In questa pagina è possibile chiedere informazioni o lasciare un commento relativamente alle Neoplasie Mieloproliferative.
Si sottolinea che non verranno espressi pareri medici su situazioni personali o valutazioni su diagnosi e cure in corso. I ricercatori si riservano di non rispondere a domande che abbiano come oggetto giudizi clinici personali. Le risposte saranno pubblicate in questa sezione del sito nell'arco di alcuni giorni. Non verranno fornite risposte ad indirizzi email privati.
Archivio 2019
Innanzitutto buon anno a tutti.
Quante sono le probabilità che un paziente, 50 anni, affetto da TE si tramuta in mielofibrosi, con terapia oncocarbide, dopo quanto tempo? E quante... senza terapia? Grazie.
(Fiore)
Risposta
La possibilità che una forma di trombocitemia essenziale si trasformi, con il tempo, in una forma di mielofibrosi secondaria è pari a circa il 10-12% dopo 10 anni. Il trattamento con idrossiurea (oncocarbide) non modifica queste stime.
Carissimi dottori e angeli della ricerca vi auguro di cuore un BUON ANNO NUOVO a tutti voi nessuno escluso compreso anche le vostre rispettive famiglie.
Sempre un forte e sincero GRAZIE per tutto ciò che fate sempre per noi, che facciamo parte purtroppo delle malattie neoplastiche Mieloproliferative.
Un ulteriore ringraziamento per il sito progettoagimm che è veramente una forte colonna ed ancora di salvezza per tutte le nostre domande, fobie, stress e ansia distruttiva, il tutto giustamente accompagnato da paura.
Con le vostre sempre tempestive aggiornate informazioni, con la vostra sensibile grazia e competenza esaustiva, con il vostro grande supporto, io al netto di tutto senza dilungarmi ulteriormente, altrimenti vi scriverei un poema, vi ringrazio così: GRAZIE, GRAZIE, GRAZIE DI TUTTO CUORE.
BUON 2020 !!!!!!!
(Massimo)
Gentili Ricercatori,
Vi scrivo ancora in relazione ad un problema di Polineuropatia periferica diagnosticata nel settembre scorso. Ho 53 anni e sono affetto da Policitemia Vera diagnosticata nel 2009 e sono in cura con Oncocarbide, salassi e Plavix. La malattia è ben controllata. Ho sospeso la terapia citoridutiva per un mese e mezzo ma senza esiti soddisfacenti sulla neuropatia!
E vengo alla domanda! Premesso che dovrei avere a breve l'esito di test genetici per neuropatie ereditarie, vorrei sapere se qualcuna delle malattie mieloproliferative può (sulla base di evidenze scientifiche) dare problemi neuropatici ai nervi periferici magari anche in fasi avanzate della malattia! Vi faccio questa domanda perché il mio non sembra un caso completamente isolato! Grazie e felice 2020.
(Giovanni)
Risposta
Gentile signore, non vi sono sostanziali evidenze di un legame fra malattie mieloproliferative e neuropatia periferica. Alcuni trattamenti, anche in fase sperimentale come Momelotonib, hanno fatto registrare sintomi neuropatici come possibili eventi avversi, ma questo non sembra essere il suo caso, visti i dati che ci ha riportato nella sua domanda in merito ai trattamenti in corso. Ci auguriamo che possa individuare l'origine del problema.
Desidererei conoscere i centri ematologici che arruolano per la sperimentazione con fedratinib. Grazie.
(Donato)
Risposta
Gentile signore,
lo studio freedom 2 coinvolgerà vari centri italiani. Il centro coordinatore sarà quello di Firenze, dove è già aperto l'arruolamento, ma molti altri ospedali parteciperanno. La lista completa dei centri è consultabile al seguente link (https://clinicaltrials.gov/ct2/show/NCT03952039 ), alla sezione "contacts and locations".
Come si esegue il test Carl? Grazie.
Risposta
La ricerca di tutte e tre le mutazioni driver (a carico dei geni JAK2, CALR e MPL) si effettua tramite un prelievo venoso. Si tratta di test che vengono richiesti in modo quasi esclusivo dagli Ematologi: siamo certi che il suo medico di riferimento le spiegherà come e quando eseguire il test.
Salve, ho 55 anni, piastrine alte da 20 anni, sotto controllo con cardioaspirina fino a qualche mese fa quando sono arrivate a 1 milione e 300 mila;, sono stato in cura con oncocarbide per 2 mesi, piastrine drasticamente scese ma è subentrata emoglobina al limite della norma. L'ematologo mi ha levato l'idrossurea e all'ultimo controllo piastrine in salita, emoglobina leggermente bassa, globuli rossi e ematocrito sotto la norma, mcv alto e rdw molto alto, gli altri esami tutti bene, cosa vuol dire?
La diagnosi non è chiara, nel senso che il primo ematologo mi aveva detto che la TE si era trasformata in mielofibrosi, il secondo mi ha confermato TE, capisco solo che c'è in corso un'anemia ma niente di più e pertanto sono molto confuso.
Grazie per la risposta.
(Rocco)
Risposta
Gentile signore,
purtroppo non possiamo valutare adeguatamente i singoli casi che ci vengono presentati. Come principio generale, però, possiamo dirle due cose: il trattamento con idrossiurea (oncocarbide) può causare anemia, che spesso è macrocitica (con MCV alto, come riportato nella sua domanda); la differenza fra trombocitemia essenziale e mielofibrosi secondaria non può prescindere dalla valutazione midollare. La invitiamo ad affrontare questi due punti di discussione con il suo Ematologo di riferimento.
Con tanta gratitudine Bravissimi Ricercatori, per l'anno nuovo auguri di ogni bene, estensibili alle vostre famiglie. Che possiate dedicarvi serenamente al vostro impegnativo e prezioso lavoro nel quale tanto speriamo; che una luce improvvisa vi illumini per gioire insieme di risolutive, definitive conquiste.
Il vostro sapere e tanta pazienza ci hanno sempre sostenuto nel nostro incerto cammino e, per questo, sentiti ringraziamenti ed auguri di vero cuore.
(Demetrio)
Risposta
Grazie.
Grazie di cuore, anche per la tempestività e la sensibilità e non sono le solite parole banali. Come si può intuire farò un Natale un po' più tranquillo. Certo che seguo i trials e mi tengo informato sullo stato dei trapianti. Buon anno nuovo!
(Bruno)
Ho fatto JAK2 per piastrine alte, la risposta arrivata oggi mi dice assente. Che vuol dire, da cosa dipende le piastrine alte? Grazie della risposta.
(Elena)
Risposta
Gentile signora, le piastrine possono essere aumentate sia per cause secondarie (come ad esempio gli stati infiammatori o la carenza di ferro), sia per cause primitive, come le malattie mieloproliferative. In quest'ultimo caso, esistono altre due geni che possono essere mutati, oltre al JAK2, ossia CALR ed MPL. Le consigliamo di discutere con i suoi medici di riferimento, che sapranno indicarle quali siano i test successivi più appropriati nel suo caso.
Buonasera,
sono malato di LMC ed ho iniziato la cura con lo sprycel da 100 mg. Lavorando fuori casa sono rientrato per le feste natalizie, ho 2 gatti e un cane e sono allergico al loro pelo, di solito prendo un antistaminico, ho letto i medicinali che possono dare problemi o la cura e non c'è. Il medicinale è il Robilas riuscite ad aiutarmi? Grazie.
(Raffaele)
Risposta
Gentile signore,
purtroppo non possiamo dare risposte individuali o consigli terapeutici. Per quesiti simili dobbiamo rimandarla al suo Curante.
Ringraziandovi per la risposta parziale precedente ripropongo le domande 4 e 6: in maniera più sintetica: esiste la possibilità che l'ente erogatore blocchi l'erogazione del farmaco indipendentemente dal parere del medico curante al venir meno di determinati risultati della cura? O il blocco del farmaco alla fine è sempre la scelta finale del medico curante e su questo blocco l'ente erogatore ha solo effetto indirizzate. Penso sia chiaro il perché della domanda. Penso meriti una risposta anche se non so se questo sia il contesto adatto. Se non lo è basta dirlo.
Penso si intuisca il motivo della domanda. Saluti e buone feste.
(Bruno)
Risposta
Gentile signore,
purtroppo crediamo che questo non sia il contesto adatto per affrontare l'argomento, pur comprendendo bene le motivazioni che sono alla base della sua domanda. Nonostante queste limitazioni, possiamo garantirle che l'autonomia decisionale del singolo medico prescrittore è adeguatamente tutelata e garantita.
Salve, volevo sapere se in caso di politicemia con JAK2 positivo, valori aumentati solo di piastrine 570 mila ( che continuano ad aumentare) e tutti gli altri valori nella norma: ematocrito 45, globuli bianchi 10000 e emogobina 14.5, era consigliato oncocarbide oppure bisogna aspettare fino a quanto le piastrine salgano ad un certo numero, oltre il quale è obbligario oncocarbide. Quali sono i protocolli? Grazie mille e tanti auguri di buon Natale.
(Augusto)
Risposta
Gentile signore, la terapia con idrossiurea (oncocarbide) viene prescritta per i pazienti ad alto rischio, ossia quelli con età superiore a 60 anni e/o con un pregresso evento vascolare.
Buongiorno,
famigliare di un paziente a cui, dopo una iniziale piastrinosi durata 10 anni, classificata come tromb.essenz. è stata diagnosticata nel 2014 una m.f. post Et, (displus int1, lesione mpl). Da lì in cura con onco 2x500 mg/die per altri due anni prima di passare a ruxo (2*20mg/die) inizio 2016.
Parametri iniziali cura (circa): wbc 35.000, piastrin 500.000, blasti 3, hb 10, ldh 1700, fibrosi grado 2/3 cell. 65%, sintomi tipo sudorazione etc, quindi dipplplus 2 int. Dimensioni milza inizio cura 18*11*8,8 ind. volum (65 cm3). Fin dai primi mesi le piastrine sono scese a 100.000 e da lì ad oggi non sono più risalite e hb da 10 è salito molto velocemente a 12, più o meno come oggi. Ad oggi gli altri parametri del sangue non sono cambiati di molto. Dopo due anni della cura la milza ha raggiunto il nadir a circa 14*11*8.8 ind vol ca. 50 cm3.
Sucessivamente per gli altri due anni il numero di piastrine si è indebolito e per mantenerlo attorno ai 100 si è dovuti ridurre la dose a 15*2 die fino ad oggi. Le misure della milza in questi anni sono variate non tanto sui due assi principali (princip 15-18) ma sul terzo sopratutto a causa del cambio degli ospedali consultati. Il diametro più lungo è arrivato sui 17/18, l'altro sui 12/14, il terzo, a seconda dei centri, da 7 a 12, oscillante col centro! L'ultima misura ha asse di 18 cm e ind. vol. di 65 circa (quindi sembrerebbe che la milza sia tornata a volume inizio terapia). Fibrosi misurata dopo 2 anni ruxo zero! In due volte e cellularità < 5 con trabecole appena appena deformate. Nuovo prelievo del midollo già previsto. Salute splendida, mai niente di niente e nessun pb col ruxo.
Ecco le domande:
1 - come si definisce la resistenza alla terapia con ruxo, a che conseguenze porta?
2 - il paziente in questione è quindi a rischio resistenza?
3 - al di la della valutazione dei nuovi protocolli fase 3 in arrivo, esiste qualcosa di alternativo al ruxo? >Ho letto studi che qualora si interrompa il ruxo non esistono troppe alternative alla cura (nel caso in questione oncarbide?)
4- qualora sul ruxo si rilevi una incipiente resistenza nonostante gli acclarati benefici, l'ente erogatore(aifa) che ne cura il monitoraggio, ha la facoltà di sospendere il ruxo "ad imperiam" o comunque è prevalente il parere del medico che segue il paziente che ne certifica l'utilità/indispensabilità? E' il discorso della "appropriatezza terapeutica", "costo/beneficio"?
6- questa eventuale disposizione è una revoca o una sospensione ed è quindi reversibile?
So che sono domande a cui non è facile dare una risposta, ma per me e mio famigliare sono questioni essenziali, in ogni caso vi ringrazio di cuore.
Buone feste.
(Bruno)
Risposta
Gentile signore,
le sue domande toccano un argomento molto dibattuto attualmente all'interno della comunità scientifica. Purtroppo, ad oggi non abbiamo delle definizioni univoche e condivise per identificare i pazienti resistenti o intolleranti alla terapia con ruxolitinib nella pratica clinica. D'altra parte, sono in corso vari trial clinici per pazienti già esposti a questo trattamento: ciascuno di loro utilizza criteri diversi per selezionare quei pazienti che potrebbero giovarsi di una seconda linea. Pur non entrando nel dettaglio, in gran parte di queste sperimentazioni si fa riferimento ad un aumento di dimensioni della milza, con misure ed indicatori variabili da caso a caso.
Tuttavia, la pratica clinica è un ambito del tutto diverso e non è detto che queste definizioni siano applicabili, utili o appropriate al di fuori della ricerca. Ciascuno di noi, infatti, compie ogni giorno valutazioni più complesse ed articolate, per capire se un determinato paziente possa giovarsi o meno di proseguire una terapia farmacologica: queste valutazioni, come può comprendere, non si limitano ad un singolo dato numerico. A volte, la stabilità di malattia è un obiettivo terapeutico del tutto ragionevole.
Per rispondere ad alcuni dei suoi quesiti: le alternative terapeutiche che potremmo definire di "seconda linea" sono varie, ma tutte disponibili all'interno di una sperimentazione. Si va da JAK-inibitori diversi da ruxolitinib a molecole molto diverse (regolatori epigenetici, inibitori di altre vie di segnalazione), fino a combinazioni di ruxolitinib insieme ad altre molecole.
Siamo certi che discutendo con il vostro Ematologo di riferimento possiate comprendere quale sia la strada migliore da seguire, al di là delle sole misurazioni ecografiche delle dimensioni della milza.
Egregi dottori,
nel ringraziarvi per la vostra competenza, dedizione e cortesia vi auguro buone feste e tutto il bene possibile.
(Riki)
Buongiorno, ho la mielofibrosi secondaria a policitemia con JAK2 positivo non ho la milza per un difetto congenito. Dopo anni di cura con ONCOCARBIDE e diversi effetti collaterali tra cui un'ulcera gastrica e ileite, ho iniziato Jacavi da un anno con miglioramenti quasi immediati (aumento di peso, da 50 a 56 kg) e riduzione dei dolori articolari (ho anche malattie autoimmuni tra cui arterite temporale (sospetta) e polimialgia reumatica, per cui assumo cortisone da circa 1 anno.
Attualmente il dosaggio di Jacavi è pari a 15 mg al giorno, vorrei sapere se riducendolo a 10 mg potrei migliorare gli effetti collaterali (prurito, afte ricorrenti nella bocca e manifestazioni sulla pelle ).
Ringrazio per una gentile risposta e faccio i complimenti per il sito.
(Odilia)
Risposta
Gentile signora,
purtroppo non possiamo valutare adeguatamente la sua situazione a distanza, senza una visita vera e propria e senza un colloquio. Possiamo dirle, come principio generale, che alcuni dei disturbi che lei riporta sono più suggestivi per sintomi della malattia che per effetti collaterali del farmaco. In particolare, ci riferiamo al prurito. Per valutare in modo appropriato le manifestazioni cutanee e le afte, la rimandiamo ai suoi Curanti, che potranno aiutarla a capire quanto siano da ascrivere al farmaco, alla mielofibrosi e/o alle malattie autoimmuni che lei cita nella sua domanda. Solo dopo questa valutazione potranno essere selezionati gli interventi terapeutici migliori.
Buongiorno, torno a scrivervi per avere notizie in merito alla sperimentazione del Navitoclax Plus + Ruxolitinib.
Dai recenti dati di fine anno ASH 2019 sembra che questo protocollo in fase 2 abbia dato risultati interessanti per la MF su tutti gli aspetti della malattia. Per caso questa sperimentazione arriverà pure in Italia... e in che tempi?
Nel ringraziarvi SEMPRE per la Vs. preziosa attività dedicata alle malattie MPN, colgo l'occasione per esprimervi i più SENTITI AUGURI DI BUON NATALE E FELICE ANNO NUOVO.
(Ernesto)
Risposta
Gentile signore,
desideriamo prima di ogni cosa ringraziarla per i suoi auguri, che ricambiamo e vogliamo estendere a tutti coloro i quali seguono questa pagina.
Per rispondere al suo quesito: l'associazione di navitoclax e ruxolitinib ha mostrato segnali promettenti di efficacia per cui la sperimentazione in tal senso proseguirà. Al momento possiamo solo dirle che è possibile, ma non ancora certo, che la partecipazione al trial verrà ampliata per includere anche centri italiani. Speriamo di potervi dare informazioni più concrete nell'arco dei prossimi mesi.
Salve, volevo porvi una domanda. Sono un uomo di 43 anni al quale è stata diagnosticata una malattia mieloproliferativa, tipo politicemia vera. Ho fatto il JAK2 che è risultato positivo con carico di allele pari al 73%, ho fatto la biopsia del midollo osseo da cui risulta che: midollo trilineare, ipercellulare per incremento prevalente della serie eritroide rappresentata da elementi immaturi ed intermedi. Presenza di megacariociti pleomorfi, da piccoli a grandi, senza difetti di maturazione. Presenza nell'interstizio di piccoli linfocidi di significato verosibilmente reattivo. Non significativo incremento dei blasti. Fibre reticoliniche non ispessite. Reperto morfologico compatibile con neoplasiva mieloproliferativa, del tipo politicemia vera.
Ho fatto anche l'aspirato midollare da cui è risultato cellularità normale, granulopoiesi ben rappresentata nelle varie fasi maturative(52%), eritropoiesi ben rappresentata(34%), trombocitopoiesi iperplastica con pleomorfismo, linfocidi nomali 12% plasmacellule inferiori al 1% blasti 2%.
La mia domanda era questa: dagli ultimi emocromi effettuati in data odierna risulta un aumento dei globuli bianchi (undicimila) e delle piastrine(470 10 e3/uL), premetto che la malattia ha fatto il suo esordio con ematocrito al 60%, ma valori normali di globuli bianchi e piastrine, poi piano piano (a seguito dei salassi) sono aumentate sia le piastrine e sia i globuli bianchi. Successivamente sono stato in cura con oncocarbite e sono scesi tutti e tre i valori. Ultimamente non sto prendendo piu oncocarbite né facendo i salassi (prendo solo la cardioaspirina), ma vedo che l'ematocrito risponde bene (44%) mentre le piastrine (470 mila) e i globuli bianchi(undicimila) tendono ad aumentare. L'ematologo ha detto di aspettare per il momento, ma vorrebbe reintrodurre di nuovo l'oncocarbite per far scendere sia le piastrine che i globuli bianchi.
Cosa ne pensate? Complimenti per il forum, siete davvero molto competenti.
(Antonio)
Risposta
Gentile signore,
i pazienti con policitemia vera possono presentare un incremento del valore dei globuli bianchi e delle piastrine. I valori che lei ci ha riportato non necessitano di una correzione tramite terapia citoriduttiva, a patto che il paziente rientri fra quelli classificabili come a rischio basso. Ricordiamo che questa classificazione dipende dall'età e dalla storia di eventi vascolari. È ovviamente molto importante controllare attivamente tutti i possibili fattori di rischio vascolare ed evitare il fumo. Le consigliamo, in ogni caso, di discutere con il suo Ematologo di riferimento in merito alla terapia più appropriata per lei, perché solo lui conosce la sua storia clinica nel dettaglio.
Volevo sapere a chi mi devo rivolgere dato che mio padre 83 anni, diverse pasticche che prende più cumadin delle volte gli e uscito sangue da in capillare della gamba in maniera paurosa. Grazie.
(Valter)
Risposta
Gentile signore,
senza ombra di dubbio le consigliamo di rivolgersi al suo Medico Curante e discutere insieme a lui la terapia che suo padre sta assumendo.
Un malato di mielofibrosi può abitare in un ambiante inquinato dove si respira scarichi di detersivi di una lavanderia?
(Marilena)
Risposta
Gentile signora,
tutti noi dovremmo cercare di vivere in ambienti salubri. Non vi sono, dunque, precauzioni particolari per i pazienti con neoplasia mieloproliferativa, ma solo le buone norme che tutti dovremmo osservare.
Quale livello di Ldl non deve essere superato da un malato di PV?
(Alfonso)
Risposta
Gentile signore,
per i pazienti affetti da policitemia vera valgono le medesime raccomandazioni che sono in uso per la popolazione generale.
Ho la PV da alcuni anni, controllata con Cardioaspirin e circa 3 salassi all'anno. In gennaio mi sottoporrò a piccolo intervento chirurgico per togliere un lipoma. Il dermatologo mi dice di sospendere la cardio 5 giorni prima dell'intervento senza la necessità di eparina. Ritenete sia giusto?
Grazie.
(Giancarlo)
Risposta
Gentile signore,
le ricordiamo che, purtroppo, non possiamo esprimere un parere sui singoli casi che ci vengono presentati, né sostituirci alle valutazioni dei medici che la curano.
Tuttavia, come principio generale, possiamo dirle che per i pazienti con policitemia vera sono valide le raccomandazioni ed i protocolli in uso per la popolazione generale, che ovviamente sono differenti a seconda delle caratteristiche del paziente, al tipo di intervento e alla sua sede.
Gentili dottori, ho 51 anni (52 in aprile) e a febbraio 2013 mi è stata riscontrata PV in seguito ad un esame casuale. Controllo con rari salassi e Asa l'Hct. Man mano WBC è arrivato a 15,2 Plt 847 e Rbc 7,64. La Milza pur essendo cresciuta non presenta ancora livelli di allerta, a dire dell'ematologo. A breve farò una nuova BOM dopo quella del 2013 per valutare il grado di evoluzione della malattia.
Vorrei sapere se il livello di bianchi così alto dovrebbe essere preso in considerazione per l'utilizzo di Oncocarbide. E se chi ha anche i bianchi così elevati, oltre all'ematocrito, ha un'aspettativa di vita minore. In tutti questi anni non ho ancora capito se sono nato con questa predisposizione che si sarebbe sviluppata in ogni caso o se l'ambiente e/o gli inquinanti hanno portato ad una mutazione genetica di sana pianta.
Vi ringrazio anticipatamente per le risposte esaurienti che abitualmente ci fornite.
(Lorenzo)
Risposta
Gentile signore,
per quanto riguarda l'aumento dei globuli bianchi: le più recenti linee guida dell'European Leukemia Net includono la leucocitosi, con valori superiori a 15.000/mmc, fra i parametri da considerare quando si valuta l'inizio di una terapia citoriduttiva. Come può ben immaginare, però, la situazione clinica va sempre considerata nella sua interezza ed il valore dei globuli bianchi va osservato nel corso di un arco di tempo sufficiente per valutarne la stabilità, le oscillazioni o la tendenza alla crescita.
Per quanto riguarda il suo secondo quesito: anche se vi sono (e vi sono stati) studi volti ad identificare eventuali parametri correlabili con la sopravvivenza dei pazienti affetti da policitemia vera, non abbiamo allo stato attuale alcuna evidenza che ne supporti l'utilizzo nella pratica clinica. Anzi, nessuna delle linee guida attualmente in uso ne sostiene l'applicazione. Nel suo caso (e per i pazienti che, come lei, hanno la policitemia vera) è necessario prestare una grande attenzione al controllo dei fattori di rischio vascolare ed essere aderenti al trattamento proposto.
Per quanto riguarda il suo terzo quesito: la mutazione a carico del gene JAK2 è sempre acquisita, quindi insorge nel corso della nostra vita e non è presente alla nascita. In una percentuale contenuta dei casi vi è almeno un altro caso di neoplasia mieloproliferativa all'interno della famiglia. Gli studi volti ad identificare le basi biologiche di questa predisposizione (che, le ripetiamo, è presente in una minoranza dei casi) sono stati e sono ancora molto attivi.
Buonasera, soffro di tiroidite di Hashimoto e assumo tirosint 50 mg da circa 1 anno. Nel corso dell'ultimo controllo periodico le piastrine sono risultate più alte rispetto ai valori di riferimento -412. Ho effettuato gli esami avendo tosse ormai in via di guarigione ma che era stata persistente nella settimana precedente. L'innalzamento delle piastrine può essere dovuto a patologie oncologiche? E' opportuno che rifaccia gli esami e a quale distanza dall'ultimo controllo? Grazie.
(Raffaella)
Risposta
Gentile signora,
come principio generale, è sempre buona norma ricontrollare un risultato lievemente alterato a distanza di qualche settimana, per valutare se perduri o si sia risolto spontaneamente. Ne discuta con il Curante, che ha a disposizione anche i suoi esami precedenti e che potrà, dunque, valutarne l'andamento nel corso del tempo.
Buonasera, innanzitutto ci tenevo a ringraziarla per la risposta che mi è stata data riguardante l'alterazione del valore di LDH e del sintomo della sudorazione. Inoltre, vorrei chiederle se il valore di Eritropoietina è Normale/Basso nella Policitemia Vera e Normale/Alto nella Policitemia Secondaria. In attesa di una sua risposta la ringrazio nuovamente.
(Francesco)
Risposta
Gentile signore,
il dosaggio dell'eritropoietina sierica è molto utile nella valutazione dell'origine, primitiva o secondaria, di un quadro di eritrocitosi. Come ha correttamente riportato nella sua domanda, tale valore tende ad essere ridotto in circa l'80% dei pazienti che poi ricevono una diagnosi di policitemia vera, mentre un valore normale o tendenzialmente alto può suggerire un'origine secondaria. tuttavia, come potrà dedurre dalla percentuale che le ho appena riportato, circa il 20% dei pazienti con PV presenta, invece, valori di eritropoietina sierica normali. Vogliamo sottolinearle questo aspetto per ricordare che si giunge alla diagnosi tramite la valutazione, l'integrazione e l'interpretazione di più parametri.
Elenco centri di arruolamento per uso di luspatercept.
(Carmine)
Risposta
Gentile signore,
il trial clinico che sta valutando l'utilizzo di luspatercept in pazienti anemici con mielofibrosi è stato attivato nei seguenti centri italiani: Bergamo (Azienda Ospedaliera Papa Giovanni XXIII), Firenze (CRIMM, Centro Ricerca e Innovazione per le Malattie Mieloproliferative), Pavia (IRCCS Policlinico San Matteo), Varese (Ospedale di Circolo) e Milano (Istituto Clinico Humanitas).
Buonasera, ho 53 anni e il mio medico di base (ematologo) dopo aver visto le mie analisi (RBC* 5.51 HB* 17.9 HCT* 52.6 PLT* 126) ha deciso, oltre a prescrirmi la cardiospirina, di fare ulteriori accertamenti per Policitemia (radiografia al torace, ecografia addominale completa con linfonodi, emogasanalisi arteriosa, visita pneumologica e spirometria, visita cardiologica ed ECG, dosaggio EPO ) con risultati negativi.
Successivamente, a distanza di quattro mesi, ho ripetuto per due volte l'emocromo senza sostanziali defferenze. Alcuni giorni fa, dopo aver visto le mie ultime analisi con questi valori (RBC 5.23 HB* 17.1 HTC* 50.7 MCV* 96.9 PLT 153 LDH* 244), e dopo avergli detto che alcune volte presento sudorazione notturna mi ha prescritto il test JAK2.
Sono molto preoccupato, e in attesa del risultato del test JAK2 volevo chiedervi se il sintomo della sudorazione notturna e il valore alterato LDH si riscontrano solo nella diagnosi della Mielofibrosi o anche nella Policitemia Vera. In attesa di una vostra risposta, auguro a tutti voi un Buon Natale e un Felice Anno Nuovo.
(Francesco)
Risposta
Gentile signore,
l'aumento dell'LDH e le sudorazioni possono essere presenti sia in pazienti con policitemia vera, sia in pazienti con mielofibrosi, ma con diversa frequenza. Tuttavia, vorremmo sottolineare che si tratta di alterazioni di laboratorio (nel primo caso) e di sintomi (nel secondo caso) piuttosto comuni ed aspecifici, per cui vanno certamente contestualizzati ed interpretati adeguatamente. dunque, non sono essi stessi indicatori chiari della presenza di una malattia mieloproliferativa, a differenza della mutazione V617F del gene JAK2.
72 anni, ipertensione arteriosa, insufficienza renale cronica. Policitemia vera in trattamento con idrossiurea 500 mg/die. Vorrei sapere se la proteinuria che riscontro esami urine è correlata alla PV.
(Fabrizio)
Risposta
Gentile signore, in linea generale le malattie mieloproliferative come la policitemia vera non si accompagnano ad alterazioni dell'esame delle urine, come la presenza di proteine.
Buongiorno, ho sentito parlare della terapia CRISPR, ma volevo sapere cosa pensate voi di questa eventuale soluzione per malattie genetiche, è davvero una realtà o fantascienza?
Mio marito soffre do Policitemia Vera, in un futuro questa potrebbe essere la soluzione?
(Patrizia)
Risposta
Gentile signora,
quello a cui lei fa riferimento è più propriamente una tecnica, sviluppata negli ultimi anni, che ci permette di intervenire sul DNA, modificandolo in modo molto specifico. Come può immaginare, una tale metodologia può avere molteplici applicazioni, che spaziano dall'ambito diagnostico a quello terapeutico.
Per rispondere al suo quesito, allo stato attuale si tratta già di una realtà per quanto riguarda il suo utilizzo per scopi conoscitivi e di ricerca, mentre la sua applicazione per fini terapeutici è fra gli obiettivi di sviluppo futuri, sui quali non possiamo ancora pronunciarci con certezza.
Buongiorno, ho sentito in televisione che diverse persone sono guarite e altre sono in terapia con l'immunoterapia. Vengono selezionate delle cellule dal proprio sangue in grado di annientare le cellule responsabili di malattie ematologiche, ad esempio Car-t. Sembra che questa terapia guarisca leucemia e e altre malattie ematologiche. E' adatta anche per la mielofibrosi? E' stata provata anche su questa malattia? Solo alcuni ospedali la praticano, ma sembra si stia diffondendo rapidamente, nonostante i costi elevati..., occorrono delle caratteristiche particolari per potervi accedere?
Grazie mille. Buona giornata.
(Daniela)
Risposta
Gentile signora, la terapia con cellule Car-T rappresenta un tipo particolare di immunoterapia, che vuol dire che il suo meccanismo di azione si avvale del sistema immunitario del paziente per combattere la malattia stessa.
Mentre alcuni farmaci immunoterapici iniziano ad essere testati anche nella mielofibrosi, la terapia con Car-T non rientra fra queste opzioni per svariati motivi. Per citarne alcuni: si tratta di un trattamento gravato da una tossicità che può essere anche molto marcata e severa, per cui i rischi a cui il paziente andrebbe incontro supererebbero quelli legati alla patologia ematologica stessa. Infatti, lo sviluppo delle Car-T è partito da situazioni caratterizzate da una prognosi estremamente sfavorevole (come le leucemie acute linfoblastiche recidivate/refrattarie) e si sta muovendo ancora nell'ambito di malattie molto avanzate ed aggressive. Un secondo ostacolo è legato al "disegno" stesso delle Car-T: non esistono, infatti, delle cellule Car-T che vadano bene per tutti, ma per ogni malattia va identificato un bersaglio verso il quale dirigere il sistema immunitario del paziente. Per essere efficace e per limitare la tossicità sui tessuti sani, serve avere un bersaglio presente solo o quasi esclusivamente sulle cellule della malattia, cosa piuttosto complessa.
Tuttavia, non possiamo escludere che in futuro l'affinamento delle tecniche ed il miglioramento delle conoscenze non creeranno le condizioni per procedere alla sperimentazione anche in questo settore dell'ematologia.
Gentili medici,
ho 72 anni, dall’autunno 2015 sono affetto da Mielofibrosi, dopo oltre 6 anni di trombocitemia (da mutazione genetica dello JAK2), sono trasfusione-dipendente dal novembre 2016 (2 sacche ogni 16/18 gg.); assumo JAKAVI dall'ottobre 2016 (2 cpr. da 15 mg/die) ed EXJADE (2 cpr. da 360 mg/die dal giugno 2017). I dati salienti delle mie analisi sono i seguenti:
- emoglobina (ante trasfusione) 8,4/8,8;
- piastrine ca. 180.000, continuamente calanti;
- globuli bianchi ormai stabilmente oltre i 70.000;
- blasti stabili a ca. 1,5% ed 1,08 10^9/L;
- ferritina crescente, attualmente a livello 5.647;
- parametri epatici e renali appena nei limiti;
- p-ldh 1.137;
- assenza dei sintomi tipici della mielofibrosi, salvo la crescente splenomegalia: l'ultimo eco-addome evidenzia un diametro longitudinale di 19,5 cm; coronale di cm. 10; antero-posteriore di cm. 11.
Vi ho già scritto due anni fa accentrando l'attenzione e chiedendovi chiarimenti sui livelli di anemia e ferritinemia (all'epoca peraltro inferiore a 4.000).
Oggi vi chiedo invece chiarimenti e valutazioni complessive, specialmente sul nettissimo aumento dei globuli bianchi avvenuto in soli sei mesi, pur nella stabilità dei blasti: che fare? Come ridurre i globuli bianchi?
Vi chiedo inoltre quali siano le caratteristiche di Momelotinib, visto che per me ne è prevista la sperimentazione entro qualche mese, sostitutivamente a Jakavi.
Ringraziandovi anticipatamente, cordiali saluti.
(Mario)
Risposta
Gentile signore,
per rispondere al suo primo quesito: in una percentuale di pazienti con mielofibrosi si può verificare un incremento dei globuli bianchi anche senza che questo si accompagni ad un aumento dei blasti circolanti, come lei stesso ha sottolineato. in questi casi, l'approccio terapeutico è del tutto individualizzato: alcuni clinici associano al ruxolitinib un farmaco citoriduttore come l'idrossiurea.
Per rispondere al suo secondo quesito: momelotinib è un farmaco con un profilo di efficacia simile a quello del ruxolitinib. Nel protocollo sperimentale che li ha confrontati (SIMPLIFY-1, https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/28930494 ), entrambi i farmaci sono stati ugualmente efficaci nel ridurre le dimensioni della milza, mentre ruxolitinib si è dimostrato superiore per quanto riguarda il controllo dei sintomi associati alla malattia. Tuttavia, una quota di pazienti trattati con momelotinib ha avuto un miglioramento del valore dell'emoglobina, con riduzione del fabbisogno trasfusionale; la spiegazione biologica di questo effetto terapeutico risiede, forse, nella capacità di momelotinib di modulare la produzione di un ormone denominato epcidina, che ha un ruolo di rilievo nel regolare il metabolismo e l'utilizzo del ferro da parte dei vari organi e tessuti, incluso il midollo osseo.
Bravissimi Dottori, Volevo chiedervi se c'era qualche correlazione tra un episodio accadutomi 30 anni fa, mi ero recato in ospedale per donare il sangue, ma non me l'hanno fatto donare perché avevo la Policitemia e dovevo fare tanti salassi.
Dopo 30 anni senza aver fatto nessuna cura e nessun salasso, mi è stata diagnosticata la TE con JAK negativo e CARL positivo. Oltre 1 milione di piastrine e milza 13.5 cm. Mi hanno dato la Oncocarbide.
La mia domanda è: secondo voi posso tirare avanti senza cura? Grazie mille.
(Antonello)
Risposta
Gentile signore,
purtroppo ci è impossibile valutare adeguatamente la storia che lei ci ha riportato perché mancano varie informazioni: se all'epoca lei fosse fumatore, se fossero stati eseguiti esami di approfondimento e come fosse l'emocromo in quel momento, per citarne alcuni. Possiamo dirle, in generale, che vi sono molte cause di aumento dei globuli rossi (eritrocitosi o poliglobulia/policitemia secondaria), diverse dalla policitemia vera: spesso la terapia consiste in salassi venosi, anche in questi casi.
Un discorso a parte, invece, è quello che riguarda la trombocitemia con mutazione del gene JAK2, che in una percentuale di pazienti può virare, nel corso del tempo, verso un fenotipo più vicino a quello della policitemia. Per quanto riguarda la scelta di assumere o meno una citoriduzione, invece, la rimettiamo alla discussione con il suo Ematologo di riferimento, che avrà valutato la sua situazione clinica nella sua interezza.
Sono in cura per mielofibrosi assumendo Jacavi da due anni e quattro mesi e sono aumentata di peso dodici kili, sembra che questo effetto collaterale non accenni a fermarsi. Come posso contrastarlo? Premetto che sono sempre stata magra, per esempio al termine delle mie tre gravidanze 56, 57 kg, ora ho 72 anni è peso 56 kg. La misura del polso è di 15 e sono alta 162 cm quindi sono molto minuta. Infatti sono ingrassata solo su pancia e glutei. Non vorrei aumentare ulteriormente. Ringrazio per la risposta.
(Daniela)
Risposta
Gentile signora,
grazie all'esperienza maturata nella fase sperimentale e grazie, poi, all'utilizzo del farmaco nella nostra pratica clinica, abbiamo ormai imparato che l'aumento di peso è un evento piuttosto caratteristico.
Si tratta di un aspetto che per alcuni pazienti è positivo, in quanto permette loro di recuperare una condizione di sottopeso, mentre in altri casi si tratta di un evento che dobbiamo imparare a gestire e contenere. Per rispondere al suo quesito, non vi sono accorgimenti particolari oltre alle classiche raccomandazioni relative alla correzione della dieta ed all'attività fisica. Le consigliamo di valutare insieme al suo Curante se sia il caso di rivolgersi ad uno specialista in ambito nutrizionale, per avere dei consigli mirati.
Buongiorno, ho 54 anni e da maggio 2019 mi è stata diagnosticata una policitemia vera esordita con un ematocrito 49%, HB 15.5, GR 5.8 Piastrine 434 10^3/mcl GB 5.4 10^3/mcl LDH 169 (a 250) U/L,
JAK2 debolmente positivo, l'analisi fenotipica immunologica ha mostrato FAL 56% di positività (valori normali 20-80% 34-135 MFI 1 rapp) e lieve incremento del numero di CD 34+. Il reperto microscopico della BOM dice che sul piano morfologico la diagnosi differenziale si pone tra policitemia vera e una mielofibrosi in fase prefibrotica , in considerazione delle caratteristiche morfologiche e di aggregazione dei megacariociti. Necessaria correlazione con i dati clinici. Ad oggi sono in terapia con Cardioaspirina ed ho fatto tre salassi, l'ultimo una settimana fa per ematocrito 49.1.
Vorrei sapere, se possibile, quali altre indagini genetiche sarebbe bene fare per capire se sono predisposta o meno a virare verso MF. Secondo voi ha senso fare queste indagini? Ci sono terapie o accorgimenti che, presi per tempo, possono ritardare l'insorgenza di mielofibrosi?
Ed in ultimo: quali sono i centri in Lombardia che effettuano questi esami?
Mi scuso per le molte domande e la lunghezza del messaggio, spero di non aver posto domande alle quale non potete rispondere. Vi sono davvero grata per il vostro impegno che è la nostra speranza.
Rimango in attesa di una vostra cortese risposta e colgo l'occasione per augurare a voi ed alle vostre famiglie un sereno Natale ed un 2020 ricco di soddisfazioni.
(Elena)
Risposta
Gentile signora,
la sua domanda fa riferimento ad un settore che è oggetto di attiva ricerca. Da alcuni studi condotti negli ultimi anni, sembra che la presenza di mutazioni addizionali (oltre a quella a carico del gene JAK2) possa essere associata ad un aumento del rischio di evoluzione fibrotica nella policitemia vera (https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/28935989 ).
Tuttavia, si tratta di osservazioni che devono essere, in prima battuta, validate e confermate su popolazioni più ampie; poi, sarà necessario eventualmente quantificarne il peso e l'utilità clinica. Ad oggi, dunque, si tratta di analisi che vengono condotte solo a scopo conoscitivo ed all'interno di progetti di ricerca: non sono, dunque, applicabili né consigliate all'interno dei normali percorsi assistenziali.
Buongiorno, vorrei un'informazione in merito al vaccino antiinfluenzale per i pazienti affetti da policitemia vera.
So che tra gli ematologi ci sono due scuole di pensiero: una pro ed una contro il vaccino per chi è affetto da questa MMP, ritengo che ogni paziente debba seguire le indicazioni del proprio ematologo il quale conosce bene la situazione clinica della persona. Tuttavia mi piacerebbe sapere il parere dei ricercatori e, se anche tra voi esistono due scuole di pensiero, conoscere il razionale che sta dietro a ciascuna opinione.
Grazie per l'attenzione che vorrete dedicarmi, cordiali saluti.
(Elena)
Risposta
Gentile signora, come lei ha correttamente riportato, per ogni paziente possono esserci situazioni contingenti che portano il singolo Curante a prendere decisioni individualizzate. Tuttavia, come principio generale, ciascuno di noi segue le raccomandazioni del ministero della salute in merito alla vaccinazione antinfluenzale. Per sua comodità, le riporto il link alla pagina del sito del ministero con le FAQ relative a questo argomento: http://www.salute.gov.it/portale/p5_1_2.jsp?lingua=italiano&id=103 .
Come potrà vedere, la vaccinazione viene offerta attivamente e gratuitamente a tutte le categorie di soggetti che sono ritenuti a maggior rischio di complicanze, in caso di infezione: fra queste categorie sono inclusi tutti pazienti con malattie degli organi emopoietici, con età compresa fra i sei mesi ed i 65 anni.
Mastocitosi sistemica, quali novità terapeutiche?
(Bianca Maria)
Risposta
Gentile signora,
sono in corso vari studi nel campo della mastocitosi, alcuni con l'obiettivo di migliorare la conoscenza della biologia di questa malattia ed alcuni mirati a testare nuovi approcci terapeutici. Pur non disponendo, ad oggi, di risultati maturi e consolidati, vogliamo darle qualche informazione aggiuntiva su due farmaci: brentuximab vedotin ed avapritinib.
Il primo di questi è un anticorpo coniugato con una tossina, disegnato in modo da dirigersi verso una molecola frequentemente espressa dai mastociti patologici. Secondo quanto riportato recentemente dai ricercatori che hanno condotto la sperimentazione (https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/31350306 ), purtroppo il farmaco non sembra essere particolarmente efficace, almeno quando somministrato da solo: la miglior risposta ottenuta è stata, infatti, una stabilità di malattia in una quota dei pazienti arruolati.
Al contrario, la comunità scientifica guarda con interesse ad uno studio che sta valutando sicurezza ed efficacia di avapritinib: si tratta di un inibitore delle tirosin-chinasi capace di inibire anche KIT in presenza della mutazione D816V, che è caratteristica della mastocitosi. A tal proposito, disponiamo già di qualche dato preliminare relativo ad uno studio precedente effettuato con lo stesso farmaco: l'efficacia sembra essere molto promettente, con elevate percentuali di risposta, con riduzione quantitativa dei mastociti a livello midollare e riduzione della triptasi sierica, insieme al miglioramento dei sintomi e delle manifestazioni della malattia stessa. La ricerca attualmente in corso servirà a validare queste osservazioni, a valutare la durata delle risposte ottenute ed a raccogliere maggiori dati sulla sicurezza del farmaco, i cui eventi avversi più caratteristici sembrano essere una riduzione dei valori dell'emocromo ed una tendenza alla ritenzione dei liquidi.
Salve, mio padre è affetto da mielofibrosi da circa 4 anni con plt 46.000, HB 9,6, viene curato con cortisone 16 mg, 1 cp a giorni alterni e 1/2 cp gli altri. Parlando con gli ematologi per il momento asseriscono che non c'è cura, premetto mio padre ha 72 anni, volevo sapere una vostra opinione e se mi potete consigliare altre strade, grazie.
(Sabrina)
Risposta
Gentile signora,
la terapia dei pazienti con mielofibrosi che presentano anemia e riduzione del valore delle piastrine può essere piuttosto complessa e va, ovviamente, contestualizzata ed individualizzata in relazione alle caratteristiche del singolo paziente. Pur non potendo entrare nel merito della situazione di suo padre, possiamo dirle che, come principio generale, si può ricorrere a terapie farmacologiche tradizionali (steroidi, danazolo, eritropoietina), si può considerare la splenectomia (per casi selezionati), così come si può vagliare l'ipotesi di arruolamento in trial clinici, qualora siano disponibili e qualora il paziente presenti caratteristiche tali da combaciare con i criteri di inclusione ed esclusione della sperimentazione stessa.
La invito a discuterne con il Collega Ematologo che ha in cura suo padre, che meglio di me saprà prospettarvi i possibili vantaggi e svantaggi in relazione alla storia clinica ed alle condizioni generali di suo padre.
Buongiorno, volevo chiedere dopo 7 mesi di xagrid le piastrine non scendono cosa posso fare? Grazie.
(Giulia)
Risposta
Gentile signora, in relazione al suo quesito vi sono alcune possibilità da vagliare ed alcuni dati da tenere in considerazione.
Per prima cosa bisogna tener conto della dose di anagrelide che lei attualmente assume e degli eventuali effetti collaterali. Solitamente si inizia con 2 cps da 0.5 mg al giorno, ma il dosaggio può essere incrementato sulla base della tolleranza e, appunto, della risposta emometrica. Vi è l'opzione di associare un altro farmaco oppure di sostituirlo. Per poterla consigliare adeguatamente, bisogna conoscere la sua storia ed i dati che le ho menzionato prima: ne discuta con il suo Ematologo di riferimento, per valutare quale opzione sia più appropriata per lei.
Si può prendere cortisone per togliere il dolore se si sta già assumendo airtal come antinfiammatorio?
(Maria)
Risposta
Gentile signora,
le ricordiamo che questo spazio è dedicato ai pazienti con malattia mieloproliferativa; ad ogni modo, non potremmo sostituirci al suo Curante, esprimendo un parere in merito alla gestione di una terapia.
La riaffidiamo al suo medico di riferimento, che potrà darle una risposta che tenga conto dell'origine dei suoi dolori, delle altre terapie che al momento assume e della sua situazione clinica generale.
Buonasera. Mia madre ha avuto due trombosi venose profonde a distanza di tre anni l'una dall'altra ed è stata curata con TAO. Solo tre giorni fa, le è stata diagnosticata la policitemia vera che, riguardando tutte le analisi dal 2015 ad oggi, era già presente 4 anni fa (ematocrito si è sempre aggirato dal 51 al 54% e gli eritrociti sempre sopra 6). Fino al prossimo controllo, che sarà solo fra un mese, dovrà continuare a fare solo la terapia TAO.
Adesso che so che ha questa malattia, non riconosciuta peraltro dopo due trombosi, io temo che rischi qualcosa. Il mio timore è fondato oppure la terapia TAO, da sola può bastare a salvarla da complicanze vascolari?
Grazie mille per la disponibilità.
Risposta
Il fatto di aver avuto un evento vascolare (in questo caso, due episodi di trombosi venosa profonda) pone sua madre nella categoria dei pazienti con policitemia vera ad alto rischio; per tale motivo, è indicato associare alla terapia anticoagulante orale a cui lei ha fatto cenno, anche una terapia citoriduttiva, per controllare in modo appropriato i valori dell'emocromo. tutto questo ha l'obiettivo di ridurre (ma non di azzerare) il rischio che si verifichi un nuovo evento.
Le consiglio di contattare il vostro Ematologo di riferimento per valutare insieme se sia il caso o meno di anticipare il controllo che avete in programma. Questa valutazione dipende da molti fattori, inclusa la storia clinica complessiva di sua madre ed i suoi esami recenti, che sono noti soltanto ai medici che la hanno in cura.
Gentilissimi,
ho eseguito un emocromo completo. I valori wbs e rbs sono risultati bassi, rispettivamente 3.72 e 3.79. Gli altri valori nel range. Piastrine 251 emoglobina 12.2.
Devo fare ulteriori indagini?
Grazie per la disponibilità.
(Genny)
Risposta
Gentile signora, purtroppo non possiamo esprimere un parere su un singolo caso, né sostituirci alla valutazione del suo Curante, al quale la rimandiamo per un'appropriata interpretazione dei risultati dei suoi esami. Cogliamo l'occasione per ricordarle che questo spazio è dedicato ai pazienti con malattia mieloproliferativa.
Buongiorno, vorrei maggiori informazioni circa le sperimentazioni di in vaccino anti-CALR e le sue future implicazioni sulle malattie mieloproliferative con questo gene mutate. Grazie.
(Giuseppe)
Risposta
Gentile signore,
è attualmente in corso in Danimarca una sperimentazione clinica con il vaccino anti-CALR a cui lei fa riferimento: si tratta di una ricerca molto preliminare, della categoria degli studi "first in human". Si tratta, infatti, della prima volta che questo approccio viene testato clinicamente. Al momento non disponiamo di risultati da poter discutere con voi, ma seguiamo l'argomento con attenzione.
La nozione che sta alla base di questo filone di ricerca è la seguente: la presenza della mutazione del gene CALR fa sì che la proteina codificata sia diversa da quella originaria; alcune osservazioni sperimentali (in larga parte raccolte dallo stesso gruppo di ricerca danese) hanno confermato come il nostro sistema immunitario sia in grado di riconoscere e sviluppare una risposta immunitaria diretta contro la proteina mutata.
Attraverso la vaccinazione, l'intento degli sperimentatori è quello di rendere più intensa ed efficace la risposta del sistema immunitario dei pazienti verso le cellule che esprimono la proteina stessa.
Dobbiamo essere ovviamente molto cauti nell'interpretazione di questi dati, che sono in larga parte ancora preclinici (e, dunque, ottenuti in laboratorio), ma si tratta senza dubbio di un approccio innovativo ed affascinante.
Buonasera, innanzitutto ci tenevo a ringraziarla per la risposta che mi ha dato riguardo all iperferritinemia. Come le avevo già anticipato in data 13 novembre, mio marito dagli ultimi esami ha la ferritina a 1084, sideremia 144 e saturazione transferrina a 42%; ha eseguito eco addome completo e RX torace che risultano tutti nella norma, compresi gli altri valori degli esami. Ha eseguito test genetico per mutazione gene hfe, risultato negativo... nell'attesa della visita con ematologa, ci può dire da cosa potrebbe dipendere? L'ematologa ci aveva anticipato che in caso di esito negativo bisognerà fare altre indagini molecolari, cioè? Secondo il suo punto di vista da cosa potrebbe dipendere? La ringrazio nuovamente.
(Maria Antonietta)
Risposta
Gentile signora,
purtroppo questo spazio non può sostituirsi né anticipare una vera e propria visita medica, alla quale la rimandiamo per un corretto inquadramento delle alterazioni di laboratorio che ci ha riportato. Allo stesso tempo, vogliamo ricordarle che questo sito è dedicato ai pazienti con malattia mieloproliferativa. Ad ogni modo, possiamo dirle che, in linea generale, il rialzo della ferritina può essere riscontrato in molteplici condizioni, che andranno valutate via via con esami ematochimici o strumentali mirati. Così come vi ha anticipato la Collega Ematologa con cui avete parlato, esistono comunque altre mutazioni genetiche che possono essere ricercate, oltre a quella del gene HFE da lei citata.
