In questa pagina è possibile chiedere informazioni o lasciare un commento relativamente alle Neoplasie Mieloproliferative.
Si sottolinea che non verranno espressi pareri medici su situazioni personali o valutazioni su diagnosi e cure in corso. I ricercatori si riservano di non rispondere a domande che abbiano come oggetto giudizi clinici personali. Le risposte saranno pubblicate in questa sezione del sito nell'arco di alcuni giorni. Non verranno fornite risposte ad indirizzi email privati.
Archivio 2020
Egregi ricercatori, sul sito dell'AIFA, agenzia italiana del farmaco, ho letto e riporto queste due domande con relative risposte affinché possa essere utile a tutti i pazienti con milofibrosi in trattamento con oncocarbite e duoplavin come me, per affrontare serenamente la vaccinazione da COVID19. In particolare un loro parere in merito. Auguri per il nuovo anno e tantissime grazie.
D- Le persone con malattie croniche, diabete, tumori, malattie cardiovascolari possono vaccinarsi?
R- Sono proprio queste le persone più a rischio di una evoluzione grave in caso di contagio da SARS-CoV-2, proprio a loro, quindi, si darà priorità nell'invito alla vaccinazione.
D- le persone in trattamento con anticoagulanti possono vaccinarsi?
R- Le persone in cura con una terapia anticoagulante hanno una generica controindicazione a qualsiasi iniezione, per loro la vaccinazione deve essere valutata caso per caso dal proprio medico per il rischio di emorragie dal sito di iniezione.
(Enzo)
Risposta
Grazie Enzo, sicuramente sarà utile anche agli altri pazienti.
Riporto di seguito il link solo per maggiore completezza: https://www.aifa.gov.it/domande-e-risposte-su-vaccino-covid-19-comirnaty
Buonasera ed auguri ai Ricercatori che ringrazio per l'immane lavoro che fanno. Imetelstat o momelotinib, chi dei due appare con maggiori speranze nella mielofibrosi? O ci sono altre molecole più promettenti? Grazie.
(Fernando)
Risposta
Buongiorno,
innanzitutto grazie per gli auguri che ricambio; ad oggi ci sono diverse molecole in sperimentazione con indicazioni differenti; tra queste, attualmente in fase di studio ci sono momelotinib e lusptercept rivolte in particolar modo ai pazienti con mielofibrosi e anemia e il JAK inibitore pacritinib (studio di fase III) per pazienti con piastrinopenia; imetelstat ha mostrato, in studi preliminari di fase II, una notevole efficacia nei pazienti affetti da mielofibrosi e pertanto sarà testato in uno studio di fase III, che però ad oggi non è ancora attivo.
Altre molecole sono in fase preliminare di studio ma non sono disponibili dati di efficacia.
Ad oggi il panorama terapeutico nella mielofibrosi sta mutando rapidamente e si sta cercando di andare oltre i ben noti JAK inibitori (ruxolitinib su tutti) o con nuove molecole in monoterapia oppure con associazioni di più farmaci. Quest'ultima appare una interessante via da percorrere, e molti degli studi in corso e che verranno prevedono associazioni terapeutiche.
Un cordiale saluto.
Buongiorno e felice anno nuovo a tutti. I pazienti affetti da patologie mieloproliferative croniche in cura con farmaci immunosoppressivi, possono sottoporsi ad ogni tipo di vaccino anche con dosi somministrate dopo un breve lasso di tempo? Personalmente ho eseguito in ottobre quello antinfluenzale, in gennaio dovrò fare il richiamo di quello contro la polmonite. Sarà possibile ricevere le due dosi dell'anti Covid in Aprile?
Grazie ancora per la vostra preziosissima opera.
(Enzo)
Risposta
Buonasera,
innanzitutto grazie per gli auguri, che ricambio affettuosamente. Ad oggi non ci sono,in linea generale, controindicazioni alla effettuazione del vaccino in questione. Cito testualmente quanto riportato dalla circolare dell'agenzia europea del farmaco sul vaccino Comirnaty di Pfizer: "I dati relativi all’uso nelle persone immunocompromesse (il cui sistema immunitario è indebolito) sono in numero limitato. Sebbene queste persone possano non rispondere altrettanto bene al vaccino, non vi sono particolari problemi di sicurezza. Le persone immunocompromesse possono essere vaccinate in quanto potrebbero essere ad alto rischio di COVID-19".
Pertanto ritengo utile la vaccinazione, previa autorizzazione medica e valutazione del singolo caso, anche nei pazienti affetti da neoplasie mieloproliferative croniche.
Affetta da Trombocitema essenziale, in terapia con Peghintron 80 mg al mese da 16anni, situazione stabile. Posso fare il vaccino per il Covid quando sarà il momento? Grazie!!!
(Anna Maria)
Risposta
Buonasera,
non ci sono ad oggi,in linea generale, controindicazioni alla effettuazione del vaccino in questione.
Pertanto ritengo utile la vaccinazione, previa autorizzazione medica e valutazione del singolo caso, anche nei pazienti affetti da neoplasie mieloproliferative croniche.
Un caro saluto.
Buonasera Gentili Ricercatori,
abbiamo appena sentito in televisione un medico affermare che le persone affette da malattie oncoematologiche (senza specificare quali categorie) non potranno vaccinarsi contro il covid perché immunodepresse. Se così fosse anche in riferimento alle neoplasie mieloproliferative, per noi si aprirebbe una vita da incubo. A mio marito è stata diagnosticata nel 2019 la policitemia vera, che ad oggi è ben controllata con 12 onco/settimana + aspirina.
Ci domandiamo, per tentare di avere le idee più chiare, se una malattia mieloproliferativa sia uguale ad una leucemia acuta o simili con riferimento alla somministrazione del vaccino anticovid. Ad oggi quali sono le informazioni in merito per questa platea di persone?
Ringraziamo vivamente per il vostro prezioso aiuto e cogliamo l'occasione per fare a Voi e alle Vostre famiglie gli auguri di Buon Anno.
(Silvana)
Risposta
Buonasera,
in merito al vostro quesito cito testualmente quanto riportato dalla circolare dell'agenzia europea del farmaco sul vaccino Comirnaty di Pfizer: "I dati relativi all'uso nelle persone immunocompromesse (il cui sistema immunitario è indebolito) sono in numero limitato. Sebbene queste persone possano non rispondere altrettanto bene al vaccino, non vi sono particolari problemi di sicurezza. Le persone immunocompromesse possono essere vaccinate in quanto potrebbero essere ad alto rischio di COVID-19".
In linea generale, i pazienti affetti da neoplasie mieloproliferative non hanno un sistema immunitario compromesso, come invece accade per molti altri pazienti oncoematologici che, o per la malattia stessa, o per le cure più intensive che si rendono necessarie, lo diventano.
Alla luce di questo è certamente utile che sia effettuata, quando disponibile, e previa autorizzazione medica del singolo caso, vaccinazione "anti-COVID" anche da parte di pazienti affetti da neoplasie mieloproliferative.
Grazie per gli auguri, che condivido con tutti i colleghi, e che ricambio affettuosamente.
Affetto da Policitemua e trimbocitemia, la tratto su indicazione dell'ematologo con Oncocarbide. Vorrei sapere se posso fare il vaccino antinfluenzale e quello per il Covid.
Aspetto una risposta e vi ringrazio anticipatamente.
(Virginia)
Risposta
Buonasera,
non ci sono, in linea generale, controindicazioni all'effettuazione dei vaccini suddetti.
Un cordiale saluto.
Gentili ricercatori, grazie per il vostro prezioso lavoro, auguri di Buone Feste a voi e a tutti i pazienti che Vi seguono.
(Rosa)
Risposta
Buonasera,
grazie per gli auguri rivolti a noi, specialmente graditi in questo anno molto difficile per tutti. Ricambio con affetto augurandole un buon nuovo anno.
74 anni, affetto da policitemia vera JAK2, (cardioaspirina e oncocarbide) e Diabete 2 (Metformina e Trulicity 0,75 mg); è possibile l'uso (occasionale) di Viagra o simili? Grazie.
(Giovanni)
Risposta
Buonasera,
dal punto di vista ematologico non ci sono controindicazioni assolute all'utilizzo occassionale di Viagra e farmaci simili nei pazienti affetti da malattie mieloproliferative croniche.
Va valutato caso per caso alla luce della storia clinica del paziente, ne discuta con il suo medico curante.
Un cordiale saluto.
Buongiorno, vorrei cortesemente avere informazioni riguardo la differenza di affidabilità tra un test Pcr quantitativo ed un test eseguito con metodologia Ngs per ricercare mutazione del JAK2.
(Alessandro)
Risposta
Buonasera,
va anzitutto detto che la metodica di biologia molecolare riconosciuta e standardizzata per la testare la presenza (e poi quantificarla) della mutazione di JAK2V617F è quella con metodica PCR quantitativa, la quale ha una alta sensibilità e specificità ma permette di testare la sola mutazione in questione.
Il vantaggio della metodica NGS (next generation sequencing), è quello di sequenziare ampie regioni del genoma, potendo ricercare l'eventuale presenza di multiple mutazioni in geni diversi. Anche questa metodica ha un'alta sensibilità e specificità, tuttavia non è standardizzata per la ricerca della mutazione di JAK2, anche in termini di quantificazione dell'allele mutato.
Cordiali saluti.
Buonasera, ho 27 anni e sono affetta da trombocitemia essenziale mutazione CARL, da circa due anni sono in terapia con anagrelide con scarsi risultati, tanto che l'ematologo mi ha prescritto il pegasys sir 90 mcg in 0,5 ml, ma purtroppo la farmacia territoriale non riesce a reperire. Volete darmi un consiglio?
Grazie.
(Gianna)
Risposta
Buonasera,
è purtroppo un problema che purtroppo coinvolge tutti. Discuta con il suo ematologo di alternative terapeutiche in attesa di poter reperire il farmaco.
Qualora ci sia necessità di terapia citoriduttiva si potrebbero valutare formulazioni di interferone non pegilato.
Un cordiale saluto
Preg.mi Ricercatori buongiorno,
82 anni, FAP (4-5 episodi anno) e TE. Assumo oncocarbide e cardioaspirina. Si può iniziare NAO (eliquis 5 mg x 2) o è preferibile eliquis 2,5 x 2 dato che anche oncocarbide è un antitrombotico?
Grazie infinite.
(Antonio)
Risposta
Buonasera, un unico appunto sul fatto che l'oncocarbide è un farmaco citoriduttore che ha dimostrato di essere protettivo sulle trombosi legate alle malattie mieloproliferative, ma non è una terapia propriamente antitrombotica.
Per quanto riguarda il suo quesito, non è possibile rispondere nel merito riguardo al dosaggio di un farmaco anticoagulante poiché non si conosce la sua storia clinica.
Discuta con il suo ematologo di riferimento ed eventualmente con il suo cardiologo per decidere congiuntamente la migliore soluzione terapeutica valutando i rischi e i benefici.
Un cordiale saluto.
Salve, per le persone affette da politicemia vera JAK2 positivo, di età inferiore a 60 anni, che si curano solo con salassi e cardioaspirina, senza precedenti trombotici, è consigliabile partecipare al trial con ropeginterferone, al fine di ritardare la progressione della malattia e cercare di avere una remissione della stessa? O la prima linea da seguire rimane sempre la flebotonia e la cardioaspirina?
(Antonio)
Risposta
Buonasera,
al di fuori dello studio cui fa menzione (studio LOW-PV), di cui è peraltro chiuso l'arruolamento, non è raccomandato in alcun modo l'utilizzo in pratica clinica di interferone nella Policitemia vera a basso rischio per età e/o assenza di eventi trombotici in anamnesi.
L'unica raccomandazione è quella di assumere la cardioaspirina quotidianamente, se non controindicata per altri motivi, e mantenere l'ematocrito < 45% con la salassoterapia.
Un cordiale saluto.
Buonasera carissimi dottori, ho letto che in un futuro prossimo i malati di leucemia mieloide cronica atipica potrebbero avere una cura mirata.
Oggi che terapie ci sono, oltre all'oncocarbide, e che aspettative di vita ci sono, inteso come anni?
Grazie come sempre (64 anni).
(Emanuela)
Risposta
Buonasera Emanuela,
ad oggi non vi sono cure mirate per questa patologia, peraltro molto rara ed eterogenea dal punto di vista patogenetico.
Oltre alla terapia citoriduttiva con oncocarbide che però non è curativa ma contenitiva della malattia, l'unica opzione terapeutica curativa risiede nel trapianto di midollo osseo, con i rischi connessi alla procedura.
Cordiali saluti.
Buongiorno gentili ricercatori,
sono affetta da TE, senza mutazioni geniche, in cura con 1 capsula di oncocarbide e cardioaspirina. Ho sentito che secondo le nuove teorie non occorre assumere onco carbide. Ho pertanto cessato, ma le piastrine sono in un mese passate da 600.000 a 1.100.000. Cosa devo fare?
Grazie infinite.
(Paola)
Risposta
Buonasera,
mancando alcuni fondamentali dati clinici non sono in grado di poterle rispondere nel merito.
Le posso dire che le piastrine elevate non sono, da sole, un indicatore per poter intraprendere una terapia citoriduttiva.
Discuta a riguardo con il suo ematologo di fiducia.
Cordiali saluti.
Buongiorno, prima di tutto complimenti per lo straordinario lavoro che svolgete.
Vorrei chiedere un chiarimento per mia madre, affetta da TE JAK+. In particolare, da circa 6 mesi, da quando ha scoperto la patologia, ha sempre avuto oltre le piastrine alte (oscillano da 450 a 550) anche i monociti leggermente alti, fino ad arrivare qualche mese fa a 0.95 come valore assoluto e 8.6% come valore relativo. Dalle ultime analisi effettuate la settimana scorsa, il valore assoluto dei monociti ha raggiunto 1.03 ed un 9.7% sulla formula leucocitaria. Tale valore può essere rinconducibile alla patologia TE? Oppure è sintomo di qualche evoluzione?
Inoltre, vista la recente conclusione dell'ASH2020, chiedo se ci sono novità importanti relative alle cure della TE ed in generale sulle malattie mieloproliferative.
Grazie.
(Roberto)
Risposta
Buonasera,
l'incremento dei monociti può fare parte del quadro clinico di una malattia mieloproliferativa; considerato in maniera isolata, un modesto incremento dei monociti è da ritenersi del tutto normale.
All' ASH del 2020 ahimè non sono stati presentati dati su rilevanti novità terapeutiche in ambito trombocitemia essenziale, tuttavia può trovare menzione di un interessante molecola in sperimentazione nella policitemia vera (PTG 300) in una delle recenti risposte sul presente sito (richiesta del 9/12).
Cordiali saluti.
Ottanta anni, affetto da PV da 5 anni, in terapia con oncocarbide (5 cps/settimana, Anticoagulanti e salassi al bisogno (in genere 4/5 anno)), leggo sulla scheda tecnica del vaccino anticovid della Pfizer che si sconsiglia ai pazienti immunodepressi e ai pazienti in terapia con anticoagulanti la somministrazione del loro vaccino. Vorrei un vostro parere sulla mia eventuale vaccinazione con tale vaccino o se debba aspettare altri vaccini di differente meccanismo d'azione.
(Giorgio)
Risposta
Buonasera,
non siamo ancora a conoscenza di una scheda tecnica inerente al vaccino. Quando avremo le disposizioni dagli organismi competenti le sapremo rispondere in merito.
Ad ogni modo non credo che a breve saranno disponibili altri vaccini oltre a questo.
Cordiali saluti.
Salve, per una donna con TE (in cura solo con cardirene, 800000 piastrine e doppia mutazione JAK+CARL) e coniuge con 2 episodi di TVP in passato, che accertamenti consigliereste di fare prima di una eventuale gravidanza?
Risposta
Buonasera,
in questi casi è necessario un consulto con l'ematologo e il ginecologo di fiducia. Anzitutto andrebbero indagate le cause per le pregresse TVP del coniuge.
Ahimè su questioni specifiche come questa non è possibile rispondere nel merito poiché è necessaria una approfondita conoscenza della storia clinica.
Cordiali saluti.
Buongiorno dottori, ho letto che una nuova molecola chiamata Hematoxylin, sarebbe un nuovo promettente inibitore per la mutazione CALR. Potete spiegarmi quali potrebbero essere gli scenari futuri relativamente a questa scoperta e quando cominceranno a testarla? Grazie.
(Giuseppe)
Risposta
Buonasera,
il ruolo di questa molecola nelle cellule CALR mutate è frutto di uno studio molto interessante condotto dal gruppo del Prof Kralovics. Naturalmente si tratta di interessanti dati preliminari, in vitro, condotti su linee cellulari.
Il passaggio in vivo con tale molecola appare molto difficile per molti motivi; va sottolineato che si tratta di un composto chimico ben noto in ambito medico ed ampiamente usato per le colorazioni dei preparati istologici. Tuttavia tale studio apre nuovi scenari sullo sviluppo di molecole che possano sfruttare il meccanismo di Hematoxylin, ma che siano più potenti e più adatte alla sperimentazione sull'uomo.
Cordiali saluti.
Salve, 44 anni JAK2 positivo, politicemia vera. Volevo sapere se vi erano delle terapie innovative illustrate nell'ASH 2020 tenutosi quest'anno per la politicemia vera.
Saluti.
(Antonio)
Risposta
Buonasera,
sono stati presentati i risultati, preliminari, delle seguenti due molecole:
1) Studio di fase II con idasanutlin in pazienti affetti da PV resistenti/intolleranti alla oncocarbide.
Idasanutlin ha mostrato un'attività clinica rilevante, anche in un sottogruppo di pazienti con precedente terapia con ruxolitinib. Tuttavia il profilo di tossicità gastrointestinale di idasanutlin non è stato efficacemente controllato con la profilassi antiemetica e ha portato a frequenti interruzioni di somministrazione del farmaco. Questi risultati ci ricordano dell'importanza non solo di un'efficacia, ma anche della tollerabilità delle nuove terapie somministrate in cronico in pazienti affetti da PV. Lo sperimentazione con idasanutlin nella PV è stata interrotta per decisione dello Sponsor.
2) Studio di fase II con PTG-300 (molecola che mima l'epcidina, una proteina coinvolta nel metabolismo del ferro), rivolto a pazienti affetti da PV con ≥3 salassi nelle 24 settimane precedenti l'arruolamento, con o senza terapia citoriduttiva concomitante. Dosi di PTG-300 da 10, 20, 40, 60 e 80 mg (aggiustate secondo i valori di ematocrito) sono state somministrate per via sottocutanea settimanalmente.
I risultati (su 13 pazienti trattati) con PTG-300 hanno mostrato una efficacia notevole, riducendo la carenza di ferro ed eliminando la necessità di salassi nei pazienti con PV. Lo studio è tutt'ora in fase di arruolamento (i Centri coinvolti sono principalmente negli Stati Uniti); in seguito sarà valutata l'eventuale efficacia del farmaco non solo sulla necessità dei salassi ma anche sul controllo dei sintomi legati alla patologia.
Il proseguimento dell'arruolamento dei pazienti consentirà di trarre conclusioni più definitive sull'efficacia e la sicurezza del PTG-300.
Buongiorno ricercatori e grazie delle vostre preziose risposte.
Ho sentito parlare il prof. Locatelli della terapia genica che stanno sperimentando con ottimi risultati sui talassemici e che, secondo il professore potrebbero applicarsi ad altre malattie ematologiche o tumori solidi.
Ho sentito parlare anche del fatto che si stanno progettando terapie che spingerebbero le cellule tumorali a suicidarsi. Pensate che in un prossimo futuro tali terapie potrebbero applicarsi anche a noi malati di mielofibrosi? O siamo ancora in fasi di studio molto remote?
Sapere di avere una malattia incurabile e senza futuro purtroppo dà adito a sperare su qualsiasi notizia si profili all'orizzonte.
Grazie di cuore.
(Paolo)
Risposta
Buonasera,
la terapia genica ha l'obiettivo di trattare una patologia mirando direttamente alle sue basi genetiche. Il concetto base di questa strategia terapeutica è di fornire all'organismo una copia corretta del gene difettoso o un altro gene che possa compensare il malfunzionamento nelle cellule colpite dalla malattia. Si tratta di approcci estremamente promettenti ma che avranno bisogno di ulteriori verifiche e di più lunghi periodi di osservazione dei pazienti trattati.
Questa tecnologia è, ad oggi, pensabile solo per patologie in cui un singolo difetto genetico sia direttamente responsabile del fenotipo patologico come nelle emoglobinopatie e nella emofilia; in ambito oncoematologico, se non in casi rarissimi, questo non accade perché c'è la collaborazione di più alterazioni del genoma a determinare la malattia, come tipicamente avviene nella mielofibrosi.
Nel campo delle terapie cellulari, agenti con un meccanismo immunologico, negli ultimi anni sono stati condotti molti studi in ambito oncoematologico e attualmente alcune di queste terapie sono approvate anche in Italia e disponibili in casi molto selezionati di pazienti affetti da alcune patologie linfoproliferative. Sono terapie gravate da rischi consistenti e pertanto, mai di prima linea. La ricerca in questo campo è molto attiva e produttiva e speriamo che in un prossimo futuro, per questi approcci terapeutici, ci siano novità di rilievo anche sul versante "mieloide".
Saluti.
Salve, ho 47 anni e da 2 anni mi è stata diagnosticata una trombocitemia essenziale J+, da un mese e mezzo ho iniziato la terapia citoriduttiva con oncocarbide 2 al giorno (piastrine a 1100000) per poi iniziare con anagrelide vista l'età.
Volevo chiedere se il PEGASYS è prescrivibile per la TE (visto che è rimasto solo questo tipo di interferone in produzione) e se secondo voi dovrebbe essere la prima scelta per i pazienti più giovani
(Marco)
Risposta
Buongiorno,
la formulazione di interferone cui fa riferimento è prescrivibile nella TE.
Potrebbe essere considerata una prima opzione terapuetica nei pazienti più giovani, previe valutazioni che non ne precludono la prescrivibilità e previa valutazione della tollerabilità del farmaco. Discuta con il suo ematologo di riferimento, che meglio conosce la sua storia clinica, di questa opzione terapeutica.
Cordiali saluti
Buongiorno, rispetto alla popolazione generale quali raccomandazioni supplementari sono consigliabili a chi, affetto da patologie mieloproliferative croniche, fosse costretto a rientrare al lavoro in ambiente scolastico con l'emergenza pandemica non ancora conclusa? Personalmente controllo bene la PV attraverso Jakavi 15 mgx2.
Grazie ancora per la vostra preziosissima opera.
(Enzo)
Risposta
Buonasera,
grazie mille per gli apprezzamenti.
A riguardo non ci sono specifiche accortezze, se non quelle rivolte alla popolazione generale in emergenza pandemica che si ritrovi a dover lavorare "in presenza".
Un caro saluto.
Buonasera, sono affetto da Mielofibrosi Prefibrotica, piastrinosi nota dal 2011. Negli ultimi mesi le piastrine sono arrivate a 1.400.000 per cui da 4 settimane ho iniziato la terapia con oncocarbide, due compresse al giorno. Ora le piastrine sono scese a 400.000, mi chiedevo se la discesa è stata troppo repentina e se proseguendo la terapia il rischio sia di abbassarle troppo.
Grazie.
(Francesco)
Risposta
Buonasera,
il calo delle piastrine è stato certamente repentino, cosa non sempre facile da ottenere. Essendo adesso su valori normali è necessario un monitoraggio dell'emocromo per poter aggiustare al meglio la dose di oncocarbide, anche alla luce della azione del farmaco sui globuli bianchi e sulle piastrine.
Saluti.
Buon giorno,
sono affetta da policitemia vera in cura con cardioaspirina e salassi periodici (per sei mesi ho assunto oncocarbide poi sospesa dall'ematologo). Volevo sapere se per chi è affetto da malattie mieloproliferative ci sono controindicazioni o rischi per il vaccino covid.
Grazie.
(Elena)
Risposta
Buongiorno,
in generale non ci sono controindicazioni alla effettuazione di alcun vaccino. Si suppone che non vi siano controindicazioni anche per il nuovo vaccino "anti-covid".
Un cordiale saluto.
Affetto da PVera e insufficienza renale cronica stadio 4. Età 73 anni. In terapia con oncocarbide 500 mg/di stoppata per 1 mese a causa anemizzazione, poi rientrata.
Chiedo di sapere se la posologia va regolata e come, considerata la insufficienza renale. Non sono riuscito a trovare letteratura riguardo le vie di escrezione del farmaco, ma mi sorgono dubbi di un suo accumulo nel mio caso.
(Fabrizio)
Risposta
Buongiorno,
la via principale di escrezione del farmaco è quella renale. Alla luce di questo si deve attuare una riduzione della dose nei pazienti con insufficienza renale, con particolare attenzione nei casi più gravi, con attento monitoraggio dell'emocromo.
Cordiali saluti.
Buongiorno, mio padre ha una piastrinopenia autoimmune e linfoma non hodgkin, scoperto 5 anni fa. Mio padre è un soggetto diabetico e monorene in più 2 anni fa colpito da pielonefrite che ha portato un'insufficienza renale. Per quanto riguarda la piastrinopenia ha fatto tante terapie detalcortene rituximab immunoglobuline revolade nplate. La pet è negativa e biopsia non c'è presenza di linfoma anche se da poco hanno ripetuto biopsia. Altri medici che ho consultato parlano di splenectomia ma non sempre funziona. Quindi mi chiedo perché l'espianto se non abbiamo la certezza? Non c'è un'altra terapia per questa maledetta piastrinopenia? Senza ovviamente portare danni all'unico rene rimasto?
(Antonina)
Risposta
Buonasera, la splenectomia in rari casi può essere il trattamento di scelta. Nel merito del caso non è possibile rispondere poiché non si conosce la storia clinica dettagliata. Inoltre si ribadisce che il sito è rivolto a questioni inerenti le patologie Mieloproliferative croniche.
Cordiali saluti.
Buongiorno, sono affetto da Mielofibrosi secondaria in cura con Jakavi. Ho dovuto ridurre il dosaggio da 20 a 5 mg per insorgenza di anemia (emoglobina passata a 8.8). Sto assumendo anche acido folico 5 mg al giorno. La folina può accentuare l'anemia?
Vi ringrazio anticipatamente per la risposta e per la vostra preziosa presenza.
(Gian Carlo)
Risposta
Buonasera,
lo scenario che descrive è piuttosto frequente. L'anemia, spesso, può essere ricondotta al trattamento con Ruxolitinib e talvolta si riesce a controllare con il solo aggiustamento della dose. Qualora non si riuscisse a trovare un dosaggio clinicamente efficace ma che non le determini anemia, si può pensare di poter partecipare ad alcuni studi sperimentali, dopo accurate valutazioni specialistiche. A riguardo, i farmaci attualmente in sperimentazione sono luspatercept e Momelotinib. In altri casi, più rari, può trattarsi di una anemia dipendente esclusivamente dalla patologia e non dal trattamento in atto.
Faccia riferimento al suo ematologo che saprà eventualmente indirizzarla al meglio.
Un caro saluto.
Sono affetta da trombocitemia essenziale da 20 anni con mutazione JAK2, in cura da diversi anni con peg intron, i valori delle piastrine sono intorno alle 460; purtroppo il pegintron non verrà più prodotto. In passato non ho avuto risultati stabili con oncocarbide e anagrelide. E' indicato sostituire il peg intron con Pegaso o altri farmaci?
Grazie.
(Rossana)
Risposta
Buonasera Rossana,
per poterle rispondere in maniera esaustiva bisognerebbe conoscere la sua storia clinica in maniera dettagliata. In linea generale non vi è alcuna controindicazione a cambiare formulazione di interferone, che si suppone debba similmente controllare la malattia.
Un caro saluto
Buongiorno gentili Dottori, sto assumendo oncocarbide da circa un mese e mezzo per policitemia vera e vorrei sapere:
1) E' possibile assumere la compressa subito prima dei pasti o è meglio a fine pasto?
2) Dopo quanti mesi si potranno misurare nel sangue la riduzione e la stabilizzazione dei globuli rossi e dell'ematocrito?
Grazie e buon lavoro.
(Lorenzo)
Risposta
Buongiorno Sig. Lorenzo,
le rispondo in ordine:
1) Può essere assunta prima o dopo i pasti, indifferentemente.
2) I tempi per la riduzione dell'ematocrito sono molto difficili da predire e talvolta non è semplice e immediato ridurlo; pertanto si rendono comunque necessari i salassi per il controllo dell'ematocrito < 45%, qualora non sia sufficiente l'oncocarbide. Inoltre come per tutte le terapie, la risposta è soggettiva e dipende anche dalla dose.
Un caro saluto.
Buongiorno cari dottori e grazie per il vostro lavoro.
Sono affetto da mielofibrosi primaria con unica conseguenza di una grave anemia (6/7 di emoglobina trasfusione dipendente). Ho provato per 4 mesi l'eritropoietina senza alcun risultato. Ho provato il donazolo, ma mi ha causato immediatamente un rialzo delle transaminasi così da doverlo sospendere. Ho saputo che in alcuni centri ematologici fanno uso del luspattecept potete darmi qualche notizia in più?
Grazie.
(Paolo)
Risposta
Buonasera Sig. Paolo,
anzitutto grazie per il caro apprezzamento.
La sua condizione è, di fatti, una sfida terapeutica di difficile gestione, alla luce dei pochi e spesso insoddisfacenti farmaci disponibili.
Per questo sono in corso alcuni studi clinici controllati con alcune molecole, tra cui luspatercepet e momelotinib, pensate specificatamente per pazienti con MF e anemici.
Trattandosi di farmaci sperimentali con una serie di criteri di inclusione e di esclusione piuttosto stretti da dover soddisfare, è necessaria una valutazione medica ematologica specifica, tenendo conto di tutta la sua storia clinica e nel solo inerente alla mielofibrosi.
Il suo ematologo di fiducia potrà consigliarle i Centri ematologici maggiori per il trattamento delle malattie mieloproliferative, per poter fare una prima valutazione.
Un caro saluto.
Salve, ho 44 anni, JAK2 positivo, politicemia vera, nessun precedente trombotico...curato con salassi e cardioaspirina ... Ho questa malattia da un anno circa. Le piastrine si aggirano sempre intorno ai 650000 mentre i globuli bianchi intorno agli 11000.
Ho notato che negli ultimi tempi sono costretto ad effettuare il salasso ogni mese in quanto l'ematocrito tende sempre a salire sopra i 45 ogni 30 giorni ... Mi devo preoccupare?
Ci sono limiti di tempo tra un salasso e l'altro? Oppure fare il salasso ogni mese è da ritenersi normale in pazienti con politicemia vera?
(Antonio)
Risposta
Buonasera Sig. Antonio,
per età e assenza di eventi trombotici nella sua storia clinica è corretto l'approccio terapeutico con la sola cardioaspirina e i salassi per il controllo dell'ematocrito (< 45%). Seppur la frequenza dei salassi che riferisce è piuttosto elevata, non esistono controindicazioni all'esecuzione degli stessi, ed è piuttosto "nella norma" che in una fase iniziale di malattia come la sua sia questo l'andamento clinico.
Generalmente, nel tempo, la frequenza dei salassi tende a ridursi.
Talvolta, ma da valutare caso per caso, se diventa difficilmente sostenibile l'elevata frequenza di salassi, può rendersi necessaria aggiunta di terapia citoriduttiva, ma, come detto, solo in casi selezionati.
Un caro saluto.
Buongiorno dottori,
soffro di TE e fibrillazione atriale p. E' opportuno prendere NAO dato che ciò comporterebbe la eliminazione della cardioaspirina? Attualmente prendo oncocarbide. Ho 82 anni anche se ben portati.
Grazie infinite e buon lavoro.
(Antonino)
Risposta
Buonasera Sig. Antonino,
nel suo caso (per età e comorbidità) la terapia anticoagulante (warfarin o NAO) può avere indicazione, previa sospensione della cardioaspirina. Naturalmente per formulare una chiara indicazione c'è necessità di una conoscenza approfondita della sua storia medica.
E' inoltre una scelta da concordare con il suo cardiologo di fiducia, ma non esistono dal nostro punto di vista alcuna considerazione in senso contrario.
Cordiali saluti
Ho 67 anni, sono cardiopatico e ho la Policitemia Vera, in cura con Oncocarbide. Chiedo se non ci sono controindicazioni alla vaccinazione pneumococco. Grazie.
(Giovanni)
Risposta
In linea di principio non vi sono contro-indicazioni a sottoporsi a vaccinazione anti-pneumococco in un paziente affetto da PV in terapia con Oncocarbide. Tuttavia, le notizie cliniche fornite non permettono di confermare tale indicazione nel suo caso specifico.
Il saturimetro è anche utile a monitorare i valori di emoglobina?
Grazie.
(Gilan)
Risposta
I comuni saturimetri che vengono utilizzati anche a domicilio dai pazienti riportano la percentuale di saturazione dell'Ossigeno nel sangue e la frequenza cardiaca. Non riportano invece la misura dei livelli di emoglobina. Per una misura precisa ed affidabile di questi ultimi occorre effettuare un esame emocromocitometrico su un prelievo di sangue periferico.
Buonasera Dottori, che relazione c'è nella TE, tra piastrine alte, (950000) ed ematocrito alto (52)? Grazie.
Risposta
La trombocitemia essenziale si caratterizza a livello dell'emocromo per una conta piastrinica elevata: la biopsia ossea permette di confermare questa diagnosi che viene di solito sospettata appunto per valori elevati di piastrine. La presenza di un ematocrito elevato, insieme ad una conta piastrinica elevata in un paziente che ha ricevuto la diagnosi di T.E. sulla base della biopsia ossea, può semplicemente essere l'espressione della mieloproliferazione (cioè di una intensa attività midollare emopoietica) che caratterizza le malattie mieloproliferative croniche (PV, ET e PMF) oppure può far pensare ad una possibile trasformazione in una PV della malattia. Il suo ematologo di riferimento, che conosce la sua storia clinica in maniera più approfondita di quanto ci è dato conoscere dal suo messaggio, sarà in grado di darle ulteriori dettagli al riguardo.
Buongiorno, mio marito è affetto da policitemia, ha 37 anni e assume oncocarbide da 2 mesi in seguito a ictus.
Stavamo cercando informazioni sulla possibilità di poter concepire un figlio. L'ematologo inizialmente ci aveva consigliato di rivolgerci a una Banca del seme ospedaliera perché avremmo potuto congelare concordando con lui una sospensione del farmaco; la Banca non ci ha accettato perché già iniziata la terapia. Ora l'ematologo si è scusato aggiungendo che non è sua materia e che non era possibile rimandare la cura.
Chiedo a voi se avete conoscenza in materia o a quale figura medica possiamo rivolgerci per capire se è una strada percorribile quella di diventare genitore o se dobbiamo metterci l'anima in pace.
Ovviamente se c'è una possibilità di procreare un bimbo con problemi di salute non vogliamo rischiare e preferiamo accettare la cosa. Grazie
(Francesca)
Risposta
La donazione del seme viene di solito effettuata prima di iniziare la terapia citoriduttiva con idrossiurea, al fine di evitare possibili effetti dannosi del farmaco sugli spermatozoi (fra tutti una riduzione della conta e mutazioni del DNA). Una volta iniziata la terapia è altamente sconsigliata la donazione per questi motivi. Tuttavia, la sospensione della terapia per un periodo di tempo adeguato di solito permette di effettuare la donazione: il problema specifico nel suo caso è valutare se sia possibile sospendere la terapia citoriduttiva per il tempo necessario per una donazione sicura (da 1 a 3 mesi): la sua ematologa, che conosce la sua storia clinica ed è al corrente dei rischi che lei potrebbe correre sospendendo la terapia con idrossiurea, potrà essere più precisa al riguardo.
Gentili dottori, grazie per il vostro prezioso supporto.
Sono affetto da Policitemia Vera JAK2 positivo, sono in terapia con anticoagulante (Xarelto) e oncocarbide 1 cp al giorno. Ieri ho ritirato l'esame eritopietina con valore di 92,2 mU/mL. Potrebbe dipendere dalla Policitemia?
Grazie
(Giuseppe)
Risposta
La diagnosi di Policitemia vera si associa di solito a livelli bassi o subnormali di eritropoietina sierica. Il valore da lei riportato di 92 mU/ml, pur in mancanza dei range di normalità del laboratorio che ha effettuato il test, sembra essere a tutti gli effetti un valore elevato. Questo è estremamente insolito in corso di Policitemia vera (che nel suo caso sembra essere una diagnosi corretta vista la presenza della mutazione del gene JAK2); tuttavia la letteratura scientifica riporta casi di pazienti con diagnosi di PV in terapia con anticoagulante orale (come nel suo caso) per sindrome di Budd-Chiari che presentano livelli elevati di eritropoietina sierica.
Ulteriori dettagli riguardo la sua storia clinica ed eventuali precedenti dosaggi dell'eritropoietina potrebbero essere utili per una più precisa puntualizzazione del suo caso.
Buongiorno, i medici di base spesso consigliano di prendere la vitamina D insieme alla vitamina K2 per evitare calcificazioni arteriose. Ho dei dubbi circa l'assunzione della vitamina K2 sulla coagulazione, poiché nelle malattie mieloproliferative esiste un ben noto rischio trombotico. Voi che ne pensate? E' meglio evitare la K2 e limitarsi ad assumere la D?
Grazie mille.
(Donatella)
Risposta
I dati sperimentali (in vitro e in modelli animali) sembrano indicare un ruolo per la vitamina K2 nella regolazione della sintesi di alcune proteine implicate nella regolazione del metabolismo del calcio a livello osseo. Tuttavia, i dati disponibili, in studi controllati su esseri umani, non sono conclusivi al riguardo, ed un effetto favorevole dell'assunzione di vitamina K2 per quanto da lei indicato non è stato dimostrato. Non vi è quindi motivo, indipendentemente dalla presenza di una diagnosi di malattia mieloproliferativa, di associare l'assunzione di vitamina D con quella di vitamina K2.
Buon giorno,
da 8 anni sono in terapia con cardioaspirina per TE, non ho sintomi e le piastrine sono sempre al di sotto di 1000. JAK2 mutato ed anche MPL (recentemente verificato), milza lievemente ingrossata, necessariamente indica trasformazione in mielofibrosi?
Ringrazio anticipatamente e saluto cordialmente.
(Francesco)
Risposta
Da quanto riferito, è difficile giungere ad una conclusione. Importante sarebbe sapere se è comparsa anemia, se il numero dei globuli bianchi si è modificato, eventuali alterazioni della formula leucocitaria, comparsa di sintomi sistemici (come sudorazioni notturne, febbricola, calo pomderale): tutto questo può aiutare a sospettare più o meno fortemente la trasformazione della TE in MF secondaria. Tuttavia, tale trasformazione deve essere confermata da una biopsia ossea che documenti la comparsa delle alterazioni istologiche caratteristiche della mielofibrosi post-ET.
Buona sera, sono affetto da Mielofibrosi secondaria, attualmente in cura con Jakavi, 20 mg due volte al giorno da circa due mesi, per ridurre la milza, intorno ai 30 cm. All'ultimo controllo la milza ha iniziato a sgonfiarsi, ma l'emoglobina è scesa a 9,7. In seguito a questi valori sono passato al Jakavi dosaggio 10 mmg.
Pratico il tennis e jogging, e mi è stato sconsigliato di praticarlo con tali livelli di emoglobina. C'è indicativamente un livello di emoglobina minimo per praticare attività sportiva in sicurezza?
Grazie in anticipo per la risposta.
(Gian Carlo)
Risposta
Non c'è un livello preciso di emoglobina sopra al quale l'attività sportiva sia indicata o possibile. La decisione va presa tenendo conto di diversi aspetti: anzitutto la durata e l'intensità alla quale si pratica una certa attività può richiedere livelli diversi di emoglobina, in secondo luogo la comparsa o meno di sintomatologia (affaticamento, capogiri, fatica nel respirare o "mancanza di fiato" durante lo sforzo, eventuali dolori toracici o in altri distretti); inoltre può essere rilevante se l'anemia è comparsa lentamente oppure in maniera piuttosto rapida (nel primo caso si può sviluppare una sorta di adattamento allo stato anemico che rende un poco più tollerabili gli sforzi).
Con il valore riportato di 9,7 in effetti è consigliabile evitare attività sportiva, se non molto blanda, magari preferendo la marcia alla corsa e sempre valutando come il prorpio organismo risponde allo sforzo, tenendo conto di quanto esposto sopra.
Bravissimi Ricercatori, pare sia iniziato il conto alla rovescia: sta per concludersi la sperimentazione clinica di alcuni vaccini papabili e si prevede la commercializzazione nei prossimi mesi. La profilassi non sarà obbligatoria ma consigliabile, in particolare, alle categorie a rischio. Quale suggerimento per noi affetti da policitemia vera? Gli anticorpi specifici e protettivi che il vaccino anticovid produrrà, saranno ben tollerati dal nostro sistema immunitario come da quello delle persone sane o affette da patologie compatibili? O faranno SCATENARE o AGGRAVARE la nostra patologia?
Voi ,che certamente conoscete le sostanze che verranno iniettate con il vaccino anti-covid, potrete prevedere l'impatto con la nostra patologia ed eventuali eventi avversi?
Grazie per l'attenzione. Cordialmente, Demetrio.
(Demetrio)
Risposta
Una risposta precisa alla sua domenda si potrà avere solo quando la vaccinazione verrà effettauta in maniera diffusa nella popolazione generale, compresa quella affetta da malattie mieloproliferaive croniche. Non vi è ragione di pensare che un paziente affetto da PV o da altra malattia mieloproliferativa cronica non "risponderà" alla vaccinazione in maniera adeguata, così come risponde alla vaccinazione anti-influenzale o ad altre vaccinazioni che vengono effettuate in questi pazienti (per es. quelle anti-pneumococco, meningococco ed Haemophilus che si fanno in occasione di una splenectomia). Naturalmente, va tenuto conto dello stato generale del paziente, della fase della malattia (cronica o in progressione) e di una possibile immunodepressione (per es. conseguente a una specifica terapia). Va poi tenuto conto che nella valutazione della risposta alla vaccinazione dovrà essere considerato quale vaccino fra quelli che sembrano essere fra i primi disponibili è stato fatto.
Non vi sono ragioni, al momento e sulla base di quello che sappiamo, di ritenere che il vaccino anti-Covid possa aggravare la malattia né che il rischio di eventi avversi sia diverso da quello corso dalla popolazione non affetta da malattie mieloproliferative.
Salve, la biopsia presenta un quadro suggestivo per sindrome mieloproferativa cronica ad impronta trombocitemia. Posso escludere con certezza una mielofibrosi prefibrotica? O resta sempre il dubbio?
(Melania)
Risposta
L'interpretazione ed il referto dati dal patologo sono fondamentali per la diagnosi di malattia mieloproliferativa cronica. L'OMS ha definito dei criteri che i patologi devono adottare nel porre la diagnosi differenziale fra trombocitemia essenziale e mielofibrosi prefibrotica: certamente il/la patologa che ha posto la diagnosi ne è al corrente e ne avrà tenuto conto nell'interpretazione del suo esame bioptico. Infatti il quadro clinico può non essere d'aiuto poiché spesso non vi sono sostanziali differenze all'esordio fra le due malattie e la diagnosi riposa essenzialmente sul dato istologico.
Buonasera, ho 45 anni, sono affetto da TE CARL 1 dal 2017, con piastrine 800k, il resto emocromo normale, 45 anni asintomatico, a giugno interrotto la cardioaspirina per sindrome Vonwillebrandt secondaria e ho una vita del tutto normale. La domanda è se ci sono evidenze che il covid possa avere una prognosi peggiore nel mio caso e anche nel caso delle altre mm. Grazie e complimenti.
(Davide)
Risposta
Studi recenti hanno affrontato, in base all'analisi dei dati disponibili soprattutto durante la prima ondata della pandemia di Covid-19, il tema di quale sia l'andamento del Covid-19 in pazienti con malattie mieloprolifeartive croniche (MPN). Questi studi hanno spesso effettuato questa analisi considerando tutti i pazienti affetti da malattie ematologiche neoplastiche (di cui una percentuale era rappresentata da pazienti con MPN): presi nell'insieme i dati indicano che in questi pazienti la malattia può avere un decorso più severo con un maggior rischio di mortalità rispetto a malati con la stessa malattia ma senza Covid e rispetto anche alla popolazione generale affetta da Covid.
Riferendosi esclusivamente a pazienti con MPN, pur permanendo il messaggio dato sulla globalità dei malati, la severità ed il rischio di mortalià sembra siano più bassi rispetto a pazienti affetti da leucemie, alcuni linfomi e mieloma. Nell'ambito delle MPN va considerato anche lo stato generale e la fase della malattia nella quale il paziente si trova quando si ammala di Covid: infatti, il decorso di quest'ultimo è tendenzialmente più grave e potenzialmente fatale se il paziente si trova in un fase avanzata di malattia e in scadenti condizioni generali oppure se ha un'età avanzata.
Resta naturalmente di primaria importanza la prevenzione dell'infezione, indipendentemente dallo stato della malattia e dalla diagnosi di MPN ricevuta, mediante le misure di distanziamemnto sociale e l'uso appropriato della mascherina.
Buongiorno, da qualche settimana sto assumendo una compressa al giorno di Oncocarbode per policitemia vera. Assumo la compressa la sera subito dopo cena a stomaco pieno e certe sere, dopo 15/20 minuti dall'assunzione, ho dei giramenti di testa, alle volte un po' forti, in altre sere leggeri. Altre sere ancora per nulla.
Ho visto che l'Oncocarbide contiene lattosio e questi giramenti di testa mi ricordano degli episodi che ho ogni tanto (più o meno ogni cinque anni) dopo aver assunto dei latticini. Mi è stata diagnosticata diversi anni fa un'allergia a due proteine presenti a volte nei latticini, anche se raramente.
Ho misurato la pressione arteriosa dopo l'assunzione dell'Oncocarbide e rimane invariata.
Vi vorrei chiedere se esiste una versione dell'Oncocarbide senza lattosio e se i giramenti di testa dopo l'Oncocarbide sono normali e mi ci devo abituare.
Grazie molte per il vostro lavoro.
(Lorenzo)
Risposta
Non sono presenti sul mercato formulazioni di Oncocarbide in capsule senza lattosio. E' comunque improbabile che i capogiri dopo l'assunzione siano dovuti ad effetti diretti del farmaco. Da quanto riferisce è difficile anche attribuire i capogiri alla presenza del lattosio. Può provare a consultare il suo farmacista chiedendo se sia possibile una preparazione galenica del farmaco nella quale non sia presente il lattosio.
Buongiorno,
a causa di carenza di Vitamina D e osteoporosi mi è stato consigliato di prendere un noto farmaco in gocce che si assumono periodicamente. Ricordo però di aver letto una ricerca, che non riesco più a ritrovare, che sosteneva che l'assunzione di vitamina favorisce la fibrosi nel midollo (che ho già di grado 2). Potrei avere un suggerimento in merito? Grazie.
(Antonella)
Risposta
Vi è un unico studio recente che investiga le possibili relazioni fra la Vitamina D e lo sviluppo di fibrosi nell'ambito della mielofibrosi: si tratta di uno studio condotto mediante un modello murino che suggerisce che la stimolazione del recettore per la vitamina D espresso sulle cellule emopoietiche progenitrici orienta la loro differenziazione verso la linea macrofagica che a sua volta, sempre in questo modello animale, favorirebbe lo sviluppo di fibrosi e di sclerosi dell'osso.
Si tratta di uno studio sperimentale in modello animale che non ha avuto per ora seguito nell'uomo. Tali dati non sono sufficienti a sconsigliare l'assunzione di Vitamina D in pazienti con malattia mieloproliferativa cronica; se una supplementazione è ritenuta dal curante necessaria, considerando che la carenza della vitamina è essa stessa causa di possibili disturbi, non vi sono ragioni oggettive per non sottoporsi alla cura.
Anisopoichilocistosi in mielofibrosi: è normale avere questo termine nello striscio dell'emocromo e già segnalato una volta nel 2017? Ho l'emoglobina mormale globuli, rossi alti, rdw 20, mcv 74 e ferritina bassa perché sottoposto saltuariamente a salassoterapia per rialzo ematocrito dopo terapia con danazolo.
Grazie e saluti.
(Paolo)
Risposta
La anisopoichilocitosi (cioè la variabilità delle dimensioni -aniso- e della forma - poichilo-) dei globuli rossi in corso di mielofibrosi è un reperto non infrequente all'osservazione dello striscio di sangue periferico. Il grado o l'intensità dell'anisopoichilocitosi è variabile così come la sua presenza durante il corso della malattia.
Buonasera. Malato di PV, cerco integratori per aiutare il sistema immunitario. Ho scartato i preparati di vitamina C per essere vettori di assorbimento del Fe. Avrei individuato un preparato a base di papaya fermentata. Non so se potete esprimere un'opinione su quest'argomento. Inoltre, mi chiedo se noi PV, con un livello di Fe mediamente più basso della popolazione generale, abbiamo una minore probabilità di contagio. E se in caso di contagio la nostra malattia ci espone ad una maggiore letalità, se ci sono statistiche in tal senso. Grazie per l'attenzione.
(Giancarlo)
Risposta
Mentre esistono farmaci ben noti in grado di deprimere l'attività del sistema immunitario, integratori che si siano dimostrati scientificamente in grado di rafforzare le difese immunitarie non sono attualmente noti. Certamente un corretto apporto di vitamine, oligoelementi ed altri principi nutritivi contribuiscono al buon funzionamento del sistema immunitario ma si tratta di cosa diversa dal "rinforzarlo". Riguardo ai bassi livelli di ferro e la minor probabilità di contagio non sono disponibili dati certi e verificati al riguardo così come non è certo che la coesistenza di PV aumenti la mortalità in corso di infezione da SARS-Cov 19.
Buonasera, sono affetto da TE, scoperta nell'estate del 2018. Nell'ultimo emocromo oltre i soliti valori sopra media, piastrine (1.013), globuli bianchi (12.96) e rossi (6.75), c'è anche il valore LYM a 4.80. In una malattia come la mia, quando un valore come questo sale che tipo di problemi in corso potrebbe indicare? E' frequente che si verifichi, tenendo conto che anch'esso è prodotto dal midollo osseo, se ho ben capito, e quindi risulta anch'esso alto?
(Alessandro)
Risposta
L'aumento del numero assoluto dei linfociti (o, in casi diverso da questo, della loro percentuale), può essere transitorio e legato ad una recente infezioni virale (anche modesta) oppure essere espressione di una patologia del compartimento lifoide. Il dato andrebbe interpretato alla luce dei valori dell'emocromo ed in particolare dei globuli bianchi e della formula leucocitaria completa, nonché del quadro clinico del paziente. Molti linfociti non hanno poi origine nel midollo osseo per cui non è corretto interpretare il loro aumento come espressione dall'attività midollare.
Buonasera carissimi dottori, intanto vorrei ringraziarvi per le celeri risposte sempre datomi, ma vorrei farvi un ulteriore domanda alle mie perplessità. Mia madre, 64 anni, sindrome mieloproliferativa cronica Philadelphia negativa JAK2 negativo non ulteriormente classificabile, in cura con oncocarbide da maggio, notiamo un emocromo altelenante, si abbassano i globuli bianchi e non appena diminuiscono le pillole si alzano nuovamente, possibile che questa malattia possa non cronicirzarsi prima o poi o dobbiamo aspettarci un evoluzione negativa? I globuli bianchi non trattati all'inizio sono arrivati a 200.000 poi un mese fa 36.00 come nella fase di scoperta della malattia, eravamo ottimisti dalla discesa e ora nuovamente alti.
(Emanuela)
Risposta
Da quanto lei descrive, sembrerebbe che l'andamento altalenante dell'emocromo di sua madre dipenda dalle continue variazioni della posologia dell'idrossiurea. Probabilmente si tratta di trovare il dosaggio giusto del farmaco per sua madre, in maniera da ottenere il controllo del numero dei globuli bianchi senza produrre un loro eccessivo abbassamento. Talvolta è sufficente aggiustare il numero di compresse settimanali di poche unità per trovare il dosaggio efficace per contenere i globuli bianchi senza abbassarli eccessivamente (lo stesso vale per i globuli rossi o le piastrine). La possibilità di una evoluzione della malattia non dipende soltanto dall'andamento dei globuli bianchi ma anche da altri parametri ematochimici e clinici, che vanno considerati nel loro insieme.
Buongiorno, vorrei chiedervi se per un malato di TE (piastrine attorno ai 900.000/1.000.000, bianchi attorno ai 12000) non sotto terapia citoriduttiva, ma con la sola assunzione di aspirina quotidiana, senza altre patologie, età sotto i 50, il vaccino antinfluenzale è indispensabile.
Cordiali saluti.
(Alessandro)
Risposta
La sua malattia e le condizioni che lei riferisce le permettono di sottoporsi a vaccinazione anti-influenzale. Pur non potendo definire "indispensabile" tale vaccinazione, essa è in generale consigliata, soprattutto in questo periodo di diffusione del Covid, anche per le persone al di sotto di 50 anni.
Buongiorno. Sono affetta da policitemia vera e in cura con salassi e cardioaspirina. Spesso mi compaiono ematomi sulle gambe e stamattina è comparso sulla palpebra.
Volevo sapere se questi possono essere conseguenze della policitemia o dell'assunzione di cardioaspirina.
Grazie.
(Irene)
Risposta
E' molto probabile che, immaginando che il suo ultimo emocromo non riporti un numero di piastrine inferiore alla norma, la comparsa di ecchimosi ed ematomi che lei riferisce sia imputabile alla terapia anti-aggregante. Si rivolga al suo ematologo per una eventuale puntualizzazione della terapia antiaggergante in atto, soprattutto se questi ematomi non sono riconducibili a piccoli traumi o pressioni.
E' corretta per le neoplasie mieloproliferative la definizione "Tumori maligni ad andamento cronico"?
Quando mi fu diagnosticata la trombocitemia essenziale (1984) non ebbi la sensazione di gravità: solo controlli periodici dell'emocromocitometria. Avevo 27 anni ed una conta piastrinica intorno a 400-450000 /mm3.
(Francesco)
Risposta
La trombocitemia essenziale, insieme alla mielofibrosi ed alla policitemia vera, è classificata dalla Organizzazione Mondiale della Sanità fra le Neoplasie mieloproliferative croniche Philadelphia negative, termine che deriva dalla traduzione dall'inglese di Ph-negative Chronic Myelopriliferative Neoplasms.
Da un punto di vista biologico, la malattia ha le caratteristiche di una neoplasia (vi è una proliferazione clonale di una cellula staminale emopoietica), cioè di una patologia tumorale. Tuttavia, pur essendo biologicamente una neoplasia, si tratta però di una forma cronica che non bisogna assimilare nel suo significato a quello che comunemente si associa al termine "tumore maligno". L'andamento di queste malattie è cronico, cioè esteso nel tempo, e nel caso particolare della trombocitemia essenziale la malattia si associa ad una spettanza di vita non diversa da quella della popolazione sana. Anche la qualità della vita e lo stato soggettivo del paziente sono di solito molto buone e tali restano per lungo tempo.
Può assumere acido folico una paziente con mielofibrosi che assume Ruxolitibin? Se no qual è il motivo? Grazie.
(Tiziana)
Risposta
Non vi è controindicazione ad assumere acido folico per i pazienti che sono in terapia con ruxolitinib.
Buona sera sono una paziente affetta da MIELOFIBROSI con ipertensione portale dovuta ad una trombosi della vena porta. Per questa patologia sto prendendo Jakavi. Ho avuto diversi episodi di erisipela e attualmente sto curando un'ulcera alla caviglia dovuta ad una grave insufficienza venosa. Volevo sapere se potrebbe essere il farmaco ad avermi creato questo spiacevole incoveniente o se è una conseguenza della malattia stessa.
Mi è stato consigliato un intervento alla safena ma con il mio quadro clinico è possibile farlo? Grazie
(Patrizia)
Risposta
La terapia con Jakavi non è direttamente responsabile della comparsa di erisipela. E' noto però che tale terapia espone ad un rischio di episodi infettivi (sia di origine batterica che virale) più alto rispetto ai pazienti che non assumono tale terapia. L'ulcera della caviglia è imputabile invece alla grave insufficienza venosa che non è ricollegabile alla terapia con Jakavi.
Per quanto riguarda la safenectomia, deve discuterne con il collega chirurgo vascolare ed il suo ematologo che, conoscendo in maniera approfondita la sua storia clinica, sono in grado di esprimere un parere adeguato alle sue necessità.
PV riscontrata 5 anni fa, 73 anni, Oncocarbide 500 mg/die, sospesa per calo Hb da 15 a 10. Dopo 2 mesi di sospensione Hb10, piastrine in aumento(400.000), bianchi stazionari(9000). Grave insufficienza renale. Il mio nefrologo mi suggerisce eritropoietina. E' corretto questo approccio?
(Fabrizio)
Risposta
QUESTO SPAZIO NON PUÒ ESSERE UTILIZZATO PER RICHIEDERE PARERI MEDICI SU SITUAZIONI PERSONALI O VALUTAZIONI SU DIAGNOSI E CURE IN CORSO. I RICERCATORI SI RISERVANO DI NON RISPONDERE A DOMANDE CHE ABBIANO COME OGGETTO GIUDIZI CLINICI PERSONALI.
Salve, ho 49 anni e sono affetto dal mese di marzo 2019 da Policitemia Vera JAK2 positivo, scoperta in seguito ad una tromboflebite safena dx nel mese di novembre 2017, curata con Xarelto da 20 mg per un anno. Nel mese di novembre 2018, il centro regionale di riferimento mi prescriveva di passare all'assunzione di Plavixv 75 mg e di ripetere l'emocromo ogni 15 giorni. A seguito di ciò, nel mese di marzo 2019 il mio ematocrito era arrivato al 54%, a seguito di ciò mi veniva prescritto l'effettuazione del JAK2 risultato positivo. Gli ematologi da me interpellati mi confermavano l'assunzione del Copidogrel e salasso terapia al bisogno avevano prescritto solo dei salassi terapeutici e Clopidogrel. Nel mese di aprile 2020 ho avuto una recidiva di TVP alla poplitea dx. A seguito di ciò mi hanno prescritto di nuovo lo Xarelto dapprima 15 mg x 2 per 21 giorni e poi 20 mg al dì con l'aggiunta mese di giugno di una compressa di oncocarbide al giorno. Da allora ho effettuato già tre salassi terapeutici.
Volevo gentilmente chiedere se è corretta la terapia che sto facendo o se è il caso di cambiarla magari consultando qualche centro specializzato in Italia (io vivo in provincia di Napoli) o se potrei essere arruolato in qualche studio particolare.
Grazie.
(Giuseppe)
Risposta
QUESTO SPAZIO NON PUÒ ESSERE UTILIZZATO PER RICHIEDERE PARERI MEDICI SU SITUAZIONI PERSONALI O VALUTAZIONI SU DIAGNOSI E CURE IN CORSO. I RICERCATORI SI RISERVANO DI NON RISPONDERE A DOMANDE CHE ABBIANO COME OGGETTO GIUDIZI CLINICI PERSONALI.
Salve, torno a scrivervi per un parere. Mia moglie MF3 post PV, dopo diagnosi MF2post PV del 2013, in cura con ruxolitib 30 mg al di da gennaio 2014, milza 10 cm, da aprile 2014 senza blasti e senza sintomi, nel 2018 ha avuto un'anemia con punte minime di 8 e max 9, per questo ha partecipato al protocollo Luspatercept, avendo benefici nel primo anno, che però sono andati diminuendo col passare dei mesi sino ad uscire dalla sperimentazione il 2 settembre con hb 9, 1.
Purtroppo il 29 ottobre l'emocromo presenta un valore hb 8,2 (piastrine normali anche neutrofili). Questo valore è un gran pensiero. Prima di fare le solite cure per tentare di risollevare i valori dell'emoglobina Vi chiedo un parere in merito a provare una riduzione del Ruxolitinib. Passare da 30 mg a 25 mg potrebbe far aumentare l'hb attuale? Il risaputo effetto sul l'emoglobina permane negli anni o avviene solo all'inizio. Tenuto conto che sono quasi 8 anni che assume il ruxolitinib una diminuzione non dovrebbe essere tanto rischiosa?
Inoltre quando è necessario una trasfusione per un'anemia e che valori di Hb bisogna avere per essere destinati alla trasfusione?
Grazie sempre di esserci.
(Ernesto)
Risposta
PREMESSA IMPORTANTE: QUESTO SPAZIO NON PUÒ ESSERE UTILIZZATO PER RICHIEDERE PARERI MEDICI SU SITUAZIONI PERSONALI O VALUTAZIONI SU DIAGNOSI E CURE IN CORSO. I RICERCATORI SI RISERVANO DI NON RISPONDERE A DOMANDE CHE ABBIANO COME OGGETTO GIUDIZI CLINICI PERSONALI.
L'anemia rappresenta una manifestazione clinica caratteristica della mielofibrosi, potendo in altri casi derivare da deficit vitaminici e/o tossicità da farmaco. Per tale motivo, alla luce della lunga durata del trattamento con ruxolitinib, è opportuno valutare la presenza di condizioni concomitanti che possano rendere ragione del progressivo abbassamento dell'emoglobina, quali deficit di ferro, vitamina B12, folati, EPO. Qualora non emergesse alcuna carenza, è possibile valutare la riduzione del dosaggio di ruxolitinib, il cui effetto sull'emoglobina è ben noto.
La trasfusione di emazie concentrate (o globuli rossi concentrati) è indicata generalmente per valori di emoglobina <8.0 g/dL. In casi selezionati, quali pazienti cardiopatici in cui un'anemia moderata potrebbe determinare sintomatologia cardiologica, è possibile considerare la trasfusione di emazie concentrate per valori di emoglobina <9.0/9.5 g/dL.
Salve, ho sentito che il covid può provocare delle trombosi. Per le persone con una malattia mieloproliferativa c'è quindi un rischio maggiore o non c'è alcuna correlazione?
Risposta
Diverse evidenze scientifiche suggeriscono che il quadro clinico della polmonite da COVID-19 coinvolga anche la formazione di microtrombosi venose a livello del circolo vascolare polmonare.
Detto questo, non vi sono evidenze che i pazienti affetti da malattie mielorpoliferative croniche siano più suscettibili all'infezione da SARS-CoV-2 e quindi ad ammalarsi di COVID-19, ovvero che sviluppino, se ammalati, con maggior frequenza di altri eventi trombotici.
Gentili dottori, sono affetta da policitemia da 12 anni, inizialmente curata con Oncocarbide, divenuta intollerante cinque anni fa sono passata all'interferone. Prima IntronA e poi diciotto mesi fa Pegasys 180 mg, entrambi ben tollerati ed efficaci nel controllo della malattia. Negli ultimi mesi le analisi hanno evidenziato un aumento progressivo dei valori, ad oggi RBC 8,40, HGB 15, HCT49,9, PLT 803, WBC15.5. A cosa può essere dovuto questo cambiamento? Grazie pera la risposta.
(Lucia)
Risposta
MESSAGGIO IMPORTANTE: QUESTO SPAZIO NON PUÒ ESSERE UTILIZZATO PER RICHIEDERE PARERI MEDICI SU SITUAZIONI PERSONALI O VALUTAZIONI SU DIAGNOSI E CURE IN CORSO. I RICERCATORI SI RISERVANO DI NON RISPONDERE A DOMANDE CHE ABBIANO COME OGGETTO GIUDIZI CLINICI PERSONALI.
Buonasera. Qualche post più sotto avete risposto ad una domanda riferita alle vaccinazioni post splenectomia. Avete risposto che si fa un richiamo dopo i 5 anni e poi solo antinfluenzale. Potete spiegarmi meglio? Io sono splenectomizzata, ma il richiamo delle vaccinazioni da protocollo, me le fanno ogni 5 anni. L'ho tolta nel 2005, e ho ripetuto le vaccinazioni 3 volte. Dalla vostra risposta interpreto che va fatta solo una volta dopo i 5 anni e poi mai più. E' così? Grazie.
(Maria)
Risposta
Da linee guida, il vaccino antipneumococcico PPSV23 dovrebbe essere somministrato solo una volta a distanza di 5 anni dalla prima somministrazione dopo la splenectomia. Nei pazienti giovani sottoposti a splenectomia, è possibile valutare una terza somministrazione del vaccino antipneumococcico PPSV23 al compimento del 65° anno di età o più tardi qualora la seconda dose sia stata somministrata a meno di 5 anni.
Pazienti e bravi Ricercatori, ho letto ripetutamente che, in policitemia vera, si ricorre alla terapia citoriduttiva solo SE IN ETA'SUPERIORE AI 60 ANNI O IN CASO DI PREGRESSI EVENTI TROMBOTICI; ma gli eventi trombotici, in assenza di altri fattori di rischio, non sono determinati da ematocrito, leucociti e piastrine elevati?
Per l'ematocrito si consiglia mantenere un valore non superiore a 45; ma quale VALORE LIMITE è consigliabile per piastrine e leucociti, oltre il quale urge terapia farmacologica? Non è meglio prevenire eventi vascolari, spesso invalidanti (o mortali) agendo in tempo sulle cause scatenanti, invece che attenderli e curarli dopo, troppo tardi?
Vi ringrazio tanto e vi saluto.
(Teseo)
Risposta
Le indicazioni terapeutiche oggi utilizzate a livello nazionale e internazionale per il trattamento dei pazienti con Policitemia Vera deriva da osservazioni accumulatesi negli anni nell'ambito di numerosi studi retrospettivi e prospettici. Attualmente il valore emocromcitometrico più importante nel definire il rischio trombotico è (come ha ben detto) l'ematocrito, motivo per cui è indicato mantenere un valore <45% sia nei pazienti a basso rischio (attraverso i salassi) sia nei pazienti ad alto rischio (attraverso salassi e terapia citoriduttiva).
La letteratura scientifica oggi disponibile suggerisce che la conta piastrinica non influisce sul rischio trombotico, tant'è che non è indicato alcun intervento correttivo per valori elevati piastrine. Anzi, la terapia citoriduttiva è indicata per valori di conta piastrinica estremamente elevati (in genere > 1.5 milioni) che sono legati non a un rischio trombotico ma al contrario ad un rischio emorragico, derivante dall'azione delle piastrine su alcuni fattori proteici del sangue con conseguente deficit della coagulazione. Il ruolo dei leucociti sul rischio trombotico è invece più dibattuto, sebbene le evidenze oggi disponibili non consentono di definire un valore di leucocitosi tale per cui è indicata la terapia citoriduttiva.
Alla luce di tutti questi dati e dopo un'attenta valutazione del rapporto costo/beneficio (costo inteso come potenziale danno al paziente derivante dalla citoriduzione), la terapia citoriduttiva è indicata solo nei pazienti ad alto rischio, definiti da un'età > 60 anni o con pregressi eventi trombotici, e in alcune condizioni infrequenti (trombocitosi estrema, leucocitosi importante e progressiva).
Buongiorno; recentemente alcuni ricercatori hanno diffuso la notizia che la LATTOFERRINA sarebbe in grado di prevenire o contenere gli effetti del contagio da Covid. Gli integratori a base di tale molecola possono essere assunti dai pazienti affetti da patologie Mieloproliferative in cura con Jakavi?
Grazie.
