mille per il vostro prezioso lavoro.
Risposta
Meglio non correre se è anemica; avremo nuovi protocolli a breve per l'anemia in MF.
Buongiorno il JAK2 neg ha una prognosi favorevole o è uguale al JAK2 pos, poi perché in alcuni esce e in altri no nonostante la malattia?
(Davide)
Risposta
Caro lettore, la sua domanda non è completa. Dipende dalla malattia sottostante: PV, RT, MF?
Buonasera.
Mio papà ha 62 anni ed è affetto da mielofibrosi idiopatica da 3 anni. Abbiamo fatto un esame specifico per vedere se oltre alla mutazione gene JAK2 ci siano altre mutazioni e nel referto è indicato gene ASXL1 alterazione nuclotidica c2694g>Ag alterazione aminoacidica p.w898x (interpretazione possibilmente dannosa). Gene JAK2 alterazione nuclotidica c.1849G>T alterazione amnioacidica p.v617F 7,4% COSM12600 (interpretazione dannosa) Come commento: le mutazioni sono note e di natura puntiforme.
Volevo capire in attesa della visita con lo specialista la presenza di tale gene implica un progressione maggiore della malattia? L'esame è stato fatto anche per valutare se sia il caso di cominciare la cura con ruxolitinib data l'apparente situazione stabile della malattia.
(Veronica)
Risposta
Attualmente la mutazione centrale è JAK2. Quando la malattia è a rischio intermedio-1 (IPSS), si tende a studiare ASXL1 per valutare l'indicazione al trapianto di midollo. Non so perché il suo ematologo l'ha prescritto ma in genera si spiega bene al paziente prima. La mutazione ASXL1 va quindi valutato nel contesto clinico.
Preg.mi ricercatori, vi scrivo per sapere per una paziente affetta da Mf post PV è possibile sia per la malattia che per le conseguenze del ruxolitinib (da 43 mesi) che la persona interessata possa avere cambiamento della personalità e sbalzi di umore? Grazie sempre.
(Ernesto)
Risposta
In generale la malattia non da alterazioni dell'umore: l'anemia ad essa correlata potrebbe portare ad un certo indebolimento fisico e questo ad alterazioni dell'umore. Con ruxolitinib non sono riportate frequentemente alterazioni dell'umore, ma le consiglierei di discuterne molto bene con il suo ematologo. Stia tranquillo.
A 18 mesi dalla diagnosi di mielofibrosi L0, Jak2+, l'emocromo rimane nella norma con le oscillazioni periodiche delle piastrine da 650 mila a 850 mila. La milza da 13,6 di gennaio è passata a 13,2 di qualche giorno fa. Faccio terapia con solo Plavix perché l'ematologo non ritiene di darmi Oncocarbide od altro. Perplesso. Che ne pensate?
(Fernando)
Risposta
L'osservazione clinica senza terapia è un opzione nella MF a basso rischio. Va valutato il singolo paziente.
Mia madre dal 17 giugno ha assunto due compresse di Jakavi da 15 mg al giorno. Al momento dell'assunzione aveva le piastrine a circa 115000. Dopo 15 giorni dall'inizio del Jakavi le piastrine le sono scese a 98000, e nell'arco di pochi giorni le sono scese prima a 78000 e poi a 69000. Il medico, visto il calo vertiginoso delle piastrine, ha ridotto il Jakavi da due compresse da 15 mg a due compresse da 5 mg. Ieri le hanno sospeso anche le due compresse del Jakavi da 5 mg perché le piastrine le sono scese a 45000.
Volevo chiedervi l'ospedale deve fare in modo di riportare le piastrine di mia madre ad un valore accettabile e se è si lo deve fare con farmaci o con trasfusioni? Secondo la vostra esperienza è possibile che la riduzione delle piastrine sia dovuta solo esclusivamente agli effetti del Jakavi perché prima di assumere questo farmaco aveva una media delle piastrine di circa 145000. Saluti.
(Carlo)
Risposta
Nel valutare il suo testo ritengo che la gestione dei colleghi sia corretta. Attenda la risalita spontanea delle piastrine.
Buongiorno circa 5 anni fa ebbi una trombosi portale, ho trombofilia omozigote e JAK2 neg, secondo voi posso avere qualche malattia mieloprolifera? Analisi sempre ok.
(Marco)
Risposta
Nei casi JAK2 V617F negativi è consigliabile controllare anche mutazione dell'esone 12 di JAK2, CALR e MPL. In qualche caso controlliamo anche la biopsia osteomidollare.
Gentilissimo può una mielofribrosi esordire con trombosi vena porta e vene mesenteriche e JAK2 neg?
(Luigi)
Risposta
La trombosi mesenterica (delle vene porta, splenica cava) può essere il primo segnale di una neoplasia mieloproliferativi con la poliritmia trombocitemia o mielofibrosi.
Ho trombofilia omozigote, ho avuto trombosi vena porta con milza lievemente ingrossata; secondo voi può ancora aumentare di volume? Sono passati due anni.
(Pino)
Risposta
In assenza di una malattia mieloproliferativia sottostante, la milza della trombosi portale aumenta per questioni congestione e rimane pressoché stabile. In presenta di malattia mieloproliferativi può aumentare.
Vorrei sapere come procedono gli studi sul farmaco PRM-151. Grazie.
(Massimo)
Risposta
Gli studi procedono con risultati ancora non disponibili.
Ho una malattia mieloprolifera, mi hanno trovato la milza leggermente ingrandita; in media in un anno di quanto può aumentare? Grazie mille.
(Lina)
Risposta
L'ingrandimento della milza nel tempo varia da paziente a paziente e dipende da molti fattori, quali la categoria di rischio, i globuli bianchi, le mutazioni. Deve essere misurata con la vista ogni tre mesi e capire quale è l'andamento.
Qual è la prevalenza (5 anni) della mielofibrosi in Italia?
(Luana)
Risposta
Nuovi casi: 1-2 casi ogni 100000 abitanti/anno.
Dall'esame del midollo osseo la fibrosi che era di grado 2 ora è di grado 1. Può succedere cosa significa? Mia mamma è affetta da miedodispalasia.
(Fabio)
Risposta
Vi sono alcune sindromi mielodisplastiche in cui si può rilevare fibrosi midollare da inquadrare nell'ambito diagnostico.
Gentilissimi ricercatori, nostro faro nel buio della notte. Ho 50 anni, quasi ogni anno, con esami di routine, controllavo le mie condizioni di salute, sempre nella norma. Nel marzo scorso, da un esame del sangue, si sono riscontrati i seguenti valori: Hct58.8% e Hb19. Eseguita ecografia addome completo: negativo per organomegalia o adenopatie profonde. Esecuzione di JAK2 daSP risultato POSITIVO v617F NEL 26.1% DEGLI ALLELI Diagnosi di SD MIELOPROLIFERATIVA CRONICA A TIPO POLICITEMIA VERA JAK2+. Buone le condizioni fisiche, ECOG O. Assenti sintomi da iperviscosità. Assenti fattori di rischio cardiovascolare (non fumatore non diabete, no ipertensione, no ipercolesterolemia). Ricerca MUTAZIONE V617f nel gene Janus Kinase 2. Metodi utilizzati: Estrazione DNA di sangue intero; analisi quantitativo in Real Time PCR (kitMutaQuant Ipsogen).
Mi è stato consigliato solo un percorso di salassoterapia. L'ultimo salasso di lab. (dopo 4 di 400 ml ciascuno) ha dato Hct45,3 e Hb19.9. Profondamente sconvolto per tale patologia, rivolgo a Voi i seguenti quesiti.
A quale stadio è la mia malattia? Potrò per sempre utilizzare i salassi o la malattia sicuramente evolverà in peggio e dovrò ricorrere a farmaci con sicuri effetti collaterali? Secondo la vostra esperienza si è verificato qualche caso di remissione spontanea? E' in sperimentazione qualche farmaco per guarire definitivamente da questa patologia? Pensate che dovrò ritirarmi dal lavoro prima dell'età pensionabile (anni 70)? Quali alimenti favoriscono la proliferazione? Posso fare i bagni ed espormi al sole a piacimento?
Gradirei vostre chiarificazioni. Scusatemi per il disturbo, ho moltissima fiducia in voi. Questa diagnosi inaspettata, mi ha tolto la serenità, ha annullato ogni mio progetto di vita. Vi saluto con tanta stima.
(Demetrio)
Risposta
A quale stadio è la mia malattia?
R: la sua malattia è alla diagnosi; il rischio vascolare è basso perché lei è giovane; bisogna sapere inoltre se ha avuto pregresse trombosi.
Potrò per sempre utilizzare i salassi o la malattia sicuramente evolverà in peggio e dovrò ricorrere a farmaci con sicuri effetti collaterali?
R: I salassi si usano fino al raggiungimento di un età superiore a 60 anni, o a manifestazioni vascolari, o a incremento della splenomegalia. Poi si passa a farmaci che controllano bene la malattia e ben tollerati.
Secondo la vostra esperienza si è verificato qualche caso di remissione spontanea?
R: NO
E' in sperimentazione qualche farmaco per guarire definitivamente da questa patologia?
R: La guarigione non si può ottenere, ma la remissione della malattia e il controllo a lungo termine SI.
Pensate che dovro' ritirarmi dal lavoro prima dell'età pensionabile(anni 70)?
R: Assolutamente NO: lavori tranquillamente.
Quali alimenti favoriscono la proliferazione?
R: Nessuno in particolare, eviti eccesso di carne, faccia moto e mantenga un peso corretto.
Posso fare i bagni ed espormi al sole a piacimento?
R: SI
Gentili ricrecatori stamani sono andata a fare un emocromo in farmacia, risultato 842 mila piastrine; l'ultima volta nel laboratorio analisi erano 1121; è possibile questa differenza? Inoltre, anche i globuli bianchi da circa 10 stamani erano 8 mila. Il mio dubbio è ma gli esami in farmacia sono veritieri come quelli del laboratorio?
(Marinella)
Risposta
Conviene eseguire gli esami in laboratori certificati.
Buongiorno ho fatto un prelievo di midollo osseo la diagnosi midollo emopoietico mielo-ertroide.
(Maria)
Risposta
Troppe poche informazione per esserle di aiuto. Ne parli con chi le ha prescritto l'esame.
In riferimento alla mia precedente domanda io ho calreticulIna di tipo 2 come mutazione, quindi è giusto continuare a prendere la cardiospirina a un 1120 mila piastrine?
(Marinella)
Risposta
Teoricamente NO per la profilassi primaria ma deve discutere con il suo ematologo il motivo della prescrizione.
Buon giorno.
Mia madre è positiva al favismo. Dal 17 giugno assume due compresse di Jakavi da 15 mg al giorno.
Secondo voi c'è controidicazione fra il jakavi e il favismo. Grazie e saluti.
(Carlo)
Risposta
Non vi sono correlazioni note.
Cari ricercatori ho 28 anni, affetta da TE da 5, trattata solo con cardioaspirin, ho le piastrine 1120 mila e le gambe piene di lovini. Ci sono pareri discordanti sul continuare la cura oaspirin superando il milione visto che il rischio diventa più emorragIco che trombotico, voi che ne pensate?
Grazie sempre per la vostra disponibilità.
(Marinella)
Risposta
Se TE-JAK2 mutata o se PLT superiori a 1 milione/mmc, è meglio non usare aspirina.
Quindi, perdonatemi, la mielofibrosi non esordisce con trombosi ma ha altri sintomi?
(Davide)
Risposta
La trombosi occorre con un incidenza di circa 2-4 casi/100.000 persone/anno. In altri casi la MF ha un'altra sintomatologia, tipo dolori osteomuscolari, febbre, prurito, calo di peso, sudorazioni notturne.
Luspatercept: potrei saperne di più?
Grazie sempre per la vostra incommensurabile disponibilità.
(Gilan)
Risposta
Luspatercept è una molecola che stimola i precursori dei globuli rossi a maturare e a produrre emoglobina. Ci sarà a breve uno studio nei pazienti affetti da mielofibrosi con anemia.
ho l'emoglobina a 10,6 e sangue occulto costante nelle feci. Sto prendendo ferro in attesa degli esami endoscopici. Posso continuare a camminare almeno 30 min. al giorno come ero abituato a fare?
(Giovanni)
Risposta
Meglio di no.
Buona sera, ho 50 anni e sono affetto da PV JAK2+ da 18 anni, in trattamento con idrossiurea 3 cp al giorno da circa 7 anni dopo una rivascolarizzazione miocardica, plavix, zyloric, terapia per l'ipertensione, salassi circa 1 ogni 40 giorni. In data odierna ho effettuato un ecografia addome completo dove ha evidenziato una marcata splenomegalia diametro 23 cm, aumentata rispetto all'anno scorso di circa 7 cm. Volevo sapere se l'aumento delle dimensioni della milza e la concomitanza della terapia farmacologica in atto, possono essere la causa di un marcato meteorismo colico ed il fatto che la mattina, per evacuare l'intestino devo andare in bagno ripetutamente per almeno due o tre volte, no diarrea, no stipsi. Grazie in anticipo, sempre.
(Giuseppe)
Risposta
La terapia con oncocarbide più avere una certa tossicità gastro-intestinale e potrebbe contribuire almeno in parte ad alcuni dei sintomi riferiti, che tuttavia possono essere valutati con attenzione solo tramite una visita ematologica ed eventuali esami di laboratorio e strumentali.
Sono una donna di 33 anni con diagnosi di trombocitemia essenziale all'eta' di 18 anni, la precedente ematologa visto l'incremento della piastrinemia oltre 1.100.00, mi ha prescritto prima terapia con interferone e successivamente xagrid. Dopo la positività del test di gravidanza il mio nuovo ematologo mi ha sospeso la terapia e mi ha proposto terapia con cardioaspirina da modificare con seleparina dal sesto mese di gravidanza. Io sono un po' preoccupata quale è il vostro parere?
(Saveria)
Risposta
La decisione di trattare la trombocitemia in corso di gravidanza deriva da elementi clinici, dell'anamnesi e di laboratorio che collocano la gravidanza stessa in una categoria ad alto rischio che evidentemente non possono essere valutati a distanza. In generale, qualora sia indicato un trattamento, quello più utilizzato è l'interferone. Parallelamente è indicata la terapia anti aggregante con aspirina che viene generalmente sostituita da eparina nella fase prossima al parto e nel post partum, per una maggiore maneggevolezza farmacologica.
Buongiorno, mi hanno diagnosticato la trombofilia omozigote, le mie figlie hanno il gruppo sanguigno diverso dal mio, è possibile che loro non abbiano ereditato la stessa malattia?
(Gino)
Risposta
La trasmissione genetica delle mutazioni inducenti stati trombofilici e dei geni che determinano il gruppo sanguigno non sono correlati. In caso sia indicato, l'unico sistema rimane quello di verificare con indagini genetiche mirate.
Gentilissimi i globuli bianchi a 4200 secondo voi sono bassi?
(Franca)
Risposta
Dipende dal range di riferimento del laboratorio; generalmente si considerano normali valori fino a 4.000/uL, che è spesso il valore inferiore della normalità.
Quali sono i dati essenziali per fare diagnosi di Policitemia Vera?
(Fabrizio)
Risposta
I dati essenziali per la diagnosi sono quelli dell'emocromo (in particolare emoglobina ed ematocrito), della biopsia ostro-midollare, della genetica molecolare (in particolare le mutazioni del gene JAK2) e il dosaggio di eritropietina circolante.
Carissimi ricercatori, ho 72 anni affetto da Mf id. dal 2016 JAK2-, assumo da questa data oncocarbide 1 cp, duoplavin 1 cp, atorvastatina10 1cp, le piastrine sono state stabilizzate a 463.000 per tutto lo scorso anno. Nel mese di marzo 2017 il mio emocromo era variato; globuli bianchi 9,50, globuli rossi 4,13, MCV 107, MCH 37, piastrine 537. Il resto nella norma. In questo mese, fine giugno, ho effettuato una eco addominale che risultava tutto nella norma. L'emocromo era il seguente: globuli bianchi 7,82, monociti 0,81, globuli rossi 4,02, emoglobina 14,9, ematocrito 43,0 - mcv 107 - mch 37, piastrine 578. Sono andato a visita da una ematologa che non conoscevo la quale mi ha confermato duoplavin e atorvastatina invece per l'oncocarbite 1 cp dal lunedì al venerdì 2 cp sabato e 2cp la domenica. Poiché la mia prossima visita è per il 3 agosto a Firenze vorrei sapere se debbo seguire le indicazioni di questa dottoressa che ho incontrato per la prima volta oppure aspettare il 31 agosto. Mi scuso mi trovo in difficoltà. Vi ringrazio anticipatamente.
(Enzo)
Risposta
Le decisioni terapeutiche come quella di modificare il dosaggio della terapia citoriduttiva con oncocarbide possono essere prese unicamente nel corso di una visita ematologica, in quanto devono tener conto dell'intero quadro clinico e di laboratorio. L'aumento del dosaggio che Le è stato consigliato deriva probabilmente dall'eccesso di piastrine; il consiglio è quello di monitorare l'andamento degli esami dopo la modifica del dosaggio e di fare comunque riferimento a un collega ematologo.
Buongiorno, tra le malattie mieloprolifere qual è quella più predisposta a trombosi della vena porta.
(Davide)
Risposta
Le malattie mieloproliferative maggiormente associate a trombosi in generale, e dunque anche a trombosi della vena porta, sono le forme di policitemia vera e trombocitemia essenziale con mutazione del gene JAK2.
Buonasera. Voglio ringraziarvi perché ci siete e a noi dedicate tempo prezioso, quotidianamente, con il vostro lavoro, ma non solo. Credo sia importantissimo per noi avere uno spazio virtuale, attraverso il quale chiedere e ricevere risposte adeguate, da professionisti quali voi siete.
Sono una paziente trombocitemica che consulta assiduamente la "sezione AGIMM". Ho imparato tanto, ho capito un po' di più da quando mi è stata diagnosticata la patologia. Da tre anni non vado al mare, sebbene non mi sia stato vietato, ma, leggendo le vostre risposte, ho dedotto che l'esposizione al sole non sia proprio indicata per chi assume l'oncocarbide, come me. Non ritenendo la balneazione una priorità non ho mai chiesto indicazioni personali alle dottoresse che mi seguono. Mi è stata prospettata l'ipotesi di fare una crociera o una vacanza in montagna, in alta quota, e prima di accettare ho pensato di chiedere un vostro parere. In entrambi i casi il sole "picchia" costantemente. La crema con fattore protettivo 50 deve essere una costante, come più volte scritto da voi sul sito, per la prevenzione del basalioma, ma vorrei sapere se per questo motivo ritenete opportuno consigliarmi l'esclusione, la preferenza dell'una o dell'altra opzione. Grazie ancora!!!
(Angela)
Risposta
Come accennato nella Sua stessa elaborazione della domanda, non ci sono contro-indicazioni assolute ai tipi di vacanza che prospetta. E' però fondamentale che la protezione dall'esposizione ai raggi solari sia estremamente accurata perché il farmaco ha una intrinseca tossicità cutanea. In conclusione non ci sono preclusioni assolute o preferenze tra le due tipologie, deve soltanto valutare molto attentamente e gestire il problema dell'esposizione al sole.
Cari dottori e ricercatori buonasera,
vorrei una vostra consulenza: paziente di anni 43 e da sette anni affetto da policitemia vera JAK 2 positivo, in terapia con oncocarbide 3 pasticche al giorno e aspirinetta. Visto che il mio ultimo ematocrito è di 49.1, vorrei sapere se è vero che per chi è in terapia con oncocarbide non serve fare il salasso. Grazie per una sempre chiara ed esaustiva delucidazione.
(Massimo)
Risposta
Se necessario le due terapie (oncocarbide e salassi) devono essere praticate entrambe: l'obiettivo in termini di ematocrito è quello di mantenere valori inferiori a 45%. In alcuni pazienti questo si ottiene anche solo con l'oncocarbide, ma capita frequentemente che sia necessario effettuare anche la salasso-terapia.
Buongiorno. Sono un paziente affetto da policitemia vera in cura con Oncocarbide e salassi, 65 anni. Negli ultimi tempi noto un po' di "astenia", sono meno performante, lo noto soprattutto se mi capita di camminare in montagna.
Chiedevo se il prodotto Sinchro Levels (integratore) mi può essere di aiuto. Grazie. Saluti.
(Maurizio)
Risposta
Il prodotto da Lei citato è un integratore di vitamine, che sono sostanze necessarie a numerose reazioni chimiche che avvengono nel nostro organismo e che assumiamo con la dieta nei quantitativi necessari. In termini generali non è un prodotto contro-indicato nella sua patologia, tuttavia non è atteso un miglioramento significativo della sua astenia a seguito della sua assunzione. Il consiglio è quello di valutare il sintomo con il Suo Ematologo di riferimento.
Salve, per una paziente affetta da MF post PV, in cura con ruxolitinib 30 mg da 42 mesi, avendo una emoglobina con valore 10 (senza sintomi classici di anemia), una permanenza in zona montana (vacanza) può essere di aiuto per contrastare l'anemia, o è inutile per chi è affetto da MF?
Grazie sempre. Cordiali saluti.
(Ernesto)
Risposta
Oltre che causata dalla mielofibrosi, l'anemia può essere favorita dal ruxolitinib per una alterata produzione di globuli rossi a livello midollare. La ridotta tensione di ossigeno che si ha soggiornando in montagna non compensa assolutamente questo meccanismo; anzi, è raccomandabile non esporsi ad altitudini eccessive in presenza di uno stato di anemia perché l'organismo può andare in difficoltà nel compensare una scarsa ossigenazione dei tessuti, dato che deve farlo già in condizioni di riposo.
Buonasera, una trombofilia omozigote può portare ad una trombosi vena porta? Che voi sappiate ci sono casi a riguardo?
(Giulia)
Risposta
La risposta è affermativa: una condizione di trombofilia ereditaria è tra le principali cause di trombosi delle vene addominali, insieme alle malattie mirloproliferative.
Salve, in merito alla domanda del 17 giugno, mi chiedevo in quale caso si sceglie di effettuare un parto cesario o naturale, pensavo, visto la mia malattia (TE), fosse più sicuro un cesario, in quanto è un intervento programmabile e sicuramente sarei più monitorata e controllata rispetto ad un parto naturale.
(Sofia)
Risposta
La decisione sul tipo di parto richiede una valutazione sul singolo caso. Se da un lato il cesareo offre il vantaggio di essere programmabile, presenta le problematiche di un intervento maggiormente invasivo e non esistono evidenze che favoriscano questo tipo di parto rispetto a quello naturale. La decisione in un senso o nell'altro è spesso derivata dalla decisione del ginecologo, casomai di concerto con l'ematologo, indipendentemente dalla presenza della trombocitemia essenziale.
Egregi ricercatori chiedo scusa,
ho 72 anni con mielofibrosi idiopatica e pregresso ima in terapia con oncocarbite - duoplavin - atorvastatina 10 - 1 cp al dì, sono stato oggi a visita ortopedica per una presunta lombosciatalgia dolorosissima. Mi è stato prescritto paracetamolo 1000 1 ogni 8 ore per 3 gg e ibuprofene cp 400 mg 1 + 1 al dì.
Vorrei sapere se questi farmaci sono sconsigliati per noi oppure possiamo assumerli tranquillamente. Mi scusi ancora questa richiesta è stata inoltrata dietro invito dell'ortopedico. Nella speranza di un immediato riscontro vi saluto caramente.
(Enzo)
Risposta
Il paracetamolo non presenta rilevanti contro-indicazioni in generale, salvo problematiche specifiche.
L'ibuprofene inibisce temporaneamente la funzione piastrina, per cui il suo impiego può essere limitato in presenza di una conta piastrinica ridotta.
Consiglio comunque di valutare l'impiego dei farmaci prescritti con il Suo ematologo di riferimento.
Ho letto dell'approvazione dell'Eritropoetina per le sindromi mielodisplastiche. Pensate si possa utilizzare anche per i pazienti con mielofibrosi che necessitano di trasfusioni?
(Micro)
Risposta
I farmaci stimolanti l'eritropoiesi hanno un ruolo chiaro nelle sindromi mielodisplastiche, dove la loro efficacia in specifiche categorie di pazienti è stata dimostrata. Lo stesso non si può dire della mielofibrosi, dove questi farmaci non hanno mostrato la loro efficacia in studi clinici controllati e il loro impiego rimane da valutare solamente in casi singoli.
Scusatemi cosa significa prognosi inferiore?
(Francesca)
Risposta
Per prognosi inferiore si intende genericamente una malattia caratterizzata da un andamento peggiore; naturalmente si deve sempre considerare che tali valutazioni derivano da stime di popolazione, vale a dire che confrontano gruppi di pazienti con i relativi limiti di applicazione nel singolo caso.
Quali sono gli esami più importanti per arrivare ad una conferma di malattia mieloproliferativa?
(Lina)
Risposta
La diagnostica delle malattie mieloproliferative deriva dalla integrazione di numerosi risultati di esami; i principali sono l'emocromo, lo striscio di sangue periferico, la biopsia ostro-midollare, l'analisi citogenetica e la genetica molecolare, cioè la ricerca di mutazioni in geni cardine (JAK2, CALR, MPL). Non esiste un unico esame in grado di giungere alla diagnosi, che è invece sempre il frutto della combinazione di vari dati.
Buongiorno, come si spiega una diagnosi mieloprolifeta con i tre marcatori negativi? Ed è più favorevole o no?
(Francesca)
Risposta
Una diagnosi di malattia mieloproliferativa può essere fatta anche in assenza di mutazioni a carico dei geni più frequentemente coinvolti (JAK2, CALR, MPL) sulla base di altri elementi clinici e di laboratorio, in particolare il risultato della biopsia osteo-midollare.
Dal punto di vista prognostico, il significato di una forma "tripla negativa" è diverso nei vari contesti clinici; nella mielofibrosi tali forme sono state associate a una prognosi inferiore, ma l'aspetto genetico va sempre comunque contestualizzato.
Egregi Dottori,
67 anni portatore di mielofibrosi post Policitemia Vera. Assumo ruxolitinib 40 mg al giorno (20 mg al mattino e 20 mg alla sera) più, una volta al giorno la cardioaspirina da 100 mg. In questi giorni, approfittando di una offerta di un centro analisi, ho fatto l'esame degli indicatori tiroidei in particolare, FREE T3- FREET4 e TSH. I primi due parametri sono risultati nel range previsto mentre il terzo (TSH) ha un valore di 0,376 e quindi inferiore di circa 23 percento del valore minimo indicato. A tal proposito volevo chiedere se i farmaci che assumo (ruxo+cardio) possono influire sulla funzionalità tiroidea. Cordialmente.
(Riki)
Risposta
Le alterazioni della funzione tiroidea non sono tra gli effetti definiti comuni del ruxolitinib. Un ipotiroidismo subclinico è un evento piuttosto comune nella popolazione generale e merita approfondimenti specifici, indipendentemente dalla malattia ematologica.
Ho 28 anni, affetta da TE da circa 5 anni, prendo solo cardioaspirina; a Febbraio ho partorito il mio secondogenito e le piastrine durante la gravidanza si sono abbassate fino a 350 mila. Dopo c'è stata una veloce risalita e sono a quota 1121 mila, inizio ad avvertire forti dolori ossei e mal di testa. Può essere collegabile al numero di piastrine? E' normale questo repentino aumento a 4 mesi dal parto? E' auspicabile iniziare a pensare a qualche terapia?
(Marinella)
Risposta
Un abbassamento delle piastrine in corso di gravidanza è piuttosto comune, così come il ritorno a valori più elevati dopo il parto.
Alcuni disturbi che Lei riferisce potrebbero correlare con la malattia mieloproliferativa, ma è evidentemente impossibile stabilirlo a distanza, senza una visita e un'accurata valutazione di tutti gli aspetti clinici e di laboratorio.
In merito a un eventuale trattamento citoriduttivo, questo non si basa unicamente sul valore della conta piastrina ma su vari altri fattori che devono essere valutati dal Suo ematologo di riferimento
Gentilissimo buongiorno; in riferimento alla domanda del JAK2 ,quindi se ho capito bene chi ha il JAK2 mutato ha più probabilità di sviluppare trombosi?
(Davide)
Risposta
In termini generali la risposta è sì; c'è un maggior rischio rispetto ad altri tipi di mutazione. Naturalmente questo è un aspetto che l'ematologo valuta nella gestione e nel monitoraggio del paziente.
In merito al mio quesito del 16 giugno mielofibrosi e BOM specifico che non poterono eseguire la stessa per mia intolleranza al dolore. Quel che mi chiedo, visto che è fondamentale tale esame, è perché l'ematologa non chieda di ripeterla con adeguata anestesia e invece abbia un atteggiamento attendistico come detto prima.
Io non ho il coraggio di chiedere di farne un'altra perché ho paura, l'ematologa non propone. Come potrete capire sono in una fase di stallo ma mi consolo pensando che i valori sono ancora buoni. Attenderò ancora.
(Margherita Giulia)
Risposta
Il Suo stato d'animo è comprensibile, la BOM è un esame invasivo; il consiglio è comunque quello di riparlarne con la Sua ematologa e valutare insieme l'opportunità di ripetere l'esame.
Certamente il fatto che gli esami siano stabili è un elemento importante.
Qual è la differenza tra JAK2 mutato e non e se non cambia perché allora è importante?
(Davide)
Risposta
L'identificazione della mutazione di JAK2 ha prima di tutto una valenza diagnostica: insieme ai risultati degli esami ematici e della biopsia osteo-midollare stabilisce la presenza di una malattia clonale e successivamente di quale sottotipo di mieloproliferativa si tratta.
In alcuni contesti, la presenza della mutazione di JAK2 rispetto ad altri tipi di mutazione o all'assenza di mutazioni nei 3 principali geni, si associa anche a un significato prognostico, prima di tutto in termini di rischio di complicanze trombotiche.
Quindi la conoscenza dello stato mutazionale di JAK2 ha un significato importante nella gestione clinica di un paziente con malattia mieloproliferativa.
Volevo sapere se il blopresid influisce sulla emoglobina. Grazie.
(Anna)
Risposta
Il blopresid è costituito da due farmaci, di cui uno è un diuretico (idroclorotiazide). Pur non modificando a monte la produzione di emoglobina, questa categoria di farmaci può influenzare i parametri dell'emocromo e in particolare il valore di ematocrito, in quanto può mostrare la tendenza a rendere il sangue più concentrato.
Gentili ricercatori volevo chiedervi in che percentuale una persona può avere sia una malattia mieloprolifera che una trombofilia genetica?
(Anna)
Risposta
Non c'è un'interazione tra le due condizioni dal punto di vista dell'incidenza. Uno status trombofilico è determinato dalla trasmissione genetica dai genitori, è quindi presente dalla nascita e la sua incidenza è determinata appunto dalle leggi della genetica.
Le malattie mieloproliferative sono malattie acquisite (salvo una minima percentuali di casi) e la loro insorgenza può verificarsi in soggetti che abbiano uno status trombofilico come non, senza interazioni.
L'aspetto su cui interagiscono in modo sinergico è ovviamente quello di favorire entrambe lo sviluppo di complicanze trombotiche.
Quando entrerà in commercio in Puglia il medicinale Ruxolitinib per i malati di policitemia? Grazie.
(Pietro)
Risposta
Il SSN nazionale ha in corso di valutazione la pratica per la rimborsabilità del Ruxolitinib per categorie selezionate di pazienti con PV, vale a dire quelli che abbiano dimostrato una insoddisfacente risposta o una tossicità al trattamento standard con oncocarbide.
Riguardo la tempistica, non abbiamo notizie certe in merito ma la procedura potrebbe anche richiedere l'intero anno in corso.
Soffro di trombocitemia essenziale, le mia piastrine attuali sono 760 ma ultimamente si e alzato l'ematocrito 47 e ldh 543 (avuto sempre sui 200) come mai?