Buongiorno, mio zio è affetto da mieloma multiplo di III livello, dopo varie terapie a luglio 2019 è stato sottoposto al primo trapianto delle proprie cellule staminali... Il decorso è stato duro ma poi si sono iniziati a vedere i miglioramenti. Per fine novembre era previsto il secondo trapianto di staminali ma purtroppo le condizioni di salute sono cambiate velocemente; la creatinina è arrivata a 8, addome e fegato gonfi, problemi respiratori (viene sottoposto a 3 aereosol giornalieri) e memoria non sempre lucida. Da tutte queste problematiche io ho dedotto che non ci sia molto da fare, e anche il secondo trapianto è stato annullato, mi chiedo se ci sono delle cure che si possano fare per migliorare un pochino lo stato di salute e consentirgli di vivere meglio oppure ormai bisogna solo aspettare? Ho letto che esiste la possibilità di inserimento in percorsi di ricerca e testare farmaci sperimentali, ma come si può accedere? La terapia CAR-T non è ancora utilizzabile per questa malattia? Grazie per la vostra risposta.
(Filomena)
Risposta
Gentile signora,
siamo spiacenti per le difficoltà che sta incontrando suo zio lungo il suo percorso di cura. Purtroppo, non siamo gli interlocutori migliori per la sua domanda in quanto questo sito è dedicato ai pazienti affetti da malattie mieloproliferative, ma le confermiamo senza dubbio che sono attivi sul territorio nazionale protocolli clinici dedicati ai pazienti con mieloma multiplo. La invitiamo a discuterne con i Colleghi Ematologi che hanno in cura suo zio; loro sapranno indicarvi i centri a cui rivolgervi, anche in relazione alla vostra regione di provenienza.
Buonasera, ho letto in rete notizie sull'utilizzo di un nuovo farmaco per la PV. Potete darmi qualche notizia in più su Idasanutlin ?
Grazie
(Renato)
Risposta
Gentile signore,
idasanutlin è un farmaco che da qualche anno è in fase di sperimentazione clinica per i pazienti affetti da diversi tipi di malattie ematologiche, inclusa la policitemia vera. Il farmaco agisce cercando di riattivare una via che normalmente controlla la proliferazione cellulare. Ad oggi, abbiamo a disposizione i risultati relativi allo studio originario di fase 1, che sono stati recentemente pubblicati
(https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/31167802 ).
Lo studio suddetto ha coinvolto un gruppo ristretto di pazienti (13 in totale) affetti da policitemia vera o trombocitemia essenziale; in caso di risposta subottimale al solo farmaco idasanutlin, ai pazienti è stato somministrato anche peg-interferone-alfa2a. Idasanutlin ha mostrato segnali promettenti di efficacia, con un buon profilo di tossicità. Uno studio più ampio, di fase 2, è attualmente in corso per approfondire e validare queste prime osservazioni; potremo darvi aggiornamenti in merito via via che i risultati preliminari verranno resi noti.
Buonasera, io ho mia madre con una gammapatia monoclonale della catena igg e una gravissima osteoporosi. Posso chiedere per me la legge 104? E per mia mamma posso chiedere un'invalidità? Grazie infinite per la risposta.
(Isabella)
Risposta
Gentile signora,
purtroppo non possiamo rispondere ai suoi quesiti, per i quali la rimandiamo al suo Curante che saprà aiutarla senza dubbio. Le ricordiamo, poi, che questo sito è dedicato alle malattie mieloproliferative.
Buonasera, ho mia moglie con mielofibrosi con mutazione del JAK2 da 3 anni, prende 5 oncocarbide a settimana, per adesso i valori delle piastrine sono nella norma, l'emoglobina ed il ferro bassi e sta integrando con la ferritina, ha 48 anni, vorrei sapere se è il caso di azzardare un impianto di cellule visto che ha la forza (data l'età e comunque un buono stato di salute generale) di reagire ai trattamenti della terapia o eventualmente è consigliabile continuare la terapia? Ma fino a quando? Grazie per la vostra risposta.
(Antonio)
Risposta
Gentile signore,
la scelta in merito alla procedura trapiantologica è piuttosto complessa e si fonda su una valutazione congiunta di più fattori.
Il primo passo da compiere per scegliere il trattamento più appropriato per un paziente affetto da mielofibrosi è quello di stimare il rischio associato alla malattia stessa. Per far questo, noi medici dobbiamo considerare alcuni dati clinici (l'età del paziente, la presenza di sintomi legati alla malattia), alcuni dati di laboratorio (il valore dei globuli bianchi, la presenza di cellule immature circolanti, la presenza di anemia o di piastrinopenia) ed alcuni dati genetici (le mutazioni driver, la presenza di eventuali mutazioni addizionali o alterazioni dei cromosomi). Negli ultimi anni tutti questi parametri sono stati integrati in punteggi prognostici, condivisi e validati a livello internazionale, che sono di grande aiuto per la nostra attività clinica.
Comprendo il suo pensiero quando suggerisce che un fisico più giovane sia certamente in grado di sopportare terapie più aggressive, ma in questo contesto è importante sottolineare che si può discutere della procedura di trapianto solo quando il rischio stimato supera una determinata soglia.
Buonasera,
sono affetto da trombocitemia, con piastrine intorno al milione di unità. Nella mia dieta devo evitare gli alimenti con vitamina k?
Saluti.
(Walter)
Risposta
Gentile signore,
non vi è motivo per limitare l'assunzione di nessun nutriente, meno che mai di una sostanza essenziale come la vitamina k.
Ai pazienti con malattia mieloproliferativa è, piuttosto, raccomandato di attenersi ai principi di un'alimentazione sana, varia ed adeguata al proprio fabbisogno calorico, al fine di mantenere il peso forma (o contrastare l'eventuale sovrappeso), nell'ambito della classica prevenzione cardiovascolare.
Buongiorno,
vorrei maggiori informazioni sul selinexor e se davvero questo nuovo farmaco sia efficace come cura nella mielofibrosi. Grazie.
(Giuseppe)
Risposta
Gentile Signore, il selinexor è il primo esponente di una nuova classe di farmaci, che agiscono come inibitori del trasporto attraverso la membrana nucleare. All'interno delle cellule, infatti, esiste un meccanismo fisiologico che permette ad alcune proteine di muoversi, lasciando il nucleo per raggiungere il citoplasma. Sulla base dei risultati di alcune ricerche condotte su linee cellulari, questo meccanismo di trasporto è stato identificato come possibile bersaglio terapeutico nella mielofibrosi. In seguito a queste osservazioni, è stato disegnato un trial clinico che vaglia l'utilizzo di selinexor, ma la ricerca è appena iniziata, per cui non sono ad oggi disponibili risultati, nemmeno preliminari. Non siamo ancora in grado, dunque, di valutarne il valore terapeutico.
Buongiorno gentili Ricercatori,
mio marito ha la policitemia vera diagnosticata a giugno scorso - età 59 anni - con JAK2+ e confermata da BOM ed è quindi seguito presso ospedale di eccellenza a Milano. La nostra esistenza ora è "prima e dopo la malattia", come uno spartiacque. Ora siamo più consapevoli e cerchiamo di affrontare con il miglior "atteggiamento" possibile la nostra nuova vita, soprattutto mio marito, e questo anche grazie alle tante risposte da Voi date su questo sito che ci hanno chiarito tanti aspetti di questa patologia.
Una domanda per la quale vorremmo una risposta riguarda l'aspettativa di vita. Ho letto la vostra risposta (4 agosto 2015 - ore 23:23) - Sopravvivenza nella policitemia vera - data ad una persona di circa 40 anni, con aspettativa di vita mediana di 19 anni. Tale valutazione, fatto salvo che questi dati sono sempre derivanti da studi passati e non "attualizzati", riguarda unicamente persone di giovane età o potrebbe applicarsi anche a persone di età maggiore? Vi ringrazio fin d'ora per la vostra risposta e per il vostro importante lavoro.
(Veronica)
Risposta
Gentile Signora,
la sopravvivenza mediana è una delle misure statistiche usate dai medici per descrivere ed imparare a conoscere una determinata patologia, oltre che per effettuare confronti fra gruppi. Rappresenta il tempo oltre il quale ci si attende di trovare in vita la metà della popolazione che in quel momento è oggetto di studio. Tale misura, dunque, descrive il comportamento di un intero gruppo, spesso disomogeneo, di individui e risente di innumerevoli fattori, come ad esempio la durata del tempo di osservazione (ossia per quanti anni sono stati seguiti i pazienti) e le caratteristiche della popolazione in analisi, inclusa la sua età media. Per tale motivo, anche nel campo della Policitemia Vera vi sono state differenze nelle stime fra uno studio ed un altro. Sulla base di queste premesse, la inviterei a non focalizzare l'attenzione su un singolo numero ed a non considerare la sopravvivenza mediana come uno strumento applicabile per formulare previsioni in merito all'andamento clinico di un singolo individuo.
Buongiorno. Ho da porvi tre quesiti:
1) A che punto è la ricerca e l'approfondimento del problema per quanto riguarda lo sviluppo di casi di linfoma aggressivo in chi assume ruxolitinib?
2) Assumo ormai quasi cronicamente, per forti problemi di reflusso ed episodi di gastroduodenite, Gastroloc inibitore di pompa protonica, ma ho letto che procura, sebbene in rari casi, riduzione di piastrine, globuli rossi e bianchi. Avendo la mielofibrosi potrei avere problemi? Devo smettere e prendere Gaviscon o altro similare?
3) JAKAVI potrebbe peggiorare la sintomatologia gastrica? Devo comunque prendere il gastroprotettore?
Grazie infinite.
(Margherita Giulia)
Risposta
Gentile Signora,
il suo primo quesito fa riferimento ad un argomento che è attualmente oggetto di attiva ricerca. Dopo la pubblicazione del lavoro originario (https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/29907599 ), a livello internazionale molti gruppi di ricerca hanno cercato di contribuire alla comprensione del fenomeno, fornendo il loro contributo e le loro osservazioni. Pur trattandosi di un ambito ancora lontano dall'essere completamente compreso e caratterizzato, possiamo dirle che ad oggi non vi sono stati altri studi che abbiano confermato le osservazioni relative ad un aumento di incidenza di linfomi aggressivi in pazienti trattati con farmaci JAK-inibitori.
Per quanto riguarda, invece, gli altri due quesiti, dobbiamo ricordarle che la nostra risposta non può costituire un suggerimento o un vero e proprio parere medico, che va sempre contestualizzato e declinato secondo le caratteristiche del singolo paziente e la sua storia clinica. Tuttavia, come principio generale, possiamo dirle che i pazienti con mielofibrosi possono generalmente assumere senza sostanziali problemi i farmaci gastroprotettori e che, allo stesso tempo, le problematiche relative alla malattia da reflusso o alla gastrite non rientrano fra gli eventi avversi più tipici o frequenti di ruxolitinib.
Buongiorno, ho 54 anni e da 2 anni mi è stata diagnosticata la policitemia vera con la mutazione JAK-2.
Attualmente l'ematologo mi controlla l'ematocrito non superiore al 45%, la milza,le piastrine.
Mi chiedo se per la mia età questo tipo di approccio è sufficiente oppure ci si può sottoporre ad altro tipo di esami?
(Francesco)
Risposta
Il quadro da lei descritto delinea, per età e assenza di eventi trombotici in anamnesi, una policitemia vera a "basso rischio". L'approccio in questi casi prevederebbe la terapia con aspirina a basse dosi (se non controindicato per altri motivi) e il controllo dell'ematocrito entro il 45% con i salassi.
Utile anche un controllo periodico della milza con la palpazione o una ecografia dell'addome.
E' fondamentale, per ridurre il rischio trombotico relativo alla patologia, avere uno stile di vita sano e condurre una vita attiva, riducendo/eliminando/ controllando i fattori di rischio cardiovascolari quali l'obesità, il diabete, l'ipertensione, il fumo e l'ipercolesterolemia.
Ad oggi, in linea generale, non vi sono altri esami specifici da effettuare. Certamente è opportuno valutare caso per caso, considerando le eventuali comorbidità relative al singolo paziente.
Salve egregi ricercatori,
volevo farvi sapere le ultime notizie di mio marito, dove nell'ultima lettera che vi ho scritto del 11 ottobre ore 16.09 dicevo che aveva ferro 28 e ferritina 8,60 e nell'ultimo controllo fatto il 18 novembre il suo ematologo ci ha spiegato che la causa è dovuta alla sua malattia; in parole povere più produce cellule e più assorbe il ferro e ferritina nonostante abbia fatto una cura per un mese per far rialzare i valori del ferro e ferritina, però ci ha spiegato che non serve fargli fare di nuovo una nuova cura per il ferro perché la malattia se lo assorbirà ancora di più. Al massimo lo aiutano solo se va molto giù di quanto è già il suo valore.
Domanda: voi ricercatori come la pensate di questo? E giusto così? Dopo la visita gli hanno fatto fare l'eritroafaresi con procedura più forte perché i globuli rossi sono 7,01 e l'ematocrito a 52,2 globuli bianchi 11,7 piastrine 1,037 NEU 8,12 linf 1.80 mono .902 eos .377 baso .062 neu% 72.1 linf % 16.0 mono % 8.00 eos % 3.35 BASO % .590 HGB 16.7 MCV 74.5 MCH 24.9 MCHC 33.4 RDW 16.4 MPV 6.58...poi ci ha spiegato che mio marito ha i suoi rischi intorno alla sua malattia cioè JAK2 positivo, pressione alta, problemi di diverticolosi dove attualmente sta facendo esami strutturali dove spesso e volentieri ha delle scariche all'improvviso... e dove lui ha già fatto anche terapia di deursil per precedente fango biliare e va trattato con molta cautela, invece per quanto riguarda oncocarbide dove ha solo fatto un ciclo di tre capsule per solo 2 mesi è stato sospeso per riduzione DELL'EMOGLOBINA a 12 e per adesso non lo fa.
Vi ringrazio molto per un vostro parere che per noi è molto importante.
(Lucrezia)
Risposta
Mi pare corretto l'approccio terapeutico in relazione a quanto scrive. E' giusto procedere con i salassi per il controllo dell'ematocrito e non somministrare terapia con ferro che potrebbe peggiorare il quadro di malattia, vanificando l'intervento fatto con i salassi. Saluti.
Buongiorno. Da alcune ricerche ho letto che ruxolitinib potrebbe scatenare un linfoma aggressivo a chi ha un clone di cellule b. Prima di assumerlo bisognerebbe effettuare questa ricerca? Come si effettua, dal midollo o basta un prelievo di sangue periferico? Grazie.
(Margherita)
Risposta
Lo studio cui fa riferimento è stato pubblicato sulla prestigiosa rivista Blood nell'ottobre 2018, ad oggi occorre dire che questi dati non sono stati ulteriormente confermati. I ricercatori hanno valutato 626 pazienti sottoposti a trattamento per neoplasie mieloproliferative presso l'Università di Medicina di Vienna e identificato 69 con mielofibrosi e in trattamento con inibitori della JAK. Di questi 69 pazienti, quattro (5,8%) hanno sviluppato linfomi nel tempo. In confronto, hanno documentato che dei 557 pazienti che non hanno ricevuto inibitori di JAK, solo due (0,36%) hanno sviluppato un linfoma. Da ciò è stato dedotto un rischio aumentato di 16 volte per il linfoma a cellule B aggressivo nei pazienti in trattamento con inibitori di JAK.
Inoltre è stato dimostrato che in 3 dei 4 pazienti che hanno sviluppato il linfoma a cellule B, il clone di cellule B responsabile era in realtà preesistente alla terapia con ruxolitinib. L'ipotesi è quella che gli inibitori di JAK possano favorire la trasformazione in linfoma aggressivo, di un clone di linfociti B preesistente. Questa ipotesi, ad oggi, è stata dimostrata però solo in un modello murino.
Ulteriori studi sono in corso e sapranno dirci di più a riguardo.
In conclusione, alla luce di quanto detto, è ragionevole effettuare la ricerca di un eventuale clone linfocitario B sul sangue midollare prima di intraprendere la terapia con un JAK inibitore.
Buongiorno, Vi scrivo per avere informazioni sulla sperimentazione clinica dell'AVID 200 della Forbius (un nuovo TGF-beta 1 e 3 Inibitore) nella MF.
E' possibile che questo protocollo possa arrivare in Italia? Questo potenziale nuovo farmaco sembra essere interessante perché prodotto biologico per il trattamento della fibrosi e del cancro.
Grazie sempre per esserci.
(Ernesto)
Risposta
La sperimentazione cui fa riferimento è un studio di fase I, quindi iniziale, che da pochissimo tempo è attivo negli Stati Uniti. Si tratta di un farmaco inibitore di TGF-beta 1 e 3. Il razionale di utilizzo risiede nel fatto che il TGF-beta svolge, tra le altre cose, un duplice ruolo nel promuovere la mielofibrosi e la mieloproliferazione, che sono entrambe un segno distintivo dei pazienti affetti da mielofibrosi. Lo studio propone che l'inibizione della via di segnalazione TGF-beta possa ridurre gli stimoli fibrogenici e interrompere contemporaneamente la mieloproliferazione ripristinando la normale ematopoiesi.
Naturalmente si tratta di una ipotesi che andrà confermata. Qualora i dati raccolti in questa prima fase fossero promettenti, e il farmaco si rivelerà ragionevolmente sicuro, la sperimentazione potrà verosimilmente espandersi in una fase successiva anche in Europa e in Italia.
Soffro di polecitemia vera, assumo cardioaspirina e oncologia aride vorrei sapere se la papaya fresca e controproducente.
Risposta
Non vi sono controindicazioni note per quanto concerne l'assunzione della papaya nella policitemia vera. Di fondamentale importanza avere una alimentazione varia e un sano stile di vita.
Buongiorno,
è stata diagnostica una policitemia a mia zia, in seguito allo sviluppo improvviso della sindrome di Budd Chiari. A chi mi posso rivolgere a Milano per mettermi in cura?
Grazie mille anticipatamente.
(Filomena)
Risposta
Ci sono molti centri ematologici qualificati a Milano e dintorni (Bergamo, Varese) che si occupano anche di malattie mieloproliferative.
Buonasera a tutti.
Da qualche anno sono in osservazione presso un ematologo per un lieve picco monoclonale in frazione gamma (oscilla tra il 5.5% e 6.7%, ovvero tra 0.05 e 0.07 g/dL) ma, recentemente, il mio medico si è accorto che ho un ematocrito sempre tendenzialmente alto (intorno al 50% - valori di riferimento 42,00-52,00 %).
In un controllo risalente a qualche mese fa, l'ematocrito toccò addirittura il 52,20%. L'ematologo mi disse di bere almeno due litri di acqua al giorno per due settimane, poi di ripetere l'esame completo dell'emocromo. Funzionò e l'ematocrito scese al 47,70%.
Successivamente è anche arrivato a 46,00% e ho eseguito pure l'esame del JAK-2 che, fortunatamente, è risultato NEGATIVO.
Adesso, invece, l'ematocrito è tornato a salire, tanto che al prelievo di qualche giorno fa risultava essere 50,70%. Gli altri valori ematici (piastrine, globuli bianchi e rossi, emoglobina, ecc.) invece, erano tutti nella norma e non ho nessun altro tipo di disturbo/fastidio da riferire. Anche i valori del QPE, tranne un commento finale, che indica la solita sospetta CM in frazione gamma pari al 6,7%, sono tutti nella norma. Tuttavia il medico mi ha proposto un salasso che però ho rifiutato.
Confesso che la situazione mi sta un po' confondendo e allarmando, quindi mi piacerebbe capire:
1) C'è correlazione tra il lieve picco monoclonale e la continua oscillazione verso l'alto dei valori di ematocrito? Se sì, a quale malattia mi devo preparare?
2) Quali potrebbero essere i rischi immediati che corro, considerato che ho sempre un colesterolo HDL molto basso (31 mg/dL) e un valore di omocisteina di 18,2?
3) Se smettessi di bere tanta acqua ogni giorno (circa 2 litri), i valori di ematocrito continuerebbero a salire inarrestabilmente?
4) Il salasso che ho rifiutato avrebbe migliorato la mia situazione?
5) Potrei assumere della cardioaspirina, mi gioverebbe?
Scusate per le numerose domande, ma i medici che ho consultato sono stati sempre molto evasivi. Purtroppo.
Grazie per l'attenzione e per le risposte che mi darete.
(Virgilio)
Risposta
In relazione ai suoi quesiti in merito alla coesistenza del picco monoclonale e dell'incremento dell'ematocrito (inteso che si tratti di una poliglobulia secondaria e non di una malattia mieloproliferativa) le rispondo punto per punto qui di seguito.
1) Per quanto a nostra conoscenza non vi è una correlazione tra il picco monoclonale e l'incremento dell'ematocrito. Sono condizioni cliniche da monitorare periodicamente, ma indipendenti.
2) Non ci sono rischi nell'immediato con l'ematocrito intorno al 50%, certamente è indicato cercare di limitare e/o eliminare i fattori di rischio cardiovascolari (se presenti) come l'ipertensione, la dislipidemia, il fumo e il diabete. L'intervento, oltre che farmacologico, deve riguardare lo stile di vita. E' pertanto di primaria importanza condurre uno stile di vita sano e attivo e avere una buona alimentazione.
3) E' corretto bere circa 2 litri di acqua al giorno, a prescindere dal valore dell'ematocrito.
4) In situazioni di poliglobulia secondaria è indicato che l'ematocrito sia sotto il 54% anche se non esistono chiare linee guida; l'atteggiamento terapeutico è strettamente clinico e si valuta caso per caso.
5) La cardioaspirina potrebbe avere indicazione andando a ridurre il rischio trombotico; va valutato il rischio/beneficio sulla base della sua storia clinica e dell'eventuale assunzione di altri farmaci.
Spero di esserle stato di aiuto con queste poche righe.
Dopo aver fatto una TC della colonna, al ritiro dell esame si evidenziava un ampio campo cardiaco da approfondire con esami specifici mi può dire cosa significa? Grazie.
(Iolanda)
Risposta
E' probabile che il radiologo abbia notato all'esame TC della colonna un'area cardiaca (cuore e grossi vasi sanguigni) ingrandita. Va detto che l'esame TC non è ideale per valutare la morfologia cardiaca. Il consiglio è di rivolgersi a un cardiologo ed eseguire eventualmente un ecocolordoppler cardiaco.
Buongiorno ricercatori,
dopo una positività al gene CARL, l'ematologo mi vuole fare il prelievo del midollo. La positività alla mutazione è già una conferma di malattia?
Saluti.
(Walter)
Risposta
La ricerca della mutazione di CALR si suppone sia stata effettuata nel sospetto di una malattia mieloproliferativa, pertanto a supporto diagnostico in un quadro clinico compatibile.
La positività della mutazione depone certamente per un quadro di questo tipo anche se, a completamento diagnostico, è corretto eseguire anche la biopsia midollare.
Egragi Dottori,
ho ricevuto la Vostra cortese risposta a proposito di "NGS nella mielofibrosi" e per questo vi ringrazio tantissimo.
Siete davvero dei GRANDI sia professionalmente che umanamente.
Cordialmente, Riki
(Riki)
La propoli è buona per chi ha la policitemia vera dato che l'urologo me la prescritta, compresse di agriur per cistite cronica o fa salire l'ematocrito?
Risposta
Non ci sono controindicazioni ad assumere propoli in caso si sia affetti da PV.
Mia madre affetta da tre anni da trombocitemia essenziale, anni 68, ha fatto terapia con oncocarbide che dopo due mesi gli portava effetti collaterali come febbre alta, sospesa assunzione e passata ad anagrelide da circa un anno e mezzo, purtroppo ha avuto da pochi giorni episodi di extrasistolia e tachiaritmia, fatto holter.
Oggi ematologo ha ridotto la terapia con anagrelide e chiesto consulto cardiologico. Ad oggi le piastrine sono a 640 mila. Mia madre aveva dovuto prendere un farmaco anagrelide per 50 giorni diverso dal solito perché la vecchia azienda aveva perso l'asta con la regione Sicilia. Forse questo farmaco le ha portato questo problema al cuore che non aveva mai avuto? E che alternativa si avrebbe per controllare le piastrine, sono molto preoccupata e lei scoraggiata, non c'è più cura?
(Azzurra)
Risposta
E' ben nota e documentata la tossicità cardiaca dell'anagrelide, a prescindere dal marchio con cui è commercializzata. Di solito tale tossicità si manifesta con alterazioni del ritmo cardiaco e pertanto l'episodio di "extrasistolia e tachiaritmia" va indagato in tal senso ed è corretto che il cardiologo ricerchi l'eventuale presenza di fattori scatenanti e/o fattori di rischio.
Qualora si renda necessaria la sospensione del trattamento con anagrelide, l'ematologo potrebbe tentare un riutilizzo dell'oncocarbide oppure prescrivere altre terapie, anche in regime "off label".
Egregi dottori,
69 anni portatore di mielofibrosi post Policitemia vera, attualmente in cura con ruxolitinib (20 mg mattina e sera). Vorrei sapere che tipologia di esame è il prelievo NGS e se può essere utile per monitorare il decorso della mielofibrosi e/o scoprire altre mutazioni genetiche.
Grato per la Vostra consueta cortesia cordialmente Riki.
(Riki)
Risposta
La valutazione in NGS (acronimo di "next generation sequencing" o nella traduzione italiana "sequenziamento di nuova generazione") è generalmente eseguita su un prelievo di sangue periferico o midollare. E' una metodica di biologia molecolare che consente di sequenziare in un'unica complessa analisi varie regioni del DNA e ricercare eventuali anomalie (mutazioni genetiche) aggiuntive oltre a quelle classiche coinvolgenti i geni JAK2 /CALR/MPL. Si tratta di un esame complesso, pertanto eseguito in centri altamente specializzati. I risultati ottenuti con metodica NGS, e quindi la presenza/assenza di mutazioni aggiuntive, permette di rifinire la prognosi dei pazienti affetti da mielofibrosi, in accordo con i più recenti studi, integrando dati clinici e molecolari. L'analisi NGS può essere effettuata alla diagnosi ed eventualmente ripetuta durante il decorso di malattia in pazienti che possano giovare di differenti approcci terapeutici (compreso il trapianto di midollo osseo).
Buongiorno ricercatori, a Firenze sono stati fatti degli studi, mi e stato detto che lo xagrid dato per la trombocitemia essenziale, accelera l'evoluzione in mielofibrosi, quindi è preferibile un altra terapia?
(Marco)
Risposta
Non vi è dimostrazione di una maggiore frequenza di evoluzione in mielofibrosi nei pazienti trattati con anagrelide affetti da trombocitemia essenziale (TE). L'anagrelide è invece un farmaco piuttosto sicuro e con buona efficacia, attualmente adoperato in seconda linea nella TE (la prima linea di citoriduzione è l'idrossiurea). Il trattamento con anagrelide può essere gravato da potenziali effetti collaterali (come accade con tutti i farmaci). Nello specifico, documentata la potenziale cardiotossicità, è importante eseguire una accurata valutazione cardiologica comprensiva di ECG ed Ecocolordoppler cardiaco prima dell'eventuale trattamento.
Salve, sono un uomo di 43 anni a cui è stata diagnosticata una malattie mieloproliferativa cronica (globuli bianchi 11000, emoglobina 19, emocromo oltre 60 e piastrine oltre 600.000). Ancora non ho effettuato l'aspirato midollare né la biopsia, ho iniziato con salassi, ma i valori scendevano lentamente ed iniziavano a salire le piastrine. Da poco sono in cura con oncocarbite che sembra stia facendo effetto.
Volevo sapere se la cura con oncocarbite può essere interrotta in caso in cui i valori del sangue tornino buoni! Oppure deve essere sempre proseguita per tutta la vita! Il dottore non mi ha detto ancora se ho la politicemia o la mielofibrosi in attesa dell'aspirato e la biopsia. Adesso non ho alcun dolore né fastidio, ho solo la milza ingrossata a 17,5 cm. Secondo la vostra esperienza potrei avere la mielofibrosi?
(Antonio)
Risposta
I dati da lei elencati rimandano a una verosimile malattia mieloproliferativa, probabilmente un quadro di policitemia vera alla luce della spiccata eritrocitosi. Naturalmente una cosa è il sospetto diagnostico e un'altra la vera e propria diagnosi che consta di una serie di esami, tra cui l'analisi molecolare per la ricerca di specifiche mutazioni (JAK2 o CALR o MPL) e non ultima la biopsia osteo-midollare che è di fondamentale importanza.
Solo alla fine di un percorso diagnostico completo è possibile formulare una precisa diagnosi e poi impostare la terapia più appropriata. Al momento non è possibile poter escludere del tutto una mielofibrosi, anche se appare davvero poco probabile.
Buongiorno,
ho 65 anni e da 3 anni e mezzo sono in cura per PV (JAK 2V617F mutato) con idrossiurea e cardioaspirina.
Assumo 17 pastiglie alla settimana di oncocarbide da 500 mg e da due anni i valori dell'ematocrito si sono sempre ampiamente mantenuti sotto il target di 45. Nell'ultimo controllo il valore è diminuito ulteriormente, ed è risultato essere di 40.4%.
Ho chiesto al medico se potevo diminuire la dose di Oncocarbide di 1 pastiglia alla settimana (16 anziché 17), ma non è stato ritenuto opportuno. Viceversa, si vorrebbero ridurre i controlli dell'emocromo (quest'anno effettuati a distanza di 3 mesi).
Come paziente vorrei minimizzare il rischio di effetti collaterali negativi della terapia, soprattutto per il lungo termine, e quindi cercare di assumere il numero minore di pastiglie, eventualmente effettuando controlli del sangue più ravvicinati. Vi scrivo quindi per avere il vostro parere in proposito, in particolare su questi punti:
- quali controindicazioni possono esserci a diminuire l'oncocarbide di 1 pastiglia la settimana?
- il valore di 40 per Hct (al di sotto del minimo per una persona normale) non è troppo basso anche per un paziente PV?
Vi riporto i valori dei principali parametri nei controlli effettuati quest'anno, in ordine cronologico:
Gb: 7.1, 7.8, 5.7, 6.8
Gr: 4.1, 3.9, 3.9, 3.8
Hb: 14.9, 14.1, 14.8, 14.0
Hct: 43.8, 42.2, 43.3, 40.4
PLT 264, 256, 252, 234.
Vi ringrazio per la vostra disponibilità e per il vostro supporto.
Cordiali saluti.
(Mauro)
Risposta
In riferimento alla sua storia clinica e ai quesiti esposti, le posso dire che non ci sono chiare controindicazioni a tentare di ridurre di 1 o 2 compresse a settimana la terapia con idrossiurea, visto che il quadro appare ben controllato; l'unico modo per verificare che il dosaggio di farmaco sia comunque adeguato è attuare la riduzione ed eseguire un emocromo di controllo dopo un paio di settimane, e così a seguire. Questo perché è impossibile predire con certezza l'andamento dei valori.
Nello specifico il valore di 40 di Hct (con una emoglobina pari a 14 g/dL), è del tutto ragionevole.
Bravissimi Ricercatori, da quando mi è stata diagnosticata la policitemia vera, aprile 2017, cinquantenne, essendo a basso rischio, assumo aspirina e utilizzo salassi al bisogno(8 nel 2017, 5 nel 2018, 5 nel 2019 ad oggi).
Speravo di poter seguire detto protocollo a lungo, in fiduciosa attesa di un farmaco efficace o di un metodo di cura risolutivo. Confrontando, però, i valori degli emocromi che eseguo quasi mensilmente per stabilire la necessità del salasso, mi sono accorto di una lenta e costante tendenza al rialzo di piastrine e globuli bianchi.
L'ultimo emocromo del 5/11/2019 che trascrivo: gl bianchi 13.61; gl rossi 7.11; emoglobina 13; ematocrito 46; MCV 64.7; MCH 18.3; MCHC 28.3; RDWCV 23.3; RDWSD 48.8; PIASTRINE 733, mi ha sconvolto per il significativo aumento di piastrine, globuli bianchi,ematocrito, in breve, infatti nel mese precedente 1/10/2019,erano rispettivamente 645--11,71--45.4.
In MEDICINA TRASFUSIONALE attribuiscono ciò ai frequenti salassi che stimolano il midollo e consigliano flebotomia con un ematocrito tra 46.5 e 47; in EMATOLOGIA ritengono rischioso superare il valore 45 per probabili complicanze vascolari. Quale suggerimento è il meno peggio? Preciso che il 10/1/2019 ho fatto biopsia ossea e aspirato midollare con i seguenti risultati: asp.midollare-esame microscopico strisci ricchi di cellule. La serie mieloide ed eritroide appaiono molto bene rappresentate; a carico della prima si segnalano un rallentamento maturativo allo stadio di mielocita e un lieve aumento della componente eosinofila, mentre la seconda, iperplasica, evidenzia discrete alterazioni diseritropoietiche, in particolare megaloblastiche. Megariociti molto numerosi, talora disposti in piccoli "clusters", e con qualche immagine di poliploidia nucleare.
Plasmacellule 2%. Aumnento dei mastociti. Mieloblasti 1% Biopsia ossea frustolo cm 1,5 di lunghezza. Trabecolato osseo: rimaneggiato Cellularità midollare: 70-80%, disomogenea. Serie eritropoietica: iperplastica, con incremento della quota di proeritroblasti. Serie granulopoietica: moderatamente iperplastica, con elementi in tutti gli stadi di maturazione (M/E=2/1). Megacariociti: numerosi, sparsi e in microaggregati lassi, polimorfi, con alcune forme a nucleo iperlobato, elementi maturi e di piccola taglia, a nucleo ipolobato. La quota di precursori CD34(+) è inferiore a 1%. Trama reticolare: fibre reticoliniche sparse, senza intersezioni (MF-0). Colorazioni speciali eseguite: Giemsa Gomori Colorazioni immunoistochimiche eseguite: CD34,CD61. Reperto istologico compatibile con policitemia vera. Cariotipo46.xy(35)
Conclusioni. Cariotipo maschile normale: non sono state osservate anomalie numeriche o strutturali dei cromosomi.
Da quanto sopra si deduce un quadro chiaro della mia patologia? Cosa si può presagire?
Tante scuse per le assillanti domande ma, noi non addetti ai lavori, abbiamo bisogno di un linguaggio essenziale, chiaro, comprensibile, per capire effettivamente le nostre condizioni, sia per non sottovalutare lo stadio della malattia sia per non vivere in ansia distruttiva. Siete per questo a noi indispensabili.
Vi saluto cordialmente e con la massima stima.In attesa di riscontro.
(Demetrio)
Risposta
Il quadro clinico da lei descritto pare un classico caso di policitemia vera (con cariotipo normale e assenza di fibrosi midollare). Dal punto di vista diagnostico suppongo sia anche stata eseguita la ricerca per la mutazione JAK2.
Detto ciò è giusto, alla luce dell'età e dall'assenza di trombosi in anamnesi, procedere con la terapia con cardioaspirina 100 mg/die e salassi. Per quanto riguarda questi ultimi è necessario mantenere l'ematocrito al di sotto del valore limite del 45% per ridurre il rischio di eventi cardiovascolari e trombotici maggiori. Questo valore (45%) non è arbitrario ma è il risultato di uno studio scientifico molto importante. Come conseguenza dei salassi, soprattutto in una prima fase, si potrebbe assistere ad un incremento della conta piastrinica, che poi tende a stabilizzarsi. Va comunque tenuto conto che nella policitemia vera un incremento delle piastrine e dei globuli bianchi, oltre che dell'ematocrito, è parte integrante della patologia stessa. Non è ragionevole pertanto ritardare i salassi per una modesta piastrinosi.
Ad oggi non abbiamo molti strumenti per predire il rischio di evoluzione relativo alla sua patologia, sappiamo però che un corretto stile di vita, con una buona aderenza alla terapia, riduce il rischio di trombosi e di eventi cardiovascolari e quindi impatta positivamente sulla qualità di vita.
Buona sera, ci sono controindicazioni a prendere l'aereo avendo le piastrine a un milione e mezzo? Sono in terapia con 2 capsule di oncocarbide e 1 cardioaspirina al giorno. Il viaggio consiste in 1 ora e mezza di volo.
(Stefano)
Risposta
Non ci sono controindicazioni a prendere l'aereo con le piastrine elevate; poi come da lei riferito il viaggio in questione è breve, pertanto può stare ragionevolmente tranquillo. Discuta dei dettagli con il suo ematologo di fiducia che conosce meglio l'andamento dei suoi valori e la sua storia clinica e può consigliarla in maniera più precisa e razionale.
Buon giorno. A seguito piccolo intervento estetico, per due giorni ho assunto medrol 16 mg (una compressa al giorno, in totale 2). Per quanti giorni è possibile rilevare la sostanza nelle urine in caso di test antidoping?
Grazie della gentile risposta.
(Annamaria)
Risposta
Premettendo che questa non è la sede per discutere di questo, non saprei dirle con esattezza dopo quanto la sostanza non sia più rilevabile nelle urine ai test antidoping. Però certamente se l'uso del metilprednisolone è stato clinicamente appropriato e documentato dal medico, comunque non costituisce doping. Chieda, a riguardo, dei consigli a un medico dello sport di sua fiducia.
A mio marito dagli ultimi esami di routine è stato riscontrato un valore elevato di ferritina pari a 1024, ripetuto a distanza di una settimana con valore 1080, sideremia 144 e transferrina e saturazione della transferrina con valori normali... Ha eseguito eco addome completo e RX del torace che in entrambi i casi sono risultati normalissimi, in attesa della visita dell'ematologo che abbiamo fra 10 giorni, potete darmi un vostro parere? Ripeto tutti gli esami sono perfetti.
(Antonietta)
Risposta
Alla luce degli esami elencati si deduce un quadro di iperferritinemia, verosimilmente senza un reale sovraccarico di ferro. Per poter indagare tra le molte cause di iperferritinemia e giungere a una diagnosi è però opportuno eseguire, oltre ad una accuratissima anamnesi e un esame obiettivo, ulteriori esami ematici che sicuramente l'ematologo saprà suggerirvi.
Buonasera dottori, volevo farvi una domanda (ho la trombocitemia essenziale diagnosticata quasi 5 anni fa): la comparsa del'eritromelalgia sta a significare che la malattia sta mutando?
(Stefania)
Risposta
L'eritromelalgia, dolorosa vasodilatazione delle arteriole della mani e dei piedi (raramente presente in altre regioni del corpo), può essere manifestazione clinica della trombocitemia essenziale anche se è più caratteristica nei pazienti affetti da policitemia vera. L'eventuale "mutamento di malattia" va valutato tenendo conto dei parametri di laboratorio, dei dati molecolari oltre che di quelli clinici.
Salve, vorrei avere un vostro parere in merito alla mia situazione. Sono un ragazzo di 30 anni e dalle analisi degli ultimi 4/5 anni ho notato un valore dell'ematocrito e dell'emoglobina più alto. Tali valori si aggirano tra il 49 e il 51% per l'ematocrito e 17/18 per l'emoglobina. Ho effettuato emogasanalisi e spirometria e sono nella norma, stessa cosa per l'eco addome completo. Test JAK2 esone 14 è uscito negativo. I valori dei globuli rossi si aggirano tra i 5.5 e i 5.8. Tutti gli altri sono nella norma compreso le piastrine e i globuli bianchi. L'eritopioetina ha anch'essa una valore nella norma pari a 15. Quindi mi chiedevo cos'altro posso fare per cercare di capire la causa di questi miei valori?
E' consigliabile l'assunzione della cardioaspirina nel mio caso? Sarebbe più utile effettuare un salasso oppure potrei procedere anche con la donazione? Inoltre non fumo, non bevo e non sono uno sportivo.
Risposta
Il caso descritto depone per un quadro di verosimile modesta eritrocitosi secondaria, alla luce della negatività degli esami eseguiti nel sospetto di una malattia mieloproliferativa; a riguardo, a completamento delle indagini molecolari andrebbe ricercata anche la presenza per mutazioni di JAK2 più rare (esone 12) che possano giustificare il fenotipo policitemico.
Esclusa una causa primaria di eritrocitosi, potrebbe trattarsi, come detto, di una forma secondaria. Le eritrocitosi secondarie possono essere congenite (presenza di rare mutazioni in geni che regolano l'emoglobina, che potrebbero essere ricercate in specifiche condizioni previa accurata consulenza ematologica) oppure secondarie a varie condizioni mediche (più comuni, che però dalla breve descrizione del caso pare siano state escluse). Talvolta, nonostante tutte le indagini più accurate, non si riesce a giungere a una diagnosi conclusiva.
Alla luce della giovane età, delle buone condizioni di salute e della modesta attuale eritrocitosi è consigliabile un monitoraggio dei valori del sangue nel tempo. Qualora dovessero ulteriormente incrementare potrebbe rendersi necessario un trattamento (salasso) per il controllo dell'ematocrito che in condizioni di eritrocitosi secondaria e in assenza di sintomi e altri fattori di rischio cardiovascolari si tende a tenere generalmente sotto il valore del 55%.
Inoltre non esiste una precisa indicazione riguardo l'assunzione della cardioaspirina che va valutata caso per caso. E' certamente indicato rimuovere/controllare i fattori di rischio cardiovascolari come il fumo, l'obesità, l'ipertensione, l'ipercolesterolemia e condurre uno stile di vita sano e attivo, cercando di idratarsi adeguatamente.
Ne discuta con l'ematologo di fiducia che certamente saprà consigliarle, alla luce della sua storia clinica, il migliore percorso da seguire.
Buongiorno, mia madre 89 anni, affetta da Alzheimer sta assumendo da un mese oncocarbide per trombocitosi elevata. L'assunzione del farmaco avviene sciogliendo il contenuto della capsula in acqua in quanto disfagica. Nell'arco di due settimane le piastrine sono scese parecchio ma sono iniziati intensissimi reflussi che le impediscono di mangiare con dolori allo stomaco, difficoltà digestive, perdita di peso e inizio di terapia con flebo di fisiologica e glucosata. A questo punto forse sarebbe opportuno un periodo di sospensione del farmaco per verificare se la situazione a livello gastrico può migliorare? Ci sono preparazioni galeniche di oncocarbide in sciroppo. Potrebbero essere meglio tollerate? Grazie.
(Angela)
Risposta
Non esistono formulazioni di oncocarbide diverse dalle capsule. Alla luce del quadro clinico complesso descritto sarebbe da valutare una temporanea sospensione del trattamento, tale decisione va eventualmente presa tenendo conto di molti parametri clinici di cui non sono a conoscenza. Ne discuta con il curante e l'ematologo di riferimento.
A mio padre, 80 anni, è stata diagnosticata TE JAK2+, le PLT sono aumentate in 4 mesi da 700.000 a 1000000. Assenza di altri sintomi.
L'ematologo gli ha consigliato oncocarbide 500 mg per due volte al giorno e zyloric 300 g una volta al dì e cardioaspIrina 1 cp. Vorrei sapere con quale probabilità può incidere il farmaco citossico sulla mutazione verso leucemia; se in assenza di altri fattori di rischio, vi è solo l'età, è opportuno intervenire e se si perché non lo si fa in paziente più giovane?
(Antonio)
Risposta
Suo padre, uomo di 80 anni affetto da TE JAK2+ richiederebbe, se non controindicato per altri motivi, l'inizio di una terapia citoriduttiva congiuntamente alla terapia antiaggregante. A sostegno di questo approccio ci sono molti studi pubblicati; l'età è uno dei principali fattori di rischio nella TE, soprattutto in relazione alla probabilità di avere eventi cardiovascolari, e la terapia citoriduttiva riduce questo rischio; inoltre non favorisce l'evoluzione verso una forma leucemica, evento raro e del tutto indipendente da questo.
L'eta però non è l'unico dei fattori che ci fanno attribuire un rischio trombotico in relazione alla patologia; vanno considerati anche l'eventuale storia clinica di trombosi, la presenza/assenza di uno o più fattori di rischio cardiovascolari (diabete, ipertensione e fumo) e la presenza/assenza della mutazione JAK2. Pertanto per impostare una terapia è necessario considerare, insieme, tutti i vari aspetti.
Buon giorno sono un uomo di 39 anni, nel 2017 mi è stata diagnostica la TE. Oggi ho ritirato i risultati dei prelievi. Piastrine 1500, potassio 6,2, transaminasi 52, ggt 82. A parte le piastrine che ormai sono arrivate al limite, quindi dovrò iniziare sicuramente la terapia, mi devo preoccupare per gli altri valori sballati?
Poi per quanto riguarda la terapia, e vero che l'interferone lo stanno togliendo dal commercio?
(Stefano)
Risposta
La terapia nel suo caso dovrebbe tener conto di molti fattori sia clinici che molecolari, di cui non sono a conoscenza. Certamente è una possibilità quella di dover intervenire terapeuticamente alla luce dell'incremento della conta piastrinica. Degli esami elencati è importante sottolineare che l'iperpotassiemia è tipicamente presente nelle piastrinosi e, se assenti altre cause, non ha una grande rilevanza clinica.
Per quanto concerne la terapia ne discuta con il suo ematologo di riferimento; l'interferone è una possibilità terapeutica ma non è approvato per questa indicazione e pertanto dovrà essere richiesta, a discrezione del medico ematologo, come terapia "off label".
Buongiorno ricercatori, volevo chiedere il vostro cortese parere sulla seguente: sono affetto da artrite psoriasica ; essa è stata "spenta" dall'utilizzo pluriennale del metrotexate; cura sospesa per avere figlio, visto l'effetto teratogeno, figlio avuto subito senza problemi; dopodiché ho iniziato a curarmi con plaquenil 200 mg, 2 pillole al giorno; ora dopo 3 anni cercavo secondo figlio ma la mia compagna è andata incontro a 3 aborti consecutivi tutti uguali alla 6 settimana. Vi chiedo, può l'Idrossiclorochina esserne la causa? Lo si riesce a scoprire con esami ad hoc? Saluti.
(Alberto)
Risposta
Non sono a conoscenza di dati scientifici a riguardo. Mi preme sottolineare inoltre che il sito AGIMM offre la possibilità di rivolgere domande mediche di pertinenza ematologica e nello specifico si rivolge ai pazienti affetti da malattie mieloproliferative. Per il suo quesito faccia riferimento a un ginecologo o al suo reumatologo di riferimento. Cordiali saluti.
Gentili Ricercatori, come moglie di un policitemico trovo molte risposte ai tanti dubbi che assillano malati di MPN e loro famigliari leggendo quanto pubblicato su questo sito e per ciò vi sono riconoscente e vi ringrazio.
Sono cosciente che la ricerca è, come in molte altre patologie gravi e/o rare, l'unica vera speranza di una migliore risposta terapeutica nel futuro. A tale proposito ho letto una vostra risposta del 5 febbraio 2017 - ore 11:48 - Statine e bifosfonati nella policitemia vera - e volevo chiedervi a quasi 3 anni di distanza se siano stati effettuati degli studi in proposito e in caso positivo quali risultati ne siano scaturiti. Lo stesso dicasi per la vostra risposta del 14 febbraio 2017 - ore 21:13 - Peg-interferone o idrossiurea nella policitemia vera -.
Vi ringrazio per il vostro risconto e soprattutto per il vostro preziosissimo e inestimabile lavoro.
(Silvana)
Risposta
Grazie per la cordialità. Di seguito la risposta ai suoi quesiti.
Per quanto riguarda l'utilizzo dei bifosfonati e delle statine nella policitemia vera non ci sono novità per la mancanza di studi recenti a riguardo.
Per quanto concerne invece il secondo quesito, di seguito gli aggiornamenti ultimi.
Sono stati presentati di recente i risultati definitivi del protocollo MPD-RC 112 di fase III che ha confrontato, in pazienti precedentemente non trattati con PV o ET ad alto rischio, la terapia con interferone alfa-2a pegilato (82 pazienti trattati) e idrossiurea (86 pazienti trattati); è stato confermato il dato preliminare e pertanto non si sono osservate significative differenze di efficacia tra i due farmaci mentre gli effetti collaterali sono risultati maggiori nel braccio di trattamento con PEG-IFN.
Per quanto concerne invece la molecola Ropeginterferon alfa-2b è stato condotto uno studio registrativo in Europa, chiamato studio PROUD / CONTI-PV, di cui abbiamo i dati conclusivi. Con l'obiettivo di reclutare una popolazione con PV "precoce", gli sperimentatori hanno arruolato sia pazienti ad alto rischio mai trattati che richiedevano però una terapia citoriduttiva sia quelli che avevano ricevuto già idrossiurea (HU) per un periodo inferiore a 3 anni senza ottenere una risposta completa. La parte iniziale della sperimentazione (studio PROUD-PV) è stata progettata per documentare la non inferiorità del ropeginterferone alfa-2b rispetto alla HU in termini di tasso di risposte complete (CHR) a 12 mesi e ha raggiunto il suo obiettivo. Nella seconda parte della sperimentazione (studio CONTI -PV), 95 pazienti hanno ricevuto ropeginterferone alfa-2b e 76 hanno ricevuto la migliore terapia disponibile, idrossiurea compresa. Lo studio ha dimostrato una migliore risposta (nel primo anno) con idrossiurea, ma una risposta più lenta e duratura con peginterferone alfa-2b (nei successivi due anni di trattamento). Il profilo di tossicità nei due bracci di trattamento è risultato diverso, ma comunque accettabile. Il Ropeginterferon alfa-2b (Besremi) ha pertanto ricevuto un "parere positivo" dall'Agenzia europea per il farmaco (EMA) che ha concesso l'autorizzazione all'immissione in commercio per il trattamento dei pazienti affetti PV ad alto rischio, senza splenomegalia sintomatica. In Italia al momento non è ancora disponibile.
Per concludere aggiungo che attualmente in Italia è attivo un protocollo (LOW PV) con Ropeginterferon alfa-2b per pazienti affetti da policitemia vera a basso rischio, contrariamente agli studi precedenti. La sperimentazione è in corso e non è disponibile alcun dato, neppure parziale.
Buon giorno,
ho 68 anni e dal 2010, a seguito di un aumento delle piastrine mi è stata diagnosticata una malattia mieloproliferativa.
A marzo 2011 la BOM ha dato il seguente esito: midollo privo di alterazioni immunofenotipiche e normo maturante. Cellularità del 40% rispetto al tessuto adiposo. Riconoscibili elementi delle 3 serie midollari con mantenuta tendenza maturativa e lieve infiltrato linfoide (10%) a disposizione interstiziale di elementi di piccole dimensioni argirofilo. Non significativi accumuli di pigmento emosiderinico.
Conclusione: quadro coerente con sindrome mieloproliferativa maggiormente orientativa per mielofibrosi idiopatica con stadio prefibrotico. JAK2 e bcr-abl assente.
Da allora sono in cura con cardioaspirina e, a partire da novembre 2018, con oncocarbide, 1 compressa a giorni alterni. La milza, controllata annualmente è passata da 11,5 cm del 2012 a 14 cm nel 2017 ed è stabile da 3 anni.
Esami sangue ogni 3 mesi con i seguenti risultati:
Globuli bianchi valore max raggiunto 11,73 (rif 4-10), ora stabili sotto 10. Globuli rossi mai sotto 4 (rif 4,5-6) ora 4,5, emoglobina mai sotto 1 (rif 13-17,5) ora 13. Ematocrito mai sotto 36 (rif 42-54 ) ora 39.
Piastrine arrivate fino a 664 (rif 150-450) ora 488. LDH attuale 520 (rif 125-220) ed è stabile più o meno su questi livelli da sempre. Nessun sintomo significativo della malattia.
Quattro domande:
vista la situazione abbastanza stabile negli anni ed essendo comunque cosciente della attuale impossibilità di cure per la remissione definitiva della malattia, posso ragionevolmente sperare in un andamento cronico senza peggioramenti improvvisi?
Sarebbe il caso di fare una nuova BOM?
La mia fisiatra non mi vuole più prescrivere terapie tipo TECAR, LASER, MAGNETOTERAPIA o altro per problemi muscolo tendinei da quando prendo l'oncocarbide per possibili effetti collaterali anche seri. Qual è il vostro parere in merito?