(Enzo)
Risposta
La lattoferrina (o lattotransferrina) è una glicoproteina con azione antimicrobica che agisce "sequestrando" il ferro, elemento essenziale per la sopravvivenza di numerosi microrganismi patogeni. L'effetto antivirale della lattoferrina deriva invece dalla capacità di legare alcune molecole della membrana plasmatica, prevenendo l'ingresso del virus.
Recentemente alcuni studi scientifici - anche italiani - hanno suggerito che la lattoferrina possa aiutare l'organismo nella prevenzione e nella lotta contro il SARS-CoV-2. Si tratta tuttavia di evidenza preliminari che dovranno essere confermate.
Non esiste alcuna controindicazione all'uso di integratori contenenti lattoferrina nei pazienti con malattie mieloproliferative croniche in trattamento con JAK-inibitori.
Salve avevo letto che stanno sperimentando un vaccino anti CALR..., mi sembra in Danimarca. Ci sono delle novità?
In futuro potrebbe esistere un vaccino anti JAK2?
Saluti.
(Antonio)
Risposta
La ricerca clinica relativa ai vaccini anti-CALR come strategia terapeutica nella mielofibrosi è attualmente ancora in fase iniziale e saranno necessari anni di studio. In generale, queste ricerche nascono dall'osservazione che, come conseguenza delle mutazioni acquisite (in particolare quelle a carico dei geni CALR e JAK2), vengano generati dei nuovi antigeni (quindi sconosciuti al nostro sistema immunitario) contro i quali può essere diretta una risposta immunitaria.
Questo è il razionale dei vaccini anti CALR. E' possibile che questo tipo di approccio verrà utilizzato nell'ambito di strategie terapeutiche combinate, in cui l'uso di vaccini sarà associato ad altri farmaci, agendo così su più fronti della malattia.
Attualmente, vi è un trial clinico registrato, attivo ma ancora non reclutante pazienti, che si propone di testare, in uno studio di fase 1 (che ha quindi come primo obbiettivo quello di valutare la sicurezza e la non tossicità) un vaccino anti CALR. Lo studio è aperto presso l'Ospedale di Herlev, in Danimarca.
Buongiorno Dottori vi risulta che, in Giappone sia stato scoperto un anticorpo terapeutico PL 5 trattamento del tumore alla crescita del midollo osseo, contro la mutazione CALR?
Grazie.
Risposta
Ad oggi non sono disponibili anticorpi anti-calreticulina (CALR) per il trattamento della mielofibrosi. Tuttavia è stato ipotizzato che la mutazione della proteina CALR possa rappresentare un bersaglio terapeutico per il trattamento della mielofibrosi attraverso lo sviluppo di anticorpi o vaccini o cellule ingegnerizzate rivolte direttamente contro la forma mutata della proteina. Ad oggi sono in corso soltanto studi in laboratorio in questo campo.
Inoltre c'è un trial clinico registrato, attivo ma ancora non reclutante pazienti, che si propone di testare, in uno studio di fase 1 (che ha quindi come primo obiettivo quello di valutare la sicurezza e la non tossicità) un vaccino anti CALR. Lo studio è aperto presso l'Ospedale di Herlev, in Danimarca.
Cari professori grazie per le risposte che mi saprete dare e che non riesco a ottenere da nessun altro. Ho 72 anni, portati sempre ottimamente, attivo e dinamico, sempre in buona salute, analisi e accertamenti nella norma. A novembre del 2019 però nelle analisi del mio emocromo è comparsa una emoglobina 12 e eritrociti di valore corpuscolare superiore alla norma.
Il medico generico e l'ematologo hanno diagnosticato una anemia megaloblastica con necessità di folati e vitamina B 12. Nessun effetto se non quello di far scendere ancora la mia emoglobina a 11. Normali tutti gli altri parametri. Fatto a gennaio un ago aspirato l'ematologo ha ipotizzato una mielodisplasia unilineare di grado lieve sui globuli rossi, poi in pieno Covid mi ha rimandato le visite affermando che la mia malattia non era né grave né urgente.
Ad un ulteriore emocromo in maggio l'emoglobina è scesa a 10 per cui mi sono rivolto ad un centro ematologico di un importante ospedale romano, day hospital ogni 10 gg che ancora pratico. Nel mese di giugno il centro mi ha convocato per un ulteriore agoaspirato, poi biopsia ossea più altri accertamenti che hanno rilevato:
una mielodisplasia unilineare degli eritrociti +; una neoplasia mielo proliferativa (probabile mielofibrosi) in avanzato stato di fibrosi (fibrosi reticolinica 3 e fibrosi collagene 2 osteosclerosi assente); numerosi megariociti sparsi di dimensioni varie; serie eriproietica e granulipoietica con forme mature e immature (rapporto leucoeritroblastici 6/1) JAK2 V617F 4% Tipizzazione immunofenotipica CD34 44 mL.
Fish Sangue midollare trisomia 8 nel 33% delle cellule Rari blasti nel midollo Emocromo:
Eemoglobina ancora a 10
Altri parametri nella norma.
Nel mese di luglio ancora emocromo con emoglobina 10.
In agosto però in meno di 20 giorni l'emoglobina è scesa a 8 poi 7 poi 6 malgrado iniezioni di eprex 2 volte a settimana. Si è reso indispensabile quindi ricorrere a trasfusione ogni 10 gg. Nessun altro disturbo.
Mi sento bene tranne un po' di stanchezza nei 3 gg prima della trasfusione. Fegato e milza nella norma. Nessun dimagrimento, no febbre, no sudorazioni, no pruriti, no dolori alle ossa.
Globuli bianchi e piastrine nella norma (leggermente in crescita le piastrine ma nella norma). Blasti nel sangue periferico 1,7% La mia terapia attuale:
Le trasfusioni due sacche ogni 10 gg;
eritropoietina;
eparina;
terapia ferrochelante.
Nessuna terapia che possa tenere sotto controllo il procedere della malattia. So che trattasi di malattia non guaribile, cronica si ma fino a quando non diventerà acuta!!! Ma come, ma quando?
Chiedo sempre ai miei medici di voler capire come evolvono queste malattie, quali disturbi mi devo aspettare, quale potrà essere quindi la terapia per difendersi da un probabile aggravamento e inoltre che aspettativa di vita con questi parametri attuali io mi posso aspettare!
Ma purtroppo vedo i miei medici sempre vaghi, parchi di spiegazioni, non propensi a una terapia che tenda al controllo della malattia. In poche parole attendisti! Non fanno nulla perché tanto morirò presto?
Non parlano più di malattia lieve ma neanche a quale gravità io sia arrivato e io in meno di 6 mesi mi sono trovato dall'essere malato non grave con aspettative di vita a 20 anni a due passi dalla tomba?
Aiutatemi a capire vi prego!
(Giulio)
Risposta
PREMESSA IMPORTANTE: QUESTO SPAZIO NON PUÒ ESSERE UTILIZZATO PER RICHIEDERE PARERI MEDICI SU SITUAZIONI PERSONALI O VALUTAZIONI SU DIAGNOSI E CURE IN CORSO. I RICERCATORI SI RISERVANO DI NON RISPONDERE A DOMANDE CHE ABBIANO COME OGGETTO GIUDIZI CLINICI PERSONALI.
Caro Giulio, nessuno potrà mai dirle se e quando la malattia potrà evolvere verso una forma acuta. Generalmente l'evoluzione in forme acute si manifesta con il peggioramento del quadro ematologico (aumento o incremento dei globuli bianchi con comparsa di cellule immature chiamate blasti, riduzione di emoglobina e piastrine) e conseguentemente dei sintomi legati a questa alterazioni, quali stanchezza, affaticamento, sanguinamenti e suscettibilità alle infezioni. Attualmente non esistono farmaci in grado di modificare la storia naturale di queste malattie e quindi di arrestare o ritardare un'eventuale evoluzione in forma acuta.
Le consiglio di rivolgersi nuovamente alla sua Ematologia di riferimento per avere informazioni più chiare e complete sulla sua situazione.
Da dieci anni mi è stata diagnosticata una mielofibrosi con "J" positivo, in luglio dello scorso anno mi è stata asportata la milza (peso 2 kilogrammi), ho fatto preliminarmente i vaccini prescritti.
Ci sono dei vaccini che dovrei fare ciclicamente? Se si, quali?
Grazie per la Vostra incommensurabile disponibilità e competenza professionale.
(Gilan)
Risposta
In seguito alla rimozione della milza (splenectomia) sono previste, a non meno di 2 mesi dall'intervento, la vaccinazione antimeningococcica (ACWY + B) e antipneumococcica (PPSV23). A distanza di circa 5 anni è nuovamente indicata la vaccinazione antipneumococcica (PPSV23). Dopodichè l'unica vaccinazione raccomandata a cadenza annuale è quella antinfluenzale.
Buonasera,
vi sono novità sulla polineuropatia da inibitori della JAK? Mi pare che sia considerata irreversibile ma non progressiva e che Carbamazepina, Gabapentin, Acido Alfa-Lipoico e L-Acetilcarnitina diano scarsi risultati sulla sintomatologia e nessun miglioramento dell'EMG. Si sta utilizzando qualche altro farmaco nei pazienti affetti da neoplasie mieloproliferative che soffrano di questa patologia farmaco-indotta?
Grazie, cordiali saluti.
(Renzo)
Risposta
Ad oggi non sono disponibili nuovi dati riguardo la polineuropatia da inibitori di JAK2, per altro complicanza relativamente rara e riportata principalmente come effetto avverso farmaco-correlato in corso di trattamento sperimentale con momelotinib, molecola non ancora approvata per le neoplasie mieloproliferative croniche. Allo stesso modo non sono disponibili nuove molecole rivolte specificatamente al trattamento della neuropatia da JAK-inibitori.
Come principio generale, all'interno della classe dei farmaci JAK-inibitori vi sono alcune molecole per le quali è nota una certa associazione con questo evento avverso, come ad esempio è il caso di momelotinib. Più controversa è la questione riguardante ruxolitinib, per cui ad oggi non possiamo trarre conclusioni certe: vi sono state alcune segnalazioni, ma non è stato possibile definire un nesso di causalità, sia perché ogni paziente era, ad esempio, in terapia con più farmaci allo stesso tempo (alcuni dei quali potevano contribuire o spiegare la neuropatia), sia perché non vi sono stati chiari segnali di miglioramento dei sintomi dopo riduzione/sospensione della dose (dechallenge).
Buongiorno, sono un uomo di 65 anni affetto da policitemia vera da 18 mesi, evoluta da T.E. dopo circa 30 anni. Adesso sono in cura con ruxolitinib ben tollerato, mi chiedevo se, nonostante la cura, la malattia può evolvere ad uno stadio superiore, o se non ci sono ancora riscontri in tal senso.
Grazie.
(Amerigo)
Risposta
Esistono alcune forme di Policitemia Vera, chiamate comunemente Policitemie Vere "mascherate", che esordiscono con le caratteristiche cliniche della Trombocitemia Essenziale ma nel tempo sviluppano quelle della Policitemia Vera e tali sono da considerarsi a tutti gli effetti. Sia la Trombocitemia Essenziale che la Policitemia Vera (preceduta o meno da una fase trombocitemica) hanno un intrinseco rischio di evoluzione verso una forma di mielofibrosi o più raramente verso forme leucemiche acute.
Buongiorno,
1) la policitemia vera, si può ritenere comporti una forma di immunodepressione?
45 anni donna, abbiamo curato per 5 anni la policitemia solo con salassi e cardioaspirina, ora si è registrato un aumento delle dimensioni della milza (circa 2 cm in un anno) e ci hanno prescritto oncocarbide; ci si chiede altresì:
2) E' vero che l'uso di interferone pegilato (pare usato in USA per la policitemia vera da oltre un decennio) agisce sulle cause della malattia mentre l'oncocarbide solo sugli effetti?
3) L'uso dell'oncocarbide può aumentare il rischio di progressione della policitemia in mielofibrosi?
4) L'uso dell'oncocarbide correlato prevalentemente ad un ingrossamento della milza (2 cm in un anno) può successivamente essere interrotto?
Grazie.
(Rosa)
Risposta
1) La Policitemia Vera di per sé non si associa ad uno stato clinicamente significativo di immunodepressione, tuttavia alcuni trattamenti (idrossiurea, interferone) possono determinare un grado di immunodepressione difficilmente stimabile ma comunque lieve.
2) L'interferone (sia le forme convenzionali che quelle pegilate) agisce con meccanismi ad oggi poco definiti. Sicuramente sono coinvolte un'azione antiproliferativa e un'azione immunomodulante che si esplicano direttamente sulla popolazione di cellule patologiche. In considerazione di tale meccanismo di azione e dei risultati di alcuni studi su pazienti con Policitemia Vera e Trombocitemia Essenziale, si ritiene che l'interferone possa agire in alcuni casi sulla "causa" diretta della malattia. Infatti la remissione molecolare completa (condizione definita dalla non rilevabilità della mutazione del gene JAK2 alle indagini di biologia molecolare) è stata riportata in alcuni studi sull'interferone-alfa (principalmente la formulazione peghilata). In particolare, uno studio di fase 2 che ha arruolato 43 pazienti con policitemia vera trattati con Pegasys (interferone alfa-2a pegilato) ha dimostrato l'ottenimento di una remissione molecolare completa duratura (anche in seguito alla sospensione del farmaco) nel 18% dei pazienti. Tuttavia non è noto se la remissione molecolare completa rappresenti realmente una guarigione, pertanto sono necessari ulteriori studi per meglio definire tale relazione.
3) Le evidenze scientifiche disponibili non supportano una possibile associazione tra trattamento con idrossiurea e progressione in mielofibrosi.
4) In linea generale, nella Policitemia Vera la terapia citoriduttiva con idrossiurea è indicata qualora un paziente presenti un rischio trombotico elevato (età > 60 anni e/o pregressi episodi trombotici). Pertanto, una volta posta indicazione, generalmente il trattamento con idrossiurea viene mantenuto "a vita".
Buongiorno dottori. Paziente con TE, piastrine sotto 900000 e milza 15.5, in cura solo con aspirinetta. Secondo voi è giusta la terapia? Ci sono farmaci che riducono la milza? Grazie.
Risposta
Premessa: questo spazio non può essere utilizzato per richiedere pareri medici su situazioni personali o valutazioni su diagnosi e cure in corso. I ricercatori si riservano di non rispondere a domande che abbiano come oggetto giudizi clinici personali.
Nella Trombocitemia Essenziale il controllo delle splenomegalia può essere perseguito, quando indicato, attraverso la terapia citoriduttiva convenzionale (idrossiurea, interferone).
Buongiorno, sono affetto da policitemia vera da tre anni. Ho un gran prurito solo su gomito destro e solo su braccio sinistro, ad ogni contatto un po' forte si formano ematomi visibili che si attenuano fino a scomparire in circa due settimane. Il tutto è correlabile a p.v. o ad altre cause? Grazie.
(Maurizio)
Risposta
Il prurito è un sintomo tipico della Policitemia Vera e di altre malattie mieloproliferative croniche. Può essere controllato attraverso la terapia antiaggregante (aspirina a basse dosi) e il mantenimento dell'ematocrito almeno sotto il valore di 45% mediante salassi e, quando indicato, terapia citoriduttiva con idrossiurea.
Per quanto riguarda gli ematomi, il trattamento con aspirina a basse dosi può determinare una certa tendenza a sanguinamenti prevalentemente di natura muco-cutanea (naso, gengive, ano, cute). E' tuttavia necessario che discuta con il suo ematologo di riferimento per escludere eventuali altre cause di emorragia.
Buongiorno, ho 69 anni e soffro di Policitemia Vera dal 2017, per la quale assumo solo Cardioaspirina in quanto il mio ematocrito non supera il 45%. A detta del mio ematologo tale valore è frenato dalla carenza di ferro dovuta prevalentemente al fatto che ho sostituito la carne con il pesce. Nutrendomi quasi esclusivamente con pesce e verdura, vorrei sapere se assumendo 10 g di cioccolato fondente 1 o 2 volte a settimana può incrementare il valore del mio ferro. Grazie.
(Gabriella)
Risposta
Nei pazienti con Policitemia Vera è sconsigliabile integrare il ferro per via orale attraverso integratori o altre forme dietetiche per il rischio di un incremento repentino del valore di ematocrito. In casi selezionati, principalmente caratterizzati da disturbi importanti legati alla carenza di ferro, è possibile eseguire trattamenti con ferro orale a basse dosi, di breve durata e sotto costante monitoraggio ematologico.
Buongiorno. Esiste a tutt'oggi una sperimentazione di un farmaco capace di far regredire la fibrosi midollare nella mielofibrosi e, quindi, potenzialmente curativo della malattia? Se no perché, e come mai non si arriva a questo? Forse perché, duole affermarlo, le case farmaceutiche non investono abbastanza soldi che non frutterebbero visto che le mieloproliferative sono malattie rare e interessano un numero limitato di pazienti?
E' vero che soprattutto la mielofibrosi è malattia con meccanismi abbastanza complicati, ma sono trascorsi diversi decenni e, mi pare di capire, che si lavora sui sintomi e la milza ingrossata e non sul meccanismo di produzione della fibrosi che è poi quello che deterrmina la malattia vera e propria e la conseguente mortalità. La scoperta del JAK2 e 1 risale ormai a 15 anni fa. Spero vivamente di essere da voi confutata gentili ricercatori e grazie comunque per tutto quello che fate.
(Margherita)
Risposta
Cara Margherita, la mielofibrosi è una malattia ematologica estremamente complessa la cui fisiopatologia è solo parzialmente nota ai ricercatori di tutto il mondo. L'identificazione della mutazione di JAK2 nel 2005 e successivamente delle mutazioni di MPL e CALR rappresenta soltanto il primum movens verso la caratterizzazione completa di questa malattia, nei confronti della quale sarà possibile ideare e sviluppare approcci terapeutici sempre più efficaci solo dopo la comprensione di innumerevoli ed intricati meccanismi biologici che si attuano a livello intra-, extra- ed intercellulare. Basti pensare che il ruxolitinib, farmaco rivoluzionario che va ad agire proprio sulla componente cellulare che si ritiene responsabile della mielofibrosi (la proteina JAK), risulta molto efficace nel controllo dei sintomi e della splenomegalia ma ha limitato effetto sulla biologia e sulla storia naturale della malattia (compresa la fibrosi midollare). Questo dato ci aiuta a comprendere che non è sufficiente identificare un target di malattia su cui sviluppare un farmaco con potenzialità "curative" e mette alla luce la complessità biologica della mielofibrosi, la cui caratterizzazione è presupposto irrinunciabile per lo sviluppo di approcci terapeutici sempre più efficaci.
I ricercatori di tutto il mondo sono al lavoro per mettere alla luce i complessi meccanismi che guidano la biologia della mielofibrosi, ma si tratta di processo lungo ed intricato che richiederà anni di ricerca e sperimentazione. In tal senso, posso assicurare che le aziende farmaceutiche sono parte integrante del processo di ricerca e sviluppo (soprattutto in termini economici, pur trattandosi di malattie rare), senza alcun
Per quanto riguarda eventuali farmaci con azione anti-fibrotica, ci sono alcune molecole attualmente in fase precoce di sviluppo. Recentemente sono stati pubblicati i dati preliminari relativi ad uno studio clinico di fase 1b su una nuova molecola chiamata PXS-5505. Si tratta di un farmaco somministrato per via orale che agisce inibendo i processi che determinano la comparsa di fibrosi midollare. Tale studio ha arruolato un piccolo numero di soggetti sani (16) che hanno assunto per 14 giorni questa nuova molecola o un placebo. I dati presentati consentono di affermare preliminarmente che tale molecola possiede un buon profilo di sicurezza, non ha effetti avversi limitanti ed è efficace nell'inibire alcuni degli enzimi coinvolti nel processi di fibrotizzazione del midollo osseo. Sulla base di questi dati e sul meccanismo d'azione del principio attivo, è stato proposta la sua possibile applicazione nel trattamento dei pazienti con mielofibrosi. Nel complesso, si tratta di dati del tutto preliminari, che non consentono pertanto di esprimere giudizi concreti sulla possibile applicazione futura di questo nuovo farmaco. Sono tuttavia evidenze importanti che costituiscono le basi per l'ulteriore sviluppo di questa molecola attraverso la progettazione nei prossimi anni di studi clinici di fase avanzata su pazienti affetti da mielofibrosi.
In un soggetto (come il sottoscritto) di 54 anni, con diagnosi di POLICITEMIA VERA nel marzo 2017 che ha le seguenti caratteristiche Genetiche/Morfologiche:
1)Mutazione V617F: PRESENTE
2)JAK 2 Alleli mutati: 26,1%
3)Mutazione /ABL/BCR t (9:22)-p210: ASSENTE
4)ASPIRATO MIDOLLARE: serie mieloide ed eritroide molto ben rappresentate con iperplasia alterazioni diseritropoietiche (in particolare megaloblastiche)a carico della seconda. Megacariociti numerosi; Mieloblasti 1%. Cellularità midollare 70-80%; Quota di precursori CD34(+) è inferiore all'1%
5)CARIOTIPO: 46, XY (35), senza anomalie numeriche o strutturali dei cromosomi
6)NUMERO SALASSI/ANNO: 8(2017); 5(2018); 5(2019); 4(fino al 19.10.2020 data Salasso n. 4)
7)Ultimo Emocromo del 14.10.2020: Globuli Bianchi: hanno raggiunto quota 15.23 PLT: 820; Ht: 46.8 %; Hb: 13.1%; Globuli Rossi: 7.38
8) NON FUMATORE; NO DIABETE; NO IPERTENSIONE; NO IPERCOLEST.; NO IPETRIGLICERID.; NO EVENTI TROMBOTICI.
N. 3 DOMANDE:
1. ci sono già le indicazioni all'inizio della Terapia citoriduttiva o si può ancora attendere e gestire con i Salassi + Cardioaspirina 100 mg x 1/die?
2. Qual è, nel caso, il limite per l'inizio della Terapia citoridiuttiva in assenza di Fattori di rischio?
3. Nel caso ci fossero già le indiocazioni, quale Terapia di inizio valutando età/durata della Terapia/Effetti collaterali leucemogeni dell'Idrissiurea?
Grazie per vostro prezioso supporto.
(Ivan)
Risposta
PREMESSA IMPORTANTE: QUESTO SPAZIO NON PUÒ ESSERE UTILIZZATO PER RICHIEDERE PARERI MEDICI SU SITUAZIONI PERSONALI O VALUTAZIONI SU DIAGNOSI E CURE IN CORSO. I RICERCATORI SI RISERVANO DI NON RISPONDERE A DOMANDE CHE ABBIANO COME OGGETTO GIUDIZI CLINICI PERSONALI.
Nella Policitemia Vera la terapia citoriduttiva è indicata nei pazienti ad alto rischio trombotico, definito da un'età superiore ai 60 anni oppure dalla presenza di pregressi eventi trombotici. La terapia citoriduttiva si basa generalmente sull'idrossiurea, farmaco vecchio ma ben gestibile, ben tollerato e con un buon profilo di tossicità. In seconda linea può essere utilizzato il ruxolitinib, riservato a pazienti refrattari o intolleranti all'idrossiurea. Altri farmaci utilizzabili comprendono l'interferone e altri agenti alchilanti simili all'idrossiurea, come il busulfano e il chlorambucil.
Bravissimi, secondo la vostra preziosa esperienza, anche se non ho 60 anni (54 e da 4 con policitemia vera) e sono in buone condizioni generali, con qualche acufeno e, talvolta, prurito ma con piastrine e globuli bianchi alti (820-15.23), posso ancora considerarmi a basso rischio e continuare ad utilizzare giornalmente Aspirina 100 mg e salassi al bisogno(4/5 anno)?
Anche altri valori non sono nella norma:
globuli rossi 7.38; val. rif. 4.50-5.70
emoglobina 13,1; val. rif. 15.5-17.0
ematocrito 46.8 val. rif. 40,0-52,0
MCV 63,4 val. rif. 80,0-95,0
MCH 17,8 val. rif. 27,0-32,0
MCHC 28,0 val. rif. 32,0-36,0
RDW CV 24,0 val. rif. 11,5-14,5
RDW SD 48,1 val. rif. 39,0-48,0
neutrofili 10,82 val. rif. 2,00-8,00
eosinofili 0,56 val. rif. 0,00-0,50
basofili 0,71 val. rif. 0,00-0,20
Con tale situazione necessita terapia citoriduttiva o meglio attendere fino a 60 anni, magari rischiando eventi vascolari o emorragici?
Ho letto da più parti che per i giovani è preferibile, come prima scelta l'interferone ed in proposito ho idee confuse: so che il pegilato è ben tollerato, che spesso dà risposte complete, ma da una vostra risposta ad un quesito ho appreso che il 2a e il 2b non verrà più commercializzato; trattasi del vecchio interferone dagli effetti collaterali disastrosi? Qual è il nome commerciale?
Ho appreso pure da voi che il pegilato è prescrivibile e a carico del SSN ma secondo la legge 648 del 96 ed è, quindi una prescrizione virtuale subordinata ad una burocrazia stancante, farraginosa e impossibile da onorare. Allora come e dove acquistarlo, sempre che sia economicamente accessibile ai cittadini normali, altrimenti non ci resta che la vetusta insuperata e insuperabile HU, purtroppo sempre in primo piano.
Vi ringrazio per la vostra attenzione. Cordialmente DEMETRIO.
(Demetrio)
Risposta
Premessa: questo spazio non può essere utilizzato per richiedere pareri medici su situazioni personali o valutazioni su diagnosi e cure in corso. I ricercatori si riservano di non rispondere a domande che abbiano come oggetto giudizi clinici personali.
In linea generale, nella Policitemia Vera la stratificazione del rischio trombotico si basa sull'età e sulla storia vascolare. Più precisamente, un paziente viene considerato al alto rischio se di età > 60 anni OPPURE in presenza di precedenti eventi vascolari di natura trombotica. Qualora non sia presente nessuno di questi fattori, il paziente viene considerato a basso rischio. In quest'ultimo caso, l'approccio terapeutico si basa su aspirina a basse dosi (in genere 100 mg QD) e salassi per mantenere un valore di ematocrito < 45%. Nei pazienti ad alto rischio, invece, è indicato il trattamento citoriduttivo, generalmente a base di idrossiurea (Onco Carbide).
Per quanto riguarda gli altri quesiti, andando con ordine:
- La remissione molecolare completa (condizione definita dalla non rilevabilità della mutazione del gene JAK2 alle indagini di biologia molecolare) è stata riportata in alcuni studi sull'interferone-alfa (principalmente la formulazione peghilata) in pazienti con policitemia vera. In particolare, uno studio di fase 2 che ha arruolato 43 pazienti con policitemia vera trattati con Pegasys (interferone alfa-2a pegilato) ha dimostrato l'ottenimento di una remissione molecolare completa duratura (anche in seguito alla sospensione del farmaco) nel 18% dei pazienti.
- Recentemente tramite procedura AIFA la terapia con interferone nella forma peghilata per la trombocitemia essenziale è diventata un'ulteriore opzione terapeutica, anche se, nell'elenco dei farmaci prescrivibili a carico del SSN ai sensi della legge 648/96, solo in caso di pazienti non candidabili ad altri trattamenti disponibili.
- Recentemente AIFA ha reso noto che l'approvvigionamento di alcune formulazioni di interferone alfa-2a e 2b verrà garantita fino all'ultimo trimestre dell'anno corrente, mentre la produzione dell'interferone alfa-2a in forma pegilata (Pegasys) dovrebbe cessare entro il 2026, secondo quanto dichiarato dall'azienda farmaceutica produttrice (Roche).
- Infine l'idrossiurea è senz'altro un vecchio farmaco usato da molto tempo. Tuttavia rappresenta un'ottima opzione terapeutica, estremamente maneggevole, complessivamente ben tollerata e con un ottimo profilo di sicurezza. È necessario inoltre ricordare che l'interferone, pur costituendo un'ottima alternativa terapeutica, ha un suo profilo di tossicità e alcuni potenziali rischi che vanno valutati caso per caso.
Buongiorno e grazie per il vostro lavoro!
Sono affetto da circa 8 mesi da mielofibrosi anomala con l'unico effetto per ora di anemia trasfusione dipendente che viaggia su 7 punti di emoglobina. Non ho aumento di volume di fegato o milza, non patologie fisiche del tipo febbre, sudorazioni dimagrimento, globuli bianchi e piastrine nella norma, blasti nella norma. Mi curano con eritropoietina da due mesi, eparina da 1 mese, terapia antiggregante per evitare accumuli di ferro. Un mese fa ho avuto un episodio di perdita improvvisa e totale dell'udito e in contemporanea un primo episodio di aftosi dolorosissima.
Per l'udito niente da fare, sembra, ormai dopo varie cure, non recuperabile per l'aftosi. Invece riesco a guarire con sciacqui al cortisone ma al massimo dopo 10/12 giorni ricomincia. Ho avuto 3 episodi in appena 1 mese.
Vorrei sapere da voi se tutto questo ha una attinenza con la mia mielofibrosi dal momento che una coincidenza non mi sembra probabile. E inoltre come posso difendermi da altri episodi simili, penso soprattutto al grave problema all'udito!
Grazie.
(Giovanni)
Risposta
Premessa: questo spazio non può essere utilizzato per richiedere valutazioni a distanza su singoli casi.
In linea generale, la perdita improvvisa dell'udito può avere diverse cause. In un paziente con mielofibrosi, un simile evento potrebbe essere causato da un episodio trombotico o emorragico a carico delle strutture che costituiscono l'organo dell'udito. Tuttavia, è sicuramente necessario escludere altre cause decisamente più frequenti anche nei pazienti affetti da mielofibrosi, per cui si consiglia visita specialistica otorinolaringoiatrica. Per quanto riguarda l'aftosi orale, si tratta di un disturbo che si ritrova in maniera relativamente frequente nei pazienti con malattie oncoematologiche. Le possibili cause sono diverse, tra cui le più frequenti sono deficit vitaminici (vitamina B12, folati) e farmaci come l'idrossiurea.
73 anni. PV da 5 anni. Buon controllo emocromo con Oncocarbide, 500 mg al di. Insufficienza renale cronica 4° stadio. Ho sospeso da un mese oncocarbide perché Hb da 15 scesa a 10 con volume Grosso 110. Attualmente ancora 10. Piastrine 400.000, GB 9000. Chiedo se l'anemia relativa è segno di evoluzione in fibrosi midollo e/o di insufficienza renale. Sono state escluse cause di sanguinamento.
(Fabrizio)
Risposta
Premessa: questo spazio non può essere utilizzato per richiedere valutazioni a distanza su singoli casi.
In generale, la comparsa di anemia in pazienti con Policitemia Vera può avere diversa origine. Le cause più comuni comprendono le emorragie (generalmente acute), la tossicità da farmaco (come l'idrossiurea, frequentemente utilizzata per il trattamento di questa condizione e caratterizzata da una tossicità midollare che può esprimersi in maniera estremamente variabile da individuo a individuo in forma di anemia, piastrinopenia e leucopenia), l'evoluzione verso una forma di mielofibrosi.
Buongiorno, sono affetto da mielofibrosi, assumo ruxolitinib ma che ha perso la risposta con diminuzione di emoglobina e piastrine. Mi hanno proposto di entrare nel protocollo momelotinib associato al danazolo, in quanto questo farmaco hanno assegnato alla struttura. Io sapevo del fedratinib e del pactrinib ma non di quest'altro farmaco.
Sono un po' titubante e vi chiedo qualche informazione su questo momelotinib.
Vi ringrazio anticipatamente.
(Donato)
Risposta
La riduzione del valore di emoglobina e piastrine non rappresenta necessariamente una perdita di risposta al ruxolitinib.
Per quanto riguarda il momelotinib, si tratta di un inibitore delle chinasi JAK1 e JAK2 con un profilo di efficacia simile a quello del ruxolitinib (il meccanismo d'azione è analogo). Nel protocollo sperimentale che li ha confrontati (SIMPLIFY-1), entrambi i farmaci sono risultati ugualmente efficaci nel ridurre le dimensioni della milza, mentre ruxolitinib si è dimostrato superiore per quanto riguarda il controllo dei sintomi associati alla malattia. Tuttavia, una quota di pazienti trattati con momelotinib ha avuto un miglioramento del valore dell'emoglobina, con riduzione del fabbisogno trasfusionale.
Relativamente al profilo di sicurezza, il momelotinib può determinare tossicità midollare (riduzione di globuli bianchi, globuli rossi e piastrine), sebbene in misura minore rispetto al ruxolitinib, ed effetti avversi di natura gastrointestinale (nausea, diarrea, vomito), che sono generalmente ben gestiti con farmaci da banco e tendono a risolversi nel tempo.
Infine, in una minore quota di casi il trattamento con momelotinib può determinare una particolare forma di neuropatia periferica che si manifesta con disturbi sensitivi e in misura minore motori a carico degli arti inferiori e superiori.
Buongiorno,
ci sono evidenze che lo jakavi faccia diminuire la fibrosi midollare?
Grazie della risposta.
(Claudia)
Risposta
Ad oggi sono disponibili limitate evidenze a supporto di un'azione anti-fibrotica del ruxolitinib. Oltre a rari casi singoli riportati in letteratura scientifica, sono disponibili i risultati di uno studio relativamente recente condotto su 68 pazienti originariamente arruolati in uno studio di fase 1/2 e trattati con ruxolitinib. I dati emersi da questo studio suggeriscono che il trattamento con ruxolitinib di lunga durata è associato ad una probabilità maggiore di miglioramento o stabilizzazione e a una minore probabilità di peggioramento della fibrosi midollare in confronto al trattamento con farmaci tradizionali (idrossiurea, interferone, ecc.). In tal senso, il ruxolitinib potrebbe avere un ruolo nel migliorare o nel ritardare la progressione della fibrosi midollare, con un possibile effetto sulla storia naturale della malattia.
Nel complesso, tuttavia, i dati attualmente a nostra disposizione non consentono di affermare che il ruxolitinib ha un'azione antifibrotica chiara nei pazienti con mielofibrosi. Sono necessari studi ulteriori per verificare un simile effetto.
Volevo sapere se c'è relazione tra mielofibrosi e insufficienza venosa che porta ulcere agli arti inferiori.
(Patrizia)
Risposta
Non vi sono evidenze di un legame diretto tra mielofibrosi e insufficienza venosa e/o ulcere degli arti inferiori. L'idrossiurea, un farmaco frequentemente utilizzato per il trattamento della mielofibrosi e di altre malattie mieloproliferative croniche, ha come effetto collaterale la comparsa di ulcere dolorose a carico degli arti inferiori, in particolare gambe e caviglie. Inoltre, la trombosi venosa dei vasi profondi e superficiali degli arti inferiori può determinare la comparsa nel tempo di insufficienza venosa come conseguenza dello "sfiancamento" delle valvole venose che favoriscono il deflusso venoso.
Buongiorno ricercatori, voglio porre una domanda.
Mio figlio 27-enne, affetto da trombocitemia essenziale MUTAZIONE CARL POSITIVA (1.300.000 piastrine) ha eseguito terapia inizialmente CON ANAGRELIDE 5 CP DIE con scarsi risultati, non riducendo in modo significativo le piastrine.
La terapia in corso è stata sostituita con INTRON A 0.25 ML SOTTOCUTE 3 gg alla settimana, prendendendo 1 cpr da 1 g mezzora prima di PARACETAMOLO.
Visto la diffusione del COVID19 vi chiedo, è il caso che inizi ora con l'interferone? Dovrebbe prima effettuare il vaccino antinfuenzale?
Cosa mi consigliate?
Grazie pe la risposta.
(Giovanna)
Risposta
Ad oggi non esistono controindicazioni all'utilizzo dell'interferone ricombinante in relazione all'epidemia da SARS-CoV-2.
La vaccinazione antinfluenzale è consigliata ma non necessaria prima dell'inizio del trattamento con interferone ricombinante.
Buongiorno, oggi l'ematologa da cui sono in cura per policetemia vera mi ha cambiato la cura, perché ho superato i 60 anni di età. Invece della sola cardioaspirina mi ha aggiunto l'oncobarbide, ma nel bugiardino ho letto che questo medicinale non deve essere usato da chi ha ricevuto il vaccino per la febbre gialla. Io ho fatto questo vaccino una decina di anni fa circa: posso prendere l'oncocarbide o no?
Grazie, a presto.
(Lorenzo)
Risposta
La controindicazione si riferisce alla concomitante somministrazione dei 2 prodotti. Pertanto può assumere senza problemi l'idrossiurea.
La mielofibrosi le uniche guarigioni e trapianto che succede con la fibrosis midollare una volta vengono fatto trapianto sparisce questa fibrosi o solo se ferma quella che c'è e comincia a lavorare la parte non fibrotica?
(Mariana)
Risposta
Ad oggi il trapianto di cellule staminali emopoietiche rappresenta l'unica opzione terapeutica con potenziale curativo nella mielofibrosi, essendo in grado di eliminare la popolazione di cellule malate ripristinando in genere il midollo osseo e facendo quindi regredire la fibrosi midollare.
Buongiorno.
Ho una domanda da porvi per me basilare: visti gli innumerevoli effetti collaterali possibili del farmaco ruxolitinib e in assenza di sintomi sistemici propri della mielofibrosi, con quanti cm di milza ingrandita, ovviamente indicativamente in quanto non esiste protocollo in merito, è raccomandato tale farmaco? In altre parole: se la milza non produce sintomi avversi è giusto dare ruxolitinib in assenza di altri sintomi sistemici e con modico aumento della stessa e cioè meno di 5 cm dall'arcata costale e cioè 16 cm di lunghezza più o meno?
Grazie per la risposta.
(Margherita Giulia)
Risposta
Non è possibile indicare un valore di splenomegalia (sia palpatoriamente che ecograficamente) al quale è indicato il trattamento con ruxolitinib. Secondo le attuali linee guida nazionali ed internazionali, il ruxolitinib è indicato per il trattamento della mielofibrosi in:
- pazienti a rischio intermedio-2 e alto (definito secondo specifici modelli prognostici noti come IPSS e DIPSS) con splenomegalia severa (generalmente definita come una milza palpabile oltre i 15 cm dall'arcata costale) e/o sintomatica (cioè associata a sintomatologia dolorosa o da compressione di altri organi);
- pazienti a rischio intermedio-1 con splenomegalia severa e sintomatica oppure intolleranti/refrattari all'idrossiurea;
- pazienti con sintomatologia severa (definita da un punteggio al questionario MPN10 >44) o con prurito refrattario o con calo ponderale significativo non attribuibile ad altre cause.
Buona giornata professori. Solo una domanda:
sono afflitto da mielofibrosi, forse da 6 mesi ma immediatamente la mia emoglobina è scesa a 6,5. Ho iniziato da 2 mesi iniezioni di eritropoietina, 2 a settimana e una sacca di eritrociti ogni 10 gg, ma la mia Emoglobina viaggia tra 8 e 7. Forse l'eritropoietina non funziona su di me e allora esiste un altro farmaco che mi aiuti a raggiungere livelli maggiori?
Grazie per la vostra risposta.
(Piero)
Risposta
L'anemia rappresenta una delle manifestazioni cliniche più tipiche e frequenti della mielofibrosi. Oltre al supporto trasfusionale, esistono diversi farmaci che possono trovare impiego nel trattamento dell'anemia nei pazienti con mielofibrosi, generalmente associati a tassi di risposta bassi e a breve durata della risposta: corticosteroidi, epoetine (analoghi ricombinanti dell'eritropoietina umana), immunomodulanti (thalidomide, lenalidomide), androgeni e loro derivati (come il danazolo).
Per quanto riguarda le epoetine, il loro impiego è associato a una probabilità di risposta variabile tra il 15 e il 40% a seconda degli studi. La probabilità di ottenere un miglioramento dell'emoglobina è maggiore se il livello basale di eritropoietina sierica è inferiore a 125 mU/ml e se il paziente non presenta fabbisogno trasfusionale. La risposta al trattamento con epoetine è generalmente atteso entro i primi 2-3 mesi di terapia, dopodiché è altamente improbabile ottenere una risposta, ed ha durata variabile ma comunemente comprese tra i 6 e i 12 mesi.
Buongiorno vorrei sapere qual'è il farmaco più adatto a ridurre le cellule fibrotiche nel midollo. Grazie.
(Giovanna)
Risposta
Ad oggi non esistono farmaci in grado di revertire la fibrosi midollare nei pazienti con mielofibrosi primitiva o secondaria.
Buongiorno, sono affetto da TE, diagnosticata nel 2004 e dal 2008 prendo l'oncocarbide ed oggi ne assumo 1500 mg/die. A seguito di un episodio di TIA ho dovuto sostituire la cardiaspirina con il Clopidogrel 75 mg una compressa/die. Per curare una ernia del disco dovrei eseguire interventi con inoculazioni di ozono-ossigeno assistiti da TAC e pur trattandosi di interventi molto poco invasivi il radiologo che li eseguirà afferma che sia consigliabile sospendere per due giorni la terapia antiaggregante anche se non sarebbe strettamente necessario. Lo posso fare?
(Luigi)
Risposta
La sospensione della terapia antiaggregante deve essere valutata dallo specialista che esegue l'intervento. Qualora la sospensione della terapia aggregante venga considerata necessaria, è possibile interrompere l'assunzione dell'antiaggregante almeno 3 (per l'aspirina) e 5 (per il clopidogrel) giorni prima dell'intervento, sostituendola con eparina a dose profilattica fino al giorno prima dell'intervento.
Buongiorno Dottori, affetto da TE, secondo voi la concomitanza di più fattori, come acufeni, stanchezza, visione offuscata, sbandamento, etc. significa che la malattia sta progredendo?
Grazie.
Risposta
I sintomi riferiti sono manifestazioni tipiche della trombocitemia essenziale. Non rappresentano un indice di progressione della malattia, tuttavia la loro persistenza può indicare uno scarso controllo sintomatologico e richiedere pertanto un aggiustamento del trattamento in corso.
Buon giorno, ho 69 anni e soffro di Policitemia Vera dal 2017, per la quale assumo solo Cardioaspirina in quanto il mio ematocrito non supera il 45% ed il mio ematologo aspetta a iniziare la terapia con Oncocarbide non appena il mio ematocrito supererà la suddetta soglia, in quanto in passato sono stata sottoposta a chemioterapia per un raro linfoma splenico.
Desiderando assumere un integratore a base di zinco picolinato (Solgar) volevo chiedervi se ci sono eventuali controindicazioni.
Grazie per una vostra gentile risposta.
(Gabriella)
Risposta
Non vi sono controindicazioni all'utilizzo di zinco picolinato nei pazienti con policitemia vera. In generale, è possibile assumere qualsiasi integratore (alle dosi consigliate e sempre in associazione ad una dieta sana ed equilibrata) qualora non contengano ferro (anche in minime tracce).
Salve, 44 anni, sono affetto da politicemia, JAK2 positivo, attualmente faccio salassi all'occorrenza e prendo cardioaspirina; volevo sapere se era possibile utilizzare estratto di ginko biloba in foglie per tisane per fluidificare il sangue.
Grazie mille per la Vostra disponibilità.
(Antonio)
Risposta
Non esiste alcuna evidenza a supporto dell'uso di ginkgo biloba e suoi estratti nel trattamento della policitemia vera.
Buongiorno, ho 43 anni, TE CARL positivo e JAK2 borderline. Sono in attesa del controllo di routine a fine mese con l'ematologo. Nel frattempo ho eseguito gli esami del sangue. Al di là dell'incremento costante di piastrine (999) e globuli bianchi sempre un po' più alti rispetto ai valori normali, il potassio è risultato alto (5,6). Sono in cura con cardioaspirina e Torvast 10 per colesterolo. Può essere questo farmaco a fare alzare il potassio?
Grazie come sempre del vostro supporto per noi prezioso. Buon lavoro.
(Lucia)
Risposta
Nei soggetti con un numero elevato di leucociti e/o piastrine, come nei pazienti affetti da malattie mieloproliferative croniche, è talora riscontrabile un aumento del potassio nel sangue conseguente alla fuoriuscita del potassio dai globuli bianchi e/o dalle piastrine in seguito al prelievo ematico e/o alla coagulazione del sangue. Si parla in questo caso di pseudoiperkaliemia, un condizione non patologica che non richiede alcun intervento terapeutico. Tuttavia, allo scopo di escludere la presenza di altre potenziali cause di iperkaliemia (ovvero di un incremento dei valori di potassio nel sangue), è necessario confermare la condizioni di pseudoiperkaliemia, in genere attraverso il dosaggio del potassio nel plasma.
Salve, soffro di politicemia e da qualche giorno soffro di acufeni e precisamente dei fischi all'orecchio sinistro... che vanno e vengono di giorno ma diventano forti la sera! Può dipendere dalla malattia?
Ci sono dei rimedi sia naturali che farmaci da assumere?
(Antonio)
Risposta
Il disturbo riferito prende il nome di acufene (o tinnito) e rappresenta un disturbo uditivo che si manifesta con la percezione soggettiva di rumori fastidiosi (come fischi, ronzii, fruscii, pulsazioni, ecc.). Si tratta di una manifestazione clinica tipica della policitemia vera, principalmente correlabile all'aumento della viscosità ematica e/o della conta piastrinica.
Generalmente il trattamento con aspirina a basse dosi (100 mg al giorno) e il mantenimento di un valore di ematocrito <45% attraverso l'impiego di salassi e, quando indicato, di terapia citoriduttiva sono in grado di garantire il controllo del disturbo.
Le consiglio di rivolgersi al suo medico curante o ematologo di riferimento.
Gentili ricercatori sento che si invita i cittadini ad effettuare oltre alla vaccinazione antinfluenzale anche il vaccino anti-pneumococco. Per i malati di mielofibrosi, da 5 anni con 75 anni di età, come me, è consigliabile questa doppia vaccinazione?
Cordiali saluti.
(Enzo)
Risposta
Attualmente non esistono linee guida ben definite per la politica vaccinale nei pazienti con malattie mieloproliferative croniche. Sicuramente la vaccinazione antipneumococcica può essere presa in considerazione, specie in presenza di precedenti eventi infettivi significativi e/o asplenia funzionale, e non trova alcuna controindicazione.
Esistono casi in cui la trombocitemia essenziale scompare?
(Angela)
Risposta
La trombocitemia essenziale è una patologia cronica del midollo osseo e, come tale, non va incontro a risoluzione spontanea.
Salve, 44 anni, JAK2 positivo, politicemia vera, volevo sapere se era indicato fare il vaccino antinfluenzale contro il covid o non era indicato per i malati di politiicemia. Saluti.
(Antonio)
Risposta
Il vaccino antinfluenzale NON è controindicato nei pazienti con policitemia vera ed è altamente consigliato nei soggetti a rischio (età avanzata, patologie respiratorie, altre comorbidità, ecc.).
Salve, mi chiamo Sofia, ho 36 anni (sono un tecnico di radiologia medica) ed ho scoperto a 29 anni di avere la TE, vi scrivo per avere informazioni in merito al vaccino antinfluenzale che annualmente il personale sanitario è "obbligato" a fare, gli altri anni non ho avuto la possibilità di rifiutarmi, ma quest'anno a causa del COVID-19 ci stanno obbligando a vaccinarci, mi chiedevo se ci fossero delle controindicazioni per me, visto che ho la TE. Grazie.
(Sofia)
Risposta
Il vaccino antinfluenzale non è attualmente obbligatorio ma altamente raccomandato in soggetti direttamente o indirettamente a rischio, tra cui il personale sanitario. Non esistono controindicazioni in pazienti con malattie mieloproliferative croniche, per cui confermo l'utilità e l'indicazione del vaccino antinfluenzale nel suo caso.
Ho 66 anni e sono affetto da TE JAK2 e assumo oncocarbide. Vorrei sapere quale possono essere le cause di una microgobulina alta: 3,28.
Vi ringrazio anticipatamente per il vostro interessamento.
(Giuseppe)
Risposta
Gentile signore,
la beta2microglobulina è una proteina presente sulla superficie delle nostre cellule, coinvolta nei processi di riconoscimento e "dialogo" fra i nostri tessuti ed il sistema immunitario. Il suo rilascio (e quindi l'aumento dei suoi livelli circolanti, che si dosano con gli esami del sangue) aumenta in tutte le condizioni in cui c'è un'attivazione del sistema immunitario o un'aumentata proliferazione dei globuli bianchi (infiammazioni, infezioni, malattie autoimmuni, rigetto di un trapianto).
Dato che si tratta di una molecola di piccole dimensioni, la beta2microglobulina passa attraverso il filtro renale e poi viene quasi completamente riassorbita dalle strutture renali situate più a valle (i tubuli). Per questo motivo, alterazioni quantitative di questa proteina riflettono spesso oscillazioni della funzione del rene, anche lievi. Da quanto detto in precedenza, si tratta di un esame del tutto aspecifico; le consigliamo di discuterne con il suo medico curante, che potrà darle una risposta adeguata, che tenga conto della sua storia clinica e del risultato degli altri esami effettuati.
Buongiorno, mi è stata rilevata una variazione del JAK2 per piastrine elevate 900 x1000/mcl, in cura iniziale con oncocarbide 2xdi, attualmente causa sostenuta stitichezza addebitata all'assunzione di oncocarbide, assumo una capsula di oncocarbide a giorni alterni e l'ultimo emocromo presenta i seguenti risultati:
Globuli bianchi: 6,41. x1000/mcl; Globuli rossi: 4.06. xmil/mcl; Emoglobina: 12.8. G/dl; Ematocrito 39.2%; MCV: 96.6 fl; MCH: 31.5 Pg; MCHC: 32.7 g/dl; RDW: 12.6%; PIASTRINE: 551x1000/mcl; Gran. Neutr.: 57.8% 3.70. x1000;
Gran. Eosin.: 4.40% 0.28. x1000; Gran. Basof.: 0.60% 0.04.x1000; Linfociti: 28.2% 1.18x1000; Monociti: 9.00% 0.58x1000.
Rimane comunque una forma di stitichezza fastidiosa, cosa potrei fare per migliorare la situazione?
Sono graditi ulteriori consigli! Grazie!
(Rosy)
Risposta
Gentile signora,
non vi sono rimedi specifici legati alla presenza di una neoplasia mieloproliferativa e/o all'assunzione dell'idrossiurea (oncocarbide). Il suo sintomo, pertanto, può essere affrontato con tutti i rimedi classici, che comprendono la correzione delle abitudini alimentari, il movimento fisico regolare, un'adeguata idratazione quotidiana, fino ad arrivare a veri e propri presidi farmacologici, con diversi meccanismi d'azione, per i quali la rimandiamo alla discussione con il suo medico curante.
Fra l'altro, il suo curante potrà valutare se l'oncocarbide sia la sola motivazione alla base del suo disturbo.
Ho 66 anni e sono affetto da trombocitemia essenziale. Ultimamente, ovvero da marzo scorso mi è stato prescritto di eseguire dei salassi al fine di contenere l'ematocrito entro i 45 mg. Faccio presente che dalle ultime analisi il valore in questione misurava 48,5 mentre i globuli rossi erano 4,67, il ferro totale 52 mg e ferritina 13 mg. Faccio presente che assumo 2 cps di oncocarbide al dì, le piastrine evidenziate nelle ultime analisi sono di 309.
Vi chiedo gentilmente un vostro parere circa l'opportunità di fare dei salassi mensili a fronte di questo quadro clinico.
Vi ringrazio anticipatamente per il vostro interessamento.
(Giuseppe)
Risposta
Gentile signore,
purtroppo non possiamo esprimere pareri individuali sui singoli casi che ci vengono presentati. La visita ed il colloquio con il proprio medico di riferimento non è sostituibile ed è a quello che la rimandiamo per avere tutte le delucidazioni del caso in merito alla sua storia personale.
Con queste premesse, possiamo dirle che, come principio generale, una quota di pazienti affetti da trombocitemia essenziale con mutazione del gene JAK2 possono sviluppare nel corso del tempo un aumento dell'ematocrito e necessitare di salassi e/o modulazioni della terapia citoriduttiva in corso.
I diversi sottotipi di neoplasia mieloproliferativa, infatti, non costituiscono capitoli del tutto separati gli uni dagli altri, ma possiedono un certo grado di plasticità e possono talvolta assumere caratteri diversi rispetto a quelli originariamente presenti al momento della diagnosi.
Buongiorno, non riesco a trovare nessuna notizia sui malati di malattia mieloide al limite fra mielodisplasia e sindrome mieloproliferativa, cioè con caratteristiche tipiche di ambedue le affezioni.
Vorrei sapere se sono conosciute o molto rare come mi è stato diagnosticato, quali sono gli ospedalo più specializzati per questo tipo di patologia multipla in Italia o all'estero, se ci sono cure e se la prognosi è piu severa.
Grazie per le notizie che mi potrete dare.
(Stefania)
Risposta
Gentile signora,
le neoplasie mielodisplastiche/mieloproliferative (MDS/MPN) sono un gruppo di patologie accomunate dal fatto di avere alcune caratteristiche tipiche delle sindromi mielodisplastiche (alterazioni della maturazione delle cellule midollari) e alcune caratteristiche tipiche delle neoplasie mieloproliferative (aumento della proliferazione delle cellule midollari). Come conseguenza, i pazienti che ne sono affetti possono presentare nel sangue venoso periferico una o più linee carenti (definite citopenie) accanto ad una o più linee incrementate (spesso si tratta di alcune sottoclassi dei globuli bianchi, inclusi i monociti, o delle piastrine).
In accordo con la classificazione dell'organizzazione mondiale della sanità, si riconoscono alcuni sottotipi di MDS/MPN: la leucemia mielomonocitica cronica, la leucemia mielomonocitica cronica giovanile, la leucemia mieloide cronica atipica, la neoplasia mielodisplastica/mieloproliferativa con sideroblasti ad anello e trombocitosi, e le MDS/MPN non ulteriormente classificabili. Ciascuna forma ha andamento clinico e prognosi diversa, per cui risulta difficile fare un discorso unitario in questa sede.
Il trattamento è anch'esso differente, comunque mutuato almeno in parte dall'esperienza maturata nel campo delle sindromi mielodisplastiche classiche e delle neoplasie mieloproliferative Philadelphia-negative.
Siamo certi che il suo Ematologo di riferimento saprà darle informazioni più accurate in relazione alla sua storia e alle sue caratteristiche.
Pur nella loro relativa rarità, queste patologie vengono abitualmente seguite nei centri che si occupano di neoplasie mieloidi come le MDS o le MPN.
Buongiorno, mentre vi scrivevo l'altro giorno, tornata a casa ho trovato mio marito disperato per aver perso improvvisamente l'uso totale di un orecchio.
Vi ricordo che: mio marito è affetto da sindrome di mieloproliferativa non classificabile e una emoglobina pari a 6/7. Vive con due iniezioni di eriproietina a settimana, vive con doppia sacca di trasfusione di editrici ti a settimana Inoltre, da alcuni giorni era tormentato da una stomatite. Sembra strana una semplice coincidenza Lei pensa come è che sia tutto collegato in qualche modo? E che il suo fisico stia cominciando a cedere?
Grazie della vostra professionalità e cortesia.
(Patrizia)
Risposta
Gentile signora,
comprendiamo la sua preoccupazione per la salute di suo marito, ma dobbiamo ricordarle che non possiamo esprimere pareri individuali sui singoli casi che ci vengono presentati. In relazione alla vostra situazione specifica, poi, il disturbo accusato da suo marito va a maggior ragione valutato clinicamente, di persona, per poterne definire l'origine e, di conseguenza, la terapia più appropriata.
Le consigliamo, dunque, di rivolgersi con sollecitudine ai vostri medici curanti, per una valutazione.
Buongiorno, a mio marito (settantenne,in ottima salute generale, mai una malattia) in giugno 2020 è stata diagnostica una sindrome mielodisplastica di tipo lieve (Emoglobina 10,50). Rifatte le analisi e la biopsia ossea e l'aspirato midollare in giugno. All'inizio di agosto l'emoglobina era scesa all'8,5 e a settembre a 6,9.
Inizio di terapia con Eprex e trasfusioni. Ora mio marito dipende dalle trasfusioni una volta a settimana e sembra che l'Eprex non faccia ancora effetto. Nel frattempo finalmente sono uscite le analisi fatte a giugno e la diagnosi si è modificata in sindrome mieloproliferativa non classificabile. Unici sintomi discreta proliferazione di fibrosi nel midollo e anemia grave. Milza nella norma, globuli bianchi e piastrine nella norma. Prognosi incerta unica terapia trasfusioni e eprex. Mio marito accusa stanchezza ovviamente preoccupazione ma nient'altro.
Vorrei sapere se c'è qualche altra cosa che si può fare e se si può azzardare una prognosi. Grazie
(Piera)
Risposta
Gentile signora,
purtroppo la medicina ci ha insegnato che i confini fra le singole categorie diagnostiche spesso non sono così netti. Dobbiamo sempre tenere a mente, infatti, che le singole diagnosi riflettono la nostra necessità di classificare i fenomeni che osserviamo, mentre la natura contempla tutto lo spettro di manifestazioni intermedie fra una condizione patologica ed un'altra.
In poche parole e per avvicinarci alla storia che lei ci ha presentato, può accadere che un singolo paziente presenti un quadro (clinico, emocromocitometrico e midollare) che si colloca al confine fra diverse patologie, come possono essere alcuni tipi di sindrome mielodisplastica (con fibrosi) e alcuni tipi di neoplasia mieloproliferativa non ulteriormente classificabili.
Non possiamo esprimerci in dettaglio sul caso di suo marito, perché non abbiamo a disposizione tutti i dati necessari e le nostre risposte in questo spazio non si possono sostituire ad una visita ematologica vera e propria, ma possiamo dirle alcuni concetti generali, validi anche nel vostro caso.
Questi quadri clinici spesso vengono affrontati in relazione al problema clinico prevalente, che in questo caso è l'anemia con fabbisogno trasfusionale. Il trattamento è largamente influenzato da quanto storicamente sperimentato nel campo delle mielodisplasie, dove l'eritropoietina ricombinante è un cardine delle cure già da molti anni.
Il nostro consiglio è quello di discutere con il vostro ematologo di riferimento in merito ai vostri dubbi, e discutere insieme a lui non solo del dato midollare, ma anche dei risultati dei test genetici eventualmente eseguiti, che possono essere un valido aiuto per orientare correttamente la diagnosi e anche per valutare altri trattamenti e/o arruolamento in trial clinici.
L'uso per tutta la vita di oncocarbide ha più valore di profilassi rispetto al rischio trombotico, che di vera terapia. Considerato che il numero delle piastrine non correla entro certi limiti con tale rischio, perché non si usano antiaggreganti?
(Piera)
Risposta
Gentile signora,
il trattamento con idrossiurea (oncocarbide) è mirato a ridurre il rischio vascolare, quindi agisce come intervento profilattico: profilassi primaria, in pazienti che non hanno mai avuto un evento vascolare, ma che sono ad altro rischio per altri parametri (come l'età); profilassi secondaria, in pazienti che hanno già avuto un evento, per ridurre il rischio di recidiva.
La terapia con antiaggreganti viene ampiamente usata nell'ambito delle MPN, da sola o in associazione alla terapia citostatica, in base alle caratteristiche del singolo paziente.
Cogliamo l'occasione per sottolineare che gli effetti dell'idrossiura non si limitano ad un controllo numerico (ossia quantitativo) delle piastrine, ma comprendono effetti favorevoli su altri "attori" che prendono parte al fenomeno della trombosi.
Vi ringrazio molto per la sollecita risposta. Nel referto compare quanto segue: "megacariociti maturi, aumentati in numero, polidimensionali, con nuclei iperlobulati per lo più isolati e in brevi cluster lassi".
Una simile descrizione, in riferimento ai megacariociti, è coerente con la diagnosi di Trombocitemia essenziale?
(Alessandro)
Risposta
Gentile signore,
le confermiamo quanto detto nella nostra precedente risposta in merito alle alterazioni, di numero e morfologia, che caratterizzano i megacariociti dei pazienti affetti da trombocitemia essenziale.
Allo stesso tempo cogliamo l'occasione per ricordare che la diagnosi di una neoplasia mieloproliferativa è sempre frutto di un'integrazione di più parametri, come testimoniato dagli stessi criteri WHO. Quindi alcuni parametri rilevati grazie alla biopsia ossea possono essere coerenti con una particolare diagnosi solo nel giusto contesto clinico.
Buongiorno, vorrei sapere se nella TE i megacariociti sono sempre grandi oppure possono essere polidimensionali. Nel referto della mia biopsia ossea compare la seconda dicitura.
Vorrei inoltre domandarvi un vostro commento a queste frasi sempre riprese dal referto: "lacune osteo-midollari ben rappresentate con soffusioni emorragiche; popolazione cellulare globale disomogenea circa 40%; serie patrimoniali presenti e maturanti (G:E=1:2)".
Cordiali saluti.
(Alessandro)
Risposta
Gentile signore,
generalmente i megacariociti nella trombocitemia essenziale sono di grandi dimensioni e con aspetto maturo. Un certo grado di variabilità nell'aspetto e nelle dimensioni può essere presente, anche se è più spiccato in altre forme di mpn, come la policitemia vera (dove più spesso si ritrovano forme di megacariociti di dimensioni diverse) o nella mielofibrosi (dove troviamo, per definizione, cellule con aspetti morfologici più atipici). Nella trombocitemia essenziale è tipico un aumento della lobatura dei nuclei dei megacariociti: non avendo a disposizione il suo referto, le chiediamo di controllare se l'aggettivo "polidimensionali" non si riferisca ai nuclei, ad esempio.
La restante porzione della sua domanda riporta la presenza di soffusioni emorragiche, che sono spesso conseguenza del trauma legato all'esecuzione stessa della biopsia. Il rapporto G:E (espresso anche come M:E) è un'espressione quantitativa delle cellule della linea granulopoietica (o mieloide) rispetto a quelle della linea eritropoietica, e rientra fra gli indicatori comunemente riportati nei referti delle biopsie midollari. In poche parole esprime il rapporto fra le cellule deputate a produrre globuli bianchi e cellule deputate a produrre globuli rossi.
In presenza di poliglobulia persistente, un JAK2 di riscontro inizialmente negativo, si può positivizzare a distanza di anni? Grazie per la risposta.
(Michele)
Risposta
Gentile signore,
generalmente il test per la ricerca della mutazione del gene JAK2 viene effettuata solo una volta, nel corso degli accertamenti necessari per chiarire l'origine di una poliglobulia. Vi sono alcune possibilità in cui potrebbe essere offerta l'opzione di un secondo test a distanza di tempo: la sensibilità dei metodi utilizzati qualche anno fa era inferiore alla sensibilità degli strumenti che utilizziamo correntemente, per cui si potrebbe ripetere la ricerca nel caso in cui il primo test fosse stato eseguito molti anni fa. Oppure, potrebbero essere ricercate le mutazioni a carico dell'esone 12, se non effettuate in precedenza. Nessuna delle due circostanze, tuttavia, riflette una "positivizzazione" successiva, ma solo un diverso metodo ed una diversa accuratezza nella ricerca.
Buongiorno, mia madre di 72 anni è affetta da L.M.M.C, con blasti al midollo 5%; volevo sapere che terapie sono più indicate, se la ricerca ha fatto passi avanti per questa leucemia particolare (mielomonocitica). Meglio azaticidina e Venetoclax o oncocarbide? In base a cosa si sceglie una terapia piuttosto che un'altra?
Grazie.
(Rosanna)
Risposta
Gentile signora,
la leucemia mielomonocitica cronica, pur essendo una neoplasia mieloide, non rientra fra le neoplasie mieloproliferative Philadelphia-negative a cui questa sezione è dedicata.
Come principio generale, il suo trattamento farmacologico si fonda su agenti citostatici (come l'idrossiurea), in particolare nei casi a fenotipo "proliferativo", e su farmaci ipometilanti, mutuati dall'esperienza maturata nel campo delle sindromi mielodisplastiche. Il trattamento, poi, comprende varie opzioni che rientrano nella terapia di supporto (eritropoietina, terapia chelante per il ferro).
Come in altri ambiti dell'ematologia e, in generale, della medicina, la terapia viene scelta in base ad un giudizio integrato che tiene conto delle caratteristiche individuali del paziente e della sua malattia.
Salve,
scrivo per mia madre (71 anni) a cui le è stata diagnostica Trombocitemia Essenziale con JAK2+.
Nei giorni scorsi ha ritirato l'esito BOM effettuato nell'ultimo periodo, con il seguente esito: Midollo osseo con cellularità pari al 20%, ipocellulare per l'età, in cui le normali linee maturative sono presenti ma ridotte. E' presente iperplasia dei megacariociti che talora formano clusters. Le cellule blastiche (CD34+) sono inferiori al 3%. La trama reticolinica è costituita da un disperso network di fibre, con aree focali in cui si intersecano (Grado MF-1; modified WHO 2008 grading system, Histopathology 2015).
L'esito sopraindicato BOM è compatibile con la precedente diagnosi di Trombocitemia Essenziale oppure è riferibile ad altra neoplasia mieloproliferativa?
Grazie.
(Roberto)
Risposta
Gentile signore,
si arriva ad una diagnosi corretta del sottotipo di neoplasia mieloproliferativa tramite un'integrazione di più risultati: l'esame obiettivo del paziente, i suoi sintomi, i dati di laboratorio (non soltanto l'emocromo), i risultati dei test genetici ed i dati istopatologici, ossia quelli che derivano dalla biopsia ossea.
Con queste premesse, ricordandoci che non possiamo dare giudizi a distanza o valutare i singoli casi che ci vengono presentati, possiamo dirle che, generalmente, nella trombocitemia essenziale il midollo mostra una normale cellularità, un incremento numerico limitato alla linea dei megacariociti, che presentano caratteristiche peculiari (sono maturi, di grandi dimensioni, con nucleo iperlobato e con tendenza a formare clusters lassi), mentre il reticolo è molto spesso nella norma o solo raramente leggermente aumentato.
Alcuni dati, come la cellularità, possono essere influenzati, fra le altre cose, anche dalla zona dell'osso che viene ad essere campionata.
Fra i dati che lei ci ha riportato mancano informazioni sulla morfologia dei megacariociti e sui clusters (densi o lassi).
La invitiamo, dunque, a discutere l'esito della biopsia con il vostro ematologo di riferimento in occasione della prossima visita o del prossimo colloquio, alla luce dell'intera storia clinica di sua madre (terapie ricevute, tempo intercorso fra l'esordio e questa biopsia, altre patologie o altri trattamenti che possono influenzare il quadro midollare).
Buongiorno,
mia madre, 64 anni, ha una sindrome mieloproliferativa cronica Philadelphia negativo JAK2 negativo simile a leucemia mieloide cronica atipica. In cura da 3 mesi con oncocarbide, globuli bianchi in discesa da 200.000, arrivati perché non trattati, adesso sono a 39.000 (ci siamo accorti casualmente con un emocromo che generalmente per causa tiroide mia madre ripete ogni sei mesi).
Volevo sapere che aspettative si hanno per questa malattia, si può sperare in farmaci di supporto?
(Emanuela)
Risposta
Gentile signora,
abbiamo certamente a disposizione farmaci per trattare la leucemia mieloide cronica atipica. Tuttavia, a differenza di altre malattie, non disponiamo di una medicina specifica, disegnata in base alle caratteristiche di questa patologia.