(Simona)
Risposta
Modifiche degli esami ematici come quelle riportate non possono essere interpretate senza un'attenta valutazione di tutti gli elementi clinici e di laboratorio, che può essere effettuata solo insieme al Suo ematologo di riferimento, che potrà prendere in considerazione l'ipotesi di esami ulteriori di approfondimento.
Salve mi chiamo Sofia, ho 33 anni (TE dal 2013) e sono alla 24-esima settimana di gravidanza, questa è la mia prima gravidanza e sono seguita solo dal ginecologo, l'ultimo mio prelievo risale al 16/5/17 e i miei RBC sono 3.69, HGB 11.7, HCT 34 e i WBC 15.4, le piastrine invece si sono abbassate a 338, ma ho letto che è normale. Vorrei chiedervi se è normale che abbia tanto dolore alla regione lombare, nonostante non abbia messo molto peso e che sia sempre molto stanca, inoltre vorrei chiedervi se nel mio caso sia meglio affrontare un parto cesario o naturale, perché ci sono diverse correnti di pensiero, grazie.
(Sofia)
Risposta
L'abbassamento dei livelli di piastrine in corso di gravidanza è comune nella trombocitemia essenziale.
In merito a dolore lombare e stanchezza, sono sintomi clinici che evidentemente non possono essere valutati a distanza, ma solo direttamente con una visita. In questi casi è utile che ginecologo ed ematologo interagiscano per una miglior gestione della paziente, anche in merito alla scelta del parto: anche per questo aspetto non esiste un'opzione migliore in assoluto, ma una valutazione caso per caso di tutti gli elementi clinici e di laboratorio.
Carissimi ricercatori sono affetto dal gennaio 2016 da mielofibrosi idiopatica - oncocarbite 1 cp al dì e duoplavin. Alla prossima visita ematologica mi è stato richiesto di presentare oltre al solito emocromo anche il lattato deidrogenasi. Potreste dirmi esattamente il significato di ciò. Cordiali saluti.
(Enzo)
Risposta
La lattico deidrogenasi (LDH) è una proteina, un enzima, presente in molti tessuti. I suoi livelli circolanti possono elevarsi in numerose malattie tra cui anche quelle ematologiche e la mielofibrosi in particolare.
Avere livelli più alti della norma nella mielofibrosi è comune; in questo ambito è un marcatore che viene seguito nel tempo, insieme ad altri indicatori della malattia.
Salve una domanda per mia nipote di 26 anni a cui è stata diagnosticata Tromocitemia essenziale.
Se esistono terapie alternative oltre l'interferone 4,5 mu che dopo circa sei mesi di trattamento sembra non fare più effetto dato che l'esame di ieri accusava 980 piastrine...
Al momento risiede a Londra ma vuole tornare in Italia per una seconda opinione. Grazie
(Paola)
Risposta
La valutazione di un singolo caso clinico, in termini di indicazione al trattamento, tipo e modalità di trattamento, stima della risposta, richiede necessariamente una visita ematologica e non può certamente essere effettuata a distanza sulla base di queste informazioni.
In generale è possibile affermare che l'interferone, nella fascia di età della paziente, è uno dei trattamenti più impiegati soprattutto per il profilo di tossicità a lungo termine e l'ottima risposta che fornisce in una frazione di pazienti, anche raggiungendo talvolta livelli profondi di risposta a livello molecolare.
Buonasera,desidererei sapere quali sono i rischi presenti e quelli futuri in una splectomia e l'aspettativa di vita dopo l'intervento. Cordiali saluti e grazie sempre per le vostre risposte.
(Salvatore)
Risposta
La splenectomia non modifica l'andamento generale della malattia di base, quindi la valutazione della prognosi rimane quella basata sulle caratteristiche cliniche e di laboratorio.
In quanto ai rischi possiamo dividerli in immediati e a medio-lungo termine.
I rischi immediati sono comunque quelli di un intervento di chirurgia addominale in laparotomia più alcuni aspetti specifici legati a complicanze emorragiche (influenzate anche dalla conta piastrinica prima dell'intervento) e trombotiche (in particolare a carico della vena splenica). Per minimizzare tali rischi e trattare le complicanze quando insorgano, è importante l'esperienza diretta degli operatori (chirurghi, ematologi e altre professionalità coinvolte) in questo campo specifico.
Una volta superata la fase post operatoria, essere privi di milza comporta un aumento del rischio di alcune infezioni batteriche. La riduzione di tale rischio passa attraverso un piano di vaccinazioni concordato prima e dopo l'intervento e un eventuale trattamento antibiotico di profilassi che va valutato caso per caso.
Buongiorno, ho 52 anni e dal maggio 2009 mi hanno diagnosticato mielofibrosi dallo striscio periferico in quanto non ho sopportato la biopsia senza anestesia (solo uno spray anestetico sul posto dove prelevare frammento osseo). Lo striscio ha rilevato globuli a goccia, anisocitosi e poichilocitosi, JAK2 positivo. Aspirato midollare ipocellulare blasti nella norma. Assenza di splenomegalia ancora oggi. Mai assunta nessuna cura tranne zyloric per modico rialzo acido urico (due volte a settimana prescritto nel 2015).
I valori ematici abbastanza nella norma . Gli ultimi ritirati ieri ve li cito: WBC 7,51 (NEUTROFILI 67,5 LINFOCITI 23,2) RBC 4,19 HGB 12,2 HCT 39,2 RDW 22,0 PLT 164.
All'inizio nel 2009 i valori erano un po' altini soprattutto globuli bianchi, ematocrito ed emoglobina (mai le piastrine sempre normali) poi con una cura di antinfiammatori (dicloreum) che feci per una brutta cervicalgia durata diversi mesi cominciarono ad abbassarsi e a stabilizzarsi (tranne i globuli bianchi) fino agli ultimi risultati.
La mia domanda è: ma è un peggioramento (forse è aumentata la fibrosi nel midollo peraltro mai diagnosticata in quanto refrattaria alla biopsia) o un miglioramento? Dovrei fare altre indagini anche genetiche per capirci meglio o devo continuare in questa fase attendistica che l'ematologa ha scelto? Grazie mille per eventuali suggerimenti.
(Margherita Giulia)
Risposta
Nella mielofibrosi in modo particolare, l'esame della biopsia ostero-midollare è fondamentale per porre la diagnosi (che si basa appunto sul rilevare la fibrosi a livello del midollo osseo) e per stabilire il grado di fibrosi, così come alcune altre importanti informazioni. Il primo aspetto quindi è quello di rivalutare l'opzione della biopsia in anestesia locale, anche per il motivo alla base: reazione allergica? Intolleranza al dolore?
I suoi ultimi esami ematici appaiono buoni, ma la loro interpretazione deve essere valutata nel tempo e non come singola determinazione.
In quanto ai test genetici aggiuntivi, la loro esecuzione può avere un significato ma certamente in un ambito di diagnostica accurata: senza la valutazione della BOM rischia invece di fornire elementi di problematica interpretazione.
Buongiorno, volevo sapere una persona con trombocitemia essenziale può donare gli organi dopo la morte? Grazie.
(Silvia)
Risposta
In presenza di una diagnosi di malattia mieloproliferativa, non è possibile fare la donazione di organi.
Nelle malattie mieloproliferative quali sonio le indicazioni alla splenectomia?
(Maria Rosa)
Risposta
La splenectomia è un'opzione terapeutica che viene presa in considerazione prima di tutto quando la milza raggiunge dimensioni notevoli (una splenomegalia cosiddetta "severa" è palpabile ad almeno 15 cm dall'arcata costale). Il secondo aspetto è quello che la milza così ingrandita produca una importante sintomatologia, che incida quindi notevolmente sulla qualità di vita, sia per disturbi da ingombro locale, che per conseguenze sull'emocromo (generalmente abbassamento dei livelli di piastrine e neutrofili). Ovviamente, oltre a tutto questo, si valuta la possibilità di una splenectomia quando tutte le terapie "mediche" (cioè i farmaci) non sono più efficaci nel ridurre o controllare il volume della milza.
Buonasera,
sono affetto da mielofibrosi post policitemia. In cura con ruxolitinib da 4 anni, 5 mg la mattina e 5 mg la sera. Da un po' di tempo si stanno abbassando le piastrine, ora a 116 e si stanno alzando i globuli bianchi ora a 18,5. Per quanto riguarda i sintomi, solo un po' di prurito. Devo preoccuparmi? Ho letto che per il passaggio ad una leucemia i blasti devono essere maggiori del 20% . Dove trovo i blasti nelle analisi dell emocromo? E' quella voce gr. cellule non col? Grazie.
(Franco)
Risposta
I blasti sono cellule di aspetto immaturo; la loro presenza deve essere valutata da ematologi esperti nella lettura morfologica di vetrini di sangue periferico e di midollo osseo al microscopio ottico. Spesso l'emocromo eseguito in laboratori periferici non esegue la lettura del vetrino e riporta unicamente le popolazioni cellulari riconosciute dalla macchina, con tutta le limitazioni del caso. Per un'accurata valutazione dei globuli bianchi e della loro composizione deve fare affidamento al Suo ematologo.
Buongiorno ricercatori, finalmente sono arrivati i risultati delle mutazioni Mpl negativo JAK2 negativo CALR negativo, vorrei capire questo risultato: conta cd34 circolanti 1.7 e, 0,02 % sosp mielofibros
(Claudio)
Risposta
La diagnosi di mielofibrosi richiede l'integrazione e l'interpretazione di vari dati clinici e di laboratorio che non è possibile valutare a distanza e che devono quindi essere valutati dal Suo ematologo. I dati che sono riportati riguardano la conta nel sangue periferico delle cellule positive per CD34, i cui valori rientrano nella normalità, e le principali mutazioni riscontrate nelle malattie mieloproliferative, nel caso tutte negative, reperto che si riscontra nel 10-15% dei casi di mielofibrosi.
Ho mielofibrosi, ogni tanto ho calore nelle gambe che dura pochissimo. Ci può essere relazione fra le due cose?
(Gianni)
Risposta
La mielofibrosi può associarsi a sintomi che vengono definiti sistemici: i più comuni sono la sudorazione profusa notturna, la febbre persistente e un calo di peso significativo. La sensazione di calore, soprattutto se molto breve, non è tra i sintomi più frequenti e può probabilmente derivare da altre situazioni, ma non è possibile escludere del tutto una correlazione con la malattia.
Gentili Ricercatori, gradirei un Vostro parere. Mi è stata diagnosticata una anemia con sideroblasti ad anello a cui si è aggiunta una piastrinosi, per mutazione MPL. Sto assumendo cardioaspirina, cicli di oncocarbide ed Eprex 40000 settimanale. La risposta ad Eprex è buona, anzi l'emoglobina tende a superare il valore 12 fino ad arrivare a 13. Dopo aver letto il "bugiardino",ho iniziato a preoccuparmi anche se l'ematologo che mi segue non ha dato importanza al fatto. Posso avere il Vostro parere? Grazie.
(Lella)
Risposta
L'aumento di emoglobina in corso di trattamento con eritropoietina va interpretato positivamente perché esprime una buona risposta alla terapia; come per molti farmaci, il dosaggio può essere poi modulato e l'ematologo che La segue potrà valutare questo aspetto nell'ambito del Suo quadro clinico.
Sono affetto da PV JAK2+ da 15 anni, da 7 anni in trattamento con oncocarbide 3 cps al giorno, plavix, salassi periodici, terapia per ipertensione. Volevo sapere se l'insorgere di micosi all'inguine e ai piedi, e la comparsa di piorrea, possono essere causate dalla terapia in atto. Cordiali saluti.
(Giuseppe)
Risposta
Va premesso che è molto difficile stabilire una correlazione a distanza tra un farmaco e un potenziale effetto collaterale, soprattutto in caso di problematiche cliniche relativamente comuni nella popolazione generale come micosi cutanea e malattia parodontale; direi comunque che non sono tra gli effetti più comuni, seppure l'idrossiurea abbia evidentemente una certa tossicità cutanea.
Buon pomeriggio! Vi chiedo se la riduzione della carica allelica(JAK2) può avvenire senza assunzione di farmaci, in modo spontaneo. Trombocitemica con elevata carica allelica. Grazie per il lavoro svolto a favore dei malati, per la prevenzione, per tutto quanto fate.
Risposta
La carica allelica di JAK2 può subire delle modifiche nel tempo anche indipendentemente dall'impiego di una terapia. Questi cambiamenti devono sempre essere interpretati, per il significato che possono avere, nel contesto fornito dal quadro clinico e degli altri esami di laboratorio.
Policitemia vera trattata da 2 anni con oncocarbide, a mio avviso con scarsi risultati, ho ancora una media di 4 salassi/anno, e mi si è sviluppata una fastidiosa rosacea al volto. Perché, in alternativa non pensare di passare a RUXOLITINIB? Grazie.
(Maurizio)
Risposta
La risposta e la tolleranza all'idrossiurea, che certamente include anche il numero di salassi in un anno, deve essere attentamente valutata da parte del Suo ematologo.
L'impiego del Ruxolitinib in una situazione di non risposta diventerà probabilmente una possibilità terapeutica per la policitemia vera nell'arco di alcuni mesi ma di nuovo il suo impiego deve essere valutato caso per caso per misurare bene i possibili benefici e gli eventuali svantaggi.
Perdonatemi, in che senso a fronte del JAK neg?
(Francesco)
Risposta
Se il riferimento è alla seguente risposta data in precedenza:
"Nonostante la normalità degli esami e il fatto che siano passati alcuni anni, in effetti non è possibile escludere del tutto la possibilità di una malattia mieloproliferativa. Certamente una biopsia del midollo osseo potrebbe aiutare nella diagnosi ed è ciò che si consiglia a fronte della negatività di mutazioni per JAK2"
il significato è "anche in caso di negatività per la mutazione di JAK2"
Siete a conoscenza di casi di PV con remissione completa? Ci sono dati/segni clinici nel corso della malattia che fanno predire una prognosi più favorevole? Infine, se si tratta di mutazione JAK2, perché insorge anche in età più avanzata?
(Fabrizio)
Risposta
La policitemia vera può ottenere la remissione completa quando il trattamento impiegato si rivela particolarmente efficace con netta riduzione fino anche alla non rilevabilità della mutazione di JAK2. E' poi difficile dire quanto questa risposta possa durare nel tempo.
Un minore livello quantitativo del gene mutato è un fattore prognostico maggiormente favorevole, soprattutto sull'andamento generale della malattia.
La mutazione classica di JAK2 non si eredita dalla nascita, insorge in un certo momento della vita, mediamente nell'età più avanzata, e quindi porta alle manifestazioni di malattia.
Tre anni fa ho avuto trombosi vena porta JAK2neg sono affetto da trombofilia omozigote x paura nonno fatto siringa midollare; secondo voi dopo tanto tempo e tutte analisi nella norma posso ancora avete il dubbio di qualche malattia mieloprolifera?
(Francesco)
Risposta
Nonostante la normalità degli esami e il fatto che siano passati alcuni anni, in effetti non è possibile escludere del tutto la possibilità di una malattia mieloproliferativa. Certamente una biopsia del midollo osseo potrebbe aiutare nella diagnosi ed è ciò che si consiglia a fronte della negatività di mutazioni per JAK2.
Ho avuto trombosi vena porta ho una trombofilia omozigote, con milza leggermente ingrossata può essere stata la trombosi a farmi ingrandire la milza?
(Jessica)
Risposta
La trombosi della vena porta può comportare ingrandimento della milza; in assenza di altre alterazioni di laboratorio o strumentali, è verosimile che la splenomgalia sia una conseguenza della trombosi.
Sono in terapia con oncocarbide per trombocitemia essenziale da dieci anni, mi è stato proposto un trattamento con camera iperbarica per un problema all'udito. Ci sono controindicazioni?
(Francesco)
Risposta
L'idrossiurea non rappresenta una contro-indicazione di per sé alla ossigenoterapia iperbarica.
Buongiorno stimatissimi studiosi. Intanto molte grazie per le vostre esaustive spiegazioni.
Sto per affrontare il 46° ciclo di azacitidina. Poiché, mio malgrado la policitemia è evoluta 4 anni orsono in Anemia refrattaria areb 1. SONO IN REMISSIONE COMPLETA DA QUATTRO ANNI. Vorrei sapere da voi se posso espormi al sole, dopo aver terminato il ciclo di azacitina. In proposito soffro anche di fibrillazione atriale parossistica. Uso in CORDARONE però tale buon medicinale mi ha provocato una ipotiroie in cura con EUTIROX 75. L'endocrinologo mi riferisce che dovrò prendere per sempre tale medicinale (previo controlli TSH).
IN ULTIMA ANALISI vi chiedo gentilmente, se l'azacitidina può favorire anche i disturbi alla tiroide.
Grazie molte per le vostre PUNTUALI SOLERTI spiegazioni, che rendono a noi ammalati un migliore decorso... SALUTI
(Salvatore)
Risposta
In merito alla terapia con azacitidina e l'esposizione al sole, non sono descritti effetti comuni del farmaco che rendano maggiormente sensibili alla luce solare; detto questo è comunque sempre consigliabile adottare protezioni elevate. Allo stesso modo, non esistono dati evidenti su un legame diretto tra azacitidina e disturbi tiroidei.
Buonasera, un leggero ingrandimento della milza cioè 12,6 è associato sempre alle analisi alterate?
(Franca)
Risposta
Un leggero ingrandimento della milza può non avere un significato di rilievo, anche se va comunque controllato nel tempo, e non è sempre associato ad alterazioni degli esami ematici.
Gentilissimi Ricercatori, grazie per il vostro impegno e per la qualità delle risposte.
I dubbi sono molti e molteplici i quesiti. Scusateci.
Considerato che nella PV i salassi, prescritti in una prima fase, spesso non rimuovono il problema, che bisogna necessariamente ricorrere all'idrossiurea che agisce soprattutto sui sintomi, perché non ricorrere al Ruxolinitib, già in uso in USA e in Europa, farmaco più efficace, che controlla meglio l'ematocrito e allontana i salassi? In Italia quanto tempo dobbiamo attendere per poterne usufruire?
Per accorciare i tempi di un decorso lento ma, inesorabilmente, progressivo della malattia, non sarebbe meglio ricorrere, nella terapia di prima linea, all'Interferone pegilato essendo esso classificato, nelle linee guida, come farmaco di prima scelta, il più efficace fino ad oggi, che agisce sulla malattia, facendola, talora, regredire totalmente? In Italia è assunto solo da pazienti in protocollo di studi o affetti da altre patologie, disgraziamente: è ancora in fase sperimentale? Ma nel lontano 2011 l'ematologo Prof V.Martinelli appoggiò una paziente nel suo ricorso art 700 contro l'ASL per ottenere il pegilato e l'ottenne. Non è una contraddizione questa vittoria giudiziaria?
E' un diritto di noi malati conoscere con chiarezza le motivazioni dell' AIFA di non inserire anche il pegilato interferone come farmaco nella cura della Polcitemia? Auspichiamo che gli ultimi farmaci di maggiore efficacia siano in breve a disposizione dei malati e che si ignorino i DANNI ECONOMICI che il mancato uso delle attuali terapie creerebbe alle Case Farmaceutiche. Purtroppo in Italia siamo costretti a far cattivi pensieri.
In attesa, con tanta stima, vi saluto
(Fabiano)
Risposta
Il SSN nazionale ha in corso di valutazione la pratica per la rimborsabilità del ruxolitinib che, secondo le approvazioni sia della FDA americana che della EMA europea, verrà concesso presumibilmente, ma a categorie selezionate di pazienti con PV, cioè quelli che abbiano dimostrato una insoddisfacente risposta o una tossicità al trattamento standard con oncocarbide. Lo studio che ha portato all'approvazione del farmaco per la PV è stato condotto su questa categoria di pazienti, e l'indicazione al trattamento non può e non deve essere allargata automaticamente a tutti i pazienti con PV. Almeno finché un nuovo studio clinico non ne abbia dimostrato il vantaggio rispetto alla terapia convenzionale. Gli studi clinici controllati sono effettuati con l'intento di valutare in maniera accurata e, appunto, controllata (cioè scevra da qualsiasi interpretazione forzata), la efficacia e la sicurezza di un farmaco. Sono condotti nell'interesse del paziente (oltre che, ovviamente, della company che produce il farmaco e che effettua gli studi per poter avere l'approvazione, una volta che efficacia e sicurezza siano stati dimostrate) sopratutto per escludere possibili tossicità, a breve e lungo termine, e quindi considerare globalmente vantaggioso l'uso del farmaco. Poiché questi dati NON SONO disponibili per tutti i pazienti con PV ma solo per quelli già trattati con oncocarbide, l'uso indiscriminato del ruxolitinib è assolutamente da bandire, oltre, naturalmente, a non essere consentito dalle norme dello Stato per la rimborsabilità.
Considerazioni del tutto analoghe valgono per l'interferone pegilato. Ci sono studi clinici controllati in corso, e dobbiamo attendere i risultati di questi prima di poter affermare che l'interferone sia migliore della idrossiurea. I dati preliminari non sembrano, oltretutto, totalmente in questa direzione. Ad esempio, in uno studio a lungo termine di recente pubblicato dal gruppo del MD Anderson, Houston, si è osservato che l'interferone non previene la progressione della malattia a mielofibrosi o a leucemia, e anche le trombosi sembrano essere simili ai pazienti trattati con oncocarbide. Quindi si dovrà valutare bene la tossicità, potenzialmente anche grave, che l'interferone può causare in alcuni soggetti, prima di considerarlo il farmaco di prima scelta. E' possibile che alcune molecole più nuove siano più vantaggiose. Ma anche in questo caso, servono gli studi, ed i medici sanno bene che è preferibile inserire un paziente in uno studio controllato, che potrà produrre risultati validi e utili per tutti, piuttosto che trattare isolatamente questo o quel paziente con questo o quel farmaco.
Assumo cardioaspirina e 2,5 mg al giorno di abilify possono causare un valore alto dei leucociti pari a 12000?
(Roberta)
Risposta
Un valore di leucociti a 12.000 è un incremento lieve che può dipendere da molte cause anche non farmacologiche; l'aspirina generalmente non determina aumento del valore dei leucociti; abilify appartiene a una categoria di farmaci che possono dare (come effetto collaterale) più una riduzione dei leucociti che un loro aumento.
Buongiorno, sono una signora di 38 anni affetta da 5 (durante la seconda gravidanza) da trombocitemia essenziale. Ultima cura per abbassare le piastrine è stata xagrid, per circa un anno, sospeso ora da due mesi. Le piastrine si erano ben abbassate ma ho notato anche un abbassamento dell'emoglobina e dei globuli rossi; secondo la mia ematologa è un abbassamento che ho avuto anche precedentemente, però dalle ultime analisi si riscontra un aumento, sto raggiungendo i valori minimi. Xagrid può dare di questi problemi? Grazie.
(Rosa)
Risposta
I farmaci per controllare la trombocitemia essenziale, tra cui lo Xagrid, possono dare abbassamenti anche degli altri valori del sangue, che però possono anche dipendere da oscillazioni nell'andamento della malattia o dipendere da cause concomitanti, che la Sua Ematologa certamente valuterà.
Buongiorno e grazie per la vostra veloce risposta, ultima cosa vi chiedo: se c'era una probabile malattia mieloproliferativa gli esami, che come ripeto sono ottimi, non sarebbero altri?
(Lina)
Risposta
La trombosi della vena porta deve portare ad escludere, tra le altre eventuali cause, anche una possibile malattia mieloproliferativa sottostante, talvolta anche senza alterazioni degli esami del sangue.
Per indagare questo sospetto, generalmente vengono effettuati alcuni esami su sangue periferico e comunque un monitoraggio ambulatoriale per valutare l'andamento degli esami nel tempo. Tenga comunque conto che circa un quarto dei casi di trombosi della porta rimangono senza una causa evidente.
Buonasera gentili dottori,
mio marito nel 2015 ha avuto trombosi vena porta JAK2 negativo, gli hanno riscontrato una trombofilia e prende cumadin; ogni 6 mesi effettua analisi che escono perfetti, secondo voi è possibile che una trombofilia gli abbia potuto recare una trombosi vena porta? Grazie.
(Lina)
Risposta
La trombofilia ereditaria include diverse possibili mutazioni (esempio mutazione fattore V Leiden, mutazione gene protrombina, deficit proteina C, deficit proteina S ecc) ciascuna associata a un diverso rischio trombotico (anche in base alla presenza in eterozigosi o omozigosi). A ciò bisogna aggiungere il fatto che magari il paziente con trombofilia ereditaria ha fattori di rischio acquisiti aggiuntivi (esempio fumo, sovrappeso, ipertensione ecc).
Per valutare una trombosi portale è necessario considerare tutti questi elementi.
Salve,
è possibile sapere quando verranno messe in rete le registrazioni della Settima Giornata Fiorentina dedicata ai pazienti con malattie mieloproliferative croniche?
Grazie.
(Massimo)
Risposta
Le presentazioni e le registrazioni effettuate durante la Settima Giornata Fiorentina dedicata ai pazienti con malattie mieloproliferative croniche saranno disponibili sul sito http://www.mpn-florence.com/2017/ entro i prossimi due mesi.
Buongiorno,
devo effettuare prossimamente una BOM per rivalutazione midollare e vorrei sapere a che valori deve essere l'INR, assumendo io coumadin per pregressa trombosi splenica. Sono affetto da mielofibrosi. Grazie.
(Andrea)
Risposta
Deve sentire gli ematologi che la seguono e che le faranno la valutazione midollare dato che in alcuni centri la terapia non viene modificata, in altri coumadin viene sostituito con eparina temporaneamente.
Egregi ricercatori, ho 65 anni affetta da trombofilia genetica; a seguito mal di testa l'ematologa mi ha prescritto la risonanza magnetica alla testa ed ecco il risultato: "UNICO PUNTIFORME FOCOLAIO IPERINTENSO NELLE SCANSIONI A TR LUNGO DISPOSTO IN SEDE SOTTOCORTICALE NEL GIRO FRONTALE INFERIORE DI DESTRA, A CARATTERE ASPECIFICO, IN POSSIBILE RAPPORTO AD ESITO GLIOTICO VASCOLARE". Desideravo sapere da voi che significa perché l'ematologa mi ha prescritto PRISMA 50 mattina e sera e cardioaspirina a pranzo con protettore gastrico dopo qualche mese ho avuto forti bruciori allo stomaco acidità e dolore. Ho sospeso la cardioaspirina e l'ha sostituita con PLAVIX poi IBUSTRIN TICLKID ho cambiato anche le protezioni gastriche ma tutto come prima. Ho fatto la gastroscopia ed è risultato ernia iatale e reflusso ma non l'elicobacter e allora l'ematologa mi ha sospeso qualsiasi aggregante e mi ha dato solo il PRISMA 50 mattina e sera ora io vi chiedo gentilmente va bene cosi o devo prendere l'antiaggregante ma se non lo tollero che devo fare? Mi basta solo il PRISMA? Sono molto confusa, io vi ringrazio anticipatamente per la risposta che mi darete.
(Lella)
Risposta
La scelta della sua terapia va discussa di comune accordo tra ematologo neurologo Gastroenterologo in base alla trombofilia ereditaria che lei ha, in base al significato che il neurologo ha attribuito alla lezione riscontrata in Rmn e in base al rischio di emorragia gastrica stimato dal Gastroenterologo.
Esiste la sindrome di Gaisbock? Se sì, qual è il dato/i sostanziale/i che permette diagnosi differenziale con la PV?
(Fabrizio)
Risposta
Si tratta di una eritrocitosi relativa legata a una riduzione del volume plasmatico (in tal caso quindi la massa eritrocitaria è normale). Per la diagnosi differenziale è importane la valutazione clinica (anamnesi, stress, ipertensione, obesità) e l'esclusione dei criteri tipici della pv come la presenza delle mutazioni di JAK2.
Buona sera ricercatori. Milza 23 cm, biopsia midollo probabile mielofibrosi primaria JAK2 negativo, HCV+in attesa, Carl+MPL WBC. 3.24 RBC 3.47 HB 9.6. Cordiali saluti.
(Claudio)
Risposta
La scelta terapeutica non può prescindere dalla valutazione globale del paziente. Una milza così voluminosa fa pensare alla necessità di una terapia citoriduttiva ma per decidere sarebbe necessario avere a disposizione il quadro clinico completo (età, stato mitazionale, score prognosi ecc.).
Affetto da MF da 2016 con infarto al miocardio pregresso assumo oncocarbide 1cp, duopavin 1 cp, atorvastatine 1cp. A seguito di una caduta mi sono procurato un piccola frattura composta al V metatarso. Al pronto soccorso dopo l'ingessatura mi hanno prescritto 1 fl di CLEXANE al dì. Premetto che il mio cardiologo ha dato il suo assenso. Vi sarei comunque grato farmi sapere se queste fiale possano arrecare danno alla mia MF. Grazie mille.
(Enzo)
Risposta
L'eparina non può sicuramente creare problemi alla mielofibrosi. Vi può essere un rischio emorragico legato al fatto che lei assume un antiaggregante e ora le è stato dato anche un anticoagulante. L'importante è che il cardiologo sia stato avvisato e abbia dato il suo consenso.
Vi ho scritto in data 8 maggio corrente per avere un parere, risposta ricevuta. Ho fatto emocromo il giorno 22 cm WBC 34.80 PLT 327 RBC 3.06 HGB 9.6 HCT 31. Ho espresso al mio ematologo preoccupazione di queste analisi che continuano ormai da mesi ad essere piottosto variabili chiedendo perché non fare un controllo del midollo ed eventualmente iniziare una cura con oncocarbite.
Risposta: i valori non sono ancora così gravi da cambiare cura; mi hanno dato terapia aggiuntiva di una pasticca al giorno di acido folico ed una puntura di dopetin da 5000 una volta a settimana, ritornando a visita fra 4 settimane. Vorrei avere il vostro parere.
Inizio a pensare di fare una visita alternativa ma ho il dubbio di non comportarmi in modo corretto. Grazie della vostra infinita pazienza.
(Vincenzo)
Risposta
Una adeguata scelta terapeutica non può prescindere dalla valutazione del paziente e della sua storia clinica.
Se non è convinto può chiedere un secondo parere
Bravissimi, siete la nostra speranza. Grazie per il vostro impegno costante e altamente meritevole. Gradirei una risposta esaustiva ai seguenti quesiti.
PharmaEssentis eAOP Orphan hanno richiesto alla FDA degli Stati Uniti e all'Agenzia europea(EMA) l'approvazione dell'uso dell'IFN-alfa pegilato nel trattamento della PV? Detto farmaco ha efficacia e tollerabilità, è autorizzato in Europa, negli,USA, in Australia ma in Italia no. Perché?
E'necessario che la malattia progredisca, che il malato peni di più per ottenere la grazia della concessione dell'uso? O si deve espatriare anche per il diritto alla salute? Sorge il sospetto che questa situazione sia dovuta ad oscuri interessi economici. Se il SSN non può soppportare la spesa, perché non lo rende prescrivibile anche se non rimborsabile? A quale centro fuori dall'Italia consigliate di rivolgersi? Da molto si parla degli effetti benefici del farmaco rispetto a quello convenzionale.
In attesa di sincera risposta Vi saluto con tanta stima.
(Domenico)
Risposta
In base alla mia conoscenza pegIFN non è approvato da nessuna parte per il trattamento della PV. Sono in corso trial clinici; solo nel caso questi dimostrassero una efficacia del farmaco sarà possibile chiedere approvazione FDA.
L'interferone non peghilato è approvato in Italia secondo indicazione allargata (legge 648) per la trombocitemia essenziale non per la policitemia vera.
Sono affetto da PV JAK2+ in trattamento da circa sette anni con oncocarbide, il dosaggio è andato aumentando gradualmente negli anni fino ad arrivare ad assumere a tutt'oggi oggi 3 cps al giorno, in più assumo anche plavix 1 cps al giorno ed effettuo comunque sallassi al bisogno. Da qualche mese si sono formate delle striature nere ai pollici e indici delle mani a agli alluci dei piedi, con un notevole aumento del prurito, costringendomi ad effettuare lunghi cicli di cortisone. Vorrei sapere da cosa dipende il colorito delle unghie e come posso controllare meglio il prurito. Un cordiale saluto.