Essendo affetto data l'età da IPB dovrò prima o poi affrontare l'intervento chirurgico. A vostro parere è preferibile una tecnica laser rispetto alla tradizionale TUIR per ridurre le probabilità di sanguinamento eccessivo?
Vi ringrazio anticipatamente per la vostra risposta.
(Claudio)
Risposta
Qui di seguito, in ordine, la risposta alle quattro domande che lei pone.
1) E' certamente possibile che la sua patologia resti cronica e pertanto non vi siano evoluzioni rapide, non si può però escludere il contrario.
2) La decisione di una eventuale ripetizione della BOM è clinica e pertanto si valuta caso per caso. Generalmente si rende necessaria quando si sospetta una qualche evoluzione (o comunque un cambiamento) nella patologia. Nel suo caso pare che gli esami si mantengano stabili nel tempo.
3) Non vi sono controindicazioni assolute ad effettuare i trattamenti elencati per problemi muscolo-tendinei in concomitanza della terapia con oncocarbide. Ne discuta con il suo ematologo di riferimento.
4) La valutazione per il migliore approccio chirurgico per la IPB è di stretta competenza urologica. Non ci sono controindicazioni ad eseguire uno o l'altro approccio. Inoltre, considerando i valori ematici da lei riportati non dovrebbe esserci alcun aumento del rischio di sanguinamento in relazione alla patologia ematologica. Discuta con l'urologo dei vantaggi e degli svantaggi inerenti alle varie tecniche.
Salve io ho un problema che mi fa anche paura approfondire: un paio di mesi fa sono stata diagnosticata con pancitopenia. Il mio dottore dice che sono anemica anche se ho sempre e da sempre avuto l'anemia mediterranea non mi sono mai sentite così male come in questo periodo continuo a sentirmi male e i valori del emocromo non sono mai buoni risultati prendo ferro vitamina b12 e sideral, continuo a sentirmi male e approfondire mi fa una certa paura... E' possibile che l'anemia ti butti giù così tanto e soprattutto da un momento all'altro? Grazie.
(Cristina)
Risposta
E' difficile poterle rispondere senza ulteriori notizie cliniche, specialmente a distanza. Si può affermare però che, se l'abbassamento dei valori del sangue è importante e progressivo (valori del sangue peraltro non noti e non presenti nell'esposizione del suo caso), si impone un approfondimento diagnostico; ne discuta con un ematologo.
Egregi Dottori,
69 anni portatore di mielofibrosi post policitemia vera, assumo JAKAVI 20 mg mattino e sera oltre alla cardioaspirina.
A dicembre 2018 ho avuto un episodio di herpes zoster (molto doloroso) al braccio sinistro che mi ha lasciato una noiosa neuropatia e una diminuita sensibilità ai polpastrelli delle dita. Secondo l'ematologo di riferimento l'herpes zoster è uno degli effetti collaterale del JAKAVI e questo viene anche confermato dal foglio illustrativo del farmaco tra gli effetti comuni. Per tale motivo sono qui a chiedervi se è possibile nella mia situazione clinica fare il vaccino o assumere l'antivirale al fine di evitare altri episodi; questo tanto per il dolore ma per evitare nuove neuropatie croniche.
(Riki)
Risposta
Il rischio di riattivazione dello Zoster (VZV) è ben documentato nei pazienti che assumo ruxolitinib. Tale rischio è da correlare alla azione immunosoppressiva del farmaco. Nella maggior parte dei casi la riattivazione del virus avviene in una zona ben definita e circoscritta, raramente si può manifestare in maniera disseminata. La profilassi antivirale primaria per i pazienti sottoposti a trattamento con ruxolitinib non è raccomandata sulla base dei dati disponibili, mentre la profilassi secondaria (come nel suo caso) può essere presa in considerazione per coloro che hanno riattivazioni ricorrenti o per infezioni gravi o diffuse. Per quanto riguarda il vaccino, non ci sono dati disponibili.
Pertanto non c'è una regola ben definita ma va valutato caso per caso alla luce, non solo della malattia mieloproliferativa di base e della terapia con ruxolitinib, ma anche del quadro clinico generale e delle condizioni ulteriori che possano predisporre a una riattivazione virale. Ne discuta con il suo ematologo di riferimento.
Gentili ricercatori,
la trasformazione di una PV o una qualsiasi MPN in leucemia acuta è un evento repentino o che si può predire entro un certo lasso di tempo? La prognosi in questi casi negli ultimi anni è migliorata?
(Andrea)
Risposta
La frequenza dell'evoluzione leucemica varia in base al sottotipo di malattia mieloproliferativa. È più alta nella mielofibrosi primaria, dove è stimata in circa il 10-15% a 10 anni, seguita dalla policitemia vera (PV) che ha un rischio di evoluzione di circa il 2% a 10 anni e di circa l'8% a 20 anni. L'evoluzione leucemica nella trombocitemia essenziale (TE) è molto rara. Tuttavia è opportuno ricordare che, seppur molto raramente, sia la PV che la TE possono evolvere in leucemia acuta senza uno stadio intermedio di mielofibrosi.
La prognosi dei pazienti affetti da una leucemia secondaria a malattia mieloproliferativa è infausta con una sopravvivenza globale media di pochi mesi. L'unica opzione curativa è ad oggi il trapianto di midollo che però è gravato, esso stesso, da una elevata mortalità. Pertanto non ci sono molte alternative terapeutiche, ma la ricerca è attiva in questo campo.
Vari studi in corso hanno l'obiettivo di predire, per ogni paziente, il rischio di evoluzione leucemica in relazione a variabili cliniche e molecolari al fine di agire in maniera precoce (e/o più mirata) per poterne rallentare la progressione.
Sono un soggetto con piastrine basse, meno di 100000 e mi è stata diagnosticata vessel cps posso avere dei problemi? Grazie
(Paolo)
Risposta
Alla luce della scarsità delle informazioni riferite non è possibile rispondere in maniera compiuta alla domanda. Non sono a conoscenza della causa della piastrinopenia e del motivo per cui le è stato prescritto il farmaco.
Posso dirle che non ci sono controindicazioni assolute alla assunzione, ma va certamente valutato tutto il quadro clinico, che qui è mancante. Ne discuta con il suo medico di riferimento che conosce la sua storia clinica, elemento essenziale per un corretto approccio terapeutico.
Salve egregi ricercatori, vorrei capire cosa sta succedendo a mio marito con trombocitemia essenziale JAK2 e con ipertensione arteriosa attuali piastrine oscillano 1050; praticamente ad agosto i valori del ferro era 36 e ferritina era 10, allora la sua ematologia gli ha dato per un mese il ferro per bocca uniferrofort e dopo di che gli ha ripetuto gli esami e stamattina ritirati e praticamente non gli ha fatto nessun effetto anzi i suoi valori si sono abbassati ancora di più, cioè ferro da 36 è sceso a 28, la ferritina fa 10 e scesa a 8.60 e ha l'acido folico basso 2.50... La dottoressa gli sta facendo fare dei controlli gastroenterologici perché l'ultima volta che ha fatto una tac addominale gli hanno trovato la diverticolosi del sigma e sangue occulto nelle feci e ha sempre scariche... e desso deve fare l'esame del calprest nelle feci per capire se c'è uno sto infiammativo o altro... Il gastrologo ci ha chiesto se mio marito abbia mai fatto esami sulla celiachia o intolleranza ma non li ha mai fatti mio marito, e lui pesa solo 54 kg x 1,71 cm di altezza. Nell'ultima lettera che vi ho mandato (del 19/10/19 ore 17,32) ci sono gli ultimi valori del sangue che sono attualmente... Vi ringrazio per una vostra risposta.
(Lucrezia)
Risposta
Dalle cose che ha elencato pare poco probabile che la carenza di ferro sia attribuibile alla malattia mieloproliferativa, anche se non ha specificato se suo marito fa (oppure ha fatto nel passato) salassi per il controllo dell'ematocrito. Inoltre è difficile poter comprendere un caso clinico complesso come questo da un semplice messaggio; necessiterebbe di una visita approfondita corredata da una storia clinica completa. Mi sembra però opportuno che il suo ematologo di riferimento stia facendo eseguire accertamenti in ambito gastroenterologico, anche alla luce della scarsa efficacia della terapia con ferro orale.
Si affidi al suo medico di riferimento che conosce in maniera più esaustiva la sua storia clinica e saprà indirizzarla nel percorso diagnostico.
Buongiorno, ho sentito parlare della molecola UMT che promette bene nei trapianti di staminali da cordone ombelicale. Confermate? In Italia a che punto stiamo sul suo utilizzo? Grazie.
(Fernando)
Risposta
Non credo esista alcuna molecola UMT....
Egregi dottori, visto che è sempre meglio avere un dubbio in più che un dubbio in meno, vorrei sapere in riferimento alla domanda del (30 ottobre 2019 - ore 23:18 ) un'altra cosa: mi sono dimenticato di dirvi nell'esporre la domanda che il paziente in questione di anni 46, affetto da policitemia vera, ha anche una marcata splenomegalia di longhezza 25 cm circa, quindi vorrei sapere se con tale splenomegalia la risposta in merito ha delle modifiche. Oppure fa fede ed è valida sempre la medesima (del 30 ottobre 2019 - ore 23:18).
Ancora grazie per la pazienza e per tutto ciò che fate per noi. Cordiali saluti.
(Massimo)
Risposta
Come scritto già in data 30 ottobre non vi sono controindicazioni ad effettuare il vaccino antinfluenzale. La splenomegalia, facente parte del quadro clinico di malattia, non rappresenta quindi una controindicazione.
Egregi dottori,
milelofibrosi post policitemia vera, in trattamento con ruxolitinib. Vorrei capire perché, nonostante il suddetto farmaco, periodicamente devo comunque effettuare un salasso.
(Riki)
Risposta
Non è improbabile che in casi come il suo, cioè in pazienti in trattamento con ruxolitinib affetti da mielofibrosi post policitemia vera, si renda necessaria l'esecuzione di periodici salassi per il controllo dell'ematocrito, soprattutto in una fase ancora "proliferante" di malattia in cui il tratto policitemico risulta evidente. Naturalmente si tratta di una deduzione; per meglio comprendere il suo caso specifico, anche alla luce della terapia in corso, è necessaria una approfondita conoscenza della sua storia clinica.
Buongiorno e grazie per il lavoro egregio che svolgete.
Sono una paziente di 53 anni affetta da mielofibrosi prefibrotica completamente asintomatica da oltre 5. Recentemente, il valore della mia emoglobina, che non è mai stato elevato, è sceso a 10. Questo ha preoccupato il mio ematologo, che pensa possa essere in corso una evoluzione verso una fase conclamata della malattia. Cosa devo aspettarmi?
(Rossana)
Risposta
La presenza di anemia o il peggioramento della stessa va certamente indagata nel suo caso poiché, seppure vi possano essere cause differenti che concorrono all'abbassamento del valore di emoglobina, è possibile che ci sia un quadro di evoluzione in mielofibrosi conclamata.
Per giungere a una tale conclusione e definizione diagnostica è necessario però eseguire una rivalutazione ematologica che ponga attenzione sui vari aspetti della sua patologia, inclusa una eventuale valutazione midollare.
Sono una donna di 42 anni, con trombocitemia diagnosticata nel 2005 con tutti i marcatori negativi, nelle ultime analisi ho un aumento della beta2 a 9,5 e le piastrine un po’ aumentate più del solito a 849 può essere un cambio di malattia? Grazie.
(Rossella)
Risposta
Gli esami cui fa riferimento non sono sufficienti per tranne una qualunque conclusione a riguardo. Parli con il suo medico ematologo di fiducia che conosce meglio la sua storia clinica e può trarre le opportune conclusioni. Saluti.
Buongiorno dottori, nel giro di 3 mesi mi sono ritrovato a passare da 1.100.000 piastrine a 800.000 dopo essere risultato negativo al JAK2 sto provando altri test. Ma non potrebbe essere soltando una condizione momentanea causata da qualcosa che non sia una malattia mieloproliferativa?
Cordiali saluti.
(Piero)
Risposta
Valori molto elevati di piastrine (specialmente sopra il milione) si associano spesso a disordini mieloproliferativi, anche se, come giustamente scrive, non si può escludere a priori una causa secondaria di piastrinosi. Ci sono molte condizioni, come ad esempio la presenza di infezioni (anche subdole), la carenza di ferro, l'emolisi e varie malattie autoimmuni che presentano all'emocromo elevati valori di piastrine.
Ruolo del medico e in particolare dell'ematologo è quello di escludere una forma secondaria di piastrinosi effettuando tutti gli accertamenti che si ritengono necessari. Oltre agli esami di laboratorio sono fondamentali un'anamnesi e un esame obiettivo accurati. Parli con il suo ematologo a riguardo.
Un caro saluto.
Buonasera, negli ultimi mesi mia madre si è sottoposta a cicli di salasso per l'ematocrito molto alto. Da quel momento si è registrata una diminuzione dello stesso ma un aumento costante delle piastrine. C'è correlazione tra salasso e aumento delle piastrine? Grazie
(Marta)
Risposta
Alla luce di quanto descrive é probabile che l'aumento delle piastrine sia parte del quadro clinico indipendentemente dai valori dell'ematocrito e dai salassi effettuati. Cordiali saluti.
Buongiorno,
sono risultato negativo al test JAK2, il mio ematologo mi ha richiesto l'analisi del gene MPL e CARL. Mi chiedo: sarà necessario anche una biopsia midollare?
Il tutto nasce da un immotivato valore delle piastrine che erano schizzate a 1.200.000 per poi scendere piano piano dopo tre mesi a 860.000.
Saluti
(Walter)
Risposta
Nel sospetto di una neoplasia mieloproliferativa è corretto, dopo aver eseguito una accurata anamnesi, indagare la presenza della mutazione del gene JAK2 e se negativa delle mutazioni di CARL ed MPL. E' fondamentale inoltre, per meglio definire il quadro diagnostico, eseguire una biopsia midollare. La diagnosi accurata di una neoplasia mieloproliferativa, oggigiorno, richiede infatti l'integrazione dei dati clinici, molecolari e istopatologici; pertanto anche nel suo caso, a discrezione dell'ematologo di riferimento, potrà rendersi necessaria l'esecuzione della biopsia midollare per una definizione diagnostica.
Ci sono novità per la sperimentazione in Italia del momelotinib, pacritinib e fedratinib? Grazie.
(Donato)
Risposta
In Italia, a breve, diversi Centri saranno attivi per l'arruolamento in studi di fase III per pazienti affetti da mielofibrosi con i tre nuovi farmaci. Ogni studio è rivolto specificamente a una categoria selezionata di pazienti. Parli con il suo ematologo di fiducia che saprà spiegarle le differenze tra i vari studi oppure indirizzarla verso uno dei Centri di riferimento.
Dottori ricercatori ben ritrovati, sono un vostro assiduo e fedelissimo paziente affetto da policitemia vera JAK positivo di anni 46 con esordio della malattia a 37 anni. La mia terapia farmacologica da ormai 9 anni è la seguente: protettore gastrico omeprazolo da 20 mg una cpr al die, irbesartan da 300 mg una cpr al die, cardioaspirin da 100 mg una cpr al die, onco carbide tre cpr al die, allopurinolo 300 mg una cpr a giorni alterni, nebivololo da 5 mg una cpr al die.
Detto questo vorrei sapere con tutta e massima onestà se serve e si deve fare oppure non si deve fare il vaccino antinfluenzale avendo tale patologia. Spero di essere stato chiaro nel porvi la domanda.
Per la grande fiducia e stima che nutro nei vostri confronti aspetto dettagliata ed esaustiva risposta. Grazie di tutto cuore.
(Massimo)
Risposta
Non vi è alcuna contro-indicazione all'esecuzione della vaccinazione anti-influenzale in un paziente con la sua nmalattia e con la sua terapia. La domanda se il vaccino serva o non serva oppure se si deve fare o non si deve fare non è correttamente posta: lei può fare il vaccino e la vaccinazione è utile per ridurre di molto il rischio di ammalarsi di influenza nei prossimi mesi ma non è obbligatoria nelle sue condizioni.
Salve gentili medici.
Vi scrivo in quanto presento, da sempre (ora ho 31 anni), valori di emoglobina, globuli rossi ed ematocrito tendenti ai limiti alti. Nello specifico i globuli rossi in genere sono attorno a 5,6/5,9, l'emoglobina attorno ai 17 e l'ematocrito si aggira sui 50/52 (solo un paio di volte è risultato poco più alto di 52).
L'unica cosa che noto rispetto a qualche anno fa è che a parità di valori di emoglobina l'ematocrito è un po' più alto. Se ad esempio anni fa con emoglobina a 17 potevo avere 48/49 di ematocrito oggi magari con 17 di emoglobina l'ematocrito risulta 51/52. Ad oggi l'ematocrito è fisso sui 50/52. Ultimo esame fatto a maggio ed era a 51.
Vorrei sapere se rischio trombosi o embolie con questi valori. Nessun medico, né il medico di base né i medici del centro trasfusionale dove dono il sangue, hanno mai ritenuto di farmi fare accertamenti o di darmi farmaci.
Grazie!
Cordiali saluti.
Risposta
I valori che lei riporta, seppure non esageratamente elevati, consigliano una visita dall'ematologo e l'esecuzione di alcuni accertamenti per capire se si tratta di una forma secondaria (in tal caso andrà curata la causa che ha determinato l'incremento dell'ematocrito) oppure di una forma primaria, in cui l'aumento dei valori in questione è dovuto ad una alterazione primaria della produzione di globuli rossi. Queste includono anche le malattie mieloproliferative croniche, fra cui la policitemia vera e la mielofibrosi, per le quali in effetti l'aumentato ematocrito si associa ad un aumentato rischio di trombosi. E' quindi necessario fare riferimento ad un centro specialistico di ematologia per eseguire questi accertamenti.
Buonasera,
ho 59 anni e a seguito ernia inguinale destra a fine marzo, mi e stato trovato trombo alla poplitea destra il 15 aprile in Lixiana 60 dal 20 aprile con trombo risolto completamente il 24 maggio da Ecocolordoppler di verifica. A seguito di ciò avviate indagini e mi è stata diagnosticata policitemia vera con JAK2 positivo confermata da BOM, no Mielofibrosi.
Dopo ben 6 salassi che mi hanno portato a fasi alterne a 49 di ematocrito da dove peraltro ero partito, ho iniziato a fine settembre 1 cp Oncocarbide 500 al giorno e dopo 15 gg finalmente ematocrito è sceso a 46,1 con ferro basso per cui basta salassi. Oggi dopo altri 15 gg di Onco il risultato è che l'ematocrito è schizzato a 51,7!! Nel frattempo ecografia addome ha evidenziato milza ingrossata di 1 cm ossia misura 13 cm.
Sono molto demoralizzato e preoccupato. Cosa dovrei fare ora? Sembra che a me le cure sortiscano effetto contrario! Potete darmi vostro importante e competente parere?
Preciso che dal 18 al 21 sono stato a Madrid che è più alta in quota. Può aver inciso aereo e minor ossigenazione oltre ad affaticamento (oltre 10 km al giorno a piedi) su incremento ematocrito.
Vi ringrazio molto per quanto potrete dirmi.
(Francesco)
Risposta
Da quanto riferisce, non credo che i valori fuori controllo dell'ematocrito si possano ricondurre al viaggio aereo o al breve soggiorno a Madrid che non è ad una quota rilevante per determinare effetti sulla produzione di globuli rossi. Si tratta semplicemente di trovare la giusta dose di idrossiurea con la quale il controllo dell'ematocrito sia costante. Può anche essere associato qualche episodico salasso.
Non si preoccupi troppo per il calo della sideremia, che ha comunque un effetto utile a limitare la produzione dei globuli rossi, né per la milza che resta comunque di dimensioni accettabili e sostanzialmente normali.
Buona sera, sono affetta da mielofibrosi e in cura sperimentale con Ruxolinitib volevo sapere se c'è era correlazione con l'ipoglicemia.
Oltre a questa patologia soffro di ipertensione portale dovuta alla trombosi della vena porta e assumo curcix e coumadin. Grazie.
(Patrizia)
Risposta
Non sono note segnalazioni di ipoglicemia come effetto collaterale della terapia con ruxolitinib. Consulti il suo medico di base per eventuali accertamenti riguardo gli episodi di ipoglicemia di cui riferisce.
Nel referto non viene riportato alcun sospetto diagnostico ma nello stadio malattia c'è scritto "esordio".
Nel risultato è poi riportato: "L'analisi globale dell'esone 12 del gene JACK2 ha documentato assetto Wild-Type". Non ci sono altri elementi.
Ha già fatto l'esame del JACK2 V617F che è risultata negativa.
Grazie per il veloce riscontro. Saluti.
(Paola)
Risposta
Le confermo, in base a quanto lei ha riportato, che né la mutazione V617F del gene JAK2 né quelle dell'esone 12, sempre a carico dello stesso gene, sono state rioscontrate nel DNA analizzato.
Buongiorno, a seguito di approfondimenti richiesti dall'ematologo per ematocrito alto, mio marito è risultato positivo a JAK2, mutazione esone 12, il referto riporta analisi globale dell'esone 12 del gene JACK2 ha documentato assetto Wild-Type.
In attesa della visita ematologica, vorrei chiederle se c'è qualche possibilità che non si tratti di neoplasia mieloproliferativa. Nel caso si trattasse di neoplasia che decorso può avere e che aspettative di vita ci sono?
Grazie in anticipo. Saluti.
(Paola)
Risposta
Dal suo messaggio non è chiaro se suo marito sia portatore della mutazione, come lei dice, o, come riporta il referto da lei citato, "wild type", cioè NON mutato. Se è mutato si tratta di malattia mieloproliferativa cronica, per la cui valutazione prognostica occorre conoscere la diagnosi istologica (conseguente a biopsia ossea).
Buongiorno, ho 56 anni con TE da 4 anni, al momento le piastrine sono a 900, assumo 1 cp di cardioaspirina al giorno, i disturbi più fastidiosi sono stanchezza e ronzii; la domanda è la seguente: l'ematologo mi vorrebbe far cominciare la terapia con XAGRID, per scongiurare eventuali complicazioni, secondo le vostre statistiche o comunque in generale, tale terapia può migliorare la qualità di vita? O peggiorarla addirittura? Gli altri esami sono nella norma, compresi colesteroloc trigliceridi, omocisteina, glicemia e pressione arteriosa.
Grazie come sempre e buon lavoro!!!
(Simonetta)
Risposta
Non vi è controindicazione ad iniziare terapia con anagrelide, che ha lo scopo unicamente di abbassare la conta piastrinica. Questo non è detto che si debba tradurre nella scomparsa dei ronzii e della stanchezza. La conta delle piastrine quale quella che lei ha non deve spaventarla: le complicazioni, che nella sua malattia sono rappresentate da eventi trombotici e meno spesso emorragici, dipendono soprattutto da altri fattori, quali il numero di globuli bianchi, il tipo di mutazione che le è stato riscontrato, la pre-esistenza di altri eventi cardiovascolari, dall'età e da concomitanti fattori di rischio (come l'ipertensione, il fumo, l'ipercolesterolemia).
Buongiorno, mia madre, 89 anni, ha assunto per 14 gg oncocarbide (primi 4 gg una capsula, poi 2 al dì) per piastrine molto alte ed interrotto cardirene. Le piastrine erano 2167 x 10^9/L ora sono 651 x 10^9/L, globuli bianchi erano 16,45 x 10^9/L ora 5,42, globuli rossi 5,11 x 10^12/L ora 3,83, emoglobina era 13,7 ora 10,4, ematocrito 43,1 ora 32, linfociti 15,7 ora 22,3. E' opportuno interrompere per un po' l'assunzione di oncocarbide e riprendere il cardirene 75? Dopo quanto tempo è consigliabile ripetere l'emocromo per verificare la situazione? Grazie.
(Angela)
Risposta
Con i dati disponibli si può dire che la normalizzazione dei valori dei globuli bianchi e la netta riduzione delle piastrine è stata ottenuta col dosaggio di 2 compresse al dì, che si è quindi rivelato efficace. Il fatto di aver così raggiunto valori normali di globuli bianchi e di aver notevolmente ridotto le piastrine non deve far pensare che il farmaco possa essere sospeso. Infatti la sospensione determinerebbe quasi certamente il rialzo di tali valori. Eventualemente si può valutare se ridurre un poco il dosaggio, per evitare ulteriori cali dell'emoglobina. Il cardirene può essere ripreso.
Buongiorno, ho 47 anni, ho i valori dell'ematocrito costanti sul 52,4%, è stata esclusa la policitemia vera, ma si tratta di poliglobulia. Ho bassi valori di ferritina intorno a 18.
E' necessario procedere a salassi? Grazie.
(Paolo)
Risposta
Se NON si tratta di policitemia vera, potrebbe comunque essere utile un salasso. Tuttavia, prima di procedere, è necessario che venga chiarita la natura di questa poliglobulia, cioè se primitiva o secondaria: in quest ultimo caso potrebbe essere sufficiente agire sulle cause che l'hanno determinata per ottenere una correzione dell'ematocrito.
Buongiorno, mio padre 80 anni è affetto da mielofibrosi, alto rischio, con presenza di blasti intorno al 3,5%. Ha sempre avuto globuli bianchi sotto 5 e Luc entro i limiti di 0,4 o poco più. Ultimamente, un paio di mesi, i globuli bianchi sono più alti, 7/ 8 e i luc arrivano a 1, anche i basofili spesso sono alti. Sono molto preoccupata che questo possa essere un segnale di trasformazione in leucemia.
Grazie mille. Buona giornata.
(Daniela)
Risposta
I dati riportati indicano certamente una malattia in fase attiva, da tenere sotto controllo, ma che al momento non ha le caratteristiche della trasformazione leucemica. E' quindi opportuno monitorare l'emocormo ed effettuare una conta dei blasti, sullo striscio di sangue periferico, per cogliere un eventuale peggioramento che faccia supporre una tendenza evolutiva della malattia.
Buongiorno, vorrei cortesemente un parere sui centri di ematologia che eseguono trapianto di midollo osseo da donatore non familiare da individuare tramite ricerca nel registro internazionale.
Sono affetta da mielofibrosi idiopatica e sono candidata al trapianto, vorrei sapere se c'è un centro in Italia più specializzato di altri, che offra più garanzie di altri, o le procedure sono comunque uniformi e quindi il c.d. rischio connesso al trapianto è uguale ovunque?
Grazie per l'attenzione e grazie per il vostro lavoro.
(Lisa)
Risposta
In Italia vi sono molti Centri dove può essere effettuato il trapianto di cellule staminali emopoietiche. Le procedure sono tendenzialmente standardizzate, con qualche piccola differenza da Centro a Centro. Tuttavia, è importante che il Centro a cui ci si vuole riferire abbia una buona esperienza specificamente nel trapianto di pazienti con mielofibrosi. L'ematologo che la segue e l'ha candidata al trapianto è certamente in grado di indicarle la sedi più adatte dove sottoporsi alla procedura, anche in relazione alla sua regione di residenza.
Cari ricercatori buongiorno. Ho 53 anni JAK2 positivo e numerose trombosi addominali. Da quando assumo Jakavi, la lotta contro il peso è all'ordine del giorno, nemmeno seguendo una dieta riesco a perdere peso. Mi ritrovo a fare trasfusioni una volta al mese ed emoglobina mediamente intorno a 8 1/2 - 9. Vorrei cominciare ad andare in palestra, cosa ne pensate?
Risposta
Un effetto ben noto della terapia con ruxolitinib è l'aumento di peso; andare in palestra può essere d'aiuto ma, nella sua condizione di anemia trasfusione dipendente, mi limiterei a esercizi lievi, evitando attività di contatto (soprattutto per valori di piastrine ridotti e se, come credo, vista la storia di trombosi addominali, assume dei farmaci anticoagulanti e/o antiaggreganti).
Sarà poi possibile incrementare l'entità dell'attività sulla base dell'allenamento e della tolleranza allo sforzo ma usando sempre cautela e sentendo il parere del suo medico.
Buon giorno.
Da circa 10 anni eseguo una terapia con oncocarbide per la cura della mia malattia: trombocitemia essenziale mutazione JAK2 presente. Faccio regolarmente esami di sangue, come prescritto dai miei medici ematologi, che mi seguono. I valori sono perfettamenti normali (piastrine, ematocrito, emoglobina, ecc.).
Vi chiedo, se dopo 10 anni di terapia con oncocarbide, possono sorgere problemi, oppure se è stato sperimentato un farmaco più idoneo alla malattia.
Grazie e buongiorno.
(Vincenzo)
Risposta
Generalmente la terapia con idrossiurea è ben tollerata per lunghi periodi di tempo, anche superiori ai 10 anni. Nel caso della T.E. se vi è l'indicazione ad effettuare una terapia citostatica (come sembrerebbe nel suo caso) l'utilizzo dell'idrossiurea è ideale e, se viene trovato il giusto dosaggio, può essere assunta senza grossi problemi per molti anni.
Gentili ricercatori,
come viene fatto l'esame del cariotipo cromosomico nella PV? E' un esame tipo la BOM o può essere fatto anche con un semplice prelievo del sangue?
(Andrea)
Risposta
L'esame che va sotto il nome di cariotipo (cioè l'analisi della mappa cromosomica) può essere effettauto sia sul sangue midollare (cioè proveniente dall'aspirato midollare) sia su sangue periferico. Di solito si preferisce eseguirlo, se possibile, su sangue midollare dove la probabilità di ottenere preparati informativi è maggiore che sul sangue periferico. Tuttavia, questa può rappresentare l'unica alternativa quando dall'aspirato non si riesce ad ottenere sangue midollare (cosiddetta "punctio sicca").
Salve. Assumo quotidianamente oncocarbide e cardioaspirina per piastrinosi e setttimanalmente eritropoietina per emoglobina bassa.
Vorrei sapere se, a vostro giudizio, posso fare vaccino antinfluenzale senza interrompere la terapia. Vi sono dei rischi?
Grazie per il vostro lavoro.
(Lella)
Risposta
In linea di massima, sulla base delle informazioni fornite, il vaccino antiinfluenzale non sembra avere contro-indicazioni. Per un giudizio definitivo si consulti con lo specialista che la segue per la malattia e le ha prescritto l'idrossiurea e l'eritropoietina.
Buonasera, a mia madre di 81 anni, è stata diagnosticata una sindrome mielodisplastica. Necessita di trasfusione ogni 15 giorni circa. Fa da 8 mesi eritropoietina 40000. Ora il medico le ha prescritto anche danatrol 200 mg.
Volevo sapere se va bene e a Roma qual è il professore più specializzato per tale patologia? Ringrazio e saluto.
(Paola)
Risposta
Ricordando che questo sito è dedicato esclusivamente alla trattazione di quesiti sulle malattie mieloproliferative croniche Ph negative e quindi non alle mielodisplasie, sembrerebbe, dai pochi dati forniti, che la terapia proposta sia adeguata.
Tuttavia, non possiamo essere più precisi vista la limitatezza delle informazioni cliniche; lo stesso vale per l'indicazione dello specialista.
Salve, volevo sapere la differenza tra la politicemia vera e la mielofibrosi, JAK2 positivo.
Risposta
Non è facile, nello spazio disponibile, effettuare un confronto esaustivo fra le 2 malattie: daremo quindi solo alcuni spunti per cercare di dare un'idea delle differenze e delle similitudini fra PV e mielofibrosi.
Si tratta di 2 malattie molto vicine l'una all'altra, facendo entrambe parte del medesimo gruppo, le malattie mieloproliferative croniche Philaelphia negative. La diagnosi differenziale fra le due malattie è necessariamente fatta dall'anatomo patologo, sulla base dell'ossservazione della biopsia ossea, anche se dal punto di vista clinico e laboratoristico è possibile sospettare di quale delle due si tratti. Tuttavia, siccome i valori dell'emocromo possono non essere dirimenti e la mutazione di JAK2 può essere presente in entrambe le malattie, la certezza diagnostica si ha solo dopo aver esaminato la biopsia ossea.
Le due malattie hanno un decorso che può essere in parte simile; tuttavia, il principale problema clinico per il paziente affetto da PV è l'insorgenza di eventi vascolari acuti di tipo trombotico. Questi possono essere presenti anche nei pazienti con mielofibrosi ma di solito hanno caratteristiche diverse (per sede) da quelli del paziente con PV.
La sintomatologia e gli esami possono in parte sovrapporsi, così che una mielofibrosi può presentarsi con valori di ematocrito alti, come è tipico della PV; più spesso però la mielofibrosi si presenta con anemia che è assente nell'esordio della PV. La splenomegalia caratterizza più spesso la mielofibrosi, anche in fasi iniziali di malattia, mentre può essere presente anche nella PV, ma più spesso nelle fasi avanzate.
Un altro aspetto che accomuna le due malattie è la possibilità che col tempo una policitemia si possa trasformare in mielofibrosi (mielofibrosi post-PV); la mielofibrosi può anche essere primaria ed esordire quindi come tale, senza quindi essere l'evoluzione di una PV.
Infine, la terapia della PV si basa sull'obiettivo di abbassare l'ematocrito, sfruttando i salassi o, se indicato, l'idrossiurea, in associazione all'acido acetilsalicilico a basse dosi; Idrossiurea e acido acetilsalicilico rappresentano, da soli o in associazione, una terapia molto usata nella mielofibrosi, dove però trova, più frequentemente che nella PV, impiego il ruxolitinib.
Buonasera,
vorrei avere qualche informazione in più circa i "vecchi" farmaci alternativi all'Oncocarbide e cioè Busulfano e Pipobromano.
So del potenziale rischio leucemico (sul quale sono comunque gradite info) ma non riesco a reperire informazioni circa l'efficacia per la Policitemia Vera. Quali sono i vantaggi di entrambe ed in generale quale viene meglio tollerata?
Grazie.
(Giovanni)
Risposta
L'idrossiurea rappresenta la terapia citoriduttiva di prima scelta (quando sia necessaria una terapia citoriduttiva) per la Policitemia Vera: è un farmaco ben tollerato, maneggevole, efficace e un effetto a lungo termine sulla comparsa di leucemia non è mai stato dimostrato.
Il busulfano, specie nel paziente anziano, può essere una valida alternativa, qualora non sia possibile usare (perchè inefficace o mal tollerata) l'idrossiurea. In seconda battuta la scelta può cadere sul pipobromano, attualmente disponibile solo tramite importazione dalla Francia.
Per entrambi questi farmaci è riportata, per usi prolungati, la possibile insorgenza di neoplasie anche se gli studi disponibili al riguardo sono meno numerosi rispetto a quelli per l'idrossiurea e quindi vi sono meno informazioni definitive. E' comunque opportuno uno stretto monitoraggio medico durante l'assunzione, anche in considerazione di altri effetti collaterali (per es. epatici e polmonari, nel caso del busulfano) che possono insorgere e richiedere la sospensione della terapia.
Si tratta di due farmaci efficaci, e, se usati alle dosi corrette e per periodi di tempo adeguati, sono anche ben tollerati. Il loro utilizzo è attualmente molto limitato, sia per gli effetti collaterali sia per l'efficacia dimostrata dall'idrossiurea.
Mio fratello (prima epatite poi cancro al polmone non operabile) è stato tenuto in vita, a lungo, dal suo medico (già primario presso un ospedale della regione Lazio), grazie all'interferone alfa (combinato con Bromelina pura) acquistato "semplicemente" nelle farmacie.
Da alcuni anni quell'interferone è scomparso dalle farmacie e il nuovo paziente, mio amico, del suddetto medico non ne può più usufruire. Quindi la mia domanda è: perché, anzi, com'é possibile che l'alfa-ferone sia diventato irreperibile nonostante molti malati ne facessero uso? Guadagni non all'altezza delle spese di produzione? Quindi semplici motivi commerciali?
Dove può eventualmente procurarselo?
Grazie per eventuale risposta.
(Raffaele)
Risposta
Le ragioni della difficoltà a reperire nelle farmacie italiane l'interferone alfa è un problema che riguarda non solo pazienti con malattie mieloproliferative croniche ma anche con altre patologie, come è il caso in questione. Rispondiamo quindi visto che l'interesse della domanda riguarda anche i pazienti con MPN.
L'attuale carenza di disponibilità, sancita anche dall'inserimento del farmaco nelle liste AIFA dei medicinali carenti, sembra dipendere da una sospensione della sua produzione da parte del produttore. Le ragioni di questa decisione non sono chiare: resta il fatto che il farmaco si trova con molta difficoltà (dove ancora le farmacie hanno qualche scorta) o per nulla. Una possibile soluzione, nell'immediato, è chiedere al proprio specialista, che il farmaco venga acquistato all'estero, dove ancora si trova, evitando di ricorrere ad acquisti sul web che non garantiscono, nella maggior parte dei casi, una sufficiente sicurezza.
si puo prendere vitamina c se asumo revolade?
(Dumitrita)
Risposta
Ribadiamo che questo sito si occupa di malattie mieloprolifartive croniche Ph negative e non si rivolge ad una platea di pazienti ematologici generale. Detto questo, se non vi è una ragione specifica per assumere Vitamina C (il cui fabbisogno è coperto da una normale alimentazione) non è consigliabile assumere tale Vitamina in corso di terapia con Eltrombopag.
Buongiorno,
guardando i codici dell'INPS per l'invalidità civile trovo che viene fatta distinzione tra:
- neoplasie a prognosi favorevole con modesta compromissione funzionale;
- neoplasie a prognosi favorevole con grave compromissione funzionale;
- neoplasie a prognosi infausta o probabilmente sfavorevole nonostante asportazione chirurgica.
La mielofibrosi secondaria a TE come dovrebbe essere considerata secondo Voi?
Grazie e distinti saluti
Risposta
Si tratta di una scelta che può esserle indicata da un medico del lavoro o rivolgendosi alla stessa INPS: le regole seguite dall'INPS per la classificazione delle invalidità non seguono citeri prettamente o escusivamente ematologici, quali quelli cui lo specialista si attiene per la classificazione prognostica della malattia. Le darei quindi una risposta sicuramente imprecisa poiché non esperto della materia.
Salve, con la trombocitemia essenziale si potrebbe non essere assunti nel pubblico?
(Carla)
Risposta
Non vi è alcuna preclusione che impedisca ad una persona affetta da TE di essere assunta da parte di enti o strutture pubbliche o private.
Gentili ricercatori,
sono affetta da trombocitemia essenziale. Mi è stato detto dal mio ematologo, che l'interferone non verrà più prodotto, ci sono nuove sperimentazioni in corso? O l'unico farmaco che si può assumere in gravidanza non verrà sostituito?
Il pegintron può prendere il suo posto?
(Veronica)
Risposta
L'interferone pegilato può sostituire l'interferone finora utilizzato nella TE, poiché sostanzialmente svolge le medesime attività farmacologiche. Tuttavia, il Peginterferon non è al momento prescrivibile per la TE, se non "off label", cioè al di fuori delle indicazioni per il quale ne è stata autorizzata l'immissione in commercio.
Invalidità al 46%, tumore e schiena che facendo risonanza è peggiorata con artrosi; ernie, vertebre chiuse. Posso richiedere invalidità ancora?
(Graziella)
Risposta
Dal messaggio non è chiaro se la paziente è affetta da una malattia mieloproliferativa cronica; tuttavia, visto il quadro clinico riferito (anche se un po' succintamente) e d'accordo col medico curante, può provare a fare richiesta per la visita per il riconoscimento dell'invalidità (o di un suo aumento percentuale, dal momento che sembra di capire che le è già stato riconosciuto un 46%).
Nella risposta alla domanda del 11 ottobre ore 10,26 "policitemia e eritropoietina" non ho chiaro una cosa: come da voi riferito l'obiettivo è un Htc sotto 45%. Nel mio caso, per raggiungerlo, assumo 500 mg di oncocarbide, le piastrine però continuano a salire.
La mia domanda era riferita a questo. Per tenere le piastrine sotto 1 milione, devo aumentare l'oncocarbide, ma l'effetto finale è l'anemizzazione. A questo punto mi è stato consigliato l'eritropoietina. E' razionale?
(Fabrizio)
Risposta
La terapia con idrossiurea deve essere bilanciata in modo da avere col minimo dosaggio possibile la possibilità di mantenere le piastrine sotto il milione inducendo la minor anemizzazione possibile. Una modesta anemia che non sia clinicamente rilevante può essere tollerata per mantenere le piastrine a livelli accettabili (non è necessario che siano portate per forza a valori normali, poiché la piastrinosi non rappresenta un fattore di rischio per la trombosi).
Iniziare una terapia con eritropoietina per correggere l'anemia da idrossiurea in un paziente con policitemia vera non è quindi consigliabile, specie se l'anemia è indotta con dosaggi alti di idrossiurea dati per riportare le piastrine a valori normali.
Buongiorno,
forse lo ha già chiesto qualche paziente: nella mielofibrosi secondaria con mutazione JAK-2 è opportuno indagare anche CALR e MPL?
Cordiali saluti.
(Bruno)
Risposta
Il riscontro di una positività alla mutazione V617F di JAK2 non richiede la successiva ricerca di mutazioni di MPL o di CALR per la comune pratica clinica. Naturalmente, vi è interesse dal punto di vista della ricerca nell'effettaure queste ulteriori indagini: tenga comunque conto che la positività contemporanea a due mutazioni driver è un evento piuttosto raro e che va interpretato criticamente da parte dell'ematologo.
Salve, vorrei fare una domanda: la mielofibrosi può far registrare anticorpi anticardiolopina, lac e ana (questi a basso titolo)?
(Fabis)
Risposta
Non è raro che in corso di mielofibrosi possa esservi il riscontro di livelli dosabili di anticorpi quali quelli che lei ha citato. Una certa percentuale di pazienti presenta all'esordio o nel corso della malattia autoanticorpi: il loro significato, nell'ambito della storia clinica della malattia non è del tutto chiaro ed è oggetto di ricerca.
In riferimento al quesito datato 11 ottobre "splenomegalia e ruxolitinib quando iniziare terapia", vorrei chiedervi: sempre in assenza di sintomi sistemici e di emocromo con valori discreti è giusto iniziare la terapia con milza a 5 cm arcata costale? Cioè 17/18 cm di lunghezza? I protocolli parlano di una misura minima? Grazie.
(Margherita)
Risposta
Non vi è un protocollo che definisca le dimensioni della milza raggiunte le quali si debba o possa iniziare la terapia con ruxolitinb, né questa dipende esclusivamente dalla presenza di sintomi sistemici o dai valori dell'emocromo. E' l'ematologo che decide (integrando una serie di diverse valutazioni che comprendono fra l'altro le dimensioni della milza, la progressione della splenomegalia, il fatto che la splenomegalia sia o meno sintomatica per il/la paziente, la presenza anche di sintomi sistemici o prurito, l'età del/la paziente, l'eventuale mancata risposta ad un precedente trattamento con idrossiurea) quando è il momento di iniziare il trattamento con ruxolitinib. Pertanto, non vi è una regola assoluta che possa essere applicata per prendere questa decisione.
Buongiorno,
il Ruxolitinib è in grado di ridurre il rischio di trasformazione in leucemia mieloide acuta della mielofibrosi secondaria JAK-2 positiva?
Grazie, cordiali saluti.
(Alfredo)
Risposta
Non vi sono dati certi al riguardo, anche se non sembrerebbe, al momento, di poter affermare che la terapia con ruxolitinib riesca a ritardare una eventuale evoluzione leucemica della mielofibrosi. Tuttavia, occorrono studi disegnati ad hoc e follow up molto lunghi per poter rispondere con certezza a questa domanda.
Da 8 anni prendo per la tiroide Eutirox 50. A causa di questo mi martella il pensiero se è stato questo a causarmi lo sballamento delle piastrine alte tant'è che prendo allopurinolo e oncocarbide.
(Alfia)
Risposta
Eutirox non determina piastrinosi. Suppongo che lei stia assumendo oncocarbide per piastrinosi dovuta ad una malattia mieloprolioferativa cronica.
Avendo le piastrine alte si sono normalizzate usando oncocarbide e allopurinolo. Mi sorge un dubbio: col tempo possono favorire un tumore maligno? Inoltre, prendo spesso gaviscon e ho paura che questo farmaci favoriscano tumori. Grazie.
(Alfia)
Risposta
Non vi sono studi che dimostrino un aumentata incidenza di neoplasie in pazienti che assumono idrossiurea. Lo stesso dicasi per l'allopurinolo e per il Gaviscon.
Buonasera, in merito alla lettera che vi ho inviato 11/10 e alla vostre domande, mio marito prende mezza CARDIOASPIRINA e la sua emoglobina è 15.2, i suoi globuli rossi 6.44, globuli bianchi 10.9, ematocrito 46.4, MCH23.6, MCV 72.0, MCHC 32.7, RDW 14.4, NEU 8.O4, LINFO 1.45, MONO .993, EOS.371, BASO .081, WVF .995, NEU % 73.5, LINFO% 13.3, MONO% 9.08, EOS% 3.39, BASO% .738, PLT 1050, PDW 16.4, MPV 6.81, PCT .698, POTASSIO 5.56, LDH 256, E I SUOI GLOBULI ROSSI sono microcitosi che comunque c'è questa anemia dovuta alla malattia che ci ha detto l'ematologo.
Grazie mille per le vostre risposte.
(Lucrezia)
Risposta
Grazie per l'integrazione dei dati di laboratorio.
Da quanto riferisce, suo marito non sembra essere anemico (emoglobina: 15.2 g/dl), mentre è presente in effetti una microcitosi. Quest'ultima, insieme ai valori bassi di ferritina può far pensare ad una carenza marziale. Tuttavia, come già detto nella precedente risposta, prima di pensare di iniziare una terapia marziale conviene escludere che vi siano perdite (anche se ciò sembra improbabile visto che non vi è anemia) anche in considerazione del fatto che è in corso terapia con antiaggregante.
Salve, integro il quesito con le informazioni da voi richieste: emoglobina 11,9 /mch 24,7/mchc 30,4/ldh 215, MCV 81,3. Grazie.
Risposta
Il valore di volume globulare normale non sembra indicare una carenza marziale. La lieve anemia riportata è probabilmente imputabile alla malattia di base e pertanto non sembra necessario una valutazione della sideremia, almeno nell'immediato.
Buongiorno, mi è stata diagnosticata da due mesi una TE, nel referto della biopsia si legge "si favorisce diagnosi di Trombocitemia Essenziale", che quasi sicuramente con sintomatologia generica mi trascinavo da anni. Piastrine mediamente sugli 850 in cura con cardioaspirina assunta quotidianamente. La BOM recita anche "modesta deviazione a sinistra della serie eritroide", ossia presenza di globuli rossi immaturi. I valori dell'ultimo emocromo presentano HGB 12.6, HCT 40.4, MCV 60.0, MCH 18.7, MCHC 31.2, RDW 15.8, ed erano molto simili anche in un emocromo del 2007. Sono portatore sano di anemia mediterranea.
Vorrei domandarvi se quest'ultimo aspetto spiega questi valori del sangue fuori norma e se questi ultimi a loro volta vanno messi in relazione a quanto all'inizio riportato riguardo alla deviazione a sinistra della serie eritroide come emerso dalla BOM.
Grazie in anticipo e cordiali saluti.
(Alessandro)
Risposta
In effetti la condizione di portatore sano di anemia mediterranea può influire sui valori dell'emocromo. Per esempio il volumne globulare ridotto (MCV) è dovuto a questa condizione, così come lo shift a sinistra, dovuto alla lieve anemia che emerge dai valori riportati. Tuttavia, le modifiche in questione non sono rilevanti ai fini dell'andamento e della terapia della Trombocitemia Essenziale che resta la patologia per la quale effettuare, se e quando necessario, un trattamento come, attualmente, la cordioaspirina.
Mia madre 89 anni, disfagica, affetta da Alzheimer, deve assumere due capsule di oncocarbide al dì per piastrine elevate. Sono quindi costretta ad aprire la capsula e a darle il farmaco in polvere con il cibo. Tale somministrazione può causarle ulteriori problemi? Grazie.
(Angela)
Risposta
In linea di massima, è sempre meglio evitare di aprire le capsule, in particolare con farmaci citostatici. Nel caso particolare, stante l'impossibilità della paziente ad ingerire le capsule può assumerne il contenuto con il cibo, facendo attenzione, da parte di chi effettua l'apertura, a non venire a contatto con la polvere.
Sono affetto da Mielofibrosi primaria in fase pre fibrotica. Neoplasia mieloproliferativa cronica. Qual è il mio futuro?
(Francesco)
Risposta
La malattia che le è stata diagnosticata è una malattia cronica, con caratteristiche di evoluzione in genere lente e che può anche non richiedere nell'immediato una terapia. Per una più approfondita valutazione prognostica occorre naturalmente conoscere altri dati clinici e laboratoristici ma si può in generale prevedere una buona qualità della vita e una lenta progressione.
Per eseguire un puntato quando sospendere il cortisone?
(Antonio)
Risposta
Per eseguire un aspirato midollare o una biopsia ossea non è necessario sospendere il cortisone.
Salve egregi ricercatori, mio marito con trombocitemia essenziale JAK2 e con ipertensione arteriosa, attuali piastrine oscillano 1,050..., nelle sue ultime analisi il ferro era 31 e ferritina 10, e dopo ultima visita la sua ematologia gli ha dato UNIFERROFORT da prendere per un mese e deve ripetere di nuovo le analisi ferro, ferritina, filato e cobalamina (vit b12).
Adesso ritirando altre analisi sulla talassemia che aveva fatto e che fortunatamente e uscito negativo l'ematologo che mi ha dato le analisi mi ha detto che per il ferro basso che ha non deve integrare nessun ferro per bocca, e sinceramente sono rimasta un po' perplessa, visto che l'ematologa di mio marito lo ha dato...
A questo punto mi potete dare un vostro parere gentilmente? Poi lui adesso deve mettersi sotto cura a un gastrologo per una diverticolosi che gli hanno trovato dopo aver fatto il sangue occulto nelle feci, su tre campioni su un campione gli hanno trovato del sangue...invece il LDH elevato a 256 hanno detto che è normale nella sua malattia.
Grazie mille per il vostro tempo.
(Lucrezia)
Risposta
Le informazioni cliniche e laboratoristiche riportate sono un po' incomplete e richiedono qualche chiarimento. Innanzitutto, suo marito è anemico? Quanto ha di emoglobina? Prende un antiaggregante (aspirinetta per es.)? Inoltre, sembra che suo marito abbia una perdita ematica dal tubo gastroenterico: sangue occulto positivo e diverticoli intestinali.
Prima di decidere se e quale cura a base di ferro affettuare, dovrà provvedere alla cura di questa patologia ed alla esclusione di altre cause di perdite ematiche dal tubo gastroenterico. E' comunque probabile che una terapia marziale (cioè a base di preparati conteneti ferro) debba essere fatta; tuttavia, vanno prima chiarite (e curate) le cause che hanno determinato i valori bassi di ferritina e sideremia.
Le confermo che un aumento della lattico deidrogenasi (LDH) è un riscontro comune nelle malattie mieloproliferative croniche Ph-negative e non deve quindi sorprenderla o preoccuparla.
Buongiorno.
Affetta da mielofibrosi dal 2009, sono sempre stata senza sintomi e con una milza intorno ai 127 mm. di lunghezza. Ho 55 anni.