Infatti, abbiamo a che fare con un disordine piuttosto raro e complesso, sia sul piano genetico (dato che può presentare diverse mutazioni, a differenza della leucemia mieloide cronica classica), sia sul piano clinico.
Globalmente, il trattamento viene strutturato in base ad alcuni parametri, primo fra tutti la possibilità di procedere con un trapianto allogenico. Negli altri casi, si procede con terapie utilizzate in altre neoplasie mieloidi, come gli agenti ipometilanti (usati spesso nelle sindromi mielodisplastiche), l'interferone (usato spesso nelle neoplasie mieloproliferative), l'eritropoietina (per migliorare l'eventuale anemia) e/o farmaci come l'oncocarbide, per controllare i globuli bianchi, che possono essere anche molto elevati.
Non potendo esprimere un parere su sua madre e sulla sua situazione clinica, la invitiamo a discutere con i vostri ematologi di riferimento in merito al suo piano di trattamento.
Gli effetti secondari da oncocarbide (es. astenia, alopecia, distrofie) quanto sono dose e tempo dipendenti?
(Piera)
Risposta
Gentile signora,
gli eventi avversi legati all'utilizzo dell'idrossiurea (oncocarbide) sono molto probabilmente dovuti alla coesistenza di più cause e, quindi, non seguono regole precise.
Il discorso sull'astenia è più complesso, perché può risentire della presenza stessa della malattia ematologica e può variare in base al sottotipo, può essere influenzato dall'età, dal sesso, dal grado di anemia e da possibili malattie coesistenti. E' difficile, dunque, stabilire in che percentuale derivi da uno specifico trattamento e dalle sue caratteristiche.
D'altra parte, invece, gli eventi avversi di natura cutanea sono piuttosto tipici e ben descritti: pur ricordando nuovamente che si tratta di fenomeni che non obbediscono a regole ben precise, vi sono alcune manifestazioni che possono presentarsi anche molto precocemente durante il trattamento, come ad esempio le afte al cavo orale o le eruzioni legate all'esposizione solare (per la quale ricordiamo che esistono raccomandazioni molto importanti da conoscere e seguire).
Vi sono, poi, quadri che insorgono più facilmente dopo esposizione protratta al farmaco, come le ulcere agli arti inferiori, che interessano principalmente la zona perimalleolare: dalla letteratura scientifica in questo settore sappiamo che le ulcere tendono a presentarsi dopo una mediana di 5 anni di trattamento, ad una dose - sempre mediana - di 1 g/die.
Buongiorno,
ho letto che il prof. Barbui sta seguendo un trial per verificare l'impatto del covid-19 su pazienti con malattie mieloproliferative. Ci sono già dei risultati? Questi pazienti, nel caso contraggano il covid-19, hanno un rischio maggiore di sviluppare una malattia più grave?
Grazie mille.
(Claudia)
Risposta
Gentile signora,
ad oggi i risultati dello studio coordinato dal prof. Barbui non sono ancora stati resi noti, ma vi aggiorneremo non appena disponibili.
Mio padre di anni 65 è affetto da mielofibrosi idiopatica (mf2) con trombocitopenia. Esordio malattia 63 anni, IPSS 1, con leucocitosi e trombocitosi. Poi Hgpenia e piastrinopenia.
(Daniel)
Risposta
Si sottolinea che non vengono espressi pareri medici su situazioni personali o valutazioni su diagnosi e cure in corso.
I ricercatori si riservano di non rispondere a domande che abbiano come oggetto giudizi clinici personali. Le risposte saranno pubblicate in questa sezione del sito nell'arco di alcuni giorni. Non verranno fornite risposte ad indirizzi email privati.
Gentili dottori,
ho 48 anni e sono affetta da Trombocitemia Essenziale, CARL, tipo 2 dal 2017. In terapia con interferone alfa 2b dopo aver inutilmente provato l'oncocarbide. Sono stata informata che il suddetto farmaco non verrà più commercializzato a partire dal settembre 2020. Volevo sapere da voi quali strade percorrere per continuare a fruire di questo farmaco.
Oltre ad AIC MSD B. V. esistono altre case farmaceutiche da cui poter reperire il farmaco? Per me è una questione vitale.
Grazie per la vostra risposta.
(Costanza)
Risposta
Gentile signora,
aifa ha reso noto nei mesi scorsi che l'approvvigionamento di alcune formulazioni di interferone alfa 2a e alfa 2b verrà garantita fino all'ultimo trimestre dell'anno corrente, mentre la produzione dell'interferone alfa 2a in forma pegilata (a lungo rilascio) dovrebbe cessare entro il 2026, secondo quanto dichiarato dall'azienda produttrice (roche).
Molto recentemente aifa ha inserito l'interferone in forma pegilata nell'elenco dei farmaci prescrivibili a carico del sistema sanitario nazionale, nell'ambito della legge 648 del '96: dunque, disponiamo di un'opzione terapeutica in più, sia per i pazienti già in trattamento con interferone (con beneficio e buona tolleranza), sia per i potenziali, futuri candidati.
Le consigliamo di discutere con il suo ematologo di riferimento in merito all'opzione migliore per lei. Vogliamo, poi, rassicurarla dato che è possibile che altre aziende nel prossimo futuro si dedichino alla produzione di questi farmaci ed è altrettanto plausibile che aifa preveda meccanismi di importazione o diverse strategie di approvvigionamento.
Buon giorno affetto da trombocitemia essenziale JAK2 cd positivi inferiori al 5% circa il 3%, mf-0 piastrine che oscillano tra le 500 e le 640, ematocrito 49, in cura presso l'ospedale San Martino di Genova; anni 44, malattia scoperta da 4 anni che aspettativa di vita potrei avere?
(Marco)
Risposta
Gentile signore,
le ricordiamo che i dati che noi medici riportiamo quando si parla di sopravvivenza derivano da calcoli effettuati su popolazioni eterogenee. Si tratta, quindi, di una media e non di una previsione che si possa applicare ai singoli soggetti che di volta in volta incontriamo nella nostra pratica clinica.
Con queste premesse, è stato stimato che l'aspettativa di vita per i pazienti giovani (con meno di 60 anni) affetti da trombocitemia essenziale sia superiore ai 30 anni.
Cogliamo l'occasione per sottolineare in tal senso l'importanza di un corretto stile di vita (in termini di attività fisica, astensione dal fumo, controllo dei fattori di rischio tradizionali in campo cardiovascolare) e l'aderenza ai trattamenti prescritti.
Ad oggi sappiamo per certo che un corretto stile di vita, con una buona aderenza alla terapia, riduce il rischio di trombosi e di eventi cardiovascolari e quindi impatta positivamente sulla qualità di vita.
Esistono interazioni importanti fra la terapia con levodopa e dopaminoagonisti (per Parkinson) e oncocarbide per sindome mieloproliferativa cronica?
(Vilma)
Risposta
Gentile signora,
non siamo a conoscenza di interazioni significative fra i due farmaci. Per qualsiasi dubbio inerente la terapia che è stata prescritta (a lei o ad uno dei suoi cari), le consigliamo ad ogni modo di rivolgersi al vostro ematologo di rifermento.
Salve egregi ricercatori, ho bisogno di un vostro parere:
praticamente mio marito dopo tre anni dalla scoperta della sua malattia, la trombocitemia essenziale, JAK2 positivo, la sua ematologia in questi giorni gli ha fatto rifare la biopsia osteomidollare perché vuole rivalutare la sua malattia e questo dopo aver visto la sua ultima ecografia addominale dove gli hanno riscontrato l'epatosplenomegalia, mentre le sue ultime analisi sono queste: wbc 11.8, nei 8.42,linfo 1.94, mono 1.01, eos .443, baso .27 wvf .998, neu% 71.2, linfo% 16.4, MONO 8.55, EOS% 3.66, baso%, RBC 6.68, HCT 47.4, MCH 21.1, RDW 15.6, HGB 14.1, MCV 71.0, MCHC 29.7, PLT 1056, PDW 16.5, MPV 7.16, PCT .756, lattico deidrogenasi 230.
Lui di terapia fa solo salassi, cardirene 75, terapia per la pressione arteriosa alta, e ultimamente dolori muscolari alle gambe dove per sicurezza gli hanno fatto l'ecodoppler alle gambe per scongiurare una trombosi venosa profonda che per fortuna l'esito e negativo. Lui non fa nessuna terapia per il momento visto che l'unica volta che ha fatto l'oncocarbide per tre mesi la sua dottoressa ha deciso di sospendere per abbassamento dell'emoglobina.
La mia domanda è questa: per rifare la BOM la sua malattia sta cambiando? Sono un po' preoccupata, mi scuso per il prolungamento della mia lettera ma ho molta fiducia in voi.
Grazie mille per una vostra risposta.
(Lucrezia)
Risposta
Gentile signora,
generalmente la biopsia osteomidollare viene proposta quando si sospetta un possibile cambiamento della malattia, sulla base di uno o più parametri, quali i valori dell'emocromo, l'aumento delle dimensioni della milza (che si può notare al momento della visita o essere evidenziato tramite ecografia, come nel caso di suo marito) e/o sintomi riferiti dal paziente (quali sudorazioni notturne, perdita di peso involontaria, dolori o febbre non altrimenti spiegabile).
Come certamente avrete avuto modo di discutere con i vostri ematologi di riferimento, la trombocitemia essenziale può evolvere in una forma di mielofibrosi secondaria: da questo punto di vista, il quadro midollare è un dato imprescindibile.
Comprendiamo la sua preoccupazione, ma la invitiamo a considerare l'importanza di avere una diagnosi accurata e aggiornata, per scegliere di volta in volta gli interventi terapeutici più appropriati.
Salve, (38 anni) ho la TE in cura solo con cardirene (piastrine a 700 e doppia mutazione JAK2 e CARL). A seguito di una caduta la RM al ginocchio indica "ampia area di alterato segnale della spongiosa della tuberosita tibiale, ad aspetto iperintenso nelle immagini lungo, da edema midollare per lesione da impatto".
Il recupero e il riassorbimento dell'edema è più lungo per me a causa della TE e del cardirene? La caduta è avvenuta 2 mesi fa, ma il mio ginocchio non è ancora a posto (per completezza: ossa, legamenti e cartilagini non hanno subito problemi).
Grazie mille.
Risposta
Gentile signore,
l'edema del tessuto midollare, secondario ad un evento traumatico, non è sensibilmente influenzato né dalla conta piastrinica, né dalla terapia antiaggregante con il cardirene.
Le auguriamo che i disturbi si risolvano presto e che il recupero sia completo.
Buonasera,
è possibile che il trattamento con oncocarbide possa far rialzare il numero delle piastrine? Mi spiego meglio: da circa un mese mi è stata diagnosticata una malattia mieloprolificativa stadio primario. Le piastrine erano arrivate a 700 con oncocarbide 3 al giorno... quando i medici che mi hanno in cura (da 10 giorni circa) hanno deciso di far proseguire così la terapia: 3 oconcarbide al giorno fino al venerdì... e 2 sabato e domenica.
Inoltre prima dell'ultimo controllo ho avuto un ematoma molto evidente alla gamba, potrebbe darsi che sia questo il motivo del rialzo delle piastrine?
Grazie.
(Fabio)
Risposta
L'idrossiurea (Oncocarbide) è un analogo dell'urea che blocca la sintesi del DNA e quindi determina soprattutto mielosoppresione. Questo comporta che esso non determina un aumento della conta delle piastrine, ma piuttosto un calo. La mancata riduzione della conta piastrinica in questo caso potrebbe essere legato ad un caso di resistenza o inefficacia del farmaco che seppur raramente talvolta si osserva nei pazienti con neoplasie mieloproliferative.
Buongiorno dottori. Il trattamento citoriduttivo con Oncocarbide nella TE serve a rallentare o a bloccare la progressione verso Mielofibrosi? Grazie.
(Maria)
Risposta
La terapia con oncocarbide (idrossiurea) è indicata nel controllo della proliferazione delle cellule del sangue nei pazienti ad alto rischio trombotico (età > 60 anni e/o pregresso evento trombotico) o emorragico (conta delle piastrine >1.500.000/ul). Ad oggi nessun farmaco per il trattamento delle neoplasie mieloproliferative croniche è in grado di ridurre il rischio di progressione a mielofibrosi o alla fase blastica di malattia.
Trombocitemia essenziale, accertata mutazione JAK2 disfagica con nutrizione enterale, come somministrare Oncocarbide 500 cps os senza rischio ab ingestis?
(Gaetano)
Risposta
Purtroppo non sono disponibili dati specifici sull'uso di idrossiurea per via enterale. Secondo la scheda tecnica, la formulazione disponibile (capsule) contengono comunque il farmaco in polvere non solubile in acqua.
Buongiorno, soffro di policetemia vera post TE, evoluta nel 2018. Da marzo 2019 sono in cura con ruxolitinib con dosaggio di 15 mg 2 volte al giorno. Tollero molto bene il medicinale, anche se abbiamo provato prima con una dose da 10 mg, 2 volte al gg, poi con una dose da 20 mg 2 volte al dì, periodo durante il quale mi sentivo molto debole, per poi stabilizzarci con 15 mg, sempre due volte al dì.
Durante l'ultima visita l'emoglobina è arrivata a 10,6 e incomincio ad avere stati di debolezza. A questo punto mi chiedo se l'emoglobina bassa possa comportare affaticamento e quali potrebbero essere le possibili soluzioni, dato che questo stato l'ho avvertito anche quando il dosaggio mi è stato aumentato; abbassarlo a 10 mg, 2 volte al giorno, potrebbe portare benefici?
Ringraziandovi della cortese risposta, cordialmente saluto.
(Amerigo)
Risposta
Il ruxolitinib, un inibitore della via di segnale di JAK2 (ma anche di JAK1), viene utilizzato nella policitemia vera per il controllo dell'ematocrito, dei sintomi associati alla malattia e alla splenomegalia se presente. Nella policitemia vera, di solito viene somministrato a 10 mg per via orale 2 volte/die, a condizione che si verifichi una risposta senza tossicità. Il dosaggio massimo permesso, nei caso in cui non si raggiunga una risposta ematologica, è 25 mg due volte al giorno; tuttavia dosaggio superiori a 10 mg x 2 al giorno si possono associare ad una tossicità midollare che risulta nella comparsa di anemia, piastrinopenia e talvolta calo dei globuli bianchi (leucopenia). Il dosaggio di 10 mg x 2 al giorno è stato dimostrato sufficiente a controllare i sintomi ed avere una riposta anche sulla splenomegalia.
La tossicità ematologica (e quindi anche la comparsa di anemia) è particolarmente evidente nei primi 6 mesi di trattamento e tende a ritornare a valori normali o di poco sotto l'intervallo di normalità. Il senso di stanchezza che riferisce può effettivamente essere legato al calo dell'emoglobina (anemia). Normalmente si tende a mantenere il dosaggio invariato fino a valori di emoglobina pari a 10 g/dl.
Buongiorno, 46 anni, diagnosi di TE dall'anno scorso, ma sicuramente soggetto alla malattia da alcuni anni con sintomatologia aspecifica.
Vorrei domandarvi se nella storia clinica della malattia è possibile un ingrossamento splenico senza evoluzione in mielofibrosi o se questo, anche moderato, è sempre spia di una malattia che si evolve in senso fibrotico.
Grazie per l'eventuale risposta.
(Alessandro)
Risposta
Seppure con frequenza diversa, anche le altre neoplasie mieloproliferative croniche possono, nel corso della loro storia naturale, evolvere verso una fase mielofibrotica avanzata (mielofibrosi secondaria). Tale evoluzione è relativamente frequente nella PV, ove è riportata una frequenza di evoluzione mielofibrotica pari a circa il 20-25%; al contrario si tratta di una evenienza molto più rara nella TE.
In entrambi i casi, la classificazione dell'Organizzazione mondiale della Sanità (WHO) ha previsto criteri diagnostici rigorosi di tipo morfologico e clinico. In particolare, i due criteri diagnostici maggiori prevedono una diagnosi di PV o di TE precedentemente formulata e la documentazione di un grado di fibrosi moderato o severo (MF-2 o MF-3). La diagnosi di evoluzione mielofibrotica richiede anche la presenza di almeno 2 criteri diagnostici minori di tipo clinico e/o morfologico, che consistono nello sviluppo di anemia, splenomegalia, sintomi costituzionali, incremento dei livelli di LDH e leuco-eritroblastosi. Quindi la sola presenza di splenomegalia non permette di porre diagnosi di evoluzione e soltanto se associata ad altri criteri può rappresentare una spia di progressione.
Nel 2006 ho effettuato la mia prima BOM a causa di un elevatissimo numero di plt e venne già fuori una fibrosi primaria, ma con JAK2 negativo venni classificata come TROMBOCITEMIA ESSENZIALE IN FASE PREFIBRITICA. Avevo solo 20 anni. Quest'anno ho ripetuto la BOM ed è stata confermata la MIELOFIBROSI con conseguente mutazione del JAK2 e con splenomegalia di 18 cm. Oggi ho 33 anni.
Considerando che queste patologie solitamente colpiscono persone molto più "adulte" sapete fornirmi qualche informazione in più al riguardo? Durante la gravidanza (sono mamma da 2 anni e mezzo) sembrava tutto sparito...
Potrei affrontare una seconda gravidanza?
(Marissa86)
Risposta
Negli ultimi anni i criteri proposti dall'Organizzazione Mondiale della Sanità (WHO) per fare diagnosi di neoplasia mieloproliferativa cronica (NMP) hanno subito delle modifiche in quanto hanno integrato tutte le nuove informazioni rilevate in campo molecolare e clinico.
Nel recente aggiornamento classificativo dell'OMS del 2016, ci si è sforzati di definire con precisione i criteri diagnostici, clinici, morfologici e molecolari utili per distinguere questa fase iniziale della malattia dalla fase fibrotica avanzata (overt-MFP) ma soprattutto dalla trombocitemia essenziale che da un punto di vista degli esami di laboratorio è sostanzialmente sovrapponibile. Nel 2006 infatti non esisteva ancora una definizione corretta di mielofibrosi prefibrotica e come dimostrato da molti studi, alcuni casi inizialmente diagnosticati come trombocitemia essenziale con un iniziale grado di fibrosi midollare sono state successivamente riclassificate come mielofibrosi prefibrotica. Questo potrebbe spiegare l'incongruenza che lei riferisce tra la diagnosi del 2006 e quella di questo anno.
Durante la gravidanza a causa dell'emodiluizione (un fenomeno che si osserva normalmente in tutte le gravidanze) i valori dell'emocromo possono normalizzarsi ma questo rappresenta soltanto una momentanea diluizione del sangue. Le patologie mieloproliferative croniche sono associate ad un aumentato rischio di complicanze trombotiche durante o subito dopo la gravidanza; tuttavia questo non rappresenta una controindicazione assoluta ad affrontare una nuova gravidanza. Proprio a causa del rischio trombotico le gravidanze in corso di NMP sono considerate a rischio e richiedono un percorso ben definito in cui il ginecologo e l'ematologo (meglio se esperto in NMP) cooperano per gestire al meglio la paziente.
Buongiorno dottori, TE da 9 mesi, 53 anni. Mi chiedevo come mai se faccio la doccia nel mio paesino di origine, 600 m di altitudine, avverto una sensazione di prurito dopo la doccia da quando avevo 20 anni. Questo non accade nella città di residenza situata al livello del mare.
Dipende dell'altitudine, dall'acqua o da che cosa? E possibile che io avevo questa malattia già 30 anni fa?
Grazie.
(Donato)
Risposta
Pone interrogativi molto interessanti cui, mio malgrado, é difficile dare una risposta certa. Non è da escludere che l'altitudine, e quindi umidità e temperatura di diverso grado, possano agire sul prurito.
Grazie per la risposta del giorno 11 agosto, non mi è stato spiegato cosa sono i nuclei nudi, sono segno di cellule maligne? Grazie mille.
(Silvana)
Risposta
Buonasera, i nuclei nudi non sono altro che nuclei di cellule midollari privi del citoplasma. Spesso sono artefatti prodotti dalla azione meccanica dello strasciamento dei vetrini. Sono reperti comuni e di per sé non indicano la presenza di alcuna patologia.
Buongiorno, vorrei avere gentilmente qualche informazione sul trial manifest e sui dati di risposta alla molecola associata al jakavi. Grazie
(Luigi)
Risposta
Buonasera, lo studio Manifest valuta una nuova molecola (BET inibitore) detta CPI-0610 in monoterapia e in associazione a ruxolitinib, ed è tutt'ora in corso. Dati preliminari sembrano attribuire alla combinazione di farmaci una azione clinica molto promettente in termini di efficacia su sintomi, sulla riduzione del volume della milza e anche sulla fibrosi midollare. Si attendono dati definitivi per poter trarre i primi risultati.
Che rapporto c'è fra una persona che soffre di politicemia vera al 41% e un'attacco fortissimo di dolori ossei e muscolari?
(Tosca)
Risposta
Non si può escludere, anche se l'ipotesi è remota, che siano sintomi legati alla patologia, ma di non univoca interpretazione. É opportuna una valutazione medica completa per poter interpretare tale quadro clinico. Ne discuta con il suo ematologo di riferimento. Saluti.
Buongiorno, diagnosi TE dal 1998, dalla BOM è venuto fuori oltre ad una iperplasia dei granulociti anche numerosi nuclei nudi. Potreste spiegarmi sommariamente cosa sono e a quale delle tre malattie mieloproliferarive sono associabili? Da qualche parte leggo mielofibrosi idiopatica. Potrebbe essere?
Grazie per la preziosa risposta.
(Silvana)
Risposta
Buongiorno, quanto riporta è verosimile sia il referto dell'aspirato midollare e non della biopsia osteomidollare. Non è direttamente interpretabile e può associarsi a una qualunque forma di malattia mieloproliferativa. Il referto dell'analisi istopatologica della biopsia osteo midollare potrebbe invece essere più informativo a riguardo. La valutazione della fibrosi midollare necessita di una specifica colorazione istologica che permette di valutare gli aspetti qualitativi e quantitativi della stessa e deporre per una forma piuttosto che un'altra. Cordiali saluti.
Buongiorno,
ho 63 anni, sono affetto da mielofibrosi secondaria in trattamento con Ruxolitinib 10+5 mg e Prednisone 5 mg. Splenomegalia 23 cm di lunghezza, Hb 10.5 g/dl, Plt 250.000/mm3, GB 6500 con formula normale, LDH 1000 U/l, nella norma gli altri esami.
Sono vaccinato contro lo Pneumococco, il Meningococco e l'Emofilo, mi vaccino annualmente contro l'influenza.
Vorrei sapere se a vostro parere in linea di massima è consigliabile o meno la vaccinazione contro l'Herpes Zoster (ho avuto la varicella da bambino).
Grazie mille, cordiali saluti.
(Federico)
Risposta
Buongiorno,
ad oggi non vi è indicazione ad effettuare il vaccino per VZV, poiché non ci sono dati di efficacia nei pazienti affetti da mielofibrosi in trattamento con ruxolitinib. E' invece consigliata la profilassi antivirale secondaria nei pazienti in trattamento con JAK inibitore che presentino una riattivazione dello Zoster. Cordiali saluti.
Buongiorno, essendo affetta da PV ed avendo anche una franca osteoporosi, volevo sapere se vi sono delle controindicazioni per l'assunzione di Binosto.
Grazie
(Rebecca)
Risposta
Buongiorno, non vi sono controindicazioni specifiche all'utilizzo di bifosfonati in pazienti affetti da policitemia vera. Si sottolinea l'importanza di valutare le comuni controindicazioni all'assunzione di bifosfonati anche orali.
Prendo olprazide da 20 mg, da tempo ho dolori lancinanti ai polpacci.
(Anna)
Risposta
Buonasera, non credo ci sia uno stretto legame tra l'assunzione del diuretico in questione e i dolori ai polpacci. Ad ogni modo è impossibile rispondere a questa domanda in assenza di una riscontro clinico e in mancanza di una sua dettagliata storia clinica. Ribadisco inoltre che il sito è rivolto a pazienti affetti da malattie mieloproliferative e il quesito non appare pertinente. Saluti.
Faccio periodicamente eco all'addome e ogni anno la mia milza non e mai degli stessi cm dell'anno precedente, ma sempre nella norma; è normale questa cosa?
(Dario)
Risposta
La metodica ecografica è operatore dipendente e pertanto piccole variazioni, anche dimensionali, possono verificarsi negli esami periodici che esegue. Al netto di questo, è un esame rapido e di facile esecuzione e permette di valutare agevolmente le dimensioni della milza con un piccolo margine di errore. Ad ogni modo essendo la sua milza di dimensioni normali, non è ragionevole preoccuparsi. Continui ad eseguire i controlli periodici. Cordiali saluti.
Buongiorno e complimenti per le risposte che ci fornite, chiare e professionali.
Volevo sapere in che modo una formula leucocitaria sopra la somma del 100 può essere un sintomo di leucemia mieloide o altra sindrome mieloproliferariva. In particolare un rialzo anomalo dei neutrofili.
Grazie infinite.
(Antonio)
Risposta
La formula leucocitaria non dovrebbe andare oltre il valore 100. Pertanto difficile dedurre alcuna informazione.
Buongiorno,
sono in cura con Jakavi (15 mg al giorno) per mielofibrosi secondaria. Accuso lieve stitichezza, mai avuta in passato.
Vorrei sapere se possibile in che modo il farmaco la induca e se dipenda dalla dose.
Grazie mille e cordiali saluti.
(Ernesto)
Risposta
Buongiorno,
la stipsi è descritta come possibile effetto collaterale del trattamento con ruxolitinib. Spesso non dipendente dalla dose. Si consiglia di assumere blandi lassativi al bisogno.
Cordiali saluti.
Buonasera, sono risultato negativo a JAK2 (sia esime 14 che 12), a CALR e MLP.
L'unica anomalia del mio emocromo sono ematocrito ed emoglobina che oscillano tra 52/53% e 17/18 e di recente il lattato deidrogenasi a 380. Per il resto gli altri valori sono nella norma, sopratutto piastrine e globuli bianchi.
La mia domanda è se può trattarsi di Mielofibrosi triplo negativa con i soli valori di ematocrito ed emoglobina tendenti verso l'alto. Esistono casi del genere?
Grazie.
(Antonio)
Risposta
Buonasera, quanto descrive sembrerebbe propendere verso una forma di eritrocitosi (possibile policitemia vera) piuttosto che di mielofibrosi. Mancano alcuni esami fondamentali a completamento diagnostico tra cui la biopsia osteo midollare, che potrebbe avere un ruolo dirimente, e una analisi genetica più completa che vada a indagare altre eventuali anomalie genetiche oltre alle mutazioni JAK2, MPL e CALR.
Salve, JAK2 positivo 44 anni politicemia vera; a seguito dei salassi la sideremia e la ferritina sono 30 la prima e 5 la seconda, a seguito di questa mancanza di ferro sto iniziando a perdere i capelli. Volevo sapere se potevo assumere minoxidil, soluzione cutanea oppure non era indicato.
Saluti e grazie mille per la risposta.
(Antonio)
Risposta
Buonasera, la perdita di capelli potrebbe essere legata a vari fattori. Certamente la carenza di ferro potrebbe essere uno di questi. La terapia sostitutiva con il ferro NON è indicata nella policitemia vera poiché le causerebbe un rapido incremento dell'ematocrito, vanificando peraltro l'effetto dei salassi. Qualora vi fosse una componente "endocrinologica" alla base della alopecia potrebbe trarre qualche beneficio dalla terapia topica con minoxidil.
Le consiglio di consultare un dermatologo, specificando naturalmente di essere affetto da PV e di eseguire regolari salassi terapeutici. Saluti.
Buongiorno, grazie per aver risposto alle mie domande.
Volevo porgere un'altra domanda.
La diagnosi di mia madre, sindrome mieloproliferativa cronica ph negativo, JAK negativo non ulteriormente classificabile. Il quadro pone diagnosi di leucemia mieloide cronica atipica,cosa vuol dire?
Non avere il cromosoma Philadelphia significa anche non poter utilizzare gli inibitori?
L'andamento della malattia è più aggressivo?
Al momento la cura è oncocarbide, i valori dei globuli bianchi sono ancora alti, c'era stato un lieve miglioramento, ma poi un leggero rialzo.
Sono molto confusa, perché credo non ci siano cure ancora oggi per questa patologia.
Mamma ha 63 anni.
Grazie-
(Emanuela)
Risposta
Buonasera,
quanto riporta non permette di poter definire una diagnosi, seppur di esclusione. Gli elementi da considerare sono molti e oltre che dei dati molecolari (la tipizzazione potrebbe studiare ulteriori anomalie genetiche), si deve tener conto dei dati clinici e di laboratorio. Se si trattasse di una vera forma di LMC atipica, senza appunto la presenza del cromosoma Philadelphia, non potrebbe giovarsi del trattamento con gli inibitori. Queste rare forme sono spesso più aggressive e la sola possibilità di cura spesso in prima istanza, alla luce delle scarse opzioni terapeutiche, è il trapianto allogenico di cellule staminali ematopoietiche. Discuta con il suo ematologo, alla luce di tutte le valutazioni eseguite, delle varie opzioni di cura.
Cordiali saluti.
Salve, desidererei sapere per quanto tempo una mieloproliferativa può rimanere silente senza dare sintomi particolari e se, una volta individuata, è possibile prevederne l'evoluzione e la tempistica.
Grazie.
(Giulio)
Risposta
Buongiorno Giulio,
una neoplasia mieloproliferativa può rimanere anche asintomatica per lungo tempo (con latenza diversa a seconda del tipo di neoplasia) e la diagnosi può essere effettuata direttamente tramite il riscontro di valori alterati all'emocromo.
Per quanto riguarda il rischio di evoluzione, è diverso a seconda del tipo di malattia mieloproliferativa ed è stimabile al momento della diagnosi, insieme ad una valutazione prognostica secondo score validati.
Le ricordo che per quanto riguarda il rischio di evoluzione e la sopravvivenza media di non focalizzarsi sui singoli numeri riportati negli studi scientifici, in quanto sono il risultato di una stima effettuata su campioni di popolazione spesso eterogenei fra loro.
Gentili ricercatori, buongiorno. Paziente donna 50 anni, mielofibrosi primaria, assumo jakavi, Ex jade, Binocrit 40000 2/settimana. Soffro di artrosi deformante, l'ortopedico mi ha prescritto la glucosamina, posso assumerla tranquillamente alla luce di quanto descritto? Grazie.
(Rosa)
Risposta
Gentile Rosa,
questa è una domanda da porre al suo medico curante che è a conoscenza della sua terapia domiciliare al completo, dei dosaggi e delle sue eventuali allergie o intolleranze. Inoltre può vedere la prescrizione ortopedica e il tipo di farmaco da lui suggerito.
Qui potremmo darle solo una risposta parziale e quindi non idonea.
Buonasera, desidero sapere se è vero che i soggetti con c.d Policitemia Vera Mascherata abbiano una prognosi più sfavorevole essendo più probabile l'evoluzione in Mielofibrosi o Leucemia acuta.
Grazie.
(Giacomo)
Risposta
Buonasera Giacomo,
il fatto che la policitemia vera mascherata sia stata associata a un maggior rischio di progressione a leucemia acuta o mielofibrosi è un'osservazione che risulta essere precedente alla classificazione WHO 2016 che viene oggi comunemente utilizzata. La WHO 2016 infatti ha introdotto dei cambiamenti nella diagnosi delle MPN e per quanto riguarda la PV ha ridotto la soglia di emoglobina e di ematocrito che permettono di porre diagnosi, oltre che porre come criteri maggiori una ben determinata istologia midollare e la mutazione di JAK2.
Questo ha permesso in sostanza di diagnosticare più casi di PV e di diagnosticare come PV anche quei casi che pur avendone il fenotipo e la mutazione JAK2, non raggiungevano i criteri di PV secondo la classificazione WHO precedente, del 2008. Sono questi casi che sono stati visti associati a un rischio di progressione maggiore (Barbui T, Thiele J, Gisslinger H, et al. Masked polycythemia vera (mPV): results of an international study [published correction appears in Am J Hematol. 2018 May;93(5):E133]. Am J Hematol. 2014;89(1):52-54. doi:10.1002/ajh.23585), non confermato in studi successivi (Alvarez-Larrán A, Angona A, Ancochea A, et al. Masked polycythaemia vera: presenting features, response to treatment and clinical outcomes. Eur J Haematol. 2016;96(1):83-89. doi:10.1111/ejh.12552).
È stato dimostrato invece che la PV ha un rischio trombotico e di progressione a MF maggiore della TE (Barbui T, Thiele J, Gisslinger H, et al. The 2016 WHO classification and diagnostic criteria for myeloproliferative neoplasms: document summary and in-depth discussion. Blood Cancer J. 2018;8(2):15. Published 2018 Feb 9. doi:10.1038/s41408-018-0054-y).
Salve, ho 41 anni e da aprile 2017 ho scoperto casualmente un innalzamento dei valori di ematocrito (56% con emoglobina a 18,6 e globuli rossi 6.08).
Mi hanno subito fatto gli esami per il JAK2, v617f, CALR e MPL e sono risultato negativo ad entrambi. Tutti gli altri valori (globuli bianchi e piastrine) sono risultati nella norma.
Ho fatto ulteriori accertamenti quali spirometria, radiografia polmonare, ecografia al cuore ma non è emerso nulla. Ho fatto anche ecografia al fegato (emersa steatosi) e alla milza (rilevata di 13,6 cm x 11 cm).
C'è da dire che nel 2017 ero parecchio sovrappeso, facevo poca attività fisica e non avevo una alimentazione ideale. Sono un ex fumatore (ho smesso nel dicembre 2016).
L'ematologo a cui mi sono rivolto non ha voluto fare ne agoaspirato midollare ne biopsia. Ha ritenuto che il mio fosse un problema di cattiva ossigenazione, escludendo malattie mieloproliferative (anche perché sono un soggetto allergico alla parietaria e con tendenza asmatica).
Nel corso degli ultimi 3 anni sono diventato donatore AVIS ed il mio ematocrito si è mediamente attestato su valori tra 52/53% prima della donazione e del 50% dopo la donazione. Emoglobina a 18,2 prima della donazione e 17,1 dopo la donazione. Piastrine sempre normali tra 170 e 200 e globuli bianchi idem tra 5.8 e 6.6.
Negli anni seguenti non ho avuto sintomi costituzionali, solo del prurito che solo in alcuni periodi dell'anno è comparso con dei rush cutanei simili all'orticaria. Faccio attività sportiva moderata (corsetta o cyclette per almeno 1h almeno 4 volte la settimana). Non ho mai avuto astenia o inappetenza.
L'ematologo mi ha consigliato di prendere una cardioaspirina da 100 ogni 4 giorni.
Nel 2018, senza fare alcuna donazione, nei due controlli fatti l'ematocrito si è stabilizzato a 50% e l'emoglobina a 17.1. Infatti nel 2018 non sono andato a donare.
Nel 2019 i valori sono risaliti come nella media riportata sopra e pertanto sono andato a donare un paio di volte. Ho inoltre controllato nuovamente la milza (risultata sempre 13,5 cm x 11 cm) e il fegato (steatosi quasi rientrata) e ho fatto anche l'esame dei valori EPO dove il valore è stato di 10,0 in un range tra 4,3 e 29.
Dopo il lockdown, cioè il 10 luglio scorso, sono tornato a donare e l'ematocrito era a 55,7% e l'emoglobina a 18,6. Nel periodo antecedente la donazione ho fatto uso prolungato di antistaminico (Kestine 20 mg) e l'ematologo ritiene che questo abbia innalzato in questo modo i valori. La ritiene una spiegazione plausibile sulla base della vostra esperienza?
Nel frattempo l'ematologo mi ha detto di prendere la cardioaspirina tutti i giorni.
Ho rifatto un emocromo 5 giorni dopo la donazione (il 15 luglio) e i valori sono scesi (ematocrito al 50,3% ed emoglobina a 17,4).
Nel frattempo l'ematologo mi ha prescritto ulteriori esami sulle mutazioni JAK2 più rare e altri test genetici di cui attendo a breve i risultati. Qualora dovessero essere negativi mi ha detto che faremo l'agoaspirato midollare (non la biopsia).
Sabato 25 luglio ho rifatto l'emocromo e i valori sono di poco risaliti (HTC 51,5% ed emoglobina a 18). Ho fatto anche esami di funzionalità epatica come GammaGt e Uricemia. Tutto nella norma tranne la bilirubina il cui valore complessivo è 2 (ad essere innalzata è la bilirubina indiretta) e l'LDH che è 381 in un range che va da 84 a 246.
Il 28 luglio ho rifatto ecografia a livello gastrico dove permane una lieve steatosi e la milza ha dimensioni normali (12,5 cm).
Sulla base della vostra esperienza potrei essere affetto da una mieloproliferativa? Potrebbe essere una Mielofibrosi in fase pre fibrotica? È vero che esistono casi di MF triplo negativa che non manifestandosi sin dall'inizio in modo aggressivo è più gestibile e meno ostica?
Vi ringrazio molto per la cortese attenzione.
(Armando)
Risposta
Gentile Armando,
ho letto la sua mail molto lunga e particolareggiata e mi complimento per la sua precisione: sono obbligata però a iniziare la mia risposta ricordandole che come più volte indicato in questa pagina la funzione di questo indirizzo non è quello di fornire consulenze personalizzate. Non vogliamo e non abbiamo la possibilità per via telematica di sostituirci al suo medico curante o al suo ematologo che hanno tutti i suoi dati, oltre che essere a conoscenza della sua storia clinica ed avere la possibilità di visitarla e quindi hanno una capacità di giudizio estremamente più completa.
Quello che le possiamo dire è molto parziale e basato solo su quello che ci ha riportato, ovvero che può essere posto il sospetto di una neoplasia mieloproliferativa, con caratteristiche di policitemia vera (anche se non abbiamo dati dei globuli bianchi e di piastrine attuale, quindi potrebbe benissimo essere anche un'altra forma o non avere una neoplasia ematologica).
Il fatto è che lei in questi anni ha (in parte e in modo discontinuo) eseguito la terapia per la policitemia vera a basso rischio, ovvero la cardioaspirina e il salasso (anche se l'ematocrito dovrebbe essere mantenuto sotto il 45%).
Sono d'accordo sulla rivalutazione dello studio mutazionale e sull'esecuzione di una valutazione midollare, in cui ricordo che la biopsia è l'unico modo per porre diagnosi secondo le linee guida internazionali, anche se sarà il suo ematologo a giudicare se ci sono le condizioni per poterla eseguire. Per quanto riguarda le altre forme di MPN risulta necessaria la biopsia osteomidollare per poter fare una diagnosi differenziale.
Infine la mielofibrosi triplo negativa non è quella più "gestibile", ma la prognosi viene calcolata sulla base di score ben precisi e validati.
Salve sono in cura con oncocarbide da circa 9 mesi, sono partito da 1500 di piastrine, ora sono rientrate nella norma, però ho i linfociti bassi e i neutrofili alti. Vorrei sapere se questi valori fuori range sono la conseguenza della terapia, oppure sono dovute alla patologia stessa. Grazie in anticipo per le risposte.
(Stefano)
Risposta
Buonasera Stefano,
la terapia con oncocarbide può determinare cambiamenti nel valore dei globuli bianchi e conseguentemente anche a livello di formula leucocitaria, in quanto essendo un farmaco citoriduttivo la sua azione si esplica a livello delle tre linee ematopoietiche, esercitando un effetto di citoriduzione, quindi di depressione nella produzione midollare.
In merito al problema specifico da lei sollevato, ovvero l'aumento dei neutrofili associato a una riduzione della conta linfocitaria, questo deve essere come sempre contestualizzato in relazione al quadro clinico. In base all'entità dell'incremento, alla presenza o meno di una sintomatologia infettiva (che se di origine batterica è tipicamente caratterizzata da un rialzo dei neutrofili mentre se di origine virale si può osservare sia un aumento che un decremento del numero di linfociti ) e della transitorietà o meno della condizione, tale incremento può essere interpretato diversamente. Pertanto le consiglio di mostrare l'emocromo al suo medico di base o al suo ematologo che saranno sicuramente in grado di rassicurarla e consigliarla al meglio.
Buongiorno,
grazie per la cortese risposta e per il prezioso supporto che date agli ammalati ed alle loro famiglie.
Saluti
(Antonietta)
Risposta
Grazie a lei Antonietta per la fiducia e per la sua gentilezza. Un cordiale saluto.
Buongiorno egregi dottori, volevo chidere se la notizia che ho letto su una rivista americana è vera:
l'idrossiurea è il modo di pensare della vecchia scuola. Il nuovo modo è: "non limitarti a trattare la riduzione del rischio di coagulo di sangue con idrossiurea, ma tratta con l'interferone per rallentare, arrestare o invertire la progressione della malattia e la fibrosi del midollo osseo, oltre a ridurre il rischio di coagulazione del sangue. Inizia il trattamento dal tempo di diagnosi se possibile, non anni dopo".
Grazie.
(Donato)
Risposta
Buonasera Donato,
la remissione molecolare completa (condizione definita dalla non rilevabilità della mutazione del gene JAK2 alle indagini di biologia molecolare) è stata riportata in alcuni studi sull'interferone-alfa (principalmente la formulazione peghilata) in pazienti con policitemia vera e trombocitemia essenziale.
È stato ipotizzato che in alcuni casi la remissione molecolare completa possa corrispondere all'eradicazione del clone mutato alla base della malattia, rappresentando una sorta di guarigione funzionale. Tuttavia, impiegando metodiche di biologia molecolare più sensibili, è in genere dimostrabile la persistenza del clone malato, suggerendo dunque l'impossibilità della sua completa eliminazione.
Ciò non toglie che l'ottenimento della remissione molecolare completa si associa a benefici clinici maggiori.
Ad oggi sono stati pubblicati due grandi studi che hanno valutato il profilo di efficacia e tollerabilità dell'interferone-alfa 2A pegilato (Pegasys) in pazienti con PV e ET.
Si tratta di uno studio prospettico di fase 2 che ha arruolato 83 pazienti totali affetti da PV (43) e TE (40) senza particolari altri criteri di inclusione (Masarova, Lucia, et al. "Pegylated interferon alfa-2a in patients with essential thrombocythaemia or polycythaemia vera: a post-hoc, median 83 month follow-up of an open-label, phase 2 trial." The Lancet Haematology, 2017); e di uno studio prospettico di fase 2 più recente che ha arruolato un totale di 115 pazienti con diagnosi di PV ad alto rischio (65) e TE ad alto rischio (50) resistenti o refrattaria a idrossiurea (Yacoub, Abdulraheem, et al. "Pegylated interferon alfa-2a for polycythemia vera or essential thrombocythemia resistant or intolerant to hydroxyurea." Blood, 2019). Il primo studio ha un tempo di follow-up maggiore rispetto al secondo e ha consentito di evidenziare che una quota non trascurabile di pazienti trattati ha ottenuto una remissione molecolare completa anche di lunga durata. Più in particolare, circa il 20% di pazienti con PV e il 9% di pazienti con TE ha ottenuto una remissione molecolare completa con una durata media di 70 e 54 mesi rispettivamente.
Nella domanda non è precisato da quale forma di MPN sia affetto ma le ricordo che in Italia è attivo uno studio sperimentale LOW-PV, studio interventistico randomizzato che valuta il beneficio dell'aggiunta di interferone peghilato alla terapia standard in pazienti affetti da policitemia vera a basso rischio.
Infine non so se sia corretto dire che l'idrossiurea è "il modo di pensare della vecchia scuola": senz'altro è un farmaco usato da molto tempo, estremamente facile da aggiustare, con un ottimo profilo di sicurezza e di cui si conoscono bene gli effetti collaterali.
È necessario ricordare che l'interferone, pur essendo un'ottima alternativa terapeutica, ha un suo profilo di tossicità e alcuni potenziali rischi che vanno valutati caso per caso. Tra i principali quello di poter slatentizzare patologie autoimmuni e l'alterazione del tono dell'umore.
Buonasera, come viene diagnosticata la policitemia vera? Ovvero quali sono i valori che sono tipici della malattia e quali sono i sintomi? Possibile che nella policitemia sono alti anche piastrine e globuli bianchi? Come si fa a differenziare pertanto le sindromi mieloproliferarive avendo alti globuli rossi, bianchi e piastrine?
Grazie mille per tutto l'impegno che non viene mai meno.
(Ennio)
Risposta
Buongiorno Ennio,
il sospetto diagnostico di una neoplasia mieloproliferativa cronica nasce proprio dall'emocromo.
La policitemia vera all'emocromo si caratterizza per un aumento dei valori di Hb e/o dell'ematocrito: più precisamente valori di Hb > 16 g/dL o Hct > 48% nella donna e Hb > 16,5 g/dL e Hct > 49% nell'uomo devono porre il sospetto di questa sindrome ed occorre eseguire un'accurata diagnosi differenziale. La mielofibrosi all'emocromo si caratterizza per la presenza di leucocitosi, anemia e nella mielofibrosi "overt" ovvero conclamata anche per la presenza di leucoeritroblastosi a livello del sangue periferico, con quindi forme immature e blasti. Caratteristico della mielofibrosi inoltre è l'aumento delle LDH agli esami ematici, anche se non specifico. La Trombocitemia essenziale è caratterizzata da un aumento della conta piastrinica oltre il valore limite superiore (> 450.000/mm3).
Solo dall'emocromo quindi per rispondere alla sua domanda, la PV oltre agli elevati livelli di Hb ed Hct, può presentarsi anche con valori di Gb aumentati, ma solitamente non ai livelli della MF e soprattutto non con presenza di blasti in circolo. Inoltre anche le piastrine possono essere aumentate, soprattutto in caso di deficit di ferro.
Le tre patologie possono essere distinte da un punto di vista diagnostico (secondo WHO) solo con una valutazione midollare comprensiva di biopsia osteomidollare che mostra un quadro istologicamente differente nelle tre forme e per completare il profilo diagnostico deve essere eseguito profilo mutazionale con la ricerca della mutazioni driver (che possono differire fra le diverse patologie) e le mutazioni non driver per una valutazione più accurata del rischio.
Da un punto di vista clinico, molti sintomi sono in comune, principalmente per quanto riguarda la PV e la TE: infatti in entrambe possiamo trovare sintomi da interessamento del microcircolo, come cefalea, acufeni, parestesie, vertigini, disturbi visivi (come scotomi o diplopia) e l'eritromelagia. Inoltre si possono direttamente presentare con eventi trombotici sia dei vasi di medio calibro (come ad esempio la claudicatio intermittens, l'acrocianosi, le tromboflebiti) o dei vasi di grosso calibro (ad esempio dall'ictus/TIA alle trombosi mesenteriche o all'angina). Alcune differenze più eclatanti sono che nella trombocitemia essenziale sono più frequenti i fenomeni emorragici rispetto alla PV, le trombosi microvascolari e l'eritromelalgia. Nella PV è più frequente il prurito e la splenomegalia moderata. Nella mielofibrosi invece la splenomegalia può essere anche molto marcata ed è una caratteristica fondamentale: sono maggiormente frequenti anche i sintomi costituzionali come astenia, sudorazioni notturne e perdita di peso (> 10 kg in 3 mesi).
Spero di aver risposto al suo quesito, cordiali saluti.
Salve, ho 59 anni e affetto da policitemia da 5 anni, mai avuto sintomi tranne lieve splenomegalia 16 cm ed aumento dell'ematocrito che con cadenza trimestrale mi porta a fare il salasso; assumo aspirina e zirolix tutti i giorni, per il resto nessun problema. Tra qualche mese compirò 60 anni e vi chiedo: è lecito pensare da parte mia che non avendo problemi riconducibili alla PV posso per il momento evitare una cura citoriduttiva che il protocollo impone al compimento dei 60 anni? Perché sono convinto che qualunque assunzione di farmaci creerà sicuramente degli effetti collaterali che vorrei evitare il più a lungo possibile.
Grazie per l'attenzione e la gentilezza.
(Massimo)
Risposta
Buongiorno Massimo,
il motivo per cui è indicata l'introduzione di una terapia citoriduttiva al compimento dei 60 anni è il seguente:
grazie ai risultati di recenti studi sappiamo che riuscire a tenere l'ematocrito sotto 45% riduce di 4 volte il rischio di avere trombosi. Finché questo è fattibile con i salassi è possibile utilizzare solo quelli (oltre all'aspirina). Dai 60 anni in poi un paziente con policitemia vera viene considerato ad alto rischio di trombosi. Tale rischio viene ridotto dalla terapia citostatica come l'oncocarbide. Inoltre, in alcuni studi anche il valore elevato di globuli bianchi, che verrebbe controllato dall'oncocarbide, è stato correlato con un maggior rischio trombotico.
Quindi l'introduzione della terapia citostatica ridurrebbe il rischio di trombosi e con queste si intende il rischio di infarto, ictus, trombosi venosa, ischemiame intestinali, embolia polmonare ecc. a cui il paziente affetto da PV è maggiormente esposto rispetto a un individuo sano della stessa età.
Salve, ho una diagnosi di PV con tendenza alla MF (classe 1); i primi sintomi sono del 1996, e già allora avevo un aumento del Gamma GT (adesso oscilla da 150 a 250). Sono astemio, mangio in modo totalmente naturale, e l'ematologo che mi segue sostiene che è una conseguenza della malattia: la spiegazione non mi soddisfa perché non sa spiegarmi la ragione per cui la malattia produca questo aumento. Cordiali saluti.
(Paolo)
Risposta
Buongiorno Paolo,
le cause di aumento delle gamma GT possono essere molteplici. Non è esplicitato nella domanda quale trattamento lei stia assumendo, ma basti pensare che in un terzo dei pazienti che assumono Oncocarbide si osserva un aumento degli indici epatici, soprattutto di transaminasi (AST e ALT), fosfatasi alcalina e gamma GT, più raramente si osserva un incremento anche della bilirubina. Solitamente sono alterazioni di grado lieve che si risolvono in circa 3 settimane di sospensione del farmaco. Inoltre, come dice il suo medico di riferimento, alterazioni degli indici epatici si osservano in corso di mielofibrosi, soprattutto in un quadro di epatosplenomegalia, in cui fegato e milza sono riconvertiti alla funzione di ematopoiesi disfunzionali a causa della fibrosi midollare.
Infine molti altri farmaci essendo metabolizzati dal fegato possono indurre alterazioni degli indici epatici: su questo, come sull'escludere cause infettive o tossiche di danno epatico potrà consigliarla meglio il suo medico di famiglia e il suo ematologo che sono a conoscenza della sua terapia domiciliare, del suo stile di vita e delle sierologie virali effettuate.
Buongiorno, volevo sapere quanto tempo in media si rimane in trattamento con idrossiurea, anni? Mi è appena stata prescritta per la policitemia.
(Sara)
Risposta
Buongiorno,
Si, di solito il trattamento citoriduttivo viene continuato.
Una volta che viene prescritto secondo indicazione, nel suo caso se ha raggiunto un'età > 60 anni oppure se ha avuto eventi trombotici, deve essere continuato ed il farmaco citoriduttivo di prima scelta è l'idrossiurea.
Qualora in seguito si manifesti una resistenza o un'intolleranza allora si può decidere per un altro tipo di citoriduzione.
Paziente di 62 anni con pregressa Policitemia vera dal 2001 al 2015, poi Mielofibrosi secondaria con trattamento Oncocarbide, volume globuli rossi 120, globuli bianchi totali da 18000 a 21000, piastrine da 77000, milza 21 cm; eseguito esame CD34 risultato 148,96 significa che c'è una trasformazione della malattia? Emoglobina 10 la terapia comprende anche cortisone in gocce Soldesam.
(Antonietta)
Risposta
Buonasera Antonietta,
i dati che Lei ci ha riportato non sono sufficienti per escludere con certezza se si tratti di un caso di evoluzione e come è stato più volte indicato, questa pagina non ha la funzione di fornire consulenze personalizzate.
Quello che possiamo dirle è che di solito viene sospetta un'evoluzione da MF a LA quando c'è un incremento significativo dei leucociti rispetto ai valori precedenti (cosa che Lei, sulla base dei dati riportati, non ha), se compaiono forme immature tipo blasti in circolo (non basta la conta delle CD34+), associati a un incremento dell' LDH, oltre che spesso a un calo delle piastrine e un peggioramento dell'anemia. Se si ha un lento ma tuttavia progressivo calo dei valori di piastrine e di Hb in associazione a un netto incremento dei leucociti può essere indicata la valutazione midollare.
La invitiamo sempre prima a discutere con il suo ematologo di riferimento in merito ad ogni dubbio, in quanto essendo a conoscenza della sua storia clinica e avendo tutti i suoi dati a disposizione è la persona che può risponderle in modo più esauriente.
Buonasera, Gentili ricercatori. Ho 50 anni, Mielofibrosi idiopatica da 12. Assumo jakavi, eritropietina 40000 2 volte a settimana, trasfondo ogni due mesi e assumo Èxjade. E' compatibile con la patologia che l'elettroforesi proteica non sia nella norma? Grazie.
(Rosa)
Risposta
Buonasera,
dalla sua domanda posso solo dirle che è possibile che ci siano alterazioni del protidogramma in corso di MPN e di altre neoplasie ematologiche. Deve essere comunque il suo ematologo di fiducia inseme al medico curante a valutare l'entità dell'alterazione che può andare da una componente monoclonale di accompagnamento a un'alterazione che necessita di un follow up stretto o di un'eventuale terapia.
Buon pomeriggio,
ho effettuato esame per mutazione JAK2 e sono positiva.
E' possibile che il risultato sia un "falso positivo"?
(Silvia)
Risposta
Buonasera,
generalmente i falsi positivi nella determinazione di JAK2 sono abbastanza rari se l'analisi è stata condotta secondo le tecniche di analisi molecolari adeguate.
Ad esempio in Italia e in Europa è attivo il JakNet, un programma che permette di collegare più laboratori che lavorano in ambito di MPN in modo da standardizzare le tecniche di indagine sulla base delle indicazioni WHO e dell'European Leukemia Net, oltre che ad operare controlli di qualità interni ed esterni. Può trovare i centri italiani che aderiscono a quest'iniziativa al seguente indirizzo https://www.gimema.it/jaknet/ .
Sarà poi il suo ematologo di fiducia che potrà consigliare meglio se può essere o meno un falso positivo, in base alla tecnica utilizzata per l'indagine e al sospetto clinico.
Salve. Quali sono i sintomi della policitemia e quali della trombocitemia? Sono stato diagnosticato TE 20 anni fa e non ho avuto mai sintomi, ora pare che la TE stia evolvendo verso la policitemia ma non ho sintomi.
Grazie infinite per le vostre esaustive risposte.
(Eugenio)
Risposta
Buonasera Eugenio,
i sintomi di malattie proliferative come la PV e la TE possono essere diversi come possono presentarsi anche in totale asintomaticità.
I sintomi di queste due patologie sono per la gran parte sovrapponibili con alcune differenze più eclatanti: ovvero che nella trombocitemia essenziale sono più frequenti i fenomeni emorragici rispetto alla PV, le trombosi microvascolari e l'eritromelalgia.
Nella PV è più frequente il prurito (principalmente dopo il contatto con acqua) e la splenomegalia moderata.
In entrambe troviamo sintomi da interessamento del microcircolo, come cefalea, acufeni, parestesie, vertigini, disturbi visivi (come scotomi o diplopia) e l'eritromelagia soprattutto nella TE. Inoltre si possono direttamente presentare con eventi trombotici sia dei vasi di medio calibro (come ad esempio la claudicatio intermittens, l'acrocianosi, le tromboflebiti) o dei vasi di grosso calibro (ad esempio dall'ictus/TIA alle trombosi mesenteriche o all'angina).
Il fatto che le hanno detto che si sta evolvendo verso una PV non significa che necessariamente si presenti con una sintomatologia specifica, ma è più probabile che abbiano evidenziato un aumento dell'ematocrito e che le consiglino di eseguire salassi, che sono volti insieme alla terapia antiaggregante a prevenire il rischio trombotico.
Buongiorno, ho 49 anni dal 2004 pv, anemia mediterranea. Milza oltre 20 cm. Dolente. Eseguita BOM ottobre 2019 che conferma pv. Da 8 mesi assumo ruxolitinib, che sembra non funzionare. Ematocrito sempre sopra i 45/48. E'possibile che dopo anni di farmaci io sia resistente a tutte le cure? C'è qualche altro farmaco in sperimentazione? Inoltre, da quando assumo ruxolitinib sono ingrassata.
Grazie per la vostra gentile disponibilità.
(Elena)
Risposta
Buonasera Elena,
è possibile essere resistenti a più linee di terapie anche se nella sua domanda viene citata solo la terapia con Ruxolitinib. Peraltro dai dati che ci ha scritto non è possibile stabilire se si tratta di una vera e propria resistenza al Ruxolitinib.
In ogni caso essendo al di sotto di 60 anni nella PV, se ad alto rischio (ma anche per stabilire questo i dati non sono completi) è possibile effettuare terapia con Interferone. Infatti essendo lei una paziente giovane sarebbe una possibile terapia di II linea.
In alternativa ci sono terapie sperimentali che può eseguire in diversi centri in Italia.
Ad esempio è attivo lo studio LOW-PV, uno studio interventistico randomizzato che valuta il beneficio dell'aggiunta di interferone peghilato alla terapia standard in pazienti affetti da policitemia vera a BASSO rischio: braccio di terapia standard (flebotomia + ASA 100 mg/die) vs braccio sperimentale (interferone alfa peghilato 100 ug ogni 2 sett + flebotomia + ASA 100 mg/die). L'arruolamento è ancora aperto in diversi centri italiani (Firenze, Bergamo, Napoli, San Giovanni Rotondo, Bologna, Udine, Roma, Milano, Monza, Pavia, Varese, Cuneo, Novara, Torino, Bari, Catania, Messina, Palermo, Verona, Padova, Vicenza). Di seguito trova il link del motore di ricerca dei trials clinici in modo da poter consultare i dettagli dello studio e dei centri che arruolano i pazienti (link )
Per quanto riguarda il problema dell'aumento di peso, purtroppo è un effetto collaterale comune della terapia con Ruxolitnib. Infatti il trattamento con ruxolitinib si associa ad una varietà di modificazioni metaboliche, verosimilmente legate alla riduzione dello stato proinfiammatorio caratteristico delle malattie mieloroliferative croniche. Tra queste manifestazioni, oltre l'aumento di peso, l'ipertrigliceridemia e l'ipercolesterolemia sono relativamente frequenti sebbene generalmente di lieve/moderata entità. Per tale motivo è generalmente consigliato il monitoraggio dell'assetto metabolico nei pazienti trattati con ruxolitinib (trigliceridi, colesterolo, glucosio, peso corpore, ecc.)
Buona sera ho una mielofibrosi (evoluzione di PV) da diversi anni, ma conduco un'ottima vita. Devo comunicare la patologia al datore di lavoro? Grazie.
(Paola)
Risposta
Buongiorno,
in realtà questa pagina non è quella indicata per richiedere questo tipo di informazioni.
Da quello che so, posso dirle che non ci sono obblighi di comunicazione se la patologia non comporta assenza dal lavoro. Se invece comporta un'assenza deve essere certificata dal medico con invio del certificato all'INPS.
La invito però a far riferimento al suo medico curante per informazioni più complete e dettagliate.
Allo stato delle conoscenze, esistono farmaci e/o trattamenti in grado di ridurre il rischio di evoluzione della policitemia vera in altre forme peggiori quali mielofibrosi e leucemia? Grazie.
(Tommaso)
Risposta
Buonasera Tommaso,
ad oggi purtroppo non ci sono trattamenti in grado di cambiare la storia naturale della malattia e ridurre il rischio di evoluzione fibrotica o leucemica.
I trattamenti che si mettono in atto nella PV hanno lo scopo di ridurre il rischio trombotico ma non possono prevenire un'eventuale evoluzione.
Salve, vorrei sapere cortesemente quali sono i sintomi e le modificazioni negli esami di laboratorio (e dimensioni milza) che possono indicare il sospetto di una possibile evoluzione da PV in mielofibrosi o in mielofibrosi prefibrotica. Grazie.
(Pino)
Risposta
Buonasera Pino,
il sospetto di una possibile evoluzione a mielofibrosi si ha quando compare progressiva anemizzazione (previa esclusione di altre cause di anemia), associata a leucocitosi, incremento sostenuto dell'LDH, incremento della splenomegalia o comparsa di milza palpabile.
Nelle forma di mielofibrosi conclamata, oltre ai suddetti segni, si annovera anche la presenza di blastosi periferica.
In caso di sospetto di evoluzione a mielofibrosi, sia nella forma prefibrotica che overt, risulta necessaria l'esecuzione di una valutazione midollare: in modo che il sospetto clinico sia confermato o meno dalla valutazione istologica.
Buongiorno, sono JAK2 positivo, ho 61 anni, ematocrito da 4 anni intorno a 49-50%, piastrine 700.000, emoglobina 17%, GR 5,9 et GB 10. Sono in cura soltanto con Cardioaspirina ma l'ultimo esame del sangue ha dato un livello basso di Eritropoietina (4,07, sotto la soglia di 4,3). Ho avuto per alcune settimane del prurito a febbraio, subito dopo aver fatto una bronchite (l'esito dell'esame sierologico per il Covid ha dato esito negativo). L'ematologo mi ha prescritto una nuova analisi del midollo osseo che farò a settembre (quello che ho fatto 4 anni fa parlava di malattia mieloproliferativa non classificabile: Mielofibrosi prefibrotica oppure di Policitemia in fase pre-policitemica) e mi ha prospettato i salassi o la cura citoriduttiva, dicendomi che il tutto lascerebbe propendere per una policetimia. Vi vorrei chiedere:
1) quali sono gli effetti collaterali dei salassi? Potrei continuare a fare una vita normale?
2) in caso di salassi, quali stili di vita (ad esempio alimentazione o attività fisica) dovrei adottare per affrontarli al meglio?
3) quali criteri si usano per decidere tra i salassi e la terapia citoriduttiva, in un caso come il mio?
4) anche se i valori di GR, emoglobina, ematocrito, etc. sono ormai stabili da alcuni anni senza terapia citoriduttiva, ci potrebbe essere un'evoluzione della malattia?
Vi ringrazio molto per le risposte e il vostro preziosissimo lavoro.
(Lorenzo)
Risposta
Buonasera Lorenzo,
cerco di rispondere in ordine:
1) Nella policitemia vera l'esecuzione di salassi vede come obiettivo il contenimento del valore di ematocrito al disotto del 45%, in quanto è stato dimostrato che mantenere l'ematocrito sotto questo valore è associato a una riduzione del rischio trombotico. I salassi non hanno effetti collaterali importanti generalmente. Una conseguenza in caso di salassi ripetuti è una condizione di carenza di ferro, che nella policitemia vera ha un effetto terapeutico. Infatti il ferro è un elemento essenziale per la formazione dell'emoglobina e quindi per la produzione di globuli rossi che nella policitemia è per definizione molto aumentata; la carenza di ferro ha quindi un effetto frenante sulla eritropoiesi. A volte ciò conduce a una riduzione dei valori di emoglobina nei limiti di una lieve anemia; in questi casi, specialmente in presenza di sintomi, può essere necessario ridurre la frequenza dei salassi, mentre NON c'è indicazione ad assumere ferro (salvo determinati casi) che può determinare un innalzamento dell'ematocrito. Inoltre, il salasso non ha alcuna azione sul numero delle piastrine, che , soprattutto inizialmente possono aumentare in seguito ai salassi.
2) Lo stile di vita da adottare non è in merito alla salassoterapia, ma alla patologia di base. È indicato uno stile di vita sano con limitazione di tutti i fattori di rischio cardiovascolare, come l'ipertensione arteriosa, il fumo, l'obesità, l'ipercolesterolemia/ipertrigliceridemia, il diabete non controllato e la scarsa attività fisica. E’ indicato assumere almeno 2 litri di acqua al giorno per evitare condizioni di emoconcentrazione, soprattutto nei mesi estivi dove le perdite di liquidi sono maggiori.
3) L'algoritmo terapeutico della PV consiglia la terapia con sola aspirina e flebotomie con l'obiettivo di mantenere l'ematocrito < 45% nei pazienti a basso rischio, ovvero di età inferiore a 60 anni e senza eventi trombotici in anamnesi. Nei pazienti di età maggiore di 60 anni o con storia di eventi trombotici è indicata l'aggiunta di una terapia citoriduttiva.
4) Se i valori sono stabili è inverosimile un'evoluzione (che solo il suo ematologo di fiducia può escludere con tutti i suoi dati a disposizione). La terapia citoriduttiva verosimilmente le è stata consigliata per via dell’età > 60 anni: non so poi se ha avuto anche precedenti eventi trombotici. Ad ogni modo prima deve essere confermata la presenza di una policitemia vera e per questo bisogna aspettare la rivalutazione midollare.
Cordiali saluti.
Buongiorno,
ho letto dal sito web AIFA che la produzione dell'Interferone 2A e AB è stato sospeso da Febbraio 2020. Perché è stata sospesa la produzione di questo farmaco?
Sono affetta da TE, ho 36 anni, non ho avuto episodi trombotici. Per ora prendo solo la cardioaspirina ma mi hanno proposto la cura con interferone. Visto che hanno sospeso il farmaco posso richiedere un'altro farmaco?
Saluti.
Risposta
Buongiorno,
la comunicazione AIFA a cui Lei fa riferimento riguarda interferone alfa 2a, interferone alfa 2b (Roferon-A e Intron A) e le rispettive forme pegilate PEGilate (Pegasys e PegIntron). La nota suddetta afferma che per le forme di interferone alfa 2a e 2b la fornitura sarà assicurata fino all'ultimo trimestre del 2020, mentre per quanto riguarda le forme peghilate, la produzione dovrebbe cessare entro il 2026.
Recentemente tramite procedura AIFA la terapia con interferone (nella sua forma peghilata) per la trombocitemia essenziale è diventata un'ulteriore opzione terapeutica, anche se, nell'elenco dei farmaci prescrivibili a carico del SSN ai sensi della legge 648/96, solo in caso di pazienti non candidabili ad altri trattamenti disponibili.
Infatti l'interferone, sia nella sua forma peghilata che non, non è un farmaco di prima linea nel trattamento della TE, dove, qualora sia necessaria una terapia citoriduttiva, i farmaci più utilizzati sono l'oncocarbide e l'anagrelide.
Ad ogni modo anche se cessa la produzione di questo tipo di interferone è verosimile che altre case farmaceutiche lo producano e che comunque risulti richiedibile tramite AIFA visto che riguarda diverse aree d'interesse, non solo nel campo ematologico, ma anche infettivologico e oftalmologico.
Per quanto riguarda il motivo per cui sia stata interrotta la produzione deve interrogare la casa farmaceutica di produzione.
Buonasera, mi rivolgo a loro per il mio problema di PV con diagnosi del 2017. Curata solo con cardioaspirina e salassi all'occorrenza, presento 1 milione di piastrine a dicembre. Progressivamente si riducono fino a 650.000, oggi anche i rossi da 6.100 a 5.800. Bianchi oscillanti tra 18.000 e 20.000. Ematocrito a maggio 45,5 oggi 43.8. Sono spaventata. Non ho mai avvertito sintomi. Milza a gennaio 17,4 cm. Temo evoluzione in mielofibrosi.