(Giuseppe)
Risposta
Le striature verticali nere delle unghie sono un effetto collaterale di idrossiurea osservato soprattutto in chi assume terapia da lungo tempo. Si tratta però solo di un problema di tipo estetico. Il prurito probabilmente è accentuato dalla sideropenia indotta dai salassi. Alcuni pazienti riferiscono un beneficio sul prurito con l'assunzione di antistaminici o con l'esposizione solare (da eseguire con fotoprotezione).
Neoplasia renale + surrene omolaterale in monorene. Policitemia (rossi e piastrine). Siete a conoscenza se tali neoplasie possono produrre policitemia con eritropoietina nella norma?
(Fabrizio)
Risposta
Le neoplasie renali possono associarsi a eritrocitosi paraneoplastica per inappropriata secrezione di eritropoietina. Ci si aspetterebbe un aumento dei livelli di epo.
Nella PV, vi è una relazione diretta come possibile causa di ipertensione arteriosa? Immagino che il cuore debba generare più pressione nei vasi per spingere il sangue meno fluido in avanti. Scusate la mia sfacciataggine, ma sono affetto da PV e con pressione art difficilmente trattabile.
(Fabrizio)
Risposta
Valori di ematocrito elevati possono associarsi ad un valore pressorio aumentato. A volte i salassi migliorano sia l'ematocrito che il livello di pressione arteriosa. Tuttavia le cause di ipertensione possono essere svariate.
Egregi ricercatori. Ho 72 anni con MF dal gennaio 2016 JAK2- asintomatico. Desidero avere dei consigli riguardo l'esposizione al sole per me che assumo giornaliermente 1 cp di oncocarbide, 1cp duoplavin e 1cp di atenololo. Un saluto affettuoso.
(Enzo)
Risposta
L'esposizione al sole diretta in corso di terapia con idrossiurea va evitata per il rischio di basaliomi. Si consiglia fotoprotezione.
A proposito di una domanda sugli ematomi da trauma in soggetti con PV in trattamento con cardioaspirin o similari, una risposta amplificata è dovuta più ai farmaci o alla malattia?
(Daniele)
Risposta
Sia il conteggio piastrinico elevato che l'assunzione di antiaggreganti possono aumentare il rischio emorragico.
Soffro di mielofibrosi, per tre anni ho preso oncocarbide che mi ha provocato ulcere agli arti inferiori. Adesso sto assumendo jakavi ma la mia gamba ha problemi venosi. Lo scorso anno mi è stata diagnosticata erisipela. Volevo sapere se anche in questo caso la colpa è da assoggettare al farmaco. Premetto che io prendo il coumadin per trombosi della vena porta e da poco ho sospeso inderal per verificare alcuni sintomi. In attesa di una vostra risposta vi invio distinti saluti.
(Patrizia)
Risposta
Mentre è riconosciuto un ruolo di idrossiurea nel causare ulcere cutanee, è difficile dire da cosa dipenda l'insorgenza di una erisipela. Diversi fattori potrebbero avere contribuito: stato di immunodepressione legato alla mielofibrosi, aumentato rischio infettivo da ruxolitinib, stasi venosa ecc..
Policitemia con eritrociti e piastrine. E' descritto che la sopravvivenza mediana dopo i 60 anni è 14 anni. Presumo in pazienti omogenei sia per valori emocromo, terapia, che per eventuali altre patologie concomitanti. Nella mediana dei gruppi studiati, quanti sono stati i pazienti sopravvissuti più a lungo? Vi è una correlazione tra la sopravvivenza più lunga e le caratteristiche in generale della policitemia?
(Fabrizio)
Risposta
La sopravvivenza a cui lei si riferisce è tratta da un lavoro di Tefferi (Blood 2014). 14 anni è riferito alla intera casistica,
non solo ai maggiori di 60 anni.
Nel lavoro non vengono precisate le caratteristiche cliniche dei lungo sopravviventi.
In primis un cordiale saluto a voi tutti per la disponibilità. Ho 50 anni e sono affetto da PV JAK2+ dal 2003, bypass coronarico nel 2010, attualmente in trattamento con oncocarbide 3c. al dì, plavix, terapia per ipertensione, corlentor 2c. al dì, zyloric. Effettuo salassi periodici in quanto solo con le compresse non riesco a mantenere HCT basso, da qualche mese a questa parte ho iniziato a sentirmi sempre più stanco, ho più fastidio alla milza, ed il prurito è diventato quasi ingestibile, alcuni valori dell'emocromo si sono modificati: RBC da 6.0 a 4.5, WBC da 12.0 a 4.0, piastrine da 400 a 180, HGB da 15 a 12. Considerato che da anni i miei valori, nonostante l'assunzione di oncocrbide e i salassi, sono sempre stati quelli alti descritti in precedenza, il mio quesito è questo: potrebbe essere in atto una trasformazione della PV? Quali sono i segnali quando si diventa intolleranti all'oncocarbide? Cordiali saluti.
(Peppe)
Risposta
Potrebbe provare a ridurre il dosaggio di idrossiurea. Se i valori continuano a calare nonostante la riduzione della posologia sarebbe utile ripetere una valutazione midollare con biopsia ossea.
Ho 49 anni, in trattamento con cardio per PV da 4 anni. Lunedi scivolando mi sono procurato un versamento nel gomito che mi è stato aspirato il primo giorno ed inciso il secondo. Fasciato con benda compressiva, oggi mi accorgo che verso la spalla oltre alla linea della fasciatura c'è un nuovo ematoma con gonfiore. Lunedi vedrò l'ortopedico per togliere il bendaggio. Devo fare qualcosa o aspetto lunedi?
(Giancarlo)
Risposta
Premesso che non è possibile prescindere dalla valutazione clinica del paziente, data la patologia ematologica e l'assunzione di aspirina si consiglia di prendere contatto con il proprio medico per valutazione obiettiva.
69 anni.Policitemia vera diagnosticata recentemente. Pregressa TVP polpaccio. In terapia con clexane 6000/die, aspirinetta, salassi e oncocarbide da 7 gioni. Nefrectomia 10 anni fa per nodulo rene. Riscontro recente di nodulo rene superstite e 2 adenomi surrene omolaterale. Ipertensione art. refrattaria a terapia piena. In corso studio asse aldosterone/renina. Come regolarsi con i farmaci per l'intervento di asportazione nodulo rene e surrenalectomia?
(Fabrizio)
Risposta
La gestione dei farmaci in corso di intervento deve assolutamente essere gestita dai medici che la seguono per la malattia e ematologica in accordo con i chirurghi e non può certamente essere indicata via internet.
Gentilissimi ricercatori,
può essere questa una mia impressione personale ma può darsi che sia la ricerca che le sperimentazioni in atto da qualche anno stanno deludendo un po' le aspettative? Le grandi speranze degli anni 2010-2011 (anni della mia diagnosi di PV) sembrano all'improvviso svanite. Il Jakavi ha un po' deluso le aspettative, un po' per il suo scarso effetto sulla mutazione JAK2 un po' per la sua non rimborsabilità in Italia per PV fino ad oggi... Sto vedendo un po' di delusione tra molti di noi pazienti, pensare che con gli investimenti fatti nelle sperimentazioni per il Jakavi si è riusciti a creare una cura di seconda linea della quale almeno i nostri colleghi europei riescono a beneficiare per 5-6 anni. La sperimentazione del fedratinib che è crollata ed il momelotinib che sembra anche essere gravato da effetti collaterali abbastanza pesantucci. A mia conoscenza per la PV abbiamo ancora la sperimentazione del ropeg che può avere buon esito per gli effetti collaterali ridotti ma verosimilmente anche per ciò toccherà aspettare altri 2-3 anni finché sarà in commercio. Molti esperti hanno parlato di un futuro roseo per noi malati di MPN ma in tanti siamo diventati scettici e abbiamo l'impressione che il trapianto potrebbe in futuro avere un più ampio spazio anche in pazienti con malattia meno avanzata.
Grazie mille del vostro supporto!
(Luca)
Risposta
La commercializzazione di un farmaco molecolare a distanza di 10 anni dalla definizione del bersaglio molecolare è un successo nell'ambito della ricerca anche se per i pazienti può sembrare un tempo estremamente lungo. La casa farmaceutica ritiene che nel corso del 2017 ruxolitinib dovrebbe diventare rimborsabile da parte di AIFA anche per la policitemia vera refrattaria o intollerante a idrossiurea. Siamo in attesa di sapere esattamente quando ciò avverrà.
Buongiorno, ho chiesto le sperimentazioni dell'imetelstat, del prm 151 e del pacritinib ma non mi è stato detto dei risultati fin qui ottenuti né se ci sono centri in Italia in cui si sta effettuando la sperimentazione. Grazie.
(Salvatore)
Risposta
Rispondo in merito al mio centro (Pavia): nessuna di queste sperimentazioni è al momento attiva presso il centro di Pavia.
Salve, qualcuno conosce la interconnessione fra cancro e omega3? Ho chiesto notizie al professor ongaro e al sito https://3omega3.it ma non ho ricevuto ancora risposta. Vi ringrazio!
(Alessandro)
Risposta
Vi sono alcuni dati preliminari in letteratura circa il possibile ruolo protettivo degli omega3 su alcuni processi neoplastici per il loro effetto antiinfiammatorio.
Buonasera, desidero sapere a che punto è la sperimentazione dell'imetelstat, del prm 151 e del pancribinib e con quali risultati, se ci sono sperimentazioni in Italia e in quali centri. Grazie.
(Salvatore)
Risposta
La sperimentazione con pacritinib era stata sospesa da fda nel 2016, è ripartita quest'anno con un nuovo studio attualmente in corso.
La sperimentazione con imetelstat è stata sospesa nel 2017, in base ai dati dell'interim analisi si deciderà se riprenderla o meno.
Lo studio prm151 è ancora in corso.
Oggi poteva esporre tutti i suoi dubbi alla giornata dei pazienti con mpn organizzata a Firenze dal prof Vannucchi.
Ragazzo di 30 anni circa, in terapia con cardioaspirin in seguito ad ischemia che non ha causato danni. Di notte suda a profusione. Che tipo di approfondimento deve effettuare? Ematologico? Grazie
(Francesco)
Risposta
Le sudorazioni notturne possono essere un sintomo sistemico di malattie ematologiche per cui potrebbe essere utile una valutazione ematologica. Tuttavia esistono altre possibili cause per cui sarebbe bene consultare prima il proprio medico per eseguire alcuni esami ematochimici generali.
Buongiorno, vorrei iscrivermi alla giornata di domani ma non trovo il link per l'iscrizione. Posso farla anche da qui? Grazie mille.
(Francesco)
Risposta
Settima giornata fiorentina per pazienti con MPN. Si seguito il link:
http://www.mpn-florence.com/2017/
Buongiorno ricercatori,
ho effettuato in passato delle ecografie con misura della milza intorno ai 12 cm (la misura nei vari laboratori risulta compresa tra 12,8 cm e 13 cm) ad oggi il valore è sempre lo stesso. Mi sono sottoposta ad analisi, dove tutti i risultati sono nella norma. Durante gli esami c'è chi mi parlava di splenomegalia e invece chi mi diceva che queste dimensioni possono essere considerate normali. Il mio medico mi ha fatto eseguire anche una BOM per capire se vi fosse qualche causa nascosta, ma i risultati sono stati negativi.
Quello che vorrei sapere, una milza di circa 13 cm è da considerarsi come splenomegalia? Potrebbe nascondersi qualche causa, che ad oggi con le normali tecniche non riusciamo ad individuare?
Vi ringrazio per l'attenzione e vi invio i miei più vivi ringraziamenti per tutto ciò che fate.
(Clara)
Risposta
In assenza di anomalie emocromocitometriche una milza di 12,8-13 cm non dovrebbe destare particolari sospetti.
L'esecuzione della biopsia osteomidollare è forse stata un eccesso. Potrebbe essere utile semplicemente un monitoraggio ecografico annuale per escludere un eventuale incremento volumetrico della milza.
Buongiorno, mio padre è affetto da leucemia linfoblastica acuta con cromosoma philadelphia +, ha fatto trapianto allogenico da donatore famigliare, il 28 febbraio tt ora ricoverato per la riattivazione del citolomegavirus con n di copie 60.000, trattato con cymevene, con effetto resistente, da 2 settimane lo stanno trattando cn il foscavir, ci sono stati dei miglioramenti le copie sono scese velocemente fino a n di copie 18, vuol dire che il farmaco era stato efficiente, ma poi nel giro di pochi gg sn tornate a n.100copie, sinceramente questa cosa mi scoraggia perché i valori stanno precipitando gb 1100. Neutrofili 800, sono preoccupata, perché questo farmaco è anche tossico per il midollo, e devo continiare per forza cn qst farmaco perché è l'unico altro al cymevene, io volevo sapere se c'è qualche altro farmaco innovativo, che possa combattere qst virus. Grazie mille
(Francesca)
Risposta
Il sito è dedicato alle neoplasie mieloproliferative.
Buongiorno!
Sono affetta da trombocitemia essenziale da 11 mesi, in cura con Oncocarbide e Ibustrin, però da un paio di mesi sul tronco mi è uscita la orticaria la Pele viene come la carta vetro; sono stata anche da un dermatologo per vedere di cosa di tratta. Mi ha consigliato le creme idratante. Però tutti giorni devi mettere la crema se no rivene la orticaria. La mia domanda è per caso sono le medicine che mi porta il disturbo? Grazie mille.
(Anisoara)
Risposta
Idrossiurea può causare effetti collaterali a livello cutaneo (fino a comparsa di ulcere perimalleolari nei casi più gravi). Se il disturbo è comparso dopo l'inizio della terapia con idrossiurea ne discuta con gli ematologi che la seguono.
Globuli rossi 3.5,1 emoglobina 10.6, ematocrito 33.0, piastrine 421, globuli bianchi 39.84, queste sono le ultime analisi fatte presso il centro mandelli il 02/05/2017 dove dal 2010 sono seguito dal dott. Breccia per policitemia vera jak-2 V617F positivo; ho 70 anni, non prendo oncocarbide e non faccio salassi da molti anni. Alla mia domanda come evolve la malattia vengo rassicurato che non è ancora necessario passare al chemioterapico. La mia condizione generale è buona, non presento disturbi particolari quale prurito o astenia. La milza mi dicono che è ancora distante dal costato di circa 2 cm. Avrei piacere di avere un vostro parere. Grazie.
(Vincenzo)
Risposta
Considerato il quadro emocromocitometrico da lei riportato (leucocitosi spiccata) e l'età (superiore a 60 anni) potrebbe essere utile considerare une terapia citoriduttiva, previa rivalutazione midollare.
Buongiorno, sono affetto da TE in evoluzione a PV e da circa un anno faccio dei salassi ogni due mesi per ematocrito superiore al 45%. Tempo fa vi avevo chiesto un parere relativamente al fatto che quando vado a correre sento molto la stanchezza (3/4 volte la settimana per un allenamento circa di un ora durante la quale riesco a fare 11 km con una media di 5' 40'' a km). A tal proposito, poiché l'astenia l'avverto solo sugli arti inferiori mentre non ho assolutamente problemi di fiato, vorrei capire se ciò è comunque relativo alla malattia oppure il fatto è dovuto ad altra causa. Dagli ultimi esami che ho fatto mi è stato riscontrato che il valore dell'omocisteina è alto. Siccome ho letto che questo tipo di valore contribuisce all'astenia, potrei sperare che nel caso riuscissi a normalizzarlo, non avere più questo fastidio alle gambe? Grazie.
(Antonio)
Risposta
Il valore di omocisteina deve essere abbassato perché costituisce un fattore di rischio trombotico. Non credo potrà modificare il sintomo. 11 km sono parecchi per cui è normale che causino un senso di pesantezza alle gambe. Se il disturbo dovesse accentuarsi consulti il suo medico per eventuali approfondimenti (esempio ecodoppler, dubito però che con una trombosi e/o con una arteriopatia riuscirebbe a fare 11 km 4 volte alla settimana). Non conosco la sua età ma consiglio una visita cardiologica con Ecg da sforzo data la patologia in anamnesi prima di svolgere attività sportiva intensa.
Sto usando pomalidomide per MM chiedo se contemporaneamente potrò usare per un basalioma della pelle imiquimod. Grazie.
(Giuseppe)
Risposta
Il sito è dedicato alle neoplasie mieloproliferative.
Soy un paciente que tiene mielofibrosis reciente post policitemia vera. Estoy siendo tratado con Jakavi. Todos los sìntomas han desaparecido. El bazo ha disminuido un 40%. Mi pregunta es que estudios resultan è más esperanzadores? Y hasta cuando puede durar el efecto de jakavi? Leo mucho de esperanzas de vida diversas. Se puede vivir muchos años con mielofibrosis?
(Francisco)
Risposta
La durata dell'effetto di jakavi non è prevedibile. La sopravvivenza mediana dipende dallo score ipss (calcolato in base a età, emoglobina, leucociti, sintomi, blasti).
Mieloma multiplo. La cura con revlimid mi crea diarrea alquanto fastidiosa, consigli?
(Roberto)
Risposta
Il sito è dedicato alle neoplasie mieloproliferative di cui il mieloma non fa parte.
Gentili ricercatori,
ho avuto diagnosticato nel lontano 2004 la trombocitemia essenziale, un anno prima della scoperta delle implicazioni della mutazione V617F di JAK2 nelle MPN.
Troppo tempo è passato da allora in termini di decorso clinico della mia TE JAK2 positiva, ma da quando ho letto notizie sulla tecnica genetica CRISPR-CAS9, ho pensato che prestissimo sarebbe stato possibile correggere la mutazione V617F di JAK2 e risolvere definitivamente un problema grave per milioni di persone nel mondo.
Però nella vostra risposta (19 aprile 2017 - ore 11:06) ho letto: "E' già stato possibile ottenere in vitro la correzione della mutazione V617F di JAK2 utilizzando il sistema crispr-cas9 in cellule umane mutate, ma al momento non sembra ipotizzabile nel breve-medio termine un utilizzo di questo sistema in ambito terapeutico"
Dato che questa tecnica è estremamente selettiva e solo le cellule malate sarebbero colpite e sanate, la domanda è: cosa impedisce di impiegare subito questo sistema in ambito terapeutico umano? Grazie mille.
(Luigi)
Risposta
La metodica a cui lei si riferisce è una metodica di ingegneria genetica. Tagliare un gene e reinserirlo nella versione corretta non è così banale come si potrebbe pensare. Ci potrebbero essere effetti off target se il taglio non avviene in posizione corretta; ciò per esempio potrebbe causare l'insorgenza di nuove mutazioni.
Salve, ho contratto trombocitosi da circa 5 anni. Oggi la conta piastrinica indica 940.000. Il gene JAK2 non è mutato. Come cura prendo cardioaspirina ogni giorno e folidex a giorni alterni. In seguito ad una forte tonsillite, il medico mi ha indicato di fare un esame per mononucleosi. Il risultato è VCA IgG 4,48 e VCA IgM 0,19. Secondo voi cosa vuol dire? E ci può essere una correlazione tra trombocitosi e mononucleosi magari contratta in passato senza che me ne accorgessi?
L'assunzione giornaliera di cardioaspirina e folidex a giorni alterni secondo voi va ancora bene? Altri valori del sangue: Hgb 13.1, Hct 39.8, Gamma gt 103, transaminasi gpt/alt 50. Il resto nella norma. Grazie. Saluti
(Antonio)
Risposta
Da quanto riportato (trombocitosi isolata che perdura da 5 anni) sembrerebbe che la diagnosi sia trombocitemia essenziale, anche se la trombocitosi descritta potrebbe essere attribuibile anche ad una mielofibrosi prefibrotica. La negatività della mutazione di JAK2 e l'assenza di altre informnazioni non permette di essere più precisi. Riguardo i valori di anticorpi descritti, in mancanza dei valori di riferimento del laboratorio presso cui sono stati eseguiti, si può dire che vi è stata un'infezione da EBV e che quindi sia possibile che il paziente abbia o abbia avuto una mononucleosi. Attualmente non vi sono evidenze che la mononucleosi e la trombocitemia essenziale possano essere correlate.
Per quanto si evince dai dati forniti, la terapia con la cardioaspirina sembra appropriata, mentre quella con l'acido folico andrebbe considerata nel quadro generale delle condizioni cliniche del paziente delle quali non si ha notizia nella mail.
Buongiorno,
sono affetto da Mielofibrosi alto rischio. Effettuato trapianto due anni fa ma purtroppo la malattia si è ripresentata dopo 1 anno. In attesa del secondo trapianto. Da dicembre a seguito di una polmonite assumo INTERFERONE e due pastiglie di oncocarbide. Da circa 1 mese ho problemi all'occhio destro in quanto la lacrimazione manca e provoca bruciore ed arrosamaento e da qualche settimana il valore del potassio nel sangue è aumentato. I dottori non sono allarmati né per l'occhio né per il potassio quindi deduco che siano effetti collaterali del medicinale non troppo rilevanti. Vorrei la vostro opinione. Grazie.
Risposta
E' possibile che i disturbi all'occhio che lei riferisce siano imputabili ad un effetto collaterale dell'interferone, meno probabilmente ad effetto dell'oncocarbide. In effetti la situazione non sembra allarmante ma la mancanza di dettagli più precisi non permette di dare un giudizio definitivo. Per quanto riguarda l'aumento della potassiemia, esso è molto probabilmente da imputare ad altre cause; dalla sua mail non è chiaro quanto il potassio sia aumentato e questo rende difficile giudicare l'importanza clinica di tale aumento.
Gentili ricercatori,
vi scrivo solo per ringraziarvi, perché qualche anno fa in un momento molto difficile per mia mamma, dandomi le giuste informazioni, avete fatto sì che potessimo metterci in contatto con dei grandi professionisti, quali il Prof.Vannucchi e la Dott.ssa Pieri, che hanno seguito mia madre in questi anni. Purtroppo però da poco è venuta a mancare.
Vi auguro di cuore buon lavoro e spero che quanto prima si possa trovare una cura alla mielofibrosi. Grazie.
(Stefania)
Gentili ricercatori, con riferimento alla vostra risposta del 25 aprile, quali sono le mutazioni aggiuntive che sarebbe opportuno ricercare in una Mielofibrosi post TE con presenza di blasti nel sangue periferico e nel midollo? E in quali centri ematologici è attualmente possibile effettuare tali analisi? Grazie mille.
(Donatella)
Risposta
I geni di rilevanza prognostica coinvolti comprendono: ASXL1, EZH2, IDH1 e 2, SRSF2; la ricerca delle mutazioni di questi geni viene attualmente svolta presso il Centro per la Ricerca ed Innovazione delle Malattie Mieloproliferative dell'Ospedale Careggi di Firenze. I dettagli per contattare il centro sono reperibili sul sito AGIMM.
Gentili ricercatori,
vi posso chiedere come mai in pazienti affetti da TE e/o PV non vengono proposte di fare anche le mutazioni aggiuntive oltre a quelle driver per avere un quadro più completo per la gestione della malattia? Ho letto che ci sono diverse mutazioni che potrebbero avere rilevanza nella trasformazione ematologica della patologia e forse si potrebbero prevenire alcune problematiche in merito.
Grazie mille del vostro preziosissimo lavoro.
(Luca)
Risposta
Accanto alle mutazioni cosiddette "driver", cioè quelle a carico dei geni JAK2, CALR e MPL, è possibile identificare, nei pazienti con mielofibrosi, policitemia vera o trombocitemia essenziale, anche altre mutazioni che coinvolgono molti altri geni e sono presenti con frequenze diverse fra loro. Nel caso della mielofibrosi, la presenza di alcune di queste mutazioni può avere un significato prognostico e pertanto può condizionare certe scelte terapeutiche. Nel caso della PV e dell'ET il quadro è meno definito e, pur riscontrandosi mutazioni aggiuntive a quelle driver in alcuni pazienti e pur essendo in alcuni casi le stesse mutazioni che si trovano nella mielofibrosi, non si hanno ancora a disposizione dati certi che permettano di attribuire alla presenza di queste mutazioni un significato prognostico sicuro. Di consegnuenza esse non vengono cercate routinariamente nella quotidiana pratica clinica ed hanno importanza al momento soprattutto nel campo della ricerca.
Gentili ricercatori vorrei chiedervi se ci sono controindicazioni all'uso del viagra prendendo il jakavi 20 mg due volte al giorno, l'oncocarbide (solo 2 pillole alla settimana) e la cardioaspirina giornaliera. Ho la mielofibrosi e la sarcoidosi. Vi ringrazio.
(Elio)
Risposta
Pur non escludendo la possibilità di un uso occasionale del viagra, bisogna tuttavia considerare una serie di fattori che esulano anche dal campo ematologico e che sarebbe il caso venissero valutate dal suo medico di base, che certamente conosce in modo più approfondito le sue condizioni cliniche generali, eventualmente sentendo anche il parere di un cardiologo (il farmaco ha effetti sul sistema cardiovascolare) e di un urologo (col quale chiarire la causa della disfunzione per la quale lei vuole assumere il farmaco).
7 anni fa mi hanno diagnosticato la trombocitemia essenziale con marcatori negativi, 1 anno fa mi hanno detto, tramite un altra bom, che ho una mielifibrosi prefibrotica, sempre con i tre marcatori negativi, emocromo sempre buono a parte le piastrine intorno a 550000. Che differenza c'è fra la prima è la seconda diagnosi?
(Fulvio)
Risposta
Si tratta di due malattie appartenenti allo stesso gruppo, cioè alla malattie mieloproliferative croniche Ph-negative; può capitare che una mielofibrosi prefibrotica sia inizialmente diagnosticata come trombocitemia essenziale, poiché clinicamente possono essere molto simili. Tuttavia dal punto di vista anatomo-patologico vi sono differenze che permettono ad un patologo esperto di porre la diagnosi correttamente in seguito ad un attento esame del vetrino della biopsia ossea. Pur avendo una presentazione clinica molto simile e spesso un trattamento simile, soprattutto nelle fasi iniziali, le due malattie hanno un decorso che nel medio-lungo termine si differenzia, sia in termini di trattamento che di prognosi. Potrà discutere in maggior profondità questi aspetti col suo ematologo di fiducia, che ha certamente una conoscenza molto più dettagliata del suo caso clinico di quella da lei riportata nella sua mail.
Buongiorno, ho 53 anni e nel febbraio del 2016 mi è stata diagnosticata la policitemia vera, attualmente eseguo una terapia con solo salassi e cardioaspirina; volevo sapere se potevo prendere occasionalmente Tadafil oppure sildenafil. Grazie.
(Carlo)
Risposta
L'uso di questi farmaci non ha controindicazioni assolute nei pazienti affetti da policitemia vera nei quali l'ematocrito sia costantemente tenuto al di sotto della soglia del 45% ed in cui anche gli altri valori dell'emocromo sono normali. Naturalmente valgono anche per questi pazienti le controindicazioni o le cautele nell'uso che valgono per i soggetti sani, per cui, per questi aspetti, è opportuno consultare il proprio medico curante.
Gentili ricercatori,
in rete si trovano alcune informazioni relative al Crispr Cas9 che sta per essere impiegato nei primi studi sull'uomo. E' verosimile che la procedura possa essere utile anche nelle nostre patologie (MPN) e in caso di risposta affermativa quanti anni di studio saranno o sarebbero necessari?
Potrebbe esserci il potenziale per sconfiggerle definitivamente? Grazie mille.
(Luca)
Risposta
Attualmente l'impiego del sistema crispr-cas9 per apportare modifiche/correzioni al genoma è in una fase ancora iniziale, seppure i risultati sono incoraggianti e vi sono state le prime applicazioni nell'uomo. Sebbene il campo principale di applicazione sia, nell'immediato, quello delle malattie genetiche ereditarie è possibile ipotizzare anche un applicazione nel campo delle malattie dovute a mutazioni di un gene acquisite come nel caso delle malattie mieloproliferative croniche Ph-negative. In questo senso, è gia' stato possibile ottenere in vitro la correzione della mutazione V617F di JAK2 utilizzando il sistema crispr-cas9 in cellule umane mutate, ma al momento non sembra ipotizzabile nel breve-medio termine un utilizzo di questo sistema in ambito terapeutico.
Egregi Dottori,
66 anni portatore di mielofibrosi post policitemia vera. Attualmente assumo Ruxolitinib (20 mg x 2 pro die). Volevo chiedere se è normale che il farmaco agisca soltanto, seppur molto lentamente, sulle dimensione della milza mentre, non ha alcun effetto sulla riduzione dei globuli rossi (7,82) e bianchi (20,4) che risultano sempre alti. Questo fa si che periodicamente devo sottopormi comunque al salasso per ridurre l'ematocrito.
Vorrei chiedervi, inoltre, a che punto sono gli studi sul farmaco momelotinib e se sono previsti arruolamenti di pazienti. In caso affermativo sarei interessato tenendo conto però che sono residente a Torino.
Grato per la Vostra consueta disponibilità vi saluto cordialmente.
(Riki)
Risposta
Il ruxolitinib ha come effetto principale quello di ridurre le dimensioni della milza nei pazienti con splenomegalia associata a mielofibrosi. E' inoltre efficace nel riduure e controllare i sintomi sistemici ed il prurito. Fra gli effetti collaterali, fra gli altri, è noto che vi possa essere anemia, quindi riduzione dell'emoglobina, leucopenia e piastrinopenia. Tuttavia non è detto che questo si verifichi costantemente e pertanto il mancato effetto sui suoi valori di emoglobina e globuli bianchi non deve sorprendere.
Per quanto riguarda il momelotinib, al momento non sembra vi siano studi aperti all'arruolamento. Gli studi condotti finora non sembrano prospettare la possibilità di una sua autorizzazione all'uso per la cura della mielofibrosi.
Paziente di anni 43 affetto da policitemia vera già da 7 anni residente in provincia di Viterbo e vostro assiduo fan già da 6 anni, vi auguro davvero di tutto cuore una buona e splendida Pasqua e pasquetta a tutti voi e che nessuno si senta escluso. Per me gli ANGELI DELLA RICERCA devono essere sempre ringraziati con vero e grande affetto, anche perché con tutti i consigli che sapete darci a tutti noi e soprattutto con i tanti dubbi che noi malati abbiamo le vostre delucidazioni sono sempre vere e soprattutto sempre esaustive.
Detto questo, mentre per noi con la PV il target di ematocrito indipendentemente dall'età deve essere mantenuto entro il 45%, per voi invece cari dottori i ringraziamenti devono essere mantenuti entro un target di > 100% indipendentemente dall'età!
Senza il vostro aiuto IO e penso anche tutti gli altri saremmo in forte difficoltà più di quella che già abbiamo. GRAZIE SEMPRE DI TUTTO CUORE.
(Massimo)
Buona Pasqua, di vero cuore, a tutti voi.
(Salvatore)
Preg.mi Ricercatori, torno a scriverVi in relazione alla "Risposta al ruxolitinib e durata della terapia (11 aprile 2017 - ore 19:48)". Vi chiedo se per un paziente che ha un'alterazione dell'ASXL1 esone12, che assume da 39 mesi il ruxolitinib stessa dose(30 mg al dì), il contenuto della Vs. risposta al suddetto quesito, è uguale.
Grazie sempre. E ancora... i più sentiti AUGURI DI BUONA PASQUA PER TUTTI VOI!
(Ernesto)
Risposta
Sostanzialmente la risposta data in precedenza vale anche per lei. Grazie per gli auguri a nome di AGIMM.
Buongiorno dottori, volevo chiedervi se c'è correlazione tra crampi muscolari ai polpacci e mielofibrosi!
(Roberta)
Risposta
Capita non infrequentemente che pazienti affetti da mielofibrosi riferiscano crampi muscolari, specie notturni e specie agli arti inferiori. Escludendo altre possibili cause di crampi, è possibile che essi siano associati alla mielofibrosi, soprattutto in pazienti anemici. In questi casi la causa dei crampi è da individuare nell'anemia, che spesso accompagna la malattia.