A settembre ho ripetuto le analisi con i seguenti risultati: globuli rossi 3,71, ematocrito 33,7, rdw 24,9, globuli bianchi 7,6, emoglobina 11,3, piastrine 193 pdw 18,3. L'ecografia riporta milza 141 mm. Sei mesi fa 130 mm per la prima volta dal 2009. Sintomi nessuno, tranne un leggero prurito soprattutto quando sono distesa. L'ematologa dell'ospedale mi ha suggerito di iniziare con ruxolitinib in quanto, asserisce, se la milza ha preso ad ingrandirsi, conviene agire con tempestività per un migliore risultato con il farmaco.
Vorrei un vostro parere, in quanto sono un po' perplessa. Nel frattempo mi ha consigliato di ripetere a dicembre l'ecografia per vedere se la milza aumenta ancora e poi decidere? Dalla palpazione risulta due cm dall'arcata costale. Io sto abbastanza bene e ho paura dei possibili effetti collaterali del farmaco. Cosa ne pensate?
(Margherita)
Risposta
In effetti, da quanto lei riporta, la milza, seppure ingrandita, è ancora relativamente piccola: 2 soli cm dall'arco (seppure in apparente progressione visti i valori ecografici precedenti), associati ad una sostanziale assenza di sintomi sistemici, ad un emocromo più che discreto e ad un sostanziale benessere suggeriscono un atteggiamento attendista, come mi pare di capire le abbia consigliato anche l'ematologa. Io credo si possa monitorare l'andamento della splenomegalia e pensare ad iniziare la terapia con ruxolitinib solo nel caso in cui la milza raggiunga misure maggiori, o compaiano sintomi da ingombro splenico, o sintomi sistemici tali da condizionare la vita quotidiana.
Certo che dopo tutti questi discorsi sui farmaci, leggere questa slide all'ultimo convegno mi porta a una conclusione: che senso ha fare terapia?
La slide dice testualmente: "Non abbiamo una terapia medica (farmaci) che riesce a guarire la malattia e forse (neanche a rallentarne il decorso)".
(Giuliano)
Risposta
E' vero che, ad oggi, non esiste una terapia medica (cioè una "farmaco") che possa guarire dalle MPN ed in particolare dalla mielofibrosi. Questa possibilità può essere raggiunta solo col trapianto allogenico di cellule staminali emopoietiche che, come è noto, è riservato ad una piccola percentuale di pazienti.
Tuttavia, il fatto di non avere ancora al momento una terapia medica che guarisca la malattia, non deve portare alla conclusione che non ha senso fare una terapia. Innanzitutto, trattandosi di malattie croniche, che spesso si associano a lunghe sopravvivenze, talvolta sovrapponibili a quelle della popolazione generale (si pensi alla ET per esempio), poter disporre, come avviene adesso, di farmaci che possono curare i sintomi della malattia permette una convivenza con la malattia stessa ben diversa da quella che si avrebbe senza tali farmaci "sintomatici". In secondo luogo, la ricerca è sempre attiva ed in progresso e non si può escludere che giunga alla individuazione di un farmaco che possa "guarire" la malattia, anche se si tratta di un obiettivo non facile da raggiungere.
Infine, disporre di farmaci che curano i sintomi della malattia e che permettono al paziente di raggiungere e mantenere buone condizioni soggettive di salute amplia il campo dei pazienti che possono essere candidabili al trapianto e quindi che possono accedere ad un'opzione terapeutica di guarigione.
Buongiorno volevo chiedere se rispetto alle altre terapie l'anagleride nello specifico Xagrid, scelta come terapia per la riduzione della conta piastrinica in trombocitemia essenziale, ha tra le sue controindicazioni quella di accelerare, nel paziente trattato, la mutazione in mielofibrosi. E per questo non scelta da alcuni ematologi. Grazie mille.
(Anna)
Risposta
La possibilità che anagrelide determini, quando assunta da pazienti affetti da ET, un aumento della fibrosi midollare è tuttora oggetto di discussione. In effetti alcuni studi hanno riportato questa evidenza: tuttavia, in seguito, altri studi non l'hanno confermata, non permettendo quindi di giungere ad una conclusione definitiva in tal senso. In linea di massima, la terapia con anagrelide è preferita per i pazienti giovani affetti da ET sulla base di un supposto rischio di neoplasie secondarie che la terapia con idrossiurea farebbe correre. Questo rischio non è mai stato dimostrato. Pertanto, non vi è ragione di prefrerire anagrelide ad idrossiurea per questo motivo.
PVera diagnosticata da 3 anni. Età 72. In terapia con oncocarbide 500mg/die. Il mio ematologo non sa dare risposta.
Domanda: per mantenere le piastrine sotto 400, nel mio caso, l'Hb scende da circa 13 a circa 9. Vi è un valore max di piastrine tollerabile per un compromesso accettabile con i valori di Hb? L'ematologo mi propone la somministrazione di EPO se Hb si abbassa troppo, ma, mi chiedo, l'eritropoietina come fa a lavorare se vi è il blocco sul midollo della oncocarbide?
Altra domanda: nella evoluzione della malattia, è inevitabile la mielofibrosi?
Grazie.
(Fabrizio)
Risposta
La terapia corretta per la sua malattia è quella che sta facendo con Oncocarbide associata ad anti aggregante. Il valore di riferimento, più che il numero di piastrine, deve essere l'ematocrito che va mantenuto a valori non superiori al 45%. E' quindi importante modulare la terapia con Oncocarbide su questa soglia. Nel caso della sua malattia non ha senso pensare ad una terapia con eritropoietina per aumentare l'emoglobina poiché l'obiettivo è proprio quello di evitare che aumenti.
Riguardo l'evoluzione in mielofibrosi, essa si osserva in meno della metà dei pazienti e quindi non rappresenta una evoluzione obbligatoria.
Buongiorno, TE con 750 piastrine, 39 anni e sportiva. In occasione delle ultime analisi noto valori di MCH a 24,7, MCHC 30,4 e LDH 215. Consigliereste degli esami aggiuntivi per valutare il ferro?
Risposta
Prima di indicare una eventuale valutazione della sideremia o ferritinemia sarebbe utile conoscere i valori di emoglobina ed il volume globulare (MCV)
Buonasera,sono affetto da trombocitemia essenziale. Piastrine di norma mantenute intorno ad un milione.
Come mi devo comportare verso gli alimenti ricchi di vitamina k?
Risposta
Se non sta assumendo una terapia orale con Coumadin o Sintrom non è necessaria alcuna restrizione verso gli alimenti contenenti Vitamina K.
Buonasera ho letto in rete che è stato condotto uno studio presso l'università di Oxford e Cambridge sull'efficacia del Metotrexato nella Policitemia e nella TE.
Potreste darmi qualche informazione in più? Grazie.
(Renato)
Risposta
In effetti sono stati condotti studi in vitro in passato che hanno mostrato un'efficacia del methotrexate nell'inibire la via di segnale JAK/STAT. Più recentemente, sono segnalati in letteratura pochi casi (meno di dieci) di trattamento di pazienti con MPN (prevalentemente PV) con methotrexate a basse dosi (sia in Inghilterra che in Italia).
Nonostante un certo effetto sui sintomi sistemici sia stato riportato, i dati sono troppo limitati per esserer interpretati e, soprattutto, non vi sono informazioni sulla terapia a medio/ lungo termine con questo farmaco in questi pazienti.
Buonasera, a mio fratello è stata fatta diagnosi di Malattia mieloproliferativa cronica associata alla mutazione genetica acquisita JAK2, tipo mielofibrosi idiopatica. Chiedo: tale patologia può essere ereditaria e esserci familiarità?
(Luisa)
Risposta
La mielofibrosi, così come la policitemia vera e la trombocitemia essenziale, non si trasmette come una malattia ereditara: è tuttavia noto che una certa predisposizione a sviluppare questo tipo di malattie può essere ereditata, vale a dire che la probabilità di poter sviluppare queste malattie è un poco più alta nelle famiglie in cui si sono già manifestate rispetto alla popolazione generale.
Buonasera, sono in prefibrotica in ottime condizioni. Con l'ultimo controllo ho rifatto l'omocisteina ed è 20. In passato avevo un valore simile normalizzato dopo una cura con lecitina perché avevo remore con i folati.
Che ne pensate? La cura va poi fatta senza interrompere più?
(Fernando)
Risposta
Valori sopra la norma di omocisteina sono normalmente riconducibili entro la norma con piccole dosi quotidiane di acido folico, ed eventaulmente di Vitamine B6 e B12. L'acido folico è ben tollerato ed è preferibile all'uso della lecitina di soia. La cura può essere fatta per periodi di assunzione intervallati a periodi di riposo, valutandone la durata sulla base dei valori ematici di omocisteina.
Buongiorno, siete al corrente di studi sull'uso di ruxolitinib e ibrutinb in cGVHD post trapianto allogenico (mielofibrosi)? Se sì, mi potete indicare i link? Grazie.
(Monica)
Risposta
Per informazioni sull'impiego di ruxolitinib o ibrutinib per la cura della GVHD può fare riferimento a due articoli recenti:
Neumann T et al. Biomed Res Int 2019 (ruxolitinib) e Jaglowski SM. Blood Adv 2018 (ibrutinib). Entrambi sono reperibili su PubMed (http://ncbi.nlm.nih.gov/pubmed ) inserendo nella maschera di ricerca il nome degli autori che ho riportato.
Gentili ricercatori,
siccome la ricerca per un farmaco che porta alla guarigione di queste malattie si presenta alquanto ardua, non sarebbe meglio concentrare le forze per migliorare l'unica terapia disponibile che sarebbe il trapianto? Magari renderlo meno pericoloso e più sicuro in modo da poter farvi accedere anche pazienti con PV e TE?
Grazie mille per tutto quello che fate!
(Andrea)
Risposta
Le due cose non sono necessariamente mutualmente esclusive. In effetti, in accordo con quanto lei riporta, i dati della letteratura sul trapianto allogenico di cellule staminali emopoietiche indicano sia un allargamento della fascia d'età nella quale la procedura viene effettuata, sia un ampliamento dei possibili donatori, sia una maggior percentuale di successo della procedura a riprova del fatto che la ricerca clinica in questo campo ha avuto un progresso importante. Il trapianto alloigenico resta comunque una strategia terapeutica da offrire ad una certa fascia di pazienti con mielofibrosi, mentre a tuttoggi i pazienti con PV od ET trovano indicazione ad essere trattati con terapia medica.
Salve, soffro di piastrine alte, l'ho scoperto in seguito a un prelievo di routine da gennaio scorso.
Prendo Xagrid da 5 mesi sono passato a prenderlo 3 volte al giorno senza nessun abbassamento. Ho la ves.. La prolattina alta.... Anche il progesterone...
Devo preoccuparmi?
(Giulia)
Risposta
Quanto riportato non permette commenti specifici: è stata fatta una diagnosi di malattia mieloproliferativa cronica? Faccia vedere al suo medico di base i valori alterati che lei riporta nella mail per una valutazione più precisa, così come discuta con l'ematologo che le ha prescritto lo Xagrid la mancata risposta alla terapia.
Buongiorno genti.mi, vorrei chiedere: esiste un documento ufficiale di riferimento (autorevole) per il minimo e massimo che ciascun parametro dell'emocromo deve rispettare per ritenersi "normale"? Perché ho notato che i laboratori e perfino gli ospedali adottano ciascuno range diversi.
Grazie!
(Sandro)
Risposta
In effetti è prassi comune notare che i valori di normalità dell'emocromo (ed in particolare dell'emoglobina e dell'ematocrito) hanno range di riferimento variabili da laboratorio a laboratorio. Questo dipende fondamentalmente dalla diversità delle apparecchiature disponibili nei vari Centri (ospedali compresi) e talvolta dal modo di calcolare questi valori ed i loro range di normalità.
A prescindere da queste diversità, va comunque ricordato che il risultato dell'esame emocromocitometrico va comunque inquadrato nell'ambito delle condizoni cliniche del paziente e interpretato alla luce delle ragioni per le quali esso è stato eseguito. E' pertanto importante che l'esame venga sempre valutato da un medico e nel caso di valori borderline o sopra la norma da un ematologo.
Salve, può accadere che si ha un basso livello di eritropoietina nel sangue e JAK2 negativo? Grazie.
(Massimo)
Risposta
E' possibile che a fronte di un valore di eritropooietina bassa vi sia negatività della mutazione del gene JAK2; nel caso descritto non è tuttavia specificato se la negatività riportata rigiarda solo la mutazione V617F del gene JAK2 o si riferisce anche alle mutazioni dell'esone 12 del gene JAK2.
Gentili ricercatori volevo sapere in un paziente giovane con TE (30 anni) con CALR di tipo 2 positivo senza nessun fattore di rischio, con piastrine che oscillano tra il 1100 e il 1200 si può aspettare il 1500? L'unico fattore di rischio è il cofattore ristocetinico del von Willebrand inferiore al 30%. Io ho fatto un periodo di intronA ma l'ho sospeso perché intollerante... Se dovessi fare terapia, vista la giovane età, sarebbe più indicato lo xagrid o oncocarbide o ci potrebbe essere la possibilità di poter ottonere il peghilato?
Io abito in Sicilia e a Palermo mi hanno risposto che non posso ottenerlo ma facendo parte del gruppo TE su Facebook vedo che molti anche più grandi di me lo fanno.
(Marinella)
Risposta
I valori di piastrine da lei riportati richiedono trattamento poiché si associano ad un valore percentuale basso di attività del cofattore ristocetinico. Questo la espone ad un rischio di manifestazioni emorragiche che va comunque corretto. La riduzione della conta piastrinica dovrebbe portare ad un aumento dell'attività del cofattore, eliminando o riducendo tale rischio.
Sulla scelta del farmaco, non vi sono evidenze che la terapia con anagrelide debba essere preferita a quella con idrossiurea, pertanto uno dei due farmaci può essere utilizzato, eventualmente cominciando con l'idrossiurea e considerando l'anagrelide come alternativa in caso di intolleranza o inefficacia della prima.
Riguardo la disponibilità del peg interferone nell’ambito del SSN la sua prescrizione è possibile solo "off label", cioè al di fuori delle indicazioni autorizzate al momento dell’immissione in commercio.
E' possibile che la BOM non sia possibile farla per obesità? Solo la cresta iliaca può essere utilizzata?
La mielofibrosi può dare vertigini soggettive? Se si, da cosa scaturiscono?
(Anna)
Risposta
In effetti, specialmente se la sede prescelta per la biopsia è la cresta iliaca, può essere molto difficile effettaure la biopsia ossea, soprattutto in caso di grandi obesi. In questi casi, un tentativo può essere effettuato scegliendo come sede lo sterno, di solito più facilmente raggiungibile in questo tipo di pazienti.
E'possibile che la mielofibrosi esordisca con Piastrinopenia, anisocitosi piastrinopenica e dei rossi?
Ho una conta piastrinica molto oscillante, ma bassa, min 29000, rispondente al cortisone e una splenomegalia di 15 cm, bianchi al limite superiore.
(Anna)
Risposta
E' certamente possibile che la mielofibrosi si presenti all'esordio con il quadro descritto. Va tuttavia ricordato che vi sono anche altre patologie che possono presentare questo quadro, che quindi non è specifico della malattia. E' quindi necessario eseguire altre indagini per poter arrivare ad una diagnosi precisa.
Gentili medici, ho 42 anni ed ho mielofibrosi. Vorrei sapere se a questa malattia può essere collegata l'allergia da istamina come con il mastocitosi? Negli ultimi tempi avevo reazione allergica per il freddo, per farmaci ecc.. Vi ringrazio una vostra risposta.
(Noemi)
Risposta
Da quanto riportato non sembra di poter affermare che vi sia una relazione fra allergie e diagnosi di mielofibrosi. Tuttavia, se per allergia al freddo intende reazioni vasomotorie alle estremità, in particolare alle mani, questi fenomeni sono tavolta descritti in associazione alla mielofibrosi.
Buongiorno dottori, volevo un vostro parere su un articolo che ho letto riguardante la reversina, molecola che sembrerebbe in grado di inibire la crescita delle mieloproliferative. Grazie e cordiali saluti.
(Giuseppe)
Risposta
Non sono riuscito a individuare l'articolo al quale si riferisce. Tuttavia, per quanto riguarda la reversina, si tratta di una molecola, individuata agli inizi del secolo, in grado di riprogrammare le cellule, riportandole ad uno stadio di immaturità ed in alcuni casi di multipotenzialità. Gli studi tuttavia non hanno avuto seguito e pertanto non credo sia possibile pensare ad un impiego clinico di questa molecola per trattare le malattie mieloproliferative.
Da due anni ho una Piastrinopenia (anche 29000) con microcitosi, ferro basso, ma ferritina e trasferrina ok. Milza 14 cm, ldh nei limiti, ves pcr alte, urobilogeno ai limiti, neutrofili tendenzialmente alti. Le piastrine oscillano molto in pochi giorni. Stanchezza, febbricola pomeridiana-serale, fino a 37.5, senso di bruciore sulla pelle, ana 1160 anticorpi anticardiolipins igg positivi, a volte lac positivo. Fosfatasi alterata anche ossea e vit d bassa.
Hanno fatto un primo striscio periferico da cui risultarono isolati dacriociti più anisocitosi dei rossi e delle piastrine. Ripetendo lo striscio nel tempo conferma della sola anisocitosi delle piastrine e dei rossi. Bom non eseguibile per obesità, non sono riusciti a raggiungere la cresta Iliaca.
Ho 45 anni, vorrei sapere se esiste un modo alternativo per capire se di tratta di mielofibrosi, i rossi non sono mai stati altissimi, oscillano tra i 4800 e 5300, i bianchi anche oscillano molto, ma mai oltre le 11000. Grazie.
(Annarita)
Risposta
Per porre diagnosi di mielofibrosi l'esecuzione di una biopsia ossea è necessaria. Nel suo caso, se a causa dell'obesità non è possibile raggiungere la cresta iliaca, potrebbe essere considerata la possibilità di effettuare la biopsia utilizzando come sede lo sterno. Dai dati di laboratorio e clinici riportati non è possibile concludere niente al riguardo. Potrebbe essere utile, per orientarsi nell'attesa di eseguire la biopsia, effettuare la ricerca delle mutazioni (JAK2, MPL, CALR) nel sangue periferico.
Gentili ricercatori, affetta da piastrinopenia autoimmune attualmente valore piastrinico 89, non assumo nessun farmaco, solo un integratore; posso assumere IVAR (prodotto omeopatico per prevenire l'influenza? Grazie.
(Domenica)
Risposta
Ricordando che questo sito si occupa di malattie mieloproliferative croniche Ph negative in maniera specifica, non conosco i prodotti omeopatici abbastanza a fondo per esprimere un parere. Nel caso di IVAR (credo si tratti in realtà di IVER), credo sia opportuno, se la paziente vuole effettuare la profilassi per l'influenza, ricorrere al vaccino tradizionale, disponibile fra poco nelle farmacie.
Buongiorno,
chiedo il vostro parere sulla patologia di mia madre (età 89 anni, peso 40 kg) affetta da Alzheimer grave.
Nelle ultime analisi effettuate, in seguito a una piccola emorragia in una piaga da decubito sul gluteo, le piastrine erano 2167x10^9/L (globuli bianchi 16,45; globuli rossi 5,11; linfociti 15,7; granulociti neutrofili 11,84; tempo di protrombina 1,21). Diagnosi: trombocitosi.
Nel 2016 le piastrine erano 1000x10^9/L; da anni assume Cardirene 75 mg. Ha sangue fluido ed è soggetta al formarsi di ematomi. Il suo medico consiglia di assumere oncocarbide.
Il dubbio è che, vista l'età e le condizioni generali relative al suo grave decadimento cognitivo, ci possano essere controindicazioni all'assunzione della terapia.
Cosa consiglia? Esistono medicinali alternativi meglio tollerati per gli anziani?
Durante l'assunzione di oncocarbide è necessario controllare l'emocromo saltuariamente?
La terapia col suddetto farmaco è per sempre o si può sospendere?
Grazie mille.
(Raffaella)
Risposta
Da quanto riportato, non sembra sia mai stata eseguita una biopsia ossea o una ricerca di mutazioni per malattie mieloproliferative croniche. Resta comunque il fatto che la paziente ha valori molto alti di piastrine (e di globuli bianchi) per cui, considerando il rischio emorragico che valori così alti di piastrine possono dare, è oppoprtuno sospendere il cardirene ed iniziare la terapia con oncocarbide per riportare i valori di piastrine almeno sotto il milione. La terapia con oncocarbide, di solito ben tollerata, richiede un monitoraggio dell'emocromo, inizialmente ogni 2-3 settimane poi mensile e sarebbe opportuno fosse valutata da uno specialista ematologo.
Buongiorno, TE con 800 piastrine e in terapia con cardirene (40 anni) e presenza JAK2+Carl. E' possibile che si manifesti una trombosi venosa alle gambe pur prendendo il Cardirene o è da escludere?
Risposta
Per quanto la terapia con Cardirene abbia effetti anti-aggreganti e sia quindi utilizzata come profilassi delle trombosi venose, nell'ambito delle malattie mieloproliferative croniche e quindi anche della trombocitemia essenziale, è possibile che si verifichino episodici trombotici anche durante l'assunzione di tale terapia ed indipendentemente dal numero delle piastrine.
Gentili ricercatori,
ho una mielofibrosi in fase prefibrotica, a breve dovrò fare il cariotipo della mappa dei cromosomi, a cosa serve, e perché viene fatto?
Grazie mille. Saluti.
(Alessio)
Risposta
Gentile sig. Alessio,
il cariotipo, o mappa cromosomica, serve per contare e valutare l'integrità dei cromosomi delle sue cellule del sangue. Sebbene non indispensabile per porre la diagnosi di malattia, è tuttavia un esame utile poiché il riscontro di eventuali anomalie dei cromosomi delle cellule ematiche, può contribuire a perfezionare la prognosi e ad orientare le scelte terapeutiche.
Buon pomeriggio, sono affetta da TE CARL mutata dal 2013, in terapia con Xagrid e cardioaspirina dal 2015.
Ho 43 anni e tra i vari sintomi che ho, molta stanchezza e cefalee, è presente, sin dall'inizio, un dolore atroce alla coscia-gamba destra. Ho fatto tutte le analisi possibili tra risonanze, raggi ed elettromiografia, nessuno però spiegherebbe questo mio dolore sorto con la patologia. Ricordo che feci accertamenti proprio per il dolore alla coscia.
Vorrei chiedervi una cosa per me importante: come potrei gestire il mio lavoro, sono una cassiera in un supermercato, per non avere dolore e formicolii alle gambe data la sedentarietà continuata anche per 8 ore?
Inoltre, volevo sapere se avete visto o sentito di altre persone come nel mio caso con atroci dolori alla gamba.
Grazie ancora per tutto. Sono anni che vi seguo sempre e vi stimo per quello che fate.
(Carmela)
Risposta
Gent. Sig.ra Carmela,
può accadere che un paziente con la sua patologia possa avere all'esordio un dolore intenso all'arto inferiore, più spesso alla gamba che alla coscia,e questo può essere dovuto ad una trombosi venosa, di solito profonda, che può complicare questa malattia. Tuttavia, credo che questo si possa escludere nel suo caso, sia perchè, se capisco bene, questo dolore perdura dal 2013 immodificato, sia perchè lei ha già fatto accertamenti in questo senso. Senza una visita e senza aver visionato gli esami che ha fatto è difficie aggiungere altro. Possiamo però consigliarle, visto il lavoro sedentario che svolge, di evitare periodi prolungati di immobilità dell'arto cercando quindi di muoverlo ogni tanto, anche semplicemente alzandosi e sedendosi, e naturalmente di riportare al suo medico di base la persistenza della sintomatologia per effettuare eventuali ulteriori accertamenti.
Gentili ricercatori,
con tutti gli studi terminati, in corso e tutte le informazioni di cui dispone ad oggi la ricerca nazionale ed internazionale è auspicabile raggiungere la guarigione da queste malattie nei prossimi 5 anni?
Grazie mille.
(Andrea)
Risposta
Nessun farmaco attualmente disponibile o in studio, né le informazioni scientifiche in nostro possesso autorizzano a pensare che la guarigione da queste patologie sia raggiungibile entro 5 anni, fatto salvo per la procedura di trapianto allogenico che è a tutt'oggi l'unica strategia terapeutica che permette di ottenere tale traguardo
Buongiorno,
esiste una terapia per la sudorazione profusa notturna della mielofibrosi? E' veramente fastidiosa.
Grazie, cordiali saluti.
(Andrea)
Risposta
Non vi è una terapia specifica per la sudorazione come tale; tuttavia, soprattutto il trattamento con Jakavi, ed in minor misura con idrossiurea, si dimostra molto spesso efficace nel ridurre o abolire questo sintomo.
Buona sera, sono un ragazzo di 40 anni, da due anni mi hanno diagnosticato la TE. L'ultimo emocromo piastrine 1500. Dovrei iniziare subito con oncocarbide. Che effetti collaterali provoca questo medicinale?
Risposta
L'idrossiurea è un farmaco citoriduttore, ossia in grado di ridurre la produzione di cellule del sangue da parte del midollo osseo interferendo con la sintesi del DNA. Può dare fenomeni di tossicità a livello del midollo osseo, che si manifestano come anemia, riduzione eccessiva dei globuli bianchi (leucopenia) o delle piastrine (piastrinopenia). Tale effetto è totalmente reversibile attraverso la riduzione o la sospensione del farmaco.
Altri possibili effetti collaterali sono reazioni a carico della pelle, come lesioni cutanee a lenta guarigione, dermatiti e afte del cavo orale (piccole lesioni della mucosa, in genere su bocca, labbra e lingua) e in certi casi anche rare neoplasie cutanee.
Una complicanza rara (meno dell’1% dei pazienti), ma tipica è la febbre da farmaco, che insorge in genere dopo 3-4 settimane di trattamento e si manifesta con temperatura molto elevata (anche oltre 39°C) e immediata risoluzione alla sospensione dell'idrossiurea.
Infine, il possibile rischio di sviluppare la leucemia con idrossiurea non è mai stato chiaramente dimostrato dagli studi clinici. Ad oggi, pur non essendo possibile escluderlo del tutto (specialmente in caso di trattamento molto prolungato o precedente esposizione ad altri farmaci citotossici), si ritiene sia molto basso.
Buongiorno,
il DIPSS score si applica solo alla mielofibrosi primitiva o anche alla secondaria?
Grazie e cordiali saluti.
(Francesco)
Risposta
Buongiorno Francesco,
gli score prognostici comunemente utilizzati per la stratificazione prognostica dei pazienti con mielofibrosi primaria (IPSS, DIPSS e DIPSS-plus) sono stati tradizionalmente utilizzati anche nella valutazione prognostica dei pazienti con mielofibrosi post-policitemia vera e post-trombocitemia essenziale. Tuttavia, recentemente è stato sviluppato uno score prognostico applicabile ai pazienti affetti da mielofibrosi secondaria chiamato MYSEC-MF (Passamonti F, Giorgino T, et al., A clinical-molecular prognostic model to predict survival in patients with post polycythemia vera and post essential thrombocythemia myelofibrosis, Leukemia 31, 2726–2731 (2017)). Il modello prognostico include età, emoglobina <11 g/dl, piastrine <150.000/mmc, blasti nel sangue periferico ≥3%, assenza di mutazioni del gene CALR e sintomi costituzionali.
Buongiorno, mi è stata diagnosticata nel 2015 la trombocitemia essenziale con JAK2 mutato, in terapia solo con cardioaspirina.
Nell'ultimo anno l'emocromo ha presentato i seguenti valori: globuli bianchi 8.68 - globuli rossi 5.64 - emoglobina 16.4 - ematocrito 47,5 - piastrine 593 a novembre 2018 e globuli bianchi 7.85 - globuli rossi 5.71 - emoglobina 16.5 - ematocrito 47,9 - piastrine 632 a maggio 2019 (ldh 213 nel 2018, 171 nel 2019).
Ho sentito il parere di due ematologi: uno mi ha consigliato di tenere il valore dell'ematocrito al di sotto di 45 tramite salassoterapia per evitare rischi trombotici, l'altro ritiene solo di continuare con la cardioaspirina almeno fino al valore 50.0 per evitare di sollecitare il midollo.
Esistono dei protocolli per cui uno dei due pareri è meglio conforme? Qual è il vostro parere sulle indicazioni che ho ricevuto?
(Franco)
Risposta
Buongiorno Franco,
secondo le linee guida nazionali e internazionali il valore di ematocrito nei pazienti con policitemia vera deve essere mantenuto sotto al 45% allo scopo di minimizzare il rischio di eventi trombotici. A tal scopo, è possibile ricorrere a salassi e, nei pazienti ad alto rischio (età >60 anni o precedenti eventi trombotici) a terapia citoriduttiva, generalmente a base di idrossiurea (Onco Carbide).
Buonasera. Scusate le due domande poste di fila ma si tratta di argomenti diversi.
Si parla tanto dell'importanza della dieta per schivare o rallentare i tumori. In particolare c'è polemica sulla dieta mediterranea concepita oggi con tanta pasta ma con fibre quasi sparite dalle tavole (ceci,fagioli,etc). Qualcuno dice che il picco glicemico e una glicemia elevata possa "dare alimento" alle cellule tumorali, facendo l'esempio della pet che dicono che alla fine sono zuccheri resi radioattivi che, venendo "divorati" dalle cellule tumorali ne permettono la tracciatura (giusto? potrebbero anche essere stupidaggini).
Io non entro nella discussione, ma visto il bombardamento mediatico mi è venuta una domanda: sono mai stati fatti studi che mettono in correlazione l'avanzamento della mielofibrosi in funzione della glicemia delle persone, ad esempio nei diabetici con glicemia poco controllata si sono visti andamenti più aggressivi?
Dico questo perché anni fa ho recuperato un libro sulle malattie e sulle erbe, e da li ho notato che all'estero sembra che statistiche di questo tipo le usino spesso. La glicemia è un parametro che viene quasi sempre estratto dalle analisi del sangue, poco costoso direi.
Un uso intensivo di alcuni tipi di vitamina (E,C,D, magari omega 3 e quindi vitamina A) può avere una influenza sull'infiammazione/degenerazione causata dalla mielofibrosi e quindi rallentarne l'andamento? Ci sono studi?
Dico questo visto che il farmaco fedratinib, mi sembra di aver capito che era stato bocciato per delle encefaliti nei pazienti che poi sembra si siano dimostrate dovute a carenza di tiamina, (B1??) cmq una banalissima vitamina.
Grazie per la pazienza e un cordiale saluto.
(Bruno)
Risposta
Buonasera Bruno,
Non esistono ad oggi studi sull'ipotetica influenza dei livelli di glicemia sulla la storia naturale della mielofibrosi o più in generale delle malattie mieloproliferative croniche.
Ad oggi non è riconosciuto nessun ruolo delle vitamine nella storia naturale delle malattie mieloproliferative croniche. Uno studio molto interessante (e complesso) pubblicato recentemente suggerirebbe un possibile ruolo del recettore per la vitamina D nella produzione di una specifica popolazione di cellule chiamate macrofagi, a loro volta coinvolte nello sviluppo di cellule responsabili della comparsa di fibrosi nel midollo. Lo studio in oggetto, che si basa su modelli animali, non assegna un ruolo patogenetico diretto ad eventuali livelli elevati di vitamina D, che al contrario risulta generalmente ridotta nei pazienti con malattie mieloproliferative.
Le confermo che nel 2013 la FDA ha bloccato il programma di sviluppo del fedratinib in seguito ad alcuni casi di encefalopatia di Wernicke (riportati in 8 degli 877 pazienti che avevano ricevuto una o due dosi di farmaco). Il blocco allo sviluppo del farmaco è stato successivamente rimosso in quanto i casi di encefalopatia di Wernicke sono stati messi in relazione ad un deficit pre-esistente di vitamina B1 (tiamina).
Come avevo anticipato un annetto fa, finalmente l'aifa ha accettato l'uso di Vyxeos, prodotto dall Jazz per la cura di alcune leucemie mieloidee acute "complicate" ovvero quelle correlate alla terapia t-aml e a cambiamenti correlati alla mielodisplasia aml_mrc.
Il farmaco dosando in maniera ottimale e innovativa alcuni componenti già usati in altri farmaci da uno studio (che ha garantito al farmaco il si dalla fda) permette tassi di remissione completa penso del 30% rispetto al 10% della terapia precedente (giusto ?).
Tenenedo conto che da quello che ho studiato il verificarsi di una LMA da mielofibrosi rende il trapianto quasi inapplicabile a meno che non si raggiunga la remissione completa e visto che questo farmaco permette di raggiungerla in una casistica elevata (30% ?)(viene definito un farmaco meno aggressivo e quindi piu spendibile per persone molto delibitate) la domanda è: qualcuno si è posto la domanda se il farmaco potrebbe essere utilizzato anche per accompagnare i pazienti di mielofibrosi in lma al trapianto permettendo loro di raggiungere la remissione completa in un elevato numero di casi? (lo studio è pubblico naturalmente). Cioè in un futuro prossimo ci sarà qualcuno che proverà ad applicare questo farmaco anche ai casi di lma da mielofibrosi?
(Bruno)
Risposta
Buongiorno Bruno,
Il Vyxeos combina 2 chemioterapici già ampiamente utilizzati nel trattamento delle leucemie acute mieloidi (daunorubicina e citarabina arabinoside) in una formulazione liposomiale innovativa che consente di rendere sinergica e potenziare l'azione dei 2 farmaci.
Attualmente il Vyxeos è indicato per il trattamento della leucemia acuta mieloide secondaria a precedente chemioterapia o radioterapia (therapy-related acute myeloid leukemia, t-AML) o associata a modificazioni mielodisplastiche (acute myeloid leukemia with myelodysplasia-related changes, AML-MRC) sulla base dei risultati di uno studio registrativo di fase 3 che ha valutato il profilo di efficacia e sicurezza del Vyxeos rispetto al regime chemioterapico standard 7 + 3 (con daunorubicina e citarabina) nel trattamento di pazienti anziani (60-75 anni) con nuova diagnosi di t-AML o AML-MRC. Il gruppo trattato con Vyxeos ha mostrato un miglioramento della sopravvivenza globale (con valori mediani di 9,6 mesi per Vyxeos contro 5,9 mesi per il regime standard 3 + 7). Inoltre il Vyxeos è risultato associato anche a un tasso di remissione completa più alto (38% contro 26%) e ha consentito di portare al trapianto di cellule staminali ematopoietiche un maggiore numero di pazienti (34% contro 25%). Tuttavia, in tale studio i pazienti con leucemia acuta mieloide secondaria a malattia mieloproliferativa cronica erano esclusi e al momento non sono aperti studi volti a valutare il profilo di efficacia e sicurezza del Vyxeos in questa categoria di pazienti.
Salve, ho fatto esami a giugno, agosto e fine settembre riscontrando le piastrine a 1200000, 1000000 e infine a 866000. Da un mese prendo l'aspirinetta e l'ematologo mi ha prescritto la ricerca della mutazione del gene JAK2. No capisco cosa mi stia succedendo.
(Piero)
Risposta
Buongiorno Piero,
i dati da lei forniti sembrano indicare la possibile presenza di una malattia ematologica inquadrabile nell'ambito delle malattie mieloproliferative croniche. Si rivolga all'ematologo che la segue per avere tutte le informazioni di cui ha bisogno e per chiarire ogni suo dubbio.
Gentili ricercatori,
vorrei chiedere l'incidenza di inefficacia della terapia con Pegasys in pazienti con TE. Da 3 mesi assumo questo nuovo farmaco, perché in età fertile (30 anni), con dosaggi da 180 poi da 270 mcg a settimana. Purtroppo ad oggi il farmaco è stato totalmente inefficace. Esistono casi in letteratura? Ci sono alternative farmacologiche compatibili con eventuale gravidanza (Piastrine superiori a 1500)?
Grazie per quello che fate.
(Luciana)
Risposta
Buongiorno Luciana,
recentemente sono stati pubblicati i dati di uno studio di fase 2 che ha arruolato 43 pazienti con policitemia vera e 40 pazienti con trombocitemia essenziale trattati con peginterferon-alfa 2A (Pegasys) (Masarova, Lucia, et al. "Pegylated interferon alfa-2a in patients with essential thrombocythaemia or polycythaemia vera: a post-hoc, median 83 month follow-up of an open-label, phase 2 trial." The Lancet Haematology 4.4 (2017)).
I dati si riferiscono ad un lungo periodo di follow-up (mediana di 83 mesi) e dimostrano un elevato tasso di risposta ematologica (80%) e, in misura minore, di risposta molecolare (63%), con un tasso di sospensione del trattamento per effetti avversi correlati al farmaco di poco superiore al 20%. Ne consegue che la possibilità di non ottenere alcuna risposta ematologica e/o molecolare è reale e, sulla base dei dati pubblicati, è pari al 20% e al 37% rispettivamente.
Per quanto riguarda la gravidanza, attualmente l'interferone è l'unico farmaco ritenuto sicuro ed efficace ed è indicato in caso di gravidanza ad alto rischio (precedenti eventi trombotici e/o emorragici, precedenti complicanze trombotiche e/o emorragiche e/o ostetriche in corso di gravidanza, presenza di fattori di trombofilia congeniti o acquisiti). In rari casi in cui è necessario intervenire urgentemente, è possibile prendere in considerazione la piastrinoaferesi.
Buongiorno. Ho 50 anni. Policitemia da 5 anni JAK positivo trattata con cardioaspirina e salassi al bisogno.
Nell'ultimo anno ho fatto solo 2 salassi. I miei valori sono ROSSI: 7.50, BIANCHI: 14.00, EMOGLOBINA: 13.3, EMATOCRITO: 47, PIASTRINE: 484; a volte prendo Zyrolic per urato a 7.5. Nell'ultima ecografia la milza è molto aumentata a 20 cm e tra qualche settimana farò l'agoaspirato per controllare il midollo.
Vorrei chiedervi se le dimensioni della milza possono sempre rientrare in una policitemia oppure il quadro clinico sta peggiorando? Ci sono casi clinici di policitemia con la milza di queste dimensioni? Fino a quanto può arrivare di grandezza? Inoltre, l'eventuale approccio terapeutico come l'idrossiurea farà ridurre la milza?
Sempre grazie per il vostro prezioso aiuto.
(Agostino)
Risposta
Buongiorno Agostino,
la splenomegalia è una manifestazione comune delle malattia mieloproliferative croniche in generale e si riscontra in circa il 30-40% dei pazienti con policitemia vera. Le dimensioni della milza possono ampiamente variare nel corso della storia naturale della malattia, potendo in alcuni casi raggiungere volumi importanti tali talora da causare disturbi legati all'ingombro spaziale da parte dell'organo, come ad esempio disturbi della digestione ed urinari, oltre che sintomatologia dolorosa in sede addominale.
Secondo le attuali linee guida internazionali, la presenza di splenomegalia non costituisce un'indicazione all'utilizzo di idrossiurea nei pazienti con policitemia vera a basso rischio trombotico (età<65 anni e assenza di pregressi eventi trombotici). Ad ogni modo,l'effetto dell'idrossiurea sulle dimensioni della milza è molto variabile, potendo in alcuni casi determinare una riduzione della splenomegalia, non dando alcun beneficio in altri casi.
Salve. Vorrei sapere se per un paziente affetto da policitemia è possibile o invece sconsigliato sottoporsi a trattamenti termali.
Grazie.
(Silvana)
Risposta
Buongiorno Silvana,
non esiste alcuna controindicazione a trattamenti termali nei pazienti con policitemia vera. L'unica possibile accortezza è quella di evitare trattamenti che potrebbero causare un'importante disidratazione, con conseguente aumento dell'ematocrito e quindi del rischio trombotico.
Cari ricercatori faccio riferimento alla risposta data al sig. Enrico del 15/9/19. Se ho ben capito Ruxo risulta più efficace in termini di sopravvivenza rispetto ad altre terapie. Allora perché prescrivere farmaci come idrossiurea? La solita risposta che oncocarbite è da tanti anni in commercio e che è molto affidabile a me non convince. Sarà un fattore economico l'ostacolo principale oppure ruxo non è ancora del tutto affidabile o altro?
Grazie per quello che fate.
(Enzo)
Risposta
Buongiorno Enzo,
il trattamento con ruxolitinib nei pazienti affetti da mielofibrosi è guidato da specifiche indicazioni derivanti dal processo di approvazione e immissione in commercio del farmaco e da raccomandazioni di esperti internazionali in malattie mieloproliferative croniche. Tali raccomandazioni non sono sovrapponibili a quelle dell'oncocarbide, ciò significa che ruxolitinib e oncocarbide sono farmaci diversi con azione farmacologica e indicazioni differenti.
Per quanto riguarda il ruxolitinib, secondo le linee guida ELN-SIE (European LeukemiaNet/Società Italiana di Ematologia; Marchetti, M., et al. "Which patients with myelofibrosis should receive ruxolitinib therapy? ELN-SIE evidence-based recommendations." Leukemia 31.4 (2017)) le indicazioni al trattamento basate su un'analisi di costi/benefici sono le seguenti:
- pazienti con mielofibrosi a rischio intermedio-2/alto e splenomegalia severa e/o sintomatica;
- pazienti con mielofibrosi a rischio intermedio-1 con splenomegalia severa O sintomatica refrattaria a oncocarbide e interferone oppure con splenomegalia severa E sintomatica non precedentemente trattata;
- pazienti con mielofibrosi e sintomi severi (punteggio al questionario MPN10 >44) o prurito severo refrattario (punteggio >6) o calo ponderale importante non volontario (riduzione >10% nei 6 mesi precedenti) o febbre senza altra spiegazione.
Salve egregi ricercatori vorrei capire una cosa: mio marito con trombocitemia essenziale JAK2 e con ipertensione arteriosa, attuali piastrine oscillano 1149, sulle sue ultime analisi che ha fatto praticamente riportano: globuli rossi 6,97; globuli bianchi 11,38; MCH 21,8; MCHC 30,6; MCV 71,3; RDW 15,1; LINFOCITI BASSI A 12,2; MORFOLOGIA ERITROCITARIA MICROCITOSI; POTASSIO 5,4; OSMOLALITA 269; tempo di tromboplastina parziale attivata (APTT) 1,48 ratio alto; tempo di protrombina 1,28, irn alto; fibrinogeno 183 basso.
Poi l'unico nuovo valore che è uscito diverso fino adesso dall'inizio della malattia che ho notato la differenza sulle altri analisi che uscivano sempre 0.00 sono i nrbc che questa volta sono .278 e NR/100W 2.49; il ferro a 31 e la ferritina a 10 il suo punto debole e la fasci addominale e nella utima Tac effetuata risulta: rene sinistro due cisti corticali del diametro massimo di circa 1,8, poi diverticolosi del sigma, poi milza lievemente aumentata di volume 12 cm.
Adesso la sua ematologa gli sta facendo fsre il sangue occulto nelle feci in tre campioni e aspetteremo il risultato, un'altra cosa che gli hanno consigliato di non mangiare alimenti senza semi perché possono perforagli qualche parte anche dietro le ossa per un rischio di operarsi con tutte queste piastrine, e lui gli unici medicinali che prende sono: mezza CARDIOASPIRINA, per la pressione BISOPROLOLO E LODICAND, PROTEZIONE X LO STOMACO E FATTO TERAPIA PER FANGO BILIARE IL DEURSIL CHE ATTUALMENTE NON FA. L'ONCOCARBIDE SOLO UNA VTA DOPO SOSPENSIONE X EMOGLOBINA BASSA E SI E' DECISO DI FARE L'ONCOCARBIDE SOLO SE ARRIVA A 1.500 PIASTRINE.
Scusatemi se mi sono prolungata più di tanto, ma apprezzo molto la vostra opinione e mi domando a che punto sta la sua malattia.
(Lucrezia)
Risposta
Buongiorno Lucrezia,
la valutazione clinica dello stato di malattia di suo marito non può prescindere da una visita specialistica, nella quale possono essere presi in considerazione tutti i parametri clinici e di laboratorio. Le consiglio pertanto di rivolgersi all'ematologo che segue suo marito per avere informazioni complete ed esaurienti.
Buonasera, da alcune settimane mi è stata diagnosticata una Trombocitemia essenziale dopo biopsia osteomidollare. Ho 46 anni e prendo quotidianamente la cardioaspirina. Prima che venissi a conoscenza della malattia avevo programmato un intervento di stapedetomia, soffro infatti di otosclerosi all'orecchio destro.
Vorrei domandarvi se allo stato attuale mi consigliereste ancora di sottopormi all'intervento, quali sono i rischi, e come mi dovrei comportare con la cardioaspirina, fermo restando che chiaramente coinvolgerò nella decisione anche l'ematologo che mi segue e l'otorino. Cordiali saluti.
(Alessandro)
Risposta
Buongiorno Alessandro,
non ritengo esista alcuna controindicazione all'intervento di stapedectomia. Tuttavia, è necessario ricordare che, in caso di intervento chirurgico, la presenza di una trombocitemia essenziale incrementa il rischio sia di trombosi (per la natura della malattia ematologica in sé) che di sanguinamento (per la concomitante terapia anticoagulante e/o antiaggregante). E' pertanto importante che il chirurgo e l'ematologo di riferimento si scambino tutte le informazioni necessarie e concordino la strategia più adatta a prevenire queste complicazioni.
Generalmente, in caso di terapia con farmaci antiaggreganti o anticoagulanti, può essere necessario sospenderli da 5 a 10 giorni prima dell'intervento. Tuttavia, per interventi di chirurgia minore (come per esempio le cure dentistiche o l'asportazione di un neo), è anche possibile non procedere alla sospensione di questi farmaci, oppure effettuare solo una breve sospensione di pochi giorni.
Salve volevo un informazione: ho fatto le analisi e ho le piastrine a 54.000 devo preoccuparmi? Grazie in anticipo.
(Marianna)
Risposta
Buongiorno Marianna,
una conta piastrinica normale è generalmente compresa tra 150.000/uL e 450.000/uL. Pertanto la presenza di 54.000/uL probabilmente sottende la presenza di un processo patologico. Le consiglio pertanto di rivolgersi al suo medico curante per approfondimenti.
Buongiorno, la recente segnalazione che il methotrexate abbia azione sul JAK2, può far aprire nuove prospettive nel trattamento delle nostre patologie?
(Fernando)
Risposta
Buongiorno Fernando,
il methotrexate è un chemioterapico che agisce come antimetabolita (antagonizzando l'azione dell'acido folico in funzioni essenziali per la cellula), di uso consolidato in patologie che riguardano il sistema immunitario e non solo. Nel corso degli ultimi anni, sono stati condotti diversi studi (in laboratorio, su linee cellulari e modelli animali) che hanno suggerito una possibile attività inibitoria del methotrexate sulla via di segnalazione di JAK-STAT, che rappresenta uno dei cardini biologici delle malattie mieloproliferative croniche. In particolare, su modelli murini di policitemia vera e trombocitemia essenziale è stata osservato che il methotrexate somministrato a basse dosi è in grado di inibire la via di JAK-STAT determinando una normalizzazione dei valori ematici e una riduzione della splenomegalia, in modo analogo al ruxolitinib ma con una tossicità minore sul midollo osseo.
Sulla base di questi dati è stato suggerito che il trattamento con basse dosi di methotrexate per via orale possa essere una valida alternativa terapeutica nella gestione dei pazienti con malattie mieloproliferative croniche. Si tratta naturalmente di dati preliminari e non maturi, derivando da sperimentazioni eseguite al massimo su modelli murini. E' possibile che, sulla base delle osservazioni fin qui raccolte, venga disegnato in futuro uno studio clinico allo scopo di valutare la reale utilità del methotrexate nel trattamento delle malattie mieloproliferative croniche.
Buongiorno,
ho 52 anni e sono affetto da policitemia vera dal 2009, in trattamento con oncocarbide dal 2014 oltre a salassi. La policitemia è in remissione con emocromo nei limiti e non splenomegalia.
Dopo diversi esami mi è stata diagnosticata una polineuropatia cronica sensitivo-motoria a maggior espressione negli arti inferiori (non dipendente da problemi alla colonna) manifestatasi con problemi sensitivi motori ai piedi! Il sintomo si è presentato circa sei mesi fa ed in questi mesi non c'è stata remissione ma neanche un peggioramento. So che di norma l'Oncocarbide non provoca questi disturbi ma un eminente ematologo mi ha riferito che ha avuto dei casi!
Immagino che l'unico modo per dimostrarne la concausa sia sospendere il trattamento! Per quanto tempo... ipoteticamente, secondo il vostro giudizio? Quale terapia alternativa potrei intraprendere nel periodo in questione? E' vero che con Jakavi il rischio di polineuropatia è ancora più elevato?
Ultima domanda, che probabilità c'è che sia un "regalo" della malattia?
Grazie per le vostre risposte.
(Giovanni)
Risposta
Buongiorno Giovanni,
in linea generale, la neuropatia da farmaci è piuttosto frequente e trasversale, potendo interessare farmaci specifici impiegati in ambito oncologico ed ematologico, così come farmaci di più generico utilizzo.
Per quanto riguarda l'idrossiurea (Onco Carbide), pur non potendo escludere aprioristicamente un nesso causale con il quadro neuropatico da lei riferito, è altamente improbabile che il farmaco sia responsabile della polineuropatia. Pertanto, non riterrei indicata la sospensione dell trattamento con idrossiurea, anche solo per valutare ex juvantibus l'eventuale contributo del farmaco.
All'interno della classe dei farmaci JAK-inibitori, vi sono alcune molecole, come ad esempio il momelotinib, per le quali sono stati descritti alcuni casi di neuropatia periferica potenzialmente correlati al trattamento con il farmaco. Più controversa è la questione riguardante ruxolitinib, per cui esistono alcune segnalazioni, sebbene ad oggi non sia possibile definire un nesso di causalità. Questo è dovuto principalmente al fatto che i pazienti erano in terapia con più farmaci allo stesso tempo (alcuni dei quali potevano contribuire o spiegare la neuropatia) e che non sono stati osservati chiari segnali di miglioramento dei sintomi neuropatici dopo riduzione o sospensione della farmaco.
Infine, è altamente improbabile che la sua polineuropatia cronica sia legata alla malattia ematologica di base. Considerando che le possibili cause di neuropatia periferica sono molteplici e comprendono, oltre ai farmaci, anche disturbi metabolici come diabete mellito, malattie infiammatorie croniche, carenze nutrizionali e vitaminiche e malattie renali croniche, le consiglierei di valutare con i suoi Curanti la presenza di altre possibili cause del quadro neuropatico.
Buongiorno,
leggo che la sopravvivenza media dei pazienti con mielofibrosi è circa 6 anni. Vi chiedo, se potete, di quanto il Ruxolitinib allunghi la sopravvivenza.
Ho 62 anni, JAK2 positivo, cariotipo normale, diametro splenico 20 cm, Hb 11.5 g/dl, Plt 265000/mm3, GB 8500 con formula normale, LDH 1050 U/l. Mielofibrosi secondaria a policitemia vera da 5 anni. Assumo Ruxolitinib 5 mg x 2 a causa di sepsi con dosaggi superiori.
Grazie,cordiali saluti
(Enrico)
Risposta
Buongiorno Enrico,
i dati sul beneficio apportato dalla terapia con ruxolitinib in termini di sopravvivenza derivano da un'analisi dei dati combinati dei due studi registrativi COMFORT-I and COMFORT-II (Verstovsek, Srdan, et al. "Long-term survival in patients treated with ruxolitinib for myelofibrosis: COMFORT-I and-II pooled analyses." Journal of hematology & oncology, 2017).