(Tiziana)
Risposta
Buonasera signora,
come abbiamo più volte scritto la funzione di questa pagina non è quella di fornire consulenze personalizzate dato che sono il suo ematologo e il suo medico curante ad avere il quadro clinico completo e quindi sono coloro che la possono consigliare meglio.
Peraltro i dati che ci ha riportato sono incompleti e non è possibile stabilire se si è instaurato progressivamente un quadro di anemia, oppure se ci sia stato un aumento della splenomegalia o un innalzamento dell'LDH.
L'unica cosa che posso dire è che se si tratta di un quadro con leucocitosi stabile o in aumento, con progressiva anemizzazione, comparsa di forme immature in circolo, aumento dell'LDH e aumento della splenomegalia può essere indicata una valutazione midollare di accertamento. È necessario fare comunque riferimento agli ematologi che l'hanno in cura, in quanto avendo tutti i dati a disposizione e avendo avuto la possibilità di seguirla dall'esordio della malattia, possono condurre un'ottimale diagnosi differenziale e programmare l'iter diagnostico più opportuno.
Buongiorno, vi chiedo l'aspettativa di vita per i malati di policitemia; 20 anni fa mi è stata diagnosticata la TE, ora pare che si stia trasformando in policitemia a causa dei valori dei globuli rossi e ematocrito che sono più alti della norma. Ho 50 anni e assumo la cardioaspirina e oncocarbide a causa dei valori alti delle piastrine che sono circa 1 milione. Se è vero che la trombocitemia ha un'aspettativa di vita di circa 33 anni, facendo un calcolo dovrei peggiorare nell'arco di 10 anni oppure meno tenendo conto della trasformazione della malattia?
Grazie infinite.
(Teresa)
Risposta
Buonasera,
l'aspettativa di vita nella PV è di circa 14 anni, 24 nei pazienti minori di 60 anni. La possibilità di trasformazione in forma mielofibrotica o leucemica è un rischio intrinseco di questa patologia, come della TE del resto, ma non avviene necessariamente, quindi non è detto che Lei nell'arco di 10 anni necessariamente peggiori.
Si ricorda che quello che esprimiamo come sopravvivenza deriva da un calcolo, quindi è una media su una popolazione affetta dalla patologia in studio e quindi non è da applicare matematicamente al singolo soggetto.
Ad oggi sappiamo per certo che un corretto stile di vita, con una buona aderenza alla terapia, riduce il rischio di trombosi e di eventi cardiovascolari e quindi impatta positivamente sulla qualità di vita.
Ho sentito di un nuovo approccio terapeutico alla mielofibrosi con tamoxifene. So che ancora non è in atto alcuna sperimentazione, ma desidero avere un vostro parere. Inoltre desidero sapere qual è lo stato delle novità terapeutiche su mielofibrosi.
(Orazio)
Risposta
Per quanto riguarda l'uso del tamoxifene come opzione terapeutica nella mielofibrosi credo che Lei faccia riferimento all’articolo di Sánchez-Aguilera del 2014 (Sánchez-Aguilera A et al. Cell Stem Cell. 2014;15(6):791-804.), dove hanno dimostrato che, nei topi, questo farmaco è in grado di bloccare lo sviluppo di malattie mieloproliferative JAK2V617F positive. Ad oggi comunque non sono stati condotti studi sperimentali per accertare l'eventuale efficacia del tamoxifene nelle forme mieloproliferative o leucemiche e la sua indicazione terapeutica rimane circoscritta al campo del carcinoma mammario.
Per quanto riguarda le novità terapeutiche in ambito di mielofibrosi al momento sono in corso studi sperimentali con nuovi JAK inibitori, come Momelotinib, Fedratinib e Pacritinib.
Fedratinib (inibitore selettivo di JAK2) inoltre è stato recentemente approvato dall'FDA per la mielofibrosi primaria e secondaria con rischio intermedio 2 o alto rischio.
All'ASH 2019 sono stati presentati i risultati preliminari dello studio che ha visto l'associazione fra Navitoclax e Ruxolitinib per forme di mielofibrosi refrattarie alla terapia con Ruxolitinib: quest'associazione ha mostrato risultati promettenti per quanto riguarda la splenomegalia e il superamento della resistenza a JAK inibitori.
Inoltre è in corso uno studio sperimentale con inibitore della LSD1 (Lisina deacetilasi) in mielofibrosi primarie e secondarie: anche qui sono stati evidenziati risultanti promettenti per quanto riguarda la riduzione della splenomegalia e dei sintomi.
Altri studi sperimentali ad ora in atto riguardano l'associazione di Ruxolitinib con molecole innovative.
Può trovare i dettagli dei vari studi sperimentali a questo link: https://clinicaltrials.gov/
Buongiorno dottori, mi rivolgo a voi perché siete il fiore delle malattie mieloploriferative. Un paziente affetto da TE necessita di cura se le piastrine stanno sotto al milione?
Mai avuto problemi (49 anni).
Risposta
Buonasera e grazie della fiducia nei nostri confronti.
Le rispondo dicendole per prima cosa che non è sul numero di piastrine che si basa la scelta della terapia da mettere in atto in caso di trombocitemia essenziale.
Infatti la terapia attuale per la TE ha come indicazione primaria la prevenzione del rischio trombotico e il rischio di trombosi non dipende dal numero di piastrine, ma è stato dimostrato essere correlato maggiormente all'età > 60 anni, al sesso maschile, alla leucocitosi, ai fattori di rischio cardiovascolare e alla presenza di precedenti eventi trombotici in anamnesi.
Il numero di piastrine correla invece con il rischio emorragico, infatti soprattutto in caso di trombocitosi estrema (valori di piastrine > 1.000.000/1.500.000 per mm^3) si può avere la cosiddetta sindrome di Von Willebrand acquisita con aumentato rischio di diatesi emorragica.
Non è possibile rispondere completamente alla sua domanda in quanto l'attuale algoritmo terapeutico si basa sulla suddivisione dei pazienti in quattro principali classi di rischio (secondo lo score Revised IPSET thrombosis). Lo score prende in considerazione l'età > 60 anni, la presenza di precedenti eventi trombotici, la mutazione JAK2 e i fattori di rischio cardiovascolare. In base alla diversa classe di rischio è indicata una diversa terapia che va dalla sola aspirina in monosomministrazione (o anche solo l'osservazione stretta in determinati casi), all'associazione con terapia citoriduttiva e anticoagulante. La scelta ovviamente deve essere calibrata sul tipo di paziente, tenendo in considerazione la sua storia clinica, i fattori di rischio, la terapia farmacologica in atto e le varie comorbilità. Come vede comunque il numero di piastrine non viene tenuto in considerazione nell'algoritmo decisionale.
Buongiorno Dottori, 51 anni TE CALR2, nessuna patologia precedente. Dopo 6 mesi di cura con Oncocarbite (1 al giorno) e aspirinetta, sono stato chiamato a giugno (causa covid) dall'ospedale Gemelli a cui 4 mesi fa avevo fatto richiesta per una seconda opinione, che dopo avermi rifatto tutti i test milza ingrassata di 3 cm, piastrine 700, dice che sono a basso rischio e devo prendere solo l'aspirina.
Adesso sono combattuto non so quale strada prendere. Grazie.
Risposta
Come indicato più volte nelle nostre risposte, la funzione di questa pagina non è quella di fornire consulenze personalizzate, in quanto è il suo ematologo di riferimento insieme al medico curante che può fornire l'indicazione terapeutica più accurata in quanto ha la possibilità di conoscere la sua storia clinica e di avere tutti i suoi dati a disposizione.
Le posso fornire informazioni solo circa le linee guida generali che vengono seguite.
Dalle informazioni riportate nella domanda il paziente è classificabile secondo l'ultimo score Revised IPSET thrombosis, in una classe di rischio bassa (precisamente come "very low risk") per età <60 anni, presenza della mutazione CALR, solo se sono assenti precedenti episodi trombotici oltre che assenza di mutazione JAK2.
Se i colleghi l'hanno classificato in questa classe, quindi in caso di assenza di episodi trombotici in anamnesi e di mutazione JAK2, l'indicazione terapeutica attuale è per la terapia con Aspirina in monosomministrazione giornaliera.
È da sottolineare il fatto che in caso di estrema trombocitosi (piastrine >1.000.000/1.500.000/mm^3) è indicata la sospensione della terapia antiaggregante per la sindrome di Von Willebrand acquisita, che rappresenta una condizione di aumentato rischio emorragico.
Tenendo in considerazione il suo caso, sempre se assenti episodi trombotici in anamnesi, la terapia citoriduttiva è consigliata nei seguenti casi:
a) Quando l'età è > 60 anni;
b) In caso di trombosi venosa o arteriosa: in questi casi oltre alla citoriduzione è indicata l'aggiunta di una terapia anticoagulante (con o meno l'antiaggregante) in caso di trombosi venosa, mentre doppia somministrazione giornaliera di antiaggregante in caso di trombosi arteriosa.
Le indicazioni sopra riportate non sono da intendere alla lettera in quanto si tratta di un algoritmo terapeutico generale che non deve essere applicato meccanicamente: infatti le scelte terapeutiche sono valutate dall'ematologo di riferimento in base alle più recenti linee guida e in base alla tipologia del paziente, solamente dopo un'attenta valutazione dei suoi fattori di rischio (in particolar modo cardiovascolari), presenza di comorbilità, terapie farmacologiche in atto e dei valori dell'emocromo, per cui non possono essere uguali per tutti i pazienti, ma variano da caso a caso.
Ho policitemia vera dal 2008, assumo da tanti anni oncocarbide, ora cardirene e lucen, eutirox, e vitamine b12 acido folico perché da qualche anno i globuli rossi sono intorno ai 3 milioni mentre il resto normale tranne le piastrine sulle 700 mila, siccome questa è la seconda estate che puntualmente compaiono brividi alle gambe, a volte ma non sempre febbricola sui 37,3 che nell'arco della giornata può anche scendere, avverto gambe pesante e deboli, non sudo più da quando suda o molto, e evito di uscire per questa sintomatologia, a volte, devo andare in bagno (feci) più volte al giorno e a volte non vado per giorni, mi capita anche per strada di fare un pasticcio, ho anche pressione 90 60, a volte tachicardia. Il cardiologo dice che il cuore è buono, le analisi generali buone no cistite infezione, no sangue occulto e infezioni feci, niente dalle varie ecografie solo milza 152 e linfonodi reattivi collo e ascelle di 10 mm, solo acth e cortisolo risultano molte volte alti acth 262, cortisolo al limite alto, ma ultimamente uscito acth e cortisolo normali, cosa debbo fare per questi brividi e debolezza gambe, a volte febbricola in estate, da che dipende, passo la giornata a letto, perché i globuli rossi bassi?
Mi date un consiglio, ho paura, ldh412, grazie.
Risposta
Buonasera,
come indicato frequentemente nel sito, non vengono rilasciate consulenze personalizzate. Inoltre è difficile fornire una risposta esauriente in quanto i dati riportati nella domanda non sono completi.
Le consiglierei una valutazione con il suo ematologo e il suo medico di famiglia che conoscono la sua storia clinica ed hanno la possibilità di visitarla e di avere tutti i suoi dati a disposizione. Ad esempio il numero dei globuli rossi non è sufficientemente informativo se manca il dato dell'emoglobina, dell'ematocrito, dell'MCV ecc.
Allo stesso modo il rialzo assai modesto di temperatura che descrive deve essere correlato alla clinica per poterlo interpretare correttamente.
I brividi alle gambe, almeno così come vengono descritti nella domanda, non sono tipici della PV per cui le consiglierei di fare una valutazione globale, in quanto i motivi alla base sono molteplici e comprendono anche disturbi metabolici, malattie su base infiammatoria, alterazioni della funzionalità renale, carenze nutrizionali e vitaminiche.
Lo stesso può essere detto anche per le alterazioni del tratto gastrointestinale, non sono caratteristiche della PV e vanno indagate escludendo prima le cause infettive.
Buongiorno,
volevo chiedere quali sono le aspettative di vita in seguito ad un trapianto di midollo per Mielofibrosi secondaria. In particolar modo a 5 anni dal trapianto qual è la percentuale di mortalità? Per quale motivo il trapianto per una leucemia primaria a parità di condizioni (età, patologie pregresse) sembrerebbe avere una percentuale di successo maggiore di quello per mielofibrosi?
Vi ringrazio anticipatamente per la risposta.
(Giancarlo)
Risposta
Buonasera Giancarlo,
per rispondere alla domanda bisogna definire meglio il tipo di mielofibrosi. Le attuali linee guida internazionali (Barbui, Tiziano, et al. "Philadelphia chromosome-negative classical myeloproliferative neoplasms: revised management recommendations from European LeukemiaNet." Leukemia, 2018) raccomandano di considerare la procedura trapiantologica in tutti i pazienti con diagnosi di mielofibrosi primaria o secondaria a rischio alto o intermedio-2 secondo i modelli DIPSS e DIPSS-plus e nei pazienti a rischio intermedio-1 con specifici fattori prognostici negativi quali anemia refrattaria e/o trasfusione-dipendente, blasti nel sangue periferico >2%, anomalie cromosomiche o mutazioni genetiche ad alto rischio.
Più recentemente sono stati sviluppati 2 nuovi modelli prognostici (MIPSS70 e MIPSS70-plus) rivolti specificatamente a pazienti in età trapiantologica (uguale o inferiore a 70 anni), che tengono in considerazione anche alcune mutazioni genetiche considerate ad alto rischio e sulla base dei quali sono state proposte delle indicazioni per il trapianto allogenico. E' da considerare che tutti questi modelli prognostici sono stati sviluppati su coorti di pazienti con diagnosi di mielofibrosi primitiva, pur venendo ampiamente utilizzati anche nella valutazione prognostica e nella programmazione terapeutica dei pazienti affetti da mielofibrosi secondaria. Esiste un modello prognostico specifico per le forme secondarie di mielofibrosi chiamato MYSEC-PM che tuttavia non è stato validato nel setting trapiantologico e pertanto non viene generalmente impiegato per valutare l'indicazione al trapianto allogenico.
Recentemente è stato pubblicato un lavoro che è andato a valutare la capacità predittiva del modello MYSEC-PM confrontato con il modello DIPSS in pazienti con mielofibrosi secondaria sottoposti a trapianto allogenico. I risultati di questo lavoro hanno dimostrato che il modello MYSEC-PM è in grado di predire la sopravvivenza in questa categoria di pazienti in maniera migliore rispetto al modello DIPSS. Più in particolare, per rispondere alla sua domanda, in base a questo studio la sopravvivenza a 4 anni dei pazienti con mielofibrosi varia da un 69% nelle forme a basso rischio a un 22% nelle forme a rischio alto secondo lo score MYSEC-PM.
Infine, per quanto riguarda la differenza in termini di sopravvivenza al trapianto fra i pazienti con mielofibrosi e quelli con leucemia acuta, bisogna ricordare che le ragioni risiedono principalmente nelle diverse caratteristiche biologiche delle due malattie, nella diversa età media dei pazienti che si ammalano (l'età media del trapianto per leucemia acuta è più bassa di quella dei pazienti con mielofibrosi) e di conseguenza nella maggior frequenza di comorbidità (cioè della coesistenza di altre malattie) dei pazienti con mielofibrosi. Inoltre vale la pena precisare, per sottolineare la diversità biologica alla base di queste due patologie, che all'interno delle leucemie si riconoscono forme a basso, intermedio ed alto rischio con diversa prognosi e che la risposta al trapianto e l'aspettativa di vita conseguente è stato dimostrato essere strettamente correlato alla malattia minima residua midollare pre trapianto che influisce notevolmente nella sopravvivenza post trapianto.
Buongiorno,
ho una diagnosi di policitemia vera, modificazione JAK2. Ho fatto sempre salassi e preso la cardioaspirina. Da un anno i valori piastrine 625.000, globuli rossi sempre 6,75 medi sono più o meno costanti, ma l'emoglobina si è abbassata su valori tra 11,50 e 12,50 ferritina bassa 6, sideremia 21, transferrina 327. Come mai valori sempre alti ora sono bassi? Potrei essere diventato anemico? E' possibile?
(Nicola)
Risposta
E' del tutto normale quello che descrive. Nella policitemia vera la terapia con i salassi, atta a contenere il valore dell'ematocrito (<45%), conduce a una condizione di carenza di ferro che è comunque un effetto terapeutico. Infatti il ferro è un elemento essenziale per la formazione dell'emoglobina e quindi per la produzione di globuli rossi che nella policitemia è per definizione molto aumentata; la carenza di ferro ha quindi un effetto frenante sulla eritropoiesi. A volte ciò conduce a una riduzione dei valori di emoglobina nei limiti di una lieve anemia; in questi casi, specialmente in presenza di sintomi, può essere necessario ridurre la frequenza dei salassi. NON va assunto ferro che oltre a vanificare l'effetto dei salassi può essere pericoloso per l'impennata dei valori dell'ematocrito.
Discuta di questi aspetti con il suo medico di riferimento. Cordiali saluti.
Salve a tutti dottori,
sono preoccupato, ho 61 anni e da 3 anni fu diagnosticato con la policitemia vera e trombotemia essenziale e da un anno sono in terapia con esami TUTTO ok, però questo mesi da due settimane mi e venuto un dolore lato sinistro del abdomem vicino la virilia e con la pressione sempre bassa da 100x 70 vorrei sapere dei dottori se e normale. Prendo 2 oncocarbide al giorno da lunedì a venerdì e 3 di sabato e domenica, 1 cardioaspirina al giono.
Grazie mille aspetto risposta, sono molto preoccupato.
(Josè)
Risposta
Buonasera, credo sia opportuno che si faccia visitare. L'ipotensione e il dolore addominale posso avere innumerevoli cause, non necessariamente legate alla patologia mieloproliferativa. Ne discuta con il suo medico di riferimento.
Buongiorno, mio padre affetto da neoplasia mieloproliferativa (mielofibrosi primaria di tipo 2) ha assunto oncocarbide per circa 10 mesi, adesso il suo piano terapeutico prevede la sostituzione di quest'ultimo farmaco con jakavi. Cortesemente, potrei sapere quali sono i benefici e gli effetti collaterali di entrambi i farmaci? Inoltre, Jakavi determina un significativa diminuzione della milza? Grazie in anticipo per la risposta!
(Lorena)
Risposta
L'oncocarbide è la terapia citoriduttiva di prima linea più ampiamente utilizzata nei pazienti affetti da mielofibrosi. L'azione del farmaco è quella di "rallentare" la proliferazione della patologia andando ad agire prevalentemente sul midollo osseo e sulla milza. L'effetto terapeutico del farmaco talvolta si estrinseca anche sui cosiddetti sintomi costituzionali spesso presenti.
L'oncocarbide è un farmaco generalmente molto ben tollerato; tra i principali effetti collaterali ci sono: sintomi gastrointestinali (diarrea, stitichezza, nausea e vomito), tossicità cutanea che può manifestarsi nel tempo con lesioni di vario tipo (rash maculopapulare, iperpigmentazione, atrofia ungueale, sino all'aumentata incidenza di tumori cutanei quali il basalioma e il carcinoma squamocellulare); talvolta è descritta la febbre (generalmente elevata) che spesso porta alla sospensione del trattamento. La tossicità midollare dell'oncocarbide è l'altra faccia del suo effetto terapeutico, pertanto può determinare leucopenia, anemia e piastrinopenia di vario grado. Mi preme sottolineare che tale effetto mielosoppressivo si riesce a gestire nella quasi totalità dei casi con l'aggiustamento della dose di farmaco.
Il ruxolitinib è un potente inibitore di JAK1 e JAK2, utilizzato nel trattamento dei pazienti affetti da mielofibrosi e da policitemia vera secondo alcune specifiche indicazioni. L'azione del farmaco è principalmente volta a ridurre i sintomi costituzionali e la splenomegalia. Da questo punto di vista la terapia si è mostrata molto efficace (superiore rispetto alla idrossiurea in termini di risposte). Tra i principali effetti collaterali: la mielosoppressione (specialmente l'anemia) e la tossicità cutanea con aumentata incidenza di tumori cutanei come il basalioma e il carcinoma squamocellulare. Conseguentemente alla azione immunosoppressiva/immunomodulante del ruxolitinib sono possibili le riattivazioni di infezioni virali (come HSV e VZV) e molto raramente sono state descritte infezioni da patogeni opportunisti.
Buongiorno,
la mia domanda è la seguente: la TE, PV e la mielofibrosi fino a che punto sono tumori del sangue e quali sono per ognuno di esse le aspettative di vita?
Poi ancora, la differenza tra TE e PV stante che in entrambe c'è un incremento di piastrine, globuli rossi e ematocrito, quale potrebbe essere il valore che determina la differenza? I globuli bianchi? La formula leucocitaria?
Grazie infinite per la risposta.
(Ernesto)
Risposta
Buonasera,
in merito al quesito sulla sopravvivenza nella mielofibrosi (MF) occorre distinguere la forma prefibrotica da quella "overt" o MF conclamata, in quanto varia l'aspettativa di vita fra le due forme. Per discriminare le due forme è necessaria la biopsia osteomidollare in modo da valutare il quadro di fibrosi midollare ed occorre escludere altri tipi di forme mieloproliferative e di fibrosi reattiva. Inoltre, la mielofibrosi prefibrotica all'emocromo si può caratterizzare per la presenza di leucocitosi o anemia (all'emocromo), splenomegalia palpabile o aumento dell'LDH ; nella mielofibrosi "overt" oltre ai suddetti reperti si può avere la presenza di leucoeritroblastosi a livello del sangue periferico, con quindi forme immature e blasti.
La forma pre fibrotica ha un'aspettativa di vita media di circa 15 anni e come algoritmo terapeutico segue quello della trombocitemia essenziale. La forma conclamata presenta un'aspettativa di vita di circa 6-7 anni e presenta altri tipi di opzioni terapeutiche. Da segnalare che nei pazienti con mielofibrosi conclamata l'aspettativa di vita è maggiore nei pazienti di età inferiore ai 60 anni, con valori medi che possono raggiungere i 15 anni. Inoltre, in caso di mielofibrosi occorre stabilire la classe di rischio a cui appartiene il paziente, in quanto a ciascuna classe di rischio corrisponde una diversa aspettativa di vita, oltre che di prognosi e di opzioni terapeutiche. I più recenti score prognostici sono il MIPSS 70, i MIPSS 70+, MIPSS 70+ VER 2.0 e il GIPSS. I precedenti, tuttora in uso sono l'IPSS, DIPSS e DIPSS PLUS.
L'aspettativa di vita nei pazienti con trombocitemia essenziale (TE) è invece di circa 20 anni. Considerando solo i pazienti di età inferiore ai 60 anni si arriva a 33 anni. Il rischio di evoluzione nella leucemia acuta è del 2,1-5,3% in 15 anni e il rischio di trasformazione in mielofibrosi in un periodo di tempo simile è del 4-11%. La sopravvivenza mediana nei pazienti con policitemia vera (PV) è attualmente stimata in 14 anni.
Ci sono differenze tra la PV e la TE a livello molecolare (mutazioni di JAK2 sono presenti nella quasi totalità dei pazienti affetti da PV , mentre i pazienti affetti da TE possono avere anche mutazioni nel gene CALR) e a livello della biopsia osteomidollare (panmielosi e incremento della serie eritrocitaria nella PV; aumento dei megacariociti più spiccato nella TE). Questi dati hanno pure un risvolto clinico: nella PV è presente uno spiccato aumento dell'ematocrito/emoglobina mentre nella TE vi è un prevalente aumento delle piastrine. Naturalmente la diagnosi si ottiene integrando tutti i dati clinici, molecolari e istopatologici.
Cordiali saluti.
Salve. Volevo chiedere quanto la formula leucocitaria influisce nel differenziare le sindromi mieloproliferative. Cioè quali valori della formula leucocitaria potrebbero essere più alti nelle tre tipologie? Ho letto ad esempio che i basofili alti potrebbero essere un segnale di mielofibrosi anziché trombocitemia ecc. E' vero?
Grazie mille per l'impegno e l'aiuto che non viene mai meno.
(Michele)
Risposta
Buonasera, intendendo come sindromi mieloproliferative (SMP) la policitemia vera, la trombocitemia essenziale e la mielofibrosi, non ci sono differenze sostanziali nella formula leucocitaria che possono permettere di differenziare tra le varie patologie. Alcune differenze però permettono di indirizzarsi verso una forma oppure un'altra di SMP. Generalmente vi è un incremento dei granulociti neutrofili nella policitemia vera e nella mielofibrosi, più raramente nella trombocitemia essenziale. Inoltre, soprattutto nella mielofibrosi, sono spesso presenti forme immature di globuli bianchi (blasti, mielociti, promielociti, metamielociti...) alla formula leucocitaria. Alcune di queste forme immature (mielociti e metamielociti), in misura molto minore, possono comunque essere presenti nella policitemia vera. La basofilia è talvolta presente nelle varie forme di SMP, pertanto sarei cauto nel discriminare sulla base di questo parametro.
Cordiali saluti.
Salve, sono affetto da piastrinosi da 10 anni prendevo cardioaspirina e oncocarbide 1 volta al dì e facevo controlli venosi (emocromo ecc.), 2 mesi fa ho una trombosi venosa curata male. Ho fatto eparina 55/60 siringhe sulla pancia, ma il problema non è stato risolto, ho aumentato oncocarbide da uno a due volte al dì, adesso devo prendere il cumadin ma con l'oncocarbide? L'ematologo non mi ha dato molte soddisfazioni, potete dirmi se ci sono interazioni gravi visto che dovrò prendere entrambi x 3 mesi e sperare che la varico trombo flebite alla fine possa passare? Grazie.
(Leonardo)
Risposta
Buongiorno, in merito al quesito, non vi sono controindicazioni ad assumere coumadin e oncocarbide simultaneamente. Le aggiungo che non è infrequente che i pazienti affetti da malattie mieloproliferative debbano assumere le cure suddette in maniera concomitante.
Le auguro che il trattamento sia efficace nel superare la tromboflebite. Saluti.
Buongiorno,
ho 64 anni, sono affetto da mielofibrosi secondaria a policitemia, JAK-2 positivo. Emocromocitometria, coagulazione, funzionalità epatica e renale sono nella norma, LDH 1100 U/l, diametro longitudinale della milza 22.5 cm. La terapia è Jakavi 15 mg al giorno.
Dovrei sottopormi ad ernioplastica inguinale in anestesia locale. Vorrei sapere se la malattia e la terapia aumentino il rischio di infezione nel postoperatorio.
Grazie e cordiali saluti.
(Enrico)
Risposta
Buonasera, in merito al quesito, i rischi di infezione nel periodo postoperatorio non sono consistentemente aumentati rispetto a quelli della popolazione generale.
Inoltre si tratta di un intervento con un rischio molto basso di infezione post-operatoria.
Buonasera, sono affetto da malattia mieloproliferativa con piastrine alte oltre un milione. Sono in cura con interferone, farmaco che è diventato negli ultimi mesi di difficile reperibilità. Secondo il farmacista non viene più prodotto.
Domanda: come posso fare per continuare ad utilizzare questo farmaco?
Grazie per la cortese attenzione.
(Carlo)
Risposta
Buonasera, non ci risulta che l'interferone non sia più prodotto; generalmente, soprattutto per i farmaci provenienti dall'estero, a volte ci sono dei rallentamenti nelle forniture.
Ahimè non credo ci siano vie diverse per ottenere il farmaco.
Ho policitemia vera dal 2008, sono donna ho 51 anni, assumo oncocarbide (un giorno due un giorno tre), cardirene 75 mg, da più di qualche anno a questa parte i globuli rossi sono sempre intorno a 3 milioni, le piastrine intorno a 700.000 e anche più tutto il resto nella norma in generale. Dalla ecografia è emerso fegato normale e milza 152 mm, l'anno scorso era 125 mm, poi ldh 412, ma ldh già nel 2008 era così su per giù, come mai tutto questo, a volte mi sento debole, pressione sui 90/60, e brividi nelle gambe, non sudo più, prima suda o sempre. La temperatura a volte raggiunge anche i 36,8 su per giù, mi dite cosa devo fare, è preoccupante la milza così. Grazie, attendo risposta.
Risposta
Buonasera, ciò che descrive non mi pare particolarmente preoccupante, naturalmente andrebbe inquadrato in tutto il suo contesto clinico, che manca.
In particolare la splenomegalia è moderata e questo è un reperto piuttosto frequente nei pazienti affetti da policitemia vera.
Ne discuta con il suo ematologo di fiducia.
Salve. Ho ricevuto oggi il risultato dei test del DNA dopo che l'ematologa mi ha prescritto una serie di analisi di approfondimento.
Il risultato del test JAK2 è positivo al 5,74%, rispetto al minimo previsto del 2%. La domanda è semplice: chiedevo se la percentuale di positività sopra indicata può significare una maggiore forza o meno della malattia. In parole povere più è alta la percentuale e più grave è la malattia o se basta la semplice positività per accertare la mutazione genetica.
I motivi per cui l'ematologa mi ha prescrito tale test sono i seguenti:
ematocrito 53, piastrine 566, emoglobina 18.
Grazie per la gentile risposta.
(Salvatore)
Risposta
Buonasera,
la percentuale di positività (o carica allelica) della mutazione JAK2V617F non determina una differenza in termini diagnostici e terapeutici. Avere una "%" più alta non significa necessariamente essere affetti da una forma peggiore di malattia.
Salve,
nell'ultimo emocromo oltre alle piastrine altissime (1 milione e 400.000) sono alti anche i monociti e nella formula leucocitaria i basofili sono leggermente alti. I globuli rossi anche leggermente alti e i bianchi nella norma. La TE diagnosticata 20 anni fa si sta trasformando in leucemia?
Ho 50 anni e sono JAK2 positivo, da 2 mesi faccio salassi, finora 4 per ematocrito alto e da una settimana assumo oncocardibe.
Grazie mille.
(Valentina)
Risposta
I dati che scrive sono compatibili con quelli di una malattia mieloproliferativa e pertanto ritengo si possa escludere una evoluzione leucemica. Piuttosto si potrebbe trattare di un cambiamento del suo fenotipo di malattia da una forma spiccatamente trombocitemica a una forma tipo policitemia vera, caso tutt'altro che raro. Da ciò ne consegue la terapia con i salassi e la citoriduzione.
Buongiorno, sono Paola, 57 anni con diagnosi di policitemia vera. La conta piastrina è 1.066.000. Sono in terapia con CARDIRENE e salassi, volevo chiedervi se la dose di antiaggregante da assumere dipende dal n. si piastrine. Vi ringrazio e saluto cordialmente.
(Paola)
Risposta
In merito al quesito ad oggi non esistono evidenze di un "aggiustamento" del dosaggio della terapia antiaggregante in relazione alla conta piastrinica. Ci sono però alcuni studi clinici in corso volti a chiarire questo aspetto specialmente nei pazienti affetti da trombocitemia essenziale.
Buongiorno,
ho letto di in nuovo trattamento per la mielofibrosi basato sull'inibizione della proteina alpha5beta1. Mi piacerebbe avere maggiori informazioni in merito allo studio e ai trial e quali potrebbero essere potenzialmente i risvolti futuri di tali studi. Grazie.
(Giuseppe)
Risposta
Buongiorno, si tratta di uno studio volto alla inibizione della proteina suddetta che in un modello sperimentale potrebbe essere terapeutico nella mielofibrosi, agendo in particolare sui megacariociti.
E' una teoria tutta da dimostrare e ad oggi siamo ben lontani da qualunque approccio clinico.
Buongiorno Dottori, su alcuni gruppi facebook stranieri, noto che i malati di TE prendono per curarsi il Pegasys, come mai in Italia non viene proposto? Solo Oncocarbide oppure Anagrelide. Qual è la differenza tra i 3?
(Peppe)
Risposta
Ad oggi i trattamenti citoriduttivi approvati e più adottati in Italia nella trombocitemia essenziale sono oncocarbide e anagrelide. Di recente tramite procedura AIFA la terapia con interferone ( nella formulazione pegilata) è diventata una ulteriore opzione terapeutica. L'ottimo profilo di sicurezza della terapia con oncocarbide riserva l'interferone a casi selezionati. Inoltre è necessario ribadire che l'interferone, pur essendo un'ottima alternativa terapeutica, ha un suo profilo di tossicità e alcuni potenziali rischi che vanno valutati caso per caso. Tra i principali quello di poter slatentizzare patologie autoimmuni e l'alterazione del tono dell'umore.
Salve ho la politicemia vera JAK2 positivo, 40 anni, allele mutato al 70%. Volevo sapere se occorre ripetere l'analisi del JAK2 ogni sei mesi e che ruolo ha l'aumento dell'allele mutato.
(Enzo)
Risposta
Non ci sono indicazioni a monitorare la carica allelica del JAK2 in modo periodico senza una precisa motivazione clinica. Vi può essere una indicazione a testarla nuovamente qualora si sospetti un "cambiamento" nel fenotipo di malattia, ad esempio una evoluzione in mielofibrosi. Saluti.
Buongiorno. E' la prima volta che scrivo.
Finora mi sono documentato molto su questo forum. Mio padre, 80 anni, affetto da Mielofibrosi idiopatica JAK2 negativo, diagnosticata a settembre 2015, attualmente si trova in una fase ormai leucemica. Nell'ultimo emocromo i globuli bianchi sono saliti a 98000, i blasti al 55% e l'emoglobina era a 7.4. E' trasfusione dipendente da dicembre 2019. L'unico sintomo che ha è una forte dispnea (ma la saturazione è sempre sopra 96,97%).
Generalmente con 8,5 di emoglobina, fino a dicembre non ha mai avuto problemi di questo tipo. La milza è arrivata a 25 cm, refrattario a Oncocarbide e Ruxolitinib (la malattia è peggiorata da fine aprile (28 aprile i GB erano arrivati a 50.000), assumeva già oncocarbide da circa 20 giorni, il Ruxolitinib gli è stato prescritto in quella data, sospeso poi il 21 maggio per progressione di malattia. Purtroppo sono stati attaccati un po' tutti i linfonodi.
Ha eseguito anche una biopsia che ha evidenziato un sarcoma mieloide. L'ematologa che lo segue dice che ormai si possono fare solo terapie palliative per cercare di ridurre i sintomi e non è auspicabile alcuna chemio o altri tentativi con idrossiurea, per non far scendere troppo l'emoglobina. Siamo seguiti dall'ematologia di Mestre. Possiamo fare ancora qualcosa secondo voi?
Grazie mille per l'impegno e la vostra dedizione.
(Alvise)
Risposta
Buongiorno,
il quadro che descrive è quello di una evoluzione leucemica di mielofibrosi che, come non troppo raramente accade nella mielofibrosi, si associa a sarcoma mieloide. Alla luce della età, della refrattarietà ad oncocarbide e del quadro clinico (interpretato dalle poche ma puntuali notizie cliniche riferite) penso sia corretto attuare un trattamento palliativo per cercare di alleviare i sintomi e mantenere una discreta qualità di vita.
Saluti cordiali.
Buongiorno a tutti, io sono affetto da TE CARL 1 positivo, come terapia prendo 4 anagrelide e un oncocarbite al dì, cosa ne pensate? Grazie.
(Giuseppe)
Risposta
In merito al quesito è difficile esprimere un giudizio. La terapia migliore è quella più efficace e meno tossica per il paziente. Non è usuale associare anagrelide e oncocarbide, ma qualora i risultati siano soddisfacenti non vi sono specifiche controindicazioni a riguardo. Saluti.
Donna, 70 anni, con diagnosi di TE, JAK2 positivo, trattata inizialmente con oncocarbide, sospeso per effetti collaterali (febbre intermittente); attualmente trattata con tioguanina 40 mg mezza pastiglia giornaliera più cardioaspirina. Nell'ultimo mese dolore intenso alla schiena e ossei diffusi. Può essere un effetto della tioguanina? Grazie.
(Laura)
Risposta
Buonasera. Quanto ha scritto riguardo al dolore alla schiena e ai dolori ossei diffusi è difficilmente attribuibile alla terapia con tioguanina. Discuta con il suo ematologo, che meglio conosce la sua storia clinica, di questo aspetto. Saluti.
Buongiorno Egregi Ricercatori,
ho attualmente 46 anni e nel 2017 mi è stata diagnostica TE CARL 1 mutata; sostanzialmente asintomatico curato con cardioaspirina (poi passato a cardirene per frequenti epistassi), ogni 3 mesi effettuo emocromo di controllo. Dagli stessi si nota un costante calo dell'emoglobina che all'inizio era 151 g/L ora 127 g/L. E' una caratteristica della malattia per cui dobbiamo attenderci che il trend prosegua in futuro? Gli altri valori sono sostanzialmente nella norma, tranne ferritina (attuale 402 ug/L vs 532 iniziale).
Grazie mille.
Risposta
I valori riportati non sono indicativi di un quadro clinico che possa far pensare a una particolare evoluzione; è possibile che sia una caratteristica intrinseca alla sua forma di malattia. Pertanto le consiglio di proseguire i periodici controllo e la terapia antiaggregante. Qualora nel tempo ci fossero ulteriori cambiamenti negli esami ne discuta con il suo ematologo.
Saluti.
Buongiorno, ho finalmente l'esito della BOM: CELLULARITA':98%, GRANULOPOIESI: iperplastica, con elementi immaturi a sede paratrabecolare ed intertrabecolare. Eritropoiesi: inferiore al 10% della cellularità. Megacariocitopoiesi: costituita prevalentemente da elementi di piccola taglia. Trama reticolinica esile. Midollo emopoietico ipercellulato con marcata espansione della GRANULOPOIESI. La caratterizzazione immunoistochimica documenta come la quota di precursori CD34+/CD117+ risulti incrementata ma contenuta entro il 5% degli elementi nucleari midollari. Megacariociti (LAT+) incrementati e costituiti prevalentemente da elementi di piccola taglia.
Diagnosi: sindrome mieloproliferativa cronica filadelfia negativa non ulteriolmente classificabile, JAK2 negativo. Trai talassemico. Ipertensione arteriosa. Tireopatia. Ipercolesterolemia. Spenomegaglia. Steatosi epatica.
Questo quanto dalla dimissione dopo ricovero. Ultimi esami:gb 219.000 mmc, gr.4150.00 mmc, ematocrito 29% piastrine 500.00 MCV:70.0 fL. Formula leucocitaria: neutrofili 92%, linfociti 3%, monociti 3%, eosinofili 2%, basofili 0, Uricemia 5.9 mg/dl creatinina 0.74mg/dl Na 134 mEq/1. K 3.7 mEq/1 LDH 1.512 U1.
Non elenco la terapia perché capisco che non potete esprimervi, ma con la vostra professionalità e gentilezza potreste delucitarmi su quanto esposto?
Premetto che la persona affetta da ciò è mia madre, quando ho chiesto una diagnosi più precisa mi hanno risposto che si tratta di una leucemia mieloide cronica atipica. Non si tratta di mielofibrosi né di trombocitemia quanto invece si sospettava prima della Bom.
Grazie come sempre e a presto.
(Emanuela)
Risposta
Gli esami riportati possono risultare compatibili con un quadro di questo tipo (leucemia mieloide cronica atipica); si tratta spesso di una diagnosi di esclusione dalle altre forme più "comuni". Potrebbe essere utile aggiungere un esame di biologia molecolare che possa ricercare eventuali mutazioni genetiche (suppongo siano state già testate sia la mutazione di JAK2 canonica che quelle relative ai geni CALR e MPL) e avvalorare la diagnosi. La sola cura, pur gravata da grossi rischi, è il trapianto allogenico di cellule staminali ematopoietiche. Naturalmente l'età stessa è un limite alla procedura trapiantologica. Ulteriori trattamenti sono di supporto; a volte abbastanza efficaci nel contenere la malattia, qualche volta meno.
Per dubbi e delucidazioni discuta con il suo ematologo che meglio conosce la sua storia clinica. Saluti.
Causa colesterolo alto il medico di base mi ha dato una pastiglia anti colesterolo da 10 mg. Con quella pastiglia avevo dolorosi crampi e mi si sono alzate le piastrine fino a 490.
Poi, il medico mi ha sospeso quella pastiglia anticolesterolo, non mi sono più venuti i crampi, le piastrine si sono abbassate a 377, tutto questo in due mesi senza pastiglie anticolesterolo.
Domanda: le pastiglie anticolesterolo possono fare abbassare le piastrine?
(Franco)
Risposta
Buonasera.
Mentre i dolori muscolari e i crampi che descrive sono quasi certamente associati alla terapia con le statine (farmaco che abbassa il colesterolo) che le ha prescritto il suo medico di base, il lieve calo delle piastrine può essere piuttosto espressione della oscillazione fisiologica dei valori delle piastrine. In ogni caso si tratta di valori di piastrine del tutto normali.
Saluti.
Gentilissimi,
come da mia e da Vostra risposta dell'8 giugno, volevo sapere il pericolo delle piastrine a 1 milione e 200.000, oltre ai salassi che come dicevo fanno aumentare le piastrine e la cardioaspirina cosa posso fare? Ho 50 anni, JAk2 positivo, globuli rossi leggermente sopra la norma come pure i globuli bianchi, incremento minimo di monociti.
Non mi convince la diagnosi di TE che da quanto leggo dovrebbe rappresentare un solo aumento delle piastrine.
Grazie infinite.
(Michele)
Risposta
Non vi è necessità clinica di aggiungere ulteriori terapie oltre agli eventuali salassi e la cardioaspirina. Le piastrine vanno monitorate, se dovessero ulteriormente incrementare (generalmente si utilizza la soglia del milione e mezzo) ne discuta con il suo ematologo. L'intervento a quel punto potrebbe essere quello di aggiungere una citoriduzione per un certo periodo di tempo ed eventualmente sospendere temporaneamente la cardioaspirina in relazione al "paradossale" incremento del rischio emorragico guidato dalla eccessiva piastrinosi. Naturalmente si valuta caso per caso e l'opinione espressa qui deve comunque trovare un valido riscontro in relazione alla sua storia clinica.
Cordiali saluti.
Gentili ricercatori, soffro di mielofibrosi primaria da circa 5 anni. Fra le varie cure e trasfusioni faccio anche delle iniezioni. Sino a poco tempo fa il Neurocormonn (30000 2 volte a settimana) ora mi hanno dato il Retakrit (300000 2 volte a settimana).
Mi piacerebbe sapere la differenza e se il cambio di medicina possa aver causato un netto calo di emo e costringermi a continue trasusioni.
Grazie.
(Stefania)
Risposta
La differenza tra le due tipologie di eritropoietina (epo) è minima a livello strutturale; si tratta di due prodotti di sintesi entrambi analoghi della eritropoietina umana. Non sono riportate sostanziali differenze di azione pertanto è plausibile che il calo dei valori di emoglobina sia da imputare alla perdita di risposta all'epo e pertanto alla biologia della sua malattia piuttosto che al cambio di terapia.
Naturalmente la prova più semplice per capirlo sarebbe quella di ritornare alla prima tipologia di epo. Ne discuta con il suo ematologo di riferimento.
Saluti.
Grazie mille per la cortese risposta in merito al mio quesito del 7 giugno e complimenti per la Vs professionalità.
(Daniela)
Risposta
Grazie per l'apprezzamento, gradito, che ci ha rivolto. Un cordiale saluto.
Gentili medici, ho 70 anni e da quattro sono affetto da mielofibrosi.
Sono trasfusione dipendente (mediamente 2 sacche da 250 ml ogni 2 settimane, partendo da emoglobina tra 8,2 - 8,6)); ho una milza ormai corposa (cm. 20*14*12) e dolente a letto, non ho però nessun'altro sintomo costituzionale.
In sostanza i miei attuali grossi problemi riguardano la dipendenza trasfusionale e la spiccata splenomegalia.
Il mio ematologo mi ha segnalato la possibilità di inserirmi nel gruppo di sperimentazione di MOMELOTINIB, tenuto conto che (se funziona) tale farmaco, contrariamente a JAKAVI, non riduce i globuli rossi ed anzi libera quasi del tutto dalla trasfusione-dipendenza.
Chiedo però:
- se MOMELOTINIB sia altrettanto efficace di JAKAVI nel contenere i sintomi costituzionali;
- come MOMELOTINIB agisca rispetto alla splenomegalia, se del caso anche in combinazione con altri farmaci.
Grazie.
(Giuseppe)
Risposta
Buonasera, in riferimento alla terapia con Momelotinib i dati sono parziali e il farmaco è ad oggi oggetto di sperimentazione. Nonostante questo, l'efficacia in termini di riduzione della milza e sui sintomi di malattia non sembrerebbe inferiore a quella del Ruxolitinib. Inoltre la terapia con Momelotinib sembra avere particolare efficacia nel miglioramento dell'anemia. Naturalmente dati più definiti, inclusi quelli relativi alla valutazione di eventuali effetti collaterali della terapia, saranno disponibili dopo le analisi derivanti degli ulteriori studi controllati che sono attualmente in corso.
Saluti.
Buongiorno, anche se è un esame rischioso so che è possibile eseguire la biopsia alla milza, sapete gli ospedali italiani che fanno questo esame? Grazie.
(Gloria)
Risposta
Non sono a conoscenza di specifici centri che eseguano la biopsia della milza. É un esame estremamente rischioso, specialmente nei pazienti affetti da malattie mieloproliferative. In casi selezionati si esegue la splenectomia sia a scopo terapeutico che eventualmente diagnostico. Saluti.
Gentilmente mi potete dire in quali centri è iniziata la sperimentazione del fedratinib e se ci possiamo arruolare. Grazie mille.
(Donato)
Risposta
Buonasera, nella sperimentazione in oggetto ci sono diversi centri coinvolti in Italia. Tra questi: Firenze (Prof Vannucchi), Varese (Prof Passamonti), Roma (Prof De Stefano), Pavia (Prof. Rumi); ci sono altri centri coinvolti a Roma, Udine, Napoli, Torino, Milano, Bologna e Catania.
Attualmente, sulla effettiva possibilità di arruolamento, andrebbero contattati i singoli Centri alla luce delle diverse tempistiche dettate anche dai vari Comitati Etici coinvolti.
Gentili ricercatori,
vorrei sapere perché con i salassi l'ematocrito scende ma le piastrine aumentano, ad oggi dopo 3 salassi sono arrivate a 1.2000.000. Sono JAK2 positivo con diagnosi di TE.
Grazie infinite.
(Michele)
Risposta
Nel suo caso di trombocitemia essenziale associata a mutazione di JAK2 è tipico l'incremento dell'ematocrito oltre all'aumento delle piastrine. Il salasso è lo strumento primario per il controllo dell'ematocrito mentre non agisce sulle piastrine che invece, soprattutto inizialmente, possono ulteriormente aumentare. Discuta con il suo ematologo di fiducia di questo aspetto, che le ribadisco è del tutto atteso.
Egregi ricercatori ho 75 anni, affetto da mielofibrosi idiopatica, asintomatico, triplo negativo; da 4 anni assumo oncocarbite 2 cp al dì, duoplavin 1 cp, atorvastatina 1cp x 10 mg e tamsulosin 1cp - precedente infarto miocardio.
Da quando ho iniziato questa terapia ho notato un leggero ma continuo aumento di peso da 77 kg ad oggi 81 kg. Da qualche mese sto riscontrando gonfiori nella parte inferiore delle gambe. La mia domanda: questi fenomeni sono da addebitare
1)ad un progresso della malattia
2)all'oncocarbite
3)all'aumento di peso
4)all'assunziome del tamsulosin oppure altro?
Ringrazio per la cortese risposta.
(Enzo)
Risposta
Il gonfiore agli arti inferiori è con poca probabilità attribuibile alla sua terapia in corso. Molte possono essere le cause che conducono a questo segno, le consiglio di parlarne con il suo curante, che alla luce di tutta la sua storia clinica potrà inquadrare meglio il problema. E poi inoltre le consiglio un consulto da un cardiologo.
Cordiali saluti.
Buongiorno, e grazie di questo vostro sito, che per me è anche consolatorio, ho 67 anni e dal 2012 ho scoperto la policitemia. Trattata in un primo tempo con oncocarbide per far scendere l'ematocrito alquanto alto. Poi dopo circa un mese ho smesso tale assunzione e ho sempre proseguito con i salassi. Prima i salassi venivano fatti separando il plasma e poi reintroducendolo; in seguito e fino ad ora invece il salasso completto. Ora i valori dei globuli bianchi, piastrine e ematrocrito sono diventati alti e quindi mi è stato dato oncocarbide.
Se prima a colazione, quasi sempre, mi facevo il latte di mandorla con la curcuma, ora chiedo se la curcuma o corcumina va d'accordo con l'oncocarbide, tenedo conto che prendo anche la cardioaspirina. Visto che il morale è un po' giù, quali sono le aspettative con l'oncocarbide?
Grazie per la vostra risposta.
(Rita)
Risposta
Alla luce della sua età (pur non conoscendo la sua storia clinica) troverebbe indicazione la terapia citoriduttiva con oncocarbide congiuntamente alla cardioaspirina e i salassi per il controllo dell'ematocrito.
Non vi sono controindicazioni alla assunzione misurata di curcuma nel suo regime alimentare.
Buongiorno, mia madre 83 anni è affetta da policitemia vera, da un anno assume 1 compressa di Oncocarbide da 500 mg al giorno e due compresse il sabato e la domenica. Le sono comparse sulla parte anteriore degli arti inferiori delle chiazze rossastre, le gambe le bruciano e sono molto doloranti. Può essere il farmaco ad aver provocato quella che pare sia una vasculite?
(Daniela)
Risposta
Buonasera, quanto descrive potrebbe essere associato alla terapia con oncocarbide. Le eruzioni cutanee sono infatti tra i più comuni effetti avversi dell'oncocarbide. Ne discuta con il suo ematologo e/o dermatologo di fiducia che potrà inquadrare il tutto nella storia clinica del paziente.
Scusate, nella richiesta del 29/5 non avevo scritto che ho 47 anni e a dicembre 2019 mi è stata diagnosticata Polocitemia Vera JAK2, sono passata da 63 di ematocrito a 43 dopo 9 salassi, ora sono a 45 e ho piastrine sugli 800. Assumo giornalmente cardioaspirina e prendo fegato di merluzzo.
(Isabella)
Risposta
Buonasera, non ci sono integratori specifici. L'unica cosa importante, perché affetta da policitemia vera, è che non contengano ferro. Per il resto nessuna controindicazione.
Salve, ho 40 anni, JAK2 positivo, politicemia vera; utilizzo cardioaspirina e faccio salassi. Noto che ad ogni salasso le piastrine tendono sempre a salire e non scendono mai... adesso sono arrivate a circa 800000. Oltre ai farmaci c'è qualche alimento naturale per far scendere le piastrine? Avevo letto da qualche parte che mangiare aglio crudo oppure assumere Jinkgo biloba aiuta a far scendere le piastrine... Mi confermate? Oppure sono solo sciocchezze? Avevo letto anche che assumere Jinkgo Biloba unitamente alla cardiaspirina fa male in quanto provoca emorragie... Mi date qualche suggerimento? Grazie mille.
(Antonio)
Risposta
Buonasera, i valori di piastrine che riporta sono in linea con quelli che si riscontrano spesso in casi di policitemia vera, specialmente in una fase iniziale. I salassi servono esclusivamente per il controllo dell'ematocrito, non riducono la conta piastrinica. Se le piastrine dovessero incrementare oltre il milione ne discuta con il suo ematologo di fiducia. Non ci sono controindicazioni alla assunzione di integratori, purché non ne abusi.
Ci sono rischi nel sostituire idrosurrea con altro farmaco per la cura della policitemia? Grazie. Learco di anni 70.
(Learco)
Risposta
Buonasera, la sostituzione della idrossiurea con un altro farmaco citoriduttore è una scelta dettata dallo scarso beneficio della stessa o dalle complicanze della terapia già in corso. In teoria la sostituzione dovrebbe recarle un beneficio.
Buongiorno cari ricercatori. Innanzitutto grazie per le Vostre risposte sempre esaustive e cordiali.
Vorrei porvi un quesito. Nella mia famiglia, noi figli, siamo in 3 con sindromi mieloproliferative (2 mielofibrosi e una policitemia, tutte diagnosticate, JAK2 positivo) e 2 casi di sclerosi multipla. Non riesco più molto a credere che si tratti di fato.
Da piccoli, ora abbiamo dai 48 ai 61 anni, mia madre spesso si dimenticava di portarci a fare i richiami vaccinali (troppi figli da accudire), quindi, si ricominciava da capo. Allora era così, oggi non so. In sostanza, ci siamo ritrovati tutti a fare un sacco di vaccini, almeno il triplo a giudicare dai libretti. Può aver influito in qualche modo? Grazie per la cortese attenzione.
(Maria)
Risposta
Buonasera. Certamente è difficile pensare che l'aggregazione familiare di ben tre casi di una malattia mieloproliferativa possa essere casuale. Ad oggi però, nonostante questo sia un ambito attivo di ricerca, non vi sono molte evidenze di chiari fattori predisponenti. Gli studi condotti documentano solo in alcuni casi la presenza di varianti geniche a trasmissione familiare che sembra possano dare una predisposizione alla acquisizione di una malattia mieloproliferativa. Al momento però si tratta di scarse evidenze descritte in pochissimi casi. Futuri studi di biologia molecolare potrebbero dare risposte più esaustive a riguardo.
Per quanto riguarda i "tanti vaccini", come fattore potenzialmente predisponente non vi è invece alcuna evidenza scientifica.
Sono portatrice sana di anemia mediterrania, vorrei sapere se il farmaco Plaquenil 200 mg mi può causare una forte anemia.
Grazie attendo una gentile risposta.
Distinti saluti
(Giovanna)
Risposta
Buonasera, il sito è rivolto a pazienti affetti da malattie mieloproliferative, pertanto il quesito non è pertinente. Ad ogni modo non vi sono controindicazioni assolute ad eventuale assunzione di Plaquenil (idrossiclorochina) in quanto portatrice di un tratto talassemico. Naturalmente andrebbero indagate eventuali sue comorbidità. Colgo occasione per rimarcare la necessità di assoluta appropriatezza della eventuale terapia con il Plaquenil. Discuta con il suo curante in merito che, conoscendo anche la sua storia clinica, le saprà illustrare i potenziali effetti collaterali oltre alle indicazioni terapeutiche.
Salve, avrei bisogno di un vostro parere.
44 anni JAK2 positivo, politicemia vera, allele mutato al 72,5%. Mi è stata diagnosticata la politicemia vera (fibre zero) nel mese di ottobre dell'anno 2019, da allora ho iniziato a fare salassi e a prendere cardioaspirina. Nei primi mesi ho fatto salassi un paio di volte al mese, poi non ho fatto più salassi per tre mesi. Ultimamente l'emocromo sta salendo di nuovo e sto facendo salassi quasi ogni mese; le piastrine ad ogni salasso continuano a crescere e sono quasi arrivate a 700000 mila, i globuli bianchi si mantengono stabili intorno ai 10500.
Volevo sapere se era opportuno cambiare cura e magari aderire allo studio low-pv al fine di meglio combattere la mia malattia e prevenire la possibile evoluzione in altre malattie, preciso che non ho sintomi quali prurito. Volevo sapere se è vero che con il nuovo interferone ropeginterferon si può guarire dalla malattie ed andare in remissione totale JAK2 negativo.
Grazie mille in anticipo, siete davvero molto professionali.
(Giovanni)
Risposta
Da quanto si apprende dal suo messaggio, lei sta assumendo aspirinetta e sottoponendosi a salassi per mantenere l'ematocrito al di sotto del 45%. Questo è un approccio corretto, visto che lei riferisce di non avere sintomi. Riguardo altre possibili terapie per il suo caso, in questo sito noi diamo informazioni generali e tendenzialmente non entriamo nel merito di terapie specifiche per il singolo paziente che solo il medico curante del paziente stesso è in grado di definire.
Esistono certamente alternative al solo salasso e aspirinetta, per esempio la terapia con idrossiurea, oppure con ruxolitinib, oppure con interferoni. Il suo ematologo saprà certamente consigliarla al riguardo, conoscendo la sua storia clinica in maniera approfondita.
Riguardo la terapia con ropeginterferon, essa può determiare la riduzione ed in alcuni casi la scomparsa dal sangue periferico di cellule con la mutazione V617F del gene JAK2. Alla luce delle nostre conoscenze attuali è però difficile dire se la negativizzazione della mutazione corrisponda in effetti ad una guarigione della malattia.
Gentili dottori,
innanzitutto complimenti per la Vostra disponibilità, competenza e pazienza.
Senza dilungarmi troppo mi consigliate un nome preciso di integratori che possa assumere per l'anemia e astenia? Grazie.
(Isabella)
Risposta
Il sito si rivolge a pazienti affetti da malattie mieloproliferative croniche Ph negative e, in linea generale, non vengono prescritte terapie specifiche. Sia l'anemia che l'astenia possono avere cause molteplici e la scelta della eventaule terapia dipende dalla individuazione di queste cause. Il suo medico curante saprà certamente aiutarla al riguardo.
Grazie per la vostra tempestiva risposta.
Volevo aggiungere che dalla bom è stata esclusa la leucemia mieloide cronica e la mielofibrosi.
Purtroppo non ho ancora capito bene l'inquadramento - sindrome mieloproliferativa cronica filadelfia negativo JAK2 negativo non ulteriolmente classificabile - La cura da 15 giorni è oncocarbide, del cortisone perché la milza si era ingrossata. Dicono che è una leucemia mieloide cronica un po' atipica. Potete delucitarmi.
Grazie anticipatamente.
(Emanuela)
Risposta
La biopsia ossea che lei ha effettuato, pur mostrando segni che il patologo ha attribuito ad un quadro riferibile ad una mieloproliferazione senza i caratteri di acuzie ed associata alla negatività della ricerca del cromosoma Philadelphia, non ha al tempo stesso mostrato quelle caratteristiche alterazioni che permettano di porre, nell'ambito delle forme mieloproliferative croniche Ph-negative, una diagnosi precisa.
Come lei riferisce, il patologo ha potuto escludere che si tratti di una mielofibrosi e, probabilmente, non ha nemmeno riscontrato le caratteristiche alterazioni della trombocitemia essenziale o della policitemia vera. La decisione terapeutica è basata sulla presenza di proliferazione delle cellule mieloidi nel midollo osseo, sulla milza ingrossata e, probabilemnte, su altri parametri (emocromo, condizioni cliniche) dei quali non siamo a conoscenza.
Buongiorno,
mio marito è affetto da Policitemia Vera diagnosticata tre mesi fa e sta assumendo Oncocarbide e Caridoaspirina. Avevamo intrapreso un percorso di fecondazione assistita ora interrotto per Corona virus e perché non siamo certi che i farmaci possano interferire con gli spermatozoi. Cosa ci consigliate di fare? Il suo ematologo aveva detto che non c'erano problemi ma da quello che leggo l'oncocarbide agisce in modo negativo sugli spermatozoi.
Grazie mille.
(Daniela)
Risposta
La terapia con idrossiurea può in effetti determinare, soprattutto quando protratta, alterazioni della spermatogenesi, cioè del processo che porta alla formazione degli spermatozoi. Studi condotti in pazienti che assumevano idrossiurea come terapia dell'anemia falciforme hanno dimostrato un significativo calo della conta degli spermatozoi per millilitro di eiaculato, anche se l'entità della diminuzione è risultata variabile da soggetto a soggetto, e non necessariamente si è sempre associata alla perdita della fertilità, soprattutto se la terapia era stata iniziata da poco tempo.
Non è del tutto chiaro se la sospensione della terapia si associ regolarmente al ripristino di conte normali di spermatozoi poiché questo potrebbe dipendere dalla durata della terapia. In generale, per le coppie che intendano pianificare una gravidanza è consigliabile programmare la criopreservazione dello sperma prima di iniziare la terapia oppure sospendendola prima di effettuare la donazione.
Buongiorno carissimi ed esimi Ricercatori, ho avuto diagnosticato la TE nel 2004 ed adesso prendo tre compresse/die di Oncocarbide 500 mg, una compressa/die di Clopidogrel 75 mg ed una di Pantoprazolo 20 mg a cui si aggiunge una terapia per contenere la prostatite. Con questa terapia e forse anche per una mia predisposizione alla disfunzione renale, il livello di creatinina si è alzato un po' sopra il normale lasciando poco spazio ad ulteriori interventi terapeutici/farmacologici. Da qualche mese ho ripetuti sbalzi sul livello delle piastrine che passano ciclicamente da un livello normale fin sopra le 800.000 unità per microlitro di sangue. Normalmente assumo l'Oncarbide a stomaco pieno e vorrei chiedervi se l'assunzione notturna di Oncarbide, lontana quindi dai pasti, avrebbe una maggiore efficacia ed eliminerebbe la necessità di variare ulteriormente la posologia dell'Oncocarbide.
Ringrazio in anticipo ed invio cordiali saluti.
(Luigi)
Risposta
Ai fini dell'assorbimento del farmaco l'assunzione notturna non determina risultati migliori di quella diurna, sia a digiuno che ai pasti. Molti pazienti, nei quali il farmaco si è rivelato molto efficace nel mantenere valori costanti di globuli rossi, bianchi e piastrine, riferiscono di tollerare meglio, a livello gastrico, l'idrossiurea assumendola durante i pasti. E' probabile che le variazioni del numero di piastrine cui lei fa riferimento siano legati alla malattia in sé e non ad un effetto variabile dell'idrossiurea dipendente dall'orario di assunzione. L'ematologo che la segue potrà valutare, anche in base agli valori dell'emocromo ed alla storia della sua malattia, se sia necessario o meno modificare la posologia del farmaco.
27 anni, da 2 anni diagnosticata MF idiopatica IPSS 1, mutazione CALR, da TE per 7 anni precedenti. Valori e milza consentono di non prendere farmaci al momento.
La mia domanda è questa: perché, nonostante mi esponga al sole, non prendo colore? Non compare nemmeno rossore di alcun genere. Un tempo acquisivo quasi subito un bel colore ambrato. Può essere una domanda stupida, ma mi incuriosisce il meccanismo del corpo in questa situazione e sottolineo che non m'importa della tintarella, vorrei soltanto avere un aspetto meno spettrale...
Grazie per l'attenzione e buon lavoro.
(Cinzia)
Risposta
Non vi è una relazione fra la sua diagnosi e la incapacità della sua cute di abbronzarsi dopo esposizione al sole. Considerato che in passato la risposta della sua cute all'esposizione solare era normale, e che attualmente non sta assumendo alcun farmaco, potrebbe essere utile sentire il parere di un dermatologo.
Gentilissimi,
in merito alla mia e alla Vostra gradita risposta del 21 maggio sulla differenza sottile tra PV, TE e miolofibrosi è ovvio che la diagnosi di TE di 20 anni fa è stata fatta a seguito di BOM, pensavo si capisse. La mia domanda infatti era relativa al fatto che all'epoca il valore alto riguardava solo le piastrine e, da circa un un anno sono alti anche i globuli rossi e bianchi, pertanto si chiedeva se la TE possa essersi modificata in altro.
Grazie di tutto.
(Valentina)
Risposta
Ci scusiamo per avere equivocato il suo messaggio ma dal testo del messaggio non era parso così ovvio che la diagnosi si fosse fondata su una biopsia ossea (si parlava di diagnosi fatta "con solo numero di piastrine alte", ma evidentemente lei intendeva dire che i globuli rossi e bianchi erano invece normali).
Comunque, anche dopo questo chiarimento, per poter fornire una diagnosi precisa della sua malattia attuale sarebbe necessaria una biopsia ossea. Infatti, un lieve aumento ("globuli bianchi e rossi appena sopra i valori normali di riferimento" come lei riporta) delle altre serie emopoietiche, oltre a quello già noto e sostanziale delle piastrine, non permette di formulare una diagnosi precisa, né aiuta il fatto di sapere che lei è portatrice della mutazione JAK2 e che "altri valori sono nella norma".
Buonasera,
da circa tre anni sono affetta da mielofibrosi idiopatica con un elevato numero di piastrine(ad oggi piu di un miolione). Ho assunto il farmaco oncocarbide fino a gennaio. In accordo con l'ematologo abbiamo sospeso il farmaco in previsione di una futura gravidanza.
La mia domanda è: dopo quanto tempo dalla sospensione del farmaco si può considerare l'ipotesi di intraprendere una gravidanza?
Grazie.
(Cali)
Risposta
E' consigliabile che passino almeno 3 mesi tra l'ultima assunzione di idrossiurea e la pianificazione della gravidanza.
Gentilissimi,
potreste spiegarmi la differenza sottile tra TE, PV e mielofibrosi? Io non ho chiaro cos'ho delle tre, poiché ho tutti i valori alti, piastrine oltre il milione, globuli bianchi e rossi appena sopra i valori normali di riferimento, neutrofili leggermente sopra la norma e ematocrito che aveva raggiunto 50 ora con 2 salassi sceso a 48.
La diagnosi di trombocitemia essenziale diagnosticata 20 anni fa con solo numero di piastrine alte si è trasformata in altro? Nessuno puo farmi una diagnosi precisa? Ho JAK2 positivo e altri valori nella norma.
Grazie mille
(Valentina)
Risposta
Mielofibrosi primaria, trombocitemia essenziale e policitemia vera sono tre malattie che appartengono alla stessa "famiglia", cioè quella delle neoplasie mieloproliferative croniche Philadelphia negative. Come dice il nome, in questa famiglia sono accomunate forme, ad andamento cronico, caratterizzate da una proliferazione di una o più linee cellulari mieloidi, cioè la linea eritroide (che esita nella produzione di globuli rossi), quella granulocitaria (che esita nella produzione di granulociti) e quella megacariocitaria (che esita nella produzione di piastrine). La maturazione delle cellule progenitrici di queste linee verso i prodotti finali (eritrociti, granulociti e piastrine, che si trovano nel sangue periferico) avviene nel midollo osseo. L'altro tratto comune a queste malattie è che non si riscontra nelle cellule del sangue periferico una particolare alterazione cromosomica, la traslocazione 9:22, che da origine ad un cromosoma anomalo (il cromosoma Philadelphia, tipico della leucemia mieloide cronica), mentre nella grande maggioranza dei pazienti si riscontra una mutazione acquisita a carico del gene JAK2, o del gene CALR o del gene MPL.
Generalmente il paziente con Trombocitemia Essenziale presenta un aumento delle piastrine, quello con policitemia vera un aumento dei globuli rossi e spesso anche dei granulociti o delle piastrine, mentre la mielofibrosi può esordire con un aumento di una o più di queste linee e talvolta anche con una loro diminuzione. In ogni caso una diagnosi precisa può essere posta solo sulla base dell'esito di una biopsia osteomidollare la quale deve presentare specifici aspetti (che sono stati codificati dall'Organizzazione Mondiale della Sanità). I risultati dell'esame emocromocitometrico, quelli della ricerca delle mutazioni sopra riportate e i segni clinici e di laboratorio vanno ad integrare il risultato della biopsia ossea e sono soprattutto utili per avere una indicazione prognostica della malattia.
Riguardo la sua malattia, sembra di capire che non si sia mai sottoposta a biopsia osteomidollare e che la diagnosi fu posta 20 anni fa solo in base a criteri clinici e di laboratorio. Pertanto, per poter rispondere ai suoi altri quesiti, sarebbe necessario disporre del risultato di questo esame.
Buonasera, sono affetta da mielofibrosi idiopatica, vorrei sapere se le trasfusioni di sangue possono trasmettere il covid 19.
Grazie infinite per la vostra dedizione.