Salve, sono un ragazzo di 29 anni. Dopo normali controlli del sangue, a causa di un ematocrito di 48%, ho fatto controlli più approfonditi e ho scoperto di avere la mutazione del gene JAK2 v617f. Mi è stata quindi diagnosticata la Policitemia Vera, senza aumento di dimensioni della milza e attualmente sono in trattamento con la cardioaspirina. Ripetendo più volte i controlli, il mio ematocrito si attesta sempre sui valori di 47/48%.
Il centro ematologico che mi sta seguendo mi ha proposto di entrare nel protocollo sperimentale che prevede interferone alfa pegilato. Mi sono documentato online ed ho trovato sul vostro sito un articolo del Luglio 2013 (https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/23782935 ) in cui c'è scritto che la reazione all'interferone dipende dalle mutazioni somatiche di altri geni coinvolti probabilmente nella malattia e che nel caso queste mutazioni fossero diffuse il trattamento con interferone potrebbe non avere successo e addirittura generare ulteriori mutazioni.
Volevo sapere quali sono, ad oggi, i rischi effettivi del trattamento con l'interferone alfa pegilato e se, avendo io solo 29 anni, mi converrebbe aspettare che magari fra un paio d'anni esca una terapia migliore. Nel caso quali sarebbero le controindicazioni che riguardano l'evolversi della malattia, se aspettassi ad esempio 2 anni trattando quest'ultima con cardioaspirina e salassi quando necessari, nell'attesa di una terapia migliore?
Tenendo conto della mia età cosa mi consiglia di fare?
(Ricky)
Risposta
Da quanto riportato nella sua mail, lei è un paziente giovane con PV classificabile a basso rischio e come tale andrebbe trattato con aspirina a basse dosi e con salassi per mantenere l'ematocrito < 45%. Da quanto si arguisce dalla mail, probabilmente i soli salassi non riescono a garantire questo obiettivo e le è stata quindi proposta una terapia con peg-interferon all'interno di un trial clinico, visto che in Italia il farmaco non è disponibile per questa malattia. Gli effetti collaterali della terapia con peg-interferon sono meno frequenti e spesso meno intensi di quelli con l'interferone tradizionale, ed includono fra i più comuni disturbi auto-immuni, sintomatologia simil-influenzale, disturbi a carico dell'occhio e sindrome depressiva di variabile entità. In effetti è descritta la possibilità che la presenza di certe mutazioni aggiuntive renda la terapia poco efficace; d'altro canto, al momento, l'interferone è l'unico farmaco in grado di determinare in maniera sostanziale una risposta molecolare, cioè ridurre o, in alcuni casi eliminare le cellule JAK2 mutate. Tornando al suo caso, l'opportunità di entrare in un trial con peg-interferon non deve essere sottovalutata anche in considerazione della sua giovane età e del fatto che è poco probabile che nel giro di 2 anni, come lei dice, sia resa disponibile una terapia più efficace. Tuttavia, non vi è al momento una chiara indicazione che la terapia con interferone sia la prima scelta per il suo caso e lei può comunque scegliere di andare avanti per il momento con aspirina e salassi eseguiti con frequenza tale da mantenere l'ematocrito al di sotto del 45% evitando i più comuni fattori di rischio cardiovascolari quali il fumo, i livelli elevati di colesterolo, la pressione arteriosa elevata, ecc.
Gentili ricercatori,
Vi seguo da tanti anni ormai e state facendo un lavoro immenso per trovare una o più soluzioni contro queste malattie e Vi ringrazio di cuore per tutti gli sforzi. Si parla tanto di farmaci innovativi tra i quali gli inibitori JAK2, il ropeginterferone ed altri ancora nella fase iniziale di sviluppo.
Ci sono al momento farmaci come ad esempio l'Alisertib che viene studiato da Tefferi o l'Idasanutlin nella sua fase 1 nella TE e PV che potrebbero avere un potenziale di guarigione o perlomeno di stabilizzazione delle patologie?
Siete dell'avviso che le MPN sono il risultato di una costellazione di mutazioni particolari o pensate che esista una mutazione ancora "non scoperta" che porta alle seguenti mutazioni (JAK2, MPL, CALR ed altri)?
Grazie sempre
(Luca)
Risposta
Vi sono attualmente diversi farmaci nuovi in sperimentazione, fra cui anche quelli citati, per i quali si nutre la speranza che siano efficaci per la risoluzione di alcuni sintomi e problemi legati alla malattia mentre, per quanto riguarda farmaci che possano guarire la malattia, le possibilità terapeutiche sono al momento assai limitate. In generale per questi nuovi farmaci essi sono attualmente valutati in studi cosiddetti di fase 2, cioè studi riservati a piccoli gruppi di pazienti e quindi ancora abbastanza preliminari per stabilire con certezza l'efficacia e la sicurezza di questi nuovi farmaci. E' pertanto necessario attendere ancora diversi mesi prima di poter dare dati certi sulla possibilità di impiego di questi farmaci in un largo numero di pazienti.
Per quanto riguarda le mutazioni, ve ne sono alcune, come quelle a carico dei geni JAK2, CALR e MPL che sono determinanti nel contribuire alla genesi della malattia ed altre, a carico di altri geni come per esempio EZH2, ASXL1 o IDH1 e 2, che sono importanti nel condizionare la prognosi della malattia. E' certamente possibile che una o più mutazioni a carico di altri geni, non ancora compresi fra quelli già noti, possano in futuro essere individuate, chiarendo ulteriormente i meccanismi responsabili per la comparsa di queste malattie.
Preg.mi e Gentili Ricercatori, Vi scrivo per chiederVi, nell'ambito dell'esperienza di tutti i protocolli ruxolitinib posti già in essere, quali e quanti (in percentuale) sono i pazienti che continuano la terapia del ruxolitinib con una diagnosi MF2 post PV, e soprattutto, il tempo e la durata di cura dei pazienti più anziani che contiuano ad assumere, senza sospenderlo, il ruxolitinib.
Grazie Sempre!
(Ernesto)
Risposta
Nei pazienti con mielofibrosi, inclusi quelli con forme secondarie a PV, la percentuale di risposta al ruxolitinib, intesa come riduzione del volume splenico di almeno il 35% entro un anno dall'inizio della terapia si aggira attorno al 30%, a seconda dei vari studi, ed arriva al 50% circa per la risposta valutata a qualsiasi tempo dall'inizio della terapia. Al momento vi sono pazienti che assumono ruxolitinib da più di 8 anni, mantenendo la risposta, sempre intesa come una milza di volume inferiore almeno del 35% rispetto al volume prima di inziare la terapia.
Gentili ricercatori buonasera.
Affetto da PV da 11 anni (età 64) Emocromo: wbc14.5 rbc6.23 hb13.3 hct46.8 plt313, in terapia con cardioaspirin, oncocarbide e salassi al bisogno, nel corso della malattia i vari ematologi che mi hanno seguito mi hanno sempre prescritto la pratica del salasso per mantenere il valore dell'ematocrito infeiore a 46 a differenza di quanto indicato da sempre nel vostro sito dicasi inferiore a 45; mi domando quale può essere la spiegazione a tale, anche se minima, differenza.
Assumo oncocarbide da dicembre 2012, modulando la dose 1-2 cp. al giorno al bisogno e da qualche mese a seguito impianto 2 denti provvisori, in corrispondenza degli stessi nel cavo orale sulla guancia mi è comparsa una chiazza rossa ruvida non dolorosa verosibilmente ad un afta e mi chiedo se dovuta all'oncocarbide; nel tal caso quale evoluzione possibile e quali provvedimenti assumere?
Infine per ultimo vorrei sapere se ci sono delle linee guida per la PV e come consultarle.
Nel ringraziarvi immensamente per la cortese risposta cordialmente vi saluto.
(Paolo)
Risposta
Pur essendo apparentemente "minima" la differenza fra 46 e 45 di ematocrito, i dati riportati nella pubblicazione scientifica che ha studiato questo aspetto della malattia indicano chiaramente che il valore "target" dell'ematocrito, da ottenere con salassi e/o tarpia citoriduttiva, è pari o inferiore al 45%. Pertanto, bisognerebbe avere questo valore come obiettivo del trattamento del paziente.
Per quanto riguarda la lesione della mucosa della guancia in corrispondenza dei 2 denti impiantati di recente, sarebbe prima di tutto opportuno far valutare dallo specialista odontoiatra se non vi sia un problema di mal posizionamento dei due denti, tale per cui siano essi la causa della lesione semplicemente per un danno meccanico.
Infine, non vi sono linee guida, nel senso stretto del termine, per la PV. Tuttavia, sono disponibili nella letteratura scientifica delle rassegne molto esaurienti e scritte da esperti del settore che descrivono come i pazienti con questa malattia devono essere trattati sulla base delle convinzioni e dell'esperienza degli esperti stessi e di quanto riportato dalla letteratura scientifica internazionale. Sempre sul sito Agimm può trovare, nella sezione "news" delle informazioni al riguardo.
Buongiorno, a seguito di diagnosi incerta tra TE e Mielofibrosi prefibrotica vorrei sapere quali sono i centri specializzati per il riconoscimento della patologia reale. Grazie e buon lavoro.
(Lucia)
Risposta
Per una diagnosi differenziale corretta fra le due patologie è necessaria la revisione del vetrino della biopsia ossea da parte di un patologo esperto. Pertanto, per risolvere questo problema, può rivolgersi ad uno dei Centri di Firenze, Bergamo o Pavia che trova riportati sulla home page del sito "progettoagimm.it".
Chi ha la trombocitosi essenziale potrebbe avere difficoltà a rimanere incinta?
(Stefy)
Risposta
Nella paziente con trombocitemia essenziale vi è una maggiore difficoltà al concepimento e soprattutto a portare a termine la gravidanza. Tuttavia, chiedendo al proprio ematologo ed in collaborazione col ginecologo è possibile monitorare correttamente la gravidanza e con le opportune precauzioni portarla a termine senza problemi.
Ho fatto le analisi del sangue ed è risultato la ferritina a 475 e il ferro a 50, come interpretare questo risultato anomalo? Grazie!
(Luigi)
Risposta
Gent. sig. Luigi,
con delle informazioni così succinte è difficile rispondere in modo esauriente. Che valore ha l'emoglobina? Qual è il volume globulare? Da che cosa è affetto?
Buonasera, ho 52 anni mi è stata riscontata la policitemia vera; attualmente ho una forte otite lo specialista mi ha segnato del cortisone "medrol" con posologia di una pasticca ogni 12 ore per 4 gg.
Volevo sapere se potevo eseguire la terapia in relazione alla mia patologia.
Sicuro di una vostra risposta porgo cordiali saluti.
(Stefano)
Risposta
Considerata la breve durata della terapia corticosteroidea che le è stata proposta, può assumerla come consigliato dallo specialista otorinolarimgoiatra.
Buongiorno Egr. ricercatori,
ho letto su una rivista di ematologia che le fasi della PV sono tipicamente tre, si passa da una fase di eritrocitosi alla fase vera e propria che caratterizza la PV.
Volevo porvi una domanda, nella fase eritrocitosi sono già presenti i marker JAK2 (ESONE 12 o 14)? O questa fase è solo rappresentata da un aumento dei GR senza altri segnali che possano presuppore una PV? O di solito la eritrocitosi nella fase iniziale è accompagnata da altri valori ematologici e/o patologici?
Vi ringrazio anticipatamente per la risposta e sopratutto al Vostro immenso contributo alla ricerca. Un caro saluto Massimo da Messina
(Massimo)
Risposta
La mutazione del gene JAK2 è riscontrabile fin dall'inizio della malattia e non dipende dalla fase evolutiva della stessa. La eritrocitosi con cui la malattia esordisce può essere isolata o, più spesso, accompagnata da altre alterazioni dell'emocromo quali ad esempio leucocitosi e/o piastrinosi.
Trombocitemia essenziale in cura con aspirinetta e oncocarbide. In caso di raffreddamento o influenza posso assumere aspirina, FANS o tachipirina?
(Alfredo)
Risposta
In linea di massima non ci sono problemi nell'assumere della tachipirina. Anche per un FANS assunto sporadicamente non vi è controindicazione seppure la concisione della storia clinica riferita non permette di dare un giudizio assoluto.
In cura da 38 mesi con jakavi per una mielofibrosi post-policitemia, da qualche mese i valori dell ematocrito sono meno stabili. I globuli bianchi sono saliti da 9 a 14, i globuli rossi stabili a 4.9, emoglobina salita a 15, e piastrine invece scese di poco, ora a 125. La percentuale di cellule non col.(credo siano i blasti) sono al 3,7%. Assumo 5 mg la mattina e 5 mg la sera. Possibile che la risposta al farmaco si stia via via esaurendo?
(Franco)
Risposta
Da quanto riportato nel suo messaggio non è possibile dire se sia in atto una perdita di efficacia o della risposta al farmaco: infatti la modifica dei parametri ematochimici da lei descritta non permette di dare una risposta. Per valutare la eventuale perdita di risposta sarebbe necessario sapere quali siano le dimensioni della milza attuali e quali prima di iniziare il farmaco, nonché sapere se siano comparsi o ricomparsi sintomi sistemici e prurito.
Salve, sono un uomo di 36 anni con diagnosi di PV, al momento solo salassi all'occorenza e cardioaspirina, nessun sintomo né splenomegalia.
Discutevo con il mio ematologo circa la possibilità, a seguito del completamento della fase 3 del trial interferone vs l'oncocarbide (e chiedo lumi a voi circa la presunta data di termine trial) di inizare la cura con il pegilato, piuttosto che con oncocarbide.
Resto infatti stupito, nei forum o nelle stesse giornate fiorentine, di imbattermi in 30/40enni bombardati da onco: comprendo che i rischi di evoluzione in leucemia acuta siano valutati su 10/15 anni e siano discordanti, ma mi rendo anche conto che l'aspettativa di vita di un paziente under 40 con PV e TE, studi alla mano, può estendersi nell'arco di due/tre decenni e oltre... come si può allora procedere già con questa terapia? Date le numerose eccellenze italiane nel settore, perché non redigere delle chiare linee guida sia per le diagnosi controverse che per le terapie da attuare alle quali debbano attenersi tutti gli ematologi italiani? Grazie.
(Paolo)
Risposta
Al momento, considerando l'assenza di sintomi, l'anamnesi muta per eventi tromboembolici e la giovane età, trovo corretto il trattamento con i soli salassi al bisogno e la cardioaspirina. L'inizio di una eventuale terapia con interferone pegilato oltreché non immediatamente necessario resta una valida alternativa all'oncocarbide, specialmente in pazienti giovani; tuttavia in Italia tale farmaco non è disponibile, al di fuori di trial clinici, per la cura della policitemia vera.
Riguardo la redazione di specifiche linee guida per la diagnosi e la terapia va detto che per la prima esistono i criteri WHO 2016 mentre per la seconda, pur non esistendo vere e proprie linee guida, esistono criteri largamente condivisi su quando iniziare ed a chi riservare la terapia citostatica, nell'attesa che sia possibile prescrivere mediante il SSN anche altri framaci efficaci quali l'interferone o il ruxolitinib.
Buongiorno, sono un uomo di 58 anni e lo scorso anno mi è stata diagnosticata una sindrome mieloproliferativa non classificata con JAK2 positivo. Mi sottopongo ogni tre mesi ad analisi del sangue presso il centro specializzato che mi segue e lo scorso anno ho fatto la biopsia del midollo. In genere le piastrine sono intorno a 700.000, GB 9, ematocrito 48-49, emoglobina 15-16. Sono considerato a basso rischio (pressione arteriosa, cuore, colesterolo, omocisteina tutti normali) e assumo solamente cardioaspirina. Ho letto però che superati i 60 anni non si è più considerati a basso rischio e si diventa automaticamente a rischio medio oppure alto. Questo vuol dire che non appena avrò compiuto i 60 anni dovrò assumere necessariamente delle terapie citoriduttive? Oppure, se i vari parametri rimangono gli stessi, per qualche anno ancora potrò assumere unicamente la cardioaspirina?
Grazie molte e complimenti per le vostre attività!
(Lorenzo)
Risposta
In effetti, il raggiungimento di un'eta' di 60 anni cambia la catergoria di rischio, da basso ad alto, in particolare nelle policitemie vere e nelle trombocitemie essenziali. Nel suo caso si tratta di una sindrome mieloproliferativa non classificabile ma con mutazione di JAK2 e conta piastrinica relativamente elevata. E' quindi indicato, al raggiungimento dei 60 anni iniziare la terapia citostatica.
Salve sono un un uomo di 68 anni, affetto da trombocitemia essenziale diagnosticata da circa un anno prendo due compresse di oncocarbite al giorno ma le mie piastrine stazionano sempre tra 650000 e 850000; vorrei sapere un vostro parere come mai non scendono a valori normali, inoltre, è da una settimana mi si stanno gonfiano le gambe, vorrei sapere se è un effetto del farmaco.
(Vinincio)
Risposta
Gent. sig. Vinincio,
il valore delle sue piastrine è effettivamente sopra la norma, tuttavia considerando la dose di oncocarbide che sta assumendo non credo valga la pena, considerando i possibili effetti collaterali, aumentare la posologia per cercare di ridurre il valore delle piastrine. I valori attuali non rappresentano una condizione di rischio maggiore di quella che avrebbe con piastrine più basse. Nessun rapporto invece fra gambe gonfie e farmaco: per questo problema si rivolga al suo medico di base.
Cordiali saluti
Soffro di acidi urici, sto assumendo allupurinolo ma non mi fa nessun effetto, dopo due o tre mesi mi ritorna il doloroso male all'ucce; potrei sapere cosa mangiare e se c'è un farmaco che mi possa tenere basso il valore dell'acido urico dato che mi hanno detto che in America esiste un farmaco nuovo per gli acidi urici che non danneggia i geni. Grazie sono abbastanza giù di morale per questa situazione perché mi danneggia molto sul mio lavoro.
(Alberto)
Risposta
L'allopurinolo è un farmaco in grado di abbassare l'acido urico. Spesso va preso in maniera continuativa per tenere sotto controllo i valori. Il dosaggio di farmaco va modulato in base alla funzionalità renale. In alternativa, per quanto riguarda la terapia orale per abbassare l'acido urico, esiste un farmaco che ci chiama febuxostat.
Da un punto di vista alimentare è consigliabile limitare il consumo di carne rossa, insaccati, tonno, crostacei. E' raccomandabile assumere abbondante acqua.
Buon giorno gentili ricercatori, vi prego cortesemente di darmi informazioni, ove possibile, in merito alle nuove terapie allo studio condotte in Italia per la mielofibrosi post PV in alternativa a Ruxolotinib o in combinazione con il citato farmaco e quali sono i risultati ottenuti al momento.
Vi ringrazio e scusandomi per il disturbo porgo cordiali saluti.
(Paolo)
Risposta
Per quanto riguarda gli studi di combinazione con dei dati preliminari si rimanda alla sezione "Aggiornamento dai congressi" (colonna a destra nella homepage del sito AGIMM), 57° Congresso dell'American Society of Hematology (Orlando, FL. 5-8 dicembre 2015): Studi sulla terapia delle MPN Ph-.
Aggiornamenti in occasione del 58° Congresso dell'American Society of Hematology (San Diego, CA. 3-6 dicembre 2016):
Ruxolitinib + Azacitidina (Daver et al, ASH 2016): sono stati presentati i dati relativi a 44 pazienti arruolati in uno studio di combinazione con Ruxolitinib e Azacitidina. Venivano inclusi nello studio pazienti con Mielofibrosi con malattia caratterizzata da score DIPSS intermedio-1, intermedio-2 o alto, non precedentemente trattati con Ruxolitinib o Azacitidina. Una qualunque risposta secondo i criteri dell'IWG-MRT è stata riscontrata nel 72% dei pazienti [2 pazienti (7%) hanno avuto una risposta parziale, i restanti responder hanno avuto risposte di qualità inferiore]. A 24 settimane di trattamento nel 48% dei pazienti si assisteva ad una riduzione superiore al 50% della splenomegalia. Il 25% delle risposte secondo i criteri IWG-MRT si è verificata dopo l'aggiunta di Azacitidina, suggerendo un possibile ruolo di tale farmaco nel migliorare le risposte cliniche. Gli eventi avversi sono stati simili a quelli osservati con Ruxolitinib monoterapia. E' stata osservata una trasformazione leucemica nell'11% dei pazienti.
Gli studi di combinazione (Ruxolitinib + altro farmaco) attualmente attivi sono i seguenti (in prevalenza risultati non ancora disponibili):
- Ruxolitinib e Lenalidomide +/- Prednisone, arruolamento chiuso (Stati Uniti).
- Ruxolitinib e Talidomide, attivo (Stati Uniti).
- Ruxolitinib e Pomalidomide, attivo (Germania).
- Ruxolitinib e Peg-interferone alfa-2a, attivo (Francia).
- Ruxolitinib e Vismodegib (Erivedge), attivo (Firenze, Torino, Varese nella fase 2).
- Ruxolitinib e Decitabina nel trattamento delle fasi accellerate di o dell'evoluzione leucemica post neoplasia mieloproliferativa cronica, attivo (Stati Uniti).
- Ruxolitinib e Decitabina nel trattamento della leucemia acuta mieloide (nella fase 2 dello studio vengono inclusi solo pazienti con leucemia acuta mieloide post-neoplasia mieloproliferativa cronica o post-MPN/MDS), attivo (Stati Uniti).
- Ruxolitinib e INCB050465, attivo (Stati Uniti).
- Ruxolitinib e Pracinostat, attivo (Stati Uniti).
- Ruxolitinib e Danazolo, arruolamento chiuso (Stati Uniti). Dati preliminari non particolarmente significativi.
- Ruxolitinib + TGR-1202 (inibitore di PI3K delta) - attivo (Stati Uniti) - dati preliminari presentati da Moyo et al, ASH 2016: sono stati presentati i dati relativi a 12 pazienti arruolati in uno studio di combinazione con Ruxolitinib e TGR-1202 (studio di dose finding e di safety). Venivano inclusi nello studio pazienti con Mielofibrosi con malattia caratterizzata da score DIPSS intermedio-1, intermedio-2 o alto e con risposta insufficiente a Ruxolitinib. Eventi avversi descritti: tossicità ematologica (non citopenie di grado 3/4 giudicate correlate al trattamento), aumento di amilasi e lipasi (anche di grado 3 in paziente asintomatico), lieve aumento delle transaminasi, diarrea, mucosite, polmonite e sepsi. Per quanto valutabile in questo tipo di studio l'83% dei pazienti ha avuto un miglioramento clinico.
- Ruxolitinib e PIM447 e LEE011, attivo (Firenze).
Altri farmaci, anche in monoterapia senza Ruxolitinib:
- PRM-151, una pentraxina-2 ricombinante, è un potente agente antifibrotico valutato anche nella mielofibrosi (MF). Uno studio di fase 2 (disegno a 4 bracci, di cui 2 in associazione con Ruxolitinib), condotto in meno di 30 pazienti, ha mostrato che il farmaco (da solo o in associazione con Ruxolitinib) ha prodotto un miglioramento dei sintomi e/o una riduzione della fibrosi midollare nel 43% dei casi dopo 24 settimane di trattamento. La terapia era ben tollerata e senza eventi avversi gravi. Un più recente aggiornamento di quella casistica su 13 pazienti trattati per almeno 72 settimane ha dimostrato che PRM-151 continuava a produrre una riduzione della fibrosi midollare in circa il 70% dei casi con miglioramento di splenomegalia, anemia, piastrinopenia e dei sintomi della malattia. La seconda parte dello studio sta ora valutando l'efficacia e la tollerabilità di PRM-151 da solo nei pazienti con MF resistenti o ineleggibili alla terapia con Ruxolitinib.
- L'imetelstat (un farmaco inibitore della telomerasi) è stato studiato in pazienti affetti da mielofibrosi primaria o secondaria. Lo studio includeva 33 pazienti con malattia caratterizzata da score DIPSS-Plus intermedio-2 o alto. E' stata documentata una remissione completa o parziale nel 21% dei casi e una riduzione della fibrosi in 4 su 4 pazienti con risposta completa. Il farmaco sembra avere un efferro positivo sul'anemia ma è gravato da un significativo profilo di tossicità epatica ed ematologica. La tossicità epatica ha portato ad una temporanea interruzione degli studi clinici (è stata autorizzata una successiva cauta ripresa degli studi che stanno esplorando diverse dosi del farmaco). Il farmaco presenta, inoltre, un rischio di reazioni infusionali e di eventi infettivi (21%). Nello studio sopra menzionato si sono verificati due decessi per sanguinamento e la durata mediana del trattamento è stata di 8,6 mesi (il farmaco è stato discontinuato nel 76% dei soggetti).
Gentili ricercatori ho la policitemia vera da alcuni anni, assumo oncocarbide e cardioaspirina, ho sempre avuto la milza a 130 mm e una milza accessoria di 9 mm, adesso dall'ultima ecografia in centro diverso mi hanno detto che ho la milza 140 mm e quella accessoria a 14 mm, come mai è un poco di più? Sono preoccupanti questi valori? E la milza accessoria da cosa dipende (la tengo da 10 anni, che me ne sono accorta).
Risposta
Una minoranza di pazienti con Policitemia vera presenta un ingrandimento della milza (splenomegalia) al momento della diagnosi. Talvolta la milza può aumentare di volume nel corso della malattia ed a volte ciò corrisponde ad un'evoluzione della malattia verso una fase più vicina alla mielofibrosi.
Una milza con diametro di 13-14 cm è da considerarsi pressochè normale. Una differenza di 1 cm può rientrare nella variabilità operatore-dipendente tipica dell'esame ecografico. Al contrario, un progressivo aumento delle dimensioni della milza potrebbe avere un significato clinico. La milza accessoria è una variante anatomica solitamente priva di significato clinico.
Ho 65 anni, sono affetta da trombofilia genetica, ernia iatale e reflusso gastroesefageo. Circa 4 mesi addietro avevo mal di testa e l'ematologa mi ha fatto fare la risonanza alla testa; la diagnosi è: "unico puntiforme focolaio iperintenso nelle scansioni a TR lungo, disposto in sede sottocorticale nel giro frontale inferiore di destra, a carattere aspecifico, in possibile rapporto ad esito gliotico vascolare".
L'ematologa mi ha prescritto PRISMA 50 mattina e sera e cardioaspirina 100. Per 4 mesi tutto bene ma poi mi è venuto forte bruciore e dolore allo stomaco. Ho sospeso la cardioasprina, mi ha prescritto il PLAVIX e dopo IBUSTRIN, ma mi hanno fatto venire anche bruciore e mal di stomaco. Al che me li ha sospesi e mi ha detto di assumere solo PRISMA, mattina e sera.
Io sono confusa, posso sospendere la cardioaspirina come antiaggregante e non prenderla? Gentili ricercatori mi affido a voi, c'e' qualche altro medicinale che il mio stomaco può tollerare? Grazie anticipatamente, vi porgo distinti saluti.
(Rosaria)
Risposta
I farmaci anti-aggreganti piastrinici possono avere una certa gastrotossicità visto che possono determinare una riduzione della sintesi di sostanze che proteggono la mucosa gastrica.
In generale clopidogrel (Plavix) e ticlopidina (Tiklid) sono caratterizzati da un profilo lievemente migliore di tollerabilità gastrica rispetto alla cardioaspirina. Tali farmaci possono tuttavia essere associati all'insorgenza di altri effetti collaterali (es. neutropenia, porpora trombotica trombocitopenica). Esistono anche farmaci contenenti una dose inferiore di acido acetilsalicilico rispetto alla cardioaspirina (es. Cardirene).
Per migliorare la tollerabilità gastrica si raccomanda di assumere la terapia anti-aggregante a stomaco pieno e nelle dosi prescritte. Talvolta si rende necessaria una concomitante gastroprotezione. Qualora i disturbi di pertinenza gastrica fossero particolarmente importanti potrebbe essere utile ricercare l'antigene fecale dell'Helicobacter pylori e/o eseguire un'esofagogastroduodenoscopia allo scopo di studiare eventuali concause della sintomatologia.
Quanti sono i pazienti con malattie mieloproliferative croniche Ph- in Italia?
Potete indicarmi una fonte statistica? Grazie.
(Antonella)
Risposta
I tassi di incidenza tratti dal registro SEER (Surveillance, Epidemiology, and End Results Program) statunitense sono i seguenti:
- Trombocitemia essenziale: 9,6 per milione di persone/anno
- Policitemia vera: 10,9 per milione di persone/anno
- Mielofibrosi primaria: 3,1 per milione di persone/anno
Incidence and patient survival of myeloproliferative neoplasms and myelodysplastic/myeloproliferative neoplasms in the United States, 2001-12. Srour SA et al, Br J Haematol 2016;174(3):382-96.
I dati italiani verosimilmente rispecchiano quelli statunitensi.
Buonasera, una domanda, spero che possiate darmi qualche delucidazione. Mio marito, 47 anni, affetto da Mielofibrosi a tendenza accelerata, scoperta a settembre 2014 a seguito di una donazione di sangue, asintomatico. Nel marzo del 2015 essendo ad alto rischio ha effettuato un trapianto allogenico da sorella compatibile. Nell'agosto del 2015 ha avuto una recidiva con trasformazione in leucemia acuta, ha effettuato 2 cicli di terapia in preparazione ad un nuovo trapianto da donatore esterno compatibile effettuato nel gennaio 2016. Gli ematologi hanno optato per una terapia di mantenimento con decidabina a basse dosi ogni 6 settimane tramite la somministrazione per endovena per 5 giorni consecutivi.
Ad oggi ha effettuato 8 cicli di decitabina e a 14 mesi dal trapianto l'aspirato nostra una remissione completa 100% chimerismo non più presente mutazione JAK+. Il mantenimento era stato richiesto per 8 somministrazione ed oggi devono decidere se continuare o meno. Dicono che non ci sono riscontri scientifici sulla specifica patologia di mio marito.
Volevo sapere se c'erano delle pubblicazioni o delle novità in merito per sapere come poter procedere. Vi ringrazio per l'attenzione e per la vostra disponibilità.
(Federica)
Risposta
Sono in corso studi relativi al mantenimento con Decitabina nella Leucemia acuta mieloide (+/- nelle Sindromi mielodisplastiche):
- Post-terapia non trapiantologica (NCT00398983, NCT00416598).
- Post-trapianto allogenico di cellule staminali emopoietiche (NCT00986804). Dati relativi a questo studio sono stati pubblicati nel 2015 (Pusic et al, Biol Blood Marrow Transplant, 2015). La pubblicazione riporta i dati relativi a 22 pazienti valutabili, di cui 17 affetti da Leucemia acuta mieloide (non post-Mielofibrosi) e 5 da Sindrome mielodisplastica. La maggior parte dei pazienti aveva ricevuto un regime di condizionamento mieloablativo ed erano compresi pazienti trapiantati sia da donatore familiare che da donatore da registro. Lo studio prevedeva un massimo di 8 cicli di mantenimento. Il mantenimento con Decitabina è stato discretamente ben tollerato (tuttavia il 75% dei pazienti ha avuto un mielotossicità di grado 3/4) e non sembra aver avuto un impatto sull'incidenza di malattia da trapianto contro l'ospite cronica (cGvHD). Il follow up mediano riportato era di poco più di due anni. Con questo periodo di osservazione 8 dei 9 pazienti che avevano completato gli 8 cicli di mantenimento manteneva la remissione completa.
Tali risultati sono tuttavia estremamente preliminari (e sono stati ottenuti in un numero di pazienti relativamente piccolo che presentava un'eterogeneità diagnostica e terapeutica) e non possono per ora fungere da indicazione assoluta per le scelte terapeutiche relative al singolo paziente.
Cari ricercatori salve; ho 43 anni e sono affetto già da 7 anni di policitemia vera JAK2 positivo. Sono in terapia con cardioaspirin e oncocarbide. Ho fatto il controllo e il mio ematocrito è 46.9.