L'analisi a 5 anni sulla popolazione con mielofibrosi a rischio intermedio-2 o alto trattata con ruxolitinib ha mostrato una sopravvivenza a 5 anni pari al 57,5% nei pazienti trattati con ruxolitinib, mentre nei pazienti trattati con la migliore terapia disponibile o con placebo la sopravvivenza a 5 anni è risultata pari al 48,5%. Complessivamente, è stato osservato una riduzione del rischio di decesso pari al 30% con il trattamento con ruxolitinib rispetto al gruppo di controllo.
Inoltre, dopo aver corretto i dati tenendo conto del crossover dei pazienti in trattamento con migliore terapia disponibile o placebo verso ruxolitinib, si è visto che i pazienti assegnati fin dall'inizio al trattamento con ruxolitinib hanno avuto una sopravvivenza oltre due volte superiore rispetto a quelli assegnati al trattamento di controllo. Infine, il vantaggio in termini di sopravvivenza associato alla terapia con ruxolitinib è risultato indipendente dalla presenza di anemia all'inizio del trattamento con ruxolitinib o di fabbisogno trasfusionale dopo 6 mesi dall'inizio del trattamento.
Buonasera,
mio suocero è affetto da trombocitemia essenziale e gli viene somministrato oncologica carbone 500: 2 giorno. Può dare problemi alla respirazione?
(Massimo)
Risposta
Buongiorno Massimo,
dal suo quesito mi sembra di capire che suo padre è in trattamento con Onco Carbide (o idrossiurea) al dosaggio di 1 compressa 2 volte al giorno. L'Onco Carbide è un farmaco citoriduttivo di solito ben tollerato generalmente non associato ad effetti avversi a carico dell'apparato respiratorio.
Salve, spiego un po' la mia situazione: mia mamma è affetta da mielofibrosi di tipo II da circa un anno e fa terapia con ruxolitinib. Ha 65 anni, volevo avere qualche informazione in più riguardo la malattia e l'aspettativa di vita.
Ringrazio in anticipo.
(Mariangela)
Risposta
Buongiorno Mariangela,
non so cosa intenda per mielofibrosi di tipo II. Le cosiddette malattie mieloproliferative croniche Philadelphia-negative comprenderono 3 entità: la policitemia vera, la trombocitemia essenziale e la mielofibrosi.
Si riconoscono 2 principali tipi di mielofibrosi: la mielofibrosi secondaria, cosiddetta perché deriva dall'evoluzione fibrotica di una precedente policitemia vera o trombocitemia essenziale, e la mielofibrosi primitiva (o primaria), che al contrario esordisce come tale in assenza di una pregressa storia di policitemia vera o trombocitemia essenziale.
Per quanto riguarda l'aspettativa di vita, secondo dati recenti la sopravvivenza mediana di tutti i pazienti affetti da mielofibrosi è di circa 6 anni (Tefferi, Ayalew, et al. "Long-term survival and blast transformation in molecularly annotated essential thrombocythemia, polycythemia vera, and myelofibrosis." Blood124.16 (2014)). Esistono tuttavia specifici modelli prognostici che, sulla base di una serie di variabili relative alle caratteristiche del paziente (ad es. l'età) e della malattia (ad es. il valore di emoglobina, globuli bianchi e piastrine, oppure le alterazioni citogenetiche e le mutazioni genetiche) consentone di classificare la malattia in diverse "classi di rischio" con diversa aspettativa di vita.
Sono malata da 5 anni di mielofibrosi primaria. Dopo qualche anno travagliato con emo e piastrine sempre molto basse e conseguenti trasfusioni, mi sono ora stabilizzata con il Ruxo ed iniezioni di Neurocormonn, 2 a settimana. Il problema è che adesso mi sono comparsi dei fortissimi dolori alle mani, alle braccia e ai piedi, specialmente di notte. Ora, escludendo una probabile artrosi alle mani, è possibile che questi dolori siano causati dalla mielo?. Ho sentito parlare di "citochine" e vorrei saperne di più. Grazie per la vostra cortesia.
(Stefania)
Risposta
Buongiorno Stefania,
una delle caratteristiche tipiche della mielofibrosi è l'emopoiesi extramidollare, ovvero la presenza di progenitori normalmente presenti solo all'interno del midollo osseo che vengono "espulsi" dal midollo fibrotico e si accumulano in altri organi, tra cui milza, fegato e, in misura minore, linfonodi, polmoni, parete addominale interna, vertebre e segmenti ossei degli arti. Quando l'emopoiesi extramidollare si localizza a livello delle ossa degli arti, tipicamente delle estremità (mani, piedi e relative dita), possono comparire importanti dolori ossei talora scarsamente responsivi alla terapia antidolorifica.
Per quanto riguarda le citochine, si tratta di sostanze prodotte dalle diverse cellule del sangue che fungono da "messaggeri" chimici, consentendo la comunicazione tra le cellule dell'organismo e quindi l'esecuzione di numerosi funzioni biologiche dell'organismo. Nella mielofibrosi, la produzione aberrante di citochine è responsabile di alcune manifestazioni cliniche tipiche di questa malattia, tra cui la febbricola, la sudorazione, il calo ponderale, ecc..
Gentili Dottori,
ho 35 anni e quattro anni fa mi hanno diagnosticato la trombocitemia essenziale.
Mi chiedevo, quando il prurito dopo le docce e il formicolio si presenteranno? Sono correlati all'aumento di piastrine? Visto che sono così giovane qual è la prospettiva di vita?
(Jessica)
Risposta
Buongiorno Jessica,
il prurito acquagenico (cosiddetto perché tipicamente compare o si accentua in seguito al contatto con l'acqua) e il formicolio (o parestesie) sono sintomi tipici delle malattie mieloproliferative croniche, in particolare della policitemia vera e della trombocitemia essenziale. Tuttavia solo una parte dei pazienti riferisce tali sintomi all'esordio o durante il decorso della malattia, e in alcuni casi possono essere entrambi assenti. Il prurito è verosimilmente legato alla produzione di citochine, particolari molecole prodotte dalle cellule del sangue che fungono da "messaggeri" chimici dell'organismo. Il formicolio, invece, è generalmente legato all'aumento dell viscosità del sangue legata all'incremento di globuli rossi e/o di aggregati piastinici a livello dei piccoli vasi del corpo, tipicamente a livello di mani e piedi.
Per quanto riguarda l'aspettativa di vita nei pazienti con trombocitemia essenziale, secondo studi recenti la sopravvivenza mediana è di circa 20 anni. Considerando solo pazienti di età inferiore a 60 anni, la sopravvivenza mediana aumenta a circa 33 anni.
Gent.mi Ricercatori, da quando mi è stata diagnosticata la policitemia, circa tre anni fa, ho praticato, al bisogno, salassi e, da circa un anno, assumo quotidianamente aspirina (100 mg).
Da alcuni giorni avverto un certo prurito alle braccia che non è acquagenico (conosco bene il prurito alle gambe di tale natura). Potrebbe trattarsi di allergia al farmaco? Ma dopo tanto tempo dall'assunzione? E, in questo caso, cosa fare?
A proposito di fedratinib non ho capito se detto farmaco è un inibitore di JAK2 e, quindi, potrà essere usato in policitemia in prima linea o se è efficace in mielofibrosi.
Con quali test specifici un policitemico potrà conoscere se con molta probabilità la sua malattia evolverà in mielofibrosi?
Tengo in molta considerazione le vostre opinioni e non gradisco molto il diplomatico suggerimento di rivolgermi al MIO EMETOLOGO. Lo faccio sempre ma Voi mi siete tanto simpatici. Vi ringrazio tanto per la vostra opera e vi saluto cordialmente Demetrio.
(Demetrio)
Risposta
Buongiorno Demetrio,
il prurito da lei riferito è poco verosimilmente legato all'aspirina, farmaco che (come ha ben detto) assume ormai da diversi mesi ed è generalmente ben tollerato. Piuttosto, tenderei a correlarlo alla policitemia vera, pur non essendo "acquagenico".
Per quanto riguarda il fedratinib, si tratta come per il ruxolitinib di un inibitore di JAK. Recentemente, il fedratinib è stato approvato da parte dell'ente regolatorio statunitense (FDA, Food and Drug Administration) per il trattamento in prima linea della mielofibrosi, ed è attualmente in studio in altri trial clinici come terapia di seconda linea in pazienti precedentemente trattati con ruxolitinib.
Infine, non esistono test specifici per stimare la probabilità di evoluzione della policitemia vera in mielofibrosi. Secondo dati provenienti dalla letteratura scientifica, il rischio cumulativo di evoluzione fibrotica è pari al 5-6% a 10 anni e al 26% a 20 anni (Cerquozzi, S., and Ayalew Tefferi. "Blast transformation and fibrotic progression in polycythemia vera and essential thrombocythemia: a literature review of incidence and risk factors." Blood cancer journal 5.11 (2015): e366).
Buongiorno, ho 55 anni, milza 11,5 cm, piastrine oltre il milione, globuli bianchi 12.000 e rossi appena superiori alla norma, rdw alto e mcv basso, emoglobina nella norma, tutti altri valori a posto, mi hanno diagnosticato la mielofibrosi, ma secondo i parametri e la vostra esperienza è corretta la diagnosi?
Sto bene, non stanchezza, sono leggermente dimagrito, soprattutto ho perso massa muscolare, ho soltanto dolori alla schiena dovuti probabilmente ad ernie del disco pregresse. Assumo 2 oncocarbide da 500 al giorno, sono preoccupato e un po' scettico sulla diagnosi.
Grazie per quello che fate per tutti noi.
(Claudio)
Risposta
Buongiorno Claudio,
sono desolato ma è assolutamente impossibile porre o confermare una diagnosi di mielofibrosi sulla base dei dati forniti e per via "informatica". L'unica cosa che posso dire è che la sintomatologia (calo ponderale) e l'assetto emocromocitometrico (valori di globuli bianchi, emoglobina e piastrine) possono rientrare nel quadro clinico della mielofibrosi.
Salve egregi ricercatori, vorrei capire una cosa: mio marito con trombocitemia essenziale JAK2 e con ipertensione arteriosa, attuali piastrine 1138, sta facendo accertamenti sulla talassemia e dai risultati il suo ferro totale è 31 su 65/175 e la ferritina 10 su 26/388, la domanda è questi ferro e ferritina bassi, che ha, sono dovuti alla sua malattia? Anche perché per questi valori non mi hanno fatto risposta al 100% per sapere se ha la talassemia o ne è portatore, e comunque un altra cosa che mi hanno detto che i suoi globuli rossi sono microcitosi cioè piccoli e dovrebbe fare un altro esame per dare certezza al 100%. I suoi globuli rossi attualmente sono 6.500 e ematocrito 47.6. Grazie mille per la risposta.
(Lucrezia)
Risposta
Buongiorno Lucrezia,
la microcitosi (ridotto volume dei globuli rossi) può essere correlata ad una varietà di condizioni patologiche e non patologiche. Sicuramente rientra tra le caratteristiche peculiari della talassemia, in particolare della cosiddetta beta-talassemia minor o anemia mediterranea, una condizione geneticamente determinata relativamente frequente in alcune aeree d'Italia (Sicilia, Sardegna, aree costiere meridionali, delta del Po) che può essere indagata con un esame del sangue noto come elettroforesi emoglobinica (oltre ad altri esami più generali tra cui emocromo, indici di stato marziale, ecc.).
Allo stesso tempo, la microcitosi può essere correlata ad una carenza di ferro, documentabile con una riduzione dei livelli ematici di ferro e ferritina (come nel caso di suo marito), che nei pazienti portatori di anemia mediterranea può contribuire ad aggravare la microcitosi dei globuli rossi e dovrebbe quindi essere corretta, quando possibile.
Si rivolga al suo medico curante o all'ematologo che la segue per avere maggiori informazioni.
Policitemia vera diagnosticata 3 anni fa, in trattamento con idrossiurea 500 mg/die. Buon controllo emocromo eseguito ogni mese. L'ultimo, eseguito 10 gg fa, presenta GR più grandi oltre il normale senza anemia (HB 14,5) e il loro numero è passato da 5.000.000 a 3.500.000.
Domanda: questo dato ha un qualche significato nella evoluzione della malattia o altro?
(Fabrizio)
Risposta
Buongiorno Fabrizio,
la comparsa di macrocitosi (aumento delle dimensioni dei globuli rossi) rappresenta un effetto ben noto e non correggibile del trattamento con idrossiurea e non deve destare alcuna preoccupazione. La riduzione dei globuli rossi in presenza di un valore di emoglobina nella norma difficilmente è correlabile ad un evoluzione della malattia, che tuttavia non può essere esclusa a priori con i pochi dati a disposizione. Si rivolga al suo ematologo curante per ulteriori informazioni.
Salve, ho 63 anni con PV da 10. Al momento la malattia viene ben controllata attraverso due compresse al giorno di Jakavi, 15 mg, sempre in associazione con Aciclovir da 400 mg. In vista della stagione invernale, è consigliabile praticare il vaccino pneumococco avendo avuto in passato una polmonite e soffrendo spesso di bronchite con tosse? Grazie.
(Enzo)
Risposta
Buongiorno Enzo,
non esistono linee guida ben definite per la politica vaccinale nei pazienti con malattie mieloproliferative croniche in trattamento con farmaci in grado di agire sul sistema immunitario come il ruxolitinib. Sicuramente, la vaccinazione antipneumococcia può essere presa in considerazione, specie in presenza di precedenti eventi infettivi significativi, e non trova alcuna controindicazione.
Si rivolga al suo medico curante o all'ematologo che la segue per discuterne.
Gentili ricercatori,
mio padre - 82 anni - dopo una diagnosi risalente a 7 anni fa di mielofibrosi, una cura con ruxolitinib - che ha causato un crollo delle piastrine - Per un impennata improvvisa di globuli bianchi- 54.000!- ha affrontato poca chemioterapia, purtroppo interrotta per un virus intestinale. La cura di antibiotici ha peggiorato ulteriormente la conta piastrinica così come i risultati di emoglobina e bianchi E' ora arrivato ad una situazione di pancitopenia che lo costringe a frequentissime trasfusioni, l'unico sollievo rimastogli.
Vorrei notizie riguardo al PRM-151 anche in riferimento ad un recentissimo congresso europeo (Giugno 2019). Ad oggi è l'unico farmaco che contrasta la fibrosi de midollo...? Non è disponibile in Italia?
Grazie.
(Alessandra)
Risposta
Buongiorno Alessandra,
il PRM-151 è una piccola molecola di nuova generazione disegnata sulla base di un peptide naturalmente prodotto dal fegato umana (chiamato amiloide sierica P o pentraxin 2). In modelli animali di mielofibrosi, questa molecola si è dimostrata in grado di prevenire e far regredire la fibrosi attraverso l'inibizione della differenziazione di una specifica popolazione cellulare responsabile della deposizione di tessuto fibroso, i fibrociti.
Nella prima parte di uno studio prospettico di fase 2, il PRM-151 (in alcuni casi in associazione a ruxolitinib) ha dimostrato efficacia nel ridurre la fibrosi midollare, nel migliorare il grado di anemia e piastrinopenia, nel ridurre il fabbisogno trasfusionale, i sintomi e, in misura minore, la splenomegalia.
All'ultimo congresso europeo (EHA), recentemente svoltosi ad Amsterdam, sono stati presentati i risultati della seconda parte dello studio che ha coinvolto 97 pazienti con mielofibrosi primaria e secondaria ad alto rischio non candidabili, intolleranti o refrattari al trattamento con ruxolitinib, randomizzati ad assumere 3 diversi dosaggi di PRM-151 in monoterapia (0.3 mg/kg, 3.0 mg/kg, 10 mg/kg). Lo studio ha mostrato che il farmaco, pur non essendo particolarmente efficace nel ridurre le dimensioni della milza o l'intensità dei sintomi, è stato in grado di ridurre il grado di fibrosi midollare nel 25-30% dei casi, un miglioramento dell'anemia e/o del fabbisogno trasfusionale di globuli rossi nel 16-30% dei casi, e un miglioramento della piastrinopenia e/o del fabbisogno trasfusionale di piastrine nel 30-40% dei casi, senza differenze significative tra i 3 dosaggi. Il farmaco si è inoltre dimostrato ben tollerato, con effetti avversi non severi tra i quali i più comuni sono stati fatica, tosse, calo ponderale e piastrinopenia. I risultati sono complessivamente promettenti, tuttavia è necessario attendere i risultati definitivi dello studio in base ai quali verrà delineato lo sviluppo futuro del farmaco e l'eventuale svolgimento di uno studio di fase 3, necessario per la futura commercializzazione del farmaco.
Buongiorno,
qual è la differenza tra TE e mielofibrosi relativamente ai valori del sangue? Grazie mille.
(Paolo)
Risposta
Buongiorno Paolo,
la trombocitemia essenziale si caratterizza tipicamente per un incremento significativo della conta piastrinica (che per definizione diagnostica deve essere superiore a 450.000/uL), con conta leucocitaria ed emoglobina generalmente nella norma, sebbene in alcuni casi sia possibile osservare anche un loro incremento.
La mielofibrosi, invece, si caratterizza per un alterazione più variabile delle cellule del sangue: mentre l'emoglobina risulta generalmente ridotta, sia i globuli bianchi che le piastrine possono presentarsi incrementati o ridotti in entità estremamente variabile. Tipico della mielofibrosi, inoltre, è la presenza nel sangue di cellule immature: si tratta di globuli bianchi che di solito si trovano esclusivamente nel midollo osseo, piastrine di dimensioni giganti e globuli rossi non maturi.
Salve, ho 55 anni e da 7 soffro di policitemia vera; mi assento dal lavoro per fare i salassi periodicamente quasi ogni 2 mesi. Potrei usufruire della legge 104 per assentarmi dal lavoro?. In attesa grazie.
(Normanno)
Risposta
Buongiorno Normanno,
come per tutti i cittadini che si trovino in stato di necessità per indigenza o invalidità, anche nei pazienti affetti da malattie mieloproliferative croniche sono previste norme di protezione sociale. Per accedere alle misure di assistenza sociale è necessario che sia accertato lo status di invalido civile o di persona con handicap, come stabilito dalla legge 104/1992. L'invalidità civile consente di accedere ad alcuni benefici e provvidenze economiche. L'handicap con connotazione di gravità è invece la condizione per fruire di alcune agevolazioni lavorative. Si suggerisce sempre di richiedere entrambi gli accertamenti.
Il riconoscimento di invalidità e di handicap si avvia rivolgendosi al proprio medico di famiglia o a uno specialista autorizzato dall'INPS che redige il cosiddetto certificato introduttivo. Questo certificato, redatto telematicamente sul sistema INPS, riporta la patologia (diagnosi), l'anamnesi, la terapia farmacologica in atto e i dati del cittadino finalizzati alla successiva domanda di accertamento. È fondamentale che il medico annoti nel certificato che l'interessato è affetto da una patologia oncologica perché questa precisazione dà diritto a un percorso accelerato di accertamento (entro 15 giorni dalla domanda) e di riconoscimento. Il medico rilascia all’interessato una ricevuta dell’inserimento del certificato nel sistema INPS.
A questo punto è possibile presentare la domanda di accertamento vera e propria. Lo si può fare autonomamente entrando nel sistema informatico INPS oppure rivolgendosi a un patronato sindacale o un'associazione autorizzata. Dopo la presentazione della domanda, l'interessato riceve la formale convocazione a visita presso la ASL o presso l'INPS. Durante la visita presso la Commissione ASL o INPS l'interessato può farsi assistere, a proprie spese, da un medico di fiducia, ma soprattutto è importante presentare copie della documentazione sanitaria utile alla valutazione (es. referti ed esami recenti, relazioni specialistiche, lettere di dimissioni ospedaliere).
La visita si conclude con un verbale che successivamente verrà inviato all'interessato. Nel caso dei malati oncologici, e quindi anche delle persone con malattie mieloproliferative croniche, è prevista una consegna tempestiva del verbale e un immediato accesso a tutte le agevolazioni e prestazioni per invalidità civile e handicap, salvo successive verifiche.
Il verbale di invalidità riporta la percentuale accertata e le eventuali condizioni sanitarie per la concessione dell'indennità di accompagnamento. Il verbale di handicap indica se è stata rilevata la connotazione di gravità (art. 3, comma 3) oppure no (art. 3, comma 1).
Se l'invalidità riconosciuta comporta la concessione di provvidenze economiche (pensioni, assegni, indennità), una successiva comunicazione dell'INPS richiederà ulteriori informazioni (reddito personale, ricovero, numero di conto su cui versare le provvidenze). In entrambi i verbali può essere indicata una successiva data di revisione. Provvederà l’INPS a convocare la persona a nuova visita.
Il verbale e i relativi benefici continuano a valere anche oltre la data di scadenza fintanto che l'iter di revisione non è stato completato. Nel caso in cui le condizioni di salute si aggravino nel tempo è possibile, seguendo lo stesso iter (medico, domanda, visita), richiedere un nuovo accertamento di invalidità o di handicap.
Contro le decisioni assunte dalla Commissione si può presentare ricorso presso il Giudice competente entro 180 giorni dalla notifica del verbale. In tal caso è necessario farsi assistere da un legale anche tramite un patronato sindacale.
Buongiorno,
nella mielofibrosi è preferibile eseguire trapianto di midollo osseo da donatore esterno oppure da familiare?
(Massimo)
Risposta
Buongiorno Massimo,
come nella maggior parte delle malattie onco-ematologiche, anche nei pazienti con mielofibrosi candidati al trapianto di midollo osseo, inizialmente si procede con la ricerca di un donatore compatibile familiare. Qualora non fosse disponibile, viene quindi attivata la ricerca di un donatore compatibile non familiare all'interno di registri internazionali.
Buongiorno dottori, quali sono le novità sull'IMETELSTAT? E' vero che il farmaco in questione può far recedere la MF?
(Giuseppe)
Risposta
Buongiorno Giuseppe,
Imetelstat è una piccola molecola in grado di inibire le telomerasi, enzimi cellulari preposti al mantenimento dell'integrità dei cromosomi presente sia nelle cellule normali che in quelle malate, particolarmente nei pazienti con mielofibrosi.
Un primo studio pilota ha mostrato risultati promettenti, con un buon tasso di risposta (21%) e una regressione completa delle fibrosi midollare nei pazienti che hanno ottenuto una remissione completa (e solo in questa categoria di pazienti), a scapito tuttavia di una tossicità midollare (soprattutto in termini di piastrinopenia e neutropenia) ed epatica non trascurabile [Tefferi A, Lasho TL, Begna KH, et al. A pilot study of the telomerase inhibitor imetelstat for myelofibrosis. N Eng J Med 2015]. Studi successivi hanno dimostrato una selettività dell'azione dell'imetelstat sulle cellule malate dei pazienti affetti da mielofibrosi rispetto alle cellule sane.
Attualmente l'Imetelstat è in fase di sperimentazione in pazienti con mielofibrosi a rischio intermedio-2 o alto che sono risultati refrattari o intolleranti al trattamento con un inibitore di JAK (https://clinicaltrials.gov/ct2/show/NCT02426086 ).
Buonasera,
sono affetta da mielofibrosi da 6 anni. A fine luglio le piastrine erano a 120000 e l'emoglobina a 12. A oggi sono ricoverato da una settimana perché rifacendo gli esami per eccessiva stanchezza, ho avuto un calo emoglobina 6 piastrine 42000. Dopo 4 sacche trasfuse i valori non si sono ancora alzati. È possibile che la malattia si sia "svegliata" così all'improvviso?
A inizio luglio ho avuto una reazione allergica ad un antibiotico, può aver dato il via ad una progressione della malattia?
(Veronica)
Risposta
Buongiorno Veronica,
non è possibile valutare a distanza l'eventuale evoluzione della sua mielofibrosi. Sicuramente i medici che l'hanno attualmente in cura stanno mettendo in atto tutti gli accertamenti necessari per determinare le cause della comparsa improvvisa dell'anemia e della piastrinopenia. L'unica cosa che posso escludere con certezza è la correlazione tra la reazione allergica all'antibiotico e un'eventuale progressione della malattia.
Buongiorno,
ho 62 anni, sono affetto da mielofibrosi con splenomegalia di 23 cm, (post policitemia) in trattamento con Ruxolitinib. Negli ultimi due anni ho avuto due episodi settici a partenza cutanea, mentre assumevo 10 + 5 mg, che mi hanno messo in pericolo di vita. Per questo motivo il dosaggio del farmaco, che è comunque efficace, è 5 mg x 2. Durante il periodo di sospensione per le setticemie la milza era cresciuta enormemente. Sono vaccinato contro Influenza, Meningococco, Pneumococco ed Emofilo. Mi è stato sconsigliato di tenere animali in casa. Cosa ne pensate?
Grazie e cordiali saluti.
(Bruno)
Risposta
Buongiorno Bruno,
gli animali domestici possono essere veicolo di infezioni, che in alcuni casi possono risultare particolarmente pericolose in soggetti (come lei) in cui il trattamento con ruxolitinib determina una condizione di immunocompromissione che predispone allo sviluppo e alla rapida evoluzione di infezioni anche sistemiche. Per questo motivo il contatto diretto con animali domestici può risultare pericoloso. Tuttavia, in presenza di adeguate norme veterinarie e comportamentali, ritengo possibile la presenza di animali domestici in casa.
Buonasera,
ho 38 anni, diagnosticata pv nel 2010 e ora diagnosi di mielofibrosi pre-fibrotica. Quanto tempo intercorre, solitamente, tra la fase pre-fibrotica e quella fibrotica?
Grazie mille per il riscontro.
(Vanessa)
Risposta
Buongiorno Vanessa,
non è possibile stimare un tempo medio di evoluzione della mielofibrosi pre-fibrotica (pre-PMF) in mielofibrosi franca, tuttavia sono disponibili diversi studi che prendono in considerazione le caratteristiche cliniche e la storia naturale di questa malattia. Secondo uno di questi studi, il rischio di progressione verso una forma di mielofibrosi franca è di circa 1/100 pazienti l'anno [Thiele, Jürgen, et al. "Essential thrombocythemia versus early primary myelofibrosis: a multicenter study to validate the WHO classification." Blood 117.21 (2011)]. Il rischio di evoluzione è determinato da numerosi fattori demografici, ematologici, istologici e molecolari. Sempre secondo lo studio di cui prima, fattori associati alla progressione in mielofibrosi franca includono l'età avanzata, l'anemia e l'assenza ddella mutazione del del gene JAK2.
Buongiorno, diagnosi TE nel 2004 con JAK2 positivo, negli anni piastrine sempre in aumento altri valori nella norma. A maggio piastrine oltre il milione e 200 mila, aumento dei globuli bianchi oltre 11.000 e globuli rossi appena sopra il valore di norma, mcv basso e esame addominale nella norma, è giusta la diagnosi di mielofibrosi? Grazie mille per la professionalità.
(Valentina)
Risposta
A distanza non è possibile valutare la correttezza di una diagnosi come quella di mielofibrosi, che richiede l'integrazione di tutti gli elementi clinici e di laboratorio e una accurata valutazione specialistica.
Ho 64 anni, ho fumato per 50 anni, da 8 anni se non prendo cortisone, 10 mg, mi viene la febbre, e sto bene prendo il cortisone lo prendo senza diagnosi, cosa può essere? In attesa di un vostra risposta un saluto.
(Salvatore)
Risposta
Questo spazio è dedicato a informazioni di carattere generale, terapeutico e scientifico sulle malattie mieloproliferative, e chiaramente non può sostituirsi alla valutazione clinica da parte di un medico di medicina generale o specialista, ai quali La rimandiamo per il quesito posto.
Buongiorno Dottori.
A seguito di tvp alla vena poplitea destra, successiva ad immobilizzazione di una settimana dovuta a complicanze di intervento di ernia inguinale dx. Trombo risolto in 40 gg senza residui con terapia Lixiana 60. Fatto JAK2 risultato positivo con carica allelica inferiore al 50%. Ematocrito post intervento 53%. Sospetta Policitemia vera.
Ho fatto 3 salassi portando ematocrito al 48% e ho in programma il quarto e il 4/9 farò prelievo midollo.
Da mesi ho formicolio. Inizialmente a mano e braccio sx, poi si è esteso alla gamba sx dal piede fino a sopra il ginocchio, poi alla gamba dx con identica estensione, infine da alcuni giorni a mano e braccio dx. Fatto visita ortopedica e neurologica senza esito. Secondo voi questo formicolio fisso, anche in piscina lo sento, può essere causato dal Lixiana che continuo ad assumere o può essere uno dei sintomi della policitemia? Grazie.
(Francesco)
Risposta
A distanza non è possibile stabilire le cause dei sintomi che riferisce: è necessaria una visita specialistica in cui debbono essere integrati tutti i parametri clinici e di laboratorio.
In termini generali, nella policitemia vera i formicolii alle estremità degli arti possono far parte dei cosiddetti disturbi del microcircolo, che solitamente migliorano con il controllo dell'ematocrito e con l'assunzione della terapia antiaggregante con aspirina a basse dosi.
Dopo tre mesi di xagrid le piastrine non si abbassano cosa significa?
(Jenny)
Risposta
L'interpretazione di questo dato clinico non può essere effettuata a distanza perché non può prescindere dalla valutazione integrata di tutti i parametri clinici e di laboratorio.
In termini generali, l'effetto dell'anagrelide può essere modulato nel dosaggio per controllare la conta piastrinica.
Ho 63 anni e sono JAK-2 positivo. Col trascorrere del tempo sono passato da trombocitemia essenziale a policitemia vera a mielofibrosi. Ho sempre seguito scrupolosamente le prescrizioni (dapprima Idrossiurea, poi Interferone, infine Ruxolitinib). Vorrei sapere se attualmente c'è modo di impedire questa evoluzione o se è imprevedibile a priori.
Grazie.
(Aurelio)
Risposta
Vi sono alcuni parametri clinici e biologici che permettono si stimare il rischio dell'evoluzione in mielofibrosi. Tuttavia, allo stato attuale non esistono approcci farmacologici che si possano impiegare per prevenire l'evoluzione.
Ci sono novità per la sperimentazione del fedratinib, pacritinib e momelotinib?
Grazie.
(Donato)
Risposta
Il Fedratinib è stato approvato molto recentemente da parte dell'ente regolatorio statunitense FDA per il trattamento della mielofibrosi e verrà ulteriormente testato nell'ambito di protocolli clinici.
Il Pacritinib è tuttora in fase di studio all'interno di protocolli clinici: si è appena concluso uno studio di fase 2 ed è in fase di attivazione uno studio di fase 3, randomizzato.
In quanto a Momelotinib, al momento non è in programma a breve una fase concreta di ulteriori sviluppo del farmaco.
JAK 2 positivo, inizialmente piastrine 920, dopo assunzione di oncocarbide per tre mesi, 2 al giorno, poi da due mesi, 1 al giorno, emocromo normale in tutto tranne queste anomalie: eritrociti 3,43; emoglobina 12,2; MCV vol. cell. 110.7; mch-hb 35,6; piastrine 451; che ne pensate? Grazie!
Risposta
L'interpretazione degli esami che riporta non può essere fatta a distanza perché non può prescindere dalla valutazione integrata di tutti i parametri clinici e di laboratorio, per cui Le consiglio di fare riferimento al Suo ematologo.
Buongiorno,
vorrei sapere se per un paziente affetto da Trombocitemia essenziale è possibile, in caso non sia stato possibile trovare un donatore per un trapianto allogenico, ricorrere ad un trapianto autologo.
Grazie, cordiali saluti.
(Ilaria)
Risposta
Nella trombocitemia essenziale il trapianto allogenico di cellule staminali emopoietiche non viene effettuato in quanto i rischi legati al trattamento sarebbero nettamente superiori ai rischi legati alla malattia. Il trapianto autologo non offre alcun vantaggio rispetto alla gestione farmacologica della malattia.
Ci commentate per favore la notizia della approvazione del fedratinib da parte di Fda? Sembra un grosso passo in avanti...
(Fernando)
Risposta
L'approvazione del farmaco da parte di FDA è certamente positiva, in quanto offre la possibilità di impiego di un inibitore di JAK2 ulteriore a Ruxolitinib, il che aumenta le opportunità di trattamento per i pazienti con mielofibrosi.
Buonasera, sono affetta da mielofibrosi da 2 anni, di solito ho sempre avuto le piastrine alte, ho preso fino a 7 oncocarbide la settimana, da due mesi le piastrine continuano a scendere fino all'ultimo esame, 15 giorni fa, quando erano a 240; cosa significa nel percorso della patologia? Devo preoccuparmi? Da premettere che da due mesi prendo 4 oncocarbide e da 15 giorni addirittura 3. Grazie.
(Giovanna)
Risposta
La conta piastrinica in corso di meilofibrosi, a maggior ragione se in corso di trattamento, può subire delle oscillazioni.
L'interpretazione dell'andamento della conta piastrinica nel caso specifico non può essere fatta a distanza in quanto necessita della valutazione integrata di tutti i parametri clinici e di laboratorio. In termini generali, il valore che riporta rientra nella normalità.
Se ho letto bene FDA ha approvato in questi giorni il farmaco fedratinib per la cura della mielofibrosi di cui penso che il nome commerciale dovrebbe essere Inreb. Quindi i pazienti di mielofibrosi avranno a disposizione un secondo farmaco... giusto? Ma se ho letto bene la proprietaria di fedratinib è proprietaria pure della molecola luspatercept e intenderebbe provarla con Fedratinib.
Fedratinib ha avuto una storia travagliata e clamorosa quasi incredibile. Sono da 15 anni che seguo le possibili terapie per la mielofibrosi essendo parente di un malato e, scusatemi, sono commosso anche per la storia del farmaco. Se ho letto bene fedratinib è stato approvato come prima linea mentre è in fase 3 per quanto riguarda l'uso in pazienti che hanno fallito col ruxo. Corretto?
Si sa qualcosa di preciso sulle sperimentazioni in Italia? Speriamo che partino molto presto.
Saluti e grazie di tutto.
(Bruno)
Risposta
Il farmaco in questione è un inibitore di JAK2, che rappresenta quindi un'opzione ulteriore a Ruxolitinib. E' corretto che l'approvazione giunta nel mese di agosto da parte della FDA riguarda l'impiego del farmaco in prima linea, mentre sono in fase di attivazione protocolli dove il farmaco verrà impiegato in pazienti con risposta non soddisfacente a Ruxolitinib.
In quanto all'associazione con altri farmaci, questo è un approccio già impiegato in vari protocolli, per limitare o aggirare gli effetti collaterali di un farmaco inibitore, o per ottenere effetti favorevoli ulteriori dalla combinazione. Lo stesso Ruxolitinib per esempio è tuttora testato in combinazione con Luspatercept in trial clinici con l'obiettivo di migliorare l'anemia.
Gentili Medici,
ho 42 anni e sono affetta di mielofibrosi. Al momento non sto assumendo nessun tipo di farmaco in comune accordo con i medici di Careggi che mi seguono. Pertanto vorrei chiedervi se da un vostro punto di vista medico il principio attivo Liraglutide, che sarei intensionata a prendere per intraprendere una dieta può risultare dannosa o incompatibile con la mia malattia.
Grazie per una vostra cortese risposta.
(Noemi)
Risposta
Il farmaco citato è un ipoglicemizzante dal quale pertanto non è atteso alcun effetto, né favorevole né collaterale, sul decorso della mielofibrosi.
Salve torno a scrivervi per un chiarimento.
Il fedratinib recentemente approvato dalla FDA ha un effetto pure nell'anemia/hb? Oppure quello che ho letto sui benefici si riferisce al tipo di anemia causata da farmaco come il ruxolitinib?
Mia moglie assume ruxolitinib 30 mg da gennaio 2014, milza diventata normale, nessun sintomo, solo l'anemia apparsa nella primavera del 2018 e per questo assunta nel difficile protocollo (per chi viene dal sud...) luspatercept da luglio 2018, con risultati da ottimi a quasi sufficienti, non ancora chiari per merito dell'impostazione del protocollo che non tiene conto "principalmente" della malattia specifica, la Mf, ma di altri paramentri univesrali, per cui appena il risultato raggiunge valori ottimali viene sospeso... nell'attesa che si abbassi l'hb con valore 11, ovvero che la malattia riprenda ad agire, quindi con la possibilità che l'hb ritorni anche sotto 10.
Se questo nuovo farmaco (fedratinib) specifico per la Mf funziona pure per l'anemia, potrebbe essere una bella novità.
Grazie sempre per esserci e soprattutto per la Vs grande professionalità!
(Ernesto)
Risposta
Gli inibitori di JAK2, da Ruxolitinib a quelli testati finora all'interno di studi sperimentali (Fedratinib, Momelotinib), hanno dimostrato ciascuno alcuni effetti principali, sia favorevoli sulla malattia che collaterali. L'anemia nella mielofibrosi ha una patogenesi complicata per cui bisogna distinguere prima di tutto tra il difetto di produzione dei globuli rossi causato dalla malattia e l'inibizione della produzione determinata dall'azione di un farmaco (come per Ruxolitinib).
I dati emersi per il Fedratinib sono favorevoli soprattutto per l'azione sulla milza, che talvolta può anche comportare un aumento del livello di emoglobina, con un meccanismo diverso da quello del farmaco Luspatercept, che non inibisce JAK2. In termini generali, pertanto, considererei il fatto di dover "interrompere" il farmaco, come disposto dal protocollo a fronte dell'aumento dell'emoglobina, come una buona notizia in quanto espressione dell'efficacia del farmaco stesso.
L'interruzione della terapia non ne inficia l'azione, in quanto non si tratta di un farmaco eradicante.
Gentili medici,
ho 69 e sono affetto da 3 anni da mielofibrosi (post trombocitemia), dopo una mutazione genetica dello JAK2 rilevata nella primavera 2011.
Grazie all'assunzione di 2 cpr./die di JAKAVI da 15 mg. i sintomi della mielofibrosi non si sono ancora manifestati ad esclusione di una crescente splenomegalia (attualmente milza da 19 x 10 x 12 cm) e di un'anemia indotta sin dall'inizio da JAKAVI, senza alcuna stabilizzazione dell'anemia stessa, che ci si attendeva nel giro dei 2/6 mesi iniziali.
Le analisi dell'emocromo sono pertanto tipiche della malattia e dellanemia: emoglobina (ante trasfusione) 8,6/9,0; piastrine tra 180.000 e 290.000; globuli bianchi elevati, tra i 35 ed i 60.000; blasti tra 0,6 ed 1,5%.
Dall'autunno 2016 sono conseguentemente trasfusione-dipendente con 2 sacche ogni 15/17 giorni, il che produce una progressiva ferritinemia, ormai vicinissima al valore 5.000 (max 4.983).
Dal giugno 2017 si tenta di contenere la ferritina con l'assunzione di EXJADE, 2 cpr./die da 360 mg, quantità cui sono giunto per gradi, non potendo mai passare a 3 cpr./die, come sarebbe giustificato dal mio peso (78 kg.) e dal ritmo delle trasfusioni, per un problema renale che sta peggiorando di analisi in analisi: creatinina 131 ed eGFR 0,49.
Visti i danni progressivi agli organi vitali e lo stesso midollo stesso, oltre ai vostri consigli, chiedo se:
- vi siano metodi alternativi di riduzione della ferritina;
- si possa "rafforzare" i reni, previo valutazione nefrologica;
- visti gli oltre 2 anni di ferritinemia pregressa, sia necessario effettuare controlli renali, cardiaci, epatici, pancreatici, etc...;
- esistano particolari TAC, RMI od altro, che possano rilevare la pericolosità della situazione e su quali organi la ferritina si sia
addensata.
Grazie, cordiali saluti.
(Giuseppe)
Risposta
L'iperferritinemia da fabbisogno trasfusionale può determinare (ma non è detto) alterazione della funzione di alcuni organi ma generalmente a distanza di molti anni. Generalmente si insiste sulla chelazione per ridurre i livelli di ferritina soprattutto nel caso di un programma terapeutico che preveda il trapianto allogenico.
Purtroppo la riduzione dei livelli di ferro non è semplice e gli unici trattamenti disponibili sono i farmaci ferro-chelanti, quale quello che assume, che possono determinare anch'essi talvolta alcuni effetti collaterali, tra cui la tossicità renale.
Buongiorno,
la mutazione acquisita JAK2 può essere trasmessa alla discendenza? Se non può essere trasmessa qual è la spiegazione?
Grazie mille
(Piero)
Risposta
La mutazione acquisita di JAK2 insorge per definizione dopo la nascita e in quanto tale non può essere trasmessa ai figli.
Esistono rari casi di famiglie con più diagnosi di malattie mieloproliferative, dove i meccanismi genetici che predispongono allo sviluppo delle malattie sono più complessi.
Buongiorno Dottori.
Ho 59 anni. Dopo un intervento di ernia inguinale che mi ha dato complicanze che mi hanno bloccato a letto per una settimana, ho sentito un dolore atipico al polpaccio. L'ecocolordoppler ha rilevato una trombosi venosa profonda parziale alla vena poplitea. Dopo l'assunzione di Lixiana, il trombo si è sciolto completamente in 40 giorni senza lasciare tracce. L'ematologo mi ha fatto fare il JAK2 che è risultato positivo. Valori del sangue nella norma ma ematocrito a 53% prima dell'intervento di ernia, poi sceso in modo naturale a 49,4 dopo. Sospettando una Policitemia vera, ho fatto due salassi che mi hanno portato l'ematocrito a 50,9 il primo (in salita) e a 48,2 il secondo. Ieri ho fatto il terzo e vedremo. A settembre farò il prelievo del midollo. Questo il quadro.
Ma guarda caso da quando prendo il Lixiana ho inizialmente sento un mix fra formicolio e senso di pressione alla gamba sinistra e formicolio alla mano sinistra con particolare al mignolo. Poi la sensazione della gamba sinistra si è estesa in egual misura alla gamba destra, fin sopra le ginocchia. Se cammino lo sento poco, ma quando sto fermo si sente proprio il formicolio. L'ematologo non sa cosa dirmi in proposito. Un internista mi manda dal fisiatra e dal neurologo. Il fisiatra non ha riscontrato nulla e mi parla di problemi di microcircolo. Il neurologo durante la visita non ha rilevato nulla e mi ha consigliato una elettromiografia. L'ematologo non mi sa dare spiegazioni e dice che non è il Lixiana e non sa dirmi altro.
Ma io ho letto che uno dei sintomi della Policitemia può essere questo. Ho letto bene? Possibile che l'ematologo non ne faccia cenno alcuno? Rischio di girare a vuoto da tanti specialisti e magari la risposta è questa. Se mi date conferma che esiste questa possibilità, volevo sapere se è possibile ridurre in qualche modo questo fastidio o ci devo convivere mio malgrado.
Grazie mille.
(Francesco)
Risposta
Premetto che è impossibile stabilire a distanza che cosa può provocare una sintomatologia come quella riferita, che può essere unicamente valutata nell'ambito di una visita medica e tramite esami strumentali.
In termini generali, si può dire che la trombosi venosa profonda può determinare nella sede dove si è verificata una sindrome post trombotica, con sintomi che possono perdurare a distanza di tempo.
Un'elettromiografia può comunque essere utile per escludere un quadro di neuropatia.
Salve, ci sono studi recenti e aggiornamenti in merito ai rischi e problematiche che si possono avere in gravidanza per le donne con trombocitemia essenziale?
Risposta
I dati disponibili portano ad affermare che la conduzione di una gravidanza senza problematiche di rilievo è possibile nella maggior parte delle pazienti in corso di trombocitemia essenziale. Bisogna sottolineare che una gestione adeguata richiede un'attenta valutazione del rischio di complicanze e l'interazione stretta tra ginecologi ed ematologi. Questo perché è comunque possibile che la gravidanza complichi il decorso della malattia mieloproliferativa (soprattutto per il rischio trombotico) così come che la malattia mieloproliferativa complichi il decorso della gravidanza.
Buon pomeriggio,
ho 64 anni, affetto da trombociteemia essenziale(?), in terapia con oncocarbide + cardioaspirina, BOM della diagnosi con dubbio TE/MF in fase iniziale, data la JAK2 negativa, vorrei sapere se è opportuno la valutazione di CALR e MPL.
Grazie.
(Domenico)
Risposta
La ricerca di mutazioni nei geni cosiddetti driver viene effettuata generalmente in sequenza, sulla base della frequenza delle mutazioni nelle malattie mieloproliferative.
In caso di aspetti istologici alla BOM diagnostici per malattia mieloproliferativa e di negatività per la mutazione di JAK2, è in genere raccomandato procedere con la ricerca di mutazioni di CALR e in caso di negatività per quest'ultimo con la ricerca di mutazioni di MPL.
Buon giorno, dopo 3 anni di piastrinosi passate da 523 a 450 ora 690, ho deciso con il mio medico curante di fare una visita ematologia presso l'ospedale San Martino di Genova (persone meravigliose). Scoperto JAK2 positivo inferiore 0.1%, effettuato aspirato midollare, sospetta trombocitemia essenziale. Avendo 43 anni e tre figli anche dopo varie rassicurazioni da parte dei medici vorrei sapere cosa devo aspettarmi?
(Marco)
Risposta
Le considerazioni che si possono fare non possono che essere generali sulla malattia in questione, ma vanno poi riportate al caso clinico nel suo specifico. Il primo aspetto naturalmente è la conferma della diagnosi, che da quanto riportato appare come "sospetta".
Qualora fosse confermata, la trombocitemia essenziale è una malattia cronica che non modifica in modo significativo l'aspettativa di vita rispetto alla popolazione generale. Ci sono tuttavia alcuni aspetti molto importanti da gestire, in particolare il rischio di complicanze trombotiche, che necessita di un attento monitoraggio e di un trattamento variabile in base alle caratteristiche del paziente e della malattia.
Buongiorno, sono in cura con jakavi dal 2016 per MFI post PV, ora sto meglio rispetto all'inizio della cura, anche se persiste sempre stanchezza muscolare, fiato corto e aritmie; ultimamente ho avuto un brutto episodio di tromboflebite ed inoltre negli ultimi due esami del sangue i leucociti sono scesi a 2400, per la prima volta in oltre 3 anni di cura, ha qualche significato?
So che la malattia può evolversi ulteriormente in leucemia, devo preoccuparmi? Inoltre, vorrei sapere per quanto tempo si può andare avanti con la cura con Jakavi e quando finisce il periodo di osservazione medica? Grazie per la gentile risposta.
(Anna Maria)
Risposta
Non è previsto un tempo limite per la somministrazione del Ruxolitinib; generalmente il trattamento viene mantenuto se c'è una buona risposta, sotto vari punti di vista (controllo della milza, dei sintomi, degli esami del sangue).
In quanto all'alterazione di laboratorio che riporta, è del tutto impossibile valutarla a distanza e per questo aspetto il consiglio è di fare riferimento agli ematologi che seguono il Suo caso.
Buongiorno,
all'età di 41 anni ho iniziato 1500 mg/die di Idrossiurea per policitemia vera. Dopo 8 anni la terapia fu portata a 1000 mg/die, ma dopo alcuni mesi i valori dell'emocromo (Ht 52) costrinsero a riprendere 1500 mg.
Tutto bene per altri 10 anni a tale dosaggio, dopodiché la comparsa di dolorosissime ulcere alle caviglie costrinse a sospendere il farmaco.
Per la vostra esperienza è comune una terapia prolungata con ben 1500 mg al giorno di Idrossiurea? E dopo 18 anni senza effetti collaterali possono ancora manifestarsi ulcere alle caviglie? Mi è stato detto inoltre che è raro che un paziente assuma l'Idrossiurea così a lungo. Attualmente sono in mielofibrosi trattata con Ruxolitinib.
Grazie, cordiali saluti.
(Vittorio)
Risposta
La dose di idrossiurea viene regolata nel singolo paziente sulla base dell'andamento dei valori del sangue e vi sono differenze anche rilevanti tra un paziente e l'altro nella dose necessaria a controllare la malattia. In questo senso non stupisce che Lei abbia dovuto assumere 3 compresse al giorno, così come non può ritenersi raro il fatto che l'abbia assunto per molti anni. L'insorgenza delle ulcere cutanee è un effetto collaterale noto del farmaco che può manifestarsi maggiormente proprio dopo molti anni di trattamento, anche se non necessariamente.
Salve, ho 55 anni e con mia moglie di 42 vorremmo provare ad avere un figlio, però negli ultimi rapporti ho notato tracce di sangue nello sperma, episodio che già mi era successo 2 volte in passato ma che mi era poi sparito nel giro di qualche giorno, inoltre in quella occasione avevo fatto tutte le ricerche del caso ed era tutto risultato negativo, solo una leggera prostatite. La mia domanda è: se mia moglie rimane incinta durante questi episodi di emospermia, quali controindicazioni ci sono per lei e per il feto? Grazie.
(Stefano)
Risposta
Questo spazio è dedicato alle domande sulle malattie mieloproliferative; per i sintomi che riporta La invito a contattare il proprio medico per una visita. E' evidentemente impossibile a distanza fare qualsiasi tipo di valutazione medica specifica.
Buonasera, sono una ragazza di 19 anni. Una settimana fa ho eseguito un emocromo completo con esami delle urine. Entrambi sono risultati perfettamente nella norma eccetto il volume medio piastrinico. Quest'ultimo è stato di 12,2 fl con una conta piastrinica equivalente a 189,000.
La mia domanda è può questo valore da solo indicare qualcosa? Inoltre, 6 mesi fa ho eseguito le medesime analisi e il valore è risultato pari a 8,9 fl, perciò mi chiedevo cosa abbia potuto causare questo innalzamento. Inoltre a giugno ho fatto un estrazione del giudizio seguita dal periodo delle mestruazioni, risultando grandi perdite di sangue. Possono questi due eventi aver provocato un aumento del volume piastrinico anche se a distanza di un mese?
(Sara)
Risposta
In termini generali, il parametro del volume piastrinico medio in assenza di alterazioni rilevanti dell'emocromo, inclusa pertanto la conta piastrinica, non ha un grande significato.
Discorso a parte merita il fatto che Lei abbia manifestato un importante sanguinamento dopo un intervento dentario, che potrebbe dipendere da alterazioni della coagulazione o della funzione delle piastrine, per verificare i quali deve effettuare una valutazione specifica con ematologi esperti di malattie emorragiche.
Mia madre ha 91 anni, ha fatto gli esami al midollo osseo e non ha tumori, le è stata diagnosticata una piastrinopenia autoimmune; gli esami di emocromo sono perfetti a parte le piastrine che sono a 75000, prende il farmaco salvavita revolade dopo 4 pastiglie da 25 ml le piastrine le salgono a 125000 interonpo la somministrazione dopo 15 giorni scendono di nuovo e a rischio di trombosi è meglio somministrarle un anti coagulante leggero? Grazie.
(Alessandro)
Risposta
Questo spazio è dedicato alle domande sulle malattie mieloproliferative; la piastrinopenia autoimmune appartiene a un'altra categoria. Si tratta di una malattia nella quale le piastrine vengono prodotte normalmente ma eliminate da parte del sistema immunitario. La domanda che Lei pone riguarda la gestione del farmaco che Sua madre sta assumendo per la malattia ed è impossibile valutare a distanza questo aspetto, per il quale La invito a rivolgersi ai colleghi ematologi che la seguono.
Il JAK2 è una malattia ereditaria? Grazie.
(Lucia)
Risposta
La mutazione del gene JAK2 non è di per sé una malattia, ma l'alterazione di un gene che porta allo sviluppo della malattia. La mutazione viene acquisita nel corso della vita e quindi non è ereditaria e non si trasmette alle generazioni successive. Vi sono casi molto rari di famiglie in cui si verificano più casi di malattie mieloproliferative; in questi casi viene ereditata una predisposizione allo sviluppo di questo tipo di malattia, ma si tratta di un'evenienza molto rara.