(Rosa)
Risposta
I controlli che vengono effettuati sui donatori e sulle sacche di globuli rossi assicurano che il virus non viene trasmesso con le trasfusioni.
Buonasera, essere affetto dalla nascita da anemia mediterranea viene calcolato comunque tra i criteri minori discriminanti delle mieloproliferative?
(Marco)
Risposta
Attualemente, la presenza di anemia mediterranea non è inclusa fra i criteri minori utilizzati dalla WHO per la diagnosi di malattie mieloproliferative croniche Ph-negative.
Buongiorno, ho la TE, i miei valori di piastrine dal momento della diagnosi (circa un anno fa) non sono mai andati sotto il milione (raggiungendo anche il milione e 400 mila). So che il rischio trombovascolare non dipende dal numero delle piastrine ma mi chiedevo se il numero (indipendentemente dagli altri fattori) correla in qualche modo con la prognosi o sia associato più frequentemente ad evoluzione in MLF o leucemia oppure no.
Avendo 30 anni vi chiedo anche se con il passare degli anni mi devo aspettare un ulteriore aumento delle piastrine e infine, scusatemi per le troppe domande, se è consigliata la terapia con interferone.
Grazie mille.
Risposta
Non vi sono dati certi della letteratura che possano confermare che, nella TE, il numero di piastrine correli con la prognosi o con una evoluzione della malattia verso mielofibrosi o leucemia acuta. Non vi sono nemmeno elementi che permettano di prevedere se col passare degli anni il numero delle piastrine tenda necessariamente ad aumentare.
Infine, per quanto riguarda la terapia con interferone, che è una opzione possibile per il trattamento della TE, è opportuno che ne discuta col suo ematologo che conosce la sua storia clinica e potrà certamente consigliarla al riguardo.
Buongiorno dottori, desidererei informazioni circa studi, trial ed eventuali applicazioni future dei vaccini anti-CALR.
Grazie.
Risposta
Le ricerche in campo immunologico nell'ambito della malattie mieloproliferative croniche Ph negative hanno visto negli ultimi anni un incremento.
Molti degli studi sono volti soprattutto a capire se e come, nella patogenesi di queste malattie, sia coinvolta una disregolazione del sistema immunitario. Alcune delle ricerche si sono invece rivolte più specificamente a definire strategie di cura su base immunologica delle malattie mieloproliferative croniche Ph negative, incluso lo sviluppo di vaccini. Infatti, dati di recenti ricerche sembrano indicare che, come conseguenza delle mutazioni acquisite (in particolare quelle a carico dei geni CALR e JAK2), vengano generati dei nuovi antigeni (quindi sconosciuti al nostro sistema immunitario) contro i quali può essere diretta una risposta immunitaria.
Questo è il razionale dei vaccini anti CALR. E' possibile che questo tipo di approccio verrà utilizzato nell'ambito di strategie terapeutiche combinate, in cui l'uso di vaccini sarà associato ad altri farmaci, agendo così su più fronti della malattia. Attualmente, vi è un trial clinico registrato, attivo ma ancora non reclutante pazienti, che si propone di testare, in uno studio di fase 1 (che ha quindi come primo obbiettivo quello di valutare la sicurezza e la non tossicità) un vaccino anti CALR. Lo studio è aperto presso l'Ospedale di Herlev, in Danimarca.
Buongiorno, vorrei sapere cosa significa sindrome mieloproliferativa cronica Ph negativo JAK2 negativo non ulteriolmente classificabile?
Grazie.
(Emanuela)
Risposta
La diagnosi che ha ricevuto significa che il quadro morfologico della sua biopsia ossea indica la presenza di una malattia mieloproliferativa cronica Ph negativa (cioè nell'ambito di quelle malattie che comprendono fra l'altro la policitemia vera, la trombocitemia essenziale e la mielofibrosi) ma che questa non è sufficientemente caratterizzabile come una policitemia vera, o una trombocitemia essenziale o una mielofibrosi. Pertanto, pur essendoci i segni di una malattia di questo tipo non si riesce, al momento, a classificarla più precisamente.
Inoltre, dal punto di vista molecolare, la ricerca della mutazione V617F del gene JAK2 è risultata negativa, quindi assente nelle cellule del suo sangue. Potrebbe però essere presente una delle due altre mutazioni che si riscontrano nei pazienti affetti da queste malattie, cioè le mutazioni a carico del gene MPL o del gene CALR, che andranno dunque ricercate.
Da 10 anni mi è stata diagnosticata la fibrosi idiopatica, per 5 anni ho continuato a fare periodiche trasfusioni poi mi è stato consigliato di provare ad usare il danazolo 400 mg due e già da 5 anni non faccio trasfusioni, salvo alcune che ho dovuto fare a seguito di un incidente; le piastrine sono 60 e l'emoglobina 105, purtroppo ho una grossa splenomegalia, c’è qualche ulteriore farmaco che mi può aiutare? Vi ringrazio anticipatamente se potrete darmi una risposta è porgo i miei sentiti saluti.
(Ezio)
Risposta
Per le forme di mielofibrosi caratterizzate da splenomegalia importante il farmaco ruxolitinib (Jakavi) si è dimostrato molto efficace e potrebbe avere indicazione anche nel suo caso. Tuttavia, la piastrinopenia e l'anemia sono due effetti collaterali di questo farmaco e la sua conta piastrinica così come i livelli di emoglobina ne rendono l'uso problematico. Una possibilità alternativa potrebbe essere rappresentata da farmaci disponibili al momento solo in uso sperimentale. Si rivolga al suo ematologo di riferimento, che conosce la sua storia clinica in maniera approfondita, per approfondire questa possibilità.
Buonasera, ho 84 anni, curo la policitemia vera con oncocarbide e controllo l'inr con la TAO bisettimanale, tutti i valori sono nella norma. Chiedo se per la nevralgia ai denti il medicinale OKI (Ketoprofene con sali di lisina) è compatibile con la mia malattia, oppure, in caso negativo, quali altri medicinali possono essere assunti per lenire il dolore.
Inoltre, mi permetto di chiedere anche se e con quali modalità sia possibile esporsi al sole, ai fini della vitamina D. Grazie e distinti saluti.
(Guido Elia)
Risposta
L'assunzione di ketoprofene, come di tutti i farmaci anti-infiammatori non steroidei, è associata ad un rischio emorragico, specie per le assunzioni prolungate e senza adeguata copertura gastrica con farmaci inibitori di pompa. Nel suo caso, la contemporanea terapia con anticoagulante orale sconsiglia l'assunzione di FANS, preferendo un farmaco quale il paracetamolo, dotato di ottima attività analgesica e privo di rischi emorragici.
Per quanto riguarda l'esposizione al sole, la concomitante terapia con Oncocarbide suggerisce di evitare l'esposizione diretta e prolungata. Qualora ciò dovesse avvenire, si consiglia l'uso di creme antisolari ad alto fattore di protezione.
Buongiorno,
sono affetto da mielofibrosi secondaria e da tre anni assumo il Ruxolitinib. Mi è stato spiegato che il farmaco non guarisce la malattia ma migliora i sintomi, in particolare la splenomegalia, e che attualmente l'unica speranza di guarigione si basa sul trapianto di midollo . Se ho letto bene: il 25% dei pazienti trapiantati muore per complicanze post-trapianto, il 50% muore nei primi 4 anni, dopo 4 anni sopravvive solo il 25%.
Vorrei sapere se questi dati (per me sconfortanti) sono peggiori di quelli dei trapianti di midollo per leucemia e in tal caso, se possibile, qual è il motivo.
Grazie mille e cordiali saluti.
(Giuseppe)
Risposta
Quanto da lei riferito riguardo la terapia col ruxolitinib e la possibilità di guarire la malattia soltanto col trapianto di cellule staminali emopoioetiche è corretto.
Riguardo i dati da lei riportati sull'esito del trapianto vanno fatte alcune considerazioni. Non viene riportata la fonte dalla quale lei ha tratto questi dati e non è chiaro a quali casistiche si riferiscono, per cui non possiamo entrare nel merito dei singoli numeri. Tuttavia, nel considerare questo tipo di risultati è importante sottolineare come le casistiche possano non essere tutte uguali e comparabili: variabili che influenzano i numeri da lei riportati comprendono l'esperienza nel campo specifico del trapianto nella mielofibrosi del Centro; la fonte di cellule staminali utilizzate ed il grado di compatibilità; il regime di condizionamento usato, le caratteristiche del paziente (per esempio l'età). I dati quindi vanno contestualizzati nell'ambito di quello che in termini trapiantologici viene di volta in volta proposto al paziente dallo specialista del Centro dove verrà effettuato il trapianto.
Inoltre, è molto importante che i dati di sopravvivenza al trapianto in un gruppo definito di pazienti vengano valutati alla luce dei dati di sopravvivenza dei pazienti che, con le stesse caratteristiche di gravità della malattia, non sono stati sottoposti al trapianto. Per pazienti con malattia a rischio elevato, la sopravvivenza è migliore in chi può sottoporsi al trapianto rispetto a chi non può sottoporsi.
Infine, per quanto riguarda la differenza in termini di sopravvivenza al trapianto fra i pazienti con mielofibrosi e quelli con leucemia acuta, bisogna ricordare che le ragioni risiedono principalmente nelle diverse caratteristiche biologiche delle due malattie, nella diversa età media dei pazienti che si ammalano (l'età media del trapianto per leucemia acuta è più bassa di quella dei pazienti con mielofibrosi) e di conseguenza nella maggior frequenza di comorbidità (cioè della coesistenza di altre malattie) dei pazienti con mielofibrosi.
Salve, che significa area di disomogeneità della spongiosaa carattere misto che determina lieve ispessimento del profilo endostale in assenza d'interruzione della corticale VI costola?
Aspetto osteoaddendante della spongiosa?
Potrebbe avere a che fare con neoplasie mieloproliferativa cronica?
Grazie.
(Dario)
Risposta
Il referto anatomo patologico da lei riportato non è verosimilmente specifico di malattia mieloproliferativa; tuttavia per una sua interpretazione corretta andrebbe contestualizzato nell'ambito dell'intero referto che probabilmente non si limita a quanto da lei riportato.
Scusate il disturbo, diagnosticato TE, potete essere così gentili di spiegare il significato di questo risultato del gene Calreticulina? Il sequenziamento dell'esone 9 del gene CALR (NM004343) ha messo in evidenza la variante di sequenza c.1154_1155ins TTGTC (p.K385Nfs*47) con significato patogenico. Che CALR è? Tipo1 o tipo2? Differenza?
Grazie mille
(Sami)
Risposta
L’esito dell'esame genetico indica che nelle cellule del suo sangue periferico è stata riscontrata la presenza della mutazione della Calreticolina, e che tale mutazione ha le caratteristiche di una inserzione, definibile come mutazione di tipo 2. La presenza di questa mutazione non porta grandi differenze rispetto ad avere la mutazione di tipo 1 (caratterizzata invece dalla delezione, ovvero dalla perdita, di una piccola parte di questo gene): gli studi riportano una tendenza a sviluppare livelli di piastrine più alti rispetto a quelli riscontrati in pazienti con mutazione di tipo 1. Il decorso clinico è comunqure sostanzialmente sovrapponibile.
Buongiorno Dottori, diagnosticato TE da 5 mesi ma forse ce l'ho da molti anni, volevo chiedervi se dalla biopsia del midollo osseo si riesce a capire da quanti anni è iniziata la malattia. Si può capire dallo scarring, come per i cerchi dell'albero?
Grazie.
(Gabriele)
Risposta
E’ praticamente impossibile dedurre dall'osservazione del midollo osseo la durata della malattia. Per questo scopo sarebbe più utile avere a disposizione esami ematochimici degli anni passati, in particolare l'emocromo.
Sintomi: fortissimo prurito dopo la doccia e fischio fortissimo orecchio destro più rumore nel cervello da impazzire. Cura: 3 oncocarbite al gg più 1 leparina x 10 gg aiutatemi per carita
(Giuseppe)
Risposta
I sintomi riferiti e la mancanza quasi totale di ogni informazione clinica sulla storia della malattia non permettono di dare una risposta esaustiva alla sua richiesta. Quali sono i valori dell'emocromo ed in particolare dell'ematocrito attuali? E' stata presa in considerazione una possibile terapia alterantiva, per es. con Jakavi? Visti i sintomi così importanti consigliamo di rivolgersi immediatamente al medico ematologo che la segue.
Salve da un anno sto faccendo terapia con oncocarbide e aspirina e 2 3 salassi all'anno. Vorrei sapere quale è il tempo di sopravivenzza di una persona con la pv. In attesa di una risposta grazie mille.
(Jose)
Risposta
Per una risposta circostanziata dovremmo sapere da quanti anni è affetto dalla PV e conoscere meglio la sua storia clinica. Vi sono lievi differenze a seconda delle varie casistiche riportate ma tutte sono concordi nell'indicare sopravvivenze lunghe per i poazienti affetti da PV. In una recente casistica della Mayo Clinic la sopravvivenza mediana per questa malattia è stata riportata attorno ai 14 anni ma può arrivare a più di 20 per i pazienti con esordio della malattia prima dei 60 anni. Bisogna però considerare che questi valori, riportati dalla letteratura, devono essere contestualizzati in rapporto alla storia del singolo paziente e quindi hanno un significato relativo, potendo aumentare o ridursi a seconda di tale storia clinica
Salve, per i pazienti che come me sono affetti da Trombocitemia essenziale in età giovanile (ho 34 anni) con piastrine intorno ai 650.000 ed ematocrito tra 50 e 52 (che non scende nemmeno con salassi), associata a fattore di Von Willebrand rallentato (che comporta mi si dice l'impossibilità di trattare il rischio trombosi con cardioaspirina) qual è la linea d'azione da preferire?
Grazie
(Dario)
Risposta
Gli elementi forniti per capire la sua condizione clinica sono incompleti: che mutazione le è stata riscontrata? Il "rallentamento" del fattore von Willenbrand cui fa riferimento (immagino si tratti dell'attività del cofattore ristocetinico) può essere quantificato?
In linea di massima, soprattutto in relazione al fatto che l'ematocrito pari al 50-52% deve essere ridotto piuttosto che per il numero di piastrine, potrebbe essere necessario iniziare terapia citoriduttiva con idrossiurea.
Buonasera, ho 66 anni e sono affetto da policitemia vera da 16 anni. Dopo aver fatto per qualche anno dei salassi associati ad oncocarbite (2 compresse da 500 mg al dì) ho proseguito il trattamento con le sole compresse. Attualmente i valori dell'emoglobina e dell'ematocrito sono all'interno dei valori di riferimento. Solo il valore degli eritrociti col tempo si abbassa sempre di più (attualmente 3,53). Qual è il valore che comporta rischi importanti? Grazie.
(Bruno)
Risposta
Normalmente il valore della conta degli eritrociti non viene preso come parametro di riferimento per la valutazione dello stato di malattia o della terapia. I valori cui fare riferimento, e che sono comunque correlati al numero di globuli rossi, sono la concentrazione di emoglobina e l'ematocrito. In particolare, valori di ematocrito superiori al 45% dovrebbero essere evitati (mediante salassi e/o terapia citoriduttiva) mentre per i limiti inferiori i valori vanno rapportati alle condizioni generali del paziente, alla fase di malattia ed al tipo di terapia in corso.
Carissimi, desidero sapere se ritenete utile nei casi di malattie mieloproliferative ed in particolare di milelofibrosi, l'utitizzo del sangue cordonale. Infatti, poiché nel prossimo futuro ci sarà un nuovo arrivo e pertanto mi sono posto il problema. Capisco che si sono pareri contrastanti e pertanto desidero averne uno autorevole. Grazie.
(Orazio)
Risposta
Il sangue cordonale come fonte di cellule staminali emopoietiche nel trapianto allogenico nella mielofibrosi viene impiegato molto meno frequentemente del sangue periferico o midollare. Pertanto, anche le casistiche a disposizione non permettono di ottenere dati certi riguardo i risultati dell'impiego di questa particolare fonte di cellule staminali. Negli anni passati, è stato segnalato una maggior rischio di insuccesso di questa procedura che, unitamente al fatto che spesso una singola unità di sangue cordonale non è sufficiente per trapiantare un paziente adulto, non fanno del sangue cordonale la prima scelta come fonte per un trapianto in un paziente affetto da mielofibrosi, pur non escludendone la possibilità di impiego. Inoltre, va ricordato che in Italia non è possibile conservare unità di sangue cordonale "dedicate" ad uno specifico paziente.
Salve, io ho fatto nel 2018 un trapianto di cellule staminali per leucemia neutrofilica cronica. Nel 2019 ho avuto un aumento di globuli bianchi molto alti e mi ha fatto tutti analisi però me dice che esclude una patologia mieloproliferativa sottostante. Nn capisco cosa vol dire. Grazie.
(Daniela)
Risposta
Per quanto si può dedurre dal suo messaggio, non è chiaro se l'aumento dei globuli bianchi che lei ha avuto nel 2019 è ancora in atto. Sicuramente il problema sarà stato affrontato dal Centro che la segue dopo il trapianto. L'esclusione di una malattia mieloproliferativa sottostante che le hanno riferito fa pensare che l'aumento dei globuli bianchi potesse dipendere da cause non strettamente ematologiche, come per esempio un'infezione intercorrente.
Buongiorno, TE triplo-negativa (nessuna mutazione genetica riscontrata), età di diagnosi di 30 anni, diagnosi confermata alla biopsia midollare.
Rivedendo vecchi esami del sangue riscontro di piastrine alte 750 già a 15 anni, vari anni di valori su e giù (valori inferiori intorno i 450 mila, mai più bassi). E' possibile ipotizzare una forma ad esordio infantile? O scusate se dico sciocchezze una forma "costituzionale"?
Ci sono studi su nuove mutazioni genetiche nei casi triplo-negativi?
Grazie sempre per le cordiali risposte.
Risposta
Sebbene più rare delle forme ad esordio nell'età adulta, esistono forme di trombocitemia essenziale che possono esordire in età pediatrica. Si tratta comunque di forme acquisite, come quelle dell'adulto, nelle quali cioè la mutazione (se presente) compare nei primi anni di vita nelle cellule del sangue solamente. Talvolta, pazienti con esordio in età pediatrica (ma anche nell'adulto) riferiscono la presenza in famiglia di uno o più parenti (genitori, fratelli, zii, cugini) con diagnosi uguale o di un'altra malattia mieloproliferativa cronica Ph-negativa (policitemia vera, mielofibrosi): si parla in tal caso di forme familiari, nelle quali comunque più che ereditare la mutazione (spesso non è nemmeno la stessa) si eredita la predisposizione a sviluppare tali malattie. In generale, queste forme familiari hanno un andamento ed una prognosi simile a quelle sporadiche.
Per quanto riguarda i pazienti "tripli negativi", negli ultimi anni la percentuale di tali pazienti (inizialmente attorno al 10% dopo la scoperta delle mutazioni di CALR nel 2013) si è ridotta al 6-7% per l'individuazione di nuove rare mutazioni a carico di JAK2, CALR o MPL. E' probabile che negli anni a venire tale percentuale si ridurrà ulteriormente.
Gentilissimi, ho 31 anni e da giugno 2019 ho scoperto di avere la Policitemia Vera. Assumo Cardioaspirina ed effettuo salasso terapia. Ho seguito in modo scrupoloso, in questi due mesi di lockdown, le indicazioni date dal Ministero e Istituto Superiore di Sanità. Sono spaventata per questa fase 2, anche perché da un po' di tempo leggo e sento che tra le cause di morte nei pazienti affetti da Covid - 19, vi siano anche trombosi. Vorrei quindi sapere se sono una persona a rischio, se è consigliato limitare comunque i contatti anche con i miei famigliari nonostante in questa fase siano possibili. Grazie mille.
(Alessia)
Risposta
Non vi sono evidenze che i pazienti affetti da Policitemia Vera e più in generale da malattie mieloproliferative croniche Ph-negative siano più suscettibili all'infezione da SARS-Cov-2 e quindi ad ammalarsi di Covid-19, ovvero che sviluppino, se ammalati, con maggior frequenza di altri eventi trombotici. Pertanto, devono sempre e comunque essere seguite rigorosamente le misure di prevenzione consigliate alla popolazione generale (uso della mascherina, mantenimento delle distanze, disinfezione delle mani, uso di guanti quando richiesto ecc.), come peraltro lei ha fatto finora. I contatti con i famigliari debbono essere limitati e controllati soprattutto se i famigliari hanno a loro volta contatti con altre persone che non osservino le regole di contenimento del contagio e siano quindi potenzialmente fonti di trasmissione. In caso di incertezza, è meglio indossare la mascherina e limitare i contatti.
Gentilissimi Dottori,
durante un webinar sulle malattie mieloproliferative ho ascoltato la Dott.ssa Catriona Jamieson di San Diego, parlare dell'evoluzione della TE verso la Mielofibrosi probabilmente dovuto a un virus!!!
Possiamo sperare che "la cura" per i pazienti affetti da malattie mieloproliferative possa essere scoperto attraverso le ricerche del vaccino/farmaco del Covid-19?
(Donato)
Risposta
Non vi sono evidenze riguardo a quanto da lei riportato sull'evoluzione della TE in MF a causa di un virus. Per quanto sia molto improbabile, allo stato attuale delle conoscenze, che le ricerche sulla terapia dell'infezione da Sars-Cov-2 possano esitare in una cura per le malattie mieloproliferative croniche Ph-negative, non si può escludere in assoluto che tali ricerche possano portare a conoscenze e nozioni nuove che possano essere utilizzate in tal senso.
Buona sera gentili Dottori,
vorrei farvi una domanda: un uso prolungato di oncocarbide (2 al dì) può creare un abbassamento dei globuli rossi?
Grazie per la vs. disponibilità.
(Giuseppe)
Risposta
Caro Giuseppe,
l'anemia (ovvero la riduzione di globuli rossi ed emoglobina) è uno degli effetti previsti dell'idrossiurea (Onco Carbide), che proprio per il suo meccanismo d'azione di inibizione della proliferazione delle cellule nel midollo osseo può determinare una riduzione più o meno significativa e più o meno veloce di globuli rossi ed emoglobina, piastrine e globuli bianchi. Tale azione rappresenta a tutti gli effetti l'effetto terapeutico ricercato nei pazienti con policitemia vera, malattia caratterizzata da un'eccessiva produzione di globuli rossi a livello del midollo osseo.
Buonasera,
sono un paziente di 64 anni, con mielofibrosi post trombocitemia in terapia con ruxolitinib alla dose di 15 mg, 2 volte al giorno, in più con diabete alimentare e ipertensione. La mia domanda è con il corona virus sono più a rischio o sono coperto dal ruxolitinib (visto che il ruxolitinib viene usato come terapia anticorona)? Grazie.
(Amerigo)
Risposta
Caro Amerigo,
il ruxolitinib è attualmente in studio per il trattamento dei pazienti con infezione da SARS-CoV-2, essendosi dimostrato potenzialmente efficace in quanto in grado di svolgere una potente azione anti-infiammatoria, contrastando in tal modo la tempesta citochinica caratteristica di questa infezione. Da qualche settimana, inoltre, l'impiego del ruxolitinib è stato autorizzato dall'AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco) nell'ambito di un protocollo di uso compassionevole per il trattamento dei pazienti con diagnosi di COVID-19 (la malattia causata dal virus SARS-CoV-2) con insufficienza respiratoria che non abbiano, però, necessità della ventilazione assistita invasiva.
Detto questo, non è in alcun modo possibile stabilire se i pazienti con una malattia mieloproliferativa cronica in trattamento con ruxolitinib possano essere a maggior rischio o al contrario protetti nei confronti dell'infezione da SARS-CoV-2, essendo a tal scopo necessario uno studio specifico. Per tale motivo è consigliabile in ogni caso seguire le disposizioni ministeriali in materia.
Salve, ho scoperto la mielofibrosi 4 anni fa, adesso la mia milza è troppo grossa ed ho problemi digestivi e respiratori, per i primi 4 anni ho assunto il Jakawi ma la milza si è ingrossata a tal punto da sospendere il farmaco, adesso ho 77 anni, da un po' di giorni avverto dolori addominali e prima mi si sono gonfiate le gambe, mi hanno ricoverato la scorsa settimana trovandomi liquido nell'addome ma credo che non sappiano come gestirmi... Qualcuno che ha già avuto questi sintomi potrebbe suggerirmi qualcosa?
(Vittorio)
Risposta
Caro Vittorio,
lo scopo del sito AGIMM, ed in particolare della sezione dedicata alle domande dei pazienti, è la diffusione in forma fruibile ed ampia di informazioni generali relative alle più recenti ricerche mediche da parte di un gruppo di studiosi italiani riuniti in un programma di ricerca focalizzato sulle neoplasie mieloproliferative croniche. Non verranno per questo mai espressi pareri medici su situazioni personali o valutazioni su diagnosi e cure in corso.
Relativamente alla sua domanda, è senza dubbio utile una valutazione specialistica da parte di un ematologo.
Gentilissimi Ricercatori,
mi permetto di disturbarvi in merito al rischio di splenomegalia nelle malattie mieloproliferative. Purtroppo ho la sensazione che da una quindicina di giorni la mia milza non sia più "normale". Ho intenzione di effettuare una ecografia a breve... malgrado il rischio Covid!! Per dieci anni dalla diagnosi di Policitemia Vera è sempre stata nei parametri!
Vorrei sapere, cortesemente, per quale ragione la milza si può ingrossare con queste malattie? Se potete spiegarmelo con parole semplici!!
Vorrei sapere inoltre:
l'ingrossamento della milza è un campanello d'allarme verso un aggravamento della malattia?
I propri comportamenti possono in qualche modo influire sulla milza?
E' possibile effettuare attività sportiva (jogging) o è sconsigliabile?
La dieta può aiutare in qualche modo a prevenire/ridurre l'ingrossamento?
Prendere peso ed aumentare la massa grassa addominale può peggiorare i sintomi?
Ci sono degli integratori/sostanze che possono favorirne l'incremento?
Vorrei aggiungere una nota circa il rischio di polineuropatia agli arti inferiori. Io ne sto soffrendo (con lievi sintomi sensitivi ai piedi) da poco più di un anno ed ho potuto verificare sulla mia pelle che non ha alcuna correlazione con l'assunzione di Oncocarbide né peraltro sono riuscito a trovare altre cause tra cui quelle genetiche!
Tuttavia uno dei neurologi che mi ha visitato mi ha riferito che in neurologia sono descritti alcuni casi, seppur rari, di neuropatie periferiche associate a Policitemia!
Poiché ho potuto riscontrare che non sono l'unico con Policitemia Vera a soffrire per questa ulteriore problematica vorrei sapere se in ematologia esiste qualche studio al riguardo.
Grazie in anticipo per le vostra cortesia ed un cordiale saluto.
(Giovanni)
Risposta
Caro Giovanni,
la splenomegalia è una delle manifestazioni più caratteristiche delle malattie mieloproliferative croniche, presente in variabile frequenza a seconda del tipo di malattia.
L'aumento del volume della milza è dovuto principalmente all'accumulo in questo organo di cellule fuoriuscite dal midollo osseo (emopoiesi extramidollare) ed è responsabile di una serie di disturbi che possono talora compromettere in maniera significativa la qualità di vita del paziente: pesantezza addominale, difficoltà digestive, sazietà precoce, dolori addominali, diarrea o stitichezza, tosse secca non produttiva, disturbi urinari, disturbi del riposo notturno, difficoltà a piegarsi e/o ad effettuare un certo tipo di attività, edema a carico degli arti inferiori.
Sebbene il volume della milza non sia un indice riconosciuto di severità della malattia mieloproliferativa sottostante (tant'è che non è stato incluso in nessuno dei modelli prognostici attualmente utilizzati per la "stadiazione" dei pazienti), sicuramente la presenza di una splenomegalia importante e/o rapidamente ingravescente è tipico delle forme più avanzate di mielofibrosi.
Lo stile di vita e le abitudini alimentari non hanno alcun effetto sul volume splenico, esclusivamente legato all'accumulo di precursori ematopoietici nella milza. E' tuttavia evidente che una dieta e uno stile di vita scorretto predispongono ad una condizione di sovrappeso/obesità che può aggravare i disturbi da ingombro addominale legati alla splenomegalia.
E' possibile eseguire attività fisica moderata che non preveda scontro fisico o comunque traumatismi che potrebbero mettere a rischio di rottura della milza (nessuna controindicazione al jogging).
Per quanto riguarda il suo ultimo quesito, come le è stato precedentemente riferito dai colleghi medici che in questo spazio rispondono alle svariate domande, sono sicuramente noti casi di polineuropatia associata a malattie mieloproliferative croniche. Tuttavia, stabilire un nesso causale - che ha un significato più profondo della semplice associazione temporale - può essere molto complesso e ad oggi non vi sono sostanziali evidenze di un legame fra malattie mieloproliferative croniche e neuropatia periferica.
Buonasera dottori, vorrei informazioni circa il trial PXS-55o5 per MF. Potenzialmente potrebbe diventare una cura per questa malattia?
(Giuseppe)
Risposta
Caro Giuseppe,
pochi giorni fa sono stati pubblicati i dati preliminari relativi ad uno studio clinico di fase 1b su una nuova molecola chiamata PXS-5505. Si tratta di un farmaco somministrato per via orale che agisce inibendo i processi che determinano la comparsa di fibrosi midollare. Tale studio ha arruolato un piccolo numero di soggetti sani (16) che hanno assunto per 14 giorni questa nuova molecola o un placebo. I dati presentati consentono di affermare preliminarmente che tale molecola possiede un buon profilo di sicurezza, non ha effetti avversi limitanti ed è efficace nel l'inibire alcuni degli enzimi coinvolti nel processi di fibrotizzazione del midollo osseo. Sulla base di questi dati e sul meccanismo d'azione del principio attivo, è stato proposta la sua possibile applicazione nel trattamento dei pazienti con mielofibrosi.
Nel complesso, si tratta di dati del tutto preliminari, che non consentono pertanto di esprimere giudizi concreti sulla possibile applicazione futura di questo nuovo farmaco. Sono tuttavia evidenze importanti che costituiscono le basi per l'ulteriore sviluppo di questa molecola attraverso la progettazione nei prossimi anni di studi clinici di fase avanzata su pazienti affetti da mielofibrosi
Mia moglie, di anni 59, è affetta da mielofibrosi secondaria e presenta anemia con valori di emoglobina bassi (8-9) e ferritinemia che raggiunge i 4200. Gradirei un vostro parere sull'utilizzo del Luspatercept, ammesso che sia già in commercio in Italia.
(Francesco)
Risposta
Caro Francesco,
il luspatercept è una molecola di nuova generazione che agisce bloccando una delle componenti della via di segnalazione del TGF-beta, risultando quindi efficace nel ridurre l'anemia quando questa è principalmente dovuta a questo meccanismo. L'effetto è principalmente sui globuli rossi e non sui globuli bianchi o sulle piastrine. Il luspatercept è attualmente in studio per il trattamento dei pazienti anemici con mielofibrosi in uno studio di fase 2 in fase relativamente avanzata (NCT03194542).
I risultati preliminari dello studio sono stati presentati al congresso ASH (American Society of Hematology) che si è svolto a Dicembre 2019 negli Stati Uniti. Sulla base dei dati presentati, il farmaco sembrerebbe avere un buon profilo di sicurezza (i principali effetti avversi riportati sono ipertensione arteriosa e dolori ossei) e una discreta efficacia nel migliorare l'anemia. E' tuttavia necessario attendere i risultati definitivi dello studio per valutare le reali potenzialità del farmaco e valutare un'eventuale studio di fase 3 in previsione dell'approvazione del farmaco.
Attualmente lo studio risulta ancora aperto in una delle sue parti (rivolta a pazienti in trattamento con ruxolitinib e in supporto trasfusionale cronico) e i centri italiani in cui è stato attivato lo studio sono: Bergamo (Azienda Ospedaliera Papa Giovanni XXIII), Firenze (CRIMM, Centro di Ricerca e Innovazione per le Malattie Mieloproliferative), Pavia (IRCCS Policlinico San Matteo), Varese (Ospedale di Circolo) e Milano (Istituto Clinico Humanitas).
Buongiorno, da 10 anni ho la trombofilia e assumo sotto prescrizione medica un anticoagulante, sono un soggetto a rischio se dovessi riscontrare il Covid-19?
Grazie.
(Sabrina)
Risposta
Cara Sabrina,
nel ricordarle che tale spazio è dedicato ai pazienti con neoplasie mieloproliferative croniche Philadelphia-negative, le consiglio di rivolgersi al suo ematologo o internista di riferimento per avere chiarimenti in merito alla terapia anticogulante e al relativo rischio infettivo.
Sono affetta TE da ormai 10 anni. La mia situazione è abbastanza stabile: piastrine 600.000, globuli bianchi 13.000. Io ho 53 anni e lavoro come inserviente in una piscina. I miei datori di lavoro e il medico del lavoro non sanno della mia malattia. Ora sono in cassa integrazione per Covid19, a maggio mi richiameranno al lavoro. Come posso tutelare la mia salute?
(Orietta)
Risposta
Cara Orietta,
in merito alla sua domanda è necessario fare due principali considerazioni, una di carattere propriamente sanitario ed una di natura medico-legale. Per quanto riguarda il primo aspetto, i pazienti affetti da trombocitemia essenziale che non assumono terapia citoriduttiva non hanno un dimostrato maggiore rischio infettivo legato al SARS-CoV-2. In merito al secondo aspetto, le consiglio di rivolgersi al medico competente dell'azienda in cui lavora (un medico del lavoro), che saprà darle le direttive più appropriate per il suo caso tutelando il suo diretto alla riservatezza.
Buonasera, come esito di splenectomia eseguita a nov 2017 per rimuovere melanoma metastatico, ho piastrinosi valori 1.000.000/ 900.000 e ematocrito che oscilla tra 49 e 50. Terapia in corso con cardioaspirina. Chiedo se vi sia una eventuale maggiore esposizione al rischio in caso di infezione covid, grazie.
(Claudio)
Risposta
Caro Claudio,
le ricordo che tale spazio è dedicato ai pazienti con neoplasie mieloproliferative croniche Philadelphia-negative. L'asplenia (ovvero l'assenza della milza sia in senso stretto, come conseguenza di un intervento di splenectomia, sia in senso funzionale, come conseguenza di altri fenomeni patologici che determinano una compromissione della funzione splenica con organo in sede) non rappresenta un fattore di rischio per infezioni virali, quanto piuttosto per determinati tipi di batteri detti "capsulati", come lo pneumococco e il meningococco. Si tratta di batteri verso i quali la milza presenta un'azione di "filtro", impedendone la diffusione attraverso la circolazione sanguigna e determinandone la distruzione immuno-mediata a livello dell'organo, e nei confronti dei quali è altamente raccomandata la vaccinazione nei soggetti asplenici. E' pertanto ragionevole pensare che i soggetti senza milza non siano a maggior rischio di contrarre l'infezione da SARS-CoV-2 rispetto a soggetti con l'organo.
Buonasera. Sono un paziente di 55 anni e dal 2015 affetto da TE in evoluzione a PV JAK2 positivo. Nei prossimi giorni la nostra amministrazione farà su base volontaria un test sierologico. E' il caso che lo faccia oppure no? La mia paura e che se, nel corso degli esami, dovessero scoprire la malattia potrebbero mandarmi in anticipo in pensione, cosa che io non voglio assolutamente.
(Antonio)
Risposta
Caro Antonio,
non esiste alcuna controindicazione all'esecuzione di test sierologici di screening per il SARS-CoV-2. Qualora dovesse risultare positivo (ovvero con malattia COVID-19 in atto o pregressa), ciò non costituirebbe motivo di pensionamento anticipato.
Buongiorno, avrei due domande da rivolgervi. Mi rendo conto che non potranno avere una risposta netta, ma vorrei allo stesso modo sentire il vostro punto di vista a riguardo.
On line si trovano articoli che affrontano il discorso sull'aspettativa di vita dei malati di MMP. Anche voi spesso nelle vostre risposte vi rifate a questi studi. Da quanto ho capito queste medie sono elaborate a partire dal momento della diagnosi, che sappiamo non coincidere mai o quasi mai con l'insorgere della malattia, essendo questa inizialmente, tranne eccezioni, asintomatica. Secondo la vostra esperienza, possiamo grosso modo quantificare il periodo che mediamente passa tra l'insorgere della malattia e la diagnosi? Meno o più di 5 anni?
Nel mio caso, diagnosi di TE all'età di 45 anni, oggi ne ho 46, precedente emocromo soltanto nel settembre del 2007, con piastrine a 432.000, quindi al limite, bianchi a 7.000, rossi leggermente al di sopra del limite, ma sono portatore sano di anemia, potrei ipotizzare di avere già la malattia a quell'epoca? Secondo le linee guida dell'OMS no, perché parlano di piastrine sopra i 450.000, ma nell'ospedale oncologico dove mi reco periodicamente il limite della piastrine è abbassato a 400.000.
Mi rendo conto della particolarità di queste domande, ma vorrei comunque sentire un vostro punto di vista in merito.
Grazie e buon lavoro.
(Alessandro)
Risposta
Caro Alessandro,
negli studi che trattano dell'aspettativa di vita nei pazienti affetti da malattie mieloproliferative croniche, tra i diversi parametri riportati si fa generalmente riferimento alla "sopravvivenza mediana", calcolata a partire dalla data di diagnosi. Non è possibile in alcun modo stimare il periodo di tempo intercorrente tra la comparsa del clone alla base della malattia mieloproliferativa e la diagnosi di quest'ultima, che può essere del tutto casuale (in occasione cioè di esami ematici di routine) o guidata dalla comparsa di sintomatologia più o meno specifica o da eventi vascolari caratteristici. Infatti, se da un lato non disponiamo degli strumenti atti ad identificare il momento preciso in cui emerge il clone responsabile della malattia mieloproliferaiva, dall'altro la diagnosi può avvenire in qualsiasi momento della storia naturale della malattia, occasionalmente o su sospetto clinico, come spiegato precedentemente. Appare dunque evidente l'impossibilità di esprimersi sia in linea generale che sul suo caso specifico.
Buongiorno, volevo chiedere un'informazione, dall'ultimo emocromo eseguito una settimana fa mi è stato prescritto lo Xagrid in quanto le piastrine sono ad 1300, cominciata terapia da qualche giorno, la cosa strana è che ho anche i globuli bianchi a 14.000, può essere la malattia? Unico problema al momento una presunta cistite (farò urino cultura domani) se non fosse la cistite dovrò a vostro parere ripetere la biopsia, in sostanza potrebbe trattarsi di Mielofibrosi o ancor peggio di una leucemia? Gli altri esami sono perfetti, ho 57 anni con Trombocitemia dal 2016 JAK positiva. Grazie e buon lavoro.
(Simonetta)
Risposta
Cara Simonetta,
l'incremento del valore di globuli bianchi in un paziente affetto da una malattia ematologica deve essere contestualizzato e valutato sulla base di numerose altre variabili cliniche e laboratoristiche. In generale, un incremento della conta leucocitaria può essere secondario ad un'infezione batterica, quale ad esempio una cistite, che rappresenta l'ipotesi più verosimile nel suo caso. In altri casi può rappresentare un aspetto proprio della malattia mieloproliferativa di base, sebbene sia più frequente nella policitemia vera; è tuttavia da considerare l'esistenza di forme "mascherate" di policitemia vera, che inizialmente si manifestano con i caratteri della trombocitemia essenziale e sviluppano solo in seguito le caratteristiche proprie della policitemia vera. Più raramente un incremento della conta leucocitaria può rappresentare la spia di un evoluzione in senso mielofibrotico o acuto.
Le consiglio di rivolgersi al suo ematologo di riferimento per una valutazione specialistica diretta.
Salve, soffro di politicemia dall'ottobre dell'anno 2019, JAK2 positivo, 44 anni; adesso il mio ematocrito si aggira sempre tra i 45 ed i 48; faccio salassi ogni due mesi circa; mi curo con cardioaspirina ogni giorno; volevo da voi un consiglio. Ho sentito parlare dello studio LOW-PV con farmaco besremi; per chi, come me, che ha una politicemia a basso rischio, milza non troppo ingrossata (17 cm) è consigliabile arruolarsi per cercare di avere una remissione molecolare completa? Oppure conviene ancora aspettare e continuare a curarsi con la cardioaspirina e fare salassi all'occorrenza?
Grazie in anticipo del vostro prezioso consiglio.
(Antonio)
Risposta
Caro Antonio,
lo studio clinico LOW-PV è uno studio interventistico randomizzato che valuta il beneficio dell'aggiunta di interferone peghilato alla terapia standard in pazienti affetti da policitemia vera a basso rischio. Si costituisce dunque di 2 possibili tipi di trattamento: braccio di terapia standard (flebotomia + ASA 100 mg/die) e braccio sperimentale (interferone alfa peghilato 100 ug ogni 2 sett + flebotomia + ASA 100 mg/die). L'arruolamento è ancora aperto in diversi centri italiani (Firenze, Bergamo, Napoli, San Giovanni Rotondo, Bologna, Udine, Roma, Milano, Monza, Pavia, Varese, Cuneo, Novara, Torino, Bari, Catania, Messina, Palermo, Verona, Padova, Vicenza).
La possibilità di arruolamento in uno studio clinico sperimentale si base su una valutazione del rapporto rischio/beneficio, per la quale devono essere tenute in considerazione numerosi variabili tra cui storia clinica, condizioni cliniche attuali, patologie concomitanti e disponibilità del paziente. Per una simile valutazione,si rivolga al suo ematologo curante che eventualmente potrà indirizzarla ad un Centro ematologico in cui è attiva la sperimentazione.
Buongiorno dottori,
vorrei maggiori informazioni sul presente e futuro del trial RuxoPeg, una combinazione che dati alla mano sembra possa influire nella storia naturale di MF e PV.
(Giuseppe)
Risposta
Caro Giuseppe,
la combinazione di ruxolitinib (Jakavi) e interferone-alfa 2A (Pegasys) è attualmente in studio in uno studio di fase 1/2 (per cui relativamente precoce) noto come RUXOPeg. I risultati preliminari relativi alla fase 1 dello studio sono stati presentati al congresso ASH (American Society of Hematology) che si è svolto a Dicembre 2019 negli Stati Uniti. Il dato più importante emerso dallo studio riguarda la buona tollerabilità della combinazione, che non ha presentato effetti avversi dose-limitanti nemmeno alla combinazione con la più alta dose dei 2 farmaci (in tutto sono state valutate 5 diverse combinazioni). Per quanto riguarda l'efficacia della combinazione, non è possibile ad oggi avere risultati certi, sebbene i dati preliminari siano incoraggianti, essendosi osservata una netta riduzione della splenomegalia e la normalizzazione dei valori emocromocitometrici nella maggior parte dei pazienti (10/10 pazienti hanno risposto).
Preme sottolineare la preliminarietà di questi dati, da cui la necessità di attendere lo sviluppo futuro di quseto e di altri studi correlati.
Buongiorno a tutti,
vorrei sapere qual è attualmente la mortalità del trapianto di midollo nelle forme di mielofibrosi secondaria ad alto rischio secondo lo score MYSEC-PM e se l'età avanzata costituisca di per sè un criterio di esclusione, anche in assenza di patologie concomitanti.
Grazie, cordiali saluti
(Enrico)
Risposta
Caro Enrico,
l'età rappresenta un'importante variabile nella valutazione dell'idoneità di un paziente affetto da mielofibrosi al trapianto allogenico di cellule staminali ematopoietiche. In linea generale, l'opzione trapiantologica è riservata a pazienti di età inferiore a 70 anni, sebbene possa essere considerata anche in soggetti di età superiore in buone condizioni cliniche e in assenza di comorbidità rilevanti dopo un'approfondita valutazione del rapporto rischio/beneficio.
Più in dettaglio, le attuali linee guida internazionali (Barbui, Tiziano, et al. "Philadelphia chromosome-negative classical myeloproliferative neoplasms: revised management recommendations from European LeukemiaNet." Leukemia, 2018) raccomandano di considerare la procedura trapiantologica in tutti i pazienti con diagnosi di mielofibrosi primaria o secondaria a rischio alto o intermedio-2 secondo i modelli DIPSS e DIPSS-plus e nei pazienti a rischio intermedio-1 con specifici fattori prognostici negativi quali anemia refrattaria e/o trasfusione-dipendente, blasti nel sangue periferico >2%, anomalie cromosomiche o mutazioni genetiche ad alto rischio.
Più recentemente sono stati sviluppati 2 nuovi modelli prognostici (MIPSS70 e MIPSS70-plus) rivolti specificatamente a pazienti in età trapiantologica (uguale o inferiore a 70 anni), che tengono in considerazione anche alcune mutazioni genetiche considerate ad alto rischio, chiamati e sulla base dei quali sono state proposte delle indicazioni per il trapianto allogenico. E' da considerare che tutti questi modelli prognostici sono stati sviluppati su coorti di pazienti con diagnosi di mielofibrosi primitiva, pur venendo ampiamente utilizzati anche nella valutazione prognostica e nella programmazione terapeutica dei pazienti affetti da mielofibrosi secondaria. Esiste un modello pronostico specifico per le forme secondarie di mielofibrosi chiamato MYSEC-PM (cui fa riferimento nella domanda), che tuttavia non è stato validato nel setting trapiantologico e pertanto non viene generalmente impiegato per valutare l'indicazione al trapianto allogenico.
Recentemente è stato pubblicato un lavoro che è andato a valutare la capacità predittiva del modello MYSEC-PM confrontato con il modello DIPSS in pazienti con mielofibrosi secondaria sottoposti a trapianto allogenico. I risultati di questo lavoro hanno dimostrato che il modello MYSEC-PM è in grado di predire la sopravvivenza in questa categoria di pazienti in maniera migliore rispetto al modello DIPSS. Più in particolare, per rispondere alla sua domanda, in base a questo studio la sopravvivenza a 4 anni dei pazienti a rischio alto secondo lo score MYSEC-PM è pari al 22%.
Buongiorno Dottorissimi, ho letto su un forum Americano che alcuni pazienti affetti da TE sono guariti del tutto usando Interferone Pegasys (about 2 years to reach ematological remission whit pegasys), è vero secondo voi?
Io sto in cura con HU e sto notando che al minimo sforzo mi viene l'affanno. Dipende dalla mascherina, dalla malattia o dall'oncocarbide?
Grazie mille.
(Fabio)
Risposta
Caro Fabio,
la remissione molecolare completa (condizione definita dalla non rilevabilità della mutazione driver alle indagini di biologia molecolare) è stata riportata in alcuni studi sull'interferone-alfa (principalmente la formulazione peghilata) in pazienti con policitemia vera (PV) e trombocitemia essenziale (TE). E' stato ipotizzato che in alcuni casi la remissione molecolare completa possa corrispondere all'eradicazione del clone mutato alla base della malattia, rappresentando una sorta di "guarigione funzionale". Tuttavia, impiegando metodiche di biologia molecolare più sensibili, è in genere dimostrabile la persistenza del clone malato, suggerendo dunque l'impossibilità della sua completa eliminazione.
Ciò non toglie che l'ottenimento della remissione molecolare completa si associa ai benefici clinici maggiore del trattamento. Ad oggi sono stati pubblicati 2 grandi studi che hanno valutato il profilo di efficacia e tollerabilità dell'interferone-alfa 2A pegilato (Pegasys) in pazienti con PV e ET.
Si tratta di uno studio prospettico di fase 2 che ha arruolato 83 pazienti totali affetti da PV (43) e TE (40) senza particolari altri criteri di inclusione (Masarova, Lucia, et al. "Pegylated interferon alfa-2a in patients with essential thrombocythaemia or polycythaemia vera: a post-hoc, median 83 month follow-up of an open-label, phase 2 trial." The Lancet Haematology, 2017); e di uno studio prospettico di fase 2 più recente che ha arruolato un totale di 115 pazienti con diagnosi di PV ad alto rischio (65 e TE ad alto rischio (50) resistenti o refrattaria a idrossiurea (Yacoub, Abdulraheem, et al. "Pegylated interferon alfa-2a for polycythemia vera or essential thrombocythemia resistant or intolerant to hydroxyurea." Blood, 2019). Il primo studio ha un tempo di follow-up maggiore rispetto al secondo e ha consentito di evidenziare che una quota non trascurabile di pazienti trattati ha ottenuto una remissione molecolare completa anche di lunga durata. Più in particolare, circa il 20% di pazienti con PV e il 9% di pazienti con ET ha ottenuto una remissione molecolare completa con una durata media di 70 e 54 mesi rispettivamente.
Per quanto riguarda il senso di affanno che riferisce, si rivolga al suo medico curante per una valutazione specialistica in prima persona.
Non ho chiara una cosa. Policitemia vera e insufficienza renale. Come già riferito in precedenza, sono affetto da entrambe le cose. Dopo sospensione di oncocarbide per 3 mesi, Hb è scesa da 15 a 12 ma non i GB e piastrine che sono aumentati. Dovrò riprendere oncocarbide per controllare i GB e piastrine con probabile ulteriore calo di Hb.
Domanda: se quest'ultima si abbassa troppo, è ragionevole pensare alla componente renale e somministrare EPO? In altre parole i GRossi, nel midollo, sono prodotti solamente dal clone cellulare della PV o anche da normale emopoiesi sensibile a EPO?
Spero di essere stato chiaro.
(Fabrizio)
Risposta
Caro Fabrizio,
nella policitemia vera l'eritropoiesi è sostenuta in gran parte dalla componente clonale che determina un eccesso di produzione di eritrociti. Ciò è dovuto al fatto che la "catena di montaggio" dei globuli rossi clonali è sia indipendente dalla stimolazione da parte dell'eritropoietina (che regola normalmente l'attività eritroietica) sia ipersensibile alla stimolazione da parte dell'eritropoeitina, per cui anche a bassi livelli dell'ormone è possibile osservare una risposta eritropoietica esagerata. In aggiunta, si consideri che la risposta fisiologica dell'organismo nei pazienti affetti da policitemia vera è una riduzione della produzione renale di eritropoietina nel tentativo (evidentemente vano) di riportare entro i limiti di normalità la produzione di globuli rossi da parte del midollo osseo.
Per tale motivo, nei pazienti affetti da policitemia vera gli analoghi sintetici dell'eritropoietina (le cosiddette epoetine) non trovano razionale d'impiego, nemmeno in presenza di una concomitante insufficienza renale cronica in stadio avanzato dal momento che l'eritropoiesi è indipendente dallo stimolo eritropoietico. In caso di comparsa e persistenza di un quadro di anemia, è pertanto consigliabile valutare altre possibilità, tra cui una tossicità midollare del trattamento riduttivo o una modificazione della malattia in senso mielofibrotico.
Buongiorno,
ho 63 anni e mezzo,sono affetto da mielofibrosi secondaria a PV, cariotipo normale, JAK-2 positivo. Nell'autunno 2017 iniziai il Ruxolitinib; a maggio 2018 accusai un grave stato settico mentre assumevo 10+5 mg, da allora vengo trattato con 5 mg X 2.
Malgrado il basso dosaggio le dimensioni della milza rimanevano stabili (pre-trattamento l'organo arrivava in fossa iliaca sinistra): diametro longitudinale 23 cm, epigastrio e mesogastrio liberi. Gli esami di laboratorio dello scorso febbraio mostravano Hb. 11.4, GB e Plt nella norma, LDH 1200 U/l.
Da una decina di giorni, durante questo lockdown, ho iniziato ad accusare sporadicamente dispepsia, extrasistolia e singhiozzo, all'autopalpazione la milza ha la stessa lunghezza, ma deborda 3 dita dalla linea xifoombelicale. Il mio Omcologo, contattato telefonicamente, mi ha prescritto un breve ciclo di Prednisone per poi rifare il punto della situazione in ambulatorio. Nel frattempo ho letto un po' di letteratura sulla splenomegalia nella MF. Mi pare di capire che le opzioni siano:
1) Incremento del dosaggio del Ruxolitinib
2) Tdrossiurea (non posso assumerla avendo avuto in passato ulcere perimalleolari e tumori cutanei da Oncocarbide)
3) Ruxolitinib + Talidomide
4) Irradiazione
5) Splenectomia (con alti rischi di mortalità e morbidità).
Non credo che ai dosaggi bassi finora assunti di Ruxolitinib si possa parlare nel mio caso di splenomegalia resistente al Jakavi. Ma sia io che il mio Oncoematologo di fiducia abbiamo ben presente quel che è successo aumentando il Ruxolitinib due anni fa. Certo adesso le cose sono cambiate, peso circa 14 kg in più, all'epoca ero 69 kg per 185 cm.
Vi chiedo: che approccio adottereste nel mio caso?
Mille grazie.
(Aurelio)
Risposta
Caro Aurelio,
lo scopo del sito AGIMM, ed in particolare della sezione dedicata alle domande dei pazienti, è la diffusione in forma fruibile ed ampia di informazioni generali e relative alle più recenti ricerche mediche da parte di un gruppo di studiosi italiani riuniti in un programma di ricerca focalizzato sulle neoplasie mieloproliferative croniche. Non verranno per questo mai espressi pareri medici su situazioni personali o valutazioni su diagnosi e cure in corso. Relativamente alla sua domanda, posso confermarle che i disturbi riferiti sono verosimilmente correlabili alla splenomegalia, che ingrandendosi e/o modificando la sua posizione in ambito addominale possono determinare sintomatologia dolorosa, disturbi gastrointestinali di tipo funzionali e alterazioni del sonno.
Le consiglio di rivolgersi al suo medico curante per valutare in maniera approfondita e diretta l'evoluzione nel tempo della splenomegalia e dei sintomi ad essa correlati che, se persistenti, ingravescenti e/o severamente impattanti sulla qualità di vita, potrebbero richiedere un aggiustamento o una modificazione della terapia farmacologica in corso.
Gentili dottori,
sono affetto da mielofibrosi secondaria (da TE) da 4 anni, trattato con JAKAVI sono trasfusione-dipendente, mediamente con oltre 60.000 globuli bianchi, piastrine nella norma (ca. 200.000).
A distanza di pochi giorni Vi scrivo una seconda volta per la situazione della mia splenomegalia che da circa un mese mi dà non pochi problemi quando sono seduto, e, peggio, a letto, interrompendo il sonno numerose volte.
Dalla rilevazione dell'ultimo Eco-addome del 10 febbraio u.s. le dimensioni della milza sono:
diametro longitudinale cm. 19,5; coronale cm. 13; antero posteriore cm. 12, col particolare che dalla data dell'Eco, la milza mi sembra ulteriormente aumentata.
Poiché la mielofibrosi nel tempo si accentuerà Vi chiedo se vi siano modalità riduttive del disagio o della milza stessa (radioterapie od altro).
Chiedo anche a che dimensioni della milza vada di norma effettuata la sua rimozione.
Grazie.
(Mario)
Risposta
Caro Mario,
la splenomegalia è la manifestazione più caratteristica della mielofibrosi, è presente in quasi tutti i malati ed è responsabile di una serie di disturbi che possono talora compromettere in maniera significativa la qualità di vita del paziente: pesantezza addominale, difficoltà digestive, sazietà precoce, dolori addominali, diarrea o stitichezza, tosse secca non produttiva, disturbi urinari, disturbi del riposo notturno, difficoltà a piegarsi e/o ad effettuare un certo tipo di attività, edema a carico degli arti inferiori. L'aumento del volume della milza è dovuto all'accumulo in questo organo di cellule fuoriuscite dal midollo osseo (emopoiesi extramidollare).
Il trattamento della splenomegalia è indicato in caso di aumento progressivo e significativo del volume splenico e/o presenza di disturbi correlati alla splenomegalia (in genera quando la milza supera le dimensioni di 5-10 cm dall'arcata costale).
Tra i farmaci impiegati ricordiamo i citostatici (principalmente l'idrossiurea), che hanno tuttavia scarsa efficacia nel ridurre il volume della milza, e i JAK inibitori come il ruxolitinib (Jakavi), che invece consentono di ottenere un buon controllo della splenomegalia e dei disturbi ad essa correlati in oltre il 50% dei pazienti trattati con una durata meda della risposta di oltre 3 anni.
La splenectomia rappresenta un'ulteriore opzione terapeutica riservata tuttavia ad casi selezionati in considerazione dei non trascurabili rischi associati in termini di morbilità e mortalità.
Non esiste un preciso valore di splenomegalia per cui è indicata la rimozione dell'organo. Più dettagliatamente, secondo le attuali linee guida europee, la splenectomia può trovare indicazione nei casi in cui la splenomegalia è refrattaria alle terapie mediche disponibili (idrossiurea, Jakavi, farmaci sperimentali) o si accompagna a anemia e/o piastrinopenia non responsive a terapia e tali da indurre trasfusione dipendenza.
Infine, l'irradiazione splenica per ridurre il volume della milza nella mielofibrosi è oramai poco praticata perché la sua efficacia è generalmente transitoria e il trattamento si associa in circa il 30% dei pazienti a gravi e persistenti anemia, leucopenia e piastrinopenia.
Buongiorno gentilissimi dottori, la trombocitemia essenziale è una leucemia Mieloide cronica? Grazie.
(Pietro)
Risposta
Caro Pietro,
la trombocitemia essenziale fa parte di una famiglia di patologie che vengono definite "malattie mieloproliferative croniche Philadelphia-negative". Il termine "mieloproliferative" indica che si tratta di un'alterazione che si verifica nelle cellule del midollo osseo che si manifesta con l'aumento della loro capacità di crescita fino a produrre più cellule mature della norma (in questo caso le piastrine).
Le malattie mieloproliferative croniche comprendono, oltre alla trombocitemia essenziale, anche la policitemia vera e la mielofibrosi. La leucemia mieloide cronica è un'altra malattia mieloproliferativa caratterizzata dalla presenza del cromosoma Philadelphia, una particolare alterazione cromosomica che rende questa malattia un'entità peculiare in termini patologici, prognostici e terapeutici.
Chiedo se l'oncocarbide che è un farmaco che prendo per policitemia può essere favorevole o meno per immunità al Covid19.
(Valeria)
Risposta
Cara Valeria,
ad oggi non sono disponibili dati sull'interazione tra trattamento con idrossiurea (Onco Carbide) e infezione da SARS-CoV-2. Tuttavia, è improbabile che tale farmaco citoriduttivo possa avere un effetto improbabile nei confronti dell'infezione virale.
Gentili ricercatori, sono gentilmente a richiedere il vostro prezioso parere riguardo la situazione clinica di mia nonna (79 anni).
Risulta affetta da mielofibrosi da 12 anni circa e dopo una terapia con oncocarbite che non risultava più efficace sui suoi valori di piastrine (cc 900.000), dal 2012 assume il farmaco chemioterapico JAKAVI. Pur avendo ridotto la dose giornaliera a 15 mg al giorno, con la sola assunzione serale, ad oggi l'effetto probabilmente collaterale che si trova a dover fronteggiare su tutti (dopo anche due episodi di embolie polmonari a distanza di 12 mesi l'una dall'altra, la prima delle quali avvenuto a seguito di immobilizzazione continuata per caduta non affrontata con eparina) è la forte anemia. La prima trasfusione è avvenuta lo scorso gennaio, ripetuta il 3 marzo: il valore dell'emoglobina post trasfusione di 10.3 oggi risulta a 7.8 tanto da dover riprogrammare una terza trasfusione.
Ci chiedevamo se ha senso prendere in considerazione una terapia a base di eritropoietina che la possa aiutare a mantenere l'emoglobina entro livelli accettabili, o comunque non inferiore ad 8. Conoscevamo, grazie anche alla dottoressa che segue il suo caso, che l'evoluzione della malattia sarebbe consistito in una necessità trasfusionale ma non immaginavamo che al momento della manifestazione, la necessità fosse cosi accelerata con frequenza subito mensile. Si tratta di una accelerazione della malattia o di una modalità "comune" di palesarsi su pazienti affetti da mielofibrosi come lei?
Esiste un esame per conoscere lo stato di avanzamento della malattia in maniera abbastanza ponderato? Mi era sembrato di leggere qualcosa di simile qualche anno fa nel reparto dedicato dell'ospedale di S. Donato Milanese.
Tra i farmaci con principio eritropoietina trovo Eprex, Aranesp, Epoxitin, Globuren,Nespo, Neorecormon. Esistono delle differenze sensibili tra di essi in termini di efficacia dimostrata con studi?
Sono arrivata a conoscenza delle informazioni sopra riportate e di cui chiedo maggior delucidazione da parte di esperti, da una mia ricerca sul web, mossa dalla vicinanza alla problematica (piuttosto ovvia) e per avere alle spalle studi in ambito biomedicale che mi permettono di affrontare più facilmente questo genere di approfondimenti rispetto ai miei familiari che vorrei troppo aiutare. Prima di conoscere l'esistenza di questi farmaci "sostituti" o auspicabilmente tali delle trasfusioni, io pensavo all'acido folico, come si somministra alle donne in gravidanza che manifestano anemia. In soggetti affetti da mielofibrosi trattasi di una scelta sbagliata? Può essere considerato in sostituzione dell'eritropoietina o meglio come coadiuvante?
Grazie mille in anticipo per la disponibilità che vorrete concedermi e non in ultimo per la passione e la professionalità che vi contraddistinguono. A volte anche un parere serio e stimato è un farmaco salvavita! Spero che le mie domande e soprattutto le vostre risposte possano aiutare noi e molti altri.
Grazie!
(Ilaria)
Risposta
Gentile Sig.ra,
l'anemia rappresenta una delle manifestazioni cliniche più tipiche e frequenti della mielofibrosi. Può presentarsi con variabile entità, da una lieve anemia asintomatica che non richiede interventi terapeutici a forme di anemia severa con necessità di supporto trasfusionale cronico e trattamento farmacologico. Il grado di anemia, ed i sintomi ad essa correlati, possono modificarsi nel tempo in maniera più o meno rapida come conseguenza dell'evoluzione naturale della malattia. E' tuttavia da considerare che anche alcuni farmaci impiegati comunemente nel trattamento dei pazienti con mielofibrosi possono determinare anemia come conseguenza di una tossicità midollare, tra cui i farmaci citoriduttivi (idrossiurea, busulfano) e i JAK inibitori come il ruxolitinib. Nel caso specifico di sua nonna, è verosimile che l'anemia trasfusione-dipendente sia dovuta sia allo stato di avanzamento della malattia che ad un effetto indesiderato del trattamento con ruxolitinib.
Lo stato di avanzamento della mielofibrosi può essere definito sulla base di diverse variabili che comprendono dati emocromocitometrici, clinici (splenomegalia, presenza di sintomi costituzionali, ecc.) ed istopatologici (quadro morfologico alla biopsia osteomidollare).
Il trattamento dell'anemia nei pazienti con mielofibrosi è indicato solo nelle forme moderate/severe (generalmente definite da valori di emoglobina inferiori a 10 g/dL) e/o con sintomi correlati all'anemia. Oltre al supporto trasfusionale, esistono diversi farmaci che possono trovare impiego nel trattamento dell'anemia nei pazienti con mielofibrosi, generalmente associati a tassi di risposta bassi e a breve durata della risposta: corticosteroidi, epoetine (analoghi ricombinanti dell'eritropoietina umana), immunomodulanti (thalidomide, lenalidomide), androgeni e loro derivati (come il danazolo).
Per quanto riguarda le epoetine, il loro impiego è associato a una probabilità di risposta variabile tra il 15 e il 40% a seconda degli studi. La probabilità di ottenere un miglioramento dell'emoglobina è maggiore se il livello basale di eritropoietina sierica è inferiore a 125 mU/ml e se il paziente non presenta fabbisogno trasfusionale. Esistono in commercio diversi prodotti farmacologci a base di eritropotina umana ricombinante, che differiscono da un punto di vista chimico solo per lievi modificazioni della catena proteica e/o dello stato di glicosilazione della proteina: epoetina-alfa (Eprex, Binocrit), epoetina-beta (Neorecormon), epoetina-zeta (Retacrit), e darbopoetina-alfa (Aranesp).
Non esistono ad oggi studi in grado di definire la superiorità di un prodotto rispetto ad un'altro nel trattamento dell'anemia nei pazienti con mielofibrosi, sebbene sembrino avere un profilo di efficacia del tutto sovrapponibile. Per tale motivo vengono generalmente impiegate in maniera indifferente e secondo disponibilità.
Infine, per quanto riguarda l'acido folico, si tratta di una vitamina essenziale in diversi processi biologici tra cui l'eritropoiesi (il processo di formazione e maturazione dei globuli rossi nel midollo osseo). Per tale motivo viene impiegato per la correzione dell'anemia secondaria a deficit di acido folico (frequentemente insieme alla vitamina B12) e per supportare l'eritropoiesi e altri processi biologici in caso di elevata domanda di acido folico da parte dell'organismo, come la gravidanza e alcune malattie ematologiche associate ad elevato turnover cellulare. Nel caso della mielofibrosi, l'impiego dell'acido folico ha un ruolo marginale qualora sia presente un deficit della vitamina o si intenda prevenirne la carenza come conseguenza dell'elevata attività eritropoietica (in gran parte inefficace).
Gentili dottori, sono affetto da PV in trattamrnto con Jakavi da due anni. Dall'ultimo controllo di esami ematologci è emerso una ipertrigliceridemia valore 211 mg/dl ma con valori normali di colesterolo HDL 29 mg/dl e LDL 90 mg/dl, associata una carenza di vitamina D, valore 5,8 ng/ml. Questi valori possono essere attribuiti alla terapia con Jakavi? Posso assumere la vitamina D durante il trattamento con Jakavi?
Infine per i trigliceridi è il caso di iniziare ad assumere delle statine?
Nel ringraziarvi per la vostra disponibilità, porgo i più cordiali saluti.
(Giuseppe)
Risposta
Caro Giuseppe,
il trattamento con ruxolitinib si associa ad una varietà di modificazioni metaboliche, verosimilmente legate alla riduzione dello stato proinfiammatorio caratteristico delle malattie mieloroliferative croniche ed in particolare della mielofibrosi. Tra queste manifestazione, l'ipertrigliceridemia è relativamente frequente sebbene generalmente di lieve/moderata entità. Per tale motivo è generalmente consigliato il monitoraggio dell'assetto metabolico nei pazienti trattati con ruxolitinib (trigliceridi, colesterolo, glucosio, peso corpore, ecc.). In caso di alterazioni metaboliche in corso di trattamento, è sicuramente indicato il trattamento, in prima linea con misure di natura dietetica e, se non sufficienti, attraverso l'introduzione di terapia farmacologica (le statine sono indicate per il trattamento dell'ipercolesterolemia).
Per quanto riguarda la vitamina D, non è ad oggi nota alcuna controindicazione alla terapia sostitutiva in concomitanza con il ruxolitinib.
Ci sono dati di laboratorio, sintomi o segni probatori nella evoluzione della policitemia vera in fibrosi midollare? La malattia, in assenza di anemia, può spiegare una profonda astenia al minimo movimento?
(Fabrizio)
Risposta
Caro Fabrizio,
l'evoluzione della policitemia vera in mielofibrosi si manifesta con una variabile e non costante alterazione sia dei parametri ematici (aumento o riduzione dei globuli bianchi, riduzione dei valori di emoglobina, riduzione della conta piastrinica, comparsa di forme immature nel sangue periferico), della sintomatologia (astenia/spossatezza, calo ponderale, febbre, dolori ossei) e dei reperti obiettivi (comparsa o incremento della splenomegalia e talora dell'epatomomegalia). Nel sospetto di evoluzione in mielofibrosi da parte dell'ematologo, è necessario effettuare l'esame del midollo osseo, che permette di osservare la presenza di tessuto fibroso (un insieme di fibre intrecciate tra loro) tipico della mielofibrosi e le altrettanto tipiche alterazioni nella forma e nel numero delle cellule precursori sia dei globuli rossi che dei globuli bianchi e delle piastrine.