La mia ematologa, che gli piace tanto fare i giochetti con oncocarbide, mi ha aumentato la dose mentre io gli avevo detto di fare un salasso per rientrare nel valore guida nel target di 45 e lei mi ha risposto che decide lei però non dimentichiamoci che la vita è mia e non sua.
Vorrei sapere se il suo modo di fare è corretto e professionale, oppure mi doveva fare il salasso come da me richiesto perché non ho voglia di aumentare il chemioterapico oncocarbide in quanto prendo già 3 compresse al giorno, e non è di certo uno zuccherino!
Vorrei da voi che vi stimo veramente tanto una vostra esaustiva risposta in quanto in certe situazioni è triste chi ci capita. Perché come si dice in questi momenti: oltre al danno della malattia anche la beffa. Mille grazie a voi di tutto cuore.
(Lorenzo)
Risposta
Lo studio CYTO-PV ha dimostrato l'importanza di mantenere valori di ematocrito inferiori a 45%. La modalità con cui si ottiene tale risultato è relativamente indifferente. La decisione di aumentare la dose di idrossiurea (Oncocarbide) oppure di eseguire un salasso può dipendere degli altri valori del sangue e dall'anamnesi vascolare del paziente.
Mia madre di 85 anni, nel 2013 le è stata diagnosticata Policitemia vera JAK2 mutato. A sett 2016 però tutti i valori dell'emocromo si sono abbassati e perciò è stata sospesa la terapia con oncocarbide 500 mg (1 al dì). Da allora però è iniziata anche una febbre che già a ottobre 2016 impose un ricovero ospedaliero. Qui le furono somministrati antibiotici ma poi fu dimessa con la diagnosi di febbre di orogine sconosciuta. Da quel momento però la febbre soprattutto verso le 17 è quasi sempre presente. All'inizio di marzo 2017 è stato necessario un ricovero perché i valori dell'emocromo erano molto bassi (ripeto mia madre non assume oncocarbide da settembre 2016!): globuli biancchi 2400; globuli rossi 2.440.000; emoglobina 7; ematocrito 24; sideremia 19. In ospedale le hanno somministrato due sacche di sangue, ferro in vena per 12 gg e vancomicina per la febbre. Gastroscopia negativa per lesioni, TAC con contrasto torace e addome negativa per neoplasie ma presenza di modica fibrosi polmonare alle basi. Marcatori tumorali negativi. E' tornata a casa..., ma dopo due giorni senza zntibiotici ricompare la febbre serale. Attualmente i valori dell'emocromo - dopo la trasfusione - sono accettabili con eoglobina 9,2 e gl rossi 3430000, sideremia 29.
Vorrei sapere il vostro parere su tutto quanto raccontato e se può essere utile una terapia con deltacortene 25 mg sia in associazione con l'antibiotico in caso di febbre che eventualmente per far risalire i valori dell'emocromo se scendono di nuovo. Che ne pensate infine dell'eritropoietina sotto cute? Infine perché questa febbre?
Grazie tante, spero mi rispondiate prestissimo. Grazie di nuovo.
(Isabella)
Risposta
La Policitemia vera può evolvere in una fase spenta con progressione verso una Mielofibrosi secondaria. La Mielofibrosi post-Policitemia vera è spesso caratterizzata da calo dei valori di globuli bianchi, emoglobina e piastrine (talvolta con scomparsa della necessità di assumere farmaci citoriduttivi come l'Oncocarbide), comparsa di un ingrandimento della milza (splenomegalia) e comprsa di sintomatologia costituzionale (febbre/febbricola spesso pomeridiano/serotina, calo di peso, sudorazioni notturne). A livello midollare vi è una comparsa di fibrosi o una progressione del grado di fibrosi. Il caso descritto potrebbe dipendere da una progressione mielofibrotica (calo dei valori del sangue, febbricola).
Vista l'età avanzata della paziente non è tuttavia escludibile una tossicità da Oncocarbide (solo per quanto riguarda l'abbassamento dei valori, non la febbre).
La presenza di valori bassi di ferro non è caratteristica della Mielofibrosi (mentre è tipica della fase florida della Policitemia vera) e potrebbe far pensare ad una genesi alternativa dell'anemia (anemia sideropenica). E' stato cercato il sangue occulto fecale? E' stata valutata l'indicazione ad eseguire una colonscopia (che tuttavia, vista l'età della paziente, potrebbe risultare invasiva)?
E' anche possibile che la febbre sia di natura infettiva e che i valori di globuli bianchi si siano abbassati a causa dell'infezione (questo a volte può capitare, specie nel paziente anziano con una patologia midollare). In tal caso l'anemia potrebbe essere anche lei in parte secondaria all'infezione e in parte alla carenza di ferro.
Per distinguere tra le varie possibilità è necessaria una valutazione clinica globale della paziente e dei suoi esami, che sicuramente l'equipe medica che ha in cura la paziente ha eseguito. Le valutazioni relative alla terapia (tra cui anche l'eventuale terapia steroidea o con eritropoietina) dipendono dall'inquadramento diagnostico definitivo.
Per la mielofibrosi primaria si usa la stadiazione IPSS, quale stadiazione si usa per la mielofibrosi evoluta da Trombocitemia o da Policitemia vera?
(Francesco)
Risposta
Gli scores IPSS, DIPSS e DIPSS-Plus sono stati generati partendo da coorti di pazienti affetti da mielofibrosi primaria. Vengono comunemente applicati anche nelle forme di mielofibrosi post-trombocitemia essenziale e post-policitemia vera, pur non essendo altrettanto efficaci nello stratificare questi pazienti da un punto di vista prognostico.
E' in corso una collabrazione tra ricercatori italiani (molti dei quali appartenenti all'AGIMM) e internazionali per produrre uno score prognostico ad hoc per i pazienti affetti da mielofibrosi post-trombocitemia essenziale e post-policitemia vera.
Egregi Dottori, ex politicemico da marzo 2007 curato molto bene con oncocarbide. Dal gennaio 2013 la policitemia purtoppo è evoluta in mielodisplasia areb1 ipss2. Dal 3/5/2013 al 27/2/2017 ho concluso il 43° ciclo mensile di AZACITIDINA con: LEUCOCITI 10,04, EMOGLOBINA 14,4, PIASTRINE 153.000, EMATROCHITO 50,1, ERITOCITI 6,27. Il 27/3/2017 iniziero' il 44° ciclo.
Dal gennaio c.a. sono anche affetto da FIBRILLAZIONE ATRIALE PAROSSISTICA con assunzione del CORDARONE. Vorrei sapere da voi, esimi ricercatori, se l'azacitidina potrebbe esser causa della fibrillazione ed inoltre sapere da voi se lo studio sulla AZACITIDINA via orale è in dirittura di arrivo, 616 è il numero delle iniezioni sottocutanee ricevute. Se il VIDAZA orale fosse pronto a chi mi devo rivolgere per assumerlo eventualmente.
GRAZIE IN ANTICIPO PER LE VS. SEMPRE PUNTUALI E SODDISFACENTI RISPOSTE.
(Salvatore 1944)
Risposta
Uno studio clinico che consentiva l'arruolamento di pazienti affetti da leucemia acuta mieloide con anamnesi nota di patologia cardiovascolare o polmonare ha mostrato un aumento di eventi cardiaci nei pazienti trattati con azacitidina. Va tuttavia sottolineato che si trattava di pazienti già affetti da patologie dell'ambito cardio-polmonare e che nella leucemia acuta è molto frequente un'anemia importante, che può aver avuto un ruolo nella genesi degli eventi cardiaci.
Per quanti riguarda i dati post-marketing e/o i casi clinici segnalati in letteratura, casi di fibrillazione atriale sono stati segnalati in meno del 5% dei pazienti trattati con azacitidina.
Per quanto riguarda la formulazione orale di azacitidina sono attualmente aperti a livello internazionale diversi studi di associazione (azacitidina orale + altro farmaco). In Italia (ad es. a Firenze, Bologna, Roma, Alessandria) sarà disponibile uno studio che randomizza pazienti con sindrome mielodisplastica che non hanno risposto ad azacitidina sotto cute o a decitabina a ricevere azacitidina orale oppure azacitidina orale + durvalumab.
Buongiorno,
sto leggendo il libro del prof. Maio sull'immunoterapia oncologica e vorrei sapere se ci sono studi relativi a questo tipo di cura per pazienti con mielofibrosi idiopatica.
Mio marito, affetto da questa patologia, è ancora in buona salute, anche se la malattia sta progredendo velocemente da un anno a questa parte. Essendo ancora relativamente giovane, ha 58 anni, vorrebbe sottoporsi al trapianto di midollo allogenico. Vorremmo quindi sapere se il trapianto ad oggi è l'unica opzione in grado di guarire la malattia.
(Francesca)
Risposta
Le strategie terapeutiche nella mielofibrosi sono varie, ad oggi però l'unica in grado potenzialmente di eradicare la patologia è il trapianto allogenico di cellule staminali emopoietiche.
Buonasera,
ho letto la risposta data ad Anna Maria riguardo la perdita di risposta del Ruxolitinib. Quali sono i motivi della perdita di risposta? Perché il farmaco non ha più effetto? Qual è la diversità fra un paziente che mantiene la risposta e un paziente che la perde? Grazie.
(Donatella)
Risposta
La risposta a Ruxolitinib nei pazienti con mielofibrosi è stata misurata, nella maggior parte degli studi clinici, in termini di riduzione della splenomegalia e dei sintomi correlati alla malattia. La misurazione seriata della carica allelica (ovvero della quantità) di JAK2V617F (nei pazienti JAK2-mutati) e del grado di fibrosi midollare, quando eseguita, è risultata spesso discordante rispetto alla risposta su splenomegalia/sintomi (ad esempio un paziente con una buona risposta in termini di riduzione della splenomegalia può avere una quantità di JAK2V617F e una fibrosi midollare stabili).
Comunemente, quando si parla di perdita della risposta a Ruxolitinib, si fa riferimento ad un incremento della splenomegalia e/o alla ripresa dei sintomi dopo un'iniziale risposta, oppure ad una progressione della malattia.
I meccanismi patologici che sottendono la mielofibrosi sono eterogenei ed è pertanto plausibile che una terapia diretta contro un singolo bersaglio non sia sufficiente a contrastare tutte le alterazioni coinvolte. In modelli sperimentali è stata inoltre documentata una "persistenza" di cellule neoplastiche nonostante il trattamento con JAK2-inibitore. I meccanismi di questa persistenza sembrano comprendere un'espressione differente di JAK2 e una cooperazione da parte di altre proteine nell'attivazione di JAK2.
Non si è in grado, per ora, di stabilire a priori quale paziente risponderà al farmaco. Alcuni studi sembrano tuttavia suggerire che la probabilità di ottenere una risposta in termini di riduzione della splenomegalia sia inferiore ad esempio in pazienti trasfusione-dipendenti (questo tuttavia non vuol dire che questi pazienti certamente non avranno una risposta al farmaco).
L'Istituto europeo dei tumori è all'avanguardia anche per quanto riguarda la mielofibrosi? Quale secondo voi il miglior centro per la mielofibrosi e per un eventuale trapianto in Lombardia?
(Fabrizio)
Risposta
Diventa difficile stabilire chi sia il migliore. Il centro di Bergamo ha molta esperienza nei trapianti in pazienti affetti da mielofibrosi ed è un membro di AGIMM. Non esiti a contattarli.
Buongiorno, ringrazio per la risposta, (14 marzo h 13.33), però volevo precisare che ho erroneamente indicato il 2013 come inizio terapia jakavi, mentre è iniziata a gennaio 2016 e che il dosaggio attuale è 40 mg al giorno, oltre a binocrit 40.000 unità, 1 fiala a settimana. In questo caso può essere aumentata la dose del jakavi, considerando che ho avuto un aumento di peso in un anno di ben 25 kg, e considerando, inoltre, che prendo anche il sinemet 100/25 per il parkinson, farmaco che è a sua volta causa di aumento ponderale, e considerando anche che il colesterolo è arrivato a 280?
L'unica nota positiva è la splenomegalia, si è ridotta al punto che la milza non risulta palpabile.
Ringrazio per i vostri preziosi consigli.
(Anna Maria)
Risposta
La posologia di Ruxolitinib negli studi clinici condotti in pazienti affetti da Mielofibrosi e Policitemia vera variava tra 5 e 25 mg per due volte al giorno. Nella pratica clinica a volte vengono impiegati dosaggi "asimmetrici", ovvero una dose differente al mattino e alla sera (es. 10 + 5 mg al giorno). Il dosaggio di Ruxolitinib appropriato per ciascun paziente può variare in diverse fasi della patologia e dipende dal valore di piastrine ma anche dal valore di globuli bianchi e di emoglobina, dalla necessità di supporto trasfusionale, dalla risposta che è stata ottenuta in termini di riduzione di splenomegalia e sintomatologia costituzionale e dagli eventuali eventi avversi in corso di terapia.
La valutazione in merito alla posologia di Ruxolitinib va pertanto eseguita caso per caso; è tuttavia verosimile che in presenza di risposta completa della splenomegalia, di anemia in terapia con un agente stimolante l'eritropoiesi e di incremento ponderale significativo sia ragionevole non aumentare ulteriormente la posologia del farmaco. La ripresa di sintomatologia costituzionale in uno scenario di questo tipo va attentamente valutata per decidere quale sia la scelta migliore nel caso specifico.
Buon giorno gentili ricercatori, vi volevo chiedere se la policitemia vera può essere causa di un ritardato consolidamento delle fratture. Grazie.
(Isabella)
Risposta
Uno studio epidemiologico danese pubblicato alcuni anni fa ha riportato un aumentato rischio di fratture femorali su base osteoporotica in pazienti affetti da Trombocitemia essenziale e da Policitemia vera. Tuttavia, uno studio più recente, condotto dal medesimo gruppo di ricercatori su un numero di pazienti relativamente piccolo, ha documentato valori di densità minerale ossea sovrapponibili in pazienti affetti da Trombocitemia essenziale/Policitemia vera e in soggetti non affetti da tali patologie (di pari età, sesso e peso). Non sembra pertanto esservi un'aumentata osteoporosi nei pazienti con Trombocitemia essenziale/Policitemia vera.
Uno dei farmaci comunemente usati nei pazienti con Policitemia vera ad alto rischio vascolare è l'idrossiurea (Oncocarbide). Tale farmaco è raramente associato alla formazione di ulcere cutanee a livello delle caviglie ed alla ritardata guarigione di ferite/ulcere cutanee. Non è invece nota un'associazione tra il farmaco ed il ritardato consolidamento di fratture ossee.
La quasi totalità dei pazienti affetti da Policitemia vera utilizza la cardioaspirina. Una recente pubblicazione si è proposta di valutare le informazioni disponibili relative all'aspirina ed al metabolismo osseo. Gli effetti dell'aspirina sul metabolismo osseo, ricavati da studi in vitro o in modelli animali, sembrano essere variabili e, nonostante l'aspirina sembri aumentare la densità minerale ossea, non è associata ad una riduzione del rischio di fratture. La relazione tra aspirina e metabolismo dell'osso non è ad oggi caratterizzata in maniera definitiva.
Salve, torno a scrivervi per un chiarimento. Mia moglie in cura da 39 mesi con Ruxolitinib per una MF2 (adesso a basso rischio secondo score prognostico dinamico) negli ultimi tre controlli ematici ha una ipercolesterolemia: colesterolo tot. oscilla fra 236 e 246 e HDL 48. Da una precedente vostra risposta sembrerebbe l'effetto del farmaco assunto a lungo termine e che il valore del colest. tot. di 240 possono considerarsi innocui. E' così? Questo perché il farmaco riesce ad invertire le conseguenze della mielofibrosi che quando è "attiva" abbassa il colesterolo e diminuisce il peso corporeo? In sostanza con i suddetti valori del colesterolo (tenuto conto che i trigliceridi, la glicemia e le tranaminasi hanno valori ottimali, e l'emocromo HCT 34,7; Hg 11,3 ;RBC 3,84 ; WBC 3,27 ; PLT 241) mia moglie non deve attivarsi per terapie contro colesterolo (integratori,diete,farmaci)? Grazie sempre!
(Ernesto)
Risposta
I livelli di colesterolo possono essere ridotti nella mielofibrosi come espressione dello stato ipercatabolico e della perdita di peso che possono caratterizzare tale patologia.
Analisi a posteriori dello studio COMFORT (COntrolled MyeloFibrosis Study with ORal JAK Inhibitor Therapy)-I hanno documentato un aumento medio del colesterolo totale pari a circa il 25% alla 24-esima settimana di terapia con Ruxolitinib. L'aumento del colesterolo fa pertanto parte degli effetti di Ruxolitinib sul profilo metabolico e su parametri nutrizionali, tuttavia un'ipercolesterolemia in corso (o meno) di terapia con Ruxolitinib va valutata ed eventualmente trattata in base alla sua entità ed al profilo di rischio cardio-vascolare del paziente.
Dopo un trapianto allogenico di CSE per MF (condizionamento TBF a intensità ridotta) perché il paziente, non affetto da depressione, ansia o altre patologie per le quali viene normalmente prescritta, deve assumere Sertralina 25mg/die? Dopo quanto tempo è possibile, riducendo progressivamente la dose, sospendere definitivamente l'assunzione? Grazie.
(Lorenzo)
Risposta
La sertralina è un farmaco della classe degli inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina che può essere prescritto nei pazienti ematologici ma che solitamente non fa parte in maniera obbligatoria dell'armamentario terapeutico peri-trapiantologico. La decisione in merito ad un'eventuale sospensione del trattamento con sertralina, le tempistiche e le modalità di sospensione vanno concordate con l'equipe trapiantologica che ha in cura il paziente.
Qual è la differenza fra Cd34 e blasti nel sangue periferico e nel midollo? Si equivalgono? Grazie sempre della vostra disponibilità.
(Donatella)
Risposta
CD34 è una glicofosfoproteina che attraversa la membrana cellulare ed è tipica dei precursori ematopoietici nelle fasi iniziali della loro differenziazione. Normalmente le cellule CD34-positive costituiscono meno dello 0,1% degli elementi nucleati del sangue periferico e possono aumentare in corso di chemioterapia dallo scopo mobilizzante e/o in corso di terapia con fattori di crescita.
Nella mielofibrosi è stato documentato un aumento delle cellule CD34-positive circolanti (nel sangue periferico), che verosimilmente riflette un'alterazione a livello dello stroma midollare. L'aumento del numero delle cellule CD34-positive circolanti può essere di aiuto nel suggerire una diagnosi di mielofibrosi.
I blasti mieloidi, che nella mielofibrosi possono essere presenti a livello di sangue sia periferico che midollare, sono invece elementi patologici che frequentemente esprimono CD34. I blasti sono gli elementi che, se superano determinate soglie, consentono di porre la diagnosi di fase accelerata o di trasformazione leucemica. Anche al di sotto di tali soglie hanno un significato prognostico e sono infatti inclusi in vari scores prognostici tra cui l'IPSS (International Prognostico Scoring System) e il DIPSS (Dynamic IPSS).
Buongiorno, dopo 13 anni di PV ora da 3 anni si è trasformata in MF, ho iniziato la cura con Jakavi, a gennaio 2013 per una situazione di gravità, inizialmente i sintomi sono diminuiti anche se ho dovuto fare alcune trasfusioni fino a luglio, poi hb in crescita fino ad arrivare a gennaio 2017 a 9,6. Però da febbraio ha ricominciato a scendere, 8,6- 8,4 -,8,2- ora è a 8. Con il ritorno di alcuni sintomi che erano spariti, tipo dolori alle ossa, sudori notturni brividi etc.. Volevo sapere se può succedere che il Jakavi smetta la sua efficacia e in questo caso quale terapia sarebbe possibile per sostituirlo?
Ringrazio per la vostra cortese risposta. Grazie
(Anna Maria)
Risposta
Nella mielofibrosi la terapia con Ruxolitinib (Jakavi) è particolarmente efficace nel ridurre la splenomegalia ed i cosiddetti sintomi sistemici (ovvero calo di peso, sudorazioni notturne, febbricola). Il farmaco frequentemente determina un peggioramento transitorio del valore di emoglobina (talvolta condizionante la necessità di eseguire trasfusioni di globuli rossi, come nel suo caso), che spesso torna ai valori iniziali intorno al sesto mese di trattamento.
Gli studi registrativi del farmaco hanno tuttavia documentato che a tre anni dall'inizio del trattamento solo il 50% dei pazienti sta ancora assumendo Ruxolitinib. I motivi di interruzione del trattamento sono vari, tra cui anche la perdita di risposta. La decisione relativa a come proseguire successivamente con le cure è individuale e può comprendere, tra l'altro, l'opzione trapiantologica, la terapia steroidea o con androgeni, la terapia trasfusionale, la chemioterapia. Talvolta, in base ai valori emocromocitometrici, è possibile provare ad incrementare il dosaggio di Ruxolitinib per valutarne l'effetto sui sintomi prima di arrivare all'interruzione del trattamento.
Ho letto che soprattutto in MF può aumentare oltre i limiti la vitamina B12 e abbassarsi il colesterolo. Quali sono i motivi?
(Donatella)
Risposta
Il dosaggio di vitamina B12 può risultare aumentato nelle neoplasie mieloproliferative croniche (tra cui la mielofibrosi) in relazione all'aumentata produzione di transcobalamine (trasportatori della vitamina B12 circolante) da parte dei granulociti (frequentemente aumentati in tali patologie).
I livelli di colesterolo possono essere ridotti nella mielofibrosi come espressione dello stato ipercatabolico e della perdita di peso che possono caratterizzare tale patologia.
Buongiorno, volevo un consiglio. Ieri sera ho iniziato interferone. Ho fatto iniezione alle 20.00 e praticamente sono stato malissimo con forti brividi e febbre verso mezzanotte e oggi non sono potuto andare a lavoro. Secondo voi è meglio fare iniezione in quale orario? E questo malessere lo avrò sempre o solo le prime volte? Grazie.
(Antonio)
Risposta
L'assunzione di interferone è spesso associata ad una sintomatologia simil-influenzale, caratterizzata da febbre, dolori muscolari, malessere. Spesso la somministrazione di interferone viene preceduta dall'assunzione di paracetamolo nel tentativo di prevenire o di mitigare tali disturbi. Spesso si consiglia di eseguire l'iniezione sotto cute di interferone prima di andare a dormire ma può essere eseguita a qualsiasi ora. Si può iniziare con una dose ridotta di interferone che può essere aumentata gradualmente in base alla tollerabilità ed all'efficacia. E' del tutto possibile che i disturbi legati alla terapia con interferone si riducano con le successive somministrazioni.
Si sottolinea che ogni eventuale modifica posologica o terapia concomitante va concordata con il proprio Medico Ematologo di riferimento e non può essere desunta da questo discorso di carattere generale.
Buonasera volevo sapere se la mielofibrosi può causare comparsa di tumori o dilatazione delle arterie. Gtazie.
(Gaetano)
Risposta
La mielofibrosi è una neoplasia mieloproliferativa cronica, ovvero una malattia tumorale del sangue che può avere un decorso più o meno indolente e può richiedere o meno una terapia.
La mielofibrosi può, in una piccola quota di pazienti, trasformarsi in una forma più simile alle sindromi mielodisplastiche o alle leucemie acute, che sono sempre delle malattie tumorali del sangue ma con caratteristiche differenti.
E' stato inoltre riportato un aumentato rischio, nei pazienti con neoplasia mieloproliferativa cronica, di sviluppare una neoplasia linfoide (rispetto alla popolazione generale). Bisogna tuttavia tener conto del fatto che il rischio assoluto di sviluppare una neoplasia linfoide per questi pazienti è molto basso.
Alcuni farmaci possono avere un potenziale leucemogeno (si tratta soprattutto di farmaci utiizzati in passato nelle neoplasie mieloproliferative croniche, tra cui il fosforo radioattivo e il busulfano). Sembra, inoltre, che l'impiego sequenziale di più farmaci chemioterapici possa aumentare il rischio di una trasformazione leucemica.
I pazienti affetti da mielofibrosi hanno un aumentato rischio di trombosi (ovvero di ostruzioni di un vaso) oppure di emorragie, non è invece caratteristica della mielofibrosi la dilatazione di un vaso (es. aneurisma).
Soffro di policitemia vera da diversi anni, assumo oncocarbide e cardioaspirina, ho notato già da tanti anni che esce sangue a volte dal naso, quando vado in bagno o per stitichezza o per diarrea noto sangue nel water, quando ho tracheite dalla bocca, nelle urine a volte emazie, da cosa può dipendere? A parte che ho emorroidi interne e a volte esterne, dipende da che cosa?
Risposta
La terapia della Policitemia vera si avvale quasi sempre dell'impiego di un farmaco anti-aggregante piastrinico, come la cardioaspirina. La cardioaspirina inibisce l'aggregazione piastrinica ed il suo impiego è pertanto associato ad un certo rischio di sanguinamento. Per ciascun paziente bisogna stabilire il profilo di rischio/beneficio associato all'assunzione di cardioaspirina in base all'età del soggetto, alla diagnosi ematologica, alla presenza di comorbidità (tipicamente cardiovascolari e gastrointestinali) e alla presenza di eventi trombotici/emorragici in anamnesi.
Buongiorno volevo chiedere... mio marito lunedì ha iniziato terapia con Oncocarbide, e io oggi ho avuto un aborto alla 5 settimana. Volendo riprovarci deve interrompere la terapia? Dopo quanto tempo dall'interruzione si può riprovare?
(Francesca)
Risposta
Gli studi clinici che prevedevano l'impiego di idrossiurea (nell'anemia falciforme e nelle neoplasie mieloproliferative) richiedevano obbligatoriamente l'impiego di metodi contraccettivi efficaci, anche quando il soggetto che assumeva il trattamento era di sesso maschile. Inoltre, dati derivanti da sperimentazioni animali suggeriscono possibili effetti dell'idrossiurea sulla spermatogenesi.
In linea generale si raccomanda pertanto anche nell'uomo di evitare l'assunzione di idrossiurea in previsione del concepimento. Per quanto riguarda il tempo che deve intercorrere tra l'interruzione del farmaco e il momento in cui si può iniziare a tentare il concepimento non vi sono dati certi. Verosimilmente, nonostante l'emivita del farmaco sia breve (inferiore a 4 ore), devono trascorrere vari mesi (da 3 a 12). Tuttavia, per dare una raccomandazione, è necessaria una valutazione specifica di ogni caso, anche in relazione alla durata del trattamento con idrossiurea. Si ricorda infine che la decisione di interrompere il trattamento con idrossiurea deve essere presa insieme al medico che ha in cura il paziente.
Qual è il "meccanismo" che provoca le sudorazioni notturne nella mielofibrosi? Grazie.
(Donatella)
Risposta
Le sudorazioni notturne che possono caratterizzare il quadro clinico della mielofibrosi sono verosimilmente correlate all'aumentata/alterata produzione di mediatori dell'infiammazione (interleuchine, TNF, IFN), tipica di questa malattia.
E' possibile dal solo striscio di sangue periferico che evidenzia 12% di blasti -fare una diagnosi di leucemia post MF ed a solo qualche mese di distanza dalla precedente biopsia? Grazie.
(Mi.Cro)
Risposta
Per la diagnosi di leucemia acuta post-mielofibrosi i blasti su sangue periferico e/o midollare devono essere maggiori o uguali al 20%. Una quota blastica pari al 12% è tuttavia meritevole di rivalutazione a breve essendo suggestiva per una fase più "accelerata" della patologia.
Buonasera sono a chiedervi quando sarà disponibile in Italia il farmaco Jakavi per chi soffre di polycitemia vera.
(Marco)
Risposta
A livello europeo, l'Agenzia Europea del Farmaco (EMA, European Medicines Agency) ha confermato l'indicazione di Ruxolitinib per il trattamento dei pazienti affetti da Policitemia Vera resistenti o intolleranti all'idrossiurea.
In Italia è attualmente in corso la valutazione da parte dell'AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco) per definire l'indicazione e la rimborsabilità da parte del SSN (Sistema Sanitario Nazionale) di Ruxolitinib nella Policitemia Vera. Tali procedure termineranno verosimilmente entro l'anno corrente. Occorre sottolineare che Ruxolitinib non sarà indicato in tutti i pazienti con Policitemia Vera ma unicamente in un sottogruppo (verosimilmente soggetti intolleranti o resistenti al trattamento con idrossiurea - resterà tuttavia da chiarire se la resistenza o l'intolleranza verranno definite secondo specifici criteri o meno).
Gentili ricercartori, ho la policitemia vera da più di 8 anni, assumo oncocarbide e cardioaspirina, in questi giorni ho notato che per tre notti di seguito mi si addormentano 3 dita della mano specie a destra, e per moltissimo tempo non riesco a svegliarle, anche l'anno scorso mi faceva così ma sdesso sembra peggio, cosa può essere? E' legato alla malattia e cosa debbo fare? Uso il computer, potrebbe essere quello?
Risposta
Le neoplasie mieloproliferative croniche, tra cui la Policitemia Vera, possono essere associate a sintomi ascrivibili a disturbi del microcircolo (ad es. cefalea, ronzii nelle orecchie, formicolii o sensazioni anomale, chiamate parestesie, alle mani o ai piedi). Non è tuttavia detto che quanto lei descrive rientri in questa categoria: potrebbe infatti trattarsi di un problema a livello del tunnel carpale oppure di artrosi a livello della colonna cervicale. Per una corretta diagnosi differenziale tra le varie condizioni è indispensabile una visita medica.
Buongiorno,
ci sono studi che hanno verificato l'effetto positivo di Jakavi sui blasti nel sangue periferico e sulla fibrosi midollare? Grazie.
(Claudia)
Risposta
Alcuni studi hanno riportato una riduzione della fibrosi midollare almeno in una quota di pazienti con mielofibrosi trattati con Ruxolitinib. In un recente aggiornamento dei risultati dello studio COMFORT-II, che confrontava Ruxolitinib contro la migliore terapia disponibile (BAT), un miglioramento della fibrosi midollare veniiva osservato nel 16% dei pazienti trattati con Ruxo e solo nel 3% dei pazienti trattati con BAT (Harrison et al. Leukemia (2016) 30, 1701–1707). Non ci sono invece dati consistenti sulla riduzione dei blasti circolanti nei pazienti trattati con Ruxolitinib.
A seguito di prelievo Midollo Osseo e B.O.M. effettuato su paziente uomo di 62 anni. Descrizione microscopica: Biopsia corta, coartata costituita in parte da tessuti molli. La cellularità dove valutabile è 10%. Granulopoiesi ridotta, Eritropoiesi ridotta ma prevalente, Megacaripoiesi (lat+) relativamente ben rappresentata quota di elementi CD34 non risulti incrementata. Trama reticolinica esile. Diagnosi: Midollo osseo Ipocellulato con aspetti citologici di tipo dismaturativo trilineare, senza eccesso in precursori CD34+. Il quadro di displasia ipoplastica va validato sotto il profilo citogenetico. Cosa vuol dire?
(Barbara)
Risposta
Le mielodisplasie sono malattie midollari caratterizzate da un'alterata maturazione di una o più linee emopoietiche. In aggiunta ai dati clinici, ematologici (di laboratorio), morfologici (biopsia osteo-midollare) e di biologia molecolare, le indagini citogenetiche che studiano le alterazioni cromosomiche della malattia completano la diagnosi e forniscono importanti informazioni per la prognosi e la scelta della terapia.
In corso di terapia con Ruxolitinib (5 + 5 mg al giorno) si possono usare pomate per herpes labiale o nasale esclusivamente ad uso topico?
(Giuseppe)
Risposta
Le infezioni da herpes simplex (spesso labiale o nasale) o da herpes zoster sono frequenti in corso di terapia con ruxolitinib perché il farmaco riduce le difese immunitarie contro questi virus. E' utile usare terapie topiche per infezioni di lieve entità, ma è sempre raccomandato consultare il proprio ematologo in tutti i casi di infezione da herpes virus in corso di terapia con Ruxolitinib per valutare la necessità di terapie antivirali per bocca.