Buongiorno,
assumendo depakin chrono mi è venuto un eritema sul dorso che non va via. Cosa devo fare? Smettere il depakin o cambiarlo con altro farmaco?
Grazie.
(Giuseppe)
Risposta
Questo spazio è dedicato a informazioni di carattere generale, terapeutico e scientifico sulle malattie mieloproliferative, e chiaramente non può sostituirsi alla valutazione clinica da parte di un medico di medicina generale o specialista, ai quali La rimandiamo per il quesito posto
Buongiorno, mio marito da 12 anni cominciò con policitemia e adesso da 3 anni mielofibrosi post policitemia e da 3 anni prende jakavi. Da un anno ha cominciato ad avere macchie sulla pelle tipo gnocco interno rosso. La prima biopsia negativa la seconda anche, e continuavano a venirne fuori delle altre ma molto dolorose. Non sapendo cosa fossero, la mia idea era quella che fosse il jakavi a fare questa reazione. Con terza biopsia più profonda è risultato eritema nodoso. Lui continua ad avere male e non ne siamo venuti a capo di questa storia. Lui ha piastrine basse e con una piccola dose un gg si e uno no mantiene piastrine tra i 40 e i 50000. Adesso hanno provato a tirare via il cortisone da 10 gg (non so se è un bene o un male).
Grazie spero di essermi spiegata bene. Lui con questa cosa è giù di morale e vorrei aiutarlo.
(Cesarina)
Risposta
La valutazione clinica della situazione di Suo marito non può prescindere da una visita specialistica, nella quale possono essere presi in considerazione tutti i parametri clinici e di laboratorio. In particolare. la gestione della terapia con Ruxolitinib e cortisone, le dosi dei farmaci e le eventuali complicanze non possono essere valutate a distanza, ma solo dai colleghi che seguono la malattia.
Sono in fase di diagnosi di PV (JAK2 positivo) previo midollo credo ai primi di settembre; nel frattempo il 25/6 ho fatto il primo salasso con ematocrito 49.4 (sceso da 53 da solo senza cure - il 53 era valore dopo intervento chirurgico a marzo 2019) e oggi ho fatto esami di controllo ed è salito a 50.9. Cosa significa che la malattia sta esplodendo?
(Francesco)
Risposta
Buongiorno,
questi valori di ematocrito sono piuttosto comuni alla diagnosi di policitemia vera. Le scorte di ferro del suo organismo sono infatti ancora elevate, e questo permette al midollo osseo di proliferare. Nel primo periodo i salassi saranno numerosi e ravvicinati, con una progressiva diminuzione nel corso del tempo, corrispondente ad un calo ferritina e sideremia. Tutto questo non è connesso con la gravità o progressione della malattia. E' raccomandato mantenere il valore di ematocrito <45%, soglia associata ad un minor rischio trombotico.
Buongiorno dottori. Non ho capito la risposta data ad una mia domanda del mese scorso.
E' possibile che dopo due risultati (debolmente) positivi effettuati su prelievo di sangue per la ricerca del JAK2 possa risultare negativo invece sul prelievo del midollo? Grazie infinite.
(Lucia)
Risposta
La diagnosi di trombocitemia essenziale viene posta su dei criteri che includono altri parametri oltre alla presenza di una mutazione driver. Nei casi in cui la mutazione di JAK2 è negativa o positiva in percentuale molto bassa, si rende necessario la ricerca di altre mutazioni driver, quali CALR e MPL. Queste indagini possono essere eseguite su sangue periferico in quanto i risultati da sangue periferico sono sovrapponibili a quelli eseguiti su midollo.
Prendo 2 onco a pranzo. Saltuariamente si può bere della birra o vino a cena o è proprio sconsigliato?
(Oriana)
Risposta
Buongiorno,
l'assunzione di alcolici saltuaria è concessa con la terapia. Deve però trattarsi di un'assunzione moderata e controllata.
Salve ho 64 anni, diagnosi: sospetta mieloproliferativa risultati esami :mpl515l e mpl515k no analisi molecolare del gene JAK2: f537-k539delinsl no- h538qk539l no- h538q no-k539l no-n542-e543del no- analisi di frammento con primer fluorescinato: normale analisi di sequenza: normale non essendoci l'oncologo (in ferie) come giudica i risultati?
Grazie.
(Vittorio)
Risposta
Buongiorno,
questo spazio non sostituisce la visita specialistica, per cui le suggerisco di portare in visione gli esami all'ematologo di riferimento.
Buongiorno, vi scrivo perché la mia mamma di 81 anni, con diagnosi di Sindrome Mieloproliferativa a prevalente espressione di PV dal 1991 (eseguiti aspirato midollare e biopsia ossea che mostrava circoscritti focolai di fibrosi, massa eritrocitaria aumentata, lieve splenomegalia, Ht52% e PLT 900.000/mmc) in trattamento con sporadici salassi, busulfano prima ed idrossiurea successivamente, con discreto controllo dell'ematocrito, della piastrinosi e della splenomegalia max 15 cm fino a qualche tempo fa. Nell'ultimo anno abbiamo di fatto osservato una ridotta necessità di idrossiurea (500 mg per 5 giorni/settimana) per il controllo dell'ematocrito e dell'Hb (38% e 12.7g/dl rispettivamente), una conta piastrinica e leucocitaria nei limiti della norma, un incremento progressivo dei valori dell'LDH (valori 1260 UI al controllo di giugno u.s). E' stata quindi sospesa idrossiurea da poco più di un mese e il controllo attuale ha documentato una risalita dell'Hb a 13.4, piastrine 440.000, enorme aumento dell'LDL pari a 1980 UI.
Vi chiedo se potrebbe trattarsi di mielofibrosi post-policitemia. E' necessario reintrodurre Oncocarbide? Se LDH in aumento indica una prognosi sfavorevole ma tale aumento potrebbe essere anche correlato alla sospensione dell'oncocarbide oltre che alla malattia stessa? Abbiamo in programma una visita ematologica per eseguire la ricerca di JAK2 mai fatto finora. Potrebbe aiutarci a definire meglio la diagnosi e la terapia eventuale con Ruxolitinib? Grazie infinite del vostro prezioso parere.
(Concetta)
Risposta
Buongiorno,
i dati che lei riferisce, in particolare l'aumento del valore di LDH, potrebbero indicare una possibile evoluzione verso una forma di mielofibrosi post-policitemia vera. Tuttavia la conferma della diagnosi è possibile solo attraverso la biopsia osteomidollare. Riguardo le terapie, l'eventuale evoluzione di per sé non necessita di una ripresa della terapia citoriduttiva, che deve essere valutata sulla base della crasi ematica, dei sintomi, della splenomegalia e dalla storia pregressa della paziente.
Salve, nel 2005 mi fu diagnosticata, perché avevo una conta piastrinica di circa 550 (mai superata), una malattia mieloproliferativa "La Trombocitemia Essenziale", confermata con esame midollare. Nel 2018 mi fu eseguito il test per la ricerca della mutazione V617F sul gene JAK-2 che riportò il seguente risultato: Controllo positivo PCR: Amplificazione del DNA isolato da paziente affetto da sindrome mieloproliferativa cronica con gene JAK2 mutato.
Analisi dei risultati: Presenza della banda amplificata wild type di 364 bp.
Recentemente, quindi nel 2019, mi è stato prescritto di eseguire la ricerca della mutazione del gene CALR, ed in caso di ulteriore negatività, anche la ricerca delle mutazioni di MPL, dei quali trascrivo testualmente gli esiti:
1) CARL - Analisi dei risultati: Wild Type. Conclusioni: I risultati ottenuti mediante ARMS-QPCR, non permettono di evidenziare, nel campione di sangue periferico esaminato, la presenza di cellule con mutazioni del gene CALR;
2) MPL - Analisi risultati: Positivo mutazione W515K. Conclusioni: I risultati ottenuti mediante QPCR- Allelic Discrimination, evidenziano la presenza, nel campione di sangue periferico esaminato, di cellule con mutazioni tipo(W515K) del gene MPL.
Chiedo, cortesemente, una spiegazione sull'esito dei test genetici eseguiti e cosa comportano.
Grazie infinite.
(Giovanni)
Risposta
Gentilissimo,
da quanto lei riferisce, la diagnosi è quella di una trombocitemia essenziale MPL-mutata. Questa mutazione è presente nel circa 5-8% delle trombocitemie essenziali. La caratterizzazione genotipica della malattia è importante in quanto permette di calcolare un punteggio tramite degli score prognostici per una migliore previsione del rischio trombotico ed evolutivo della patologia da cui è affetto.
Come posso mettermi in contatto con il professore Barosi del Policlinico di Pavia ?
(Maria Grazia)
Risposta
Gentilissima,
questo spazio non è idoneo per ottenere informazioni riguardo le modalità di richiesta di appuntamenti per visite specialistiche.
Buongiorno, ho assunto, dopo la diagnosi di PV, per diversi anni un antidepressivo, il cymbalta 30 mg, inizialmente 60 mg. Ora una paziente cui lo psichiatra ha prescritto lo stesso farmaco (90 mg) mi ha scritto dicendomi, allarmatissima, che l'ematologo le ha detto di non prenderlo "perché fa male al midollo". Tralascio considerazioni personali sull'opportunità di una simile affermazione alquanto allarmistica in una paziente emotivamente fragile e vi chiedo da quali studi è emerso questo effetto sul midollo? Grazie.
(Micro)
Risposta
Buongiorno,
non trovo alcun effetto della duloxetina sull'ematopoiesi che ne possa controindicare l'utilizzo in una malattia mieloproliferativa. Non le so pertanto spiegare il significato di quella affermazione.
Ho l'impressione, da ignorante, che la ricerca nelle MF sia ferma, alla ricerca di un passo avanti importante che non arriva. Sono pochi i centri di ricerca in questo campo? Il vostro parere? Grazie.
(Fernando)
Risposta
Gentilissimo,
la ricerca in ambito delle malattie mieloproliferative non è assolutamente ferma. Sicuramente non tutte le nuove "scoperte" biologiche si traducono in un cambiamento dell'approccio terapeutico. Si tratta di malattie rare in confronto ad altre malattie ematologiche ed oncologiche, su cui siamo comunque quotidianamente impegnati sia dal punto di vista clinico che sperimentale.
Buongiorno, mi sapete dire perché è tanto diffusa l'insufficienza della vitamina D nel Morbo di Basedow?
(Ramona)
Risposta
Buongiorno,
la sua domanda esula dagli argomenti di cui ci occupiamo in questo spazio.
Bravissimi Ricercatori, condivido in pieno lo stato d'animo di Andrea(10/7/2019 e le sue considerazioni sull'interferone). Si sa che la proliferazione incontrollata dei globuli rossi per la mutazione di JAK2,accrescendo la densità del sangue, fa aumentare il rischio di malattie cardiovascolari; è ovvio che l'eccessiva proliferazione eritrocitaria farà esaurire il midollo osseo e favorirà l'insorgere della mielofibrosi. Invece che curare questi malanni perché non prevenirli con il pegilato i cui dati clinici di fase 111 risalenti al 2016, hanno evidenziato buona tolleranza, talvolta risposta completa sulla carica allelica e, quindi, minor rischio di mortalità per infarto ed ictus? O forse quanto è stato scritto sul pegilato è solo una bufala giornalistica? Solo in Italia si è sperimentato questo farmaco? Ma, se ben ricordo, l'EMA lo ha già approvato (agenzia europea per i medicinali). Certamnte, come Voi dite, per ogni farmaco bisogna considerare rischi e benefici ma non esiste farmaco privo di effetti collaterali. Ad esempio l'idrossiurea a lungo uso è leucemogenico e, per questo, è sconsigliato l'uso ai più giovani; il ruxolinitib agisce più sui sintomi che sul meccanismo molecolare e pare favorisca l'insorgere dei linfomi.
Sorge il sospetto che l'uso del pegilato possa mandare in soffitta farmaci di largo uso, con gravi danni economici per chi ha INVESTITO NELLA RICERCA, per lo più privata. Per noi malati non c'è scampo: non ci resta che sperare in una molto prossima diagnosi di malattia mieloproliferativa in chi sta speculando sulla nostra disgrazia. Solo allora il pegilato sarà per tutti, gratis e a totale carico del SSN.
Grazie per il Vostro ascolto.
(Demetrio)
Risposta
Gentilissimo,
riguardo le sue considerazioni vorrei specificare che il valore di ematocrito che porta ad un aumento del rischio trombotico nelle malattie mieloproliferative se >45%, viene comunemente controllato secondo le linee guida con salassi o terapia citoriduttiva, a seconda delle caratteristiche del paziente. I meccanismi che portano ad un aumento della fibrosi midollare sono molteplici, complessi e non del tutto noti ancora, ma non sono causati da un esaurimento della capacità produttiva dovuta alla precedente fase di eccessiva proliferazione. Ne sono un esempio le mielofibrosi primarie che insorgono senza una precedente fase policitemica/trombocitemica.
L'interferone è peraltro un farmaco che viene utilizzato anche in Italia nel trattamento di trombocitemia essenziale e policitemia vera ad altro rischio. Gli studi riguardo l'utilizzo della forma pegilata sono promettenti e mostrano una migliore tollerabilità, ma i dati necessitano di essere confermati, soprattutto in relazione alla capacità del farmaco di modificare il decorso della malattia. Le ricordo, inoltre, che il rischio leucemogenico connesso all'uso di oncocarbide è stato più volte smentito e che questo farmaco è utilizzato anche come terapia pediatrica in altre malattie ematologiche. Lo stesso riguardo il rischio di sviluppo di linfomi connesso con l'uso di ruxolitinib.
Gentili ricercatori, da circa un mese mi è stato diagnosticato, milza ingrossata circa 20 cm e piastrine molto basse (44.000). Ho eseguito parecchi esami tra cui anche ecografia, tac con contrasto e senza in tutte le parti del corpo, prelievo midollare ed osseo, ma senza risultati, in quanto sono tutti nella norma, ad eccezione di qualche linfonodo in forma benigna. A questo punto vorrei sapere se esiste una terapia e quale da eseguire.
Nell'attesa Vi ringrazio di cuore per la vostra attenzione e porgo distinti saluti.
(Emanuela)
Risposta
Gentilissima,
secondo quanto riferisce ha eseguito un prelievo midollare senza una diagnosi di neoplasia mieloproliferativa. Le patologie che possono portare ad un aumento delle dimensioni della milza sono molteplici, alcune non di pertinenza ematologica. Il suggerimento è quello di rivolgersi ad uno specialista e continuare ad eseguire esami per arrivare ad una diagnosi di esclusione. In assenza di una diagnosi è infatti non opportuno iniziare una terapia che potrebbe anche peggiorare il quadro non conoscendo la causa.
Eseguito JAK2 617 con valori assente.
(Maurizio)
Risposta
Gentilissimo,
la pregherei di esprimere un quesito comprensibile per permettere una risposta chiara.
Buongiorno. Vi scrivo per avere notizie in merito al farmaco sperimentale AVID 200 con protocollo aperto negli USA che sembra mirato a combattere la fibrosi e l'anemia nella mielofibrosi. Un vostro parere a riguardo se tale studio può essere promettente o meno e sui tempi per arrivare in Italia.
Grazie sempre per esserci.
(Ernesto)
Risposta
Gentilissimo,
è attualmente in corso un trial clinico di fase 1 aperto negli USA, di cui ancora non disponiamo di dati preliminari. La fine dell'arruolamento è prevista infatti per il 2021. E' verosimile che già il prossimo anno saranno presentati ai congressi internazionali degli interim data, che ci auguriamo possano essere promettenti.
Non vi sono però informazioni sufficienti ad oggi per poterne definire l'efficacia e soprattutto la tollerabilità e la sicurezza, essendo questo un trial "first in human".
Per il momento quindi non vi sono indicazioni sulla possibilità dell'estensione del trial ai centri italiani.
Buongiorno, mia suocera 97 anni buona salute, con una vena un po' ristretta prende Cardirene, 75 mg, in presenza di un ematocrito di 31,8. Mi sembra che rischi il sangue=acqua!!
(Nevio)
Risposta
Gentilissimo,
la sua domanda esula dall'argomento "malattie mieloproliferative" di cui ci occupiamo in questo spazio.
Ho 68 anni con policitemia vera da nove. Da due anni non devo far ricorso ai salassi. Assumo Oncocarbide da circa sette (quattro capsule settimanali). I valori ematici risultano in quelli che si possono definire "œnormali", naturalmente rispetto alla patologia. Da pochi giorni, nonostante mi sia esposta al sole moderatamente e con protezione alta, sono comparse sulle braccia e sul petto chiazze rosse di dimensioni diverse. E' possibile che il fenomeno sia attribuibile alla tossicità del farmaco? E' possibile una soluzione del problema? Grazie, attendo cortese risposta.
(Lauretana)
Risposta
Gentilissima,
la terapia con Idrossiurea (Oncocarbide) può talvolta accompagnarsi ad alterazioni a carico della cute e delle mucose, quali eritema (che può coinvolgere anche il volto), iperpigmentazione, assottigliamento e fragilità degli annessi cutanei come le unghie, secchezza, afte al cavo orale e, in casi più rari, anche vere e proprie ulcere cutanee che generalmente insorgono a carico delle caviglie.
Durante la terapia con oncocarbide, l'esposizione prolungata alle radiazione solari può portare ad arrossamenti cutanei, eritemi diffusi fino a scottature severe. E' pertanto indicata una esposizione moderata, in fasce orarie protette e utilizzo di protezione solare elevata.
Riguardo il caso specifico, pur non avendo la certezza, è verosimile che le lesioni che lei riferisce siano causa di una tossicità legata al farmaco, per la cui gestione si rimanda a consulenza dermatologica.
Buongiorno, ho 55 anni. Soffro di policitemia vera dal 2014, la cura è quella a base di cardioaspirina e salassi. Lamento dei pruriti "multipli", dopo le docce, da sfregamento, da nervosismo, da umidità dell'aria, soprattutto quando piove, questi pruriti hanno peggiorato la qualità della vita. Vorrei quindi sapere a che punto sta la sperimentazione del Givinostat. Infine, vorrei capire quali sono le differenze tra il Jakavi e il Givinostat? Vi ringrazio per la risposta.
(Walter)
Risposta
Gentilissimo,
la terapia di prima linea al di fuori di trials clinici in pazienti affetti da policitemia vera a basso rischio consiste in salassi con mantenimento dell'ematocrito <45% e terapia antiaggregante. I sintomi che lei riferisce fanno parte del quadro della malattia.
Riguardo il givinostat, questo è un inibitore orale della istone-deacetilasi, un meccanismo di azione diverso rispetto a quello del Ruxolitinib. I risultati degli studi di fase Ib/II hanno mostrato un tasso di risposte globali fino all'80%, in termini di riduzione delle dimensioni della milza, controllo dei sintomi e dell'ematocrito. Ad oggi tuttavia non vi sono trials con arruolamento attivo che prevedono un trattamento con givinostat in pazienti affetti da policitemia vera.
Buona sera, sono un uomo di 68 anni, con diagnosi del 2016 di policitemia vera, JAK2 positivo con mutazione al 19%, oltre la cardio aspirina l'ematologo mi ha prescritto 2 pillole di oncocarbide da 500 mg al giorno, i valori sono scesi al di sotto del minimo, quindi un ottimo risultato.
Dopo circa 3 mesi di assunzione del farmaco ho avuto un episodio di ipotensione in concomitanza a uno stato para influenzale, l'ematologo ha ritenuto di sospendere il farmaco (per paura di reazione dovuta ad accumulo) e di procedere con l'eritroaferesi, tale procedimento ha fatto rialzare le piastrine a 700; vorrei riprovare ad assumere l'oncocarbide, in quanto non ho letto negli effetti indesiderati ipotensione, che ne pensate? Grazie, buona serata e buon lavoro.
(Felice)
Risposta
Gentilissimo,
le motivazioni che hanno portato il Suo ematologo a sospendere l'oncocarbide possono essere molteplici.
Riguardo la piastrinosi, questa non costituisce un fattore di rischio trombotico ed è un evento riportato in seguito all'esecuzione di salassi/eritroaferesi e non necessita di trattamento. Credo quindi che dovrebbe discutere dell'eventuale ripristino della terapia iniziale con il Suo ematologo di riferimento e non assumere oncocarbide autonomamente. Si tratta infatti di un farmaco maneggevole ma non privo di eventi avversi.
Buogiorno dottori!Cosa significa esattamente che per la pre-MF è stato stimato un rischio di progressione verso una MF franca di 1/100 pazienti l'anno? Grazie.
(Giuseppe)
Risposta
Gentilissimo,
il rischio stimato di progressione di una mielofibrosi pre-fibrotica in mielofibrosi franca è di circa 1/100 pazienti l'anno, cioè in un tempo di 10 anni circa il 10% dei pazienti presenteranno una evoluzione della patologia.
Innanzitutto gentili ricercatori, grazie per la vostra risposta (5 luglio 2019 Eritrocitosi), anche se noto e non capisco se per la complessità della diagnosi della mielofibrosi triplo negativo o se perché mi mancherebbero altri in tutto quello che ho fatto.
Vi chiedo: sarebbe possibile ed utile (dato tutto quello che ha fatto finora) eseguire esami per verificare la mutazione genetica di tipo cooperanti denominate IDH, EZH2, SRSF2 o ASXL1 relativo alla mielofibrosi triplo negativo?
Se si, come viene eseguito e dove potrei farlo essendo residente in provincia di Pescara?
Spero che questa volta vi sbilanciate un po' di più nella vostra risposta, anche se capisco che spesso diate certe risposte per evitare qualsiasi malinformazione. Con stima, grazie.
(Elvis)
Risposta
Gentilissimo,
le valutazioni molecolari da lei suggerite sono dei test molto specifici che non vengono eseguiti routinariamente. Vengono eseguiti in numerosi centri di ematologia in Italia, solo però su indicazione del Suo Ematologo di riferimento.
Le ribadisco che non essendo noi a conoscenza della sua storia clinica non di meno di una visita ambulatoriale, non possiamo stabilire se siano esami necessari o meno.
Dopo trapianto ritorno malattia, come curarmi, dove rivolgermi?
(Enrica)
Risposta
Gentilissima,
tutti i centri trapiantologici italiani sono esperti nella gestione del trapianto di cellule staminali in mielofibrosi e dell'eventuale recidiva, su cui influiscono numerosi fattori, prima di tutto il suo stato fisico, il tipo di donatore e le condizioni della malattia al momento della recidiva.
Gentili ricercatori,
perdonatemi ma non riesco a trovare congruenza in alcune vostre risposte date in giugno, nello specifico riferendomi alla TE tra il rischio di progressione di una policitemia vera o di una trombocitemia essenziale in mielofibrosi è stimata a 15-20% dei casi a dieci anni dalla diagnosi, con un tempo medio di progressione di circa 10-11 anni e Recentemente, per la pre-MF è stato stimato un rischio di progressione verso una MF franca di 1/100 pazienti l'anno, con un rischio 2 volte più elevato dei pazienti con TE (0.5/100 pazienti l'anno): la seconda sembrerebbe indicare un rischio del 5% a 10 anni, contraddicendo la prima. Qual è il quindi il rischio di un'evoluzione in MF per una TE franca (non MF-prefibrotica)?
Sono un paziente giovane (40 anni), due bimbi piccolissimi (1 e 3 anni), famiglia monoreddito (il mio), TE JAK2+ a Basso rischio, da protocollo in Watch & Wait ovvero in attesa di passare all'Alto rischio. In pratica in fatalistica - capirete - per me inaccettabile attesa di un evento trombotico maggiore, della progressiva crescita della conta piastrinica oltre 1-1,5 mln e con essa di tutta la sintomatologia correlata (sintomi del microcircolo, fatigue) che impatta sempre più sulla qualità della vita. Sono inoltre consapevole che l'aspirina quotidiana più che fluidificare il sangue non contrasta minimamente la progressione della malattia con la probabilità crescente di evoluzione mielofibrotica, in leucemia acuta o di incorrere in una ulteriore neoplasia, tumori solidi compresi, come da letteratura.
Ciò premesso, cosa ne pensate dell'uso dell'interferone in generale e dell'interferone pegilato in prima linea per pazienti con TE anche a Basso rischio? Senza dubbio conoscete cosa ne pensano altri eminenti ematologi all'estero (USA, Danimarca). Se in effetti l'interferone pegilato consentisse un miglioramento della qualità della vita del paziente, riducendo la carica allelica del JAK2 e con essa le probabilità di eventi trombotici e di evoluzioni in ulteriori neoplasie, non converrebbe alla società e al paziente (in termini di anni di vita e/o soldi per invalidità risparmiati e di migliore qualità della vita, dunque maggiore efficienza lavorativa) ma anche al SSN in termini di soldi pubblici non spesi in farmaci e cure ben più costosi, iniziare o quanto meno tentare subito dopo la diagnosi una cura con interferone pegilato?
Confidando in un vostro riscontro, vi ringrazio e saluto cordialmente.
(Andrea)
Risposta
Gentilissimo,
riguardo al primo punto che ha sollevato, il rischio di evoluzione di una trombocitemia essenziale in mielofibrosi franca è stimato essere attorno allo 0.8% a 10 anni e 9.8% a 15 anni. La divergenza che trova nelle risposte è dovuta alla differenza di dati nelle varie casistiche pubblicate. Ciò che comunque resta un punto fermo è che la mielofibrosi pre-fibrotica presenta un rischio almeno 10 volte superiore rispetto alla trombocitemia essenziale di evoluzione in una mielofibrosi franca a 10 anni.
Riguardo invece le sue considerazioni sull'interferone, non vi sono ad oggi studi pubblicati sulla capacità di questo farmaco di modificare il decorso della malattia.
La diminuzione del burden allelico di JAK2 non è correlata con la guarigione della malattia, con la diminuzione del rischio trombotico, con il rischio di progressione in mielofibrosi. E' sicuramente un ambito di studio di interesse attuale, ma non vi sono ancora dei dati certi su cui poter basare un approccio terapeutico.
Dobbiamo infatti considerare che, seppur l'interferone costituisce un ottimo farmaco per pazienti ad alto rischio che necessitano di una terapia citoriduttiva, non è privo di effetti collaterali, a breve e lungo termine, e che la medicina si basa sempre su una valutazione del rapporto rischio/beneficio.
Ovviamente le linee guida attuali potranno subire dei cambiamenti sulla base dei risultati dei nuovi studi in vitro ed ex vivo in corso.
Buonasera. Sono un uomo di 83 anni. Nell'aprile dell'anno scorso ho riportato un'embolia polmonare bilaterale da trombosi venosa profonda alla gamba sinistra.
Diagnosticata policitemia Vera - positivo alla mutazione JAk 2 - Emoglobina ed ematocrito sotto controllo ematologico con assunzione di Oncocarbie e Coumadin.
Premesso che ho un'ipertrofia prostatica benigna, che mi costringe al catetere permanente, chiedo se posso sostenere un intervento con il laser verde al fine di eliminare la prostata ed a quali rischi o complicazioni andrei incontro. Grazie.
(Guido)
Risposta
Gentilissimo,
il suo caso necessita di essere discusso con il suo ematologo e urologo di riferimento. Di per sé la policitemia vera e la terapia con oncocarbide non pongono controindicazione all'intervento, mentre è verosimile che dovrà sospendere e sostituire temporaneamente la terapia anticoagulante con coumadin.
Buongiorno, mia moglie (75 anni) è affetta da mielofibrosi, diagnosticata circa un anno e mezzo fa, ed ha soprattutto problemi di anemia, temporaneamente attenuati con l'assunzione di danozolo. Una volta sospeso il farmaco perché divenuto inefficace, ci è stato suggerito di tentare con l'eritropoietina. A tal proposito vorrei chiedervi conferma della sua potenziale efficacia in caso di anemia da mielofibrosi e della notizia, riferitami da più parti, relativa all'aumento di rischio trombotico che questa comporterebbe.
(Marco)
Risposta
Gentilissimo,
l'anemia costituisce uno degli eventi principali e di più difficile gestione in corso di mielofibrosi.
La terapia con eritropoietina rappresenta nella maggior parte dei casi il primo farmaco ad essere utilizzato per la gestione di questa complicanza. Purtroppo solo una bassa percentuale dei pazienti risponde al trattamento e la durata della risposta risulta essere limitata. Riguardo l'aumento del rischio trombotico in corso di terapia con eritropoietina, questo è correlata ad un aumento dei livelli di ematocrito ed emoglobina >12 g/dl, soglia per cui è indicata la sospensione temporanea del trattamento.
Buonasera ricercatori, volevo chiedervi, se una mielofibrosi prefibrotica evolve sempre in una mielofibrosi franca? O può anche non evolvere in alcuni casi? Con quale percentuale? E in quanto tempo dalla diagnosi?
Grazie mille.
(Debora)
Risposta
Gentilissima,
la mielofibrosi prefibrotica è una neoplasia mieloproliferativa cronica con caratteristiche morfologiche, cliniche e prognostiche diverse dalla mielofibrosi franca. Studi recentemente pubblicati hanno mostrato un rischio di progressione verso una forma di mielofibrosi franca di circa 1/100 pazienti l'anno. Il rischio di progressione, è determinato da numerosi fattori demografici, ematologici, istologici e molecolari, e calcolabile attraverso degli score prognostici validati. Tale rischio evolutivo è pertanto caratteristico di ogni singolo paziente.
Salve torno a scrivervi per avere maggiore chiarezza possibile. Dal 2010 ho una Eritrocitosi che varia da hct 50 a max 56,5. Emoglobina max avuta è 18,5. Fatto controllo per JAK2 esone 12 CARL e mpl tutti risultati negativi. Milza nella norma max 12 cm, ldh nella norma, bar/abl negativi striscio periferico privo di anomalie. EPO 11.4.
Referto BOM: microscopio cellularita: 35/45%. In sostituzione adiposa le lacune sottocorticali Granulopoiesi mutante con lieve eosinofilia eritrpoesi espansain varia, a fase maturativa con incremento dei precursori. Megacariociti ben rappresentati, focalmente aumentati di aspetto maturo, precursori emopoietici CD 34+: 2-3%. Presente un aggregato Linfoide Centrolacunare ai margini tondeggianti documentabili solo in una parte multiple sezioni allestite a vario livello.
Presenti deposito di ferro (perls +)
Addendum: la caratterizzazione Immunoistochimica della componente linfoide documentata Un infiltrato linfocitario misto (CD 20+, Cd3+) con organizzazione follicolare dell'aggregato centrolacunare prende, che appare dotato di un centro germinativo di tipo reattivo, (CD10+, bcl2-, CD23+ su cellule follicolari dendritiche ); la quota interstiziale appare pressoché completamente T-cellulare (CD3+, CD20 rare cellule+, ciclina D-, CD23-, CD10-, bcl2+).
Popolazione plasmacellulare (CD138+) interstiziale/Perivascolare pari al 5% circa della cellularita, politipica. Questi esami eseguiti tutti fino a dicembre 2018. Ho continuato periodicamente esami emocromo che rilevavano fondamentalmente valori leggermente alti ematocrito, max 55% ed ho eseguito salassi.
A maggio un esame emocromo, per la prima volta wbc 3,8 neutrofili 1,8,linfociti 1,4, hct 49,6.
Ripetuto l'esame dopo circa un mese wbc 5,4, neutrofili 2,56, linfociti 2.18. Hct 52,5 ,emoglobina 16,7, eseguito salasso, e dopo 6 gg ripeto EMOCROMO e mi ritrovo di nuovo con WBC 4,34, neutrofili 1,62, linfociti 2.10, hct 51,3 emoglobina 15,4.
Ora il mio timore era che in ben due occasioni mi sono ritrovato con wbc tendenzialmente bassi ed una sorta di neutrofili lievemente bassi.
Il mio timore (poiché in passato mi fu accennato del triplo negativo) che dietro questa lieve leucopenia con neutrofili leggermente alterati, si mascheri una mielofibrosi triplo negativo. Possibile?
Grazie tante per la vostra disponibilità.
(Elvis)
Risposta
Gentile signore,
dai dati che lei riporta non sono stati soddisfatti i criteri per una diagnosi di malattia mieloproliferativa. Tuttavia, data la complessità clinica e patogenetica delle malattie mieloproliferative, non è possibile dare una risposta al suo quesito in assenza di tutte le informazioni cliniche, di laboratorio e molecolari.
Riguardo le alterazioni, peraltro modeste e non persistenti, della sua formula leucocitaria, queste possono essere causate da numerosi cause, primitive e secondarie, quali ad esempio eventi infettivi virali.
Pertanto il suo Medico di riferimento monitorerà l'andamento nel tempo di questa modesta leucopenia e una eventuale inversione della formula leucocitaria.
Buongiorno.
Ho avuto evento trombotico successivo ad intervento chirurgico che mi ha bloccato a letto per una settimana. Col Lixiana il trombo si è sciolto completamente in 40 giorni. A seguito dei controlli effettuati dall'ematologo si è riscontrato JAK2 positivo con allele mutato inferiore al 50%. Ematocrito 51,7. Diagnosticata Policitemia vera.
Ho 59 anni. Per il JAK2 mi dicevano che necessitavano almeno 30 giorni per l'esito, ma l'ho avuto in 3 giorni. E' tecnicamente possibile, magari anche a causa di scambio di nominativi, ripetendo l'esame, che possa risultare negativo a causa di un qualsivoglia errore precedente? E' mai successo in precedenza?
Grazie
(Francesco)
Risposta
Gentilissimo,
non vi è alcun motivo per dubitare del referto a lei pervenuto né sulla professionalità del laboratorio in cui è stato eseguito.
Le tempistiche dei referti dipendono da molti fattori e viene normalmente indicato un tempo massimo entro il quale fornire il referto ufficiale. Questo è molto diverso dai tempi di esecuzione dell'esame. In condizioni di urgenza, o di lista d'attesa ridotta, l'esame può essere eseguito in tempi minori, cosa che ritengo sia successo nel suo caso.
Buongiorno vorrei sapere a cosa vado incontro a dopo un mese di xadrid senza nessun cambiamento sul valore delle mie piastrine... E come mai non c'è stato nessun cambiamento neanche del 3%?
(Giulia)
Risposta
Gentile Signora,
come indicato frequentemente nel sito, non vengono rilasciate consulenze personalizzate. Peraltro nel suo quesito mancano dei dati importanti per valutare l'efficacia o meno di una farmaco (conta piastrinica iniziale ad esempio), nonché il motivo per cui è stata intrapresa questa terapia.
L'ematologo di riferimento che le ha fornito la prescrizione saprà sicuramente valutarne l'efficacia, che necessita comunque di un tempo superiore ad un mese.
Buongiorno Dottori,
50 anni, ET asintomatica da 12 anni, positivo JAK2, graduale aumento piastrine negli anni, da 700/750 alle attuali 950/1100, in cura con 1 cp aspirinetta a giorni alterni. In tutti questi anni mi sono informata sui vari studi e progressi della ricerca ed essendo consapevole del fatto che a breve mi verrà indicata una terapia per ridurre la conta piastrinica, vorrei sapere se in Italia esiste la possibilità, magari partecipando ad un trial, di assumere il Besremi.
Certa di una vostra risposta, grazie infinite.
(Giorgia)
Risposta
Gentilissima,
riguardo la necessità di iniziare una terapia citoriduttiva si rimanda la valutazione al Suo Ematologo di riferimento.
Attualmente il ropeginterferon alfa-2b (nome commerciale Besremi) è stato approvato dall'EMA per il trattamento di pazienti affetti da policitemia vera. Non è tuttavia ancora possibile stimare con esattezza la data di approvazione da parte dell'AIFA, e quindi la prescrivibilità in Italia.
Riguardo la trombocitemia essenziale, non vi sono trial clinici con arruolamento attivo in Italia per pazienti in prima linea di trattamento. E' verosimile che una volta ottenuta l'approvazione per la policitemia vera, vi sarà una estensione di questa ai pazienti affetti da trombocitemia essenziale, tuttavia è impossibile prevedere i tempi.
Salve egregi ricercatori, vorrei capire una cosa: come mai mio marito 39 anni con trombocitemia essenziale JAK2 e con ipertensione arteriosa porta piastrine oscillano tra 960 e 1260? Lui prende solo CARDIOASPIRINA... mentre ONCOCARBIDE lo ha fatto solo un ciclo fra dicembre 2017 e finito a febbraio 2018 per riduzione dell'emoglobina. A questo punto la sua ematologa ha deciso di farglielo fare solo se arrivano a 1500 risultando sensibile all'oncocarbide. Per voi e giusto così? Nel frattempo fà i follow-up ogni due mesi e fatto primo salasso a febbraio 2019 per ematocrito e globuli rossi alti.
(Lucrezia)
Risposta
Gentile Signora,
le ricordo che non possiamo fornire pareri sul singolo caso e la nostra risposta non può sostituire la valutazione del Suo Ematologo di riferimento, al quale la riaffidiamo per la discussione in merito alla migliore strategia terapeutica.
Tuttavia, esprimendoci in termini generali, nei soggetti giovani e che non hanno episodi di trombosi in anamnesi, molto spesso si sceglie di limitarsi a sorvegliare l'andamento della malattia senza prescrivere alcun farmaco, soprattutto se il paziente è asintomatico. Se sono presenti uno o più fattori di rischio cardiovascolari, nel suo caso l'ipertensione arteriosa, sulla base anche del genotipo del singolo paziente (JAK2, CALR, MPL) l'ematologo potrebbe prescrivere una terapia antiaggregante.
Solo nei soggetti di età superiore a 60-65 anni, o in chi ha già avuto un episodio di trombosi maggiore, si preferisce iniziare subito un trattamento specifico per la trombocitemia. L'aumento delle piastrine non costituisce infatti di per sè un fattore di rischio trombotico.
Buongiorno,
a 27 anni mi è stata diagnosticata trombocitemia, a 41 policitemia, a 57 mielofibrosi. Ho 62 anni, JAK2 positivo, cariotipo nella norma. Dopo 18 anni di Idrossiurea (sospesa per ulcere alle gambe) ed un breve periodo di Interferone, sono in trattamento con Ruxolitinib (ad un dosaggio molto basso, 5 mg per 2 poiché a 10 + 5 mg ho accusato due episodi quasi fatali di setticemia).
Vorrei sapere con che frequenza si verifichi questa evoluzione della malattia mieloproliferativa. Grazie e cordiali saluti.
(Enrico)
Risposta
Il rischio di progressione di una policitemia vera o di una trombocitemia essenziale in mielofibrosi è stimata a 15-20% dei casi a dieci anni dalla diagnosi, con un tempo medio di progressione di circa 10-11 anni. Non è ancora noto se l'uso di farmaci come i JAK1/2 inibitori (es. Ruxolitinib) siano in grado di rallentare la progressione di malattia.
Salve eccellenti ricercatori, ho 70 anni, sono affetto da trombocitemia esistenziale, in cura con 18 pasticche di oncocarbide a settimana e una compressa di triclopodina al giorno perché ho la colite ulcerosa. Nell'ultimo emocromo mi sono usciti valori di uricemia alta, azotemia alta, creatinemia alta. Il mio eematologo mi ha detto che è tutto a posto e mi ha dato la cura per l'uricemia alta. Vorrei sapere un vostro parere, io ho paura che sono coinvolti i reni però il mio medico curante non mi ha dato nessun esame da fare. Grazie in anticipo.
(Vinincio)
Risposta
L'aumento dell'acido urico è frequente nelle neoplasie mieloproliferative, soprattutto in corso di terapia citoriduttiva. L'iperuricemia può determinare una riduzione della funzionalità renale, per tale motivo è opportuno ridurne i livello con terapia specifica (es. Allopurinolo), come le è stato prescritto. La funzionalità renale deve essere comunque monitorata saltuariamente.
Egregi dottori,
mi hanno diagnosticato la mielofibrosi in forma pre-fibrotica[MF1], in data 4 dicembre 2018. Sono CALR-2 positivo, fenotipo normale, score prognosticato basso rischio, nessuna mutazione aggiuntiva, milza e fegato normali, nessun linfonodo ingrossato.
Al momento l'unico valore fuori norma è rappresentato dalle piastrine (piu di 1 milione alla scoperta luglio 2018, salite fino a due milioni duranti gli esami specialistici e attestate a 800 mila da ottobre 2018 ovvero da quando assumo 8 capsule di onco e 3 di allopurinolo alla settimana). La mia domanda riguarda la percentuale di evoluzione e la tempistica di evoluzione della forma pre-fibrotica a quella franca.
Grazie.
Saluti a tutti.
(Giuseppe)
Risposta
Recenti studi retrospettivi hanno mostrato che il rischio di progressione da una mielofibrosi pre-fibrotica a MF franca è di circa 1/100 pazienti l'anno, con un rischio relativo doppio rispetto a quello osservato per la trombocitemia essenziale. [Guglielmelli P Blood 2017, Rumi E Oncotarget 2017, Barbui T, JCO 2011].
Buongiorno, torno a disturbarvi per un problema di ronzio insopportabile in testa. Sono affetta da Trombocitemia essenziale dal 2016, ho 56 anni e cerco di condurre una vita normale, lavoro ecc.; il problema che più mi affligge, a parte la stanchezza (valore piastrine 900) è un perenne ronzio in testa Dalla parte sinistra della testa, tant'è che quando vado in palestra a fare pilates aumenta quando da sdraiata mi tiro su (movimenti tipo addominali); ho 2 ernie cervicali ma non so se può dipendere da questo oppure dalla piastrinosi. Per quanto riguarda la terapia, ancora l'ematologo non me l'ha prescritta, è un problema comune che riscontrate in altri pazienti?
Un ultima cosa, anche se è davvero una domanda che quasi mi vergogno a chiedere, posso eseguire un piccolo trattamento estetico (ialuronico viso)? Che peraltro avevo già fatto ancorché mi fu riconosciuta la malattia, ma avevo già le piastrine alte? Scusate per la leggerezza di questa domanda.
Cordiali saluti.
(Simonetta)
Risposta
Il ronzio può essere un sintomo associato alla trombocitemia essenziale, talora può beneficiare di un aumento del dosaggio della terapia antiaggregante (es. Aspirinetta, cardioaspirina, ecc.); tuttavia i ronzii auricolari possono essere legati anche ad alte cause. Per tale motivo riteniamo utile una visita specialistica otorinolaringoiatra oppure audiologica.
Per quanto riguarda l'intervento di chirurgia estetica, è importante ricordare che la terapia antiaggregante aumenta rischio di sanguinamenti, in particolar modo se l'intervento richiede iniezioni multiple anche con aghi di piccole dimensioni.
Gentili medici,
ho 72 anni, dopo 6 anni di trombocitemia (da mutazione genetica dello JAK2) la neoplasia si è trasformata in mielofibrosi, con diagnosi presso il S. Matteo di Pavia del giugno 2016.
Sono trasfusione-dipendente dal novembre 2016 (2 sacche ogni 16/18 gg.); assumo JAKAVI dall'ottobre 2016 (30 mg/die) ed EXJADE (2 cpr/die/360 mg dal giugno 2017).
Ad ogni trasfusione effettuo analisi varie, di cui i dati (medi) più significativi sono:
- emoglobina (ante trasfusione) 8,4/8,8, globuli rossi mediamente da 2.800.000 a 3.000.000 ca.;
- piastrine 180.000/290.000, continuamente altalenanti;
- globuli bianchi tra i 40 ed i 68.000, pure continuamente altalenanti;
- blasti tra 0,5 ed 1,5%;
- parametri epatici appena nei limiti e renali a loro volta rientrati nei limiti, dopo aver ridotto EXJADE da 3 a 2 cpr./gg.;
- p-ldh 979;
- ferritina oscillante tra 4.200 e 4.900, con max 4.951;
- vitamina D, calcio e folati nettamente carenti ed all'inverso vitamina B12 oltre 1.200.
L'ECO-addome, che effettuo semestralmente, è normale in tutti i parametri ad (ovvia) eccezione della milza in lenta ma continua crescita, che dopo tre anni di mielofibrosi ha raggiunto un diametro longitudinale di 19,5 cm; coronale cm. 10; antero-posteriore cm. 11.
Nessun sintomo tipico della mielofibrosi ad eccezione della citata splenomegalia.
Quanto sopra premesso Vi chiedo:
- il Vs. pensiero sulla situazione e le sue prospettive;
- quali ulteriori indagini eventualmente effettuare;
- quali nuove medicine e/o sistemi di trapianto (solo autologo ?) si stiano profilando, segnalando che dall'autunno prossimo in via sperimentale
sostituirò JAKAVI con MOMELOTINIB, che sembra contenere meglio sintomi e splenomegalia ed allungare i tempi di trasfusione;
- se è possibile contenere la spiccata ferritinemia e quali siano la sua misurabilità e la tempistica di effettiva pericolosità
.
Ringraziandovi anticipatamente, cordiali saluti.
(Mario)
Risposta
Carissimo sig. Mario come indicato sul sito, non vengono rilasciate consulenze personalizzate, teniamo comunque a dare alcuni chiarimenti alle sue domande:
- l'unico tipo di trapianto indicato nella mielofibrosi è di tipo Allogenico (ovvero da donatore) mentre il trapianto autologo non ha alcun razionale biologico. Purtroppo ad oggi l'indicazione al trapianto è limitata ai pazienti di età <70 anni;
- per i pazienti con mielofibrosi, refrattari o intolleranti al ruxolitinib oppure con anemia saranno a breve disponibili nuovi protocolli clinici con farmaci sperimentali, incluso il momelotinib che ha dimostrato di ridurre dal 40 al 10% la percentuale dei pazienti con trasfusione dipendenza;
- elevati livelli di ferritina possono creare problemi al funzionamento di alcuni organi, incluso il midollo osseo. Un continuo monitoraggio dell'emocromo e della funzionalità cardiaca, epatica e renale consentono di valutare l'eventuale danno indotto dall'iperferritinemia.
Ho policitemia vera da circa 10 anni ho assunto per molti anni oncocarbide, all'inizio mi facevano solo salassi, poi solo oncocarbide, a distanza di anni ho notato globuli rossi. Un poco più bassi e un ematologo mi ha dato vitamine b12 e b9, dopo la cura l'ematocrito è salito più di 56 da richiedere un salasso perché i bianchi era un lo sotto il limite, e non potevo prendere troppo oncocarbide. Dopo il salasso sono risaliti a 14000 i globuli bianchi e le piastrine a più di 900000 che prima non avevo il medico mi ha dato 3 oncocarbide al giorno per 15 gg, dopo alcuni giorni che ne prendevo 3 ho avvertito brividi e febbre che va e viene che io so per circa tre a 37,1 37,3 37,7 come mai sento anche dolori ossei e mi fa male vicini al musolo decollo sternomastoideo, mi risponde al più presto per favore sono in ansia.
Risposta
L'idrossiurea è un farmaco citoriduttore, ossia in grado di distruggere o danneggiare le cellule malate, per cui diminuisce la produzione di cellule del sangue da parte del midollo osseo interferendo con la sintesi del DNA. Riduce il numero di globuli rossi (come i salassi), ma anche di globuli bianchi e di piastrine. Inoltre, limita l'ingrossamento della milza. Può dare fenomeni di tossicità a livello del midollo osseo, che si manifestano come anemia, riduzione eccessiva dei globuli bianchi (leucopenia) o delle piastrine (piastrinopenia). In questi casi si deve ridurre la dose, oppure sospendere il farmaco. Altri effetti collaterali possibili sono reazioni a carico della pelle, come lesioni cutanee a lenta guarigione, dermatiti e afte del cavo orale (piccole lesioni della mucosa, in genere sulla bocca, le labbra e la lingua), e in certi casi anche rare neoplasie cutanee. Una complicanza rara (meno dell’1% dei pazienti) ma tipica è la febbre da farmaco, che insorge in genere dopo 3-4 settimane di trattamento e si manifesta con temperatura molto elevata (anche oltre 39°C) e immediata risoluzione alla sospensione dell'idrossiurea. La sintomatologia che riferisce potrebbe rientrare in questa complicanza.
Nei pazienti refrattari o intolleranti all'oncocarbide, da dicembre 2014 è possibile prescrivere ruxolitinib, il primo JAK1/2 inibitore approvato nella policitemia vera. Inoltre è importante ricordare che l'uso di integratori come vitamine b12 o ferro sono sostanzialmente controindicate nei pazienti con policitemia vera, anche in presenza di ipoferritinemia o calo del globuli rossi. L'uso di questi integratori, se necessario per esempio in caso di comparsa di una franca anemia con livelli molto bassi di emoglobina o di ematocrito, deve essere limitato ad un breve periodo e sotto la supervisione dell'ematologo di fiducia.
Buongiorno, vorrei sapere se esiste la possibilità di eliminare o quantomeno ridurre il prurito acquogeno dovuto a PV. Grazie.
(Franco)
Risposta
Il prurito di solito peggiora al contatto con l'acqua. Si devono evitare bagni o docce con acqua molto calda e per lavarsi va preferita l'acqua fredda o al massimo tiepida. Per asciugarsi, premere delicatamente l'asciugamano sulla pelle, senza strofinare. Ovviamente è bene utilizzare asciugamani morbidi. L'uso di indumenti stretti o di fibre sintetiche può peggiorare il prurito, per cui è meglio evitarli. La pelle va mantenuta idratata, impiegando apposite creme o lozioni. Sono stati segnalati benefici con l'impiego di soluzioni di bicarbonato di sodio o di creme alla capsaicina. In alcuni casi può essere utile l'assunzione di farmaci antistaminici, che però possono causare sonnolenza. Si possono provare anche trattamenti con raggi ultravioletti, purché sotto stretto controllo specialistico dermatologico.
I pazienti refrattari o intolleranti all'oncocarbide possono beneficiare dell'efficacia del farmaco ruxolitinib anche sul prurito. Il farmaco infatti si è dimostrato molto efficace nel ridurre il prurito acquagenico associato alla policitemia vera.
Buongiorno egregi ricercatori, volevo farvi una domanda per capire. Mio marito da quando ha la trombocitemia essenziale JAK2 e con ipertensione arteriosa, lui praticamente l'ha scoperta a dicembre 2017, dopo un pronto soccorso con dolori addominali e fatto bomba sempre a dicembre 2017... Solo che indagando indietro le sue piastrine erono cominciate a salire nel 2013 a 530 piastrine..., quindi e da allora che aveva questa malattia?
I suoi sintomi erano prurito alle mani, piedi e ematomi molto evidenti per incidenti che allora aveva per altre cause.
Grazie mille per la vostra risposta.
(Lucrezia)
Risposta
Il caso che ci riferisce si osserva frequentemente nelle neoplasie mieloproliferative croniche, purtroppo seppur non dimostrabile, non è possibile escludere l'esistenza della malattia fin dall'inizio dell'aumento della conta piastrinica.
Gentili dottori da 11 anni affetta da policitemia, dopo otto anni diventata intollerante all'oncocarbide che mi procurava ulcere ai piedi ed afte alla bocca, mi sono curata con intron ottenendo buoni risultati. Non riuscendo più a trovarlo come potrei sostituirlo?
(Lucia)
Risposta
A causa delle reali difficoltà a reperire il farmaco Interferone alfa, un vasto numero di specialisti emetologi di tutta Italia hanno fatto una richiesta ad AIFA per l'inserimento della forma pegilata del farmaco in lista 648. Al momento purtroppo non sono disponibili formulazioni alterative all'interferone alfa. In rari casi è stato possibile richiedere il farmaco in "off-label" alla farmacia ospedaliera.