Per quanto riguarda l'astenia, nella policitemia vera e in genere nelle malattie mieloproliferative croniche tale generica sensazione di stanchezza e spossatezza è di frequente riscontro e spesso non è associata a nessuna particolare alterazione emocromocitometrica (come ad esempio l'anemia), costituendo parte integrante della corredo sintomatologico della malattia ematologica. Tuttavia, l'entità dell'astenia deve essere valutata in ogni paziente e contestualizzata in relazione al tipo di malattia mieloproliferativa, allo stadio della malattia stessa, agli esami ematici, all'età e alle comorbidità del soggetto. Di certo una "profonda astenia al minimo movimento" merita un'attenta valutazione. Le consiglio di rivolgersi al suo ematologo di riferimento per valutare la reale entità della sintomatologia e, qualora necessario, per eventuali approfondimenti mirati.
Bravissimi, approfitto della vostra disponibilità per esporvi i miei timori.
Vi ricordo i miei dati: ho 53 anni, da tre con policitemia a basso rischio e che gestisco con aspirina e salassi 4/5 l'anno. Da circa un mese affetto da una lieve persistente infiammazione alle vie respiratorie con pochissimo espettorato quando tossisco (non frequentemente). Temperatura corporea giornaliera da 36,2 a 36,5. Da escludere covid 19 perché negativo il tampone. E' manifestazione della policitemia? Il mio emocromo mensile evidenzia costante tendenza al rialzo di piastrine e globuli bianchi.
Recentemente(9-04-2020): i miei globuli rossi7,11; i bianchi 14,20; emoglobina 12,7; ematocrito45,1; piastrine 819.
Nel mese precedente(marzo 2020): globuli rossi 7,26; bianchi 11,41; emoglobina12,9; ematocrito46,2; piastrine 678 (notevole il picco rispetto al mese precedente).
Espongo di seguito la mia preoccupazione. Al centro oncoematologico, il medico che mi segue (mai lo stesso), per sua decisione, mi controlla una volta l'anno. Impossibile contattarlo anche telefonicamente per delucidazioni, essendo impegnatissimo. I rapporti mi sembrano burocratici, senza estensione alcuna sulla patologia. Nell'ultima relazione stilata al controllo stabilito, maggio 2019, egli ha scritto: "Anticipare la visita se piastrine superiori a 600 e globuli bianchi stabilmente a 10.000". Detto particolare, a me non detto oralmente, ho conosciuto recentemente (mea culpa) rileggendo per caso il referto del 2019. Mi sono allarmato giacché piastrine e globuli bianchi sono da tempo al di sopra. Sono alla soglia di rischi trombotici o di mielofibrosi? O bisogna ricorrere a terapia citoriduttiva? Terapia che mi illudevo di procrastinare dopo i 60 anni e con farmaci forse più efficaci.
Il primo farmaco propostomi sarà certamente la centenaria idrossiurea che, a lungo utilizzo, è leucemogenico secondo qualcuno, per molti manca evidenza in tal senso. Io preferirei evitarla. Il prof. Vannucchi suggerisce, per i più giovani, il pegilato, rivalutato, a suo dire, nell'ultimo convegno a San Diego, perché di importanti prospettive, agendo a lungo uso sulla radice della malattia; ma non è prescrivibile. Il Besremi che è a base di interferone può essere un'alternativa terapeutica?
Desiderei conoscere se si sono riviste le linee guida per la diagnosi di policitemia: la mia diagnosi risale al 2017, mi è stata fatta la biopsia osteomidollare, adesso si faranno indagini con metodi e mezzi più sofisticati e più precisi, certamente. Ma noi malati che siamo un numero perché nessuno ci ha presentato, apprendiamo qualcosa attraverso sparuti articoli che spesso sono imprecisi o creano false speranze. Una terapia mirata e personalizzata presuppone indagini più moderne? Per questo ricorriamo a voi che siete l'unico punto di riferimento.
Con tante scuse e mille ringraziamenti. Demetrio.
(Demetrio)
Risposta
Caro Demetrio,
- La lievissima sintomatologia respiratoria riferita è difficilmente correlabile alla policitemia vera.
- L'andamento dei valori emocromcitometrici, quest'ultimi vanno incontro fisiologicamente, e in misura maggiore nei pazienti affetti da malattie ematologiche mieloproliferative, ad oscillazioni poco prevedibili e frequentemente non correlabili a nessuna condizione concomitante. Le modificazioni riportate potrebbero essere dovute alla malattia ematologica di base, potendo in tal caso modificare lievemente il rischio trombotico (in relazione principalmente all'incremento dei leucociti), modificazione molto difficile se non impossibile da valutare e modificare. Tuttavia non è possibile escludere altre cause "reattive", come ad esempio un processo infiammatorio transitorio in grado di determinare l'incremento sia della conta leucocitaria che di quella piastrinica. Da qui la necessità di monitorare l'emocromo ed altri valori ematochimici ad intervalli ragionevoli e di correlarli a dati anamnestici e clinici. Per tale motivo, alla luce anche di quanto riportato nella relazione relativa all'ultima visita ematologica, le consiglio di rivolgersi al suo ematologo di riferimento per una valutazione specialistica. Ad ogni modo, i valori emocromocitometrrici non pongono il sospetto di evoluzione in mielofibrosi e non richiedono alcuna terapia citoriduttiva.
- Il Besremi (ropeginterferon-alfa-2b) ad oggi è stato approvato dall'EMA per il trattamento dei pazienti con polictemia vera senza splenomegalia. Ancora non c'è una data prevista per l'approvazione da parte di AIFA e il farmaco risulta collocato nell'apposita sezione dedicata ai farmaci non ancora valutati ai fini della rimborsabilità (in accordo all'art. 12, comma 5 della legge n. 189/2012).
- La diagnosi di polcitemia vera si basa ancora oggi sui criteri definiti dall'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) nel 2016 e non sono in previsione ulteriori revisioni. Sia alla diagnosi che in corso di follow-up non sono indicate indagini più approfondite per guidare le scelte terapeutiche, essendo quest'ultime dettate esclusivamente da dati clinici ed anamnestici (principalmente età e storia di eventi vascolari).
Gentili Dottori, sembra ormai certo che siano le formazioni tromboemboliche collegate al covid 29 a portare alla morte. Per noi malati di trombocitemia, in cura ma con valori di piastrine spesso molto alti, ci può essere la speranza di uscirne vivi? Se nella necessità di ricovero per covid, le cure per via orale (oncocarbide o altro) vengono sospese o continuano? Che tipo di approccio terapeutico viene utilizzato nei nostri confronti?
Grazie.
(Antonella)
Risposta
Gentile Antonella,
i dati ad oggi disponibili sui meccanismi fisiopatologici alla base della malattia COViD-19 causata dal virus SARS-CoV-2 sono scarsi e preliminari, richiedono ulteriore studio e verifica, e non permettono certamente di trarre conclusioni definitive. E' probabile che l'infezione da SARS-CoV-2 si associ ad uno stato trombofilico di molteplice origine e natura, come suggerito dall'alterazione di diversi parametri coagulativi e dall'aumentata incidenza di fenomeni trombo-embolici emerse nei primi studi su pazienti affetti da COVID-19. Lo stato trombofilico associato all'infezione da SARS-CoV-2 può essere dovuto a diversi fattori, tra cui lo stato pro-infiammatorio determinato dall'infezione stessa e un possibile (da verificare) danno vasculitico a carico in particolare dei piccoli vasi polmonari, con possibile contributo all'insufficienza respiratoria tipica della malattia, ma anche ad altri grossi e piccoli vasi dell'organismo.
Come già detto, tali dati sono immaturi e necessitano di studio ulteriore.
Nei pazienti affetti da malattie mielorpoliferative croniche, l'eventuale infezione da SARS-CoV-2 non pregiudica la terapia ematologica in atto se non in caso di complicanze o intolleranza con altri farmaci utilizzati per il trattamento del COVID-19. Colgo l'occasione per sottolineare l'importanza di fare riferimento solo alle comunicazioni provenienti da fonti istituzionali (Ministero della Salute, Protezione Civile) ed affidarsi per qualsiasi dubbio o domanda specifica al proprio centro Onco-Ematologico di riferimento evitando di intraprendere azioni in autogestione. Su questo sito è inoltre possibile consultare una lista di consigli sviluppata dai clinici e ricercatori del gruppo AGIMM e MYNERVA per la gestione dei pazienti affetti da malattie mielorpoliferative croniche in questa fase di emergenza sanitaria (http://www.progettoagimm.it/Varie/MPN-COVID.pdf) .
Ancora grazie per la vostra attenzione nei nostri confronti e una serena Pasqua a tutti voi.
(Vincenzo)
Risposta
Caro Vincenzo,
un sentito ringraziamento. Cogliamo l'occasione per ricambiare gli auguri per una felice e serena Pasqua.
Salve, ho 44 anni, ho la politicemia da 6 mesi, JAK 2 positivo; pratico solo salassi all'occorrenza e prendo cardioaspirina tutti i giorni. Volevo porvi 3 domande:
1) Che differenza c'è tra la cardioaspirina e l'aspirina comune?
2) E' vero che alcuni pazienti affetti da politicemia hanno avuto una remissione molecolare completa, JAK2 negativo, con il nuovo interferone ropeg?
3) E' possibile partecipare allo studio low pv?
Grazie anticipatamente e vi auguro una buona Pasqua.
(Antonio)
Risposta
Caro Antonio,
cerco di rispondere alle tue domande una ad una:
- Cardioaspirin e Aspirina normale contengono lo stesso principio farmacologico (acido acetilsalicilico) ma a dosaggi differenti, rispettivamente 100 mg e 400-500 mg (a seconda del prodotto farmaceutico specifico).
- La remissione molecolare completa (condizione definita dalla non rilevabilità della mutazione del gene JAK2 alle indagini di biologia molecolare) è stata riportata in alcuni studi sull'interferone-alfa (principalmente la formulazione peghilata) in pazienti con policitemia vera. In particolare, uno studio di fase 2 che ha arruolato 43 pazienti con policitemia vera trattati con interferone alfa-2a pegilato (PEG-IFN-α-2a) ha dimostrato l'ottenimento di una remissione molecolare completa duratura (anche in seguito alla sospensione del farmaco) nel 18% dei pazienti (Quintás-Cardama, Alfonso, et al. "Molecular analysis of patients with polycythemia vera or essential thrombocythemia receiving pegylated interferon α-2a." Blood, The Journal of the American Society of Hematology 122.6 (2013): 893-901).
- lo studio LOW-PV è uno studio interventistico randomizzato che valuta il beneficio dell'aggiunta di interferone peghilato alla terapia standard in pazienti affetti da policitemia vera a basso rischio: braccio di terapia standard (flebotomia + ASA 100 mg/die) vs braccio sperimentale (interferone alfa peghilato 100 ug ogni 2 sett + flebotomia + ASA 100 mg/die). L'arruolamento è ancora aperto in diversi centri italiani (Firenze, Bergamo, Napoli, San Giovanni Rotondo, Bologna, Udine, Roma, Milano, Monza, Pavia, Varese, Cuneo, Novara, Torino, Bari, Catania, Messina, Palermo, Verona, Padova, Vicenza). Di seguito trova il link del motore di ricerca dei trials clinici in modo da poter consultare i dettagli dello studio e dei centri che arruolano i pazienti: https://clinicaltrials.gov/ct2/show/NCT03003325?term=pegylated+interferon&cond=Polycythemia+Vera&cntry=IT&draw=2&rank=4
Bravissimi, con profonda gratitudine per il vostro lavoro e per la paziente attenzione, auguro sinceramente a Voi e alle vostre famiglie una Pasqua serena e gioiosa.
(Demetrio)
Risposta
Caro Demetrio, un sentito ringraziamento. Cogliamo l'occasione per ricambiare gli auguri per una felice e serena Pasqua.
Gentili dottori,
mi è stato diagnosticato recentemente un sarcoma mieloide a livello cutaneo. A livello BOM è stata rilevata una quota di precursori immaturi CD34+ pari al 4% della cellularità, senza elementi riferibili alla patologia mieloide NPM+ osservata nella cute.
Quei precursori immaturi cd34+ sono una presenza normale o indicano una possibile patologia non legata al sarcoma?
E' stata anche rilevata NEL SANGUE PERIFERICO la presenza di WT1 in numero di 1759 copie e l'assenza di mutazioni dei geni NPM1 e FLT3. Che significato può avere tale presenza e tali assenze?
Grazie.
(Roberto)
Risposta
Gentile signore,
le ricordiamo che questo spazio è dedicato ai pazienti con neoplasie mieloproliferative croniche Philadelphia-negative. La quota di cellule CD34+ (precursori emopoietici di tutte le cellule del sangue periferico) nel midollo osseo è normalmente pari a 1-2%. I geni WT1, NPM1 e FLT3 sono geni mutati con variabile frequenza in alcune forme di leucemia mieloide acuta e, meno frequentemente, in alcune neoplasie mieloidi croniche. La invitiamo a rivolgersi al suo ematologo per avere maggiori chiarimenti in merito.
72 anni, policitemia vera da 3 anni in trattamento con oncocarbide 500 mg al giorno e cardioaspirina. Insufficienza renale cronica stadio 4. Ipertensione in trattamento. Prediabete. Nefrectomia dex 10 anni fa per K e nefrectomia parziale controlaterale per recidiva 2 anni fa. Buon controllo emocromo.
Due mesi fa ho sospeso oncocarbide per calo Hb (da 15 a 13) con piastrine 350.000, GB 8000 e volume corpuscolare medio sempre alto (112), GR 3.500.000. Dopo i 2 mesi di sospensione, Hb stabile a 13 con aumento piastrine (700.000)e GB (11.000).
Vorrei chiedere se la stabilità di Hb ovvero il suo mancato aumento con lo stop di oncocarbide, ma con aumento di piastrine e GB, può dipendere dalla insufficienza renale. Inoltre, da cosa dipende l'elevato volume corpuscolare medio dei GR? Dovrei anche indagare sanguinamento occulto per il mancato aumento di Hb?
Ultima domanda: se l'ematocrito rimane sotto i 40, è necessario assumere aspirinetta?
(Fabrizio)
Risposta
Caro Fabrizio,
il mancato incremento del valore di emoglobina, in seguito alla lieve riduzione per cui è stata sospesa la terapia con idrossiurea, potrebbe essere correlata a diversi fattori, tra cui un cambiamento della natura della malattia ematologica stessa, perdite ematiche, ecc.. Con particolare riferimento alla patologia renale, è noto che i pazienti con insufficienza renale in stadio avanzato tendono a sviluppare un forma di anemia secondaria a deficit di eritropoietina (EPO), motivo per il quale necessitano frequentemente di supporto con epoetine sintetiche. Tuttavia, la coesistenza di un'insufficienza renale cronica avanzata con una malattia ematopoietica clonale che interessa in particolare la serie eritrocitaria, pur non interferendo con l'eritropoiesi clonale (per definizione EPO-indipendente) può rendere complessa l'interpretazione del quadro clinico. Per tale motivo le consiglio di rivolgersi al suo ematologo curante per far chiarezza sulla natura del mancato incremento del valore di emoglobina.
Per quanto riguarda l'aumento del volume corpuscolare medio (MCV), condizione nota come macrocitosi, si tratta di un effetto secondario alla terapia con idrossiurea, non correggibile.
Infine, il trattamento con aspirinetta è indicato in tutte le situazioni nei pazienti con policitemia vera, indipendentemente dal valore di ematocrito. Gli unici casi in cui è indicata la sospensione è la presenza di una concomitante condizione che aumenti il rischio emorragico, come la piastrinopenia severa (< 50.000/30.000 piastrine su uL) o la piastrinosi massiva (> 1.500.000 piastrine su uL).
Buongiorno, vorrei un vostro punto di vista su una certa sintomatologia che mi si è manifestata proprio in concomitanza con l'assunzione della cardioaspirina.
L'estate scorsa mi è stata diagnosticata la TE, ma già prima che questo avvenisse, circa due mesi prima, il medico di famiglia mi aveva prescritto l'assunzione giornaliera di una pastiglia di ASA (assunzione poi confermata dall'ematologo fino a oggi) avendo le piastrine attorno a 850.000.
Ho 46 anni ed è quasi certo che io avessi questa patologia già da alcuni anni, forse anche 8-10 anni, con una sintomatologia che non mi aveva fatto sospettare niente di simile, anche perché, mea culpa, era più di un decennio che non facevo un emocromo. Non ho mai sofferto di dolori, bruciori alle gambe, ma da quando assumo la cardioaspirina questa sintomatologia si è manifestata, sia pure a intermittenza, e la scorsa estate ho avuto anche un non ben identificato problema osseo-muscolare alla gamba sinistra, oltre a uno o due episodi di eritromelalgia ai piedi.
Vorrei domandarvi se questa sintomatologia può insorgere come effetto collaterale della cardioaspirina o va considerata come una forma di eritromelalgia che colpisce le gambe, quindi tipica della malattia, o altro ancora.
Grazie per l'attenzione e buona giornata.
(Alessandro)
Risposta
Caro Alessandro,
i tipici disturbi microvascolari della trombocitemia essenziale sono legati ad uno stato di "iperaggregabilità" del sangue, con conseguente formazioni di minuscoli aggregati piastrinici che vanno poi incontro a rapida dissoluzione, e comprendono: cefalea, disturbi dell'udito (ronzii e fischi nelle orecchie), disturbi della vista (offuscamento della visione, percezione di lampi o scintille, brevi momenti di cecità, talora limitati a un solo occhio o a una piccola parte del campo visivo), parestesie (alterazioni alla sensibilità che si presentano come formicolio, prurito, sensibilità eccessiva o ridotta, particolarmente a livello delle estremità del corpo come dita di mani e piedi), eritromelalgia (sensazione di intenso bruciore ai piedi e alle mani, associata ad arrossamento e calore della pelle). E' da sottolineare che la presenza di disturbi microvascolari non è da imputare necessariamente e in ogni caso alla trombocitemia essenziale, motivo per cui ogni manifestazione clinica necessita di attenta e razionale valutazione da parte del medico. E' altresì importante considerare che l'aspirina può determinare effetti avversi cutanei di natura allergica (eruzioni cutanee eritematose, edema della cute, orticaria, prurito), che talora possono essere confusi con manifestazioni cliniche della trombocitemia essenziale. Ciò nonostante, e sebbene la comparsa dei disturbi in coincidenza con l'inizio dell'assunzione dell'aspirina possa apparire sospetta, nel suo caso tenderei ad associare i sintomi da lei riferiti (in particolare gli episodi di eritromelalgia) alla malattia ematologica di base e non all'aspirina, che al contrario è indicata per il trattamento e il controllo di tali manifestazioni. Al contrario, la sintomatologia di natura osteo-muscolare da lei riferita appare meno chiaramente correlabile alla malattia ematologia e potrebbe meritare ulteriore valutazione.
Sono una paziente affetta da policitemia vera, trattata con salassi e cardioaspirina. Da circa un mese avverto un dolore che interessa la zona all'altezza delle spalle, al centro. Non si tratta di un dolore che aumenta compiendo alcuni movimenti o assumendo alcune posizioni e non sembra diminuire con antidolorifici (brufen). Talvolta insieme a questo avverto anche un leggero affanno.
Volevo sapere se la sintomatologia illustrata può essere verosimilmente legata alla policitemia e, in caso affermativo, se sia urgente un controllo, considerando che mi è stato sconsigliato di recarmi dal medico o in ospedale.
Grazie.
(Irene)
Risposta
Cara Irene,
senza una visita clinica in prima persona, non è possibile esprimere alcun giudizio in merito alla sintomatologia da lei descritta. Tuttavia, in considerazione delle caratteristiche e della localizzazione del disturbo doloroso riferito, le consiglio di rivolgersi quanto prima al suo medico curante per far luce sull'origine del dolore.
Auguro a tutti voi, prof. Vannucchi e 76 ricercatori del progetto AGIMM, una felice domenica delle Palme, ringraziandovi per quanto fate abitualmente e ancora di più, per i rischi a cui vi esponente in questo difficile periodo. Grazie per la pazienza che avete nello gestire le ansie di noi pazienti ematologici.
Un incoraggiamento a tutti i malati perché cerchino di vivere serenamente finché ci è consentito, nonostante le ulteriori complicazioni anche logistiche che da qualche tempo dobbiamo patire.
(Giancarlo)
Risposta
Buongiorno Giancarlo,
grazie per le belle parole.
Un augurio di Buona Pasqua.
E' vero che l'ipertensione è più frequente nei pazienti con mutazione di JAK2? Esistono studi a proposito?
(Alberto)
Risposta
Caro Alberto,
tra i diversi fattori di rischio cardiovascolari (ipertensione arteriosa, dislipidemia, diabete mellito, sovrappeso/obesità, tabagismo, ecc.), l'ipertensione arteriosa è più frequente nei pazienti con policitemia vera rispetto ad altre malattie mieloproliferative croniche, specie nei soggetti con elevati valori di ematocrito.
Secondo uno studio retrospettivo condotto su 3620 uomini sani, ogni incremento dell'ematocrito pari all'1% è associato ad un aumento dell'incidenza di ipertesione arteriosa pari al 7%. Tale associazione, e conseguentemente la maggiore prevalenza di ipertensione arteriosa nei pazienti con policitemia vera, potrebbe essere correlata all'effetto dell'aumentata viscosità del sangue sulle resistenze vascolari del sistema arterioso, sebbene altri meccanismi non possano essere esclusi (come ad esempio l'interferenza dell'aumentato numero di globuli rossi sui meccanismi di vasodilatazione, tra i quali l'ossido nitrico).
Da un punto di vista pratico, considerando chel'ipertensione correla specificamente con un aumentato rischio di trombosi arteriose, è evidente l'importanza del trattamento farmacologico dell'ipertensione arteriosa, specie nei pazienti con policitemia vera. A tal proposito, alcuni studi suggeriscono che una particolare classe di farmaci antipertensivi chiamati ACE-inibitori possano essere maggiormente indicati per la loro efficacia antipertensiva e per una possibile azione inibitoria sull'emopoiesi clonale.
Bravissimi Ricercatori, prima o poi avremo un farmaco, un vaccino anticoronavirus ma noi, che attualmente utilizziamo aspirina e flebotomie, potremo usufruirne con vantaggio? Quali effetti indesiderati sul nostro organismo potrebbe provocare l'immpatto con la policitemia di un nuovo farmaco, non sperimentato ad hoc per evitare lunghi tempi di attesa: nuovo farmaco da assumere indiscutibilmente e al più presto? Ci affideremo al caso o vi rinunceremo? Grazie sempre per il vostro impegno.
Cordialmente Demetrio.
(Demetrio)
Risposta
Buongiorno Demetrio,
un eventuale vaccino contro il SARS-CoV-2 (il coronavirus responsabile della malattia Covid-19) verrebbe immesso nel mercato solo dopo adeguata ed estesa sperimentazione preclinica e clinica (per questo si parla di mesi se non anni). Pertanto, il profilo di tossicità non sarebbe diverso da quello di un qualsiasi altro prodotto vaccinale. Per quanto riguarda le possibili "interazioni" con la malattia ematologica di base, è altamente inverosimile che un eventuale vaccino contro il SARS-CoV-2 possa determinare variazioni ematologiche rilevanti nei pazienti affetti da policitemia vera.
Gentili dottori,
sono affetto da mielofibrosi secondaria (a TE) da 4 anni, trattato con JAKAVIsono trasfusione-dipendente, mediamente con oltre 60.000 globuli bianchi, piastrine nella norma (ca. 200,000). Dalla comparsa del coronavirus sto prendendo ALOE ARBORESCENSES per rafforzare la mia immunodepressione, inoltre da qualche tempo per facilitare il sonno assumo VALERIANA.
Vi chiedo se ALOE e/o VALERIANA confliggano o meno con JAKAVI.
Grazie, cordiali saluti
(Mario)
Risposta
Buongiorno Mario,
sebbene non esistano studi specifici a riguardo, è altamente consigliato di limitare l'uso di diverse sostante naturali, tra cui anche aloe vera e valeriana, per il possibile rischio di interazione con il ruxolitinib.
Gentili ricercatori,
vi ho già scritto altre volte per mia madre (75 anni), affetta da mielofibrosi, diagnosticata ad aprile 2018 e vi ringrazio per l'attenzione che avete sempre posto alle mie richieste.
A parte l'anemia (che da dicembre sta curando con eritropoietina ARANESP, con risultati abbastanza positivi, essendosi finora l'emoglobina stabilizzata su valori compresi tra 8,5 e 9, tali da consentirle di evitare le trasfusioni), da alcuni mesi soffre di rilevante piastrinopenia (ultimo valore, da emocromo del 30 marzo scorso: 29 10^3/uL). Sta assumendo DELTACORTENE (1 compressa da 25 mg al giorno), dose ridotta lo scorso gennaio rispetto alla precedente (25 mg per 2 volte al giorno) a causa di un grave episodio occorsole, ossia uno spropositato aumento dei valori glicemici (glucosio 779 ed emoglobina glicosilata 9,9% - 85.00 mmol/mol), addebitato all'uso del cortisone. Ora sta seguendo anche terapia antidiabetica.
Il primo quesito che vorrei porvi riguarda proprio questo aspetto: premesso che i valori glicemici erano sempre stati nella norma, anche fino a due mesi prima, è plausibile e frequente che l'uso di Deltacortene possa causare l'insorgenza del diabete? In effetti, dalla misurazione giornaliera dei valori glicemici, riscontriamo che questi sono nella norma di mattina, per poi alzarsi significativamente dopo l'assunzione del Deltacortene. E siccome questo non sta producendo gli effetti sperati in termini di miglioramento della piastrinopenia, cosa suggerite?
Inoltre - e questo è un fatto che le sta destando molta preoccupazione - si verificano, di tanto in tanto, episodi di perdite ematiche a livello vaginale (mia madre ha avuto l'asportazione dell'utero): potrebbe trattarsi di un effetto della piastrinopenia?
Circa un anno e mezzo fa aveva fatto una cistoscopia, da cui non erano emerse cause a livello urologico; attualmente, le è stato detto che non può ripetere l'esame a causa del basso livello di piastrine.
Infine, mi confermate che non è possibile, allo stato attuale, iniziare Ruxolitinib (finora non assunto per le dimensioni non eccessive della milza, ma che adesso vorrebbe provare per contrastare un altro sintomo rilevante, ossia il forte calo ponderale)?
(Claudia)
Risposta
Buongiorno Claudia,
i corticosteroidi, oltre a essere potenti anti-infiammatori, interferiscono con il metabolismo glucidico, prevalentemente attraverso un meccanismo di resistenza insulinica. Per tale motivo, la terapia a base di cortisonici può determinare, specie se di lunga durata e in soggetti anziani, la comparsa di iperglicemia, slatentizzare una condizione di intolleranza glucidica o scompensare un pre-esistente diabete mellito. Ne consegue che il trattamento steroideo deve essere impiegato con cautela in pazienti anziani e/o con comorbidità, cercando di limitarne la dose alla minima efficace in termini terapeutici e valutando costantemente il rapporto rischi/beneficio.
Le perdite ematiche vaginali sono verosimilmente correlate alla piastrinopenia e potrebbero essere favorite dalla concomitante terapia steroidea, che determina fragilità mucosale. Ciò non esclude tuttavia la necessità di una valutazione specialistica in ambito ginecologico per escludere eventuali altre cause.
Infine, per quanto riguarda il trattamento con ruxolitinib, non è possibile valutare l'indicazione all'inizio del trattamento. Secondo le attuali linee guide nazionali ed europee il trattamento con ruxolitinib è indicato nei pazienti affetti da mielofibrosi (primari o secondaria) a rischio intermedio-2 o alto con splenomegalia severa e/o sintomatica oppure con sintomi costituzionali importanti (definiti "tecnicamente" da un punteggio superiore a 44 al questionario MPN10, prurito severo refrattario, febbre persistente o calo ponderale importante non attribuibile ad altre cause).
Gentilissimi,
mi presento, Isabella, 47 anni, affetta da Policitemia Vera JAK2, diagnosticata a dicembre 2019, confermata da biopsia midollare i primi di febbraio. Il mio ematocrito è passato da 62 a 43 in 3 mesi grazie ai salassi, prima settimanali e ora sono già 21 giorni trascorsi dall'ultimo.
Sono sempre stata anemica ma da dicembre non prendo più il ferro. Ora, oltre all'anemia soffro di astenia ed essendo sempre stata energica sono davvero perennemente stanca, da 1 mese in particolare. Volevo capire se oltre a Vit D, olio di fegato di merluzzo, potevo prendere un integratore che si chiama Enjoy Marte e la spirulina senza problemi, giusto per contrastare la spossatezza fisica.
Volevo aggiungere che da 62 sono passata a 43 di ematocrito ma le mie piastrine sono balzate a oltre 900. Prendo regolarmente la cardioaspirina da dicembre ed effettuo esame emocromo ogni 14 giorni, fino ad un mese fa ogni settimana. Capisco che il mio fisico ha subito uno scossone e ora deve riequilibrarsi ma in questo periodo di emergenza Covid -19 non riesco ad essere seguita come vorrei... Ho necessità di capire cosa fare per la mia stanchezza cronica.
Grazie.
Auguri per una Serena Pasqua a tutti.
(Isabella)
Risposta
Buongiorno Isabella,
l'astenia importante che riferisce è verosimilmente correlata alla carenza di ferro secondaria alla terapia cronica con salassi. Ciò nonostante, è importante NON ricorrere ad integratori alimentari che contengono anche solo una minima quantità di ferro, che potrebbero determinare, nei pazienti affetti da policitemia vera, un incremento improvviso dei valori di emoglobina ed ematocrito e vanificare l'effetto terapeutico dei salassi. Per tale motivo sconsiglio l'assunzione sia di Enjoy Marte che di spirulina, contenenti entrambi una non trascurabile quantità di ferro.
Grazie gentili dottori/ricercatori per la vostra veloce gradita risposta (29/3/ 2020). Purtroppo in questo difficile periodo di Covid19 le preoccupazioni per i fabici carenza G6PD è anche quella di non poter accedere alle cure se pur sperimentali per rischio di emolisi. Spero tanto che la ricerca si occupi anche di questo campo. Grazie di tutto. Distinti saluti. (Roberta)
Bravissimi e generosissimi dottori, TE, 55 anni, valori sballati plt 984000; ho letto da più parti che l'oncocarbide a lungo termine può portare alla leucemia, ma questo lungo termine, quanti anni sono? Se uno non vuole farne uso la malattia rimane tale oppure può peggiorare lo stesso, ed in quanti anni?
Risposta
Gentile signore, le neoplasie mieloproliferative possono talvolta evolvere verso forme più aggressive. Il rischio che questo accada è diverso da un sottotipo ad un altro, ed è del tutto indipendente dal trattamento con idrossiurea. Per essere più chiari: è possibile che una forma di trombocitemia essenziale si trasformi, ad esempio in una forma di mielofibrosi secondaria, anche se il paziente non ha ricevuto alcun farmaco. Allo stesso tempo, idrossiurea (oncocarbide) è un farmaco del tutto sicuro per quanto riguarda la possibile trasformazione in leucemia acuta. Presenta, tuttavia, altre tossicità (come quella a carico della cute e delle mucose), che devono essere adeguatamente conosciute, prevenute e gestite.
Salve, vi scrivo per avere informazioni sulla sperimentazione del farmaco Ruxolitinib (ospedale di Livorno) contro Covid19 e controindicazioni su soggetti fabici carenzaG6PD. Grazie. Saluti (Roberta)
Risposta
Gentile signora, i soggetti che sono - parzialmente o totalmente - carenti dell'enzima G6PDH (glucosio-6-fosfato-deidrogenasi) possono andare incontro a crisi emolitiche dopo esposizione ad alcuni farmaci. Fra questi rientrano anche la clorochina e l'idrossiclorochina, che fanno parte attualmente dei protocolli terapeutici usati per i pazienti affetti da covid-19. Non vi è, dunque, alcuna relazione con l'utilizzo di ruxolitinib, che attualmente non è in una vera e propria fase sperimentale. Per quanto riguarda quest'ultimo punto: non abbiamo a disposizione risultati completi o ufficiali, ma sappiamo che vi sono state osservazioni preliminari su un numero molto ristretto di pazienti.
Stiamo vivendo una fase in cui la ricerca è più che mai attiva e ci auguriamo, ovviamente, che questi sforzi siano fruttuosi. Seguiamo con attenzione la situazione e vi terremo aggiornati. Intanto, vi raccomandiamo di utilizzare sempre fonti ufficiali, come il sito dell'aifa (https://www.aifa.gov.it/emergenza-covid-19 ) ed il sito del ministero della salute (http://www.salute.gov.it/nuovocoronavirus ) per la ricerca di informazioni di natura sanitaria, anche fruibili dai non addetti ai lavori.
Volevo sapere se l'eutirox, il TRIATEC e la CARDIOASPIRINA sono farmaci immunosoppressori o immunomodulatori. Grazie.
(Giuseppe)
Risposta
Gentile signore, nessuno dei farmaci da lei indicati ha attività immunosoppressiva.
Salve egregi ricercatori, in passato vi ho già scritto riguardo la malattia di mio marito e vi ringrazio sempre per le risposte che mi avete sempre dato. Vi ricordo che lui ha la trombocitemia essenziale con JAK2 positivo, pressione arteriosa con terapia Lodicand e Bisoprololo 5 mg, prende cardioaspirina, da un anno fa i salassi, fatto solo una volta terapia con oncocarbide ma sospesa per abbassamento di emoglobina, a periodi alterni prende acido folico, piastrine oscillano su 960000/1200000, poi e in cura in centro cefalea per emicrania senza aura, ultimi valori di ferro 28 e ferritina 8,60.
Nelle precedenti ecografie addominale milza risultava sui 11,5, mentre nell'ultima ecografia fatta il giorno 5 marzo per la prima volta è uscito il fegato ingrossato con dicitura epatosplenomegalia, siccome gli e stata rimandata la visita del 20 marzo e la farà ad aprile adesso sono rimasta con questo dubbio di come mai abbia anche il fegato ingrossato, come mai?
Poi nelle ultime analisi di accertamento che ha fatto i valori del fegato sono nella norma. Per la prima volta invece la glicemia negli ultimi mesi fatta per ben due volte ha sfiorato 104 e 105 come mai? Poi mio marito pesa solo 55 kg e non mangia abbastanza. Il betagammaglobuline è leggermente basso per la prima volta e il potassio e più alto 5,60. Lui prende Lansoprazolo da 30 perché dopo aver fatto la gastroscopia il dottore ci ha detto che soffre di reflusso.
Sinceramente adesso mi preoccupa il fegato ingrossato e c'è stato un periodo all'inizio della malattia che aveva fatto terapia con RILASTIL E PER TERAPIA X FANGO BILIARE. Mi potete spiegare per cortesia come la vedete la situazione di mio marito a parere vostro? Vi ringrazio infinitamente.
(Lucrezia)
Risposta
Gentile signora, il riscontro di un aumento di volume del fegato (epatomegalia) è un riscontro piuttosto frequente, che può riconoscere svariate cause, da quelle vascolari all'accumulo di grasso all'interno delle cellule dell'organo. Prima di ogni altra considerazione, bisognerebbe valutare di quanto i diametri attuali del fegato si discostino dai precedenti. Non possiamo darle un parere specifico su suo marito perché, purtroppo, non abbiamo a disposizione i dati necessari e non possiamo sostituirci ai suoi curanti, che lo conoscono adeguatamente. Possiamo consigliarle di discuterne con loro, recuperando anche i precedenti referti, per un confronto.
Il vostro Curante potrà suggerirvi anche eventuali adattamenti alimentari, tenendo conto anche del basso peso corporeo che lei ha riportato nella sua domanda. In questo senso, le possiamo dire che, come principio generale, il peso è solo uno dei parametri che influiscono sui valori glicemici.
Salve, vorrei sapere se l'oncocarbite è il ruxolitinib sono farmaci che bloccano la fibrosi nella malattia mielofibrosi. Grazie.
(Domenica)
Risposta
Gentile signora, purtroppo è molto complesso trovare farmaci capaci di agire sulla progressione della fibrosi midollare. Nessuno dei due farmaci che lei ha citato ha dimostrato di avere un effetto significativo in tal senso, anche se alcuni studi hanno mostrato che una quota di pazienti trattati con ruxolitinib - in particolare dopo terapia protratta nel tempo - hanno sperimentato una stabilizzazione o un lieve miglioramento del quadro midollare, sempre in termini di fibrosi.
Buongiorno, vi ringrazio della precedente risposta dell'11/03/2020 abbastanza esaustiva.
Vorrei chiedervi se ad oggi chi si trova ad uno stadio di mielofibrosi DIPPS 0 età 32 anni, essendo una malattia cronica e progressiva valga, in assenza di altri sintomi e con la sola piastrinosi 850.000, iniziare una terapia che possa rallentarne l'evoluzione (in atto solo aspirina). Inoltre, ho letto del ruolo della vitamina D e di un farmaco Imetelstat (inibitore della telomerasi) che pare possa far ripartire il clone mutato. Grazie.
(Orazio)
Risposta
Gentile signore,
ad oggi non disponiamo di terapie approvate che possano rallentare l'evoluzione delle neoplasie mieloproliferative. Da questo punto di vista, imetelstat - che è ancora un farmaco sperimentale - non rappresenta un candidato ideale.
Disponiamo di dati preliminari relativi ad uno studio effettuato su pazienti con mielofibrosi refrattari o non più responsivi a ruxolitinib. Pur in presenza di alcuni segnali di efficacia, il farmaco ha fatto registrare eventi avversi non trascurabili, in particolare abbassamento del valore di piastrine e globuli bianchi, ed incremento delle transaminasi. Ad oggi i risultati completi dello studio non sono disponibili, ma - per le caratteristiche appena citate - non sembra essere un candidato adeguato per una terapia precoce e/o mirata a ridurre il rischio di peggioramento della malattia stessa.
Buonasera, ho un quesito da porvi. Ho 69 anni e sono in remissione completa dal 2006 per un linfoma splenico che controllo con follow up semestrale. Da circa 2 anni mi è stata diagnosticata una policitemia vera e assumo solo cardioaspirina facendo controlli ematici ogni 2 mesi per verificare se il mio ematocrito supera la soglia del 45% in quanto l'ematologo che mi segue preferisce in questo momento non prescrivermi la terapia citoriduttiva poiché in passato mi sono sottoposto a chemioterapia CHOP per curare il linfoma. Ora dovrei fare in questi giorni l'emocromo per controllare lo stato dell'ematocrito come prescrittomi dal mio ematologo, ma ho paura ad effettuare il prelievo in quanto non vorrei contrarre il coronavirus poiché è impossibile mantenere una distanza di oltre 1 metro in fase di prelievo.
La domanda è: quale rischio assumere? Effettuare il prelievo o posticiparlo e quindi rimandare anche l'eventuale inizio della terapia citoriduttiva in caso di aumento dei valori ematici?
(Francesco)
Risposta
Gentile signore, purtroppo, come più volte abbiamo ricordato in questa sede, non possiamo fornire giudizi o pareri individuali sui singoli casi che ci vengono presentati. Come principio generale, possiamo dirle che la gestione della policitemia vera è modulata in base al rischio, definito in relazione all'età dei pazienti e alla loro storia di eventi vascolari. Per età, lei rientra nella classe di rischio più alta, per cui avrebbe indicazione alla terapia citoriduttiva. Per quanto riguarda la fase di criticità sanitaria che stiamo attraversando, vogliamo sottolinearle che le procedure (come i prelievi) e le terapie che sono necessarie vanno assolutamente proseguite. I prelievi di sangue vengono effettuati con tutte le accortezze del caso e con i dispositivi di protezione individuale necessari. Le tempistiche con cui effettuare i controlli vanno pattuite con i suoi Curanti e sono da decidere in base alla sua situazione clinica e ai risultati precedenti.
Vorrei sapere le azioni del ruxolitinib sulla interleuchina 6, visto che questa sarebbe coinvolta nelle polmoniti interstiziali da COVID-19. Avrebbe il Ruxolitinib un effetto protettivo in caso di polmonite da Coronavirus?
Ringrazio anticipatamente.
(Roberto)
Risposta
Gentile signore,
le interleuchine (fra le quali è inclusa anche l'interleuchina 6 a cui lei fa riferimento) sono sostanze che il nostro sistema immunitario usa per comunicare e per modulare la sua attività, sia in senso positivo (potenziando l'infiammazione), sia in senso negativo (favorendone la risoluzione). L'effetto di ruxolitinib, da questo punto di vista, è duplice: da una parte il farmaco impedisce parzialmente a queste sostanze di trasmettere il loro messaggio all'interno delle cellule, dall'altra ruxolitinib è capace di ridurne la produzione stessa. In altre parole, ruxolitinib agisce sia sull'attività delle interleuchine, sia sulla loro "quantità".
Queste sostanze sono attivamente coinvolte nelle fasi in cui il nostro organismo combatte un'infezione, come ad esempio quella da SARS-CoV-2.
Allo stato attuale non possiamo trarre conclusioni chiare sull'effetto o sull'interferenza dei farmaci JAK-inibitori con questa infezione, ma si tratta di un ambito di attiva ricerca.
Egregi Dottori, perché viene data insieme alla Cardioaspirina (che se ho capito bene è un antiemorragico) anche l'Oncocarbite per le MPN? Quale è la funzione di quest'ultima? Grazie.
(Giuseppe)
Risposta
Gentile signore, le neoplasie mieloproliferative philadelphia-negative sono caratterizzate da un aumento di una o più linee cellulari (globuli rossi, piastrine e, più raramente, globuli bianchi), che vengono analizzate e monitorate tramite l'emocromo. Inoltre, i pazienti affetti da queste malattie presentano un aumento del rischio di eventi vascolari. Il trattamento con oncocarbide (idrossiurea) serve a ridurre la "quantità" di cellule circolanti, mentre l'aspirina riduce l'aggregazione delle piastrine. Entrambi i tipi di trattamento sono diretti, dunque, a contenere il rischio che si formino coaguli nel torrente circolatorio, venoso o arterioso (la cosiddetta "trombosi").
Sono affetto da mielofibrosi di grado intermedio, con piastrinopenia (50.0000) e sotto terapia con danazolo e, ultimamente salassi per ematocrito troppo alto.
Lavoro in ambiente sanitario anche se nel ramo amministrativo, ma impossibilitato tecnicamente ad eseguire lo smart working. Visto l'emergenza del covid-19 e non essendoci riferimenti sulle fonti istituzionali riguardo alla mielofibrosi con piastrinopenia, vorrei sapere se la mia situazione comporta rischi aggiuntivi e se avete consigli da darmi. Grazie.
(Paolo)
Risposta
Gentile signore, molto recentemente è stato pubblicato sul nostro sito un breve documento, che contiene suggerimenti dedicati ai pazienti affetti da MPN, redatto dai clinici e dai ricercatori che fanno parte dei gruppo AGIMM e MYNERVA (http://www.progettomynerva.it/Varie/MPN-COVID.pdf ). Come potrà vedere, i suggerimenti sono modulati sulla base dell'età, del tipo di trattamento ricevuto e sulla base della presenza di altre patologie, in particolare quelle riguardanti la sfera metabolica e cardiovascolare.
Egregi dottori,
vi risulta che il JAKAVI possa dare delle complicazioni polmonari?
Cordialmente.
(Riki)
Risposta
Gentile signore,
l'esperienza fin qui maturata - grazie ai trial clinici e grazie alla fase di sorveglianza successiva alla commercializzazione del farmaco - ci ha insegnato che i pazienti in trattamento con ruxolitinib ed i loro Curanti devono mantenere un elevato livello di vigilanza nei confronti di possibili eventi infettivi. Fra questi eventi sono inclusi quelli a carico delle vie respiratorie o urinarie.
Ho un GIST al retto che curo da 1 anno e mezzo con imatinib 400 mg gg. Dall'ultima risonanza non è piu presente, ma il mio oncologo dice che devo continuare fino a 3 anni di cura. Desideravo sapere se la cura crea immunodepressione. Grazie.
(Giuseppe)
Risposta
Gentile signore,
questa pagina è dedicata ai pazienti con neoplasia mieloproliferativa philadelphia-negativa. La invitiamo a seguire scrupolosamente le indicazioni del suo Oncologo di riferimento, e - comunque - ad attenersi alle raccomandazioni governative per quanto riguarda le indicazioni comportamentali, le norme igieniche ed il distanziamento sociale.
Salve ho 40 anni, e da due mi è stata diagnosticata una gammopatia monoclonale di incerto significato con controlli trimestrali per scongiurare un eventuale evoluzione maligna. Considerato che il mio organismo produce una quantità anomala di proteina monoclonale potrebbe la stessa essere utile per poter reagire ad un eventuale infezione virale da covid-19.
(Assunta)
Risposta
Gentile signora,
questo spazio è dedicato a fornire informazioni ai pazienti affetti da neoplasie mieloproliferative philadelphia-negative. Ad ogni modo, le componenti monoclonali non hanno valenza protettiva nei confronti delle infezioni.
Sono allo studio nuovi farmaci che non arrecano effetti collaterale all'ipertensione? Se si, quali sono e quali effetti negativi si possono evitare?
(Giovanni)
Risposta
Gentile signore, questo spazio è dedicato ai pazienti con malattie mieloproliferative. Non siamo, dunque, gli interlocutori più appropriati per rispondere al suo quesito.
Sono affetto di diabete mellito; vista l'emergenza in corso della pandemia e visto che lavoro in un industria alimentare come devo comportarmi?
(Pino)
Risposta
Gentile signore,
le ricordiamo che questo spazio è dedicato all'informazione per pazienti affetti da neoplasia mieloproliferativa philadelphia-negativa. Come principio generale, possiamo ricordarle di attenersi scrupolosamente alle raccomandazioni ufficiali del nostro ministero della salute, che si applicano e sono in vigore per tutta la popolazione e ancora di più per le persone che, come lei, non hanno interrotto la propria attività lavorativa, essendo coinvolte nei servizi essenziali alla popolazione. Ricordo che si tratta di norme igieniche, norme legate al distanziamento fisico fra gli individui e norme che regolano l'utilizzo dei dispositivi di protezione individuale.
Per quanto riguarda la valutazione clinica della sua situazione, la rimandiamo alla discussione con il Curante o con il Medico del Lavoro, che potranno eventualmente fornirle ulteriori consigli.
Mi sono sicuramente rotto il polso, è da due giorni che è gonfio, storto, non posso muoverlo e con un dolore atroce. Dato che c'è questa situazione coronavirus come faccio ad andare al pronto soccorso?
(Cinzia)
Risposta
Gentile signora,
le ricordiamo che questo è uno spazio dedicato all'informazione per pazienti affetti da neoplasia mieloproliferativa philadelphia-negativa. Non possiamo fornire, purtroppo, consigli a distanza.
Come regola generale, dovrebbe contattare i servizi sanitari attivi sul territorio per valutare il suo caso. Il pronto soccorso di ogni ospedale, pur oberato dall'attuale emergenza sanitaria, è attivo per patologie di diversa natura (pensiamo, ad esempio, ai problemi di cuore). Non possiamo ovviamente dirle, senza visitarla, se il suo problema necessiti di cure ortopediche in pronto soccorso o possa essere gestito a domicilio. Per quello è necessaria una valutazione sanitaria, alla quale la rimandiamo.
Mio marito ha fatto come terapia il glivec, è più soggetto a prendere il coronavirus?
(Enrichetta)
Risposta
Gentile signora,
le ricordiamo che questo spazio è dedicato all'informazione per i pazienti affetti da neoplasia mieloproliferativa philadelphia-negativa. Il farmaco a cui lei fa riferimento (imatinib) è stato ed è tutt'ora utilizzato per il trattamento di patologie diverse, quali la leucemia mieloide cronica ed alcuni tumori del tratto gastrointestinale, denominati GIST.
Per rispondere alla sua domanda bisognerebbe conoscere l'età di suo marito, le sue condizioni generali, la presenza di altre malattie, l'indicazione per cui ha assunto il farmaco (e se lo ha interrotto): si tratta, purtroppo, di una valutazione che non possiamo fare noi, da remoto. Le raccomandiamo, per qualsiasi dubbio, di far riferimento al Centro che ha in cura suo marito e di tenersi aggiornata tramite canali ufficiali, che stanno via via producendo e aggiornando raccomandazioni dedicate.
Buongiorno dottori, ad oggi l'unica cura contro le mieloproliferative rimane il trapianto con tutte le problematiche che questo percorso implica. Secondo voi, quali sono le informazioni mancanti nel quadro generale e quanto tempo ancora potrebbe occorrere per ottenere dei farmaci/altro risolutivi nei confronti di queste malattie?
(Giuseppe)
Risposta
Gentile signore,
le tre neoplasie mieloproliferative non sono equiparabili in termini di necessità terapeutici ed obiettivi clinici di rilievo. Per quanto riguarda la policitemia vera e la trombocitemia essenziale, il rischio clinico è in buona sostanza quello vascolare, ed è in questa ottica che si indirizza anche la ricerca.
Esiste, com'è noto, un rischio di evoluzione verso una forma secondaria di mielofibrosi, che è intrinseco alla malattia stessa ed i cui meccanismi biologici e genetici sono piuttosto complessi e non del tutto chiariti. Le assicuro che la ricerca in questo ambito non si è mai fermata e noi tutti ci auguriamo che da una migliore e più accurata conoscenza possano derivare nuove ipotesi terapeutiche e nuovi target.
Per quanto riguarda la mielofibrosi, invece, la situazione è diversa: sono al vaglio della sperimentazione vari farmaci, che colpiscono diversi obiettivi, anche al di fuori della via di segnalazione JAK/STAT che rappresenta il cardine della patogenesi di queste malattie.
Per rispondere alla sua domanda: nelle MPN e, in particolare, nella mielofibrosi i meccanismi che regolano lo sviluppo ed il mantenimento della malattia stessa ruotano intorno a "strutture" cellulari fondamentali anche per le cellule sane. Ricordo, infatti, che la via JAK/STAT è un fulcro per il buon funzionamento di tutto il sistema immunitario e per la produzione corretta delle cellule del sangue, in condizioni di normalità. Lo sforzo da parte di tutti i ricercatori è volto a trovare un modo per intervenire efficacemente sulla malattia, senza interferire negativamente sul buon funzionamento del midollo e delle nostre difese.
Buongiorno dottore, ho il lupus erimatoso sistemico, volevo sapere se per me è rischioso andare a lavorare per via del coronsvirus. Grazie.
(Catia)
Risposta
Gentile signora,
purtroppo non possiamo fornire valutazioni a distanza o consigli individuali. Cogliamo l'occasione per ricordare che questo spazio è dedicato all'informazione per i pazienti affetti da neoplasia mieloproliferativa.
Le consigliamo di rivolgersi al suo Curante e al Collega della Medicina del Lavoro (in relazione alla sua attività lavorativa, che non conosciamo), che sapranno darle le direttive più appropriate per il suo caso. Bisogna tener conto, infatti, di molti fattori: età, patologie concomitanti, stato di attività della malattia autoimmune, tipologia di attività lavorativa ed esposizione al pubblico o al contatto con i colleghi, andamento dell'epidemia nelle singole regioni geografiche.
Gentile Dottore sono Paolo di Trento, ho 64 anni. Buongiorno, sono più di 40 anni fa che facendo un emocromo in ospedale mi veniva riscontrato un valore di piastrine 900.000 (tanti anni fa le piastrine non figuravano nell'emicromo), mi sono rivolto ad un ematologo che mi ha prescritto puntato sternale risultato poi negativo, mi ha prescritto cardioaspirina e da allora la prendo regolarmente ed oncocarbide che non ho mai assunto in quanto avendo fatto altra visita circa 30 anni fa dal Prof. Lucarelli a Pesaro, presso il centro trapianti del midollo osseo, il quale dopo accurata visita mi consigliò di assumere solamente la cardioaspirina se il valore non superava il 1.000.000; ma ora le piastrine in base ad analisi recenti sono arrivate a 1.150.000, assumo farmaco per pressione Triatec hct + cardioaspirina, le chiedo cortesemente che azioni posso intraprendere e se ci sono cure nuove, al tempo esisteva oncocarbide che è un chemioterapico ma non ho mai preso, se cortesemente può consigliarmi cosa fare.
In attesa la ringrazio e la saluto cordialmente.
(Paolo)
Risposta
Gentile signore, disponiamo di molti strumenti diagnostici in più rispetto a molti anni fa, ad iniziare dalla biologia molecolare. È possibile, infatti, ricercare tramite un prelievo di sangue la presenza di alcune mutazioni genetiche, che sono tipiche delle neoplasie mieloproliferative. Le consiglio di effettuare una visita ematologica, per gli accertamenti del caso e per la successiva gestione terapeutica.
Sono stata operata di tiroide e mi è stata tolta completamente; se dovessi contrarre il coronavirus sono a rischio?
(Luana)
Risposta
Gentile signora, le ricordiamo che questo spazio è dedicato all'informazione nel settore delle neoplasie mieloproliferative. L'asportazione della tiroide non ha sensibili effetti sul sistema immunitario, ma bisogna contestualizzare ogni volta caso per caso, individuando anche i motivi che hanno portato all'intervento. Ne discuta con il Curante.
Buon pomeriggio, ho letto che l'aspirina può aggravare chi e infettato dal coronavirus, è così anche per la cardioaspirina? Grazie.
(Luisa)
Risposta
Gentile signora,
le raccomandiamo di informarsi sempre tramite canali ufficiali, selezionando le fonti dalle quali derivano i singoli messaggi.
Purtroppo al momento le notizie sono innumerevoli e non tutte hanno uguale valore e qualità.
Ad oggi, non vi sono dati che leghino l'utilizzo di antinfiammatori all'andamento (favorevole o meno) dell'infezione da Sars-CoV-2; ad ogni modo, quello che vale per l'aspirina a dosaggio antinfiammatorio non si applica automaticamente all'aspirina a dosaggio antiaggregante.
Faccio la guardia giurata e sono sempre in giro anche dentro gli ospedali e supermercati. Ho la policemia vera dato che c'è il blocco per coronavirus posso andare a lavorare? E se non è possibile cosa dovrei fare?
(Giovanni)
Risposta
Gentile signore,
le ricordiamo che questo spazio è dedicato all'informazione scientifica nel settore delle neoplasie mieloproliferative. Non possiamo, purtroppo, fornire valutazioni a distanza, né esprimere pareri su singoli casi, dei quali veniamo a conoscenza attraverso le vostre domande.
Per ogni quesito individuale, le raccomandiamo di far riferimento al suo Ematologo Curante e/o al suo responsabile nell'ambito lavorativo.
Detto questo, come principio generale, ad oggi non siamo a conoscenza di limitazioni o disposizioni particolari che valgano per i pazienti affetti da mpn. Vogliamo sottolineare che il profilo di rischio di ciascuno di noi è il riflesso non solo della presenza di un'eventuale patologia ematologica, ma anche di una serie di altri fattori, quali - per citarne alcune - l'età, la presenza di altre patologie, l'abitudine al fumo.
Salve, è possibile sapere se un'infezione da coronavirus aumentano per chi è affetto da trombocitemia essenziale? Al di fuori di quanto già prescritto dalle autorità, è necessario adottare qualche accorgimento particolare o ulteriore?
Grazie
(Franco)
Risposta
Gentile signore, ad oggi non abbiamo dati specifici sulla popolazione di pazienti affetti da neoplasie mieloproliferative. I primi lavori, elaborati dai Colleghi della Cina, si sono concentrati su altri gruppi di pazienti, come ad esempio quelli affetti da tumore del polmone. Per quanto riguarda la seconda parte della sua domanda: no, non vi sono condotte differenti da tenere. Tutta la popolazione è tenuta ad osservare le regole che ci permettono di contenere al meglio la diffusione del contagio, che consistono nel distanziamento sociale, nel rimanere a casa (salvo necessità non differibili) e nel rispetto scrupoloso dell'igiene, in particolare quella delle mani.
Salve,
mio fratello di 22 anni è stato diagnosticato con Mielofibrosi in fase prefibrotica. Presenta piastrinosi, trattata con cardioaspirina.
Quali sono le prospettive future valutando l'età e lo stato della patologia?
(Valeria)
Risposta
Gentile signora,
anche se si tratta di un'evenienza più rara, le neoplasie mieloproliferative possono manifestarsi anche in giovane età, come è accaduto a suo fratello.
Pur non potendole fornire un parere specifico e dettagliato, possiamo darle alcune informazioni di carattere generale.
La mielofibrosi prefibrotica è stata formalmente riconosciuta ed identificata piuttosto recentemente; sul piano clinico, la malattia presenta caratteristiche piuttosto vicine a quelle della trombocitemia essenziale. Come lei stessa ha riportato nella sua domanda, l'emocromo spesso si caratterizza per la presenza di un rialzo isolato del valore delle piastrine. Anche la gestione terapeutica è in buona parte mutuata dall'esperienza maturata con i pazienti affetti da trombocitemia, in particolare per quanto riguarda il capitolo degli eventi vascolari.
Per quanto riguarda il rischio di peggioramento della malattia nel corso del tempo, la mielofibrosi prefibrotica si colloca in una sorta di fascia intermedia fra la trombocitemia da una parte e la mielofibrosi vera e propria (denominata "overt") dall'altra.
Allo stato attuale delle conoscenze, non vi sono parametri - clinici, genetici o laboratoristici - che ci permettono di predire l'andamento nei singoli casi, per cui vale la raccomandazione di monitorare periodicamente le condizioni generali di salute e l'emocromo.
Buongiorno,
sono una paziente affetta da policitemia vera, trattata con salassi e aspirina.
Avrei dovuto fare un salasso ieri ma l'ospedale mi ha tassativamente detto di non andare per evitare rischi di contrarre il covid19. Mi hanno rimandato l'appuntamento tra un mese, l'ematocrito un mese fa era già a 44 quindi presumibilmente dovrò trascorrere questo mese con un aumentato rischio di eventi trombotici.
C'è qualcosa che posso fare per limitare i rischi? Grazie.
(Irene)
Risposta
Gentile signora, in questa fase gli ospedali stanno cercando di riorganizzarsi in modo tale da raggiungere un duplice obiettivo: garantire la prosecuzione delle cure che non sono rimandabili e, allo stesso tempo, cercare di limitare gli accessi alle strutture sanitarie stesse.
Purtroppo non possiamo entrare nel merito delle singole situazioni che ci vengono presentate, che riflettono almeno in parte le differenze legate ai singoli territori e alla loro situazione epidemiologica e logistica, però possiamo darle alcuni consigli generali. Per prima cosa, il valore di ematocrito nella policitemia vera ha un andamento variabile e non sempre prevedibile: il fatto che lo scorso mese l'ematocrito fosse pari al 44% non ci permette di stimare in modo affidabile il suo valore attuale. Per questo motivo, un consiglio potrebbe essere quello di discutere telefonicamente con i suoi Ematologi di riferimento l'opzione di controllare nelle prossime settimane un emocromo per valutare l'effettiva necessità di salasso. Per il resto, valgono le tradizionali regole di buona condotta: proseguire il trattamento con aspirina, idratarsi adeguatamente, astenersi dal fumo.
Mi è stata asportata la milza, a quali vaccini dovrei sottopormi e per quanto tempo?
Grazie.
(Gilan)
Risposta
I pazienti candidati ad una procedura di splenectomia - a prescindere dalla motivazione, che può essere medica o post traumatica - devono sottoporsi a vaccinazione nei confronti di tre batteri: Streptococcus Pneumoniae, Haemophilus Influenzae e Neisseria Meningitidis.
Le consigliamo di rivolgersi al suo Curante, che saprà indicarle il modo più appropriato per accedere al percorso vaccinale, predisposto in ciascuna azienda sanitaria locale.
Fare un prelievo di sangue presso laboratorio analisi privato può essere pericoloso in questo periodo di coronavirus?
Risposta
Gentile signore,
in questa fase tutti noi dobbiamo approcciare le nostre decisioni quotidiane selezionando solo gli spostamenti necessari e, in caso di risposta affermativa, applicando scrupolosamente tutte le norme di igiene e di distanziamento fisico.
Per rispondere al suo quesito: non vi sono azioni che siano pericolose in quanto tali (fatta eccezione per gli assembramenti già vietati per decreto governativo), ma è nostro dovere mettere in atto tutti gli accorgimenti per contenere le occasioni di contagio.
Buongiorno,
tempo addietro vi ho segnalato di essere affetto da polineuropatia sensoriale da Ruxolitinib (sono affetto da Mielofibrosi Secondaria MYSEC intermediate-1 ). Neurologo ed Oncoematologo mi hanno sconsigliato i farmaci per il dolore neuropatico (Carbamazepina,Pregabalin,Gabapentin) perché ritengono sfavorevole il rapporto rischi/benefici (non ho dolore ma un grande, costante fastidio e impaccio nella deambulazione). Da quel che ho letto finora nelle pubblicazioni scientifiche la polineuropatia è irreversibile anche sospendendo l'inibitore del JAK-2 (cosa che nel mio caso è impossibile fare). Sto assumendo Ac. alfalipoico ed N-Acetilcarnitina senza beneficio (intendo comunque proseguirli, perché non hanno controindicazioni).
Vorrei sapere se al vostro Gruppo risultino dati più recenti sulla polineuropatia da inibitori del JAK-2 e possibilmente se avete una casistica su tale complicanza e come la trattate.
Grazie mille.
(Marco)
Risposta
Gentile signore,
riagganciandomi alle precedenti risposte sull'argomento, provo a rispondere sinteticamente ai suoi dubbi.
Stabilire un nesso causale - che ha un significato più profondo della semplice associazione temporale - può essere molto spesso un percorso piuttosto complesso. In tal senso, il fatto che un problema, come può essere la polineuropatia sensoriale, persista anche dopo la sospensione di un farmaco può avere un duplice significato: o il problema trae origine da un danno che si è ormai consolidato oppure il farmaco era il principale indiziato, ma non il vero colpevole. Ovviamente non posso esprimere un parere specifico sulla sua storia, ma le fornisco questo spunto per provare ad interpretare il dato a cui lei stesso ha fatto riferimento: i dati che abbiamo in merito alla neuropatia insorta in corso di ruxolitinib riguardano in buona parte pazienti che assumevano altri farmaci (anche loro potenziali indiziati) o che avevano altre cause o concause di neuropatia. La mancata risoluzione alla sospensione del farmaco (fenomeno denominato "dechallenge") va, dunque, appropriatamente contestualizzata.
Per quanto riguarda la sua richiesta di aggiornamento dei dati: no, purtroppo non disponiamo di nuove stime rispetto a quelle già pubblicate. E, come principio generale, è sempre meglio far riferimento a documenti che siano i più ampi e dettagliati possibile, rispetto a trarre conclusioni sull'esperienza di un singolo clinico o di un singolo centro.
Per quanto riguarda, invece, l'approccio terapeutico: in questo caso bisogna affidarsi ai Colleghi Neurologi e alla loro esperienza, come lei sta già facendo, in modo molto corretto.
Ciò detto, ci auguriamo di cuore che lei possa star meglio.
Ho 32 anni e da poco mi è stata fatta diagnosi di mielofibrosi primaria calreticulina mutato DIPSS 0 (low). Presento un quadro ematico con WBC 9.87 Hb 12.9 Mch 32.30 PLT 852LDH 730, marcatori tumorali negativi, CD34%:0.17 e CD34microl:16.69. Biopsia midollare: reperto istologico coerente con neoplasia mieloproliferativa tipo mielofibrosi primaria (fase fibrotica MF-2). Biologia molecolare: BRC/ABL (t9;22) - analisimqualitativa:-p190: :negativa .p210 negativa. Mutazione V617F del gene JAK2:-V617F: non mutato. Mutazione esone 9 nene CARL: mutato tipo 1 per delezione. Mi è stato consigliato di assumere 100 mg asa e gastroprotettore e controllo emocromo ogni 3 mesi. Sono preoccupato per la mia sopravvivenza e desidero avere dei consigli in merito.
(Orazio)
Risposta
Gentile signore,
la valutazione prognostica dei pazienti con mielofibrosi si attua mediante alcuni punteggi clinici, come l'IPSS - che si utilizza al momento della diagnosi - ed il DIPSS - che può essere utilizzato nelle fasi successive del decorso della malattia. Dai dati che riporta nella sua domanda, la malattia è classificabile come a basso rischio e, pertanto, merita allo stato attuale una condotta di monitoraggio, come quella che le è stata suggerita.
Come principio generale, le riportiamo anche qualche altre nozione: grazie ad alcuni studi condotti nel corso degli ultimi anni, sappiamo che i casi di mielofibrosi primaria che presentano una mutazione di tipo I del gene CALR sono quelli caratterizzati da un andamento clinico più favorevole.
Inoltre, la valutazione prognostica può essere arricchita dai risultati di altri esami, volti a ricercare, ad esempio, la presenza di alterazioni dei cromosomi o la presenza di mutazioni addizionali oltre a quelle driver.
Il nostro invito è quello di discutere sempre con il suo Ematologo di riferimento, in merito a qualsiasi dubbio: il colloquio è, infatti, uno strumento di comunicazione insostituibile. Allo stesso tempo, vorremmo invitarla a non focalizzare la sua attenzione sui singoli numeri che vengono riportati negli studi scientifici, in particolare per quanto riguarda la sopravvivenza: ci teniamo a sottolinearlo in quanto quei valori rappresentano sempre una stima, effettuata su popolazioni spesso eterogenee. Il più delle volte questa stima viene espressa mediante il valore medio o il valore mediano riscontrato a livello dell'intera popolazione: non sono, dunque, rappresentativi di ciò che accadrà nei singoli pazienti.
Buongiorno,
ho 62 anni e dal 2012 mi hanno diagnosticato la sindrome mieloproliferativa cronica JAK2 positiva mielofibrosi primaria. Assumo cardioaspirina e oncocarbide. A necessità effettuo salassi. Ho una storia pregressa di 3 polmoniti negli ultimi 5 anni. Ad oggi, valutando le restrizioni governative a causa coronavirus, il mio medico di base non mi concede giorni di malattia perché ritiene che io non sia soggetto a rischio. Ha ragione il mio medico?
Grazie.
Risposta
Gentile signore, comprendiamo la sua preoccupazione.
In questa occasione, così come in passato, non possiamo esprimerci in merito ai singoli casi che ci vengono presentati. Ogni situazione clinica va valutata nella sua interezza, dai medici di riferimento di ogni paziente, che ne conoscono adeguatamente i trascorsi sanitari e le condizioni cliniche attuali. Al momento, pur trattandosi di una situazione in evoluzione, per tutti noi valgono le medesime raccomandazioni: dove possibile, attivare le opzioni di smart working, osservare scrupolosamente le indicazioni circa le norme igieniche e la distanza sociale, eliminare gli spostamenti non necessari.
Buonasera,
l'oncocarbide è una terapia immunosuppressiva? Grazie.