Buonasera, vorrei sapere se la mielofibrosi causa dolori ossei, parestesie e formicolii, con mal di testa. Io ho il JAK2 mutato, la milza non è ancora ingrossata, assumo 2 oncocarbide al giorno, e sono operata di colecisti.
Prima della diagnosi, ho sempre avuto dolori agli arti inferiori e superiori con difficoltà a camminare e astenia. Da quando assumo oncocarbide i dolori sono diminuiti, ma ho sempre rigidità nei movimenti e dolori alla spalla sinistra. Quando mi prelevavano il midollo, ho avuto sollievo nella zona lombare e sacro-coccigea, da che dipende? Putroppo non posso più fare delle normali attività.
(Tiziana)
Risposta
Dolori osteoarticolari o parestesie, come formicolii, sensazioni "a puntura di spillo" sulla pelle o disturbi della sensibilità periferica, non sono sintomi tipici della mielofibrosi ma possono essere presenti in alcuni pazienti. In questi casi, è opportuno escludere che questi sintomi siano provocati da altre cause, per es. ortopediche o reumatologiche, come artrosi, discopatie della colonna vertebrale, fibromialgie etc.
Buongiorno,
nella policitemia vera è acclarato che la cellularità midollare è aumentata per tutte le tre serie emopoietiche. Come mai però nel sangue periferico si osserva solo un aumento dei globuli rossi, con bianchi e piastrine perfettamente normali?
(Pino)
Risposta
Nella maggior parte dei pazienti con policitemia vera l'aumentata cellularità midollare che coinvolge tutte e tre le serie emopoietiche provoca un aumento non solo dei globuli rossi ma anche dei globuli bianchi e delle piastrine. In taluni casi, i valori di leucociti e piastrine possono essere nei limiti di norma per varie possibili cause, per es. un incremento del volume della milza o l'effetto delle terapie o un midollo in cui la linea eritropoietica è nettamente prevalente rispetto alle altre due.
Cari dottori, affetto da mielofibrosi da 4 anni. Hanno trovato un nodulo di 1 cm al polmone e devono fare biopsia e Pet. Volevo sapere se per chi affetto da mielofibrosi è più rischioso fare questi esami ed eventuali interventi. Grazie.
(Veronica)
Risposta
Non ci sono controindicazioni all'esecuzione né di manovre invasive, come biopsie o interventi chirurgici, né di indagini diagnostiche, come TC o PET, nei pazienti con mielofibrosi. Prima di manovre invasive è comunque opportuno controllare il numero delle piastrine e, se ridotto, consultare il proprio ematologo per le eventuali precauzioni da prendere, in considerazione anche dell'intervento da eseguire.
Grazie molte per la risposta alla domanda sulla "Diagnosi differenziale delle malattie mieloproliferative croniche" del 22 febbraio.
La mia biopsia del midollo osseo ha concluso che le serie eritropoietica e granulopoietica sono lievemente iperplastiche con gli elementi in tutti gli stadi di maturazione: che cosa significa "lievemente iperplastiche"? Inoltre, la cellularità midollare è del 60%, disomogenea: quali sono i valori considerati normali? Grazie molte, Lorenzo, 58 anni, JAK2+.
(Lorenzo)
Risposta
Nelle malattie mieloproliferative croniche la cellularità midollare è aumentata (iperplasia), specificamente per la serie megacariocitaria, produttrice di piastrine, nella trombocitemia essenziale e, di solito, nella mielofibrosi pre-fibrotica e per tutte e tre le serie emopoietiche, eritro- e granulopoietica e megacariocitaria, nella policitemia vera. La cellularità midollare può invece essere ridotta nella mielofibrosi franca a causa della presenza nel midollo osseo di fibre reticoliniche o collagene. La cellularità midollare è anche condizionata dall'età perché, nei soggetti normali, si riduce progressivamente con l'invecchiamento. A 58 anni, una cellularità del 60% può essere considerata "lievemente iperplastica" e una disomogeneità può essere osservata nei pazienti con malattie mieloproliferative croniche.
Prendo plavix e cardioaspirina. Il PT ed il PTT sono sui valori bassi ma il D-Dimero è alto, perché?
(Marella)
Risposta
Il D-Dimero è un frammento di degradazione della fibrina ed il suo aumento è un indice di incremento della fibrina in circolo. Il test è molto sensibile ma poco specifico e può aumentare in molte situazioni, sia fisiologiche, come la gravidanza, che patologiche, come malattie infiammatorie acute o croniche, neoplastiche o cardiovascolari, per es. il tromboembolismo venoso o in una condizione particolare come la coagulazione intravascolare disseminata. Pertanto, in assenza di specifici segni clinici, il solo aumento del D-Dimero è un test poco informativo e non molto utile.
Buongiorno, 51 anni, T.E. splenectomizzata, precedenti di trombosi, piastrine difficili da gestire, (quasi sempre sopra il milione); da 12 anni assumo oncocarbide a dosaggio variabile. Il farmaco fino ad oggi non mi ha mai dato nessun tipo di problema, anzi, sono stupita da quanto il farmaco si sia rivelato ad alta tollerabilità. Ora mi ritrovo, ormai da mesi, ad avere dei grossi problemi di afte. Ho provato tutti i farmaci a disposizione, e dico tutti... nulla da fare. Mi sono imbattuta per puro caso con l'Aloe vera, me ne hanno parlato talmente tanto che alla fine mi sono convinta a provarlo, molto scettica ma l'ho provato. Non so se sia un caso o no, ma ho risolto il problema, ora mi chiedo, può questa influire sul farmaco? Può dare qualche alterazione di qualsiasi natura?
Grazie per la sempre preziosissima vostra dispoinibilità, un saluto a tutto lo staff.
(Maria)
Risposta
Non ci sono controindicazioni all'uso dell'aloe vera in pazienti in trattamento con Oncocarbide.
Gentili ricercatori buonasera.
Con la presente chiedo cortesemente informazioni relative al farmaco Oncocarbide che io assumo da 4 anni giornalmente da 1 a 2 capsule per il controllo della policitemia. Preciso che ho 64 anni e che l'ematologo di riferimento mi ha suggerito le seguenti vaccinazioni: Anti pneumococco, Meningococco, Haemophilus B, oltre alla vaccinazione antinfluenzale ogni anno di cui io ho iniziato da 1 mese con l'anti pneumococco l'HIB e meningococco B.
Andando a rileggere casualmente le istruzioni del Fg. illustrativo dell'Oncocarbide ho letto la parte riguardante l'uso concomitante di vaccini da evitare e vorrei sapere nel mio caso suesposto quali problemi possono insorgere, se posso proseguire con le suddette vaccinazioni in considerazione che non posso interrompere la terapia con Oncocarbide.
Ringraziandovi anticipatamente per la cortese attenzione e in attesa di un vostro gentile riscontro vi porgo cordiali saluti.
(Danilo)
Risposta
Di regola, le vaccinazioni, incluse quelle citate, possono essere eseguite nei pazienti in terapia con Oncocarbide.
Esiste incompatibilità tra terapia con oncocarbide per trombocitemia essenziale e terapia eradicante dell'HCV con LEDIPASVIE /SOFOSBUVIR + BISOPROLOL?
(Vincenzo)
Risposta
Non c'è incompatibilità fra l'uso di Oncocarbide e la terapia eradicante dell'HCV.
Gentili dottori, vorrei sapere se l'uso di curcuma in paziente che assume Oncocarbide è controindicato. Ho letto che la curcuma inibisce/attenua l'effetto di alcuni chemioterapici. Grazie.
(Marco)
Risposta
Non ci sono limitazioni o interferenze farmacologiche note per l'uso di curcuma nei pazienti che assumono Oncocarbide.
Buongiorno, qualche mese fa mi è stata diagnosticata una neoplasia mieloproliferativa non classificabile secondo WHO. Sono JAK2+ e il commento alla biopsia del midollo osseo afferma: "In diagnosi differenziale si devono considerare in prima istanza una mielofibrosi primaria in fase pre-fibrotica o una fase pre-policitemica di policitemia vera." Che cosa vuol dire in diagnosi differenziale? Questo commento significa che potrei sviluppare in futuro una delle due malattie?
Le serie eritropoietica e granulopoietica sono lievemente iperplasiche con gli elementi in tutti gli stadi di maturazione: è normale? A oggi ho solo le piastrine piuttosto elevate (intorno a 730.000) mentre l'ematocrito è a 48, Globuli Rossi a 5,60, HGB a 16 e Globuli Bianchi a 9,0. Colesterolo e omocisteina normali.
Grazie infinite per la vostra splendida attività. Lorenzo, 58 anni (mia mamma era anch'essa JAK2+ e ha avuto la policitemia vera).
(Lorenzo)
Risposta
Il termine "diagnosi differenziale" indica il procedimento con il quale il medico distingue due malattie che si presentano con caratteristiche simili. Questo processo è frequente nella malattie mieloproliferative croniche perché c'è un'ampia sovrapposizione di aspetti clinici, di laboratorio e talvolta anche istologici fra trombocitemia essenziale, policitemia vera e mielofibrosi, soprattuto se in fase pre-fibrotica. In questo procedimento, l'ematologo deve tenere conto di tutti gli elementi dei quali dispone e in genere raggiunge una diagnosi il più possibile corretta. In taluni casi, la diagnosi iniziale può essere meglio precisata durante i successivi controlli periodici del paziente.
È possibile fare impianti dentali in caso di mielofibrosi idiopatica e può causare osteoporosi?
(Lucia)
Risposta
Non ci sono limitazioni o problemi particolari nell'esecuzione di impianti dentali nei pazienti con mielofibrosi.
Buongiorno. Mi chiamo Giusi, ho 55 anni e nel 2008 mi è stata diagnosticata mielofibrosi idiopatica di tipo indolente. La mia milza oggi misura 18,8 cm DL e 6,8 DDL. Rbc 6,18; Hgb 14,3; Hct 46,1%; Wbc 14,87; PLt 454.
Nel complesso però sto bene ad eccezione di un prurito veramente insopportabile alle gambe subito dopo avere fatto la doccia o il bagno che si protrae per 15/20 minuti. Nel corso della giornata, invece, il prurito, in questo caso di lieve entità, si manifesta soltanto la mattina non appena mi alzo dal letto.
Per alleviare il fastidio del prurito insopportabile post bagno/doccia ho iniziato da otto giorni ad assumere antistaminici, così come suggerito dall'ematologo e riportato anche in letteratura, ma con risultati deludenti.
Pertanto, vi chiedo se tra i farmaci antistaminici ve ne sia qualcuno più indicato al riguardo e quali sono gli effetti a lungo andare. In alternativa gradirei sapere quale altre alternative esistono per limitare al massimo il prurito, considerato che ad oggi non ci sono le condizioni per usufruire del ruxolitinib con il SSN.
Inoltre, gradirei conoscere per quale data è programmata la giornata del paziente per l'anno in corso. Grazie per il vostro impegno.
(Giusi)
Risposta
Il prurito, spesso indotto dal contatto con l'acqua (prurito "acquagenico"), può essere un sintomo molto disturbante nei pazienti con mielofibrosi e con policitemia vera. Circa il 15% di loro lo definisce "intollerabile". Le terapie tradizionali non sono sempre efficaci e c'è molta variabilità da paziente a paziente. Tali terapie comprendono:
a) il salasso, e in genere la riduzione dell'ematocrito a valori inferiori a 45% e talvolta anche inferiori a 42% nelle donne;
b) gli antistaminici: non c'è uno sicuramente migliore degli altri e molto dipende dalla risposta individuale del paziente;
c) basse dosi di cortisone nei periodi di maggiore intensità del prurito, per es. prednisone, iniziando con 25 mg al giorno e poi scalando fino a sospensione;
d) i tranquillanti minori e maggiori, come il lorazepam, 1 mg, circa 1/2 ora prima di fare la doccia o di andare a dormire; o la paroxetina, 20 mg al giorno;
e) la fototerapia con psoralene e raggi UV A(PUVA), spesso usata dai dermatologi per il prurito correlato alle malattie della pelle.
Le nuove terapie, come l'interferone per la PV e Ruxolitinib, hanno dimostrato una maggiore efficacia sul prurito rispetto alle terapie tradizionali, ma hanno alcuni limiti di indicazione e di rimborsabilità. E' però previsto che Ruxolitinib possa essere dichiarato rimborsabile anche per i pazienti con mielofibrosi a severità "intermedio-1" nei prossimi mesi.
Maggiori informazioni si potranno avere nella prossima Giornata del Paziente stabilita per sabato 13 maggio 2017. Il programma è in preparazione.
Salve, si sta pensando ad associare al ruxolitinib altre nuove terapie per aumentarne la tollerabilità ematologica ed efficacia. Novità significative?
(Fernando)
Risposta
Gli studi di combinazioni terapeutiche tra ruxolitinib e altri farmaci attivi nella mielofibrosi sono ancora preliminari o in corso. All'ultimo Congresso Americano di Ematologia (ASH, San Diego, 2017) sono stati presentati due studi di questo tipo. Nel primo, l'associazione Ruxolitinib con 5-azacitidina è stata valutata in 41 pazienti ed ha prodotto una risposta secondo i criteri IWG-MRT nel 69% dei pazienti. La riduzione della milza è stata superiore nei pazienti trattati con la combinazione rispetto a quelli trattati con solo Ruxolitinib (Daver et al. abstr. 1127). Nel secondo studio, Ruxolitinib è stato associato alla pomalidomide nel trattamento di 37 pazienti, un terzo dei quali ha avuto un beneficio clinico da questa combinazione (Stegelmann et al. abstr. 1939). Gli effetti collaterali delle terapie combinate sono stati tollerabili e, in entrambi questi studi, si conclude che è utile proseguire lo sviluppo di questi, e altri (Mascharenas J. Hematology 2015; 329), trattamenti di associazione
Gentili ricercatori si hanno dati aggiornati relativi all'efficacia del PRM-151 nella terapia della mielofibrosi rispetto al lavoro di Srdan Verstovsek et al. del 2015? Gli studi fatti in Italia hanno dato risultati?
Grazie.
Risposta
PRM-151, una pentraxina-2 ricombinante, è un potente agente antifibrotico valutato anche nella mielofibrosi (MF). Nello studio citato (Verstovsek et al. Clin Lymphoma Myeloma Leuk. 2015;15:S58-S59) su 26 pazienti con MF, il farmaco (da solo o in associazione con Ruxolitinib) ha prodotto un miglioramento dei sintomi e/o una riduzione della fibrosi midollare nel 43% dei casi dopo 24 settimane di trattamento. La terapia era ben tollerata e senza eventi avversi gravi. Un più recente aggiornamento di quella casistica (Verstovsek et al. ASH. 2015) su 13 pazienti trattati per almeno 72 settimane ha dimostrato che PRM-151 continuava a produrre una riduzione della fibrosi midollare in circa il 70% dei casi con miglioramento della splenomegalia, anemia, piastrinopenia e dei sintomi della malattia. La seconda parte dello studio sta ora valutando l'efficacia e la tollerabilità di PRM-151 da solo nei pazienti con MF resistenti o ineleggibili alla terapia con Ruxolitinib.
Cari dottori volevo sapere se esiste una correlazione tra colite e problemi intestinali ricorrenti e mielofibrosi nei pazienti affetti da tale malattia.
(Fabrizio)
Risposta
Disturbi colitici ricorrenti non sono sintomi caratteristici della mielofibrosi. Una possibile eccezione potrebbe essere la presenza di una splenomegalia molto marcata che provochi un dislocamento o una compressione delle anse intestinali.
Buongiorno, ho la policitemia vera da circa 6 anni, che riesco a ben controllare con l'oncocarbide. Ultimamente ho letto qualcosa sull'interferone alfa-2a pegilato, mi piacerebbe saperne di più. Poi un imput: sarebbe utile la presenza di un sito istituzionale, che appaia nelle prime pagina del web, quando si digita "prurito dopo il bagno" visto che questo sintomo è frequente in questa malattia.
(Valter)
Risposta
Si rimanda a quanto scritto nella risposta del 14/2 a Luca.
Buongiorno ricercatori,
vorrei sapere come è possibile che in presenza di eritrocitosi con globuli rossi aumentati, piastrine normali, g. bianchi normali e JAK2 negativo vi sia invece una iperplasia trilineare alla biopsia, cellularita normale.
Da inesperta, come possono esserci più globuli bianchi e piastrine nel midollo osseo e non, invece, nel sangue periferico?
Grazie tante per la risposta. Buon lavoro.
(Cristina)
Risposta
Di regola, nelle malattie mieloproliferative croniche il quadro istologico midollare è fedelmente rispecchiato dai valori dell'emocromo. Però, questa regola può avere delle eccezioni. Per esempio, la presenza di un ingrandimento della milza, che produce una più rapida eliminazione di leucociti e piastrine, provoca una riduzione delle piastrine e dei leucociti circolanti rispetto a quanto prodotto dal midollo osseo. Ancora, non sempre l'istologia midollare è uguale in tutte le zone del midollo. Ci possono essere casi di disomogenea distribuzione della cellularità midollare e, quindi, il campione di biopsia ossea esaminato potrebbe non essere rappresentativo di tutta la produzione midollare. Nei pazienti nei quali questa possibile disomogenea distribuzione del midollo è clinicamente importante (ma non sembra essere questo il caso della gentile scrivente), può essere indicata la ripetizione della biopsia ossea in altra sede.
Gentili ricercatori,
ho 72 anni e una diagnosi di mielofibrosi prefibrotica diagnosticata inizio anno 2016, PLT 714.000, HB 15.3, GB 7900. In anamnesi infezione da HCV(genotipo 2a e 2c) pregresso infarto al miocardio (24 anni fa e 3 anni fa). Dai test effettuati JAK2 CARL e MPL non mutato. Alla ricerca NGS, doppia mutazione di TET2, una benigna (p.Q810R) una verosimilmente dannosa (p.L1521-P1535delQKQPP). FLN 58, L40, M2.CD34+=2x10E6/L,pari allo 0.03%.
Dopo un anno assumo ONCOCARBITE 1 cp al dì e DUOPLAVIN ATORVASTATINE 10 ATENOLOLO 50. Il mio emocromo è il seguente: GB7650 (N51% L41, M7, E1), Hb 15.6, Hct44.6%, MCV105, PTL 460.000. Ureato 5.8,LDH 252.
Sono asintomatico e non presento variazioni delle dimensioni di fegato e milza.
Vorrei conoscere, se è possibile, la mia classe di rischio IPSS.
(Enzo)
Risposta
Lo score prognostico IPSS nella mielofibrosi primaria (Cervantes et al. Blood 2009; 113: 2895) si basa sui seguenti 5 fattori di rischio: età maggiore di 65 anni; presenza di sintomi costituzionali (almeno uno tra febbre, calo di peso e sudorazioni notturne); emoglobina inferiore a 10 g/dL; leucociti maggiori di 25.000/mmc e presenza di blasti circolanti superiori a 1%. La presenza di 0, 1, 2 o almeno 3 fattori definisce un rischio, rispettivamente: basso, intermedio-1, intermedio-2 o alto di mortalità. Pertanto, la classe di rischio nel caso citato è intermedio-1.
Salve gentili ricercatori, ho letto il recente studio tutto italiano pubblicato il 13 gennaio scorso, il quale compara l'efficacia a lungo termine di PEG-INTERFERONE contro IDROSSIUREA in pazienti affetti da policitemia vera di età inferiore ai 65 anni. Nel follow-up a lungo termine è emersa ancora una volta la superiorità dell'interferone, addirittura sulla sopravvivenza a lungo termine e nel prevenire la progressione della malattia; nessun paziente trattato con interferone ha avuto eventi trombotici contro tre riscontrati nel gruppo idrossiurea; ancora tre tumori secondari si sono verificati nel gruppo HU.
Ora vi chiedo, visti questi risultati e quelli emersi ad ASH 2016 per quanto riguarda ROPEGINTERFERON, non sarebbe finalmente ora di offrire l'interferone pegilato come prima linea di trattamento a tutti i pazienti policitemici? Alcuni ematologi parlano di effetti collaterali superiori di interferone su idrossiurea completamente smentiti dagli ultimissimi studi, questo colpevole temporeggiare potrebbe essere una mera questione economica? Grazie mille.
(Luca)
Risposta
L'efficacia e la tollerabilità di PEG-IFN in confronto a Idrossiurea (HU) è oggetto di diversi studi. Il lavoro italiano citato (Crisà et al. J Hematol Oncol 2017; 10:15) è uno studio osservazionale su 65 pazienti con PV con età inferiore a 65 anni, 35 trattati con PEG-IFN e 30 con HU. La differenza di eventi trombotici e seconde neoplasie tra i due farmaci non era statisticamente significativa a causa del limitato numero di pazienti e di eventi. Invece, è stata osservata una significativamente migliore sopravvivenza dei pazienti nel gruppo PEG-IFN rispetto al gruppo HU. Peraltro, non essendo lo studio randomizzato, non è possibile stabilire con sicurezza se la diversa sopravvivenza dei due gruppi sia dovuta solo ai farmaci o anche ad altre cause. Per esempio, la maggioranza (63%) dei pazienti trattati con PEG-IFN erano già stati trattati con HU con risposta ematologica e questo potrebbe avere portato a selezionare dei pazienti "migliori" nel gruppo PEG-IFN. Gli stessi autori dello studio concludono che il loro lavoro è limitato dallo scarso numero di pazienti e dalla mancanza di randomizzazione e che è necessario aspettare i risultati degli studi randomizzati attualmente in corso prima di dare una risposta definitiva.
I dati preliminari di due studi randomizzati che hanno confrontato PEG-IFN e HU nella policitemia vera sono stati presentati nel dicembre scorso al Congresso della Società Americana di Ematologia (ASH). Lo studio PROUD-PV (Gisslinger et al. abstr. 475) ha incluso 257 pazienti trattati con Ropeginterferon o HU ed i primi dati presentati indicavano un vantaggio per RoPEG-IFN. Peraltro, i risultati dello studio non sono ancora pubblicati, nemmeno in forma di abstract. Lo studio MPD-RC 112 ha invece incluso 168 pazienti con PV trattati con PEG-IFN o HU e i dati preliminari relativi a 75 pazienti valutati dopo il primo anno di follow-up sono stati presentati e pubblicati nell'abstract (Mascarenhas et al. abstr. 479). Non sono state osservate significative differenze di efficacia fra i due farmaci, mentre gli effetti collaterali di grado 3, clinicamente rilevanti (dolore addominale e in altre sedi, depressione, difficoltà respiratoria) sono stati più frequenti nei pazienti trattati con PEG-IFN (44%) che in quelli trattati con HU (14%).
In conclusione, la competizione fra PEG-IFN e Idrossiurea è ancora aperta e la sua risoluzione dovrà almeno attendere i risultati completi degli studi randomizzati citati.
Buongiorno ricercatori,
ho 40 anni e da 8 sono affetto da trombocitemia essenziale e trombofilia genetica, assumo cardiaspirina 100 - prima 50 - 2 volte al giorno e n. 6 compresse di xagrid (3 al mattino e 3 la sera) ho avuto un'ischemia tre anni fa.
Ho appreso in questi giorni che mia moglie è al secondo mese di gravidanza, desidero sapere se possono esserci rischi per il bambino, visto che assumo giornalmente queste compresse. Grazie, vi prego di rispondermi perché sono molto in ansia.
(Vittorio)
Risposta
Non sono riportati rischi genetici per la trombocitemia essenziale in trattamento con aspirina e anagrelide nel padre. Il bambino potrà ereditare la trombofilia genetica ma le possibili manifestazioni cliniche non avvengono di regola nell'infanzia e molto dipende dal tipo di trombofilia genetica in questione.
E' possibile che 40 anni di TOS (deficit di releasing factor) possa aver provocato la trombocitemia prima e la mielofibrosi poi? E'corretto aver sospeso la TOS dopo la diagnosi di mielofibrosi JAK2+?
(Walter)
Risposta
Non ci sono dati che sostengano l'ipotesi che la terapia ormonale sostitutiva (TOS) nei deficit ormonali provochi una malattia mieloproliferativa cronica. Pertanto, la sua prosecuzione o sospensione è indipendente dalla presenza o meno di una mielofibrosi.
Buona sera ho 53 anni e mi è stata diagnosticata la PV 3 anni fa, volevo sapere se detta patologia comporta un aumentato rischio di fratture (ora porto un gesso a causa di una frattura scomposta della diafisi distale del 2 metatarso) e se la guarigione ovvero il completo consolidamento osseo comporta tempi più lunghi rispetto ai soggetti appartenenti alla popolazione generale. Grazie infinite.
(Isabella)
Risposta
La policitemia vera non si associa ad un aumentato rischio di fratture ossee né ad un ritardo della loro completa risoluzione.
Buon pomeriggio dottori.
Ho 69 anni. Dopo circa 6 anni di trombocitemia (dovuta a mutazione genetica dello JAK2, piastrine tra 570.000 e 700.000) la malattia si è trasformata in mielofibrosi, con diagnosi presso il S. Matteo di Pavia del luglio scorso.
In previsione dell'utilizzo di JAKAVI, essendo stato rilevato QUANTIFERON a livello 6.6, ho iniziato la relativa profilassi con ISONIAZIDE (Nicozid), che durerà 9 mesi (sino al prossimo aprile).
Dopo i primi 2 mesi di profilassi con ISONIAZIDE, ad inizio ottobre ho così potuto assumere JAKAVI (20 mg/die), partendo da un Emocromo con piastrine 320.000, globuli bianchi 8.600, emoglobina 10.00 con 3.250.000 globuli rossi. Nel corso di questi 4 mesi piastrine e globuli bianchi sono sempre rimasti grosso modo stabili, mentre l'emoglobina periodicamente si riduce ogni 20/25 giorni a 7.8/8.2, abbisognando così ogni volta di trasfusioni.
Oggi ho ritirato le consuete analisi di controllo, che in sintesi, fermi molti valori normali (e tra i tanti piastrine 288.000 e glubuli bianchi 8.200) ed ovviamente l'LDH alto (411), presentano le seguenti anomalie: Emoglobina 8.1 con 2.510.000 globuli rossi; Ematocrito 24,5%; MCV 97,6;FERRITINA 735 con Ferro 205 e Tranferrina 206; VES 52; Vitamina D 21,3.
In sostanza da un lato l'anemia decade ogni 20/25 giorni a livelli nell'intorno di 8.0 e dall'altro si notano i VES alta; vitam. D carente e Ferritina, Ferro e Tranferrina anomali.
Fermo che ci si attendeva anemia ulteriormente degradata rispetto allo 10.00 basale ante JAKAVI quantomeno sino alla 12-esima settimana, vi chiedo se l'attuale persistente anemia pur se sono giunto alla 20-esima settimana di JAKAVI sia anomala o meno; così come chiedo cosa ne pensiate degli altri valori anomali.
Ringraziandovi anticipatamente, cordiali saluti.
(Mario)
Risposta
Una riduzione dei valori di emoglobina all'inizio della terapia con Ruxolitinib (Jakavi) è molto frequente nei pazienti con mielofibrosi e fa parte degli effetti collaterali noti del farmaco. Pertanto, è possibile che in questo periodo il paziente abbia bisogno di un supporto trasfusionale. In genere, ma non sempre, i valori si stabilizzano dopo alcune settimane di trattamento. In alcuni casi di anemia cronica associata a Ruxolitinib, è stata usata l'eritropoietina con riduzione delle necessità trasfusionali. L'anemia è di regola associata ad un incremento della VES e le trasfusioni provocano sempre un aumento del ferro e della ferritina.
Gentili ricercatori, sono un paziente affetto da mielofibrosi in fase prefibrotica e che tra poche settimane diventerà papà. Ho letto dei benefici che possono avere le cellule staminali presenti nel cordone ombelicale nella cura di diverse malattie comprese le Mieloproliferative croniche. Volevo chiedervi cosa ne pensate e se mi consigliate la conservazione del cordone ombellicale della bambina che presto nascerà. Grazie anticipato.
(Marcello)
Risposta
Il trapianto allogenico utilizzando cellule staminali emopoietiche ricavate dal cordone ombelicale è possibile nei pazienti con mielofibrosi ma i dati clinici sono ancora relativamente limitati (Robin et al. Biol Blood Marrow Transplant 2014;20:1841; Murata et al. Bone Marrow Transplant. 2014;49:355). Il cordone da utilizzare viene ricercato nelle apposite banche in modo da trovare la migliore compatibilità possibile con il paziente. Si deve sottolineare che le cellule staminali, anche da cordone, di un figlio hanno sempre una compatibilità solo parziale con quelle di uno dei genitori, talvolta non sufficiente per il trapianto. Inoltre, non è legalmente possibile in Italia destinare le cellule da cordone ad uno specifico paziente, compreso un genitore, ma devono essere sempre inviate alle banche del sangue.
Non entro nel merito dell'efficacia della terapia Di Bella, la mia domanda era semplicemente se le statine erano quelle menzionate in tale terapia. Grazie.
(Monica)
Risposta
Il protocollo Di Bella valutato dall'Istituto Superiore di Sanità nel 1998 e dimostratosi privo di efficacia terapeutica (Italian Study Group. Br Med J 1999;318:224) conteneva somatostatina, un ormone prodotto da cellule dell'organismo (ipotalamo, pancreas, etc...), una sostanza diversa dal gruppo di farmaci chiamati statine (simvastatina, atorvastatina) che sono invece inibitori della sintesi del colesterolo.
Cortesemente è possibile sapere se, per i pazienti affetti da MF con marcata splenomegalia, che non abbiano ottenuto risultati positivi con il ruxolitinib circa la riduzione del volume della milza, sia possibile praticare, presso il CNAO di Pavia, dove è attivo l'acceleratore di particelle (già efficace per alcuni tumori non operabili) tale cura per ridurre la splenomegalia? Visto peraltro che in passato, ai pazienti, veniva praticata la radioterapia. Grazie.
(Pietro)
Risposta
La terapia con particelle radioattive per ridurre il volume della milza nella mielofibrosi è oramai poco praticata perché la sua efficacia è spesso transitoria e il trattamento si associa in circa il 30% dei pazienti a gravi e persistenti anemia, leucopenia e piastrinopenia.
Salve ricercatori.
Vorrei chiedervi cosa possa voler dire una p50 lievemente aumentata di 32 (valori normali 24-28), con po2 diminuita, pco2 limite superiore, O2hb diminuita, ed eccesso di basi aumentato. Questo in presenza di eritrocitosi JAK2 negativa.
Nei pazienti policitemici i valori di P50 come sono? Grazie mille per l'interesse e buon lavoro!
(Edoardo)
Risposta
Il calcolo della p50 (pressione parziale di saturazione dell'emoglobina), che si esegue con una emogasanalisi, è indicato in caso di eritrocitosi per escludere la presenza di emoglobinopatie ad alta affinità per l'ossigeno. L'interpretazione del risultato deve essere fatta dall'ematologo curante tenendo conto dei dati clinici ed ematologici del paziente e dei suoi familiari. Nei pazienti con policitemia vera i valori di p50 sono normali.
Riguardo le "statine e bifosfonati nella policitemia vera", sono le stesse statine di cui parlava 20-30 anni fa il Dott. Di Bella?
(Monica)
Risposta
La cosiddetta terapia Di Bella non aveva alcuna prova scientifica di efficacia. Gli studi che abbiamo citato sono pubblicati su riviste internazionali e quindi passati al vaglio della comunità scientifica che li ha giudicati corretti e rilevanti.
Salve ricercatori, ho letto di un caso di un uomo con policitemia vera che non poteva assumere idrossiurea per controllare la malattia e nel frattempo è stato trattato con simvastatina ed elendronato per curare l'osteoporosi; dopo cinque anni con tale trattamento e senza nessun farmaco citoriduttivo, ha avuto una remissione ematologica completa e la percentuale del suo JAK2 mutato è scesa dal 64% al sotto del 20%. Vorrei sapere se ci saranno studi in futuro su questo possibile approccio terapeutico e desidererei, se possibile, un vostro commento. Grazie mille.