Mi è stata riscontrata la Mielofibrosi cronica dal 2015, volevo sapere, facendo regolarmente attività fisica, se ci sono controindicazioni nell'uso degli integratori vitaminici. Grazie.
(Arcangelo)
Risposta
In linea generale non ci sono controindicazioni ad eseguire regolare attività fisica e all'uso di integratori. Si raccomanda sempre di comunicare al proprio ematologo tutti i farmaci o altre sostanze (incluso integratori o terapie omeopatiche) assunte, soprattutto se si assumono farmaci per la malattia ematologica.
Gentili dottori buongiorno. Chiedo cortesemente notizie in merito al momento in cui è necessario ricorrere al trapianto nel caso di mielofibrosi e quali sono i centri italiani con il maggior tasso di successo nei trapianti di donatori non famigliari e non totalmente compatibile.
Avete notizie sull'efficacia di un farmaco che era stato sperimentato per la mielofibrosi, forse di chiamava MP 450 (?) che aveva azione fibrinolitica.
Infine penso sia utile che accanto al consulente ematologo venga aggiunta un'altra figura che aiuti il paziente ad affrontare la grande paura che lo assale di fronte a una malattia così grave e all'abisso che intravede e che lo accompagnerà per anni e di cui spesso conosce il traguardo a cui la stessa conduce. Non dimenticate questo aspetto e al fatto che siamo molta più mente che corpo. Buon lavoro.
(Salvo)
Risposta
Le attuali indicazioni al trapianto di cellule staminali emopoietiche nella mielofibrosi stabilita dall'organizzazione europea sul trapianto di midollo ( EBMT) sono:
- entro i 70 anni per i pazienti con mielofibrosi a rischio Intermedio 2 e Alto secondo il modello prognostico IPSS o DIPSS;
- entro i 65 anni per i pazienti con mielofibrosi a rischio Intermedio 1 secondo il modello prognostico IPSS o DIPSS ed in presenza di almeno uno dei seguenti fattori: anemia trasfusione-dipendente ,blastosi nel sangue periferico < 2%, citogenetica sfavorevole, essere tripli negativi (JAK,CARL,MPL) e/o avere una mutazione nel gene ASXL1.
Se si riferisce alla molecola PRM-151, all'ultimo congresso europeo (EHA), appena svolto a giugno, sono stati presentati i risultati di uno studio di fase 2 su 97 pazienti con mielofibrosi randomizzati ad assumere 3 diversi dosaggi (0.3 mg/kg, 3.0 mg/kg, 10 mg/kg). Lo studio ha mostrato che il farmaco, pur non essendo particolarmente efficace nel ridurre le dimensioni della milza o l'intensità dei sintomi, è stato in grado di ridurre il grado di fibrosi midollare nel 25-30% dei casi ed un miglioramento dell'anemia nel 16-30% e della piastrinopenia del 30-40%.
In molto centri ematologici, in molte associazioni dei pazienti o associazioni onlus per pazienti oncologici è possibile richiedere sostegno psicologico, psicoterapia individuale, domiciliare e di gruppo per malati oncologici e ai loro familiari.
Buonasera a tutti voi. Ho ritirato gli esiti della BOM dove mi confermano la trombocitemia. A differenza dei due prelievi di sangue effettuati a settembre e a marzo in cui si cercava la mutazione JAK2 e rispettivamente avevo una percentuale di allele di 0.82 e 0.25, nell'aspirato sono risultata negativa. E' possibile una, seppur piccola, regressione da farmi risultare prima positiva e ora negativa? C'è la possibilità che nel tempo ricontrollando la mutazione possa tornare positiva?
(Lucia)
Risposta
Nella diagnosi della TROMBOCITEMIA ESSENZIALE, oltre alla biopsia è richiesta la ricerca di una mutazione driver. Oltre alla mutazione di JAK2 possono essere ricercate altre mutazioni in altri geni driver come CALR e MPL. Talora mutazioni in CALR e MPL sono presenti anche in presenza di una mutazione di JAK2 a bassa %. Secondo l'Organizzazione Mondiale della Sanità, in assenza delle mutazioni driver, è opportuno ricercare mutazioni non driver che definiscono l'origine clonale della malattia. La ricerca di tutte le mutazioni suddette possono essere effettuate su sangue periferico, non c'è una indicazione all'uso del sangue midollare. Tuttavia studi comparativi non hanno mostrato differenza tra la % osservata su sangue periferico e quella su sangue midollare.
Vorrei sapere come si può avere il myleran per un paziente con policitemia vera, visto che il farmacista mi ha detto che il farmaco adesso è in fascia C e una confezione costa circa 380 euro.
(Gianfranco)
Risposta
Il busulfo (Myleran), fino a pochi mesi fa era in fascia A e quindi a carico del SSN; successivamente è stato riclassificato dall'AIFA, anche su richiesta del produttore, che lo ha incluso tra quelli di fascia C, quindi a carico dei cittadini, perché esistono alternative terapeutiche.
Risultato: si è passati da un costo per il SSN di 15,79 euro a 387,84 euro per il paziente e la valida alternativa terapeutica individuata, di fatto, non va bene per tutti, come certificano gli specialisti. Per questo il Tribunale per i diritti del malato ha sollecitato con l'invio di una lettera un intervento risolutivo da parte delle Istituzioni competenti per garantire che nei casi in cui il medico certifichi l'indispensabilità ed insostituibilità di Myleran, il farmaco sia a carico del SSN. Di fatto al momento il costo del farmaco rimane a carico del paziente. In alcune regioni (es. Toscana) è possibile richiedere un rimborso previsto dalla Regione ai sensi della delibera "Assistenza a favore dei pazienti affetti da particolari patologie DGRT 493/2011" poi aggiornata secondo delibera del 2013, allegando una relazione che dovrà essere presentata dal medico curante.
Buongiorno a tutti! Ho 41 anni da circa 1 anno mi è stata diagnosticata la mielofibrosi prefibrotica MF1, CALR mutate di tipo 2. Al momento l'unico valore "esuberante" nel sangue è rappresentato dalle piastrine, per cui ho iniziato l'assunzione di oncocarbide e allopurinolo (8 pastiglie/3 pastiglie per settimana) e a giorni alterni aspirina.
Da quando ho iniziato la cura, ottobre 2018, sono passato da due milioni di piastrine a ottocentomila. Vorrei sapere se esistono delle % e tempistiche medie di evoluzione dalla frase prefibrotica a quella franca e se comunque è nel destino di questa malattia l'evoluzione in mielofibrosi, in altre parole ci sono possibilità di "cronicizzazione" di questa malattia, quindi vivere una vita normale come sto facendo al momento con l'assunzione di farmaci?
Grazie a tutti.
(Giuseppe)
Risposta
La mielofibrosi prefibrotica ha caratteristiche cliniche e prognostiche significativamente diverse dalla trombocitemia essenziale (TE) e dalla mielofibrosi (MF) franca. Recentemente, per la pre-MF è stato stimato un rischio di progressione verso una MF franca di 1/100 pazienti l'anno, con un rischio 2 volte più elevato dei pazienti con TE ( 0.5/100 pazienti l'anno). La sopravvivenza mediana non è raggiunta per la Pre-MF ed a 10 anni il 2% dei pazienti è deceduto. Tuttavia, il rischio di progressione e di mortalità è influenzata da molti fattori (ematologici, molecolari e demografici), risulta quindi difficile fare una stima generalizzata del rischio di progressione.
Gentili dottori,
riscontrata una mielofibrosi, da alcuni mesi in trattamento con oncocarbide 2 cps al di. Ridotte a 3 pcs ogni due gg, una i giorni dispari e due i giorni pari. Prima dell'inizio terapia piastrine 900, altri valori tutti sostanzialmente nella norma.
L'ultimo emocromo rileva: leucociti 4,7 annessi ad essi tutti nella norma; eritrociti 3,15, hb-emoglobina 10,8 (note lieve anemia); ematocrito 32,8, vol. cellulare 104,1, (note macrocitosi), Mchc conc.hb cell. 33,0 g/dl, mch hb cell.media 34,3, rdw 21,3% eritrociti ipocromici 2,0%, piastrine 360 10^3/mcl, mpv 7,3.
Tutto considerato che le piastrine rientrano ora nel campo previsto, preoccupano gli altri valori che prima erano sostanzialmente nella norma, sarà l'effetto oncocarbide o cosa?
Grazie!
(Osy)
Risposta
La mielofibrosi, una volta diagnosticata, va seguita con attenzione e con controlli regolari, ma ci sono due considerazioni molto importanti da fare, per evitare ansia e paure ingiustificate:
1. non sempre richiede un trattamento;
2. non esiste una correlazione tra il numero delle piastrine e il rischio di trombosi; quindi, anche in casi in cui il numero di piastrine è piuttosto elevato, non è detto che si debba per forza iniziare un trattamento con farmaci o adottare un dosaggio elevato per mantenere la conta piastrinica entro i limiti di normalità, tanto più se questo comporta la compara di leucopenia e/o anemia.
Deve essere tenuto presente che comunque una spiccata trombocitosi (>1500 x 10^9/L) può essere associata a una Malattia di von Willebrand acquisita e alla tendenza al sanguinamento. In questi casi un trattamento citoriduttivo dovrebbe essere preso sempre in considerazione.
Da quello che mi risulta ai primi di settembre la FDA dovrebbe dare o no l'approvazione per l'uso di fedratinib per la cura della mielofibrosi. Visto che ha passato la fase 3, penso che abbia anche ottenuto una procedura accelerata (se mi spiegate cosa è sarebbe per me gradito), è possibile già da oggi da parte di un paziente, tramite logicamente medico curante, richiedere il farmaco come uso compassionevole?
p.s. Alla fine Fedratinib sarebbe il secondo farmaco disponibile per la cura della mielofibrosi, leggo spesso i commenti/informazioni, secondo me non se ne è parlato molto. Sempre secondo me, naturalmente.
Saluti e grazie per il lavoro che fate a nome di tutti i pazienti.
(Bruno)
Risposta
Fedratinib è un inibitore orale delle chinasi con attività verso JAK2 (Janus Associated Kinase 2) "wild type" e attivata dalla mutazione verso FLT3 (FMS-like tyrosine kinase 3). Fedratinib è un inibitore selettivo di JAK2 con potenza più elevata per JAK2 rispetto agli altri membri della famiglia JAK (JAK1, JAK3 e TYK2). Un'attivazione eccessiva di JAK2 è associata a neoplasie mieloproliferative, che includono la mielofibrosi e la policitemia vera.
In modelli cellulari che esprimono JAK2 attivato da mutazione, fedratinib ha ridotto la fosforillazione di proteine trasduttori del segnale e attivatori di trascrizione (STAT3/5), ha inibito la proliferazione cellulare e indotto la morte cellulare apoptotica. In modelli animali di malattia mieloproliferativa guidata da JAK2V617K, fedratinib ha bloccato la fosforillazione di STAT3/5, migliorato la sopravvivenza e i segni associati alla malattia (che comprendono il numero di globuli bianchi nel sangue, l'ematocrito, la splenomegalia e la fibrosi).
Un'analisi aggiornata dei dati dello studio di fase 2 JAKARTA2 mostrano tassi di risposta clinicamente significativi con febratinib, farmaco sperimentale, in pazienti con mielofibrosi precedentemente trattati con ruxolitinib. Questa analisi aggiornata di febratinib ha utilizzato i principi di "intent-to-treat" (ITT) e una definizione più stretta dei pazienti recidivati, refrattari o intolleranti a ruxolitinib. I risultati sono stati divulgati in una presentazione poster al Congresso annuale dell’American Society of Clinical Oncology (ASCO) a Chicago.
Nella popolazione ITT (n = 97), la percentuale di pazienti che ha mostrato una riduzione del 35% o superiore del volume della milza alla fine del ciclo 6 era pari al 31% (IC 95%: 22-41). Di questi 97 pazienti, 79 (81%) rientravano tra i criteri più stretti di resistenza o intolleranza a ruxolitinib. In questa coorte, la percentuale di pazienti che ha mostrato una riduzione del 35% o superiore del volume della milza al ciclo 6 era pari al 30% (IC 95%: 21-42), in linea con il tasso di risposta osservato nella popolazione ITT. Inoltre, la percentuale di pazienti che ha manifestato un tasso di risposta nei sintomi del 50% o superiore era pari al 27% sia nella popolazione ITT (IC 95%: 18-37) che nei pazienti inclusi nell'analisi con criteri più stretti (IC 95%: 17-39).
Le alterazioni ematologiche di grado 3-4 più frequenti sono risultate essere anemia (46%) e trombocitopenia (24%). Gli eventi avversi non ematologici più comuni correlati al trattamento in tutti i pazienti trattati sono stati diarrea (62%), nausea (56%), vomito (41%) e costipazione (21%).
Ad agosto 2017, la FDA ha rimosso il blocco clinico sul programma di sviluppo di fedratinib che era stato posto nel 2013, dopo potenziali casi di encefalopatia di Wernicke, riportati in 8 degli 877 pazienti che avevano ricevuto una o due dosi di farmaco (meno dell’1% dei pazienti trattati). L'encefalopatia di Wernicke è una condizione neurologica indotta da deficienza di vitamina B1 che si manifesta come paralisi di uno o più muscoli extraoculari, perdita di coordinazione muscolare e confusione. I tassi di encefalopatia di Wernicke sono compresi tra 0,8% e 2,8% nella popolazione generale, come risulta da studi autoptici, comunque l'incidenza nei pazienti con neoplasie mieloproliferative è tre volte maggiore.
Fedratinib è comunque ancora un farmaco sperimentale non approvato per alcun uso in nessun Paese. E' stato comunque proposto uno studio sperimentale nella mielofibrosi che verrà attivato in Italia tra qualche mese.
Buongiorno, mio papà, 80 anni, è affetto da milofibrosi e in cura con jakavi 20 + 20. La milza ad ogni controllo è in leggero aumento.
Ultimamente alcuni valori del sangue mi preoccupano: il lattato deidrogenasi in crescita, ldh 2600, è segno di avanzamento della mielofibrosi? Per la prima volta il valore dei LUC è stato superiore al range, 0,7 su un max di 0.4. Sono sogni di evoluzione della malattia?
Grazie mille.
(Daniela)
Risposta
Il passaggio da mielofibrosi a leucemia acuta è generalmente accompagnato da un aumento rapido e notevole nel sangue di globuli bianchi immaturi (chiamati blasti), i quali non riuscendo più a maturare e a diventare cellule funzionanti in modo corretto, impediscono la produzione di tutte le cellule del sangue. Per la ricerca dei blasti è necessaria una formula leucocitaria manuale su uno striscio di sangue periferico e confermato da un indagine definita immunofenotipo che consente di identificare i blasti anche se non valutabili allo striscio.
Talora è necessario procedere ad una valutazioni midollare (Biopsia osteo-midollare e aspirato di sangue midollare). Il criterio generale per sospettare la diagnosi di una leucemia acuta è che il numero dei blasti sia maggiore del 20% del totale delle cellule presenti nel sangue e nel midollo osseo. Nel caso specifico, riteniamo che sia opportuno un approfondimento in relazione al valore di LDH (latticodeidrogenasi), il cui aumento può essere legato a varie cause.
Salve, vorrei sapere se sono stati condotti studi sulle caratteristiche di una PV JAK2, negativa supportata dalla sola mutazione LNK. Mi riferisco in particolare ad eventuali differenze (sintomi, decorso malattia, capacità di alterazione di altri parametri ematici, aspettativa di vita, ecc.) rispetto alla classica PV JAK2+. Grazie.
(Pino)
Risposta
La presenza di mutazioni in LNK (SH2B3) sono molto rare e si caratterizzano per una eritrocitosi isolata. Tali mutazioni più spesso si osservano in casi di neoplasie mieloproliferative familiari. Alcuni studi retrospettivi hanno evidenziato la presenza di mutazioni in LNK in casi di policitemia vera JAK2 negative (McMullin MF,Am J Hematol. 2016 Feb;91(2):248-51). Sono comunque stati riportati casi in cui LNK risultava mutata insieme a JAK2 o CALR.
Purtroppo per il numero limitato di casi non è stato possibile ad oggi fare uno studio di confronto tra pazienti JAk2 o LNK mutati.
Gentili ricercatori,
sono una ragazza di 34 anni, affetta da trombocitemia essenziale scoperta un anno fa per delle micro ischimie celebrale, sono JAK2 positivo, e non ho altri fattori di rischio.
E' un anno che sono in cura con la sola cardioaspirina, perché per arrivare alla diagnosi ci sono voluti 8 mesi, gli ematologi che mi seguono, prima mi avevano prospettato la terapia con interferone, ora ci hanno ripensato dicendomi che il mio non è stato un vero evento trombotico, e che quando capitò non ero sotto aspirina. Le mie piastrine sono stabili sempre a 650 mila, e si sono abbassati i valori mch-mchc-mcv, gli altri valori sono nella norma.
Sono un po' perplessa dalla decisione di non fare terapia. Vorrei un vostro parere.
Grazie mille.
(Deborah)
Risposta
Gentile signora risulta difficile esprimere un parere senza conoscere se e come sono insorte le "micro" ischemie cerebrali.
Nei soggetti giovani e che non hanno mai avuto episodi di trombosi, molto spesso si sceglie di limitarsi a sorvegliare l'andamento della malattia senza prescrivere alcun farmaco. Se sono presenti uno o più fattori di rischio per trombosi (vita sedentaria, obesità, fumo, elevati livelli di colesterolo nel sangue, ipertensione, diabete e storia di episodi di trombosi nei familiari), l'ematologo potrebbe prescrivere un antiaggregante (aspirina a basso dosaggio).
Solo nei soggetti di età superiore a 60-65 anni, o in chi ha già avuto un episodio di trombosi maggiore, si preferisce iniziare subito un trattamento specifico per la trombocitemia, che viene associato all'aspirina a basse dosi o a agli anticoagulanti orali a seconda del tipo di trombosi precedente, arteriosa o venosa. Queste indicazioni di massima, che derivano da molti studi clinici, devono sempre essere adattate al singolo paziente secondo il giudizio e l’esperienza dell'ematologo che lo ha in cura.
Gentilissimi ricercatori,
mia sorella (67 anni) è affetta da mielofibrosi (diagnosticata nel 2010) e, dato il peggioramento della malattia le è stato suggerito il trapianto. Quali sono i centri in Italia più specializzati nel trapianto per mielofibrosi? Esistono delle percentuali?
Cordialmente,
Antonio.
(Antonio)
Risposta
L'obiettivo del trapianto è di eliminare la malattia e ripristinare le normali funzioni del midollo osseo iniettando cellule staminali emopoietiche sane in grado di produrre tutte le cellule ematiche. Si realizza con cellule staminali emopoietiche prelevate dal sangue o direttamente dal midollo di un donatore (trapianto allogenico) preferibilmente scelto in ambito familiare perché deve essere compatibile, cioè avere caratteristiche il più possibile simili al ricevente. Se in famiglia non è disponibile un donatore, si ricorre ai registri di donatori non familiari.
Prima di ricevere le cellule staminali, il paziente viene sottoposto a un trattamento con radiazioni e/o con farmaci per distruggere completamente le cellule del midollo malato e quindi per permettere che il suo organismo accetti le cellule staminali del donatore. Tali terapie di preparazione, riducendo le difese immunitarie del ricevente, comportano un aumento delle infezioni e delle reazioni tossiche a livello dell'apparato gastrointestinale e del fegato, rappresentando così uno dei motivi per cui il trapianto è tuttora riservato a un numero limitato di pazienti.
Il rischio di un insuccesso viene ulteriormente aggravato dalla complicazione più grave del trapianto allogenico, la malattia del trapianto contro l'ospite (GVHD, dall'inglese Graft Versus Host Disease). La GVDH è provocata dal fatto che, insieme alle cellule staminali, vengono iniettate anche cellule del sistema immunitario del donatore che "aggrediscono" i tessuti del ricevente riconoscendoli come estranei.
Pertanto, anche se rappresenta l'unica opportunità per guarire la mielofibrosi, oggi il trapianto di cellule staminali emopoietiche viene consigliato solo ai pazienti con meno di 70 anni con malattia più grave (punteggio DIPSS "Intermedio 2" oppure "Alto") oppure con una malattia meno grave di età inferiore ai 60 anni (DIPSS intermedio 1) ma con alcune caratteristiche associate ad una ridotta sopravvivenza (anemia trasfusione-dipendente non responsiva alle terapie convenzionali, assenza dei mutazioni nei geni JAK2, MPL o CALR, presenza di mutazioni nel gene ASXL1, presenza di un cariotipo sfavorevole).
Tutti i centri trapianto di cellule staminali emopoietiche in Italia sono validi per i pazienti con mielofibrosi.
È possibile che dopo un salasso l'ematocrito rimanga uguale e le piastrine raddoppino e mi senta più male di prima con forte rossore in viso?
Risposta
Il salasso, mediante rimozione di 300-400 ml di sangue per volta, permette la rapida normalizzazione della massa eritrocitaria.
Non ha però influenza sulla produzione di globuli rossi se non tramite la riduzione della sideremia che ne consegue. Il prolungato uso del salasso induce un abbassamento delle riserve di ferro (bassa sideremia e bassa ferritinemia). Ne risulta una eritrocitosi microcitica, cioè un alto numero di eritrociti di piccolo volume, come denunciato dal basso MCV (volume corpuscolare medio) all'esame dell'emocromo.
All'esordio il salasso deve essere eseguito una o due volte alla settimana, in base al valore dell'ematocrito iniziale, fino al raggiungimento di un ematocrito inferiore al 45%. Per evitare bruschi squilibri emodinamici, nei pazienti anziani o con disturbi cardiovascolari è consigliabile non effettuare salassi di entità superiore a 250 ml per volta.
La procedura di salasso non determina generalmente una variazione della conta piastrinica, mentre se la procedura viene effettuata correttamente dovrebbe ridurre l'ematocrito. Alcuni pazienti possono richiedere le re-infusione di soluzione fisiologica per ridurre possibili squilibri emodinamici.
Gentili ricercatori, in assenza di diagnosi certa di PV, ha senso ripetere nel tempo il test JAK2 V617F (eseguito con metodica real time PCR, in una fase in cui il dubbio diagnostico già c'era), per valutare una sua possibile positivizzazione? Grazie.
(Christian)
Risposta
Riteniamo non abbia senso, in caso di negatività, ripetere la mutazione di JAK2 se eseguita con metodica ad alta sensibilità, come la real-Time PCR. Potrebbe invece essere utile indagare la presenza di altre mutazioni come ad esempio le mutazioni dell'esone 12 di JAK2 oppure mutazioni più rare come quelle di LNK che si rilevano nel 1-3% dei pazienti con policitemia vera. In assenza di queste mutazioni, come indicato dai criteri dell'organizzazione mondiale della sanità, è dirimente l'indagine midollare.
Buongiorno, ho 40 anni e all'inizio di maggio, a seguito della visione di un forte bagliore mentre guardavo la tv, mi sono recato al PS oculistico della mia città, dove mi è stata riscontrata una trombosi di vena centrale non ischemica con emorragie a scoppio di granata al polo posteriore e in periferia dell'OS.
Da allora eseguo n.2 iniezioni di enoxaparina 6000 u quotidiane. Sono già sotto cardioaspirina dal 2007 (pregressa trombosi retinica all'altro occhio a 29 anni).
OD E OS ANNESSI NELLA NORMA
OD E OS SEGMENTO ANTERIORE NELLA NORMA
OD VISUS PER LONTANO CON SUE LENTI -5,25 SFERA 10/10 OS VISUS PER LONTANO CON SUE LENTI -4 SFERA 10/10 OO TONO 17MMHG
Ho eseguito esami ematochimici in Ps (quindi prima di iniziare trattamento eparinico) dai quali sono risultati i seguenti valori:
HGB 17.7 g/dl; HCT 52,4%; PIASTRINE 289; COLINESTERASI 17424 U/l; GRANULOCITI NEUTROFILI 77,3%; LINFOCITI 16%; MONOCITI 5,3%; GRANULOCITI EOSINOFILI 1.1%;
GRANULOCITI BASOFILI 0,3%; WBC 9,35; RBC 5,83; MCV 90; MCH 30,4; MCHC 34 g/dl; PT 1.12; APTT 31 s; PTT-RATIO 1,22.
Il giorno successivo al Ps ho eseguito questi altri esami:
MUTAZIONE PROTROMBINA; G20210A ETEROZIGOSI NEGATIVA; G20210A OMOZIGOSI NEGATIVA; PROTEINA C ANTICOAGULANTE 126%; PROTEINA S LIBERA 133,70%; ANTITROMBINA III 116%; OMOCISTEINA BASALA 14,4; PTT SECONDI 35 s; PTT RATIO 1,17; LUPUS LIKE ANTICOAGULANTE; SCT 1.35; SCT CONFERMA 1.14; NORMALIZED SCTS/SCTC 1,19; RUSSEL VIPER TEST 1,17; RUSSEL VIPER TEST CONFERMA 1,09; NORMALIZED DRVVT 1,07; ANTICARDIOLIPINA IGG 33,0 GPL-U/ml; ANTICARDIOLIPINA IGM 21,0 MPL-U/ml; BETA2 GLICOPROTEINA 1 IgG 1,2 Ul/ml; BETA2 GLICOPROTEINA 1 IgM 1,1 Ul/ml.
Da allora sono sempre sotto enoxaparina 6000 1 ogni 12 h + cardioaspirin.
Ho eseguito approfondimenti cardiologici con holter 24h + holter pressori e Ecg con prova da sforzo dai quali non è emerso nulla di particolare, pressione nella norma.
Ecocolordopler transcranico (no microbolle) regolare Idem Ecocolordoppler vasi sovraortici. Ripetuto emocromo altre due volte oltre il prelievo fatto in PS:
HGB 17,5 (IL 17 MAGGIO) 17,2 (IL 31 MAGGIO) HCT 50,5 (IL 17 MAGGIO) 50,4 (IL 31 MAGGIO). Visti i miei valori HGB e HCT borderline già dopo la prima trombosi del 2007 (mai sotto 47,5 di hct e 16,5 di hgb) ho smesso di fumare nel 2013 e ho eseguito, SEMPRE NEL 2013, in accordo col mio medico curante, i seguenti approfondimenti:
ESAME MUTAZIONE JAK2 con esito: "non ha mostrato la presenza della mutazione V617F DOSAGGIO ERITROPOIETINA: 10.6 su valori riferimento 3.7-29.5 BIOPSIA OSTEOMIDOLLARE: frammento osteomidollare di 5 spazi incompleti con rapporto tra componente emopoietica e adiposa a 40:60. Serie eritropoietica proporzionalmente incrementata con normali aspetti maturativi e zonale fusione dei nidi eritropoietici. serie mielopoietica regolare per distribuzione e maturazione. Serie megacariocitaria caratterizzata da forme isolate esenti da significativi difetti di maturazione. Scarsa componenete vascolare. No fibrosi. Reperto morfologico indicativo di lieve iperplasia della linea eritropoietica."
Settimana scorsa ho ripetuto JAK2 dopo 6 anni dal primo esame, NEGATIVO anche questa volta. Quindi, nel 2013 esclusero l'ipotesi Policitemia. Da allora arriviamo all'evento trombotico dello scorso mese.
Ripeterò esami ematochimici a breve, sto bevendo tantissimo, proseguo enoxaparina e cardioaspirin e mi è stato prospettato salasso o doppia antiaggregazione, ma ancora la situazione non è chiara.
Dopo controllo oculistico scorsa settimana e OCT visibili segni di riassorbimento dell'edema oculare.
Prossima settimana ripeterò controllo oculistico ed esami ematochimici.
Vorrei avere un vostro parere, vi ringrazio.
(Carlo)
Risposta
La storia clinica che ci presenta è alquanto complessa e di non facile interpretazione. Riteniamo che al fine di escludere una sottostante neoplasia mieloproliferativa potrebbero essere ricercate mutazioni del gene JAK2 diverse dalla V617F che si localizzata nell'esone 14. Infatti in circa il 3-4% delle policitemie vere è possibile identificare mutazioni a carico dell'esone 12. Inoltre, esiste una piccola percentuale di pazienti che presenta mutazioni in geni diversi dal JAK2 e che possono portare ad un aumento dell'emoglobina e dell'ematocrito (es. LNK). In aggiunta, ma soltanto nel caso in cui sia presente una storia familiare di eritrocitosi, possono essere ricercate mutazioni rare di geni coinvolti nelle eritrocitosi familiari. In mancanza di una qualsiasi di queste alterazioni, riteniamo poco probabile che il quadro sia correlato ad una neoplasia mieloproliferativa.
Salve, buonasera ho 30 anni, mi è stata diagnosticata una Mielofibrosi prefibrotica con fenotipo clinico della Trombocitemia Essenziale dal BOM emerso la mutazione della proteina CALR; in cura con Oncocarbide 2 pillole al giorno e piastrine sugli 800.000, ad oggi non ho alcun sintomo.
Mi chiedevo se il mio profilo clinico è più simile alla trombocitosi essenziale o ad una mielofibrosi?
Grazie.
(Vittorio)
Risposta
Come indicato in una precedente risposta, la diagnosi di trombocitemia o di mielofibrosi non si basano soltanto sulla conta delle piastrine o sul tipo di mutazioni, ma devono essere rispettati dei criteri maggiori e/o minori stabiliti dall'organizzazione mondiale della sanità.
Buongiorno,gentili ricercatori, ho 45 anni, dal 2005 trombocitemia e da quest'anno dopo una rivalutazione sono passato a policitemia, da una settimana sono passato al jakavi (ictus nel 2012), perché l'oncocarbide che prendevo da anni (18 settimanali) non lo tolleravo più; il mio problema maggiore (so che a voi più che altro interessa l'emocromo) è un intenso eritema al volto e nell'ultimo anno anche una forte dermatite a detta dell'ematologo dovuta all'oncocarbide.
C'è possibilità che il rossore facciale diminuisca e in quanto tempo la dermatite dopo la sospensione dell'oncocarbide passa?
(Massimo)
Risposta
L’idrossiurea (Oncocarbide), farmaco non chemioterapico che interferisce sulla sintesi del DNA, viene somministrato per bocca continuativamente, e in studi controllati è risultato molto efficace nel ridurre il rischio trombotico. Per tali ragioni l'idrossiurea è il farmaco di primo impiego in oltre la metà dei pazienti con trombocitemia o policitemia vera. Una eventuale tossicità midollare con leucopenia e/o anemia o la tossicità cutanea fino alla comparsa di ulcere (tipicamente in sede malleolare) sono causa di interruzione del trattamento in oltre il 10% dei casi.
Altri effetti collaterali possono consistere in secchezza cutanea, iperpigmentazione della cute e delle unghie, afte del cavo orale, cheratosi, fino alla rara possibilità di neoplasie cutanee. La scomparsa di queste manifestazioni si ottiene soltanto in seguito alla sospensione del trattamento con idrossiurea. Ci preme comunque sottolineare che il rossore al volto talora può essere legato al mancato controllo dell'ematocrito, infatti valori di ematocrito elevati si accompagnano ad un aumento del rossore al viso e agli occhi.
Egregi Medici,
la mia ragazza ha 28 anni e dal mese di settembre 2018 le è stata diagnosticata la trombocitemia essenziale. Poiché il numero delle piastrine è progressivamente aumentato fino a raggiungere la soglia di 1,2 milioni, le è stata prescritta una cura a base di Xagrid, due capsule al dì. Senonché nei primi giorni di assunzione ha accusato pesanti effetti collaterali quali forte sonnolenza, capogiri e debolezza che le impedivano di avere una vita "normale".
Esistono eventuali altre terapie farmacologiche oppure è l'unico farmaco che in relazione alla sua patologia può assumere? Eventualmente ci potreste consigliare un centro d'eccellenza in Italia per quanto riguarda questa patologia? Grazie per la disponibilità e cortesia.
Saluti.
(Andrea)
Risposta
Nei soggetti giovani con trombocitemia essenziale e che non abbiano sofferto di complicazioni trombotiche molto spesso si sceglie di limitarsi a sorvegliare l'andamento della malattia senza prescrivere alcun farmaco, fino almeno ad una conta piastrinica non superiore a 1500x10^9/L.
Quando si è deciso di impiegare un farmaco con l'intento di ridurre il numero delle piastrine, vanno tenuti in considerazione alcuni fattori per la scelta del farmaco ritenuto più adeguato per ogni paziente. I parametri maggiormente considerati in tale percorso decisionale sono l'età e il sesso, con particolare attenzione per l'età fertile nelle donne, la presenza di altre comorbidità (cardiovascolari, neurologiche, tiroidee, epatiche e gastrointestinali), gli specifici meccanismi d'azione e gli effetti collaterali dei farmaci e, non ultimo, il consenso del paziente per un determinato tipo di trattamento. Nel giovane, se è richiesto l'uso di un farmaco citoriduttore, oltre all'anagrelide è indicato l'idrossiurea e l'interferone. La scelta di un farmaco rispetto ad un altro è guidata dal profilo di tollerabilità del farmaco e dalle caratteristiche del paziente.
In Italia i centri che si interessano maggiormente di neoplasie mieloproliferative croniche includono: Firenze, Pavia, Varese, Bergamo, Bologna e Roma.
Egregi Dottori,
69 anni in cura con JAKAVI (20 mg pro-die) + cardioaspirina per via della mielofibrosi post policitemia vera. Volevo chiedere il Vostro prezioso e obiettivo parere sui seguenti valori: LATTICODEIDROGENASI (LDH)= 299 - IMMUNOGLOBULINE G(IgG)= 477 - IMMUNOGLOBULINE A (IgA)= 84 - IMMUNOGLOBULINE M (IgM)= 46.
Eventualmente anche quali esami di secondo livello per approfondire il problema.
Grato perla vostra cortese risposta.
Cordialmente Riki.
(Riki)
Risposta
L'aumento di LDH ( Latticodeidrogenasi) è comune nelle neoplasie mieloproliferative croniche e non richiede una correzione o un approfondimento. Per quanto riguarda gli altri esami l'aumento o la diminuzione del valore dipende dai range di normalità che sono diversi da laboratorio a laboratorio.
Buongiorno Dottori,
da circa un anno sono in cura presso CRIMM di Firenze e dopo accurato percorso diagnostico mi è stata diagnosticata una MIELOFIBROSI pre-FIBROTICA nella categoria di Rischio basso secondo sistema IPSS.
Attualmente l'unico medicinale prescritto è la cardioaspirina a basso dosaggio che assumo giornalmente. Posso dire di non avere sintomi particolari e pratico regolarmente attività sportiva di trekking con percorsi che variano dai 5 ai 20 km giornalieri. Unico sintomo che a volte diventa invalidante è una forma di rigonfiamento dei polpacci con interessamento delle caviglie indifferentemente destra o sinistra; a tale rigonfiamento si accompagna dolore superficiale con arrossamento della zona cutanea; ribadisco dolore solo superficiale e non osseo o muscolare. Ho esposto questa mia patologia nei vari incontri con gli ematologi di Firenze, ho fatto vari ecolordoppler per scongiurare eventuali trombi, ad una visita privata con ematologo a Genova mi è stato consigliato di assumere degli antinfiammatori ma avendo io un solo rene funzionante il nefrologo mi ha consigliato di non abusarne. L'unico medicinale che assumo quando le crisi sono molto dolorose è il voltandance 25 mg, che mi porta un certo beneficio.
La prossima settimana farò anche una visita dermatologica per valutare se tali arrossamenti e dolori epidermici possono avere altra natura e non correlati alla mia patologia. Gradirei un vostro parere.
Grazie.
(Giancarlo)
Risposta
Le manifestazioni che riferisce non sono di univoca interpretazione. La negatività agli accertamenti effettuati sembra escludere un quadro troboflebitico o muscolare, ma non esclude una possibile origine vascolare (eritromelalgia, vasculite), non sempre di facile diagnosi.
Concordiamo su una accurata valutazione dermatologica e/o reumatologica.
Salve, ho 39 anni e casualmente ho scoperto di avere le piastrine alte a circa 1500000; il medico di famiglia mi ha prescritto una consulenza ematologica. A seguito di questa e di BOM è emerso che sono negativo al JAK2 e positivo al CALR, ma la biopsia ha evidenziato qualcosa che faccia supporre a una mielofibrosi Early, nonostante nel referto vi sia scritto trombocitemia essenziale (la mia ematologa ha richiesto il riesame).
Ho trovato delle analisi del 2015 dove le piastrine erano già a 700 000, ma non ho dato peso anche perché sono portatore sano di anemia (non le portai dal medico). Attualmente non ho sintomi, e prima dell'emocromo di un mese fa, ero sotto allenamento agonistico di canottaggio. Attualmente sono in cura con oncocarbide e le piastrine sono scese a 500000. La mia ematologa ritiene di far riesaminare il vetrino per escludere la mielofibrosi.
Mi chiedo se la positività al CALR e l'andamento del livello di piastrine dal 2015 ad oggi sia compatibile più con mielofibrosi o trombocitemia. Mi chiedo, inoltre, se tutto quanto fatto finora dalla mia ematologa sia corretto, infine l'aspettativa di vita e qualità della stessa nelle due opzioni che si potrebbero configurare.
Vi ringrazio anticipatamente.
(Vincenzo)
Risposta
La recente revisione della Organizzazione Mondiale della Sanità (WHO) ha introdotto formalmente la categoria diagnostica della Mielofibrosi prefibrotica, ben delineata grazie a criteri morfologici - relativi alla biopsia osteomidollare - e grazie alla presenza di alcuni criteri clinici e di laboratorio, che rendono più chiara ed efficace la distinzione di questo gruppo di pazienti rispetto a coloro i quali ricevono una diagnosi di Trombocitemia Essenziale (TE), da una parte, o di Mielofibrosi prefibrotica (PRE-PMF), dall'altra.
La biopsia osteomidollare è quindi fondamentale per porre diagnosi differenziale tra TE e Pre-PMF, in quanto molto spesso gli esami ematici possono essere sovrapponibili, anche per un lungo periodo di tempo.
Un recente studio comparativo tra TE, Pre-PMF e PMF franca ha dimostrato una prognosi migliore per i paziente con una diagnosi certa di TE rispetto alle altre [Guglielmelli P et al. Blood. 2017 Jun 15;129(24):3227-3236]
Chi soffre di trombocitemia essenziale perché viene sottoposto a chemioterapia?
(Luisa)
Risposta
Nessuno dei farmaci comunemente utilizzati per il trattamento dei pazienti con trombocitemia essenziale ad alto rischio sono chemioterapici. Questi includono l'interferone, l'Idrossiurea e l'Anagrelide, definiti più correttamente citostatici. La distinzione principale è quella tra farmaci citostatici, che impediscono la replicazione delle cellule, ma non distruggono quelle maligne già presenti, e citotossici, che inducono la morte cellulare. Infatti alcuni di questi farmaci trovano impiego in patologie non tumorali.
L'idrossiurea per esempio viene impiegato in alcuni bambini con l'anemia falciforme, sia perché alleggerisce il dolore associato alla malattia, sia perché diminuisce la necessità di trasfusioni di sangue. Il farmaco agisce stimolando la produzione dell'emoglobina fetale (una tipologia di emoglobina dei neonati in grado di prevenire lo sviluppo di cellule falciformi).
L'interferone-2alfa, comunemente impiegato nelle neoplasie mieloproliferative, viene indicato anche nel trattamento dell’epatite Cronica B (HBV-DNA o HBeAg positiva) in pazienti adulti e nel trattamento dell’epatite Cronica C (anticorpi anti-HCV positiva) in pazienti adulti in assenza di scompenso epatico.
Gentili Medici,
ho 36 anni e da circa 7 mesi mi è stata diagnosticata una trombocitemia essenziale JAK2 positiva, scoperta a seguito di una trombosi portale tuttora curata con Arixtra 7,5. Normalmente le mie piastrine si attestano su valori di poco superiori alle 400.000 (valore massimo registrato fino ad ora 465.000). Da poco mi è stata prescritta una cura a base di Oncocarbide (500 mg die) che però sono riluttante a fare in quanto tuttora pratico ciclismo quotidianamente (sono un ex-agonista).
Essendo il principale effetto collaterale del farmaco la depressione midollare, ho paura che possa incidere pesantemente sulla mia capacità di uscire in bici nonostante mi abbiano assicurato che quella prescritta è una dose molto bassa.
E' possibile avere un'idea in tal senso?
Grazie mille e un cordiale saluto.
(Luca)
Risposta
Una prima considerazione molto importante è che non sempre la trombocitemia richiede un trattamento. Al contrario, nei soggetti di età superiore a 60-65 anni, o in tutti coloro che abbiano avuto già una manifestazione trombotica, si preferisce iniziare un trattamento specifico citoriduttivo per la malattia associato all'aspirina a basse dosi. L'obiettivo terapeutico quindi è quello di ridurre il rischio di recidive trombotiche. L'idrossiurea (Oncocarbide), farmaco non alchilante che interferisce sulla sintesi del DNA, viene somministrato per bocca continuativamente, e in studi controllati è risultato molto efficace nel ridurre il rischio trombotico. Per tali ragioni l'idrossiurea è il farmaco di primo impiego in oltre la metà dei pazienti con trombocitemia.
Un secondo aspetto da tenere ben presente, anche per evitare ansie non giustificate, è che non esiste una correlazione tra il numero delle piastrine ed il rischio di trombosi; pertanto, si utilizza oncocarbide per l'effetto anti-trombotico del farmaco e non per le sue capacità di riduzione della conta piastrinica. La tossicità midollare da oncarbide può essere facilmente controllata variando il dosaggio del farmaco. Una alternativa all'oncocarbide, soprattutto per i pazienti giovani, è l'interferone. L'interferone alpha (Intron, Roferon, o simili), molecola ad attività antiproliferativa e immunomodulante, è somministrato mediante iniezione sottocutanea. Il trattamento con interferone risulta generalmente molto efficace ma è penalizzato da vari effetti collaterali, che causano un quadro simil-influenzale con febbre e dolori muscolari e articolari, oltre che spossatezza, e dalla tossicità ematologica, neurologica, epatica e tiroidea che in molti casi portano alla sua interruzione. Purtroppo ad oggi la disponibilità è ridotta. L'interferone a lento rilascio (pegilato), che può essere somministrato una sola volta la settimana ed è probabilmente meglio tollerato, è in attesa di registrazione da parte delle autorità sanitarie per l'impiego nella trombocitemia.
Mio papà ha Mielofibrosi primaria, età 86 anni e vive a Milano; tutti gli esami sono sballati... la patologia e degenerata e ha fatto flebo sangue. E stato visitato da prof. di Milano, ma per inserirlo in ematologia i tempi sono lunghi e noi ora non sappiamo dove portarlo. Essendo malattia rara ho guardato i centri specializzati a Firenze e speravo di trovare a Milano. Cosa mi consigliate? Grazie.
(Mariquita)
Risposta
Nelle vicinanze di Milano sono presenti altri centri ematologici che si occupano più in dettaglio di Neoplasie Mieloproliferative croniche, inclusa la mielofibrosi, come Varese (U.O.C. di Ematologia dell'ASST Sette Laghi, prof. Passamonti), Pavia (Policlinico San Matteo Pavia Fondazione IRCCS, dr.ssa Rumi)
Buongiorno, Bcr-Abl negativa, mutazione v617 del gene JAK2 presente 5-25% (esone 12) tipizzazione sangue midollare (cellularità lievemente diminuita con lieve aumento quota blastica, maturazione regolare). Referto istologico (cilindro osteomidollare a normale architettura delle trabecole ossee; le lacune midollari sono occupate da midollo emopoietico lievemente ipercellulato in rapporto all'età della paziente. La serie megariocitaria appare lievemente espansa e comprende alcuni megacariociti con nuclei polilobati e rigonfi da altri con dimensioni ridotte con nuclei ipercromico, talora riuniti in microaggregati. La serie melodie quella editrice appaiono per lo più normocellulate e normomaturanti. La trama reticolinica è ispessita; normali i depositi di pigmento emosiderinico.Il reperto morfologico è minimo ma può essere compatibile con il sospetto clinico di una malattia mieloploriferativa cronica tipo di mielofibrosi (mf-1 secondo Bauermeister et al) comunque da inquadrare nel contesto clinico.
Inizialmente piastrine 907 dopo assunzione per mesi 2 di onco-carbide, piastrine 260 operata per adenocarcinoma al sigma retto nel settembre 2014 attualmente non presente sintomi di ricomparsa malattia, tale condizione è compatibile con assunzione dei nuovi farmaci sperimentati e quali?
Che aspettativa di vita (paziente 69 anni)? Grazie!
Risposta
Per poter entrare in uno studio clinico è necessario soddisfare tutti i criteri di inclusione e nessuno dei criteri di esclusione. La presenza di una neoplasia solida, seppur risolta, potrebbe rappresentare un criterio di esclusione. Infatti molto studi clinici richiedono l'assenza di una neoplasia solida pregressa o che siano passati almeno 3-5 anni dalla risoluzione certa. Le informazioni che ha indicato non consentono di definire con esattezza la Sua classe di rischio. Ad oggi esistono numerosi modelli prognostici in grado di stimare la sopravvivenza dei pazienti con mielofibrosi, ma richiedono altre informazioni oltre al referto istologico, la conta delle piastrine e all'età, come: conta dei globuli bianchi, la % di cellule blastiche nel sangue periferico, la presenza di sintomi costituzionali, la presenza di mutazioni aggiuntive oltre al JAK2, che nel suo caso risulta mutato.
Queste informazioni sono richieste per calcolare la classe di rischio nei seguenti modelli prognostici per la mielofibrosi primaria: IPSS, DIPSS e MIPSS70.
Ho 66 anni e sono affetto da mielofibrosi.
Risposta
Gentile signore, ci auguriamo che su questo sito lei possa trovare le informazioni che cerca sulla mielofibrosi. Le consigliamo, prima di tutto, di consultare l'opuscolo informativo che trova qui: http://www.progettoagimm.it/Varie/Libretto_Mielofibrosi.pdf .
Mio padre ha avuto le piastrine a 6000 dopo 2 3 giorni dalla chemio, che cosa rischia? Dopo sacche dì piastrine ne ha ancora 30000, che cosa rischia?
(Claudio)
Risposta
Gentile signore, purtroppo non possiamo esserle d’aiuto, perché non possiamo valutare adeguatamente un caso a distanza, sulla base di pochi dati. La chemioterapia può causare un abbassamento del valore delle piastrine, ma intensità e durata di questo evento avverso dipendono dalle caratteristiche del singolo paziente, dalla sua malattia e dal tipo di cura. Le consigliamo di rivolgere le sue domande ai medici che hanno in cura suo padre, che sapranno fornirle le risposte più appropriate.
Il medico mi ha cambiato la terapia per la trombocitemia essenziale dandomi come farmaco anagrelide, 2 capsule al giorno + una di oncocarbide, però le piastrine non scendono. E' normale e cosa mi consiglia?
(Ciro)
Risposta
Gentile signore, purtroppo, come già ricordato in altre occasioni, non possiamo fornire una consulenza a distanza o fornire pareri su singoli casi. Possiamo consigliarle di affidarsi al suo Ematologo di riferimento per valutare, dopo un adeguato periodo di tempo, se la terapia consigliata si sia rivelata efficace. Talvolta bisogna attendere qualche settimana per avere l’effetto pieno dei farmaci e per ottimizzarne le dosi.
Gentili dottori, innanzitutto grazie per la vostra disponibilità e professionalità.
Nel 2017 mi è stata diagnosticata una TE. Da marzo sono in cura con oncocarbide (1 compressa al giorno) + 100 mg di cardioaspirina a giorni alterni. Poiché sto rispondendo male alla terapia di prima linea, mi è stato prescritto l'Intron A. Purtroppo la farmacia dell'ospedale mi ha detto che non solo è carente come già da voi rilevato nel post del 20 maggio, ma che non viene più prodotto in nessuna parte del mondo. E' possibile? E' davvero questa la situazione?
E' una produzione sospesa in attesa dell'esaurimento delle scorte oppure è davvero stata eliminata? Mi hanno detto che non è reperibile neppure nel resto d'Europa e che ci sono scorte frazionate solo in Canada. Vi risulta?
Confido in una vostra risposta, poiché mi sembra una situazione di una gravità eccezionale, al di là del fatto che mi tocchi personalmente.
Cordialmente.
(Costanza)
Risposta
Gentile signora,
comprendiamo la sua apprensione e le assicuriamo che anche noi ematologi stiamo seguendo questa vicenda molto da vicino e con attenzione.
Facendo sempre riferimento ai dati che ci vengono forniti da AIFA, allo stato attuale disponiamo delle seguenti informazioni: risulta essere cessata la commercializzazione della formulazione in penna multidose (sia da 18, sia da 30 milioni di unità), mentre i flaconcini da 10, 18 e 25 milioni di unità risultano, al momento, solo temporaneamente carenti. Come già ricordato nella nostra precedente risposta, AIFA fornisce anche una previsione circa il termine della carenza di ciascun farmaco, che, nel caso dell'Intron-A, risulterebbe essere di un paio di settimane a partire da oggi.
Buongiorno dottori. Ho la policitemia vera e gli ultimi esami sono questi: emocromo più o meno uguale al mese scorso (ogni 45 giorni devo eseguire un prelievo per eventuale salasso). A parte ematocrito che non supera i 45 (salasso solo oltre il 45), in quest ultimo esame 44.6. Si sono alzate le piastrine 800 (a differenza dei 654 dell'altra volta) i basofili sono 3.00 (rispetto 6.00 dell altra volta) quindi abbassati... però i monociti che nell'altro esame di un mese fa erano perfetti, in questo ultimo sono 12.00... Mi devo preoccupare?
I neutrofoli sono perfetti (altra volta un po' alti). Mi elogiato 1.00 Come sempre ... Da quando mi hanno diagnosticato questa patologia sono sempre stati così. Mi potete tranquillizzare? O sono peggiorato? O per la mia malattia è normale che ci siano sbalzi a volte in peggio a volte in meglio? Grazie di cuore.
(Giuseppe)
Risposta
Gentile signore, le ricordo che non possiamo valutare l'andamento della sua malattia attraverso i pochi dati che abbiamo a disposizione. Tuttavia, possiamo tranquillizzarla in merito al fatto che i valori dell'emocromo sono soggetti fisiologicamente a delle oscillazioni. Il medico, di volta in volta, valuta se si tratti solo di semplici fluttuazioni o se vi sia necessità di una maggiore attenzione o di un approfondimento.
Ad ogni modo, i valori che lei ci ha riportato sono percentuali, che hanno poco significato in assenza del valore assoluto al quale fanno riferimento.
Ci sono speranze per noi dalla tecnologia BiTE ? Avevate promesso un report su San Diego ma non lo vedo... Grazie.
(Fernando)
Risposta
Gentile signore, la tecnologia degli anticorpi bispecifici (BiTE) è stata sperimentata ed applicata con successo nel campo delle leucemie acute linfoblastiche, ed è in fase di sviluppo per altre neoplasie ematologiche, principalmente di natura linfoide (linfomi ad altro grado e mieloma multiplo). Non siamo, invece, a conoscenza di una sua applicazione sperimentale nel campo delle neoplasie mieloproliferative.
Salve,
recente diagnosi di TE confermata da BOM (marcata iperplasia megacariocitica e lieve granulocitaria), 68 anni, JAK2 positivo, plts dai 400 ai 450 mila ultime 412 mila; in terapia con Cardirene 75. Non altri fattori di rischio. Quindi teoricamente in classe 3, dubbio inizio citoriduzione?
Grazie.