Risposta
Gentile signore,
l'idrossiurea non è considerato un farmaco ad attività immunosuppressiva; tuttavia, in alcuni casi può determinare una riduzione del valore di una classe di globuli bianchi (granulociti neutrofili), che rappresentano un'importante linea di difesa contro le infezioni batteriche. Si tratta di un evento che si risolve modulando la dose o sospendendo il farmaco per qualche tempo, dietro indicazione dei propri medici di riferimento.
Buonasera Dottori, TE, prendo allopurinolo, oncocarbite e cardioaspirina. I miei capelli da grigio stanno diventando neri, c'entra qualcosa la terapia?
Risposta
Gentile signore,
non siamo a conoscenza di correlazioni note fra i farmaci da lei nominati e cambiamenti del colore dei capelli.
Buongiorno gentilissimi ricercatori. Ho 33 anni e sono affetta da trombocitemia essenziale. Lavoro regolarmente (sono un sanitario presso azienda sanitaria locale). Non ho ricevuto indicazioni particolari dalla medicina del lavoro (non vuol essere una critica ma essendo la TE condizione poco frequente spesso mintrovo in difficoltà a ricevere informazioni).
Secondo il vostro parere sono una persona particolarmente a rischio di complicanze (piastrine sopra il milione, no assumo terapia di nessun tipo)? Oltre alle precauzioni indicate per la popolazione generale devo stare ulteriormente attenta? Gli antivirali che si utilizzano aumentano rischio trombotico/emorragico?
Grazie sempre.
Risposta
Gentile signora,
allo stato attuale non vi sono indicazioni specifiche per i pazienti con neoplasia mieloproliferativa. Come può ben immaginare, si tratta di una situazione in continua evoluzione, della quale noi seguiamo con attenzione ogni sviluppo.
Per quanto riguarda i farmaci antivirali che vengono utilizzati: non siamo a conoscenza di una loro sostanziale influenza sul rischio vascolare. Sono riportati eventi emorragici in pazienti che già soffrivano di una malattia predisponente alle emorragie, come l'emofilia.
Cogliamo l'occasione per sottolineare noi tutti - come cittadinanza - siamo chiamati ad uno sforzo civico collettivo per arginare la diffusione dell'infezione, osservando scrupolosamente le direttive governative e le raccomandazioni ufficiali delle autorità sanitarie.
4 mesi fa mi sono sottoposta ad una operazione al femore, posso continuare a andare a fare la fisioterapia in questo periodo di coronavirus?
(Maria Luisa)
Risposta
Gentile signora,
ogni regione sta provvedendo o ha già provveduto a riorganizzare le attività sanitarie in osservanza dei recenti decreti governativi. Le chiediamo di far riferimento al suo Curante e/o alla struttura nella quale stava effettuando il trattamento.
Ho effettuato un esame dell'ematocrito in data 4 marzo presso un laboratorio privato ed il valore era 51, per cui si richiedeva un salasso. In data 5 marzo, presso una struttura ospedaliera pubblica, lo stesso esame riscontrava un valore di 44, per cui il salasso era da evitare, cosa che ho fatto. Chiedo, a che cosa può attribuirsi la differenza dei risultati, ma soprattutto consigli per il futuro. Grazie.
(Marco)
Risposta
Gentile signore,
purtroppo quello a cui lei fa riferimento è un'osservazione non rara nella nostra pratica clinica. I livelli di ematocrito possono subire oscillazioni in relazione alle condizioni generali dell'organismo (come lo stato di idratazione o l'assunzione di alcune terapie farmacologiche, per citarne alcune), a cui si somma una certa quota di variabilità fra i diversi laboratori e le loro apparecchiature. Per questo motivo, pur non avendo una risposta definitiva sulle ragioni per cui nel suo caso si sono verificate queste discrepanze, il nostro suggerimento è di effettuare tutti i controlli nel medesimo laboratorio, per attutire almeno in parte le differenze che conseguono alla parte tecnica dell'esame stesso.
Sono senza milza..., cosa rischio con il coranavirus?
(Antonio)
Risposta
Gentile signore,
sappiamo che le persone che non hanno più la milza sono più soggette ad alcune infezioni, che principalmente sono di natura batterica. Per questo motivo esiste un preciso calendario di vaccinazioni a cui attenersi. Per quanto riguarda, invece, l'infezione da Sars-CoV-2, al momento non sappiamo dire con certezza se vi sia un rischio di complicanze differente.
Cogliamo l'occasione per ricordare che, in accordo con il più recente decreto governativo, tutta la cittadinanza deve osservare le medesime regole, a tutela sia dei singoli individui, quanto della collettività.
Buonasera, ho valori di emocromo perfetti, globuli rossi a 5226000, hct a 43.8, ho fatto anche dosaggio eritropoitina ed il valore è 3.7. E' possibile che abbia la policitemia? Anche con emocromo normale?
(Giuseppe)
Risposta
Gentile signore,
pur non potendoci esprimere in merito alla sua storia personale e al suo iter diagnostico, possiamo dirle alcuni principi generali che speriamo possano esserle d'aiuto. Le alterazioni che possono portare noi medici a porre il sospetto di policitemia vera sono senza dubbio quelle relative ad un incremento del valore di emoglobina e di ematocrito. Tuttavia, esistono alcune concause che possono alterare l'emocromo, contribuendo almeno in parte a "mascherare" una sottostate policitemia vera. La prima possibilità è che vi sia una concomitante carenza di ferro, che può fungere da freno per la produzione dei globuli rossi. Altre, più rare, sono secondarie ad alterazioni della circolazione sanguigna nei vasi addominali.
Quindi, provando a sintetizzare, è possibile (ma piuttosto raro) che vi sia una malattia mieloproliferativa pur in presenza di valori dell'emocromo normali o solo leggermente alterati. Siamo certi che avrà modo di discutere con il suo Ematologo di riferimento i risultati di questi e di altri accertamenti, in modo da risolvere qualsiasi altro suo dubbio.
Buongiorno, a giugno 2019 sono stata operata di mastectomia, attualmente ho un espansore nell attesa dell'intervento definitivo. Il medico legale ha costatato che non posso mettere la cintura quando sto alla guida e ho tante altre patologie artrosi acronimo clave are dx con limitazione funzionale operata nel 2018 cefalea a grappolo ipertensione arteriosa bpco istectomia operata 2000. Sono sola perché divorziata, concludo dicendo che avendomi tolto la 104 nella revisione dopo un anno mia figlia non può più assistermi. Vi chiedo cosa fare. Grazie.
(Caterina)
Risposta
Gentile signora,
siamo dispiaciuti per le difficoltà che sta affrontando, che le auguriamo di risolvere presto. Purtroppo l'unico consiglio che possiamo darle è quello di rivolgersi al suo Curante per discutere la sua situazione e valutare gli interventi clinici e le richieste assistenziali del suo caso. Questo spazio è dedicato all'informazione relativa alle neoplasie mieloproliferative e, ad ogni modo, non possiamo fornire consigli individuali.
Ho sintomi di freddo e sono anche accaldato cosa devo fare?
(Paolo)
Risposta
Gentile signore, purtroppo non possiamo darle consigli sostanziali, che non siano quelli di rivolgersi con fiducia al suo Curante.
Buongiorno Dottore, mio marito è affetto da POLIGLOBULIA VERA da circa 4 anni, assume Jakavi; volevo sapere se può essere considerato persona a rischio in questi giorni, visto che già normalmente fa fatica a guarire da una semplice influenza. Grazie mille.
(Simona)
Risposta
Gentile signora,
comprendiamo la sua preoccupazione. Vogliamo cogliere l'occasione per ricordare che stiamo affrontando tutti, come cittadinanza, una situazione sanitaria che richiede una partecipazione ed uno sforzo collettivo. L'infezione ha un decorso molto lieve nella vasta maggioranza dei casi, ma in una percentuale dei pazienti può richiedere il ricovero ospedaliero e/o misure assistenziali più consistenti, come il supporto respiratorio.
Ad oggi, non abbiamo dati di letteratura sull'andamento dell'infezione in singoli gruppi di casi, fatta eccezione per alcune osservazioni su pazienti con tumori del polmone, che rappresentano certamente una categoria a sé stante. Alla luce di ciò, valgono per tutti le medesime raccomandazioni che provengono da fonti ufficiali. Vi invitiamo a seguirle con attenzione ed a cercare informazioni solo tramite canali certificati, come ad esempio il seguente sito, predisposto dal ministero della salute: http://www.salute.gov.it/portale/nuovocoronavirus/dettaglioFaqNuovoCoronavirus.jsp?lingua=italiano&id=228 . Qui potrete trovare risposte accurate ed aggiornate.
Salve, mia mamma (43 anni) soffre di bronchite cronica, in caso di infezione da coronavirus è a rischio?
Risposta
Purtroppo non possiamo fornire indicazioni o rispondere a quesiti individuali. La affidiamo al suo Curante per le valutazioni cliniche del caso.
Buongiorno, sono affetto da policetemia vera da 5 anni, eseguo salassi, prendo cardioaspirina e pasticca per la pressione, volevo avere info sul virus Covid-19 riferito alla mia patologia, puo avere complicazioni, come dobbiamo comportarci in caso di positività?
Sicuro di un vostro riscontro vi ringrazio anticipatamente.
(Stefano)
Risposta
Gentile signore, come avrà avuto modo di apprendere attraverso i canali di informazione, esistono delle precise raccomandazioni che sono state preparate dal ministero della salute e che vengono costantemente revisionate ed aggiornate.
Allo stato attuale tutti noi (medici, pazienti e cittadinanza) dobbiamo attenerci alle indicazioni sanitarie (come quelle relative al lavaggio appropriato e frequente delle mani) ed alle indicazioni in merito alla vita sociale, che in questa fase subisce alcune necessarie limitazioni.
La gestione dei casi di infezione confermata è, invece, la medesima, a prescindere dall'esistenza o meno di una malattia mieloproliferativa, e viene declinata sulla base dei sintomi e del quadro clinico di ciascun paziente.
la invitiamo, pertanto, a far riferimento con fiducia al suo Curante ed a seguire le comunicazioni ministeriali ufficiali.
Buongiorno Dottori, 53 anni affetto da TE, sempre stato bene con 900000 piastrine ed ematocrito 48.8; il mio dottore mi ha proposto o l'oncocarbite oppure fare i salassi. Volevo un consiglio da voi.
Risposta
Purtroppo in questa sede non possiamo esprimere pareri individuali sulle scelte terapeutiche o sulle situazioni cliniche che ci vengono descritte. Cogliamo, dunque, l'occasione per ricordare che alcuni aspetti del percorso di diagnosi e cura possono essere affrontati adeguatamente solo con i propri medici di riferimento. Ad ogni modo, come principio generale, le confermiamo che è possibile riscontrare un aumento dei valori dell'ematocrito anche in una percentuale di pazienti affetti da trombocitemia essenziale, in particolare coloro i quali hanno una mutazione del gene JAK2. In questi casi, comunque, è buona norma valutare anche cause - o concause - alternative, che possono associarsi alle malattie mieloproliferative (come il fumo o i disturbi respiratori). Siamo certi che il suo ematologo saprà consigliarla al meglio in merito alla condotta terapeutica più opportuna per lei.
Buongiorno dottori, sono affetta da trombocitemia essenziale, in cura con cardioaspirina e in passato con clexane. Ho 37 anni, sono soggetto a rischio? Al lavoro mi hanno consigliato di stare a casa, quindi il medico di base mi ha dato dei giorni di malattia. Grazie per l'attenzione.
(Alessandra)
Risposta
Gentile signora,
purtroppo dal testo della sua domanda non riesco a comprendere con esattezza a quale rischio lei faccia riferimento. Se si tratta del rischio vascolare legato alla sua malattia, per età lei rientra fra i soggetti a basso rischio, a patto che non abbia avuto eventi vascolari pregressi. Se fa riferimento ad altri rischi, legati ad esempio ad una esposizione ambientale o al rischio infettivo, desideriamo sottolineare che ogni circostanza va valutata in modo individuale, tenendo conto della zona geografica di residenza e/o del tipo di attività lavorativa. La rimandiamo, pertanto, alla discussione con il suo medico di riferimento.
Buona sera,
a seguito della mia mail inviatavi il 27 febbraio 2019, il valore del mio ematocrito non supera il 45% (al 10.2.2019 era esattamente 45), mentre i globuli rossi sono saliti a 5.92, quelli bianchi sono 7.40, le piastrine 694, l'emoglobina 14.3. Il mio ematologo mi ha detto di rifare l'emocromo + sideremia + ferritica tra un mesetto, in quanto a sua detta l'ematocrito rimane +/- fermo perché sta esaurendo le mie riserve di ferro (che alla fine di novembre erano rispettivamente ferro 50 e ferritina 16, mentre l'eritroproteina risultava <1.00).
Cosa succede se tutto il mio ferro si esaurisce nei globuli rossi? Che altra malattia mi può venire?
Grazie per una eventuale risposta.
(Eleonora)
Risposta
Buongiorno,
l'esecuzione dei salassi porta normalmente ad un calo dei valori di ferritina e sideremia, che hanno sulla malattia un effetto benefico, in quanto riducono la proliferazione midollare e quindi la necessità di salassi stessa. La carenza di ferro in questi casi, può essere causa di astenia, dolori crampiformi agli arti inferiori soprattutto la notte, fragilità di capelli e altri annessi. Solo in caso di sintomatologia invalidante è necessario un supporto di ferro, che tuttavia dovrà essere gestito e regolato dal proprio ematologo di riferimento.
Buonasera, mi è stata diagnosticata la mielofibrosi e sono sotto cura di interferone (pegasys).
Quali sono i rischi per i pazienti con malattie mieloprolifarative nel caso di coronavirus?
Più in generale, come incide l'interferone sul sistema immunitario? Lo rende più debole?
Grazie.
(Carla)
Risposta
Buongiorno,
per quanto riguarda l'infezione da coronavirus nella sua condizione, ai dati attuali i rischi sono paragonabili a quelli della popolazione generale. E' necessario e sufficiente seguire le disposizioni ministeriali.
Gentili ricercatori, perdono se forse faccio una domanda banale. Ho la PV da 7 anni e ne ho 51. Al momento assumo solo cardio. Ho circa 16.000 globuli bianchi ed un lavoro che mi espone ad una forte mole di pubblico. Mi chiedo: ma questi globuli bianchi funzionano? Insomma una domanda sulla PV ai tempi del corona virus...
(Giancarlo)
Risposta
Buongiorno,
ai dati attuali, non assumendo lei terapie immunosoppressive, non vi sono particolari attenzioni da seguire per l'infezione da coronavirus, se non seguire quelle che sono le disposizioni ministeriali.
Egregi Dottori, da quando mi è stato diagnosticato la TE in cura con oncocarbide, ho notato, da circa 6 mesi, un continuo dolore alla schiena e all'addome superiore lato destro, sempre presente di giorno. Rientra nella malattia? Grazie.
(Franco)
Risposta
Buongiorno,
si tratta di un dolore aspecifico che non rientra normalmente nei sintomi tipici di questa malattia. La invito quindi a rivolgersi al proprio medico curante e qualora persistente indagare il dolore indipendentemente dalla malattia mieloproliferativa.
Gentili ricercatori a distanza di due mesi dall'ultimo emocromo effettuato nel mese di dicembre e che a detta del mio medico curante era un risultato di stabilità della mia MF, ho effettuato un ulteriore prelievo il 24/02/20 che sostanzialmente era uguale al precedente tranne l'ematocrito che passava da 42.2 a 38.8. La cosa strana è la presenza di una osservazione che diceva: "l'analisi dello striscio periferico conferma i dati automatizzati. Ipersegmentazione nucleare dei granulociti neutrofili." Avrei piacere di conoscere il significato. Cordiali saluti.
(Enzo)
Risposta
Gentilissimo,
i neutrofili ipersegmentati sono una caratteristica delle malattie mieloproliferative, in particolare della mielofibrosi, non sono indicativi di un miglioramento/peggioramento del quadro clinico. Non sempre vengono indicati nei referti dell'emocromo, in quanto la loro determinazione necessita di una valutazione morfologica dello striscio di sangue periferico, quindi non una semplice analisi automatizzata.
Egregi dottori buona sera.
Sono Giusi, (58 anni) affetta da mielofibrosi primaria diagnosticata nel 2008 (mielofibrosi idiopatica di tipo indolente). Fondamentalmente sono stata sempre bene e continuo a stare bene tanto che non sono mai stata sottoposta a terapia specifica, tranne cardioaspirina, 100mg/gg, dal momento della diagnosi. Né mai sono stata sottoposta ad altra biopsia ad eccezione di quella fatta nel 2008 al momento della diagnosi.
Di seguito lo sviluppo nel tempo dei principali aspetti della mia malattia:
- La milza che in eco nel Settembre 2009 misurava 14,8 cm, nell'ultima eco del Gennaio 2020 misura invece 23 cm DL e 12cm DT, mentre all'esame obiettivo, sempre a Gennaio u.s. la splenomegalia palpabile è di 12 cm circa. In ogni caso non ho mai riscontrato fastidi attribuibili alla milza medesima.
- Hgb dal 2016 ad oggi si è sempre attestata sopra 14 con punte di 16,80 nel corso del 2016 medesimo.
- Al fine di contenere l'ematocrito mi sono sottoposta dal Luglio 2016 in poi a 7 salassi in occasione di valori di HCt riscontrati del 52%, 49,9%, 48%, 46,9%, 48,6%, 51,1%, 48,9%, quest'ultimo a Settembre 2019, (circa 2 salassi all'anno).
- Nel tempo mi è stata riscontrata una progressiva leucocitosi (i globuli bianchi sono man mano passati da 15.400 del 2016 a 18.800 a inizio del 2018 per poi arrivare a 27.400 di Febbraio 2020).
- Le piastrine dal 2016 ad oggi si sono attestate da un minimo di 376.000 ad un max di 48.100.
- LDH dal 2016 in poi è variato dal valore di 700 a valore di 938 di metà gennaio 2020.
- CD34+ si sono attestati sempre tra 0,10% del 2009 e 0,2% del Novembre 2019. I blasti all'ultimo esame fatto nel 2018 erano pari a 0.
- JAK2V617 del 2017= 65% stabili rispetto al 2015.
Il quadro derivante dagli ultimi esami del sangue del 20 Febbraio 2020 è il seguente: Rbc 6.700.000, Hgb 15,2, Hct 49,4%, WBC 27.400, piastrine 416.000.
Al di là di accusare prurito, sempre gestito con accorgimenti pratici e che non ha mai condizionato le mie attività, non ho mai accusato alcun sintomo ascrivibile alla mielofibrosi, ossia niente anemia, niente sudorazioni profuse, nessun dolore alle ossa, mai la febbre, nessun disturbo all'addome, mai astenia, nessuna perdita di peso, nessun senso di sazietà precoce, né mai avuti fenomeni trombotici. A volte, mi chiedo se in effetti sono malata di mielofibrosi.
Tutto ciò premesso, in considerazione della leucocitosi e della splenomegalia progressiva, vi chiedo in senso generale:
1. La necessità e l'urgenza in termini temporali, con valori di globuli bianchi come i miei (27.400), di iniziare una terapia con oncocarbide al fine di ridurli (e non con ruxolitinib almeno in una prima fase per i suoi arcinoti effetti collaterali);
2. Il rischio che, in assenza di adeguata terapia citoriduttiva, si possano verificare fenomeni trombotici, considerati i valori di globuli bianchi così elevati come i miei (27.400), pur ricorrendo ancora ai salassi per mantenere l'ematocrito al di sotto del 45%;
3. Se, e in che termini, una terapia con oncocarbide possa incidere positivamente sul controllo dell'ematocrito e sulla riduzione delle dimensioni della milza.
4. Il rischio reale, una volta intrapresa la terapia con oncocarbide, di un abbassamento delle difese immunitarie ed essere più vulnerabile ad infezioni di varia natura (compreso il coronavirus).
Grazie per il parere che mi darete. Saluti cordiali.
(Giusi)
Risposta
Gentilissima,
la condizione che lei riferisce appare stabile nel tempo e quindi nessun provvedimento deve essere esercitato con urgenza.
La leucocitosi è infatti ancora accettabile anche in assenza di terapia citoriduttiva e l'ematocrito perfettamente controllato con un numero esiguo di salassi. Ci sono 2 fattori principali che potrebbero determinare l'inizio di una terapia citoriduttiva: in primo luogo l'età, in quanto seppure in assenza di linee guida definite per la mielofibrosi, la traslazione da altre forme di malattie mieloproliferative indicherebbe la necessità di una terapia citoriduttiva dopo i 60 anni; in secondo luogo un aumento progressivo della leucocitosi, che può però essere mantenuta sotto controllo stretto per iniziare la terapia al momento più opportuno, senza la necessità di una citoriduzione profilattica.
Di sicuro, l'inizio dell'oncocarbide apporterebbe un beneficio anche nel controllo dell'ematocrito diminuendo o annullando il numero di salassi, e forse sui sintomi. Talvolta si verifica anche un piccolo controllo sulla splenomegalia, anche se sono casi rari.
Le consiglio quindi un monitoraggio stretto dell'emocromo e soprattutto di affidarsi alle decisioni del proprio ematologo di riferimento che ha sicuramente una visione d'insieme più ampia.
Riguardo l'immunosoppressione esercitata dall'oncocarbide, questa è piuttosto blanda e non vi sono precauzioni particolari da seguire se non quelle indicate dalle disposizioni ministeriali.
Può esserci una correlazione tra vivere/lavorare in ambienti contaminati da radon e il manifestarsi di malattie mieloproliferative JAK2+?
(Duilio)
Risposta
Buongiorno,
ad oggi non sono stati identificati nessi causali tra agenti chimici/atmosferici e l'insorgenza di malattie mieloproliferative. Tuttavia, questo resta un campo di studio ampio e oggetto di continue indagini.
Buongiorno, sono affetto da Mielofibrosi secondaria post policitemia, volevo chiedere se in questo periodo in cui vi è la presenza del Coronavirus, anche ai fini della salute negli ambienti di lavoro, posso considerarmi un soggetto a maggior rischio? Con difese immunitarie più basse del normale? Grazie mille.
(Gian Carlo)
Risposta
E' necessario e sufficiente rispettare le normative e le disposizioni ministeriali.
Buongiorno,
sono affetta da mielofibrosi e mi chiedevo che tipo di cautele dovremmo osservare noi che siamo affetti da malattie mieloprolifarative nel caso di influenza in generale e nello specifico di coronavirus.
Grazie
(Carla)
Risposta
Buongiorno,
riguardo l'influenza tradizionale è consigliato il vaccino antiinfluenzale. Per quanto riguarda l'infezione da coronavirus, ai dati attuali, è necessario e sufficiente seguire le disposizioni ministeriali
Buongiorno, sono in terapia con Jakavi 30 mg al die, da ormai 40 mesi, finalmente si stanno riducendo le dimensioni della milza (seppur di pochi mm), vi chiedo gentilmente se la presenza di ulcerette in viso possono essere effetti collaterali del farmaco e se si quali possono essere i rimedi. Cordialità.
(Paolo)
Risposta
Uno degli effetti collaterali principali in corso di terapia con ruxolitinib è la comparsa di lesioni cutanee, soprattutto nelle aree fotoesposte, quali basaliomi o altri tumori cutanei non melanomi. In caso di comparsa di qualsiasi lesione cutanea in corso di terapia con ruxolitinib quindi, è invitato a segnalarlo al proprio ematologo e eseguire visita specialistica dermatologica, per escludere che si tratti di lesioni precedentemente elencate.
Buongiorno, sono una donna di 33 anni e da un anno mi è stata diagnosticata la TE. Da parecchi mesi i valori sono superiori ad 1 milione. Vorrei sapere se ai fini di intraprendere una gravidanza è consigliabile iniziare terapia con interferone in fase preconcezionale oppure iniziarlo quando e se la gravidanza avrà luogo o non iniziarlo? La decisione dipende dal numero di piastrine? Esistono linee guida a riguardo?
Risposta
Nel caso di programmazione di una gravidanza è invitata a parlarne con il proprio ematologo e ginecologo di riferimento, per gestire la cosa al meglio. Secondo le attuali linee guida, la terapia citoriduttiva non viene iniziata a priori (a meno che non sia necessaria per motivi indipendenti dalla gravidanza). E' necessario un controllo dei valori ematici frequente e questi potranno determinare la necessità o meno dell'inizio della terapia con interferone.
Mia madre 86 anni, da circa 2 dx di trombocitemia essenziale JAK2 positiva. Inizia oncocarbide per Plts circa 700.000, prosegue fino a quando non sospende per comparsa di ulcere malleolari. Inizia anagrelide 3 cpr/die da 0.5mg, ultimi valori di Plts 1.130.000, Hgb 14.8, Hct 48.8, Gb 12.690, PCT 1.11, ipertesa. Non so più cosa fare. In attesa di un Vs consiglio. Grazie.
(Chiara)
Risposta
Gentilissima,
la terapia con anagrelide non sta portando ad un controllo corretto della conta piastrinica, né dell'ematocrito e dei globuli bianchi. Una terapia alternativa, data anche l'età potrebbe essere costituita dal busulfano, se il suo ematologo di riferimento lo riterrà opportuno.
Buongiorno,
da circa 10 anni sono affetto da PV peraltro ben controllata con Jakavi (15 mgx2) cardioaspirina e Aciclovir (400mgx2). Recentemente sono stato sottoposto a TURV per la rimozione di un piccolo e superficiale carcinoma della vescica. Al fine di ridurre il rischio di future possibili recidive, vengo a chiedervi se la ridotta funzionalità del sistema immunitario legata all'assunzione di Jakavi e alla PV, sia compatibile con eventuali istillazioni endovescicali BCG e con TAC total body con e senza contrasto. Grazie infinite per la vostra preziosa funzione.
(Francesco)
Risposta
Gentilissimo,
la terapia con jakavi e la diagnosi di PV non pongono controindicazioni all'esecuzione di TAC total body con mdc. Riguardo invece le istillazioni endovescicali con BCG, deve essere valutato strettamente la possibilità di trattamenti alternativi o valutata la possibilità di sospendere il trattamento con ruxolitinib nel periodo necessario, in quanto tale procedura è sconsigliata se concomitante a terapia immunosoppressiva in atto. E' comunque fondamentale una stretta collaborazione fra il team urologico ed ematologico per la ricerca della migliore soluzione.
Buongiorno, affetto da TE dal 2004 dopo un episodio di TIA ho avuto prescritto l'oncocarbide. Con il progredire della malattia ho dovuto aumentare la dose fino all'attuale di 1500 mg/die che credo sia la dose massima prescrivibile. Il 22-11-2019 il valore delle piastrine era 622, allarmato rieseguo l'esame il 3-12-2019 e ritrovo il valore dell piastrine 291 quindi normalizzato. Rieseguo il test il 10-02-2020 ed il valore era 886 successivamente il 17-02-2020 il valore delle piastrine si attestava a 694. Fino allo scorso autunno la conta piastrinica variava di molto poco anche se andava gradualmente aumentando nel corso del tempo ma si è contrastato l'aumento aumentando la dose di oncocarbide. La discontinuità di valori che si verifica adesso unita alla dose già alta di oncocarbide lascia intravedere l'insorgenza dell'inefficacia o insufficienza dell'oncocarbide?
Come affrontare la situazione dal momento che ho raggiunto la dose massima di oncocarbide? Grazie.
(Antonio)
Risposta
Gentilissimo,
inizio con il chiarirle che la dose giornaliera massima di oncocarbide è 4 cpr/die (totale 2 gr/die), e non 3 cpr/die.
Oscillazioni della conta piastrinica possono essere piuttosto comuni in questo tipo di malattia, tuttavia di per sè la conta piastrinica non costituisce un fattore di rischio trombotico e non vi è la stretta necessità terapeutica di mantenere il valore di piastrine all'interno del range di normalità. Detto questo, esistono comunque terapie alternative approvate all'oncocarbide che il Suo ematologo potrà indicarLe qualora ve ne fosse bisogno.
Buon giorno, soffro di piastrinopenia grave congenita, volevo sapere se avete informazioni se l'utilizzo della magnetoterapia ha controindicazioni nella mia patologia, grazie.
(Roberto)
Risposta
Buongiorno,
questa domanda esula dall'argomento di questo forum.
Buongiorno, da circa 8 mesi mi è stata diagnosticata la trombocitemia essenziale, triplo negativo. Rapidamente, dal primo valore che ha destato il sospetto (750 mila) le piastrine sono salite sopra il milione arrivando quasi ad un milione e 500 mila e adesso si stanno stabilizzando intorno al milione e 200 mila. Due domande, io ho 32 anni e non ho un alto rischio cardiovascolare (soffro di emicrania una volta al mese in occasione del ciclo per il resto nessun altro fattore di rischio) mi hanno sospeso la cardioaspirina (mai avute manifestazioni emorragiche), è corretto così? Seconda domanda ai fini di una gravidanza iniziare l'interferone è necessario? Non può essere iniziato solo se e quando la gravidanza inizi? Grazie per le cortese risposte.
(Clizia)
Risposta
Gentilissima,
data la conta piastrinica che lei riferisce, e l'assenza anche di mutazioni driver che quindi definiscono una condizione di triplo negatività, la sospensione della terapia antiaggregante sembra una scelta ragionevole. Una conta piastrinica elevata infatti si associa ad un rischio emorragico aumentato, che si sommerebbe a quello indotto dalla cardioaspirina. Riguardo una possibile gravidanza, consigliamo di essere seguita in un centro ematologico, ma soprattutto ginecologico specializzato. In tal caso è possibile iniziare la terapia al momento dell'inizio della gravidanza, sulla base della conta piastrinica.
Buongiorno,
vorrei sapere quali siano attualmente le indicazioni al trapianto di midollo osseo nelle neoplasie mieloproliferative Philadelphia negative e la percentuale di mortalità post-trapianto.
Mille grazie.
(Francesco)
Risposta
Gentilissimo,
il trapianto allogenico resta ad oggi l'unica terapia definitiva per la malattie mieloproliferative PH-negative. L'indicazione a questa procedura viene stabilita sulla base di score prognostici che possono essere utilizzati alla diagnosi della malattia e durante il follow up come il DIPSS, DIPSS-plus, il MIPSS70 per le mielofibrosi primarie e il MYSEC score per le mielofibrosi secondarie. Questi score contengono fattori di rischio che classificano la malattia come più o meno grave e pertanto determinano l'indicazione o meno al trapianto.
Più nello specifico vengono comunemente inviati a trapianto pazienti con DIPSS score intermedio-2 o alto, MIPSS70 alto rischio, MYSEC score intermedio2-alto. Tuttavia vi sono altri fattori che possono portare a questa decisione, o viceversa fattori che secondo giudizio clinico aumenterebbero il rischio di morbidità e mortalità trapiantologica tale da non sottoporvi il paziente nonostante il punteggio ottenuto dagli score prognostici
Vi chiedo cortesemente se la sperimentazione di pactrinib, momelotinib e fedratinib sono iniziate o quando inizieranno. Grazie.
(Donato)
Risposta
In Italia è già attivo un protocollo di fase III randomizzato fedratinib vs migliore terapia disponibile, aperto o in prossima apertura in più di 10 centri italiani. Non risultano invece ancora aperti i 2 trial coinvolgenti rispettivamente pacritinib e momelotinib, che tuttavia dovrebbero essere attivati entro l'autunno.
Buonasera dottori, vi pongo un quesito: nel 2018 mi è stata diagnosticata la mielofibrosi in fase prefibrotica con CALR mutato tipo 2. Dopo 2 anni l'unico valore non nella norma risultano le piastrine. Ora leggo che per la diagnosi ci devono essere criteri maggiori e minori da soddisfare. Ma io al momento non soddisfo alcun criterio minore. Possibile che siano bastati i criteri maggiori e il prelievo dell'aspirante midollare per arrivare ad una diagnosi? Grazie.
(Giuseppe)
Risposta
Gentilissimo,
come ha ben sottolineato per una corretta diagnosi è necessario anche la presenza di almeno 1 criterio minore. Tuttavia, stando ai dati attuali, non è possibile stabilire se questo sia effettivamente mancante o meno. Il dato istologico resta comunque fondamentale nei casi a ponte con la trombocitemia essenziale.
Gentili ricercatori, ho PV da 7 anni, uomo 52, ho le piastrine intorno a 800, globuli bianchi 17.000 ed assumo solo asa 100 e 3 salassi/anno. Ultimamente ho assunto per circa 30 d hydrossiurea per far scendere i valori per togliere un lipoma. Ora ho sospeso e mi accingo a ripetere biopsia dopo 7 anni per capire il grado di fibrosi. E poi? Se c'è evoluzione e un lieve aumento della milza devo ricorrere ancora ad onco? Se si potesse scegliere senza considerare i protocolli e i costi sarebbe preferibile ricorrere subito a Jakavi piuttosto che a hydrossiurea? Vivo negli Usa.
(Tony)
Risposta
Non necessariamente l'evoluzione in mielofibrosi comporta la necessità di iniziare una terapia. Nel caso i valori ematici siano ben controllati, come pure i sintomi e le dimensioni della milza non fastidiose per lei, potrebbe continuare con i salassi e la terapia antiaggregante come sta facendo adesso. La scelta del farmaco di prima linea, qualora ve ne fosse bisogno, dipende dalla sua classe di rischio e dalla principale complicanza da affrontare, quali sintomi costituzionali, splenomegalia, anemia, ecc. Pertanto, l'utilizzo di jakavi in prima linea può essere giustificato solo in determinate circostanze, dati gli effetti collaterali che non sono affatto da sottovalutare.
Buongiorno, nel 2017 mi è stata diagnosticata TE CARL 1 asintomatica, da ultimi esami piastrine circa 1 milione altri valori nella norma tranne l'emoglobina che negli ultimi 12 mesi è scesa da 140 a 132 (era 150 nel 2017); inoltre è stata rilevata una "significativa riduzione dei multimeri ad alto peso molecolare compatibile con malattia di Von Willebrand tipo 2"; il calo di emolgobina può essere predittivo di un'evoluzione della malattia? E vista la sindrome di von Willebrand va sospesa la cardioaspirina?
Grazie.
Risposta
Gentilissimo,
il calo di emoglobina potrebbe essere dovuto a vari fattori, quali ad esempio lo stato del ferro o una concomitante terapia citoriduttiva (di cui non fa menzione). Sono comunque valori ancora buoni, che raccomando in ogni caso di monitorare nel tempo. Riguardo la sospensione della cardioaspirina, questa non è raccomandata se non in concomitanza di piastrinosi estrema e/o fenomeni emorragici e deve in ogni casa essere monitorata da un ematologo.
Gentilissimi DOTTORI,
nel dubbio che le malattie Mieloproliferative possano essere eriditarie, perché non prelevare il midollo osseo ai miei figli 20/22 anni e congelarlo? Nell'eventualità che possano incorrere anche loro nella Mielofibrosi, si ritroverebbero le stesse cellule e quindi nessun rischio rigetto. Scusate ma è la paura che mi fa pensare queste cose.
(Maria)
Risposta
Gentilissima,
le malattie mieloproliferative non sono malattie ereditarie. Vi sono delle associazioni familiari, che quindi possono far pensare ad una possibile predisposizione familiare, pur in assenza di dati certi e per di più non maggiore rispetto all'associazione dimostrata anche con altri tipi di malattie ematologiche.
Peraltro l'utilizzo di cellule staminali autologhe non risulta efficace nella cura di questo tipo di malattie.
Buongiorno.
Generalmente per una persona affetta da policitemia vera qual è la frequenza di salassi di cui necessita a regime?
Un'alta frequenza è indice di una malattia più aggressiva? E una frequenza che con il tempo si abbassa può essere dovuta (oltre che all'abbassamento del ferro) al fatto che il midollo fa più fatica a produrre globuli rossi e quindi indice di una progressiva trasformazione in mielofibrosi?
Grazie.
(Michele)
Risposta
Secondo le più recenti linee guida è necessario eseguire salassi per mantenere il valore di ematocrito inferiore al 45%, soglia associata ad un minore rischio trombotico. Non esiste pertanto un numero corretto di salassi, che quindi è variabile da paziente a paziente e anche in base alla fase di malattia. Un'alta frequenza del numero di salassi necessari non indica una malattia più aggressiva. Nel corso del tempo, allontanandosi dalla diagnosi si assiste di solito ad una diminuzione della necessità di salassi, dovuto al progressivo calo delle scorte di ferro dell'organismo che quindi rallentano la proliferazione midollare. Questa diminuzione non è tuttavia collegata ad una possibile evoluzione della malattia in mielofibrosi.
Buongiorno esimi ricercatori, leggo su https://crispr.blog/2020/02/07/crispr-sfida-il-cancro/ la seguente affermazione:
"Secondo quanto dichiarato dalla società fondata dall'altra co-inventrice della tecnica CRISPR, Emmanuelle Charpentier, i due pazienti trattati, malati rispettivamente di anemia falciforme e talassemia, hanno potuto interrompere le trasfusioni grazie al successo dell'editing"
Sono in corso analoghe ricerche per debellare le malattie provocate dalla mutazione JAK2V617F usando le metodologie CRISPR?
(Luigi)
Risposta
Gentilissimo,
la tecnologia CRISPR viene utilizzata nelle malattie mieloproliferative in ambito di ricerca per studi in vitro o su modelli murini. Non vi sono ad oggi studi di applicazione di gene editing alla terapia delle MPN, e questo è dovuto ad una profonda diversità nella patogenesi di queste malattie, che non sono infatti malattie ereditarie, quali invece anemia falciforme e talassemie.
Prima di tutto grazie. Vorrei sapere se per noi / mielofibrosi / persone senza futuro avete qualche notizia su nuovi farmaci.
(Vincenzo)
Risposta
Gentilissimo,
ci sono numerosi nuovi farmaci in prossima approvazione e/o in sperimentazione per pazienti affetti da mielofibrosi sia all'estero che in Italia. Tuttavia purtroppo, nessuno di questi ad oggi è in grado di modificare il decorso della malattia, ma la ricerca farmaceutica va avanti molto rapidamente.
Gentilissimi, per trombocitemia assumo oncocarbide e cardioaspirina. Gli ultimi accertamenti hanno diagnosticato osteoporosi. E' consigliabile iniziare una terapia con bifosfonati? Questi farmaci sono sicuri e compatibili con forme tumorali di questo tipo? Grazie.
(Antonella)
Risposta
Gentilissima,
non vi sono controindicazioni all'utilizzo di bifosfonati in questo tipo di malattia. La prescrizione deve tuttavia essere eseguita sotto lo stesso controllo di un endocrinologo.
Grazie bravissimi Ricercatori, non ho parole per ringraziarvi. Il vostro sollecito riscontro mi ha commosso, ha avvalorato le mie positive considerazioni: siete innamorati del vostro lavoro, profondamente umani e, per questo, ci siete vicini, ci trasmettete il vostro sapere con tempestività, chiarezza, esaustivamente, tergiversando sottilmente su domande spiacevoli ma non ignorando quesiti noiosamente ripetitivi o non pertinenti. Meritate tanto. Non so dove siate ma mi piacerebbe incontrarvi e manifestarvi personalmente la mia gratitudine. Con tanta stima DEMETRIO.
(Demetrio)
Risposta
Grazie per le belle parole spese.
Salve, dopo terapia di 3 mesi con oncocardibe le piastrine erano finalmente nella norma, appena ho smesso con la terapia nel giro di 2 mesi mi ritrovo con le piastrine ad oltre il milione, vi chiedo come è possibile e soprattutto cosa dovrei fare, ovvero tornare a curarmi con l'idrossurea? Ho 51 anni e gli altri valori nella norma, sono JAK2 positivo. Grazie mille.
Risposta
Gentilissimo,
la terapia con oncocarbide deve essere gestita da un ematologo che valuterà il bisogno di proseguire o interrompere il trattamento. La necessità di una terapia citoriduttiva dipende da alcuni fattori, quali l'età, anamnesi positiva per eventi trombotici, mutazione JAK2, sintomi. Non è quindi detto che questa sia necessaria. Il fatto che le piastrine siano aumentate dopo la sospensione è un evento normale in quanto l'oncocarbide è un farmaco citoriduttivo che non ha però alcun effetto sul decorso della malattia.
Salve, 38 anni TE piastrine 700 circa. Sto prendendo un'integratore di ferro per una lieve anemia dovuta a sport intenso e dopo 3 mesi le analisi riportano due valori alti mai avuti: RDW CV 19.9 e RDW SD 62.9. Globuli rossi 5.27 e altri valori nella norma, ferro e Vit. B12 compresi (piastrine 650). Cosa potrebbe essere?
Risposta
Gentilissimo,
i valori di RDW sono normalmente alti in questo tipo di malattie ed è dovuto anche ad una variabilità della forma degli eritrociti. Tuttavia raccomando che la terapia marziale in questo tipo di malattie sia sempre controllata e prescritta da un ematologo di riferimento.
Salve ho 46 anni e soffro di politicemia vera JAK2 modificato... Sto facendo solo salassi, 1 al mese e cardioaspirina una al giorno; ho sempre mal di testa nonostante l'ematocrito si aggiri intorno ai 45%. Ho fatto le analisi ed è risultato la sideremia a 30 e la ferritina a 5, quindi valori molto bassi. Può dipendere dal ferro basso il mio mal di testa? Come poter alleviare i sintomi del mal di testa?
Grazie mille.
(Angelo)
Risposta
Gentilissimo,
dai dati che riferisce si deduce un buon controllo della malattia e dei valori di ematocrito; il valore della ferritina così basso dipende dai salassi ed è necessario per mantenere valori di ematocrito corretti. Sicuramente questi valori possono influenzare il suo stato fisico e contribuire ad un maggiore senso di stanchezza, ma il mal di testa che lei riferisce potrebbe dipendere anche da numerosi altri fattori, ad esempio il valore delle piastrine (a cui non fa riferimento) o ad una cefalea costituzionale, per cui potrebbe essere consigliabile una visita specialistica presso il centro cefalee.
Buongiorno egregi Dottori e ricercatoti, è vero che una volta iniziata la terapia con Oncocarbite non si può più sospendere? Unico valore sballato le piastrine 700000, sempre stato bene, 49 anni.
Secondo voi si troverà un farmaco che guarirà del tutto le malattie mieloploriferative? Se si tra quanti anni?
(Michele)
Risposta
Gentilissimo,
la terapia con oncocarbide può essere sospesa sulla base dell'andamento della malattia e quindi dei valori ematici, ovviamente sotto il controllo di un ematologo. Attualmente non vi sono farmaci risolutivi nelle malattie mieloproliferative alternativi al trapianto di midollo osseo, ma la ricerca è in continuo avanzamento.
Bravissimi Ricercatori, ancora molti dubbi sul trattamento della Policitemia vera. Ho 53 anni (con PV da 3);per età, assenza di eventi trombotici, buone condizioni fisiche, assumo aspirina 100 mg/die ed eseguo, ogni tre mesi circa, salasso per un ematocrito nei limiti di 45. Ho fatto biopsia ossea, aspirato midollare come a Voi esposto il 17/11/2019. JAK2 50% mutato. Attualmente le mie piastrine sono 700, i globuli bianchi 15000. Debbo considerarmi ad alto rischio? Secondo uno studio del prof. BARBUI del 2015, sì: oltre 11000 globuli bianchi sono probabili eventi cardiovascolari.
Ma se i parametri di valutazione sono cambiati, con quale valore piastrinico e di globuli bianchi bisogna ricorrere a terapia citoriduttiva? Poiché l'aspirina è anticoagulante, aumentandone la dose giornaliera si allontanerebbero eventi fatali? Neanche Voi ,se ho ben capito, consigliate con disinvoltura l'idrossurea: il 23/12/2019, ad un paziente, sull'uso di tale farmaco, così avete scritto: "...E' prescritta in pazienti ad alto rischio con oltre 60 anni e/o con pregresso evento vascolare". A prescindere, quindi, da numero di piastrine e globuli bianchi, si inizia la terapia citoriduttiva se ci sono le condizioni da Voi citate sopra?
Dovendo ricorrere a terapia citoriduttiva, consigliate come farmaco di prima linea l'idrossurea: ma il prof Vannucchi, in una intervista ha puntualizzato che per i più giovani si usa l'interferone (certamente si riferiva al pegilato meno devastante) il quale non è prescrivibile neppure off label e allora cosa fare per averlo? Ho saputo che c'è uno studio low-pv per pegilato in diversi centri ematologici italiani per pazienti a basso rischio: ma l'EMA, che garantisce la sicurezza dei farmaci in Europa, non l'ha già approvata lo scorso anno? In Italia non possiamo avvalerci dei risultati su studi di altri paesi? O è questione di prezzo?
Per una prescrizione più aderente allo stadio reale della policitemia, e non di routine, quali ulteriori specifici esami fare?
Si prevedono applicazioni, in un futuro prossimo, di metodi innovativi (car-t, immunoterapia) per la policitemia? Vi sarò molto grato se presterete attenzione a questi miei dubbi. Con tanta gratitudine, cordialmente DEMETRIO.
(Demetrio)
Risposta
Gentilissimo,
andando per ordine, lei è considerato secondo gli score a basso rischio trombotico e pertanto non necessita di terapia citoriduttiva. Riguardo lo studio che Lei ha giustamente citato, per il momento tali indicazioni non fanno parte di quelli che sono le attuali linee guida, o perlomeno tale soglia per i globuli bianchi viene tenuta in considerazione per i pazienti ad alto rischio sottoposti a terapia citoriduttiva.
Pertanto stando così i suoi valori, l'indicazione alla terapia citoriduttiva non è data dal valore piastrinico o dei globuli bianchi ma dall'età e dalla storia clinica positiva per eventi trombotici, salvo presenza di citosi estreme.
Al momento non vi sono indicazioni a un aumento di dosaggio giornaliero della terapia antiaggregante. E' in corso uno studio in pazienti affetti da trombocitemia essenziale sul confronto tra ASA 1 cpr/die vs ASA 1 cpr BID, ma i risultati non sono ancora disponibili.
Riguardo il tipo di terapia, l'interferone resta una valida opzione in pazienti giovani affetti da PV ad alto rischio e sarà presto disponibile anche in Italia, mentre è in corso uno studio randomizzato in pazienti a basso rischio che prevede il confronto tra la terapia standard (salassi + terapia antiaggregante) vs interferone peghilato.
Al momento non vi sono studi riguardo sull'applicazione delle car t in questo tipo di malattia, mentre sono in sviluppo nuovi trial clinici con farmaci sperimentali in pazienti non responsivi o intolleranti ad oncocarbide.
Vorrei sapere se il sotatercept, alla lunga può causare una necrosi. Sono affetta da thalassemia intermedia.
(Laura)
Risposta
Gentilissima,
questa domanda esula dagli argomenti affrontati in questo progetto.
Salve illustrissimi,
50 anni e da 20 anni affetto da TE, ultimi esami piastrine 1 milione e centomila circa. Assumo cardioaspirina, che aspettativa di vita ho? Altri valori tutti nella norma.
Grazie di cuore per quello che fate ogni giorno con lo studio e la dedizione, grazie grazie grazie.
(Rodolfo)
Risposta
Gentilissimo,
la sopravvivenza nella trombocitemia essenziale dipende da molti fattori e indici prognostici, quali ad esempio la presenza e il tipo di mutazioni driver, una storia clinica positiva per eventi trombotici, ecc.
Ad oggi sappiamo che la trombocitemia essenziale presenta un rischio evolutivo verso la mielofibrosi stimato a 4-11% a 15 anni ed evoluzione leucemica a 15 anni del 2-5%.
Ho la policitemia vera, soffro ogni giorno nonostante antistaminici di un prurito invalidante, potrà mai passarmi? Grazie.
Risposta
Gentilissimo,
il prurito è uno dei sintomi più comuni in corso di policitemia vera e non di facile controllo. Purtroppo antistaminici convenzionali risultano spesso inefficaci, e molti pazienti ricorrono a farmaci alternativi come le benzodiazepine. In ogni caso, la invito a rivolgersi al proprio ematologo per valutare la possibilità di iniziare una terapia specifica e ottimizzare il controllo dell'ematocrito, nonché l'ingresso in eventuali trial sperimentali.
Che lavori sono sconsigliati per chi soffre di trombocictemia essenziale?
(Nadia)
Risposta
Gentilissima,
non vi sono lavori sconsigliati per chi soffre di questa malattia. Quello che raccomandiamo di evitare sono sport da contatto che possono portare a traumi e quindi a sindrome emorragica, soprattutto in quei pazienti in terapia antiaggregante.
Buongiorno. 54 anni varie trombosi addominali, JAK2 mutato, MTHFR mutato, ed ora anche TET2 mutato. Cosa comporta questa ultima? Ha un qualche ruolo nella malattia? Grazie.
Risposta
Gentilissimo,
mutazioni a carico di TET2 sono frequenti nelle malattie mieloidi. Per quanto riguarda le malattie mieloproliferative, non è stato ancora riconosciuto un significato prognostico associato a mutazioni a carico di TET2. Non fa parte quindi di quelle mutazioni che vengono definite come "alto rischio molecolare".
Ho l'ematocrito a 53, fumo. Prendo folidex 3 pastiglie al giorno perché ho, senza prendere niente, l'omocisteina alta. Ho due bypass ed una certo enfisema. Bevo acqua, almeno 2 litri al giorno, per abbassare l'ematocrito, ma non ci riesco. Vado spesso con urgenza al bagno perché bevo appunto molta acqua. Vorrei sapere se oltre al fumo e all'enfisema se anche il folidex influisce sul valore dell'ematocrito. Questo perché prima mi mantenevo a 51 di ematocrito. Inoltre la perdita di molti liquidi può dipendere forse da altre cause, perché a volte, molto raramente ho qualche perdita di urina. Grazie.
(Giancarlo)
Risposta
Buongiorno,
il valore di ematocrito elevato può dipendere da vari fattori. Il fumo potrebbe essere la causa primaria della poliglobulia, e pertanto invito a cessare questa attività. In caso di persistenza di ematocrito elevato sarà necessario indagare la presenza di una malattia mieloproliferativa sottostante e la necessità di salasso-terapia.
In malattia mieloproliferativa cronica, qual è la massima misura millimetrica della milza che è considerata accettabile?
(Fernando)
Risposta
Gentilissimo,
non esiste una misura massima accettabile. Le dimensioni della milza "accettabili", se così si possono definire, dipendono dalla tollerabilità del singolo individuo, dalle dimensioni corporee e da molti altri fattori, e non è quindi possibile stabilire uno standard.
Buongiorno,
sono una donna di 36 anni con Te dal 2016.
Vorrei sapere se stando attenta all'alimentazione posso evitare o posticipare l'ingrossamento della milza.
Saluti.
(Jessica)
Risposta
Gentilissima,
un controllo dell'alimentazione non influisce in alcun modo sull'ingrossamento della milza. Tuttavia, una alimentazione sana permette una riduzione del rischio cardiovascolare, e quindi una riduzione del rischio di eventi trombotici che è caratteristico di questa malattia
Buongiorno, ho letto l'articolo relativo alla premiazione del Dott. Alessandro Maria Vannucchi. Faccio i miei più sentiti complimenti al Dottore e a tutti i ricercatori del Progetto Agimm/Mynerva.
Nell'articolo viene riportata una frase che il Dottore ha detto: "Il prossimo passo, quello decisivo, sarà la guarigione". Mi aggrappo a questa sua frase essendo giovane e affetta da TE e spero vivamente che in breve tempo si raggiunga questo obbiettivo. La ricerca è l'unica cosa ci può salvare.
Grazie a voi tutti ricercatori!
Risposta
Grazie a Lei per le belle parole spese!
In merito alla vostra risposta del 14 gennaio 2020 sindromi mieloproliferative - novità ASH 2019 c'è attualmente qualche protocollo a cui è possibile accedere in merito in Italia? Io ho perso la risposta al Jakavi e non mi hanno saputo dare alternative c/o il Centro Ematologico dove sono seguita. Grazie.
(Renata67)
Risposta
Gentilissima,
sono attualmente aperti in Italia almeno 3 protocolli sperimentali per pazienti che hanno perso la risposta al ruxolitib. Non tutti i centri presentano gli stessi protocollo attivi, è pertanto necessario che si faccia consigliare dal Suo centro di riferimento per ottenere un secondo parere in un Centro specializzato per valutarne l'arruolabilità in tali protocolli.
Buongiorno,
mi rifaccio alla lettera del Sig. Enrico, avendo lo stesso problema. Sono affetto da Mielofibrosi secondaria a Policitemia vera, non soffro di diabete né di insufficienza renale o malattie autoimmuni, né di nevralgia posterpetica. Otto mesi dopo l'inizio della terapia con Ruxolitinib è comparsa una polineuropatia sensitiva simmetrica agli arti inferiori, con EMG patologica.
Come il Sig.Enrico rispondo ad un dosaggio molto basso di Jakavi (5 mg X 2). Ho fatto qualche ricerca su Internet e nessuno degli altri farmaci che assumo pare sia causa di polineuropatia, inoltre questi ultimi erano già in terapia da alcuni anni prima di iniziare il Ruxolitinib. Ho letto un articolo (J Clin Oncol 1 Dec 2017; 35(34): 3844-3850) "SIMPLIFY-1 ecc...") in cui la polineuropatia era comparsa nel 10% dei pazienti trattati con Momelotinib e nel 5% di quelli trattati con Ruxolitinib. Fermo restando che la terapia con Ruxolitinib è nel mio caso specifico irrinunciabile vi chiedo: non sarebbe il caso di inserire la polineuropatia sensitiva fra gli effetti collaterali del Jakavi (anche sul foglietto illustrativo)?
Grazie, cordiali saluti.
(Francesco)
Risposta
Gentilissimo,
seppur rara la polineuropatia è effettivamente un effetto collaterale riportato in corso di terapia con ruxolitinib. Ciò nonostante non siamo noi medici a poter modificare la prescrivibilità e bugiardino di una farmaco. Quello che possiamo fare è solamente prendere atto del problema e non sottovalutarlo, valutando sempre quelli che sono i rischi/benefici dell'assunzione di un farmaco.
Egregi dottori,
69 anni portatore di mielofibrosi post policitemia vera da circa 3 anni, in cura con JAKAVI (20 mg 2 volte al giorno) + cardioaspirina + una capsula per il controllo della pressione. Da parecchi giorni mi è venuta una tosse a livello della gola che non accenna a diminuire pur usando uno sciroppo prescrittomi dal medico di base che, nella visita, non ha riscontrato problemi ai bronchi. A tal proposito leggo sul foglio illustrativo del JAKAVI che tra i comuni effetti indesiderati vi è anche quello di indurre la tosse; vi chiedo pertanto cosa si può fare per determinare se questo è l'effetto indesiderato di cui sopra oppure un problema di altro tipo non correlato con JAKAVI.
Purtroppo la prossima visita dall'ematologo di riferimento (presso ambulatorio ospedaliero) sarà a marzo e non vorrei fargli perdere del tempo prezioso visto che normalmente sono oberati di lavoro.
Cordialmente
(Riki)
Risposta
Gentilissimo,
la tosse seppur riportato nel bugiardino è un effetto collaterale molto raro in corso di terapia con ruxolitinib. E' inoltre molto strano che sia insorta dopo così tanto tempo dall'inizio della terapia. Il consiglio è comunque quello di eseguire una visita medica per valutare se si tratti di un processo infettivo, molto probabile considerando il periodo stagionale.
Ho patologia di PV, ho cominciato la terapia solo da una settimana con interferone pegilato. Purtroppo soffro di mal di schiena a seguito di uno strappo preso l'anno scorso, è molto doloroso dove la Tachipirina non mi dà nessun sollievo, ho scoperto invece ALGIX 60 mg etoricoxib che invece mi ha fatto effetto, era stato prescritto a mia madre con Trombocitemia essenziale. Posso farne uso? Almeno sporadico? Grazie.
(Lorenzo)
Risposta
Gentilissima,
l'utilizzo di etoricoxib non è controindicato in corso di terapia con peg-interferon, purché l'assunzione sia controllata da un medico per quanto riguarda dosi e tempo
Salve, ho 43 anni e soffro di politicemia vera JAK2 mutato, carica allelica 72,5% ; ho fatto già il midollo ed è compatibile con la politicemia... midollo non fibrotico... Volevo sapere se la carica di allele mutato al 72,5% può comportare il rischio di una evoluzione precoce in altra malattia o la carica di allele mutato non ha importanza nella malattia. Grazie mille.
(Lorenzo)
Risposta
Buonasera Lorenzo,
viene sempre valutata la carica allelica della mutazione driver alla diagnosi e alle successive eventuali rivalutazioni, in modo da valutare se la terapia in atto ha permesso una risposta molecolare oltre che clinica.
Una carica allelica di JAK2 più elevata non correla con un maggior rischio evolutivo.
Allo stesso modo la diminuzione del burden allelico di JAK2 non è correlata con la guarigione della malattia, con la diminuzione del rischio trombotico o con un minor rischio di progressione in mielofibrosi.
E' tuttavia sicuramente un ambito di studio di interesse attuale.
Salve, gentili ricercatori, vi ho già scritto il 26 febbraio 2019 e mi avete dato delle chiare delucidazioni. Vi scrivevo per la mia diagnosi di poliglobulia JAK2 negativa e BOM negativa per pv, anche avendo epo bassissima e emocromo fascia rossa sempre alto. Seguita con ticlopidina e molti salassi mensili fino a luglio 2020 (riferito al mio centro di poter fare test mpl o carl, ma non è stato visto necessario).
Purtroppo da agosto, a seguito di dolore toracoaddominale, è risultato in visita sindrome di mondor. Effettuando un eco addome e stato visto una nefrosi medica, che visto urologo e reumatologo e ricovero per biopsia renale (a breve esito)(per ematuria e proteinuria ) da analisi e risultato positività antifosfolipidi, lupus eritematoso sistemico e nefrite lupica; nel frattempo da agosto emocromo nella norma. Ora in attesa del referto biopsia per inizio cure.
Scusate il mio lungo discorso e forse poco comprensivo ma sono un po' frastornata per il tutto anche se molto combattiva e fiduciosa. Dimenticavo: mi è stato dato il Triatec non per pressione ma per i reni al momento. La mia domanda è: ci sono altri casi? Possono le 2 patologie interferire tra loro (le cure)? Quei test suggeriti possono aiutarmi (mpl-carl)?
Vi ringrazio di cuore.
(Giulia)
Risposta
Gentile Giulia,
sinceramente la domanda non appare molto chiara. Però da quello che si evince dal testo la diagnosi sembrerebbe essere stata quella di Lupus eritematoso sistemico con anticorpi antifosfolipidi positivi e concomitante nefrite lupica. Il tutto è iniziato con alterazioni ematologiche che hanno portato a un'iniziale sospetto di poliglobulia per cui è stata eseguita una BOM risultata negativa e la ricerca del JAK2 risultata anch'essa negativa.
Le consiglierei di accertare la natura della Sua patologia con il reumatologo di riferimento e con l'ematologo. Infatti dai dati che Lei ci riporta non è possibile porre diagnosi di neoplasia mieloproliferativa e d'altro canto il LES può indurre alterazioni dell'emocromo (anche se solitamente le più frequenti sono anemia, piastrinopenia e leucopenia). Le suggerisco quindi di approfondire il quadro con i suoi Curanti in quanto possono avere un quadro più completo del Suo caso.
Gentilissimi Ricercatori,
all'età di 26 anni mi fu diagnosticata Trombocitemia Essenziale, a 40 Policitemia Vera (BOM positività, Ph negatività, bcr-abl negatività), a 57 mielofibrosi (JAK positiva, MYSEC PM score "intermediate-1").
Sono in trattamento con Ruxolitinib a causa dell'imponente splenomegalia: inizialmente il diametro longitudinale era 32 cm, attualmente è stabile a 23 cm.
Vorrei sapere: è inevitabile che con il trascorrere del tempo si passi dalla neoplasia meno grave (TE), alla più grave (MF)?
Se la risposta è negativa, ossia se vi è una percentuale di pazienti che rimane tutta la vita in TE o in PV, vi sono dei fattori predittivi del passaggio da una forma all'altra, come nel mio caso?
Grazie mille.
(Marco)
Risposta
Gentile Marco,
l'evoluzione che lei descrive da trombocitemia essenziale a mielofibrosi non è inevitabile, basti pensare che prendendo in considerazione la TE, il rischio di evoluzione a leucemia acuta è del 2,1-5,3% in 15 anni e rischio di trasformazione in mielofibrosi in un arco di tempo simile è del 4-11% (Blast transformation and fibrotic progression in polycythemia vera and essential thrombocythemia: a literature review of incidence and risk factors. Cerquozzi S et al. Blood Cancer Journal 2015).
Ad oggi sappiamo per certo che un corretto stile di vita, con una buona aderenza alla terapia, riduce il rischio di trombosi e di eventi cardiovascolari e quindi impatta positivamente sulla qualità di vita.
Inoltre vari studi in corso hanno l'obiettivo di predire, per ogni paziente, il rischio di evoluzione leucemica in relazione a variabili cliniche e molecolari al fine di agire in maniera precoce (e/o più mirata) per poterne rallentare la progressione.
Molto recentemente è stato pubblicato uno nuovo score prognostico (MIPSS) per la PV e la TE in cui sono stati integrati i dati genetici di pazienti con TE e PV in modo da eseguire una valutazione prognostica più accurata. E’ stato messo in evidenza come alcune mutazioni sono associate a un maggior rischio di evoluzione a leucemia acuta (ad esempio la mutazione TP53) mentre le mutazioni dello spliceosoma sono più associate al rischio di trasformazione fibrotica. Inoltre sono stati evidenziati fattori prognostici indipendenti che impattano sulla sopravvivenza, sia nella TE che nella PV, come la leucocitosi, la presenza di mutazioni "adverse", l'età, la storia di trombosi e il sesso maschile (Mutation-enhanced international prognostic systems for essential thrombocythaemia and polycythaemia vera. Tefferi et al, BJH, Jan2020).
Prendo un antiemorragico ed ho assunto omeprazen, cosa può succedere?
(Salvatore)
Risposta
Gentile Signore,
come indicato frequentemente nel sito, non vengono rilasciate consulenze personalizzate.
Non sapendo che tipo di farmaco ha assunto poi è difficile dirle se ci possono essere interazioni. Le consiglio di parlare con il suo medico.
Buongiorno. Il ruxolitinib può considerarsi terapia salvavita? Inoltre, a che punto è la sperimentazione dell'imetelstat che, ad oggi, pare sia l'unico farmaco che abbia una risposta modificatrice dell'evoluzione della mielofibrosi?
Grazie.
(Margherita)
Risposta
Buonasera Margherita,
il Ruxolitinib può essere considerato terapia salvavita nella mielofibrosi.
Imetelstat è una piccola molecola in grado di inibire le telomerasi, enzimi cellulari preposti al mantenimento dell'integrità dei cromosomi presente sia nelle cellule normali che in quelle malate, particolarmente nei pazienti con mielofibrosi.
Un primo studio pilota ha mostrato risultati promettenti, con un buon tasso di risposta (21%) e una regressione completa delle fibrosi midollare nei pazienti che hanno ottenuto una remissione completa (e solo in questa categoria di pazienti), a scapito tuttavia di una tossicità midollare (soprattutto in termini di piastrinopenia e neutropenia) ed epatica non trascurabile [Tefferi A, Lasho TL, Begna KH, et al. A pilot study of the telomerase inhibitor imetelstat for myelofibrosis. N Eng J Med 2015]. Studi successivi hanno dimostrato una selettività dell'azione dell'imetelstat sulle cellule malate dei pazienti affetti da mielofibrosi rispetto alle cellule sane.
Attualmente l'Imetelstat è in fase di sperimentazione (l'arruolamento non è aperto) in pazienti con mielofibrosi a rischio intermedio-2 o alto recidivati o refrattari a terapia con JAK inibitori: qui di seguito trova il link per questo studio, anche se i risultati non sono ancora consultabili: https://clinicaltrials.gov/ct2/show/NCT02426086?term=imetelstat&cond=Myelofibrosis&draw=2&rank=1
Salve, leggendo le ultime vostre risposte sulle statistiche di prospettive di vita, ho altre domande da fare. Ma quindi io che ho 37 anni e una mielofibrosi in fase prefibrotica, a 52 sarei morta? L'aspettativa e in base agli eventi trombotici o emorragici che potrebbero insoregere e determinare la morte? O per il rischio leucemico? Si dovrebbe intervenire prima che questo avvenga con il trapianto? Se si riesce a trovare un donatore compatibile ovviamente.
Quanto peso dobbiamo dare a queste statistiche?
I nuovi farmaci in sperimentazione possono darci speranze?
Grazie. Saluti.
(Veronica)
Risposta
Buonasera,
ricordo che le stime che vengono date sulla sopravvivenza sono valutazioni statistiche e quindi non devono essere prese alla lettera e con esattezza matematica.
Inoltre ad oggi il metodo che permette di formulare una stima più esatta della prognosi di un paziente (e quindi anche della sua sopravvivenza media) sono gli score prognostici che ci permettono inoltre di scegliere il trattamento più appropriato stimando il rischio associato alla malattia stessa.
Per far questo, noi medici dobbiamo considerare alcuni dati clinici (l'età del paziente, la presenza di sintomi legati alla malattia ad esempio), alcuni dati di laboratorio (il valore dei globuli bianchi, la presenza di cellule immature circolanti, la presenza di anemia o di piastrinopenia) ed alcuni dati genetici (le mutazioni driver, la presenza di eventuali mutazioni addizionali o alterazioni dei cromosomi). Negli ultimi anni tutti questi parametri sono stati integrati in punteggi prognostici, condivisi e validati a livello internazionale, che sono di grande aiuto per la nostra attività clinica. Gli score che sono stati redatti a partire dal 2009, con l'International Prognostic Scoring System (IPSS), poi evoluto in DIPSS e in DIPSS plus in cui per la prima volta è stato valutato il rischio associato alla citogenetica. Sono poi stati formulati score sempre più completi: il MIPSS, poi il MIPSS 70+, il MIPSS 70 vers 2.0 ed infine il GIPSS, quest'ultimo basato solo su dati genetici.
Questi score ci permettono di valutare in modo più accurato la prognosi e la sopravvivenza media del paziente e quindi di poter proporre la strategia terapeutica migliore.
Per quanto riguarda l'intervento con il trapianto allogenico di cellule staminali emopoietiche, questa è un'opzione terapeutica che può essere considerata solo in alcuni pazienti affetti da mielofibrosi, in particolare pazienti giovani (in genere di età inferiore a 70 anni) con classe di rischio elevata (cioè intermedio-2 e alta) secondo le classificazioni prognostiche IPSS e DIPSS.
In alcuni casi il trapianto di midollo osseo può essere proposto in pazienti più giovani (di età inferiore a 65 anni) con classe di rischio intermedio 1, qualora siano presenti anemia trasfusione dipendente, blasti (cellule immature) nel sangue periferico >2%, un cariotipo (analisi dei cromosomi) sfavorevole, assenza delle mutazioni driver (JAK2, MPL o CALR), oppure la presenza di mutazioni nel gene ASXL1.
Il trapianto allogenico di cellule staminali emopoietiche è, attualmente, l'unica terapia in grado di guarire la mielofibrosi. Questa procedura, tuttavia, non è priva di rischi per il paziente al quale viene proposta ed è gravata da una mortalità, cosiddetta peritrapiantologica, ovvero legata ai primi mesi successivi al trapianto, che può arrivare a seconda delle casistiche a valori del 20%.