(Luca)
Risposta
Questo caso clinico è stato recentemente descritto da ricercatori danesi (Sorensen et al. Leuk Res Rep 2016;6:20) che da tempo studiano la relazione fra infiammazione e malattie mieloproliferative croniche (Hasselbalch and Bjorn. MPNs as inflammatory diseases: the evidence, consequences, and perspectives. Mediat. Inflamm. 2015;2015:102476) ed in particolare il possibile ruolo terapeutico delle statine in queste malattie (Hasselbalch HC, Riley CH. Statins in the treatment of polycythemia vera and allied disorders: an antithrombotic and cytoreductive potential? Leuk Res. 2006;30:1217).
L'argomento è interessante anche perché le statine si sono dimostrate attive anche in altri tipi di neoplasie (Pisanti et al. Novel prospects of statins as therapeutic agents in cancer. Pharmacol. Res. 2014;88:84). Non ci sono però ancora studi clinici sufficienti per poter considerare le statine, in associazione o meno con i bifosfonati come l'alendronato, come una terapia consolidata per la policitemia vera e le altre malattie mieloproliferative croniche. Certamente, casi come questi sono un incoraggiante stimolo per proseguire le ricerche in questo campo.
Buongiorno ricercatori! Avrei una domanda per voi.
I livelli di EPO, il giorno/i successivo/i ad un salasso, aumentano o rimangono uguali nei pazienti con policitemia? Appurato che nei pazienti sani aumentano, ciò avviene anche per i pazienti con PV, oppure, in questi ultimi, rimane costantemente uguale, anche dopo salasso?
Grazie per la delucidazione! Saluti.
(Riccardo)
Risposta
I livelli di eritropoietina sierica nei pazienti policitemici rimangono ridotti anche dopo la terapia con salassi.
Salve, vorrei per cortesia il vostro parere in merito ai valori altalenanti dell'ematocrito; 18 gennaio HCT 53.9, effettuato salasso 400 c.c.- il 20 gennaio HCT 15.2, effettuato salasso 400c.c. - il 27 gennaio HCT 48.2, effettuato salasso 400 c.c.- il 01 febbraio HCT 49.5, effettuato salasso 400 c.c.- la domanda è: quale può essere la causa di questo ultimo dato palesemente in controtendenza, tenuto anche conto che è la prima volta che si verifica? Devo preoccuparmi se questo dato non rientra nei limiti consigliati pur effettuando numerosi salassi? Grazie per la cortesia.
(Massimo)
Risposta
Fluttuazioni occasionali dei valori di ematocrito sono frequenti in corso di terapia con salassi e possono essere dovute a cause molteplici, tra le quali la fisiologica variabilità dei valori biologici, la quantità di acqua e di ferro nell'organismo e le differenze di performance e di taratura negli strumenti di analisi. Piuttosto che la differenza fra singoli valori puntiformi, si deve osservare il trend su più prelievi e in tempi più lunghi. L'obiettivo della terapia con salassi deve comunque essere il mantenimento dell'ematocrito a valori inferiori a 45% come dimostrato dal trial clinico randomizzato CYTO-PV (Marchioli et al. N Engl J Med 2013;368:22).
Gentili ricercatori, volevo porvi una domanda urgente, ho policitemia vera, ho 47 anni, non fumo, assumo cardioaspirina e idrossiurea. Ho di recente avuto influenza con tosse e catarro nasale forte, ho assunto efferalgan 2 volte al giorno per alcuni giorni, poi tachipirina e poi vedendo che non mi passava il catarro al naso perché non potevo respirare, mi mancava aria, il medico per la sinusite mi ha prescritto anche un antibiotico, dopo frequente tosse con espettorazione, un giorno tossendo un poco mi è uscito del catarro dalla trachea misto a sangue rosso chiaro, e poi sputando non si fermava il sangue, non era eccessivo , ma mi sono molto impressionata, questo mi è successo già 3 anni fa, sempre dopo un influenza, feci una tac senza contrasto 3 anni fa, ma non evidenziò nulla. Da cosa può dipendere?
Risposta
Una perdita di sangue con l'espettorato (emoftoe), se di entità moderata e a risoluzione spontanea, può essere provocata da un evento infettivo broncopolmonare intercorrente, virale o batterico. In questi casi è indicato il trattamento dell'infezione senza modificare la terapia per la policitemia. Se l'emoftoe si ripresenta anche dopo risoluzione dell'evento infettivo, dovrà essere rivalutata dal medico curante e dall'ematologo di riferimento.
Buongiorno, grazie del riscontro e nello specifico per la TE quali dei centri in Italia specializzati stanno al momento studiando approfonditamente questa malattia?
(Vale)
Risposta
Per quanto riguarda questa associazione, tutti i centri clinici che trova descritti nel sito sono attivamente impegnati nello studio della trombocitemia essenziale.
Quindi le piastrine giganti non si riscontrano in pazienti "sani"?
(Roberta)
Risposta
La presenza di piastrine giganti, se confermate allo striscio di sangue periferico ed in presenza di altre alterazioni dell'emocromo, richiedono un approfondimento diagnostico.
Preg.mi ricercatori vi scrivo per un vostro parere in merito ai possibili effetti collaterali del Ruxolitinib. Ho letto su un recente articolo dell' E.M.A. di possibile aumento del colesterolo del Ruxolitinib. Vi scrivo questo perché mia moglie dopo 36 mesi di cura col jakavi (30 mg al dì) è risultato un valore di colesterolo totale di 238... anomalia verificatasi per la prima volta. Come si fa a capire se l'ipercolesterolemia verificatasi è causata o meno dal ruxolitinib? Grazie sempre.
(Ernesto)
Risposta
Il colesterolo totale, che spesso diminuisce nei pazienti con mielofibrosi per uno stato ipercatabolico, si osserva in circa l’80% dei pazienti. Gli studi COMFORT hanno mostrato che il trattamento con ruxolitinib è associato ad un aumento dei livelli di colesterolo totale, colesterolo LDL e HDL-C per una riduzione dello stato ipercatabolico.
Questi livelli aumentati sono stati mantenuti con la terapia a lungo termine, e soprattutto, non hanno superato valori pari a 240 mg/dL o 160 mg/dL (secondo lo studio considerato), indicando che la terapia ruxolitinib non aumenta il rischio di ipercolesterolemia.
Ho letto di tecniche di trapianto per gli over 65 presso le ematologie di Perugia e San Raffaele. Di che si tratta? Ci sono altri centri che le effettuano?
(Fernando)
Risposta
Il trapianto di cellule staminali emopoietiche è l’unico approccio potenzialmente curativo nei pazienti con PMF. Peraltro, la procedura è gravata da una significativa mortalità e morbidità, anche quando si impiegano regimi di condizionamento ad intensità ridotta. La mortalità correlata al trapianto è stata stimata intorno al 30% e la sopravvivenza mediana a 5 anni è del 45-50%. Pertanto, gli esperti considerano candidabili al trapianto pazienti con una aspettativa di vita mediana inferiore a 5 anni. Questa indicazione includerebbe casi con IPSS a rischio alto o intermedio-2, o con necessità trasfusionali o anomalie citogenetiche sfavorevoli. Devono essere inoltre considerati altri fattori potenzialmente avversi per l'esito della procedura trapiantologica, come l'età avanzata, la presenza di splenomegalia massiva, una fase avanzata di malattia o la disponibilità di un donatore non HLA-identico, la presenza di co-morbilità.
Al fine di ottimizzare sia le indicazioni che le procedure del trapianto di cellule staminali emopoietiche nella mielofibrosi, è stato di recente completato un processo di consenso tra gli esperti afferenti a EBMT e ELN. E’ stato indicato il trapianto fino a 70 anni nei rischi intermedio 2 o alto rischio e nei casi fino ai 65 anni anche se intermedio 1 purché abbiano dipendenza alle trasfusioni, blasti periferici superiori al 2% o citogenetica sfavorevole. Il trapianto nei pazienti con MF in età >60 anni viene effettuato in tutti i centri trapiantologici, con particolare attenzione per quei centri di ematologia con uno specifico interesse nelle malattie mieloproliferative croniche.
Salve dottori, volevo sapere cosa sono le grandi piastrine e in quale quantità siano normali.
(Roberta)
Risposta
Le grandi piastrine, meglio definite piastrine giganti o megatrombociti, sono piastrine di grandi dimensioni, espressione dell'alterata proliferazione dei megacariociti nel midollo. I megatrombociti si riscontrano in diverse patologie congenite o non, che riguardano sia le piastrine (sindrome di Bernard-Soulier, piastrinopenia autoimmune, sindrome di Moschowitz, etc.) che il sistema emopoietico (sindromi mielodisplastiche, sindromi mieloproliferative croniche, etc.). Esse infatti, si osservano frequentemente, talora associate ad aggregati piastrinici, nei pazienti con trombocitemia essenziale e mielofibrosi.
Assumo oncocarbide per anemia falciforme, solo che ho scoperto di aspettare un bimbo, non so cosa fare.
(Lara)
Risposta
L’Idrossiurea è un farmaco citostatico e, per il suo meccanismo d’azione comune ad altri farmaci antitumorali, è ipotizzabile che possa avere potenziali effetti sulla riproduzione, sulla mutagenesi, sulla teratogenesi e sulla carcinogenesi. Si suggerisce quindi di avvertire immediatamente il vostro medico e ginecologo di fiducia.
Sono un collega, vorrei sapere se esistono linee guida sulla trombocitemia in gravidanza.
(Giovanni)
Risposta
Nei seguenti link è possibile ottenere informazioni relative alla gestione della gravidanza nei pazienti con MPN:
https://academic.oup.com/annonc/article-lookup/doi/10.1093/annonc/mdv203
https://www.thieme-connect.com/DOI/DOI?10.1055/s-2006-942763
Sapete già indicarci una data orientativa per la Giornata Fiorentina del Paziente? Grazie.
(MI.CRO)
Risposta
La giornata fiorentina dedicata ai pazienti quest'anno è programmata per il 13 Maggio. A breve verranno aperte le iscrizioni e sarà disponibile il programma nella nuova pagina web all'indirizzo http://www.mpn-florence.com/2017/ .
Buongiorno,
vorrei avere maggiori informazioni sull'uso dell'interferone nella mielofibrosi cronica (benefici/effetti collaterali/parametri da tenere sotto controllo/il fegato subisce danni?) Grazie.
Risposta
Ad oggi sono disponibili un numero limitato di studi che valutano gli effetti dell'interferone nella mielofibrosi (in particolar modo in quella definita in fase iniziale, "early"). Studi precedenti hanno indicato che l'interferone-alfa ha il potenziale di ridurre la proliferazione cellulare midollare, con riduzione della densità dei megacariociti, e di indurre una riduzione significativa della fibrosi del midollo. Questi effetti si associavano inoltre ad un miglioramento della splenomegalia e dell'emocromo. La tossicità sistemica indotta dal farmaco può però limitarne l'utilizzo.
Tra gli altri effetti collaterali dell'interferone ci sono:
un calo temporaneo del numero di cellule del sangue prodotte dal midollo osseo. Questo può causare: un maggior rischio di sviluppare un'infezione per il calo dei globuli bianchi. Si può avere mal di testa, dolore muscolare, tosse, mal di gola, dolore quando si urina, ipersensibilità al freddo e brividi, stanchezza e mancanza di respiro per il calo di globuli rossi (anemia) – potrebbe essere necessaria una trasfusione di sangue.
Formazione di lividi più frequente o emorragie per il calo delle piastrine.
Stanchezza, sintomi influenzali come febbre, brividi, mal di testa, dolore ai muscoli e alle articolazioni.
Altri effetti collaterali sono:
malessere, questo accade a circa la metà delle persone trattate;
diarrea – si dovrebbero bere molti liquidi per evitare la disidratazione;
perdita di appetito, alterazioni del senso del gusto o un sapore metallico o amaro in bocca;
depressione o cambiamenti emotivi come l'ansia. Difficoltà a dormire;
mal di gola e dolore alla deglutizione;
perdita di peso, prurito, eruzioni cutanee e pelle secca.
Complicanze rare dell'interferone, in meno del 10% dei pazienti in trattamento:
diradamento dei capelli, depressione, confusione o sonnolenza estrema;
danni al muscolo cardiaco, temporanei o a lungo termine;
una reazione allergica al farmaco (informare il medico se le mani, il viso o le caviglie si gonfiano);
ipertensione, tremore, sonnambulismo;
eccessiva sudorazione,stitichezza, peggioramento dell'emicrania, riduzione del desiderio sessuale.
I danni al fegato sono molto lievi, è improbabile che causino sintomi.
Salve, in merito alla recente risposta da voi data in tema di gravità del rischio dell'evoluzione della mielofibrosi, mi pare di capire che è cambiato qualcosa rispetto ai criteri passati. Mia moglie, diagnosticata mf post pv nel 2013, età 56, senza sintomi, milza 14/15 cm, blasti 1/2%, emoglobina 11/12, venne alla diagnosi classificata mf2 ad alto rischio. Adesso, dopo tre anni di ruxolitinib, con milza di 10 cm, senza blasti da 33 mesi (grazie al ruxolitinib?), senza sintomi e con una emoglobina superiore a 10, che oscilla fra 10,7 e 11,2,con wbc 3,4, secondo la vostra precedente risposta può definirsi a rischio basso zero? O quella che conta è la prima diagnosi... e se fosse così perché? Grazie sempre.
P.S.: Un Jak2 che diminuisce notevolmente o con un valore basso non è pure indice di una mf poco aggressiva?
(Ernesto)
Risposta
La stratificazione prognostica dei pazienti affetti da mielofibrosi è articolata. Il primo tentativo di score di prognosi risale al 2009 con la formulazione dell'International Prognostic Scoring System (IPSS).
Tale score è stato calcolato e validato per i casi valutati al momento della diagnosi e prevede, come già riportato nella risposta del 20 gennaio, cinque variabili indipendenti, predittive di ridotta sopravvivenza: età superiore ai 65 anni; presenza di anemia con emoglobina inferiore a 10 g/dl; leucocitosi con globuli bianchi superiori a 25x10^9/L; blasti circolanti nel sangue periferico in misura uguale o superiore all'1% e presenza di sintomi sistemici. Grazie a questa stratificazione prognostica è possibile identificare pazienti a prognosi molto buona (che non presentavano nessuno di questi fattori) e quelli con prognosi estremamente sfavorevole (che presentavano tre o più dei fattori di rischio).
Questa classificazione è stata successivamente implementata in modo da poter essere applicata dinamicamente, tanto all'esordio, quanto durante il follow up. Il DIPSS (Dynamic International Prognostic System) prevede le stesse variabili sopracitate, assegnando, tuttavia, alla presenza dell'anemia un punteggio doppio.
Un'ulteriore revisione del DIPSS (DIPSS plus) ha portato all'aggiunta di tre fattori con significato prognostico sfavorevole: presenza di un cariotipo sfavorevole, fabbisogno trasfusionale di globuli rossi e presenza di piastrinopenia con conta inferiore a 100x10^9/L.
Le variabili da considerare sono quelle relative alla diagnosi o al follow-up ma strettamente associate alla patologia di base e non influenzate dal trattamento in atto.
Il significato clinico del valore della carica allelica del JAK2 (che esprime la percentuale di allele mutato rispetto a quello normale, non mutato) non è ad oggi del tutto definito, pur essendo stato oggetto di intensa ricerca. Ne è testimonianza il fatto che tale valutazione quantitativa non figuri fra gli esami necessari e raccomandati per la determinazione del rischio prognostico nella mielofibrosi. Inoltre, l'importanza clinica della riduzione della carica allelica di JAK2 in corso di terapia è ancora da stabilire.
Ho l'ematocrito a 49,5, ho preso la cardiospirna per più di un mese va bene per abbassare l'ematocrito?
(Elena)
Risposta
Un basso dosaggio di aspirina, come quello utilizzato nelle malattie mieloproliferative croniche, a lungo termine blocca irreversibilmente la formazione del trombossano A2 nelle piastrine, con un conseguente effetto inibitore sull'aggregazione delle piastrine, che si traduce in una fluidificazione del sangue. Questa proprietà la rende utile nella profilassi anti-trombotica; al contrario l'aspirina non è in grado di ridurre il valore di ematocrito. Infatti il valore di ematocrito può essere ridotto mediante le procedure di salasso in associazione (ad esempio nei soggetti ad alto rischio trombotico) o meno ad una terapia citostatica (come ad esempio oncocarbide, interferone,ecc.).
Salve, vorrei partecipare alla registrazione dei casi di trombocitemia essenziale nazionale per contribuire alla ricerca e allo studio di questa malattia, come posso fare?
(Vale)
Risposta
Il modo migliore per contribuire alla ricerca è riferirsi ad un centro di ematologia con uno specifico interesse nelle malattie mieloproliferative croniche che possa prenderla in carico e quindi raccogliere i suoi dati previo consenso specifico per scopi di ricerca.
Buongiorno, sono affetta da POLICITEMIA vera, vorrei sapere se l'olio d'oliva di cannabis può essere di aiuto. Grazie mille.
(Anna)
Risposta
Non ci sono indicazioni sull'utilizzo di cannabinoidi nel trattamento della neoplasie mieloproliferative croniche.
E' passato un anno dalla diagnosi di mielofibrosi L0 (JAK2 19%). La milza è passata da 133 a 134 mm. Si può dire che l'evoluzione della patologia è lenta? Grazie.
(Fernando)
Risposta
In base alle informazioni date non è possibile definire il rischio di evoluzione della malattia. Il rischio di progressione dipende dalla definizione del rischio prognostico che si basa su modelli di score quali IPSS e DIPSS. Attualmente la prognosi di un paziente con mielofibrosi primaria, ossia la previsione di come la malattia evolverà nel tempo, viene definita in base alla scala di valutazione della prognosi IPSS o DIPSS, in cui si deve valutare la presenza o meno di ciascuno dei seguenti fattori:
- Anemia (valore di emoglobina nel sangue inferiore a 10 grammi per decilitro);
- Leucocitosi (n. di globuli bianchi superiore a 25.000 per millimetro cubo di sangue);
- Età avanzata (età superiore a 60 anni);
- Presenza di blasti in percentuale uguale o superiore all'1% nelle cellule del sangue;
- Presenza di sintomi generali (per esempio febbre non dovuta a infezioni, sudorazioni notturne abbondanti, dimagrimento negli ultimi 6 mesi pari o superiore al 10% del peso corporeo).
A seconda del numero di fattori presenti, viene definito il livello di gravità della malattia. Come potrà notare una variazione delle dimensioni della milza non hanno un impatto sulla prognosi.
Buona sera a tutti, sono affetta da TE da 3 anni e da circa un anno e mezzo in terapia con cardioaspirina e xagrid (quest'ultima due compresse algiorno). JAK2 negativa, mpl negativa, positiva alla mutazione genetica CARL. Ho 40 anni, non fumatrice, non ho mai avuto eventi trombotici e e le mie piastrine si aggirano attorno alle 850. A parte le piastrine, le mie analisi sono perfette. Posso sperare di poter sospendere la terapia con xagrid anche se solo per brevi periodi? quali potrebbero essere gli effetti post sospensione? Ovviamente sarebbe da valutare con l'ematologa che mi ha in cura, ma vorrei conoscere anche la vostra opinione in merito.
Grazie per l'attenzione che mostrate assiduamente a tutti noi.
(Carmela)
Risposta
L'anagrelide è un agente che riduce il numero delle piastrine mediante una soppressione selettiva della produzione piastrinica. Il farmaco viene somministrato in modo continuativo per bocca a dosi giornaliere variabili da 1 a 2 mg. L'anagrelide può avere effetti collaterali, quali cefalea, ritenzione idrica, disturbi gastrointestinali, cardiovascolari e neurologici.
Tale farmaco ha indicazione per la terapia della trombocitemia essenziale resistente o intollerante alla terapia di prima linea e più recentemente nei soggetti giovani pazienti di età <40 anni con conta piastrinica >1.000x10^9/l e/o con storia di eventi trombotici o emorragici maggiori. La sospensione del trattamento con anagrelide porterebbe ad un aumento della conta piastrinica fino ai valori iniziali. Senza conoscere il motivo per cui è stata iniziata la terapia con anagrelide non è possibile dare una risposta esaustiva.
Gentili ricercatori,
è vero che l'assunzione dell'interferone (nella forma peghilata) rende sterili? Oppure può avere un effetto negativo sulla qualità degli spermatozoi?
Grazie mille della risposta.
(Andrea)
Risposta
L'assenza di rischio mutageno o teratogeno dell'interferone (inclusa la forma peghilata) lo rende sicuro per il trattamento delle malattie mieloproliferative croniche, in particolare per i pazienti più giovani.
Non ci risultano effetti negativi dell'interferone, sia qualitativi che quantitativi, sugli spermatozoi.
Cortesemente, tenuto conto dei rischi a cui i pazienti affetti da MF candidato a splenectomia, qualora vi fosse rottura spontanea della milza si potrebbe intervenire solo chiudendo la lesione, magari in laparoscopia?
(Pietro)
Risposta
Lesioni alla milza di una certa gravità possono richiedere un intervento chirurgico urgente, mentre nel caso di traumi più lievi è spesso possibile un trattamento di tipo conservativo. Rispetto a quanto accadeva anni addietro, il ricorso all'intervento di rimozione della milza viene valutato con molta più ponderatezza; se si è in grado di tenere la situazione sotto controllo, infatti, si tende a osservare la situazione senza praticare la splenectomia per cercare di capire se l'emorragia può arrestarsi in modo spontaneo. Bisogna comunque sottolineare che tali indicazioni sono rivolte sostanzialmente a soggetti con dimensioni della milza nella norma, mentre per le marcate splenomegalie (come quelle che si osservano nella mielofibrosi) non esistono studi a riguardo.
Policitemia Vera jack positiva - 41 anni. In trattamento con salassi al bisogno. Ematocrito "sotto controllo" <45, Piastrine e globuli bianchi in lento ma costante aumento nei due anni dalla scoperta (900 ptl e 16 GB ultima rilevazione milza 15,5). Intanto colgo l'occasione per ringraziarvi della vostra costante presenza che non ci fa sentire soli (cosa fondamentale nel ns. contesto). Quello che oggi ci chiediamo e se considerando che l'oncocarbide (che pare si debba essere comunque costretti ad assumere) con il passare del tempo ha i suoi effetti collaterali e pur contribuendo al controllo sui sintomi della malattia non agisce concretamente sulla stessa... mentre l'interferone agisce proprio sulla malattia riducendo non solo i sintomi ma in alcuni casi fa addirittura regredire in maniera totale la malattia (pur avendo anch'esso i suoi potenziali effetti collaterali)... non sia di per sè già logico il ricorso con preferenza a quest'ultimo nelle terapie di prima linea? L'uso autorizzato dell'interferone in Europa negli Usa ed in Australia dovrebbe essere una conferma di ciò... ma in Italia si è ancora in una fase sperimentale. Non è una incomprensibile e pericolosa contraddizione? E come esattamente si dovrebbe ragionare? Grazie ancora.
(Rosa)
Risposta
Nella PV, l'interferone alpha pegilato è considerato una prima scelta terapeutica, al pari dell'Oncocarbide, dalle linee-guida europee ed è il farmaco ad oggi più efficace nel ridurre e talora abolire la carica allelica di JAK2. L'interferone-alfa è stato impiegato nella terapia della PV sulla base della sua attività antiproliferativa sulle cellule staminali emopoietiche e della sua azione su alcune citochine coinvolte nell'emopoiesi. Gli studi pubblicati hanno incluso piccole serie di pazienti non controllate e hanno riportato risposte in circa il 50% dei pazienti per la riduzione dell'ematocrito a valori <45% senza necessità di salassi, nel 77% dei casi per la riduzione della splenomegalia e nel 75% per il controllo del prurito. I principali effetti collaterali sono stati una flu-like syndrome nella maggior parte dei pazienti nelle prime fasi della terapia, generalmente controllabile con paracetamolo, e una tossicità cronica in circa il 30% dei casi, caratterizzata da astenia, mialgia, perdita di peso o depressione severa, che richiede la sospensione del farmaco. Una migliore tollerabilità ed efficacia è stata recentemente riportata per l’IFN-alfa peghilato. A sostegno vi sono attualmente dati che indicano una percentuale di risposte clinico-ematologiche complete intorno al 70-80% e in alcuni pazienti sono state ottenute risposte molecolari della mutazione di JAK2V617F quasi complete dopo due anni di trattamento (Kiladjian JJ, 2008; Quintas-Cardama A, 2009). Questi importanti risultati da studi non controllati, ottenuti sia in Europa che negli Stati Uniti, hanno stimolato i ricercatori a disegnare studi prospettici randomizzati intesi a valutare l'efficacia e la sicurezza di questo farmaco sperimentale rispetto allo standard HU.
In occasione del meeting annuale dell'American Society of Hematology (ASH), tenutosi a San Diego (California) dal 3 al 6 dicembre di quest'anno, sono stati presentati i risultati dello studio clinico di Fase III "PROUD-PV", in cui il farmaco sperimentale "ropeginterferon alfa-2b" (AOP Orphan Pharmaceuticals AG) è stato valutato in un gruppo di pazienti con policitemia vera. Ropeginterferon alfa-2b è mono-pegilato ad azione prolungata, con proprietà farmacocinetiche migliorate. Lo studio PROUD-PV, randomizzato, controllato e in aperto, è stato condotto in 48 centri europei ed ha visto coinvolti 254 pazienti con PV, precedentemente sottoposti a idrossiurea (HU) o naive a questo tipo di terapia citoriduttiva. I soggetti sono stati randomizzati per ricevere ropeginterferon alfa-2b in dosi bi-settimanali o HU in dosi quotidiane. Per quanto riguarda l'efficacia, i dati rilevati a 12 mesi indicano la non-inferiorità di ropeginterferon alfa-2b in confronto a idrossiurea, con una risposta ematologica completa (CHR) ottenuta nel 43,1% dei partecipanti nel gruppo ropeginterferon alfa-2b e nel 45,6% di quelli appartenenti al gruppo HU. In relazione alla sicurezza, ropeginterferon alfa-2b ha rivelato una buona tollerabilità. I positivi dati raccolti faranno da supporto alla richiesta di approvazione di ropeginterferon alfa-2b come trattamento per la PV, richiesta che PharmaEssentia e AOP Orphan intendono presentare sia alla Food and Drug Administration (FDA) degli Stati Uniti che all'Agenzia Europea per i Medicinali (EMA).
Buongiorno a tutti.
Mio marito è seguito da circa tre anni per policitemia idiopatica. Effettua salassi ogni mese e mezzo circa. Emocromo inizialmente 56 ora si aggira sui 50/51. Ora ha eseguito analisi sangue e gli è stato prescritto anche esame ferro e ferritina. Questi sono risultati ben al di sotto del limite ematocrito invece 51. A vostro avviso come sarebbe opportuno procedere? Vi ringrazio molto.
(Chiara)
Risposta
Il prolungato uso del salasso induce un abbassamento delle riserve di ferro (bassa sideremia e bassa ferritinemia), che generalmente non richiedono di essere corretti. Bassi livelli di ferro e ferritina quindi non portano ad una controindicazione assoluta al salasso.
Leucociti (WBC) 10,42 x103/µ L (4.0 - 10.0) % Neutrofili (NEUT%) 71,6 Linfociti (LYMP%) 15,8 Monociti (MONO%) 4,9 Eosinofili (EOS) 0,7 Basofili (BASO) 2,6 Gr. cell.non col. (LUC) 4,4 Neutrofili (NEUT) 7,46 x103/µ L ( 2.00 - 7.50) Linfociti (LYMP) 1,65 x103/µ L (1.50 - 3.50) Monociti (MONO) 0,51 x103/µ L (0.20 - 0.80) Eosinofili (EOS) 0,07 x103/µ L (0.04 - 0.40) Basofili (BASO) 0,27 x103/µ L (0.02 - 0.10) Gr. cell.non col. (LUC) 0,46 x103/µL (0.05- 0.20) POPOLAZIONE ERITROCITI Eritrociti (RBC) 4,55 x106/µ L (U 4.5 -6.0 / D 3.8-5.4) Emoglobina (HGB) 14,3 g/dL (U 13.5 - 17.5 / D 11.5 -16.0) Ematocrito (HCT) 42,5% (U 40.0 - 54.0 / D 37.0 - 47.0) Vol.Globul.Medio (MCV) 93,4 fL (76.0 - 96.0) Conten.Medio Hb (MCH) 31,4 pg (27.0 - 32.0) Conc.Media Hb (MCHC) 33,6 g/dL (30.0 - 36.0) Dist.Vol.Gl.Rossi (RDW) 16,9 % (12.0 - 20.0) Distrib.Hb Media (HDW) 3,49 g/dL ( 2.2 - 3.2) POPOLAZIONE PIASTRINE Piastrine (PLT) 164 x 103/µ L (150 - 400) Vol.Piastrinico.Medio (MPV) 9,9 fL (7.0 - 10.5) Dist.Vol.Piastrine (PDW) 70,2 % (25.0 - 70.0) Piastrinocrito (PCT) 0,16 % (0.12 - 0.36).
Nelle ultime 2 analisi stanno salendo i globuli bianchi. Sono affetto da mielofibrosi da 3 anni ed in cura con ruxolitinib. Devo preoccuparmi?
(Franco)
Risposta
Dagli esami riportati non emerge un aumento significativo della conta dei globuli bianchi, per una corretta interpretazione dell'esame emocromocitometrico si consiglia di consultare l'ematologo di fiducia.
Buongiorno! Sono il ragazzo 27-enne (Riccardo-8genn.) che vi ha scritto l'altro dì. Grazie mille per la risposta! Vorrei chiedervi infine, se, in assenza di mutazioni JAK2/esone12, ematocrito51,7/54 da almeno 12 anni ed epo3,5, una biopsia con quadro compatibile con sindrome mnp, non classificabile secondo WHO 2016 (lieve iperplasia mielodie, moderata iperplasia eritrocitaria e megacariocitaria con megacariociti polimorfi, assenza ipercellularità, stroma nella norma MF0, emosiderina lieve eccesso, cd34 circa1%) può risultare diagnostica/dirimente? Corrisponde/non corrisponde a quadro policitemia v., considerati altri valori?
Non essendo classificabile WHO2016, la terapia può essere uguale a PV, oppure può variare?
Effettuato, successivamente, solo qualche giorno fa, anche emogas venoso con valori di pco2/Co2/bicarbonati aumentati e po2/saturazione di O2 dell'emoglobina diminuiti. Cosa vuol dire?
Complimenti per il vostro lavoro. Saluti.
(Riccardo)
Risposta
Secondo la recente revisione della classificazione WHO per la policitemia vera, la diagnosi richiede che siano soddisfatti 3 criteri maggiori oppure i primi 2 criteri maggiori ed il criterio minore secondo il seguente schema:
Criteri maggiori:
1. emoglobina > 16.5g/dL ( o >49% di ematocrito) per gli uomini oppure >16.0 g/dL (o >48% di ematocrito) per le donne. Oppure un aumento della massa eritrocitaria (>25% rispetto alla norma);
2. Biopsia osteomidollare caratterizzata da aumento della cellularità con proliferazione di tutte le serie emopoietiche (globuli rossi, globuli bianchi e piastrine);
3. presenza di mutazioni del gene JAK2 (V617F o Esone12)
Crirerio minore: basso dosaggio di eritropoietina sierica.
In assenza dei criteri suddetti la diagnosi di policitemia vera non può essere confermata. Una volta escluse possibili cause secondarie di eritrocitosi, il quadro potrebbe comunque richiedere ulteriori approfondimenti per escludere la presenza di forme di eritrocitosi familiare. Nel caso in cui non dovessero emergere altre possibili cause, il quadro rientrerebbe tra le forme di eritrocitosi idiopatica.