Pertanto, questa opzione viene offerta a pazienti con classe di rischio alta, cioè, secondo lo score IPSS o DIPSS, a pazienti con classe di rischio Intermedio-2 o alta. Ricerche recenti hanno poi dimostrato come pazienti in classe di rischio bassa sottoposti a trapianto abbiano avuto una sopravvivenza globale minore di quella di pazienti della stessa classe di rischio trattati con terapia medica: pertanto in questi pazienti il trapianto non è in genere consigliato sia per l'esposizione ad un rischio trapiantologico che per una prognosi meno buona in termini di sopravvivenza.
Infine per quanto riguarda le terapie sperimentali ci sono numerosi farmaci attualmente in sperimentazione per la mielofibrosi che hanno mostrato risultati soddisfacenti: da segnalare inoltre la recente approvazione da parte dell'FDA per il Fedratinib (inibitore selettivo di JAK2) per la mielofibrosi primaria e secondaria con rischio intermedio 2 o alto rischio.
Egregi Dottori,
volevo sapere se con l'avvio del progetto MYNERVA, del quale per ora vi è solo un annuncio, la vostra preziosa ed efficiente attività di consulenza ai pazienti affetti da malattie mieloproliferative è tuttora attiva.
Cordialmente.
(Riki)
Risposta
Buonasera,
senz'altro la nostra attività di consulenza rimarrà attiva. Il progetto MYNERVA invece è un progetto di ricerca che ha come obiettivo lo studio delle neoplasie mieloidi e vede coinvolti diversi centri di riferimento italiani.
Fra gli obiettivi principali c'è quello di aumentare la comprensione dei meccanismi responsabili della progressione clonale delle neoplasie mieloidi da una malattia cronica in forme accelerata o acuta, e i meccanismi genetici ed ambientali che sostengono la diffusione sistemica delle cellule tumorali. Le lascio il link alla pagina del progetto in modo che possa vedere meglio di cosa si tratta e a cosa stiamo lavorando: http://www.progettomynerva.it
TE, Egregi dottori da quando mi è stata scoperta la malattia sembra che la debolezza sia sempre presente, dipende dalla TE oppure dal farmaco Oncocarbide?
(Salvatore)
Risposta
Purtroppo la presenza di una generica sensazione di stanchezza, comunemente chiamata astenia, che tende talora a peggiorare nel tempo è di comune riscontro nei pazienti con Malattie Mieloproliferative croniche, come la TE da cui è affetto.
Tuttavia, è necessario considerare che, in alcuni casi, un improvviso e inaspettato peggioramento della sensazione di stanchezza e affaticamento può essere secondario ad un peggioramento dell'anemia. L'anemia può vedere diverse cause, ma in caso di trattamento con Oncocarbide può essere dovuta anche all'eccessivo effetto mielosoppressivo del farmaco che è caratterizzato da questo tipo di tossicità ematologica. Certamente sono da escludere anche tutte le altre cause di anemia, dal sanguinamento cronico (ad esempio quello emorroidario) all'eventualità di evoluzione della malattia mieloproliferativa cronica. Alternativamente in caso di astenia (soprattutto se in certe condizioni si associa anche ad affanno o "respiro corto") potrebbe essere necessario escludere la presenza di cause non ematologiche, tra cui le più comuni sono quelle di natura cardiologica.
Le consiglio di rivolgersi al suo ematologo di riferimento per valutare l'entità della sintomatologia e, qualora necessario, per eventuali approfondimenti mirati.
Buonasera dottori,
volevo chiedervi quanto sarebbe eventualmente consigliabile il passaggio ad Anagrelide considerato che l'oncocarbide mi produce stipsi ostinata, quali sarebbero le controindicazioni per questo nuovo medicinale?
Grazie, buonasera!
(Rosy)
Risposta
Il passaggio da oncocarbide a una terapia di seconda linea solitamente viene messo in atto qualora il paziente mostri resistenza o intolleranza al trattamento con HU.
Solitamente l'intolleranza all'idrossiurea è rappresentata da: tossicità cutanea (ulcere, prevalentemente agli arti inferiori), gastrointestinale (dispepsia, nausea, vomito, diarrea, stipsi) e febbre, che nel complesso rappresentano le principali tossicità non ematologiche.
L'anagrelide è un farmaco di II linea nel trattamento della Trombocitemia essenziale che può essere utilizzato nel paziente giovane: è in grado di ridurre selettivamente la produzione midollare di piastrine e, a dosi elevate, anche l'aggregazione piastrinica, che può determinare complicanze cardiologiche come palpitazioni, tachicardia fino a vere e proprie aritmie.
L'Anagrelide, essendo un inibitore delle fosfodiesterasi, induce un aumento dell'AMP ciclico (AMPc) intracellulare ed esercitando un effetto inotropo positivo e vasodilatatore diventa responsabile dei principali effetti collaterali quali cefalea, palpitazioni fino a tachicardia, aritmia, edema e, raramente, cardiomiopatia. Interruzioni del trattamento con Anagrelide entro i primi due anni sono riportate mediamente nel 30% dei casi, in larga maggioranza a causa di tachicardia e palpitazioni. Tuttavia, uno studio osservazionale prospettico del registro delle TE mostra, in via preliminare, che un'attenta valutazione cardiologica basale e nel follow-up, associata ad un agevole controllo farmacologico dell'eventuale tachicardia, consente di ridurre le interruzioni del trattamento per disturbi cardiovascolari a circa 5%. Per questi motivi è necessaria una valutazione cardiologica prima di poterlo prescrivere (comprensiva di elettrocardiogramma, Ecocolordoppler cardiaco e visita cardiologica) oltre che una titolazione della dose e un'eventuale rivalutazione in caso il paziente riporti insorgenza di palpitazioni.
Consiglierei un'attenta valutazione delle cause della stipsi (che spesso vede un'origine multifattoriale) e degli accorgimenti terapeutici/comportamentali atti a risolverla. Infine altre strategie farmacologiche citoriduttive oltre alle suddette, che dovrebbero essere prese in considerazione prima dell'idrossiurea, sono l'interferone alfa e il busulfano (quest'ultimo preferibilmente nel paziente anziano).
Cari ricercatori vorrei sottoporvi un quesito che mi frulla in mente da un po'. Ho la mielofibrosi primaria e sono in cura con oncocarbide e Jakavi. Non ho mutazioni di nessun genere. Questo è un bene?
(Stefania)
Risposta
La Mielofibrosi si caratterizza per una elevata complessità tanto sul piano biologico quanto su quello clinico-assistenziale. La sopravvivenza è estremamente variabile e oscilla da 20 anni a meno di 2 anni. Quello che risulta più indicativo in termini di sopravvivenza rispetto alla presenza o meno delle mutazioni driver è l'incorporazione di questo dato all'interno di score prognostici. Infatti la stima di sopravvivenza si basa sull'uso di modelli di stratificazione prognostica talora molto articolati.
Il primo tentativo di score di prognosi risale al 2009 con la formulazione dell'International Prognostic Scoring System (IPSS). Tale score è stato calcolato e validato per i casi valutati al momento della diagnosi e prevede cinque variabili indipendenti, predittive di ridotta sopravvivenza: età superiore ai 65 anni; presenza di anemia con emoglobina inferiore a 10 g/dl; leucocitosi con globuli bianchi superiori a 25.000/mmc; blasti circolanti nel sangue periferico in misura uguale o superiore all'1% e presenza di sintomi sistemici.
Grazie a questa stratificazione prognostica si potevano identificare i pazienti a prognosi molto buona (che non presentavano nessuno di questi fattori, con sopravvivenza superiore agli 11 anni) e quelli con prognosi estremamente sfavorevole (che presentavano tre o più dei fattori di rischio, con una sopravvivenza di poco più di 2 anni).
Questa classificazione è stata successivamente implementata in modo da poter essere applicata dinamicamente, tanto all'esordio, quanto durante il follow up. Il DIPSS (Dynamic International Prognostic System) prevede le stesse variabili sopracitate, assegnando, tuttavia, alla presenza dell'anemia un punteggio doppio.
Un'ulteriore revisione del DIPSS (DIPSS plus) ha portato all'aggiunta di tre fattori con significato prognostico sfavorevole: presenza di un cariotipo sfavorevole, fabbisogno trasfusionale di globuli rossi e presenza di piastrinopenia con conta inferiore a 100.000/mmc.
Recentemente sono stati proposti dei modelli prognostici più accurati che integrano ai dati clinici e di laboratorio di IPSS e DIPSS anche nuove informazioni di tipo molecolare e citogenetico (es. GIPSS, MIPSS70 e MIPSS 70+), dove oltre alle mutazioni driver vengono incorporate alterazioni molecolari risultate significative da un punto di vista prognostico.
Buongiorno, sono affetto da trombocitemia essenziale e ho le piastrine intorno al milione.
Da più di un mese avverto un fastidioso ronzio nell'orecchio sinistro. Vi volevo chiedere se può dipendere dalla malattia, dall'Aspirinetta o se devo ricercare il problema altrove?
Cordiali saluti.
(Walter)
Risposta
Il ronzio può essere un sintomo associato alla trombocitemia essenziale: infatti i sintomi da interessamento del microcircolo si possono clinicamente presentare come cefalea, acufeni, parestesie, disturbi oculari e appunto ronzii auricolari.
Talora tale sintomatologia può beneficiare di un aumento del dosaggio della terapia antiaggregante (es. Aspirinetta, cardioaspirina, ecc.); tuttavia i ronzii auricolari possono essere legati anche ad alte cause. Per tale motivo riterrei di consigliare una visita audiologica.
Esiste già la pratica dello svuotamento dei globuli rossi per essere riempiti di farmaci contro il tumore al polmone (mesotelioma pleurico)? Presso quale istituto scientifico si possono avere informazioni?
(Cesarina)
Risposta
Non sono a conoscenza di alcun trattamento che ad oggi preveda l'utilizzo dei globuli rossi nella terapia del mesotelioma pleurico.
I medici/ricercatori che rispondono a queste domande poi si occupano di neoplasie mieloproliferative croniche, per cui Le consiglio di rivolgersi all'oncologo o chirurgo toracico di riferimento per una valutazione delle strategie terapeutiche possibili.
Buongiorno,
ho 63 anni, sono affetto da cinque anni da mielofibrosi secondaria a policitemia. Sono JAK-2 positivo, DIPPS score plus Intermediate-1, parametri ematochimici e diametro splenico sono stabili. Sono regolrmente vaccinato per Pneumococco, Meningococco, Emofilo e annualmente per il virus dell'influenza. Sono in trattamento con Ruxolitinib a basso dosaggio dal settembre 2018 (5 mg X 2; rispondo bene a questa dose e in passato i tentativi di incremento hanno coinciso in due occasioni con stati settici minacciosi).
A dicembre del 2018 è comparsa una sintomatologia suggestiva per polineuropatia prevalentemente sensitiva simmetrica agli arti inferiori, confermata dall'EMG. Da allora, anche se soggettivamente mi sembra di peggiorare, l'EMG (ricontrollata ogni sei mesi) è immutata. Assumo acido alfa-lipoico senza beneficio, il mio Neurologo di fiducia ritiene sfavorevole il rapporto rischi/benefici legato all'inserimento (in una terapia già molto articolata) di farmaci del dolore neuropatico (Carbamazepina, Gabapentin, Pregabalin).
Ho letto su PubMed un'articolo del Prof.Tefferi che evidenzia come la polineuropatia sensitiva sia un effetto collaterale abbastanza frequente con il Momelotinib, e che essa non progredisce (ma nemmeno regredisce alla riduzione della posologia o alla sospensione del farmaco). La descrizione mi pare combaci con il mio caso. Vi chiedo: nella vostra esperienza o in letteratura avete rilevato casi (anche sporadici o rari o dubbi) di polineuropatia sensitiva da Ruxolitinib?
Grazie, cordiali saluti.
(Enrico)
Risposta
Gentilissimo,
come principio generale, la neuropatia da farmaci è piuttosto frequente e trasversale, potendo interessare farmaci specifici usati in ambito oncologico o ematologico, così come farmaci di più generico utilizzo. Andando più nel dettaglio: all'interno della classe dei farmaci JAK-inibitori vi sono alcune molecole per le quali è nota una certa associazione con questo evento avverso, come ad esempio è il caso di momelotinib, come Lei stesso ha menzionato nella domanda. Più controversa è la questione riguardante ruxolitinib, per cui ad oggi non possiamo trarre conclusioni certe: vi sono state alcune segnalazioni, ma non è stato possibile definire un nesso di causalità, sia perché ogni paziente era, ad esempio, in terapia con più farmaci allo stesso tempo (alcuni dei quali potevano contribuire o spiegare la neuropatia), sia perché non vi sono stati chiari segnali di miglioramento dei sintomi dopo riduzione/sospensione della dose (dechallenge).
Infine Le consiglierei di valutare approfonditamente il caso con i suoi medici di riferimento, se vi possano essere altre spiegazioni per i suoi sintomi: le possibili cause di neuropatia periferica, infatti, sono molteplici e comprendono (oltre alla possibilità di essere un evento avverso legato all'uso di uno o più farmaci) anche disturbi metabolici come il diabete, malattie su base infiammatoria, alterazioni della funzionalità renale, carenze nutrizionali e vitaminiche. Fra le cause più frequenti inoltre c'è la neuropatia da VZV (herpes zoster) che si accompagna a una sintomatologia dolorosa e cutanea molto caratteristica, quindi risulta più facilmente diagnosticabile.
Buongiorno a tutti.
TE, 53 anni, mai avuto problemi, piastrine 800000, MILZA 13,5 cm. Mi è stata data oncocarbide, 1 capsula al gg.
Oggi, dopo 3 mesi di cura, piastrine a 750000 e MILZA a 15 cm. E normale?
Risposta
Buonasera,
come indicato frequentemente nel sito, non vengono rilasciate consulenze personalizzate. Inoltre è difficile fornire una risposta esauriente in quanto i dati riportati nella domanda non sono completi. Per esempio non è chiaro quale sia stata l'indicazione ad iniziare una terapia citoriduttiva (conta piastrinica mal controllata/pregressi eventi trombotici/fattori di rischio cardiovascolare?) e non è indicato lo status mutazionale del paziente, indispensabile per una suddivisione nelle quattro classi di rischio (secondo lo score revised IPSET-thrombosis).
Da quello che viene riportato si può solo dire che la conta piastrinica è ben controllata mentre c'è un (seppur lieve) aumento della splenomegalia che sarà l'ematologo di riferimento ad inquadrare in base agli esami ematici, alla valutazione midollare e alla sintomatologia del paziente.
Buongiorno, sono affetta da Policitemia vera, JAK2 mutato, ematocrito 48% e piastrine e oltre il milione, per il momento solo Cardioaspirina e salassi; vorrei sapere se nella regione Toscana e in quale ospedale è possibile entrare a far parte di un trial sperimentale. Cordialmente.
(Alessandra)
Risposta
Dalle informazioni riportate nella domanda non è possibile risalire alla classe di rischio del paziente (mancano dati riguardanti l'età e precedenti eventi trombotici).
Posso comunque informarla che:
- C'è uno studio interventistico con arruolamento aperto in Italia che valuta il beneficio dell'aggiunta di interferone peghilato alla terapia standard in pazienti affetti da policitemia vera a basso rischio: e si tratta del LOW PV, uno studio randomizzato che quindi prevede l'assegnazione a casuale o al braccio di terapia standard (flebotomia + ASA 100 mg/die) o sperimentale (interferone alfa peghilato 100 microg ogni 2 sett + ASA+ flebotomia).
Lo studio è attivo in diversi centri italiani (Firenze, Bergamo, Napoli, San Giovanni Rotondo, Bologna, Udine, Roma, Milano, Monza, Pavia, varese, Cuneo, Novara, Torino, Bari, Catania, Messina, Palermo, Verona, Padova, Vicenza.). Le lascio il link del motore di ricerca dei trials clinici in modo che può consultare i dettagli dello studio e dei centri che arruolano i pazienti: https://clinicaltrials.gov/ct2/show/NCT03003325?term=pegylated+interferon&cond=Polycythemia+Vera&cntry=IT&draw=2&rank=4
- Altro studio interventistico era quello sull’Idasanutilin in pazienti affetti da PV intolleranti o resistenti all'idrossiurea. Al momento l'arruolamento è sospeso. Come centri di arruolamento in Italia c'è Firenze, Bergamo, Varese. Qui di seguito il link per i dettagli dello studio: https://clinicaltrials.gov/ct2/show/NCT03287245?cond=Polycythemia+Vera&cntry=IT&draw=2&rank=9
Uomo, 52 anni, PV dal 2013. Vorrei sapere se l'utilizzo di terapia citoriduttiva, diminuisce il rischio di evoluzione da PV a mielofibrosi. Se ciò fosse vero dovrebbe cambiare l'aproccio terapeutico utilizzando idrossiurea anche prima dei 60 anni e senza eventi trombotici.
Vorrei anche sapere se il benzene può costituire la principale causa delle malattie mieloproliferative. In Italia ancora nel 2020 mancano dei valori soglia giornalieri da non oltrepassare. Sarebbe importante, anche se solo sospettato di nuocere, che nell'aria delle città la presenza di benzene fosse il più basso possibile. Ad esempio nella mia città, dove mi risulta che i livelli di benzene siano allegramente elevati (presenza di un polo chimico importante, oltre che del solito traffico automobilistico), ho la sensazione che i malati di PV superino di gran lunga quella statistica di 4-5/100.000 per anno.
(Giancarlo)
Risposta
La terapia citoriduttiva non modifica la storia naturale della malattia, questo vuol dire che non è mai stato dimostrato che riduca il rischio di trasformazione leucemica o di evoluzione in mielofibrosi.
La terapia standard utilizzata per la PV incide in modo statisticamente significativo nella riduzione del rischio trombotico e quindi della mortalità correlata a questo. Per questo viene introdotta al momento in cui un paziente viene classificato come alto rischio, ovvero quando raggiunge un'età > 60 anni o ha presentato un evento trombotico.
Per quanto riguarda il benzene, è un fattore di rischio chimico in quanto può determinare un danno al livello del DNA e conseguentemente l'insorgenza di un'alterazione genetica con carattere mutageno, ma non può essere ascritto come principale fattore di rischio delle neoplasie mieloproliferative (come viene riportato nella domanda) né allo stesso modo come principale fattore leucemogeno. Senz'altro è un fattore di rischio, come lo sono agenti fisici come le radiazioni ionizzanti o agenti chimici come le chemioterapie, ma è da sottolineare che nella maggioranza dei casi alla base delle sindromi mieloproliferative c'è una mutazione acquisita in modo casuale che non può essere riportata ad alcun fattore di rischio specifico.
Ho utilizzato per diversi anni per la trombocitemia essenziale JAK2, il pegintron MSD che mi ha stabilizzato il quadro ematologico. Da gennaio la ditta MSD ha cessato la commercializzazione. Come è possibile, ci sono alternative? Grazie.
(Carla)
Risposta
L'interferone peghilato per adesso è prescrivibile solo off label per la trombocitemia essenziale in quanto ancora non c'è una data prevista per l'approvazione da parte di AIFA. Inoltre al momento non ci sono trial clinici attivi in Italia per la valutazione dell'efficacia dell'interferone peghilato nella TE.
Per quanto riguarda l'azienda farmaceutica che produce la formulazione da Lei utilizzata, non ho trovato notizie circa la cessata commercializzazione del Pegintron né gli eventuali motivi: quindi la invito a rivolgersi al suo ematologo curante in modo che possa darle delucidazioni in proposito e valutare formulazioni alternative.
Buonasera mio marito anni 58 è affetto da mielofibrosi diagnosticata un anno fa con JAK2 positivo. Da un anno assume cardioaspirina e farmaci per acido urico, per la pressione e gastroprotettore. Non ha particolari problemi tranne forti dolori ad una spalla e difficoltà a dormire la notte. I medici escludono il trapianto.
Vorrei sapere, visto che la situazione appare abbastanza tranquilla, se nella vostra esperienza ci sono stati casi di lunga sopravvivenza, intendo oltre i 20 anni, per questo tipo di malattia. Grazie.
(Loredana)
Risposta
Per rispondere alla sua domanda deve essere precisato meglio il tipo di mielofibrosi da cui il paziente è affetto.
Ovvero prima di tutto occorre distinguere la forma prefibrotica da quella "overt" o milofibrosi conclamata, in quanto varia l'aspettativa di vita fra le due forme. Per distinguere fra le due forme occorre la biopsia osteomidollare in modo da valutare il quadro di fibrosi midollare ed occorre escludere altri tipi di forme mieloproliferative e di fibrosi reattiva. Inoltre, la mielofibrosi prefibrotica all'emocromo si può caratterizzare per la presenza di leucocitosi o anemia (all'emocromo), splenomegalia palpabile o aumento dell'LDH ; nella mielofibrosi "overt" oltre ai suddetti reperti si può avere la presenza di leucoeritroblastosi a livello del sangue periferico, con quindi forme immature e blasti. La forma pre fibrotica ha un'aspettativa di vita media di circa 15 anni e come algoritmo terapeutico segue quello della trombocitemia essenziale.
La forma conclamata presenta un'aspettativa di vita di circa 6-7 anni e presenta altri tipi di opzioni terapeutiche. Da segnalare che nei pazienti con mielofibrosi conclamata l'aspettativa di vita è maggiore nei pazienti di età inferiore ai 60 anni, con valori medi che possono raggiungere i 15 anni.
Inoltre, in caso di mielofibrosi occorre stabilire la classe di rischio a cui appartiene il paziente, in quanto a ciascuna classe di rischio corrisponde una diversa aspettativa di vita, oltre che di prognosi e di opzioni terapeutiche. I più recenti score prognostici sono il MIPSS 70, i MIPSS 70+, MIPSS 70+ VER 2.0 e il GIPSS. I precedenti, tuttora in uso sono l'IPSS, DIPSS e DIPSS PLUS.
Buonasera ricercatori,
ho 45 anni, CALR positivo, piastrine intorno a 1.100.000, aspetto l'esito del prelievo midollare, voglio sperare di essere affetto dalla TE, mi sembra la meno peggio.
Faccio uso di aspirinetta da qualche mese, da quando ho riscontrato le piastrine alte.
La terapia della TE prevede pure dei farmaci per la riduzione delle piastrine? Se si, dopo quale soglia?
Saluti.
(Walter)
Risposta
Ricordo che per porre diagnosi di trombocitemia essenziale è necessario riscontrare un numero di piastrine superiore alla norma (>450.000/mm3), una biopsia midollare indicativa di un quadro di trombocitemia essenziale e il riscontro di una mutazione driver (come JAK2, MPL, CALR) o di un marker di clonalità, previa l'esclusione di altre cause reattive di trombocitosi e altre neoplasie mieloidi.
Pertanto se venisse confermato alla valutazione midollare un quadro di trombocitemia essenziale, una volta escluse tutte le cause secondarie di trombocitosi, in assenza di precedenti eventi trombotici arteriosi/venosi in anamnesi, l'indicazione al momento è la sola terapia antiaggregante con aspirina in monosomministrazione giornaliera, oppure anche la sola osservazione clinica se sono assenti fattori di rischio cardiovascolare (in particolar modo ipertensione arteriosa, diabete mellito, fumo, iperlipidemia) oppure leucocitosi.
È da sottolineare il fatto che in caso di estrema trombocitosi (piastrine >1.000.000/1.500.000/mm3) è indicata la sospensione della terapia antiaggregante per la sindrome di Von Willebrand acquisita, che rappresenta una condizione di aumentato rischio emorragico. In caso inoltre di persistenza di valori al disopra di questa soglia è indicato l'uso di farmaci citoriduttivi (che riducono quindi anche il numero delle piastrine, come viene richiesto nella domanda): l'oncocarbide rappresenta il farmaco di prima scelta, mentre farmaci citoriduttivi utilizzati come II linea di terapia (in pazienti intolleranti o resistenti all'idrossiurea) possono essere l'interferone alfa, il busulfano e l'anagrelide.
Tenendo in considerazione il suo caso, quindi paziente con età < 45 anni, CALR mutato, sempre se assenti episodi trombotici in anamnesi, la terapia citoriduttiva è consigliata nei seguenti casi:
a) In caso di sindrome di Von Willenbrand acquisita per i valori soprariportati soprattutto in caso di manifestazioni emorragiche. Bisogna sottolineare che invece in caso di valori inferiori a 1.000.000 plt/mm3, in assenza di fenomeni emorragici e in un paziente con le sue caratteristiche non è indicata alcuna terapia citoriduttiva. Infatti le piastrine non correlano con un aumentato rischio trombotico ma semmai emorragico.
b) Quando l’età è > 60 anni.
c) In caso di trombosi venosa o arteriosa: in questi casi oltre alla citoriduzione è indicata l'aggiunta di una terapia anticoagulante (con o meno l'antiaggregante) in caso di trombosi venosa, mentre doppia somministrazione giornaliera di antiaggregante in caso di trombosi arteriosa.
Le indicazioni sopra riportate non sono da intendere alla lettera in quanto si tratta di un algoritmo terapeutico generale che non deve essere applicato meccanicamente: infatti le scelte terapeutiche sono valutate dall'ematologo di riferimento in base alle più recenti linee guida e in base alla tipologia del paziente, solamente dopo un'attenta valutazione dei suoi fattori di rischio, presenza di comorbilità, terapie farmacologiche in atto e dei valori dell'emocromo, per cui non possono essere uguali per tutti i pazienti, ma variano da caso a caso.
Salve, volevo sapere se per la politicemia per i pazienti a basso rischio (44 anni senza precedenti eventi trombotici) JAK2 mutato, quali sono i centri ematologici in Italia che arruolano pazienti per utilizzare l'interferone roferon... studio LOW PV... Io sono della regione Campania, c'è qualche ospedale che fa questo trial spetimentale? Grazie mille.
(Alessio)
Risposta
Lo studio LOW PV è attualmente con reclutamento aperto e diversi centri in Italia hanno aderito a questo protocollo. Qui il link con i dettagli del protocollo e le sedi in cui è attivo: https://clinicaltrials.gov/ct2/show/NCT03003325?term=pegylated+interferon&cond=Polycythemia+Vera&cntry=IT&draw=2&rank=4 .
Nella regione Campania è attivo ad esempio a Napoli (Azienda Ospedaliero Universitaria Federico II).
Salve, ho 25 anni e mi è appena stata diagnosticata una trombocitemia essenziale con mutazione JAK2 positiva. Globuli rossi e bianchi sono nella norma. Qual è la mia aspettativa di vita (nel caso non evolvesse e nel caso evolvesse)? Grazie.
(Domenico)
Risposta
Secondo gli ultimi studi, l'aspettativa di vita in pazienti con trombocitemia essenziale è di circa 20 anni (Long-term survival and blast transformation in molecularly annotated essential thrombocythemia, polycythemia vera, and myelofibrosis. Tefferi et al, Blood 2014.) Considerando poi solamente i pazienti di età inferiore a 60 anni arriva a 33 anni. Il rischio di evoluzione a leucemia acuta è del 2,1-5,3% in 15 anni e rischio di trasformazione in mielofibrosi in un arco di tempo simile è del 4-11% .(Blast transformation and fibrotic progression in polycythemia vera and essential thrombocythemia: a literature review of incidence and risk factors. Cerquozzi S et al. Blood Cancer Journal 2015).
Salve, volevo sapere quali centri ematologici in Italia stanno arruolando pazienti per combattere la politicemia con l'interferone roperg (non ricordo bene il nome preciso))?
Grazie mille per la risposta.
(Alfonso)
Risposta
C'è un solo studio interventistico con arruolamento aperto in Italia che valuta il beneficio dell'aggiunta di interferone peghilato alla terapia standard in pazienti affetti da policitemia vera a basso rischio: e si tratta del LOW PV, uno studio randomizzato che quindi prevede l'assegnazione a casuale o al braccio di terapia standard (flebotomia + ASA 100 mg/die) o sperimentale (interferone alfa peghilato 100 microg ogni 2 sett + ASA+ flebotomia).
Lo studio è attivo in diversi centri italiani (Firenze, Bergamo, Napoli, San Giovanni Rotondo, Bologna, Udine, Roma, Milano, Monza, Pavia, Varese, Cuneo, Novara, Torino, Bari, Catania, Messina, Palermo, Verona, Padova, Vicenza).
Le lascio il link del motore di ricerca dei trials clinici in modo che può consultare i dettagli dello studio e dei centri che arruolano i pazienti: https://clinicaltrials.gov/ct2/show/NCT03003325?term=pegylated+interferon&cond=Polycythemia+Vera&cntry=IT&draw=2&rank=4
Buongiorno, ci sono state novità rilevanti all'ASH? Sarebbe interessante un vostro commento a riguardo. Grazie.
(Fernando)
Risposta
Riassumendo, le principali novità in ambito neoplasie mieloproliferative croniche sono state le seguenti:
- Sono stati presentati i risultati preliminari dello studio che ha visto l'associazione fra Navitoclax e Ruxolitinib per la mielofibrosi refrattarie alla terapia con Ruxolitinib: quest'associazione ha mostrato risultati promettenti per quanto riguarda la splenomegalia e il superamento della resistenza a JAK inibitori.
- Studio sperimentale con inibitore della LSD1 (Lisina deacetilasi) in mielofibrosi primarie e secondarie: anche qui sono stati evidenziati risultanti promettenti per quanto riguarda la riduzione della splenomegalia e dei sintomi.
- Presentati i risultati dello studio sul interferone peghilato in pazienti con PV/TE resistenti o intolleranti all'idrossiurea. I risultati mostrati sono incoraggianti con un terzo dei pazienti che hanno discontinuato il farmaco per eventi avversi.
- Fedratinib (inibitore selettivo di JAK2) approvato dall'FDA per la mielofibrosi primaria e secondaria con rischio intermedio 2 o alto rischio.
Buongiorno, ho 46 anni, sono affetto da trombocitemia essenziale, piastrine mediamente attorno a 900, prendo la cardioaspririna giornalmente. Vorrei domandarvi se per una pulizia dei denti è consigliabile la sospensione del suddetto farmaco oppure si può continuare con la normale somministrazione. Cordiali saluti.
(Alessandro)
Risposta
Gentile signore,
come indicato frequentemente nel sito, non vengono rilasciate consulenze personalizzate. La valutazione se interrompere o meno la cardioaspirina deve essere fatta dal suo ematologo di riferimento o dal suo medico di base in considerazione della terapia farmacologica che sta assumendo, di eventuali fattori aggiuntivi di rischio emorragico e del tipo di igiene dentale che andrà a fare, da valutare eventualmente insieme anche all'odontoiatra.
Salve a tutti, Volevo sapere se qualcuno può darmi una spiegazione e se posso stare tranquillo, visto che mia moglie è appena entrata nell'ottavo mese di gravidanza e stasera andando in bagno nel pulirsi ha trovato due/tre macchioline di sangue, sinceramente la cosa mi sta facendo stare in ansia visto che il ginecologo non ci ha risposto e non so che fare, qualcuno sa darmi una spiegazione? Grazie mille.
(Emanuele)
Risposta
Deve contattare al più presto il suo ginecologo di riferimento, questo non è un servizio di consulenza medica online e comunque non siamo specialisti di ginecologia. La paziente deve essere visitata.
Buonasera, diagnosi di graft versus host disease, GVHD) cronica risalente a circa 1 mese fa, organi coinvolti fegato, cute ed articolazioni. Terapia di prima linea con corticosteroidi non ha dato risultati, iniziata la terapia con Fotoaferesi extracorporea, risultati non molto incoraggianti. Ci sono in Italia centri di sperimentazione con il ruxolitinib o il KD025?
Grazie per la risposta.
(Marilena)
Risposta
Per quanto riguarda trials con arruolamento aperto che prevedono l'impiego di Ruxolitinib in casi di GVHD refrattari alla terapia steroidea le segnalo questo trial: https://clinicaltrials.gov/ct2/show/NCT03112603?term=ruxolitinib&cond=Graft+Vs+Host+Disease&cntry=IT&draw=2&rank=2
Si tratta di uno studio randomizzato che compara la terapia con Ruxoltinib alla BAT (best available therapy). È attivo in diversi centri italiani (Perugia, Torino, Roma, Parma, Pavia, Udine, Palermo, Rozzano, Genova, Bologna, Bergamo, Brescia, Ancona).
I trials clinici che impiegano il KD025 sono per adesso condotti solo negli USA, ma comunque anche lì non sono in fase di arruolamento.
Salve, ho visto che stanno partendo le sperimentazioni finali dei farmaci pacritinib e fedratinib per mielofibrosi, in particolare fedratinib per pazienti resistenti e/o intolleranti al jakavi.
Entrambi si dice siano più selettivi rispetto al jakavi agendo sulo su JAK2 mentre il jakavi è meno selettivo agendo pure sul JAK1. Il fatto che jakavi sia meno selettivo può giustificare il fatto che ottenga risultati anche su pazienti non JAK2 mutati? Può darsi quindi che i farmaci in sperimentazione essendo più selettivi non agiscano su pazienti non JAK2 mutati?
Ho visto che un altro settore dove si usano farmaci anti-JAK è quello dell'artrite reumatoide dove ci sono molti farmaci anti JAK1/2/3 . Ne usciranno molti a breve di nuovi. Può darsi che tra questi si trovi uno curante per la mielofibrosi?
Cosa hanno di diverso i farmaci anti JAK in uso per la a.r. rispetto ai farmaci che curano la mielofibrosi (sopratutto per l'effetto sulla milza)? Forse anche jakavi era nato all'inizio come antireumatico?
Grazie.
(Walter)
Risposta
Cerco di fare un po' di chiarezza:
- Ruxolitinib (nome commerciale JAKAVI) è il primo JAK inibitore approvato nella mielofibrosi (2011). Come viene evidenziato nella domanda è un JAK1/2 inibitore: gli studi COMFORT 1 e 2 che hanno portato alla sua approvazione hanno dimostrato una maggiore risposta sulla milza e sui sintomi rispetto al placebo (COMFORT 1) e alla migliore terapia disponibile (COMFORT 2).
- Fedratinib: approvato dall'FDA nell'Agosto 2019 (non ancora approvato da AIFA). È un JAK2 inibitore. Gli studi che hanno portato all’approvazione sono gli studi JAKARTA 1 (che lo confrontava al placebo) e JAKARTA 2 in cui veniva sperimentato in pazienti intolleranti o resistenti al Ruxolitinib con risposte soddisfacienti.
- Pacritinib è un inibitore mutichinasico (JAK2, FLT3, IRAK1, CSF1R): non ha ancora ricevuto l'approvazione dall'FDA e sono tuttora in atto studi sperimentali (anche se al momento nessuno con arruolamento aperto). A breve dovrebbe esserci l'apertura di uno nuovo studio in pazienti piastrinopenici affetti da mielofibrosi.
Per quanto riguarda la questione della selettività, solo Fedratinib esercita un'inibizione limitata al JAK2, ma a questo fatto non consegue che abbia azione solo su pazienti JAK2 mutati, infatti negli studi sopracitati i pazienti sono stati arruolati indipendentemente dallo stato mutazionale del JAK2. Per completezza inoltre Fedratinib ha mostrato una maggiore riduzione del burden allelico di JAK2 rispetto al Ruxolitinib. Il Ruxolitinib invece, grazie all'azione inibitoria anche su JAK1 determina una notevole riduzione delle citochine pro infiammatorie.
L'uso di JAK inibitori in patologie autoimmuni come l'artrite reumatoide deriva proprio dal fatto che determinano un'inibizione delle citochine coinvolte nell'infiammazione, andando ad agire su un sistema immunitario erroneamente attivato contro lo stesso organismo. Per la stessa motivazione ci sono studi sperimentali aperti che valutano l'impiego di Ruxolitinib in casi di GVHD (reazione del trapianto contro l'ospite) refrattari alla terapia convenzionale.
Ruxolitinib non è nato prima come anti reumatico, ma l'applicazione nell'artrite reumatoide è stata successiva all'uso nelle malattie mieloproliferative croniche. I farmaci ad oggi approvati per le malattie autoimmuni, (come il Tofacitinib, il primo approvato per l'artrite reumatoide con bersaglio JAK1/JAK3) hanno l'obiettivo di potenziare al massimo l'inibizione sull'infiammazione limitando l'effetto mielosoppressivo che in queste patologie è solo un effetto collaterale. Per questo credo che non saranno i farmaci antireumatici i nuovi farmaci contro la mielofibrosi in quanto l'obiettivo in cui vengono utilizzati nelle due patologie è differente, ma non escludo che alcuni nuovi farmaci possano essere utilizzati in entrambe le patologie.
Salve, sono affetto da sindrome mieloproliferativa cronica ed assumo oncocarbide 2 x 3 gg e 1 x 4 gg a settimana. Ho sentito di un farmaco nuovo, possibile avere notizie? Grazie.
(Antonello)
Risposta
Non specificando il tipo di sindrome mieloproliferativa da cui è affetto il paziente è difficile dare delle delucidazioni circa le nuove strategie terapeutiche.
Forse viene fatto riferimento al Ruxolitinib, un inibitore del JAK1/2, che è stato approvato anche in Italia con le seguenti indicazioni: nei pazienti con mielofibrosi primaria/secondaria e splenomegalia; nei pazienti con policitemia vera e splenomegalia, intolleranti o resistenti all'idrossiurea (oncocarbide). All'interno dei pazienti con mielofibrosi l'indicazione a linee guida europee è per pazienti nella classe di rischio intermedio 2/alto rischio secondo gli score IPSS/DIPSS/DIPSS plus e nella classe di rischio intermedio 1 è limitato solo ai pazienti con splenomegalia altamente sintomatica.
È un farmaco che ha dato buoni risultati per quanto riguarda la riduzione della milza e dei sintomi locali. Presenta come effetti avversi principalmente tossicità ematologica e aumento del rischio di infezioni, soprattutto virali e di riattivazione di infezione da micobatteri.
Ci sono poi molti altri farmaci in studio per le sindromi mieloproliferative, attivi in protocolli sperimentali interventistici e diversificati a seconda del tipo di neoplasia mieloproliferativa.
Buongiorno, vorrei tanto avere un consiglio su quale centro ritenete migliore per la mia patologia, le piastrine oltre il milione, un ematocrito al 48;9% ed un emoglobina a 16,2.
Grazie ancora.
(Alessandra)
Risposta
Dai pochi parametri forniti dalla domanda potrebbe trattarsi di una sindrome mieloproliferativa cronica, anche se è necessario eseguire una valutazione midollare e uno studio mutazionale per poter porre una diagnosi definitiva.
Il paziente può informarsi presso il proprio centro ematologico circa il centro di riferimento per Neoplasie Mieloproliferative Croniche più vicino, sono presenti in quasi tutte le regioni italiane.
Gentili ricercatori, sono la mamma di un ragazzo di 26 anni affetto da Trombocitemia Essenziale, Calreticulina positiva, in terapia da sei mesi con Xagrid cps 0,5 mg - 5 cps die, attualmente con un valore di piastrine a 938. Pongo una domanda che non ho mai fatto all'ematologo: l'uso di alcol o di cannabis possono interferire con la terapia somministrata? Grazie per la risposta.
(Giovanna)
Risposta
L'anagrelide è un farmaco che può determinare complicanze cardiologiche come palpitazioni, tachicardia fino a vere e proprie aritmie. Per questo è necessaria una valutazione cardiologica prima di poterlo prescrivere, oltre che una titolazione della dose e un'eventuale rivalutazione in caso il paziente riporti insorgenza di palpitazioni.
L'interazione con alcol o cannabis non è riportata fra le interazioni farmacologiche per l'anagrelide: non è consigliabile però l'assunzione di alcol in quanto l'anagrelide può provocare capogiri, vertigini, sonnolenza che possono essere amplificate dall'alcol e quindi rendere particolarmente pericolosa la guida di veicoli. Lo stesso vale per gli effetti della cannabis. Inoltre, dosi elevate e sostenute nel tempo di alcol hanno un ruolo anche nel rischio cardiovascolare che si va a sommare a quello dell'anagrelide.
Gentilissimi,
la domanda è che differenza c'è tra trombocitemia, policitemia e mielofibrosi nelle analisi del sangue? Ovvero quali sono i parametri per una diagnosi differenziale tra le tre sindromi a prescindere dalla conta dei globuli rossi, bianchi e piastrine?
Grazie mille.
(Valentina)
Risposta
Il sospetto diagnostico di una neoplasia mieloproliferativa cronica nasce proprio dall'emocromo. La Trombocitemia essenziale è caratterizzata da un aumento della conta piastrinica oltre il valore limite superiore (> 450.000/mm3); la policitemia vera all'emocromo invece si caratterizza per un aumento dei valori di Hb e/o dell'ematocrito: più precisamente valori di Hb > 16 g/dL o Hct > 48% nella donna e Hb > 16,5 g/dL e Hct > 49% nell'uomo devono porre il sospetto di questa sindrome ed occorre eseguire un'accurata diagnosi differenziale. La mielofibrosi all'emocromo si caratterizza per la presenza di leucocitosi, anemia e nella mielofibrosi "overt" ovvero conclamata anche per la presenza di leucoeritroblastosi a livello del sangue periferico, con quindi forme immature e blasti. Caratteristico della mielofibrosi inoltre è l'aumento delle LDH agli esami ematici, anche se non specifico.
Le tre patologie possono essere distinte solo con una valutazione midollare comprensiva di biopsia osteomidollare che mostra un quadro istologicamente differente nelle tre forme e per completare il profilo diagnostico deve essere eseguito profilo mutazionale con la ricerca della mutazioni driver (che possono differire fra le diverse patologie) e le mutazioni non driver per una valutazione più accurata del rischio.
Da un punto di vista clinico, anche se molti sintomi sono in comune fra le tre patologie, si possono grossolanamente evidenziare le differenze più eclatanti: ovvero che nella tormbocitemia essenziale sono più frequenti i fenomeni emorragici rispetto alla PV, le trombosi microvascolari e l'eritromelalgia. Nella PV è più frequente il prurito e la splenomegalia moderata. Nella mielofibrosi invece la splenomegalia può essere anche molto marcata ed è una caratteristica fondamentale: sono maggiormente frequenti anche i sintomi costituzionali come astenia, sudorazioni notturne e perdita di peso (> 10 kg in 3 mesi).
Gentili Dottori,
sOno una paziente affetta da LMC assumo, 400 mg al giorno di Imatinib. Qualche giorno fa per errore ho preso prima 300 mg (3 capsule) di imatinib, e la restante capsula la sono riuscita a prendere dopo 10 minuti. Secondo voi potrebbe avere conseguenze significative sul decorso della mia patologia? Ci sono grosse differenze di assorbimento di imatinib in questo caso? Vi ringrazio anticipatamente.
(Serena C.)
Risposta
Non c'è alcuna differenza di assorbimento a prendere una compressa 10 minuti dopo le altre.
Buona sera e buon anno!
Mi permetto di chiedere un vostro consulto perché in questi anni per me siete stati un vero punto di riferimento (grazie a voi sono venuto a Pavia per conoscere meglio la mia patologia).
Riassumo velocemente: 40 anni, Trombocitemia essenziale da sei anni con piastrine tra 750000 e 800000 ( sotto il milione ) primo approccio con Dott Mandelli... Oncocarbide successivamente dopo visita ed accertamenti ulteriori a Pavia comincio e proseguo tuttora terapia con sola cardioaspirina lasciando Oncocarbide.
Ho ripetuto nel frattempo esame del midollo per controllare eventuali ulteriori mutazioni ma tutto è rimasto uguale fino ad un anno fa. Le analisi negli ultimi mesi sono alterate...
Piastrine 716 mila, Globuli Bianchi 10.80 mila, PDW 18.0, MPV 8.1, PCT 0.580, Linfociti 18.9%, Neutrofili 7.9 mila, Bilirubina totale 2.05, Bilirubina diretta 0,65, AST 48, ALT 109, gGT 116, gli altri valori nei parametri normali.
L'ematologo mi ha fissato appuntamento per nuovo prelievo del midollo ed eventuale terapia chemioterapica.
Che ne pensate?
Ringrazio anticipatamente.
(Francesco)
Risposta
Il quadro riassunto nella domanda è quello di un paziente < 40 anni in terapia con Aspirina, dopo un'inziale terapia con Oncocarbide. Non evidenziato il profilo mutazionale né se in anamnesi presentasse o meno eventi trombotici. Recente valutazione midollare di cui non viene riportata nessuna informazione se non che il quadro è invariato. Da alcuni mesi cambiamento dei parametri dell'emocromo. Nella domanda vengono riportati alcuni parametri dove si evidenzia leucocitosi, piastrinosi, lieve aumento della bilirubina totale, diretta e delle transaminasi (AST) (questi sono da accertare e da mettere in diagnosi differenziale con altre cause di iperbilirubinemia in quanto non spiegabili dal quadro di TE).
Non riportato se presente anemia, né LDH, né informazioni sulla splenomegalia. Dagli elementi riportati non è possibile porre un giudizio univoco perché mancano diverse informazioni rilevanti: se gli esami hanno mostrato una leucocitosi, con anemia progressiva ed aumento dell'LDH oppure è stato evidenziato un aumento della splenomegalia o dei sintomi costituzionali è indiscutibile l'indicazione alla nuova valutazione midollare per escludere un'evoluzione fibrotica, anche in una forma pre fibrotica. È necessario fare comunque riferimento agli ematologi che hanno in cura il paziente, in quanto avendo tutti i dati a disposizione e avendo seguito il paziente dall'esordio della malattia, possono condurre un'ottimale diagnosi differenziale e programmare l'iter diagnostico più opportuno.
Buongiorno, ho 49 anni e sono affetto da Mileofibrosi secondaria post policitemia. Avrei una domanda circa il meccanismo di funzionamento del trapianto di midollo. Mi risulta che nella Mielofibrosi avviene la progressiva sostituzione del midollo osseo con del tessuto fibrotico che nel tempo può essere addirittura sostituito da tessuto osseo.
La mia domanda è la seguente: come fa l'infusione di midollo trapiantato ad attecchire, se lo "spazio" in cui dovrebbe andare a collocarsi è ormai compromesso dalla presenza della fibrosi? E' un processo reversibile quello della fibrosi midollare?
Grazie in anticipo per la risposta.
(Gian Carlo)
Risposta
Premesso che la mielofibrosi è una malattia mieloproliferativa cronica che vede nel trapianto l'unica opzione terapeutica curativa, non è tanto la fibrosi quello che è importante nella riuscita del trapianto. Infatti non è considerata significativa per la prognosi della malattia e post trapianto, per questo non è inserita negli ultimi tre score prognostici pubblicati per la mielofibrosi né nello score che valuta la prognosi post trapianto. Senz'altro un midollo più libero da fibrosi verosimilmente presenterà meno problemi di attecchimento, ma non è mai stato dimostrato che influisca sulla riuscita del trapianto. Questo per dire che il grado di fibrosi può variare dopo il trapianto, ma non correla in alcun modo con la sopravvivenza: possono presentare una risposta ottimale con normalizzazione della crasi ematica e della splenomegalia pazienti che hanno un grado di fibrosi magari maggiore di altri che recidivano. Quello che impatta di più sulla prognosi e sulla riposta al trapianto sono le caratteristiche molecolari della malattia: la fibrosi è solo un epifenomeno della malattia (basti pensare che molte altre condizioni neoplastiche e non possono determinare fibrosi nel midollo) ma non è la causa alla base. Non si utilizza il grado di fibrosi per valutare la risposta dopo trapianto allogenico di midollo osseo.
Buonasera, volevo un vostro parere sui risultati del trial Ruxolitinib e PEG-INF per la cura della mielofibrosi.
(Giuseppe)
Risposta
Lo studio clinico interventistico caratterizzato dall'uso di interferone alfa peghilato in combinazione con Ruxolitinb è uno studio di fase II condotto in Danimarca con l'obiettivo di associare l'azione del Ruxolitinib sulla riduzione dei sintomi e sulla splenomegalia con l'attività immunomodulante e antiproliferativa dell'interferone e la sua capacità di indurre risposte molecolari profonde. L'obiettivo inoltre era anche cercare di bypassare la tossicità dell'interferone sfruttando la possibilità di utilizzare dosaggi minori in combinazione con il Ruxolitinib. Lo studio prevedeva l'inclusione di pazienti con PV e con Mielofibrosi (classe di rischio low, intermedio1, o intermedio 2 secondo il DIPSS).
Questo studio ha mostrato un tasso di remissione nel 39% dei pazienti con mielofibrosi, con anche una riduzione della carica allelica di JAK2, mentre un tasso minore di remissione è stato osservato nei pazienti con PV. Fra i maggiori limiti dello studio c'è il numero della casistica analizzata, in cui per esempio i casi di MF erano 18 e con periodo di follow up limitato; inoltre è stato osservato un livello non trascurabile di eventi avversi di grado severo che hanno richiesto un'ospedalizzazione (anche se spesso inferiore alle 24h); infine i dosaggi inziali di Ruxolitinib e di interferone peghilato erano abbastanza elevati. Per stabilire effettivamente l'efficacia e la sicurezza in questo tipo di terapia di combinazione bisogna aspettare uno studio di fase III che includa una casistica più ampia e che valuti l'uso di dosi di partenza inferiori per entrambi i farmaci in modo da ridurne le tossicità.
Al momento non sono aperti trials clinici in Italia che valutino questa terapia di combinazione.
Buongiorno. A seguito di due ricerche del JAK2, risultato lievemente positivo, ho fatto biopsia al midollo con quadro compatibile con TE. JAK2 in AM negativo.
Ultimo controllo (dopo 5 mesi dalla biopsia) mi hanno fatto la ricerca di altre mutazioni. Positiva alla mutazione CAALR tipo 3 e di nuovo debolmente positivo JAK2. I globuli bianchi spesso più alti nei vari controlli.
Che cosa può significare tutto ciò?
(Lucia)
Risposta
Per porre diagnosi di trombocitemia essenziale è necessario riscontrare un numero di piastrine superiore alla norma (>450.000/mm3), una biopsia midollare indicativa di un quadro di trombocitemia essenziale e il riscontro di una mutazione driver (come JAK2, MPL, CALR) o di un marker di clonalità, previa l'esclusione di altre cause reattive di trombocitosi e altre neoplasie mieloidi. Dagli elementi riportati non è possibile dire quindi se si tratta di un caso di trombocitemia essenziale e se siano state escluse le possibili diagnosi differenziali, come ad esempio un quadro di mielofibrosi pre fibrotica (in cui la leucocitosi è più caratteristica).
Le mutazioni driver sono solitamente mutualmente esclusive: il loro riscontro nello stesso paziente è raro e di solito rappresenta la compresenza di diversi cloni e subcloni cellulari. È stato recentemente dimostrato, anche se in una casistica limitata di pazienti, la maggior parte dei quali con diagnosi di TE, che si possono osservare mutazioni driver concomitanti JAK2 e CALR: più precisamente alcuni pazienti con JAK2 mutato a bassa ratio allelica (≤5%) presentavano anche mutazioni CALR, più frequentemente di tipo 2. La presenza di queste due mutazioni concomitanti non sembra variare il fenotipo della malattia, ma appunto per dare una risposta più esaustiva e valutare l'impatto prognostico soprattutto, serve una casistica più ampia.
Buongiorno a tutti, TE con CALR di tipo 1 positivo. Esiste qualche farmaco che blocca solo l'aumento delle piastrine?
Esiste qualche farmaco specifico per il CALR?
Come si fa ad entrare nei gruppi sperimentali se si vive in un piccolo paese del sud? Grazie.
(Antonio)
Risposta
La mutazione di CALR si riscontra in circa il 15-30% dei pazienti con TE. Non esiste un farmaco specifico per la mutazione di CALR: è una mutazione con delle caratteristiche molto diverse dalla mutazione di JAK2 ad esempio, che si ritrova in circa il 60% dei casi di TE e si caratterizza per l'attivazione costituzionale di un recettore e della via di traduzione del segnale attivata dal quel recettore (via JAK-STAT), per cui c'è un inibitore di prima generazione in commercio (Ruxolitinib) ed inibitori di seconda generazione attivi in protocolli sperimentali.
La mutazione CALR è una mutazione scoperta abbastanza recentemente (2014) ed è diversificata in una mutazione CALR di tipo 1, rappresentata da una delezione di 52 paia di basi, mentre la mutazione di tipo 2 è caratterizzata dall'inserzione di cinque paia di basi. Il meccanismo per cui induce il fenotipo mieloproliferativo non è ancora del tutto chiarito: sembra ci sia un'attivazione della stessa via di trasduzione del segnale attivata da JAK2 e dall'altra parte è stato studiato un link funzionale fra la mutazione CALR e i megacariociti (ovvero le cellule che sono addette alla produzione di piastrine).
Non c'è nemmeno un farmaco che blocca solamente l'aumento delle piastrine in quanto la citoriduzione agisce sulle tre linee ematopoietiche anche se in modo diverso a seconda del farmaco utilizzato.
Per quanto riguarda i protocolli sperimentali nelle TE CALR mutate, al momento nei centri italiani sono attivi protocolli di tipo osservazionale e non interventistici con farmaci sperimentali.
Gentili ricercatori, grazie mille per il vostro prezioso lavoro.
Vorrei porvi alcune domande in merito all'uso di Ropeginterferon:
1) Per quando è prevista l'approvazione in Italia da parte di AIFA (data di approvazione EMA: 15/02/2019)?
2) Sarà prescrivibile off-label anche per i pazienti con Trombocitemia Essenziale?
3) Sono previsti trial sull'efficacia del farmaco nella Trombocitemia Essenziale in centri Italiani?
Cordiali saluti.
(Valentina)
Risposta
L'interferone peghilato per adesso è stato approvato solo dall'EMA e solamente per la polictemia vera senza splenomegalia. Ancora non c'è una data prevista per l'approvazione da parte di AIFA e il farmaco risulta collocato nell'apposita sezione dedicata ai farmaci non ancora valutati ai fini della rimborsabilità (in accordo all'art. 12, comma 5 della legge n. 189/2012).
Inoltre non è nemmeno prescrivibile off label né per la policitemia vera né per la trombocitemia essenziale, in quanto per la legge 648/96 risulta prescrivibile solo l'interferone alfa: tuttavia è stata firmata una petizione da parte di diversi specialisti per estendere la prescrizione anche all'interferone peghilato.
Non ci sono trial clinici attivi al momento in Italia per la valutazione dell'efficacia dell'interferone peghilato nella TE.
Buonasera, grazie tanto per la risposta, vorrei sapere se è così fondamentale eseguire una biopsia midollare oppure ci sono altri parametri di valutazione per capire se la Trombocitemia si sta trasformando in Policitemia vera, (mutazione al 7% JAK). Essendo una patologia rara è ancora con molta ricerca (spero) non capisco bene la differenza di terapia tra una Trombocitemia e una Policitemia, nel caso fosse la stessa, è irrilevante sapere se è TE o PV?
(Alessandra)
Risposta
La terapia della TE non è la stessa di quella della PV per questo è necessario distinguere fra le due forme. Infatti nella PV, nei pazienti a basso rischio (quindi < 60 anni e senza eventi trombotici in anamnesi) è raccomandato l'uso del salasso o flebotomia per mantenere l'ematocrito inferiore al 45%, oltre alla terapia con Aspirina. Nell'alto rischio, per quanto riguarda la citoriduzione vengono usati gli stessi farmaci in prima linea, ma ad esempio i farmaci approvati in seconda linea non sono uguali nelle due patologie.
Come era spiegato nella precedente risposta, una nuova valutazione midollare in paziente con diagnosi di TE, JAK2 mutata, può essere consigliata dall'ematologo solo in presenza di elementi suggestivi per policitemia vera, come valori persistentemente elevati di ematocrito e di emoglobina (vedere i valori riportati nella precedente risposta) dopo esclusione di tutte le cause secondarie e in caso di sospetta policitemia mascherata è indicato ripetere una valutazione midollare per dirimere il dubbio diagnostico.
Quanto conta il valore RDW alto nella mielofibrosi? Cos'è? Io ho piastrine alte, RDW sempre alto e anemia. Grazie.
(Antonio)
Risposta
RDW è un indice della variabilità del volume eritrocitario: rappresenta una misura quantitativa dell'anisocitosi, ovvero della variabilità dimensionale degli eritrociti.
In caso di mielofibrosi può essere aumentato in quanto la fibrosi midollare altera i globuli rossi che vengono rilasciati in circolo e infatti all'esame morfologico dello striscio di sangue periferico i globuli rossi possono apparire di dimensioni diverse e spesso anche di forme diverse (anisopoichilocitosi), come in caso di presenza di dacriociti, ovvero emazie a forma di lacrima.
Non è ancora stato chiarito il ruolo prognostico dell'RDW nella mielofibrosi e nelle neoplasie mieloproliferative. Gli unici studi al momento pubblicati riguardano casistiche molto limitate di pazienti e per capire se l'RDW può avere un ruolo prognostico sono necessarie casistiche più ampie. Per adesso quindi non viene utilizzato in nessun score prognostico per la mielofibrosi.
PVera da 4 anni trattata con oncocarbide 500 mg/dì. Htc oscillante tra 40/48%. Vorrei sapere se esiste una relazione tra ipertensione arteriosa e la malattia, ovvero in relazione alla aumentata massa eritrocitaria o altro.
(Fabrizio)
Risposta
L'ipertensione è un fattore di rischio cardiovascolare che in caso di neoplasia mieloproliferativa cronica come la PV è dimostrato aumentare il rischio trombotico. L'ipertensione primaria (idiopatica) ovvero la forma di ipertensione più frequentemente riscontrata è dovuta generalmente a un aumento delle resistenze periferiche vascolari; l'ipertensione secondaria vede invece tutt'altro tipo di cause (stenosi dell'arteria renale, iperaldosteronismo primitivo ecc) ed è più rara.
È stato dimostrato in uno studio retrospettivo che l'aumento dell'ematocrito correla con l'ipertensione arteriosa, questo perché l'aumentata viscosità ematica può determinare aumento delle resistenze periferiche (con il medesimo meccanismo che si vede nell'ipertensione primaria).
E’ stato osservato che un ematocrito aumentato si associa a un'aumentata frequenza di ipertensione arteriosa ed infatti è stato osservato come la frequenza di ipertensione arteriosa sia maggiore in casi di policitemia vera rispetto a casi di trombocitemia essenziale (sindrome mieloproliferativa cronica caratterizzata da un'aumentata conta piastrinica) a sottolineare il ruolo dell'ematocrito.
È’ stato inoltre osservato in un articolo dal Professor Barbui come gli ACE inibitori sembrino essere gli anti ipertensivi di scelta nei pazienti con PV, per il controllo sulla pressione arteriosa e anche per un possibile ruolo nella riduzione dell'emopoiesi clonale, anche se mancano ancora studi prospettici che possano confermare questo dato.
Da un punto di vista pratico un ematocrito mediamente elevato (quindi ≤50%) non determina generalmente uno stato ipertensivo clinicamente rilevante o comunque più raramente, mentre valori molto elevati di ematocrito (58% ad esempio, come una PV all'esordio) possono determinare invece crisi ipertensive. La differenza dell'incidenza di ipertensione arteriosa in due gruppi di pazienti utilizzando come cut off l'ematocrito di 58% è stata dimostrata in uno studio retrospettivo.
Infine, entrambi i fattori (ematocrito elevato e ipertensione) correlano con il rischio tromboembolico e l'ipertensione correla specificamente con l'aumentato rischio di trombosi arteriosa per cui, specialmente in pazienti con sindrome mieloproliferativa cronica, deve essere tenuta sotto controllo.
Buonasera, ho 43 anni e da 3 anni mi ha detto l'ematologo, in seguito ad esami (piastrine a 900 mila e mutazione allelica del JAK).
Dagli ultimi esami risultato leggermente aumentati anche i globuli rossi.
Premetto che mio padre 74 anni anche lui mutazione JAK e piastrine alte, ovviamente lui è in cura con oncocarbide (data l'età). Mi chiedo se un lieve aumento di globuli rossi sia possibile nella trombocitemia.
Io sono la testimonianza che questa mutazione è ereditaria.
(Alessandra)
Risposta
Per porre diagnosi di trombocitemia essenziale è necessario riscontrare un numero di piastrine superiore alla norma (>450.000/mm3), una biopsia midollare indicativa di un quadro di trombocitemia essenziale e il riscontro di una mutazione driver (come JAK2, MPL, CALR) o di un marker di clonalità, previa l'esclusione di altre cause reattive di trombocitosi e altre neoplasie mieloidi. Dalla domanda non è chiaro se siano stati eseguiti tutti gli accertamenti per la diagnosi, e per incompletezza dei dati riportati non è possibile nemmeno attribuire il/la paziente con certezza a una classe di rischio: dalle informazioni presenti è possibile dire che se non sono presenti eventi trombotici pregressi nella storia del/della paziente, data l'età inferiore a 60 anni e la presenza della mutazione di JAK2, il paziente è classificabile nella classe di rischio basso ("low risk" secondo l’ultimo score prognostico approvato IPSET thrombosis) per cui sarebbe indicata la terapia con Aspirina in monosomministrazione giornaliera o in doppia somministrazione in caso compresenza di fattori di rischio cardiovascolare (es. ipertensione arteriosa).
In caso di presenza di pregressi eventi trombotici (o in caso di età > 60 anni insieme con la presenza della mutazione JAK2, quindi il caso del padre descritto nella domanda) invece il paziente rientrerebbe nella classe ad alto rischio in cui è necessaria la citoriduzione con oncocarbide come farmaco di prima scelta: oltre alla citoriduzione è consigliato aggiungere una terapia antiaggregante (per esempio l'aspirina). La terapia antiaggregante viene consigliata in doppia somministrazione giornaliera in caso di pregressa trombosi arteriosa, mentre in caso di pregressa trombosi venosa è consigliata una terapia anticoagulante sistemica, con eventualmente l'aggiunta di un antiaggregante in caso di fattori di rischio di trombosi arteriosa. Da segnalare che l'età > 60 anni "da sola", in assenza di mutazione di JAK2 o di eventi trombotici, non rende più obbligatoria la citoriduzione, che viene valutata in base ai fattori di rischio cardiovascolare e questi pazienti sono classificati come classe di rischio "intermedio".
Le indicazioni sopra riportate non sono da intendere alla lettera in quanto si tratta di un algoritmo terapeutico che non deve essere applicato meccanicamente: infatti le scelte terapeutiche sono valutate dall'ematologo di riferimento in base alle più recenti linee guida e in base alla tipologia del paziente, solamente dopo un'attenta valutazione dei suoi fattori di rischio, presenza di comorbilità, terapie farmacologiche in atto e dei valori dell'emocromo (in particolar modo le piastrine), per cui non possono essere uguali per tutti i pazienti, ma variano da caso a caso.
Per quanto riguarda il valore dei globuli rossi, in realtà non è tanto da tenere sotto controllo il numero dei globuli rossi che può subire delle variazioni, ma il valore dell'emoglobina (Hb) e dell'ematocrito (Hct). In caso di aumento di questi due indici e in particolare per valori superiori a Hb > 16 g/dL o Hct > 48% nella donna e Hb > 16,5 g/dL e Hct > 49% nell'uomo e in caso di aumento persistente, dopo esclusione di cause secondarie di innalzamento dei valori, l'ematologo di riferimento può valutare se procedere ad accertamenti ulteriori, come ripetere una nuova valutazione midollare per escludere un quadro di sindrome mieloproliferativa diversa come la policitemia vera "mascherata".
Infine per quanto riguarda la familiarità della mutazione, sono riportati in letteratura alcuni casi familiari di piastrinosi/trombocitemia, in cui sono stati evidenziate mutazioni ricorrenti in alcuni geni come lo stesso JAK2, ma anche MPL e THPO con caratteristiche di mutazioni germline e quindi ereditarie. In caso di presenza di almeno due componenti della stessa famiglia affetti può essere consigliato dall'ematologo di riferimento di eseguire un'analisi mutazionale in un centro specialistico per valutare la presenza o meno di una mutazione germline analizzando un pannello genetico di mutazioni ricorrenti.
Da segnalare che la maggioranza dei pazienti presenta una mutazione acquisita e non ereditaria, che può essere presente in casi familiari molto rari.
Uomo, 52 anni, so di avere PV, JAK+, dal 2013. Sono andato avanti fino ad ora con asa e 3-4 salassi/anno. Ora ultimo controllo Hct 45,2. Plt 850.000. Globuli bianchi ancora in aumento: 17.000!
Da qualche giorno, pur non avendo mai avuto problemi trombotici sto prendendo Oncocarbide e relativo allopurinolo in quanto a breve dovrei sottopormi a piccolo intervento per lipoma e c'è la necessità di abbassare Plt. Personalmente sono molto preoccupato per i bianchi così alti. Sarebbe il caso di continuare con Onco anche dopo l'intervento? Ho letto un articolo (non ricordo: prof. Passamonti?) in cui si metteva in risalto il rischio tromboembotico anche in caso di bianchi maggiori di 11.000.
Vi ringrazio per l'attenzione.
(Giancarlo)
Risposta
L'algoritmo terapeutico della PV consiglia la terapia con solo ASA e flebotomie con l'obiettivo di mantenere l'ematocrito <45% nei pazienti a basso rischio, ovvero di età inferiore a 60 anni e senza eventi trombotici in anamnesi.
Come è stato giustamente messo in evidenza nella domanda, anche la leucocitosi e in particolare un valore di globuli bianchi superiore a 11.000/mm3 è stato associato a un maggior rischio di eventi trombotici (distinto dal rischio correlato all'ematocrito elevato) come ha presentato il Prof Barbui in uno studio del 2015.
In caso di leucocitosi nella PV a basso rischio, dagli ultimi studi emerge l'importanza della doppia antiaggregazione (ovvero assunzione di ASA due volte al giorno per una maggior soppressione del trombossano A2 in caso di elevato turnover cellulare) piuttosto che l'introduzione dell'oncocarbide. Questo ovviamente è da valutare con l'ematologo di riferimento, successivamente all'esclusione di altre cause di leucocitosi, in caso si tratti di leucocitosi persistente e dopo un'attenta valutazione del rapporto rischio/beneficio.
Si segnala che è in corso in Italia un protocollo sperimentale coordinato dal prof De Stefano, che valuta nuove strategie di profilassi antitrombotica valutando differenti regimi posologici di acido acetilsalicilico a basse dosi (Studio ARES). Seppur limitato ai pazienti con trombocitemia essenziale ad alto rischio, i risultati di questo studio potranno offrire maggiori informazioni sulla sicurezza a lungo termine della posologia con somministrazioni ripetute giornaliere (100 mg di aspirina 2 o 3 volte al giorno), rispetto alla posologia standard di una volta al giorno.
Per quanto riguarda il valore delle piastrine, questo non è stato associato a un maggior rischio trombotico, ma emorragico in caso di valori estremi della conta piastrinica (>1.500.000/mm3) per cui solo in questo caso è indicata l'introduzione di una terapia citoriduttiva nel basso rischio.
Vorrei sapere se una eritrocitosi aspecifica come hanno chiamato la mia patologia, può causare bruciori agli occhi.
(Luigi)
Risposta
Gentile signore,
in linea di massima le eritrocitosi idiopatiche non si accompagnano a disturbi specifici a carico degli occhi, ma la rimandiamo al Suo Curante che conosce adeguatamente la sua storia clinica.