L'emogasanalisi di sangue venoso viene eseguito nel sospetto di una emoglobinopatia ad alta affinità per l'ossigeno. Esistono rare varianti patologiche dell'emoglobina con alterata affinità per l'ossigeno. Le forme con aumentata affinità per l'ossigeno sono responsabili di una minor cessione di ossigeno ai tessuti, di un incremento dell'eritropoietina sierica e consequenzialmente di una eritrocitosi compensatoria. Le emoglobine ad alta affinità per l'ossigeno possono essere riconosciute tramite appunto emogasanalisi venosa con calcolo della pressione parziale dell'ossigeno (P50). Nelle emoglobinopatie ad alta affinità per l'ossigeno tale valore è marcatamente ridotto.
Al contrario l'emogasanalisi di sangue arterioso consente di valutare il livello di saturazione arteriosa di ossigeno (normalmente superiore al 92%), consentendo di riconoscere condizioni di ipossia e orientando in tal caso verso una policitemia secondaria.
Buongiorno,
vorrei fare una visita in un centro specializzato nella Mielofibrosi. Potete indicarmi i più specializzati centri italiani? Grazie.
(Massimo)
Risposta
La maggior parte dei Centri di ematologia italiani hanno esperienza nella gestione della mielofibrosi, vi sono comunque alcuni centri con un più specifico interesse tra cui Firenze (Prof. Vannucchi), Varese (Prof. Passamonti), 2 centri a Pavia (Prof. Barosi oppure Prof. Cazzola), Bologna (Dr. Vianelli), Napoli (Prof. Pane) e Bari (Prof.a Specchia).
Potreste fornire informazioni in ordine allo studio con PRM 151 nella MF. E' vero che si sta sperimentando a Pesaro e Pavia? Grazie.
(Salvatore)
Risposta
PRM-151 è una forma ricombinante di pentraxina-2, una proteina endogena umana che agisce nelle sedi di danno tissutale, inducendo i macrofagi a prevenire e ridurre la fibrosi. Questo agente è stato valutato in studi clinici preliminari negli USA in pazienti con mielofibrosi ad intermedio ed alto rischio. In Italia era attivo, a Pavia e Pesaro, un protocollo di fase 2, in doppio cieco, randomizzato su 3 dosi [0.3, 3 e 10 mg/kg] da somministrare e.v. ogni 4 settimane. Criteri di inclusione principali erano una diagnosi di mielofibrosi int-1, -2 o alto rischio secondo DIPSS, anemia trasfusione dipendente e/o piastrinopenia [< 50.000] e con una fibrosi midollare di almeno grado 2. L'arruolamento al momento è chiuso poiché è stato raggiunto il numero target di pazienti a fine novembre. Non è prevista la riapertura in tempi brevi.
Con riferimento alla vostra risposta (13 gennaio 2017 - ore 20:21) - Splenectomia e mielofibrosi, chiedo conferma sulla seguente frase: "Non esistono inoltre evidenze di un possibile aumento del rischio di evoluzione in leucemia acuta nei pazienti sottoposti a splenectomia".
Risposta
La frase in questione si riferisce al sospetto, insorto negli anni passati, che la splenectomia potesse rendere meno "controllabile" la malattia mieloproliferativa da parte della terapia, aumentando il rischio di progressione in leucemia acuta. Non esistono invece evidenze cliniche che tale rischio sia aumentato.
Egregi Dottori,
ho ricevuto sempre da voi risposte esaustive in merito alla mia malattia: ex politicemico con evoluzione circa quattro anni fa in anemia refrattaria con presenza di blasti.
In remissione completa mi accingo ad effettuare il 41 esimo ciclo mensile di AZACITIDINA. Vorrei sapere se esistono statistiche al riguardo circa l'assunzione del vidaza per cosi lungo tempo e quali possono essere i problemi per tale assunzione del chemioterapico anche se ben assorbito (attualmente soffro di tachicardia, ho già fatto due elettrocardiogramma nella norma, visita cardiologica nella norma e sono in attesa di fare un ettrocardicolordoppler).
Grazie per la vostra risposta e saluti.
(Salvatore 1944)
Risposta
Le informazioni relative agli effetti collaterali a lungo termine della 5-azacitidina in pazienti con una malattia mieloproliferativa sono limitate in quanto gli studi riportati in letteratura coinvolgono un piccolo numero di pazienti trattati per brevi periodi di tempo. In generale i più comuni effetti collaterali associati all'utilizzo di azacitidina sono, a parte la comparsa di eritema/dolore nella zona nella quale è stato iniettato il farmaco, la riduzione di globuli rossi, globuli bianchi e piastrine (generalmente più marcata durante i primi due cicli di terapia) che porta ad un aumento del rischio di infezioni e di emorragie durante tutto il periodo di trattamento. Inoltre, si deve porre particolare attenzione nei pazienti con una storia di insufficienza cardiaca congestizia severa, malattia cardiaca o polmonare instabile in quanto la sicurezza e l'efficacia di azacitidina in questi pazienti non è stata ancora stabilita con certezza. Dati recenti provenienti da studi clinici in cui erano stati arruolati pazienti con una storia di eventi cardiovascolari maggiori hanno mostrato un significativo aumento dell'incidenza di eventi cardio-polmonari durante il trattamento con azacitidina.
Nelle malattie mieloproliferative ph negative è possibile trovare positività per autoanticorpi tipo ana e/o adna senza che per questo si debba fare diagnosi di lupus?
(Maurizio)
Risposta
Le malattie mileoproliferative croniche non si caratterizzano per una maggior incidenza di positività ad autoanticorpi. In presenza di anticorpi anti-nucleo e anti-DNA si suggerisce un approfondimento del quadro clinico.
Egregi Dottori, oltre alla domanda già inviatavi in data odierna, desidero anche chiedere il vostro parere circa il vaccino contro l'herpes zoster. Nel mio caso avendo MIELOFIBROSI, e assumendo Jakavi corro dei rischi? A tal proposito allego di seguito quanto ho trovato sull'argomento in una recensione.
"La vaccinazione anti-Zoster è controindicata nei soggetti che presentino una delle seguenti condizioni:
- Stati di immunodeficienza primaria ed acquisita dovuti a leucemia acuta o cronica, linfoma o altra patologia che coinvolge il midollo osseo o il sistema linfatico, immunosoppressione dovuta ad HIV/AIDS, immunodeficienza cellulare."
Grato come sempre per le Vostre cortesi risposte. Cordialmente.
(Riki)
Risposta
Non esistono precise indicazioni sull'utilizzo del vaccino contro l'Herpes Zoster nei pazienti in trattamento con Ruxolitinib. Tale vaccino potrebbe comunque essere utile in pazienti con infezioni herpetiche da HZV ricorrenti.
Egregi dottori,
66 anni portatore di mielofibrosi e assumo Jakavi. Poiché continuo ad avere disturbi vescicali (non bruciore ma un frequentissimo stimolo alla diuresi) e l'urologo, dopo una accurata visita anche con ecografia, mi dice che per lui non ci sono problemi prostatici, vi chiedo se è il caso di fare una risonanza magnetica completa all'addome al fine di approfondire con precisione eventuali problemi. Cordialmente.
(Riki)
Risposta
Talora la presenza di una milza di grosse dimensioni può comportare una compressione degli organi addominali, inclusa la vescica con conseguente disturbi vescicali ed aumento della diuresi. Al contrario, in assenza di splenomegalia marcata o di una terapia diuretica in atto, si suggerisce una rivalutazione urologica e nefrologica al fine di escludere altre possibili cause; in tal caso potrebbe essere richiesto, se viene ritenuto necessario, l'esecuzione di una risonanza magnetica dell'addome.
Cortesemente, perché non è indicato asportare la milza in soggetti con MF aventi marcata splenomegalia? E nel qual caso quali potrebbero essere le conseguenze? Grazie.
(Pasquale)
Risposta
La splenectomia è indicata nella mielofibrosi solo in caso di splenomegalia massiva sintomatica refrattaria alla terapia citoriduttiva, in casi di anemia trasfusione-dipendente, ipertensione portale sintomatica mentre è generalmente non indicata e poco efficace nella piastrinopenia grave. Nonostante le complicanze più frequenti della splenectomia (trombosi dei vasi venosi addominali, infezioni, emorragie) siano ben conosciute, e quindi vengano messe in atto tutte le misure profilattiche per evitarle, la splenectomia nella mielofibrosi è ancora gravata da circa il 6-8% di mortalità. E' quindi preferibile eseguire tale procedura in centri con elevata esperienza. Non esistono inoltre evidenze di un possibile aumento del rischio di evoluzione in leucemia acuta nei pazienti sottoposti a splenectomia.
In primis buon anno allo staff, vi seguo da tanto e con le vostre risposte ci siete molto di aiuto.
Ho 49 anni e da tredici sono affetto da neoplasia proliferativa JAK2+ con episodio di rivascolarizzazione miocardica fatta 6 anni fa, da allora sono in trattamento con oncocarbide 3 al dì, plavix e terapia per ipertensione, faccio 1-2 salassi all'anno per far rientare l'ematocrito, da quando assumo oncocarbide, oltre alle problematiche dell'afte, è comparso in faccia un eritema che è aumentato progressivamente nel tempo, e ad oggi ho la faccia completamente rossa quasi livida, con forte fastidio di bruciore e a volte prurito, volevo sapere a cosa posso andare incontro se continua ad aumentare, l'oncocarbide è la causa principale di tutto questo? Dovrò sospendere il trattamento? Un forte grazie in anticipo e buon lavoro.
(Giuseppe)
Risposta
Le manifestazioni cutanee che lei ha riferito possono essere dovute all'oncocarbide, e se queste sono ricorrenti e fastidiose possono indurre a sospendere il farmaco e a scegliere un chemioterapico diverso.
L'idrossiurea è un farmaco per il quale è stata accumulata nel corso degli anni un'ampia esperienza clinica, in particolare nel campo delle patologie mieloproliferative. La maggior parte dei pazienti trattati tollera molto bene il farmaco anche quando viene somministrato per lunghi periodi di tempo.
Gli effetti collaterali sono globalmente rari; fra questi, i più caratteristici riguardano l'eventuale tossicità a livello della cute e degli annessi cutanei (che si manifesta con secchezza cutanea, striature ed alterazioni ungueali) ed a livello della mucosa del cavo orale (con infiammazioni e, talvolta, formazione di afte). Tali possibili complicanze si giovano di un'adeguata igiene orale preventiva e di una particolare attenzione all'idratazione e alla cura della cute stessa.
Una possibile evenienza, anch'essa molto rara e che generalmente insorge dopo periodi protratti di cura, è la formazione di ulcere cutanee che solitamente coinvolgono gli arti inferiori e, in particolare, la zona perimalleolare (prevalentemente alla caviglia o nel tratto inferiore della gamba). Per completezza, sono stati riportati rari casi di tumori cutanei (diversi dal melanoma), ma in questo caso bisogna tener conto della storia clinica completa del paziente, quindi considerare anche fattori concomitanti quali l'età, la storia di esposizione solare o la presenza di lesioni cutanee quali cheratosi attiniche. Si suggerisce quindi una valutazione anche di tipo dermatologica al fine di escludere la presenza di lesioni che richiedono un trattamento specifico.
Buongiorno gentili esperti,
ho 59 anni, dal 2013 sono seguita dal Centro Ematologico, in base all'ultimo esame di biopsia osteo-midollare è stato rilevato un quadro di "patologia mieloproliferativa in evoluzione mielofibrotica". Ad oggi seguo una terapia antiaggregante ed eritroaferesi periodiche. Dall'ultimo esame del sangue è emerso un carico piastrinico di 1044. Ora dovrei sottopormi all'estrazione di un dente ed alla conseguente implantologia. Lo posso fare? Grazie.
(Laura)
Risposta
Prima dell'intervento, informi il suo ematologo, perché è importante che sia a conoscenza della procedura che dovrà effettuare. La prosecuzione dell'aspirina dipende dal tipo di intervento: per questo la invitiamo a discuterne con il vostro Odontoiatra. Anche se spesso nella pratica clinica viene consigliata la sospensione dell'antiaggregante qualche giorno prima di sottoporsi a procedure invasive, non vi è in realtà una netta indicazione in tal senso e la scelta va presa caso per caso con i propri Curanti. Nelle malattie mieloproliferative croniche, in caso di una conta piastrinica superiore a 1 milione o in caso di eventi emorragici può essere indicato misurare l'attività del fattore di von Willebrand. L'utilità del test è principalmente quella di capire il rischio emorragico e se sia indicato o meno mantenere la profilassi con aspirina a basse dosi. Tuttavia l'interpretazione del test non è univoca, motivo per cui non sempre nella pratica clinica viene utilizzato.
Egregi dottori buonasera,
essendo al momento sospese le sperimentazioni con Imetelstat e PRM 151, desidero sapere se ci sono altre sperimentazioni in corso e dove. Per noi ammalati di mielofibrosi ogni barlume di speranza è importante, ci fa andare avanti. Inoltre, desidero sapere, dato che per 2 anni ho assunto il ruxolitinib alla dose giornaliera di 20+20 con risultati modesti ed emoglobina costante tra 8 e 9, e piastrine tra 150000 e 170000, e che da settembre 2015 la situazione è improvvisamente precipitata con emoglobina tra 6 e 7 anche con la riduzione della dose a 10+10, non potendo sospendere il ruxolitinib altrimenti il volume della milza aumenta, se in alcuni pazienti i valori di emoglobina e piastrine sono di nuovo risaliti. Eppoi essendo costretto a trasfusioni di sangue mediamente ogni 15 giorni desidero sapere se mi possono arrecare problemi. Nella speranza che rispondiate a tutte le mie domande, invio cordiali saluti e un sentito ringraziamento.
(Salvatore)
Risposta
I principali farmaci in via di sperimentazione in Italia per la mielofibrosi sono momelotinib (arruolamento chiuso in attesa dei risultati finali), pacritinib (arruolamento chiuso per provvedimento FDA) ed altri in associazione con ruxolitinib. Tra i protocolli sperimentali di combinazione con ruxolitinib attivi in Italia ci risulta solamente il protocoolo CPIM447X2104C: studio di fase 1b che prevede la combinazione di ruxolitinib con PIM477 e/o LEE011, due farmaci che inibiscono la proliferazione cellulare. L'unico centro in cui il trial è attivo è a Firenze presso il CRIMM (centro di Ricerca ed Innovazione per le Malattie Mieloprlifertive, responsabile Prof. Vannucchi).
I pazienti trasfusione-dipendenti e che richiedono regolari trasfusioni di sangue per la loro anemia possono sviluppare un sovraccarico di ferro (che si esprime in un aumento dei livelli di ferritina). I farmaci che chelano, ovvero si legano al ferro, ne favoriscono la rimozione dal corpo. Tra i farmaci più utilizzati per il trattamento del sovraccarico di ferro causato dalla dipendenza alle trasfusioni sono deferossamina (Desferal) ed il deferasirox (Exjade). I farmaci ferrochelanti sono usati comunemente nei pazienti con mielodisplasia ed elevata necessità trasfusionale, al contrario minime sono le informazioni che riguardano l'utilizzo di questi farmaci nelle malattie mielorpoliferative.
In letteratura sono riportati solamente risultati di studi condotti su piccole casistiche che includono esclusivamente pazienti con mielofibrosi con necessità di trasfusioni di globuli rossi. L'utilizzo dei ferrochelanti in questi pazienti si è dimostrato efficace nel ridurre i livelli di ferritina ed in alcuni casi si è osservato una concomitante riduzione del fabbisogno trasfusionale, a fronte di una non trascurabile tossicità renale. L'utilizzo della ferrochelazione ha invece un ruolo importante nei pazienti trasfusione dipendenti programmati per un trapianto di cellule staminali emopoietiche.
L'insorgenza o il peggioramento di una preesistente anemia in corso di terapia con Ruxolitinib rappresentano eventi avversi relativamente frequenti e coerenti con il meccanismo d'azione del farmaco stesso.
L'esperienza accumulata negli scorsi anni ha permesso di evidenziare come la tossicità ematologica di Ruxolitinib (anemia, ma anche neutropenia e, in particolare, piastrinopenia) si osservi generalmente nei primi mesi di trattamento, con un nadir intorno alle 8-12 settimane di cura, a cui fa seguito un graduale recupero. Per quanto riguarda in particolare l'anemia, entro i primi sei mesi di trattamento si ottiene generalmente una stabilizzazione del livello di emoglobina intorno a valori di poco inferiori a quelli registrati prima di iniziare il trattamento. Nel caso specifico che lei ha presentato, non è possibile esprimersi in merito all'entità della riduzione del valore di emoglobina, ma si ritiene poco probabile che il quadro rientri nella tossicità attesa del farmaco, considerando che lo sta assumendo da oltre 2 anni. Ne discuta con i Colleghi Ematologi di riferimento che potranno contestualizzare il dato all'interno della sua storia clinica.
Buongiorno. Il trapianto è prospettabile nella mielofibrosi primaria o anche nella MF secondaria? Quali sono i centri italiani con maggior esperienza per il trapianto in pazienti con MF? Grazie.
(Turi)
Risposta
Nonostante il trapianto di cellule staminali emopoietiche rappresenti al momento l'unica opportunità per guarire la mielofibrosi, la procedura non è priva di rischi legati alla metodica e alle possibili complicanze. Per tale motivo il trapianto oggi viene consigliato solo ai pazienti più giovani (con meno di 60-65 anni, in casi ben selezionati ed in assenza di comorbilità anche fino a 70 anni) con malattia più grave (punteggio IPSS "Intermedio 2" oppure "Alto"). Secondo le ultime linee guida del gruppo europeo per il trapianto di cellule staminali emopoietiche (EBMT) il trapianto può essere preso in considerazione anche in pazienti considerati in stadio IPSS intermedio 1 che presentano mutazioni considerate prognosticamente negative (come ad esempio mutazioni di ASXL1).
Buongiorno. Paziente con accertata PV, 52 anni. Volevo chiedervi se un aumento LDH di 650 è preoccupante; ho fatto salasso due mesi addietro; oggi Hb 11.4, mcv 63, gr 7 milioni, GB 9000, piastrine 900.000 e come accennavo LDH 650 (prima era sempre intorno a 450), sideremia 15, milza all'eco 6 mesi addietro normale e 1 mese fa non palpabile al controllo dall'ematologo.
(Salvo)
Risposta
L'aumento del valore di LDH si può osservare nei pazienti con policitemia vera; comunque in assenza di altre variazioni dell'emocromo e della formula leucocitaria, della comparsa di splenomegalia o della comparsa di sintomi definiti costituzionali (quali la febbricola, le sudorazioni notturne o la perdita di peso importante) non comporta un peggioramento della prognosi oppure una progressione della malattia.
Buongiorno, sono affetto da PV e da quando assumo Idrossiurea sono diminuiti i globuli bianchi (da circa 25 a 15), quelli rossi (da circa 7 a 5,5) e le piastrine (da circa 600 a 300) tuttavia il farmaco non ha rallentato l'incremento dell'ematocrito e pertanto la frequenza dei salassi è rimasta invariata (in media uno ogni due mesi). Da una simile evoluzione si può desumere qualche ulteriore problematica? Grazie.
(Enzo)
Risposta
L'oncocarbide è un farmaco citoriduttivo che è in grado di ridurre la conta di globuli bianchi, globuli rossi e piastrine. Il farmaco talvolta non è in grado di controllare perfettamente l'ematocrito, in tal caso la necessità di salassoterapia può rimanere elevata. Il suo ematologo di riferimento valuterà o meno (in base alle caratteristiche cliniche e di laboratorio) se aumentare il dosaggio di oncocarbide al fine di ridurre il numero di salassi.
Gent.mi,
policitemia vera JAK positivo, età 40, altezza 1,6. Da due anni pratico salassi o eritroaferesi al bisogno (per valori ematocrito superiori a 45). Ultimi analisi: globuli bianchi 13,00 e piastrine 797. Mi hanno appena rilevato dimensioni della milza superiori di circa 15,5 cm. Cosa si suggerisce in questi casi per una simile variazione della dimensione della milza? Grazie come sempre.
(Rosanna)
Risposta
Una modesta splenomegalia è un sintomo che si osserva spesso nei pazienti con policitemia vera. La comparsa di splenomegalia in assenza di altre variazioni dell'emocromo o della comparsa di sintomi definiti costituzionali (quali la febbricola, le sudorazioni notturne o la perdita di peso importante) non comporta un peggioramento della prognosi oppure una progressione della malattia. Se asintomatica non richiede modifiche della terapia in atto.
Buongiorno a tutti voi ricercatori! Avrei un paio di domande.
Un test delle colonie che ho effetuato su sangue periferico (con ipersensibilità all'aggiunta di epo e rare colonie senza l'Epo: 2, e con consiglio di ri-esecuzione dell'esame da parte della struttura) è sufficiente per diagnosticare una sindrome mieloproliferativa PV? Questo in una persona 27 enne, con ematocrito 51-54 (con valori del genere almeno dall'età di 15 anni e prima di tale età, putroppo, dati non disponibili), tutti altri valori (bianchi/piastrine/ldh/urico etc.) normali, epo borderline di 3,5, assenza di JAK2/esone12 e con istologico bioptico "compatibile con quadro mieloloproliferativo, ma non classificabile secondo WHO 2016" (lieve/moderata iperplasia tre linee, senza però un'ipercellularità. Con questi dati (senza soddisfare appieno i criteri del WHO 2016), ci possono essere ulteriori esami per chiarire la situazione?
Che cosa è il polimorfismo rs56241661?
Grazie mile e saluti a tutti.
(Riccardo)
Risposta
In accordo alla nuova classificazione WHO stilata nel 2016, la crescita spontanea di colonie eritroidi non rientra più tra i criteri diagnostici della policitemia vera, data la difficoltà di effettuare il test e la sua scarsa riproducibilità intrapaziente e interlaboratori.
Tra i possibili accertamenti da effettuare in caso di eritrocitosi JAK2-negativa (dopo aver escluso eventuali cause di secondarietà) potrebbe essere indicata l'esecuzione di emogasanalisi venosa per lo studio della p50 e polisonnografia in caso di russamento notturno, oppure in casi ben selezionati, potrebbe essere utile la ricerca di mutazioni in geni coinvolti nelle forme di eritrocitosi familiare, oppure la ricerca di mutazioni non canoniche del gene JAK2 (diverse dalla V617F e di quelle incluse nell'esone12). Nei pazienti JAK2 negativi la biopsia osteomidollare rappresenta uno strumento fondamentale per la diagnosi definitiva.
Recentemente è stato dimostrato che fattori genetici possono influenzare la patogenesi delle malattie mieloprolifertive croniche (MPN). L'analisi di una serie di polimorfismi (SNP) che coinvolgono il gene JAK2 in soggetti con MPN ha evidenziato la ricorrenza di un particolare aplotipo del gene, denominato 46/1 (che include anche il polimorfismo rs56241661). Questo aplotipo risulta strettamente associato con la mutazione V167F di JAK2. La sua frequenza è infatti maggiore nella classe dei pazienti affetti da MPN rispetto alla popolazione sana di controllo. La presenza del polimorfismo non è comunque dirimente per la diagnosi di MPN.
Egregi dottori,
ho 66 anni e sono portatore di mielofibrosi. Attualmente assumo il farmaco JAKAVI (15 mg mattino e sera). Da quando assumo questo farmaco ho notato che sto aumentando di peso pur avendo diminuito significativamente le quantità di cibo e facendo una camminata per un'ora al giorno a passo svelto. Se non ho letto male questo è uno degli eventuali effetti collaterali del farmaco stesso. Peraltro questo accumulo di grasso si concentra prevalentemente nell'addome. A tal proposito mi interessava capire, nel dettaglio, il meccanismo che viene attivato e che provoca questo accumulo.
Grazie come sempre. Saluti.
(Riki)
Risposta
L'aumento del peso corporeo, inteso come evento avverso, si osserva in circa il 10% dei pazienti in trattamento con Ruxolitinib. Il meccanismo responsabile di questo fenomeno non è ancora stato del tutto chiarito. Esso potrebbe essere comunque legato all'effetto del farmaco su alcuni processi legati al metabolismo come la riduzione dei livelli plasmatici di alcune citochine (IL-6 e TNF-α) o l'aumento di altre proteine come la leptina. La leptina, infatti, è un ormone secreto dalle cellule adipose, coinvolta nel controllo delle riserve energetiche del corpo. Insieme alla grelina, che è un altro ormone fondamentale, la leptina gioca un ruolo importante nel regolare l’appetito e il senso di sazietà.
Gentili ricercatori,
ho trovato alcune informazioni relative ad un farmaco chiamato Idasanutlin (RG7388) che è tuttora in studio di fase 1 sia per la PV che per la TE assieme al Pegasys https://clinicaltrials.gov/ct2/show/NCT02407080 .
Avete per caso informazioni sull'andamento dello studio e/o la validità del farmaco per le due patologie. Ho avuto delle informazioni molto incoraggianti riguardo il RG7388. Grazie mille.
(Andrea)
Risposta
Idasanutlin (RG7388) è un inibitore di MDM2. Bloccando MDM2 può essere ripristinata la funzione biologica di TP53 (un gene talora mutato anche nelle malattie mieloproliferative croniche) e, conseguentemente, la cellula leucemica può essere spinta in apoptosi. Ad oggi sono disponibili solo alcuni risultati preliminari in pazienti affetti da leucemia acuta mieloide resistenti e refrattari a più linee terapeutiche convenzionali o sperimentali, e/o ricaduti anche dopo trapianto di midollo osseo allogenico; al contrario, non sono ancora noti i risultati del trial clinico indicato.
Salve e buon Anno! E' normale dopo l'influenza avere la sensazione di milza più grossa? L'ultima misurazione era 133 mm in mielofibrosi L0. Grazie.
(Fernando)
Risposta
L'influenza non provoca cambiamenti nelle dimensioni della milza. La sensazione di percepire maggiormente la presenza di una splenomegalia potrebbe essere legata a disturbi gastrointestinali che talvolta si associano all'influenza.
Cari ricercatori,
in relazione all'ultima domanda del sig. Antonio mi interessava, siccome anch'io pratico la corsa, se è possibile che la policitemia vera abbia degli effetti negativi anche su eventuali infortuni muscolari e/o dei legamenti alle gambe. Capita abbastanza frequentemente che quando aumento l'intensità degli allenamenti mi procuro degli acciacchi che durano abbastanza a lungo finché riesco a rimettermi.
Fino adesso ho limitato le mie corse alla distanza della mezza maratona. Quest'anno vorrei preparare la mia prima maratona per l'autunno... c'è qualche controindicazione per distanze così lunghe per pazienti con la PV?
Grazie mille e buon anno nuovo.
(Andrea)
Risposta
Non esistono controindicazioni assolute alla pratica sportiva nei pazienti con policitemia vera in terapia con aspirina. Si raccomanda comunque una approfondita visita cardiologica e una maggior attenzione in quanto tra gli effetti dell'aspirina rientra quello antiinfiammatorio che potrebbe portare ad una ridotta percezione del dolore e favorire l'insorgenza di infortuni o ad accentuare infortuni già in essere. Si ricorda, inoltre, che l'effetto antiaggregante del farmaco potrebbe favorire l'insorgenza di micro-emorragie per piccoli traumi.
Buongiorno e innanzitutto Buon Anno.
Sono portatore di mielofibrosi (66 anni) vorrei conoscere la relazione che intercorre tra globuli rossi, globuli bianchi, emoglobina e altri valori con il valore dell'EMATOCRITO. Da quello che avevo compreso l'ematocrito dovrebbe variare soltanto con i valori dei globuli rossi, però le analisi non confermano questa mia convinzione; infatti a parità di globuli rossi e bianchi i valori dell'ematocrito variano. Da quello che vedo mi pare che l'ematocrito sia significativamente influenzato dalla variazione dell'emoglobina; con un valore 12.5 ematocrito a 45, con un valore 13.5 Ematocrito a 49. Oltre questo ho anche il problema che variando ospedale i valori (mi dicono a parità di protocollo) variano significativamente. Ad esempio, in un ospedale i valori dell'ematocrito sono tali da non richiedere il salasso, nell'altro a distanza di pochissimi giorni i valori richiedono il salasso. Se fosse soltanto una questione di lettura valori la cosa non mi turberebbe e accetterei la tesi della tolleranza delle macchine, ma qui la questione è diversa e cioè: SALASSO SI E SALASSO NO e questo a mio parere da parte degli analisti coinvolti meriterebbe una più approfondita riflessione. Se è vero che la serenità dei pazienti contrasta, insieme ai farmaci, le patologie, questo aggiuntivo problema non aiuta di certo. Grato per tutto quello che fate vi saluto cordialmente.
(Riki)
Risposta
Gli elementi cellulari del sangue si dividono in globuli rossi (eritrociti), globuli bianchi (leucociti) e piastrine. Ognuno di questi elementi origina da progenitori midollari diversi. Per tale motivo non esistono correlazioni dirette tra globuli bianchi e globuli rossi.
I globuli rossi contengono l'emoglobina, una proteina molto importante per il trasporto dell'ossigeno. Per ematocrito invece si intende la percentuale di volume sanguigno complessivo occupato dai globuli rossi.
Questi tre valori sono quindi correlati tra loro anche se esistono particolari condizioni cliniche in cui tali parametri non correlano in modo lineare. La quantità degli eritrociti, insieme alla concentrazione dell'emoglobina e all'ematocrito, dovrebbe essere interpretata con cautela, perché dipende anche dal volume del plasma. Le situazioni in cui il volume del plasma aumenta, fanno diminuire questi valori. Viceversa, quando il volume del plasma diminuisce, ad esempio in caso di disidratazione, questi valori aumentano.
Il valore dell'ematocrito può variare per diversi motivi:
a) ci possono essere piccole variazioni nello stesso campione di sangue misurato nello stesso laboratorio perché la precisione del contaglobuli non è assoluta e un'oscillazione inferiore all'1% è possibile;
b) ci possono essere variazioni più grandi, fino al 2-3%, nella misurazione di uno stesso campione in laboratori diversi perché gli strumenti possono essere "tarati" in modo diverso e perché il calcolo dell'ematocrito non è diretto ma derivato da altre misurazioni. Utilizzare lo stesso laboratorio di analisi potrebbe ridurre tali variazioni.
c) infine, c'è una variazione biologica perché l'ematocrito di un individuo non è esattamente lo stesso in giorni diversi.
In un paziente con policitemia vera, con ht controllato (<45%), nonostante la terapia con coumadin e INR terapeutico, si rilevano casi di tpv agli arti inferiori. In questo paziente è indicato l'uso dei nuovi anticoagulanti orali?
(Maurizio)
Risposta
I pazienti con malattie mieloproliferative e quindi anche con policitemia vera sono ad elevato rischio di sviluppare trombosi arteriose e venose. Nonostante il rischio di trombosi si riduca di circa 4 volte manetenendo l'ematocrito <45%, talvolta possono comunque manifestarsi trombosi.
La prevenzione primaria comprende l'aspirina a basse dosi, controllare o eliminare i possibili fattori di rischio cardiovascolari aggiuntivi (fumo, diabete, ipertensione, ipercolesterolemia, obesità, ...) e il trattamento della malattia di base. In alcuni casi come in caso di intervento chirurgico si deve tenere conto del rischio sia trombotico che emorragico, per tale motivo in queste situazioni viene di regola utilizzata eparina a basso peso molecolare (EBPM).
La terapia del tromboembolismo venoso prevede l'utilizzo di EBPM insieme alla terapia anticoagulante orale (TAO, cercando di mantenere il valore di INR 2.0-3.0). La durata di questa profilassi definita secondaria è ancora ampiamente discussa.
In uno studio retrospettivo di 494 pazienti con ET e PV, la terapia anticoagulante orale (TAO) a lungo termine si è associata ad una riduzione del 63% del rischio di ricorrenza di trombosi senza un aumento significativo di emorragie gravi rispetto ai pazienti non in TAO. I nuovi anticoagulanti orali (come quelli da lei indicati) non sono ancora stati sufficientemente studiati e non sono al momento raccomandati in questi pazienti.