(Pietro)
Risposta
Gentile signore,
vogliamo ricordarle che non possiamo fornire pareri in relazione a singoli casi, né sostituirci alla valutazione del suo Ematologo di riferimento, al quale la riaffidiamo per la discussione in merito alla migliore strategia terapeutica.
Tuttavia, sempre esprimendoci in termini generali, i pazienti che presentano età superiore ai 60 anni e mutazione V617F del gene JAK2 rientrano, comunque, nella classe di rischio vascolare più alto, sia in base alla classificazione tradizionale (per la sola età), sia in accordo all'IPSET thrombosis e alla sua più recente revisione (per l'età e per la presenza, appunto, della mutazione del gene JAK2). Tuttavia, solo il singolo clinico, che conosce il paziente nella sua interezza, può consigliarlo adeguatamente circa la scelta terapeutica più appropriata e circa la dose migliore, da concordare sulla base dei dati emometrici (non solo la conta piastrinica, ma anche il valore di emoglobina/globuli rossi e globuli bianchi).
Buongiorno carissimi dottori,
volevo fare una domanda riguardo la cardioaspirina, nella trombocitemia essenziale in paziente alto rischio, JAK2+ è sufficiente la dosa giornaliera di 100 mg? O in alcuni pazienti viene data una dose maggiore?
Grazie mille. Buona giornata.
(Laura)
Risposta
Gentile signora,
la sua domanda tocca un tema molto attuale, oggetto di attiva ricerca in Italia. Al momento la dose raccomandata è quella che lei stessa ha indicato, ma alcuni esperti internazionali ed alcune delle attuali linee guida contemplano la possibilità che in alcuni casi, molto selezionati, possa esser utilizzata una dose maggiore. questa nozione nasce dall'ipotesi che l'aumento della produzione di piastrine, che caratterizza la trombocitemia essenziale, possa non essere coperto a sufficienza da una singola dose di aspirina, somministrata ogni 24 ore. Tuttavia, nel campo delle neoplasie mieloproliferative non abbiamo a che fare solo con il rischio di trombosi (per cui ci aiuta l'aspirina), ma anche con un rischio di emorragie che non possiamo trascurare. per tale motivo, per decidere quale sia la dose più appropriata di aspirina sono in corso alcuni studi, uno dei quali è proprio un progetto italiano (ARES, Aspirin Regimens in Essential Thrombocythemia ). Fino ad allora tutti noi continueremo a seguire le linee guida e, quindi, suggeriremo dosi più elevate di aspirina solo dopo un'attenta valutazione del singolo caso, cosa che può accadere, ad esempio, in pazienti che presentino disturbi legati alla microcircolazione che non migliorano o non si risolvono con le dosi tradizionali di antiaggreganti.
Egregi Dottori,
69 anni affetto da mielofibrosi post policitemia vera e trattato con JAKAVI 20 mg pro-die. Tempo fa vi avevo scritto in quanto dopo una riattivazione dell'herpes zoster, probabilmente dovuto al JAKAVI, mi era rimasta una nevropatia al braccio laddove mi aveva colpito il virus e con relativa diminuita sensibilità al pollice e all'indice; a tal proposito mi avevate risposto che statisticamente era una conseguenza normale; ora però non solo continua la nevropatia di cui sopra al braccio ma, a fasi alterne, ho anche sintomi analoghi (più leggeri) ai piedi e all'altro braccio.
A questo punto mi è venuto il dubbio che il quadro sintomatologico sia non solo dovuto al post herpes zoster ma anche alla mielofibrosi e/o altri effetti secondari del farmaco. Vi sarei pertanto grato se poteste darmi il vostro competente parere in proposito.
Cordialmente.
(Riki)
Risposta
Gentile signore, la neuropatia che fa seguito ad un episodio di riattivazione dell'herpes zoster può essere anche piuttosto protratta nel corso del tempo. Pur non conoscendo l'esatta tempistica che caratterizza il suo caso, proverei a tenere separati i disturbi che lei accusa nella sede della precedente infezione dai disturbi che, invece, percepisce a livello degli altri tre arti.
Come principio generale, la neuropatia da farmaci è piuttosto frequente e trasversale, potendo interessare farmaci specifici usati in ambito oncologico o ematologico, così come farmaci di più generico utilizzo. Andando più nel dettaglio: all'interno della classe dei farmaci JAK-inibitori vi sono alcune molecole per le quali è nota una certa associazione con questo evento avverso, come ad esempio è il caso di momelotinib. Più controversa è la questione riguardante ruxolitinib, per cui ad oggi non possiamo trarre conclusioni certe: vi sono state alcune segnalazioni, ma non è stato possibile definire un nesso di causalità, sia perché ogni paziente era, ad esempio, in terapia con più farmaci allo stesso tempo (alcuni dei quali potevano contribuire o spiegare la neuropatia), sia perché non vi sono stati chiari segnali di miglioramento dei sintomi dopo riduzione/sospensione della dose (dechallenge).
Pur non potendo esprimere una valutazione sul suo caso, come più volte ricordato, possiamo consigliarle in prima battuta di valutare con i suoi Curanti se vi possano essere altre spiegazioni per i suoi sintomi: le possibili cause di neuropatia periferica, infatti, sono molteplici e comprendono (oltre alla possibilità di essere un evento avverso legato all'uso di uno o più farmaci) anche disturbi metabolici come il diabete, malattie su base infiammatoria, alterazioni della funzionalità renale, carenze nutrizionali e vitaminiche.
Buonasera, ho 26 anni e da circa tre sono affetto da trombocitemia essenziale con mutazione genetica alla calreticulina, JAK2 neg., i valori delle piastrine non superavano il 1.000,000/mm3 quindi ero in terapia solo con cardioaspirin 1 cpr al dì.
Ho effettuato le analisi di controllo (nell'arco di un mese ho fatto due prelievi in due laboratori diversi) con lo stesso esito delle piastrine pari a 1.239,000/mm3 quindi mi è stato suggerito di iniziare un trattamento con l'anagrelide.
E' la scelta giusta? Questo farmaco potrebbe arrecare danni alle gonadi?
Grazie.
Risposta
Gentile signore/a,
purtroppo non possiamo valutare a distanza i singoli casi che ci vengono presentati, né esprimere pareri in merito all'appropriatezza di una specifica condotta terapeutica. Possiamo, tuttavia, ricordarle alcuni principi generali che regolano l'inizio della terapia citoriduttiva e/o la scelta di un farmaco specifico, fra quelli disponibili.
I pazienti con diagnosi di trombocitemia essenziale vanno avviati ad una terapia citoriduttiva quando hanno più di 60 anni, quando presentano un evento vascolare maggiore (trombosi o emorragia) o quando la conta delle piastrine supera il milione e mezzo (1.500.000/mmc).
La recente revisione delle linee guida dell'European Leukemia Net per la gestione dei pazienti affetti da neoplasia mieloproliferativa (https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/29515238 ), che trova in sintesi nella sezione dedicata agli aggiornamenti scientifici (http://www.progettoagimm.it/Progetto/articoli.shtml#03_18_1), non ha di fatto modificato questa nozione, ormai ben consolidata.
Possono essere utilizzati, in prima battuta, tre farmaci: idrossiurea, anagrelide ed interferone; la scelta del farmaco più appropriato per ogni singolo paziente viene fatta, poi, in base all'età, alla presenza di altre patologie ed al profilo di eventi avversi che ci si attende da ciascuna medicina. Come principio generale, nei pazienti molto giovani come lei si predilige l'utilizzo di anagrelide o di interferone.
Le linee guida che le abbiamo prima citato ci vengono in aiuto anche in merito alla prescrizione della terapia antiaggregante con aspirina, che possiamo oggi modulare ancora più efficacemente tenendo in considerazione non solo i tradizionali fattori per la stratificazione del rischio, ma anche l'assetto genetico e la presenza di ulteriori fattori di rischio cardiovascolare (come il fumo, il diabete o l'ipertensione).
Per rispondere al suo secondo quesito, invece, possiamo dirle che gli studi condotti in laboratorio, su animali, non hanno dimostrato per l'anagrelide alcun tipo di effetto negativo sulla fertilità. Tuttavia, se parliamo di pazienti di sesso femminile che abbiano il desiderio di una gravidanza, la terapia citoriduttiva (sia essa a base di idrossiurea o di anagrelide) va preventivamente sospesa e, se necessaria, va sostituita con una terapia che possa essere compatibile con la fase di concepimento e gestazione, come l'interferone.
Ciò detto, le suggeriamo di discutere con il suo Ematologo di riferimento in merito ai suoi quesiti, che ci ha riportato; siamo certi che saprà fornirle le spiegazioni necessarie e che saprà consigliarla adattando i principi generali che le abbiamo esposto al suo caso specifico.
Inizio ringraziandovi.
Ho la TE 800 di piastrine ,ho iniziato un citoriduttore Onco per problemi di acufene le piastrine sono scese sotto i 500, ma l'acufene peggiora. A questo punto le mie domande sono 2... può onco avere un effetto contrario sull'acufene? Si deve (può) smettere l'oncocarbide di botto o va assunto a scalare?
Naturalmente non lo smetterò senza consenso medico. Grazie.
(Oriana)
Risposta
Gentile signora,
è altamente improbabile che l'Oncocarbide possa aver avuto un effetto peggiorativo sull'acufene; allo stesso tempo, però, dobbiamo tenere conto del fatto che gli acufeni possono riconoscere molteplici cause, sia locoregionali, sia sistemiche. La invitiamo a ridiscuterne con i suoi Curanti, per valutare insieme a loro se possano essere utili ulteriori approfondimenti, ad esempio in ambito otorinolaringoiatrico.
Qualora, comunque, si dovesse arrivare alla conclusione che gli acufeni siano da correlare alla trombocitemia essenziale, le segnaliamo che, talvolta, i sintomi correlati al microcircolo possono beneficiare di una rimodulazione della terapia antiaggregante.
Buongiorno, ho 35 anni e da 2 sono affetta da TE con mutazione JAK2.
Da 8 mesi prendo la cardioaspirina 100, tutti i giorni. Negli ultimi mesi ho stitichezza con feci caprine che si alternano a feci normali. Non c'è sangue visibile. Non prendo gastroprotettori perché non ho avuto nessun problema con la cardioaspirina fino ad oggi. Può la cardioaspirina dare questo tipo di problema? Grazie.
Risposta
Gentile signora,
i sintomi che lei ci riferisce non sono generalmente attribuibili all'assunzione della cardioaspirina. Le consigliamo di discutere con il suo Curante in merito a quei provvedimenti che potrebbero aiutarla (scelta degli alimenti, idratazione quotidiana, attività fisica, per citarne alcuni).
Buongiorno,
ho 60 anni, Mielofibrosi secondaria a Trombocitemia essenziale (BOM 2017), JAK2 mutata, nota dal 2000. Comorbidità: Ipertensione arteriosa; insufficienza mitralica e tricuspidale lievi; lieve difetto fattore XI coagulazione; ematoma spontaneo; erisipela trattata con Levofloxacina. Astenia per sforzi modesti. Anemia emolitica compensata, deficit di cobalamina. Terapia cardioaspirina e dal 2017 idrossiurea.
Leggo sul sito http://www.gimema.it nella sezione "Ematologia in Pillole Mielofibrosi Idiopatica" (Giulio D'Alfonso 11 dicembre 2018): " E' una malattia rara ... le cui cause non sono note anche se esistono evidenze che legano la sua insorgenza all'esposizione a radiazioni o benzene".
Il mio lavoro di artigiana (restauratrice) mi ha portato ad utilizzare, soprattutto negli anni 80-90, diversi tipi di solventi, alcuni dei quali poi eliminati proprio in seguito alla - purtroppo tardiva - conoscenza della loro tossicità e/o nocività, anche se siamo ancora lontani dalla totale sostituzione con sostanze chimiche del tutto innocue. Tra le varie soluzioni di solventi, molti contenevano e contengono percentuali di benzene.
L'uso quotidiano, anche se a dosi non elevatissime e con le abituali norme di sicurezza, può nel tempo aver causato la mia patologia, e pertanto potrebbe essere considerata malattia professionale?
Vi chiedo inoltre, alla luce di quanto sopra, a che punto tale lavoro, che svolgo con sempre maggiore fatica fisica (sono titolare di ditta, senza dipendenti), possa contribuire a peggiorare le mie condizioni di salute?
Come detto, solo negli ultimi anni ci si sta muovendo nella direzione di una maggiore prevenzione dei rischi. La mia domanda rivestirebbe pertanto utilità non solo per il mio caso specifico ma per la categoria stessa.
Ringrazio, cordiali saluti
(Lea)
Risposta
Gentile signora,
la letteratura scientifica in merito agli effetti dell'esposizione al benzene è molto ampia. Anche se si tratta di un riassunto piuttosto semplicistico, l'esposizione al benzene è stata collegata a diversi effetti tossici sugli organismi viventi (uomini ed animali) ed allo sviluppo di diverse patologie di natura tumorale, con particolare riguardo al campo delle neoplasie mieloidi. Diverso è, invece, il caso di altri solventi, per i quali i dati a disposizione sono meno omogenei e meno convincenti.
Vogliamo sottolineare, comunque, che il benzene è una sostanza con una distribuzione pressoché ubiquitaria nel mondo moderno, e vi è, quindi, anche un tipo di esposizione ambientale (non legata alla propria professionalità), da ricondurre ad esempio a diverse fonti di inquinamento, prodotti di combustione e/o al fumo.
Gli studi epidemiologici, tuttavia, anche quando vengono condotti in modo scrupoloso e su campioni molto ampi (migliaia di individui), ci forniscono sostanzialmente la risposta ad una domanda: due fattori o due eventi si ritrovano ad essere presenti in modo congiunto più frequentemente (o meno frequentemente) di quanto atteso? Questo è, purtroppo, molto diverso dal poter determinare un principio di causa-effetto in singoli, casi individuali. In ogni essere umano, infatti, cooperano svariati fattori e molteplici esposizioni ambientali, e queste ultime possono avere un effetto diverso in relazione a dose, tipo, intensità e durata dell'esposizione.
Per provare a rispondere al suo quesito, che è diretto in modo specifico, alle neoplasie mieloproliferative, possiamo dirle che i dati a sostegno di un'associazione con il benzene vengono principalmente da case report, quindi da singoli casi che sono stati descritti nel corso del tempo: il più delle volte si è trattato di individui sottoposti ad un'esposizione particolarmente intensa, in un modo che potremmo definire "non moderno".
Invece, data la rarità delle MPN, queste malattie non sono state oggetto di ampi studi epidemiologici come quelli ai quali abbiamo fatto riferimento prima.
Ci teniamo a ricordare in questo contesto l'importanza di tutte le buone norme in merito alla protezione individuale, a cui lei stessa ha fatto riferimento, da seguire in modo particolarmente scrupoloso in relazione al contesto in cui si esercita la sua professionalità.
Buongiorno,
i pazienti affetti da Mielofibrosi che sono in cura con il farmaco Ruxolitinib sono più soggetti ad infezioni batteriche?
Grazie.
(Cecilia)
Risposta
Gentile signora, la sua domanda tocca un argomento molto sentito e oggetto di attenti studi. Allo stato attuale sappiamo che la terapia con ruxolitinib si associa ad un aumento del rischio di alcune, specifiche infezioni, principalmente di natura virale, come ad esempio gli episodi di riattivazione dell'herpes zoster.
Sono altrettanto ben documentate le infezioni batteriche, prevalentemente a carico delle vie respiratorie o urinarie, ma - per rispondere al suo quesito - in quest'ultimo caso non siamo in grado di stimare accuratamente quanto sia importante il ruolo del farmaco e quanto, invece, il rischio di contrarre queste infezioni sia da correlare alle caratteristiche stesse della mielofibrosi. Ad ogni modo, il trattamento di questi episodi ricalca in tutto e per tutto le cure standard che i pazienti avrebbero comunque ricevuto, a prescindere dal fatto di essere in cura con un farmaco JAK-inibitore.
All'interno delle infezioni batteriche, poi, un capitolo a parte è quello della tubercolosi: sono stati descritti alcuni rari casi di riattivazione dell'infezione tubercolare in pazienti trattati con ruxolitinib, ma per fortuna disponiamo di efficaci metodi per effettuare lo screening e per gestire eventuali profilassi o terapie mediche specifiche, qualora dovessero essere necessarie.
Globalmente, la chiave di volta per affrontare al meglio il tema del rischio infettivo risiede in un'approfondita conoscenza da parte dei medici ed in un'appropriata comunicazione e condivisione con il paziente.
Buongiorno,
potete voi spiegarmi come mai il farmaco Intron-A non si riesce più a reperire? Lo aspetto ormai da due settimane e la farmacia dell'ospedale sa dirmi solo che il fornitore non lo consegna. Mi stupisco anche del reparto di Ematologia dove sono seguito che non mi hanno detto niente. Non riesco a capire. Come può un malato rimanere senza un farmaco così indispensabile? Grazie.
(Massimo)
Risposta
Gentile signore,
siamo purtroppo a conoscenza delle difficoltà che di recente vi sono state e vi sono ancora per approvvigionarsi di questo farmaco su tutto il territorio nazionale. Per quanto non possa essere una risposta conclusiva, vogliamo segnalarle che l'agenzia italiana del farmaco, in quanto ente regolatorio, esercita anche attività di monitoraggio, vigilanza attiva e gestione di eventuali carenze: sul sito dell'AIFA è, infatti, consultabile un elenco dei farmaci carenti, che viene costantemente aggiornato e che riporta anche una previsione circa la possibile data di risoluzione della carenza stessa e/o le azioni intraprese per far fronte al problema.
Per quanto riguarda l'Intron-A, nel dettaglio, è prevista la risoluzione del problema nell'arco delle prossime 2-4 settimane. Vogliamo rassicurarla in merito al forte interesse con il quale gli Ematologi si stanno occupando di questo argomento e la invitiamo a discutere direttamente con i Colleghi che la hanno in cura il modo migliore per affrontare, anche sul piano terapeutico, questa fase.
Gentili Ricercatori,
tra i sintomi della Policitemia Vera sono compresi anche disturbi di sensibilità ai polpastrelli delle dita delle mani e parestesie ai piedi!
Chiedo se cortesemente potreste darmi qualche informazione in più circa questo sintomo! Sono legati all'ematocrito alto o possono comparire indipendentemente da questo? Esite un modo per curare questa sintomatologia? Le parestesie ai piedi possono causare problemi articolari?
Grazie per le vostre risposte! Cordialità.
(Giovanni)
Risposta
Gentile signore, le confermiamo che le parestesie possono rientrare fra i sintomi che accompagnano la policitemia vera, ma le ricordiamo che si tratta di disturbi molto poco specifici; questo vuol dire che possono riconoscere cause molto diverse fra loro e distinte dalle neoplasie mieloproliferative, come ad esempio problematiche di natura reumatologica o ortopedica.
Focalizzandoci, invece, sulle neoplasie mieloproliferative: la microcircolazione può risentire di tutte le alterazioni che caratterizzano queste malattie, quindi dobbiamo tenere conto sia dell'aumento quantitativo delle cellule del sangue, sia della loro spiccata "attività".
In linea generale, i disturbi del microcircolo rispondono bene al trattamento antiaggregante, ma certamente è raccomandato che i pazienti con policitemia vera mantengano sempre un adeguato controllo dell'ematocrito. Infine, se la causa delle parestesie è effettivamente la policitemia vera, non vi è motivo di sospettare o temere un coinvolgimento delle articolazioni.
Buongiorno, ho 69 anni e ho la trombocitemia essenziale (piastrine 450) in cura con cardioaspirina.
Ad aprile fatto esami sangue riscontrato piastrine a 670. Mi è stato dato l'oncocarbide (2 alla settimana) per far scendere le piastrine.
Volevo sapere se si può sospendere al raggiungimento dei valori. In attesa, ringrazio.
(Angela)
Risposta
Gentile signora, la terapia con Oncocarbide è efficace nel controllare la conta delle piastrine solo fino a che viene effettivamente assunta: quando viene sospesa, i valori tendono a tornare al loro valore originario. Quindi, se abbiamo ben compreso la sua domanda, la nostra risposta è che la terapia andrà proseguita anche dopo aver ottenuto un buon controllo dell'emocromo; sarà il suo Ematologo di fiducia ad illustrarle come, eventualmente, modularne la dose.
Mia sorella, che vive a Foggia e ha 65 anni, è affetta da circa 8 anni da trombocitemia. La terapia fin qui seguita non ha dato eccellenti risultati. Vogliate pertanto segnalarmi un centro specializzato nel trattamento di questa patologia. Grazie e cordiali saluti.
(Antonio)
Risposta
Gentile signore,
pur avendo piena fiducia nell'operato dei Colleghi Ematologi che hanno fin qui seguito sua sorella, se il vostro desiderio dovesse essere quello di chiedere un secondo parere, vi segnaliamo che anche nella vostra regione vi sono centri di altissimo livello in ambito ematologico, ad esempio l'Ematologia del Policlinico di Bari. Altrimenti, potrete fare riferimento ad uno dei centri clinici che hanno fatto parte del progetto AGIMM, per i quali potrete trovare informazioni su questo stesso sito.
Anche alla luce di eventuali questioni logistiche, vogliamo comunque rassicurarvi del fatto che potrete trovare altissima competenza - nel campo delle MPN, ma non solo - anche in centri più vicini geograficamente alla vostra città, come, ad esempio, a Napoli o a Roma.
Salve,
dai primi esami effettuati mia madre potrebbe essere affetta da una malattia mieloproliferativa.
Chiedo se fosse possibile avere i nominativi di alcuni ematologi specializzati su queste malattie a Milano o Bologna o in altre città italiane. Grazie in anticipo.
(Debora)
Risposta
Gentile signora,
in Italia vi sono moltissimi medici e ricercatori dedicati allo studio delle neoplasie mieoproliferative e alla cura dei pazienti che ne sono affetti. Qualora il desiderio di sua madre fosse quello di consultare un altro collega, oltre al suo Ematologo di riferimento, potrà scegliere fra uno dei centri italiani del gruppo cooperativo AGIMM (per i quali trova i riferimenti in questo stesso sito) oppure, per rispondere al suo quesito in merito alle città di Milano e Bologna, potrà rivolgersi senz’altro anche al Policlinico Sant'Orsola di Bologna oppure all'Ospedale Niguarda o al Policlinico di Milano.
Egregi Dottori,
vi risulta che la prescrizione del ruxolitinib (JAKAVI) sia stata autorizzata ad una coorte di pazienti più ampia senza l'obbligo di provare prima l'oncocarbide? Cordialmente.
(Riki)
Risposta
Gentile signore,
la tipologia di pazienti con mielofibrosi per i quali è autorizzato l'utilizzo di Ruxolitinib in Italia non è stata modificata di recente. Possiamo, dunque, prescrivere il farmaco per "il trattamento della splenomegalia o dei sintomi correlati alla malattia in pazienti adulti con mielofibrosi primaria, mielofibrosi post policitemia vera o mielofibrosi post trombocitemia essenziale". Questa indicazione viene, poi, ulteriormente declinata all'interno della scheda di monitoraggio AIFA, che ne circoscrive l'utilizzo ai gruppi di rischio IPSS intermedio (1 o 2) e alto.
Immaginiamo che lei si riferisca ad una comunicazione di pochi giorni fa, che però riguarda esclusivamente alcuni aspetti burocratici in merito alla compilazione delle schede di monitoraggio (in formato cartaceo o elettronico, attraverso il portale dell'agenzia italiana del farmaco).
Per quanto riguarda l'utilizzo di Idrossiurea, crediamo lei si riferisca alle raccomandazioni elaborate congiuntamente dall'European Leukemia Net e dalla Società Italiana di Ematologia nel 2017 (https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/27740634 ), nelle quali è declinato l'utilizzo di una terapia citoriduttiva, in particolare per i pazienti a rischio IPSS intermedio-1.
Ma, per rispondere al suo quesito, si tratta di due piani diversi: uno è quello delle vere e proprie condizioni autorizzate da AIFA, uno è quello delle raccomandazioni di utilizzo da parte delle società scientifiche. Nessuno dei due è stato sostanzialmente modificato nelle ultime settimane.
Buonasera, ultimamente facendo le solite analisi di routine, hanno trovato l'ematocrito a 53. Mi sapete dare qualche notizia in più?
(Valentino)
Risposta
Gentile signore,
ci dispiace, ma non possiamo esprimere pareri medici o interpretare esami di laboratorio. Inoltre, la sua domanda è piuttosto generica: gli esami ematici vanno interpretati nella loro interezza e contestualizzati alla luce della storia clinica e dello stato di salute di ogni individuo. Si rivolga al suo Curante, che potrà darle tutti i chiarimenti del caso.
Buonasera, mio figlio di 26 anni è affetto da circa due anni da trombocitemia essenziale positivita in eterozigosi della calreticulina (agoaspirato midollare iperplasia/displasia dei megacariociti) biopsia ossea (midollo osseo con cellularita'dell'80/ sede di marcata iperplasia della serie megacariocitaria con forme atipiche,trame reticolare mf-1 secondo who 2016) piastrine 1.200.000 mm3.
In questi due anni, da quando abbiamo scoperto la piastrinosi, è andata sempre in crescendo, ma non ha mai raggiunto un valore cosi alto. E'in terapia solo con cardioaspirin 1 cpr ma ora mi è stata consigliata la sospensione, poiché è all'estero e rientrerà tra 15 giorni sono molto preoccupata per eventuali rischi e chiedo gentilmente di suggerirmi consigli in merito.
Grazie per la risposta.
Risposta
Gentile signora,
le ricordiamo che, purtroppo, non possiamo esprimere giudizi sui casi che individualmente ci vengono presentati, né formulare consigli o sostituirci al parere ed alle valutazioni del vostro Ematologo di riferimento.
In merito al suo quesito, però, possiamo darle alcune informazioni di carattere generale: i casi di trombocitemia essenziale con mutazione del gene CALR sono quelli che, in genere, presentano valori di piastrine mediamente più alti.
Per quanto riguarda le scelte terapeutiche è opportuno per i clinici far riferimento a linee guida autorevoli e condivise, che nel campo delle neoplasie mieloproliferative sono, ad esempio, quelle dell'European Leukemia Net (https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/29515238 ), di cui trova una sintesi nella sezione di questo sito dedicata agli aggiornamenti scientifici (link).
In dettaglio, per quanto riguarda la trombocitemia essenziale, le suddette linee guida ci ricordano di tenere in considerazione non solo l'età del paziente e le precedenti trombosi, ma anche i classici fattori di rischio cardiovascolare e la presenza di mutazione del gene JAK2. Tutti questi fattori, infatti, sembrano entrare in gioco nel modulare il beneficio collegato all'utilizzo dell'aspirina e sono ben integrati nello score IPSET-thrombosis.
Le consigliamo di ridiscutere con il vostro Ematologo di riferimento in merito ad eventuali modifiche della cura, alla luce di quanto abbiamo appena riportato e alla luce delle caratteristiche di suo figlio, inclusa la conta piastrinica, ricordando che in medicina il giudizio clinico è, molto frequentemente, frutto dell'integrazione di più fattori.
Quali sono le differenze tra peg intron e pegasys?
(Stefania)
Risposta
Gentile signora,
i farmaci a cui fa riferimento rappresentano due formulazioni pegilate, quindi a lento rilascio, di interferone alfa: in dettaglio, si tratta della forma pegilata di interferone alfa 2a (pegasys) e di inteferone alfa-2b (pegintron).
Mettendo da parte il fatto che si tratti di una formulazione tradizionale oppure a lento rilascio, entrambi i tipi di interferone alfa sono stati ampiamente studiati ed utilizzati in patologie di natura immuno-mediata, infettiva ed ematologica.
Non vi sono, ad oggi, motivi per ipotizzare che vi siano differenze sostanziali fra i due tipi di interferone alfa in termini di efficacia e sicurezza.
Salve egregi ricercatori, volevo porvi una domanda: la trombocitemia essenziale JAK2 che ha mio marito (39 anni) può influire sull'umore? In questo periodo e un po' irascibile..., può essere dovuto anche ai farmaci? Lui adesso prende solo CARDIOASPIRINA, e fa terapia per la pressione arteriosa bisoprololo e lodicacand, e per la cefalea che lui soffre, al bisogno prende tachicaf, e naturalmente protezione per lo stomaco la mattina LANSOPRAZOLO 15 Perché ha problemi di fango biliare e fa terapia con DEURSIL..Grazie per la risposta. Un'altra cosa, ultime piastrine 920 e al bisogno fa salassi
(Lucrezia)
Risposta
Gentile signora,
la trombocitemia essenziale non si associa classicamente ad alterazioni del tono dell'umore; lo stesso si applica ai farmaci usualmente impiegati per il suo trattamento.
In cura da febbraio con oncocarbide. Prima una al giono, 1 e 2 alternate, ora 2. Ma con pochi risultati.
Il mio ematologo mi ha anche fatto una domanda strana "Ma le prendi le medicine?" Quindi mi chiedo che cosa succede? Non assimilo il farmaco? Lo prendo in modo errato?
2 alle 13.30 dopo il pranzo
Grazie per il vostro lavoro per noi prezioso.
(Oriana)
Risposta
Gentile signora,
purtroppo non esiste una dose di oncocarbide che vada bene per tutti; la posologia del farmaco necessita di essere modulata nel singolo paziente, in relazione alla risposta ottenuta (quindi ai valori dell'emocromo che vogliamo ridurre o controllare) ed in relazione ad eventuali eventi avversi.
Talvolta, inoltre, sono necessarie alcune settimane o un paio di mesi prima che il pieno effetto terapeutico si possa manifestare, in particolare se si inizia con dosi relativamente basse di farmaco, come ad esempio una capsula al giorno. Non vi sono, comunque, particolari raccomandazioni in merito alle modalità di assunzione.
Per completezza, ricordiamo che esiste la possibilità di manifestare una sorta "resistenza" a questo farmaco, ma di solito si giunge a questo giudizio dopo aver osservato il comportamento dell'emocromo per un periodo di tempo più lungo, con dosi generalmente superiori a quelle da lei riportate (sempre accertandosi che vengano adeguatamente tollerate).
Siamo certi che, seguendo le indicazioni del suo Ematologo di riferimento, potrà trovare la dose di farmaco più appropriata per lei, così come potrete discutere in merito ad eventuali alternative, qualora si rendano necessarie.
Buongiorno, mi è stata diagnosticata la MF post PV nel 2015, dopo varie peripezie mi è stato somministrato il jakavi, che prendo oramai da 3 anni, inizialmente con trasfusioni; ora l'emoglobina si è stabilizzata a 9,5, gli eritrociti a 3.4, ematocrito 30, RDW 19.1, mchc 31. 6, ldh 302 però la ferritina è più alta, a 217, mentre il ferro è regolare a 81, e anche la vitamina D a 7, anche se forse non ha nessuna importanza rispetto alla ferritina. Ho letto in internet che la ferritina alta potrebbe indicare uno stato infiammatorio, ma il mio ematologo pur confermandolo non ha richiesto nessun esame per scoprirne la causa.
Secondo il vostro parere cosa converrebbe fare, lasciare le cose così senza fare altre analisi, oppure approfondire e in che modo? Considerate che queste analisi a più ampio raggio me le fanno fare 1 volta l'anno, mentre mensilmente faccio solo l'emocromo che ovviamente non indica il valore della ferritina. Mi ponevo il problema visto che passerò un altro anno prima delle analisi complete, devo rischiare o devo insistere per fare altre ricerche e quali?
Grazie per la risposta.
(Anna Maria)
Risposta
Gentile signora,
le ricordiamo che, purtroppo, non ci è possibile esprimere un parere sui singoli casi che ci vengono presentati, né possiamo sostituirci alla valutazione del suo Ematologo di riferimento. Tuttavia, possiamo risponderle con alcuni principi generali e darle qualche suggerimento per comprendere al meglio il significato dei suoi esami di laboratorio.
Il rialzo dei valori di ferritina può riconoscere molteplici cause, fra le quali rientrano gli stati infiammatori, come lei correttamente ha riportato. Tuttavia, non vanno tralasciate almeno due considerazioni: in prima battuta, il fatto di aver ricevuto trasfusioni di globuli rossi ha apportato al suo organismo una quota di ferro in più, che contribuisce ad innalzare il valore della ferritina; in secondo luogo, la mielofibrosi - così come le altre MPN, in misura diversa - è per sua natura una patologia in cui di frequente si trovano segni e sintomi riconducibili ad uno stato infiammatorio.
Con queste premesse, la corretta interpretazione di un risultato di laboratorio può nascere solo dalla conoscenza diretta del singolo paziente, dalla valutazione del suo stato clinico generale, dal colloquio e dalla visita medica: siamo certi che il suo Ematologo di riferimento abbia saputo consigliarla nella maniera più appropriata e la invitiamo, comunque, a manifestare i suoi dubbi o i suoi quesiti durante le sue visite periodiche.
Buongiorno Dottori,
riinvio una richiesta di informazioni riguardante il vostro studio sulla curcumina, https://onlinelibrary.wiley.com/doi/full/10.1111/jcmm.14326 , esattamente vorrei sapere se nel concreto si potrebbe trattare di una assunzione alimentare o di possibili nuovi farmaci contenenti il principio attivo. Certo di una vostra risposta, cordiali saluti.
(Davide)
Risposta
Gentile signore,
lo studio al quale fa riferimento è un lavoro preclinico, ossia svolto in laboratorio, con l'obiettivo di testare gli effetti di una sostanza (in questo caso, la curcumina) su cellule isolate; i ricercatori si sono serviti sia di linee cellulari comunemente utilizzate in questo genere di analisi, sia di cellule prelevate direttamente da alcuni pazienti affetti da MPN.
Le condizioni che i ricercatori ricreano in laboratorio non sono comparabili con quelle di un organismo umano, nella sua complessità; per tale motivo, i risultati dei lavori preclinici non possono essere direttamente trasferiti alla clinica e, quindi, all'uomo, ma devono passare attraverso fasi di ulteriore approfondimento ed eventuale conferma.
Per rispondere al suo quesito: lo studio in oggetto non ha testato la via di assunzione della curcumina, né la dose da assumere per replicare e raggiungere gli effetti rilevati in laboratorio, ma la sostanza è stata semplicemente aggiunta all'ambiente in cui sono state fatte crescere le cellule. Globalmente, dunque, la ricerca ci ha permesso di ottenere le informazioni preliminari necessarie a disegnare studi successivi sul medesimo argomento.
Buonasera,
sono affetta da mielofibrosi e mi è stato prescritto l'utilizzo Intron-A come farmaco autorizzato per uso off-label (legge 648/96).
Sto incontrando parecchie difficoltà nel reperimento del farmaco. La farmaceutica ha smesso di produrre la penna che utilizzavo ed ha problemi di distribuzione con gli altri formati, quindi in pratica a me la medicina non sta arrivando e sono al limite delle scorte. Non dovrebbe essere un mio problema, visto che sono io la paziente, ma non si capisce chi dovrebbe risolvere la situazione.
Quali forme di tutela posso utilizzare per evitare l'interruzione della continuità terapeutica?
Poiché per questo farmaco è stata rilasciata l'autorizzazione all'importazione alle strutture sanitarie per analogo autorizzato all'estero, come bisogna procedere? Tale richiesta da chi deve essere attivata?
Grazie.
(Carmen)
Risposta
Gentile signora,
siamo purtroppo a conoscenza delle difficoltà che attualmente vi sono su tutto il territorio nazionale nel reperire questo farmaco. Come correttamente lei ha riportato, AIFA ha autorizzato l'importazione di analogo commercializzato all'estero: la richiesta viene effettuata dal singolo professionista sanitario, di concerto con i colleghi farmacisti, avvalendosi di modulistica e procedura predisposta, appunto, da AIFA.
Buonasera, mio padre (85 anni) è in cura per ipersinofilia (HES) da 3 mesi con oncocarbide e prednisone senza risultati significativi. Esiste un centro specializzato dove può rivolgersi? Grazie.
Risposta
Vi sono molti centri ematologici sul territorio nazionale che si occupano di patologie della linea eosinofila; si tratta, molto spesso, dei medesimi centri che si dedicano allo studio delle malattie mieloproliferative. Non possiamo darle un suggerimento più preciso, non sapendo quale sia la vostra zona geografica di residenza, ma siamo certi che il dialogo ed il confronto con i Colleghi Ematologi che hanno in cura suo padre rappresenti anche in questo caso la scelta migliore, per valutare insieme i passi successivi da compiere e/o i centri a voi più vicini sul piano geografico, a cui potervi rivolgere in modo più rapido e agevole.
Gentili ricercatori volevo sapere, se era possibile, la differenza tra CALR1 e CALR2, se così si può dire qual è la più benevola tra le 2?
(Marinella)
Risposta
Gentile signora,
le due mutazioni principali a carico del gene CALR (tipo 1, che consiste in una "perdita" di una porzione di DNA lunga 52 paia di basi, e tipo 2, che consiste in un guadagno di una piccola porzione di DNA lunga 5 paia di basi) possono essere identificate sia in pazienti con trombocitemia essenziale, sia in pazienti con mielofibrosi; tanto la loro frequenza, quanto il loro significato clinico variano in relazione al contesto.
Per quanto riguarda la trombocitemia essenziale, i dati al momento disponibili non suggeriscono una significativa differenza fra le due mutazioni. Secondo alcuni studi, i pazienti con mutazione di tipo 2 presenterebbero livelli di piastrine più alti della loro controparte con mutazione di tipo 1, ma questo dato non sembra avere un particolare significato clinico.
Per quanto riguarda, invece, la mielofibrosi, molti lavori hanno riportato un'associazione fra la presenza della mutazione di tipo 1 ed un andamento clinico della malattia ematologica più indolente, che potremmo definire più favorevole. Tuttavia, per completezza, vogliamo ricordarle che il comportamento di una determinata malattia, come la mielofibrosi, è il risultato di una complessa interazione fra più fattori, genetici e clinici.
La presenza della mutazione di tipo 1 a carico del gene CALR compare, effettivamente, fra i fattori che vengono valutati nei più recenti score prognostici dedicati ai pazienti con mielofibrosi, come il MIPSS-70 o il GIPSS, ma il suo effetto viene di volta in volta modulato dalla presenza di altre mutazioni (quali quelle che definiscono l'alto rischio molecolare) o da altri elementi clinici e di laboratorio, ricordandoci l'importanza di mantenere una visione d'insieme ampia ed integrata.
Buonasera ho la trombocitemia da quasi 5 anni, sono in cura con peg intron vorrei sapere se sono state fatte nuove scoperte circa la causa della trombocitemia.
(Stefania)
Risposta
Gentile signora,
la trombocitemia essenziale, insieme alle altre malattie mieloproliferative, trae origine dall'acquisizione di una mutazione genetica da parte delle cellule staminali midollari, che sono normalmente deputate alla produzione delle cellule mature che ritroviamo nel nostro sangue. Sono note tre mutazioni principali, a carico dei geni JAK2, CALR e MPL, che sono state definite "driver" vista la loro importanza nel guidare lo sviluppo della patologia stessa: nella gran parte dei casi, queste si presentano in modo mutuamente esclusivo.
Non conosciamo, ad oggi, il motivo per cui questi eventi genetici si verificano, ma sappiamo che non sono presenti fin dalla nascita e non sono, dunque, ereditabili. Vari gruppi di ricercatori negli ultimi anni hanno studiato ed identificato alcune alterazioni genetiche che potrebbero essere predisponenti all'acquisizione delle mutazioni "driver", ma non possiamo ancora trarre conclusioni definitive in tal senso e non possiamo stimare esattamente quanto sia forte il loro ruolo.
Molto recentemente è stato condotto uno studio genetico particolarmente approfondito in un'ampia coorte di pazienti affetti da malattia mieloproliferativa: di questi, una parte sostanziale era costituita da casi di trombocitemia essenziale. Sono state compiute analisi piuttosto complesse ed articolate, per approfondire in modo globale le caratteristiche genetiche di queste patologie; può trovare qui un riassunto delle conclusioni (http://www.progettoagimm.it/Progetto/articoli.shtml#10_18_1).
Cercando di rispondere alla sua domanda, anche alla luce di quest'ultimo studio, la trombocitemia essenziale sembra delinearsi come una delle forme più "semplici" sul piano genetico.
Buonasera dottori,
sono una ragazza di 34 anni, lo scorso anno ho avuto un tia celebrale, da i vari esami, e ad un anno ad oggi la diagnosi di trombocitemia essenziale, subito dopo l'ischemia mi hanno fatto assumere la cardioaspirina, ora mi è stata prospettata la terapia con interferone, ma le cose stanno andando alle lunghe per le infinite analisi, il mio timore è quello di avere un altro evento trombotico, avendo delle strane sensazioni alla testa. Quindi la mia domanda è: quanto sono coperta con la sola cardioaspirina?
Grazie mille e buona serata.
(Laura)
Risposta
Il suo caso è quello di una trombocitemia essenziale con un evento ischemico alla diagnosi che pertanto la pone, nella classificazione del rischio clinico, tra i pazienti ad alto rischio, seppure di giovane età. Oltre alla cardioaspirina che correttamente assume e che ha assoluta indicazione dovrebbe intraprendere una terapia citoriduttiva con oncocarbide come prima linea oppure, come le è stato suggerito, con interferone (verosimilmente per la giovane età?). Non è possibile stabilire un reale rischio clinico senza conoscere nei dettagli la sua storia clinica, ma certamente vi è una concreta necessità terapeutica in aggiunta alla sola cardioaspirina. Discuta con il suo ematologo di riferimento delle varie opzioni disponibili.
Buonasera, vorrei sapere se ci sono novità per la sperimentazione di pacritinib e fedratinib. Grazie.
(Donato)
Risposta
Al momento non sono ancora attivi per l'arruolamento gli studi di fase III che riguardano le due nuove molecole Pacritinib e Fedratinib; non appena ci saranno novità a riguardo vi terremo aggiornati.
Gentili dottori sono malata di mielofibrosi primaria dal 2015. La malattia si è presentata subito in modo aggressivo ed ho dovuto subire varie trasfusioni (ho avuto l'emo anche a 5).
Ora è circa un anno che la situazione è migliorata, prendo 1 oncocarbide al giorno, cortisone, Jakavi da 5, due volte al dì, e faccio 2 iniezioni a settimana di Neurocormonn 30000. Ora ho l'emo a 10, ma ho ancora i distubi iniziali: febbriciattola, brividi ed indolenzimento alle ossa.
La mia domanda è: la malattia o quanto meno i sintomi proseguono lo stesso? Non mi posso considerare guarita? Ci potrebbe essere possibilità di ricadute?
Vi ringrazio sentitamente.
(Stefania)
Risposta
Quelli elencati da lei sono sintomi ampiamente descritti e diffusi nei pazienti affetti da Mielofibrosi. La terapia che assume mi sembra fin troppo articolata, ma naturalmente non è facile raggiungere un buon controllo dei sintomi in situazioni gravi e complesse come la sua. La mielofibrosi è come tutte le malattie mieloproliferative una patologia che si definisce come "cronica" per sua natura e pertanto non ci si può considerare guariti. Si possono arginare i sintomi, si può controllare la patologia, rallentarne l'evoluzione e migliorare anche di molto la qualità di vita, ma non considerarsi guariti. Oltre alle terapie già approvate e disponibili in commercio esistono, inoltre, valide alternative terapeutiche sperimentali all'interno di studi clinici controllati.
Oggigiorno l'unica possibilità concreta di guarigione può essere considerata il trapianto allogenico di midollo osseo che è però gravato da molti rischi relativi alla procedura stessa che lo rendono una valida opzione terapeutica in una fetta selezionata di pazienti. Parli dei suoi dubbi e faccia le opportune riflessioni con l'ematologo di riferimento che conoscendo la sua storia clinica saprà chiarirle i dubbi e indirizzarla al meglio.
Carissimi ricercatori,
sono affetto da PV da 9 anni e devo dire che fino ad ora sono abbastanza asintomatico. Da alcuni mesi ho dei dolori lombari abbastanza forti. Può esserci una correlazione con la malattia?
Grazie mille.
(Andrea)
Risposta
Non esiste una correlazione nota tra il sintomo che riferisce e la policitemia vera. Il dolore lombare è molto comune nella popolazione generale e può avere moltissime cause, tra tutte la più rilevante è da correlare alla cattiva postura. Faccia riferimento al suo curante che potrà indicarle come approfondire le cause di questo sintomo ed eventualmente prescriverle esami strumentali di approfondimento.
Buonasera dottori, il prossimo mese mi faranno la BOM per accertare che si tratti di TE con JAK2 positivo.
Sarei in prossimità del ciclo mestruale, sarebbe opportuno posticiparlo? Questo comporta una errata valutazione?
Grazie per il tempo che dedicate a tutti noi! Buon lavoro.
(Lucia)
Risposta
Non vi sono evidenze scientifiche per ritenere di dover posticipare la biopsia midollare nel sospetto di una malattia mieloproliferativa.
Errori di valutazione a riguardo non possono essere imputati a una certa fase del ciclo mestruale.
Buonasera,
sono affetto da Policitemia Vera e soffro da circa un mese e mezzo di un problema ai piedi! Vi avevo già scritto ed anzi vi ringrazio per la vostra gentilissima risposta!
Il problema si è manifestato con entrambe i piedi intorpiditi o improvvisi episodi di piedi freddi con sollievo e sensazione di riattivazione della circolazione immergendo i piedi in acqua calda!
Poiché la sindrome di Raynaud risulta essere una delle problematiche secondarie alla Policitemia Vera, vorrei sapere se potreste darmi qualche informazione su come si manifesta e cioè se si può manifestare anche in forma lieve e se può dare problemi alle articolazioni interessate e/o ai nervi circostanti, qualora si manifesti ai piedi!
Mi rendo conto che forse è una domanda strana ma per me è importante!!
Vi ringrazio tantissimo per la vostra risposta! Buon 25 aprile.
(Giovanni)
Risposta
Il fenomeno di Raynaud è una condizione clinica causata da un improvviso restringimento delle piccole arterie, che solitamente avviene a livello dei distretti corporei più esposti al freddo (le mani, o come nel suo caso i piedi). La sintomatologia di solito è lieve e la vasocostrizione dura pochi secondi o minuti e generalmente non determina alterazioni di natura ischemica e lesioni alle terminazioni nervose.
Nel suo specifico caso cerchi di limitare l'esposizione alle basse temperature e, poiché affetto da policitemia vera, cerchi di tenere ben controllato l'ematocrito sotto il 45% come le era già stato scritto.
Buon pomeriggio gentili ricercatori, volevo porvi un quesito: io faccio parte del gruppo trombocitemia su Facebook e alcuni componenti sostengono che le mieloproliferative evolvono quasi sempre. E' vera questa affermazione?
Io sono stata seguita da più ematologi e mai ho sentito dire dalla loro bocca un'affermazione del genere.
(Marinella)
Risposta
Riguardo i temi scientifici faccia riferimento a ciò che correttamente le hanno detto gli ematologi e lasci da parte i pettegolezzi da social network.
Solo una minor parte dei pazienti affetti da trombocitemia essenziale evolve in mielofibrosi e una fetta ristretta di questi in leucemia acuta; i dati di letteratura affermano che nella trombocitemia essenziale la progressione in mielofibrosi a 15 anni dalla diagnosi è del 5-10%, pertanto la maggior parte dei pazienti vive in una fase "cronica" di malattia.
Buongiorno, ho 42 anni e dallo scorso ottobre faccio iniezioni di IntronA (ho una TE); recentemente ho riscontrato difficoltà a reperire il farmaco perché risulta con "problemi di produzione e/o cessata produzione"...
Non mi risulta ci siano prodotti generici che possano sostituire questo interferone; ci sono novità su alternative concrete oppure possibilità che il farmaco sia nuovamente disponibile?
E' a discrezione della casa farmaceutica oppure lo Stato può garantire qualcosa ai "suoi" malati?
Grazie in anticipo per qualsiasi chiarimento o parere.
(Lisa)
Risposta
Va anzitutto detto che l'interferone in Italia non è approvato per le malattie mieloproliferative pertanto il suo utilizzo è limitato all'uso off label oppure all'interno di studi clinici controllati. Nello specifico il farmaco cui fa riferimento ha molte indicazioni terapeutiche (epatite B, C, alcune forme di linfoma ecc..) ma tra queste non vi sono le malattie mieloproliferative. Penso che l'interferone cui fa riferimento tornerà disponibile a breve, in alternativa ci sono altre formulazioni di interferone alfa, che il suo ematologo potrà prescrivere in sostituzione.
A tutti i dottori che instancabilmente ci regalano la loro attenzione auguro una buona Pasqua.
(Riki)
Ho 45 anni e da qualche mese mi hanno diagnosticato Trombocitemia Essenziale. Volevo sapere se posso prendere qualche antibiotico o antidolorifico per mal di denti. Grazie.
(Magda)
Risposta
Non vi è una controindicazione assoluta alla assunzione di FANS (farmaci antinfiammatori non steroidei) , cortisonici o altri antidolorifici maggiori nei pazienti che come lei sono affetti da malattie mieloproliferative. Lo stesso per quanto concerne la terapia antibiotica. Occorre però valutare il quadro clinico generale, la crasi ematica e l'eventuale presenza di altre comorbidità che ne limitino l'uso. Prima della assunzione di queste classi di farmaci è buona norma consultare il suo ematologo di riferimento e/o il suo curante per giudicarne l'appropriatezza.
Buonasera dottori, sono una ragazza di 36 anni, da poco mi è stata diagnosticata la trombocitemia essenziale, in seguito a un ischemia, dalla quale sono uscita illesa fortunatamente. Il mio emocromo ha di solito piastrine a 650 mila e a volte globuli bianchi e rossi leggermente alti. Nel referto della biopsia, c'è una fibrosi 2 sulla scala da 0 a 3. Ma a me hanno diagnosticato una trombocitemia, potrebbe essere una fase prefibrotica, devo far analizzare nuovamente i vetrini? Magari in un centro specializzato in proliferative?
Grazie mille.
(Veronica)
Risposta
In accordo con l'Organizzazione Mondiale della Sanità (WHO), la diagnosi di una malattia mieloproliferativa si basa sempre su una serie di esami ematici, genetici e patologici che conducono a una diagnosi alla luce di un fondato sospetto diagnostico. Gli elementi da valutare sono molti e non sono sufficienti il valore delle piastrine e l'analisi istologica del midollo a determinare il fenotipo clinico della patologia. Certamente la presenza di una fibrosi di grado 2 a livello midollare pone la sua diagnosi di trombocitemia essenziale in diagnosi differenziale con una forma pre-fibrotica di mielofibrosi; questi pochi elementi non sono però sufficienti a condurre a una diagnosi di certezza. Ne discuta con il suo ematologo di riferimento, se lo riterrà opportuno potrà richiedere un secondo parere sul preparato istologico.
Salve egregi ricercatori, vorrei farvi una domanda che per me è importante, può sembrare una domanda banale però vorrei stare tranquilla: praticamente mio marito, 39 anni con trombocitemia essenziale JAK2 e con pressione arteriosa e soffre anche di fango biliare, ultime piastrine 920, e ha cominciato a fare anche salassi... La mia domanda è questa: lui con questa situazione può affrontare una settimana in crociera che faremo ad agosto? Ripeto per me è importante, scusatemi...
(Lucrezia)
Risposta
Il quadro clinico che ha illustrato non mi pare tanto grave da dover rinunciare a un viaggio in nave. Certamente mi risulta difficile poter esprimere un giudizio chiaro a riguardo, non conoscendo la persona né sapendo nel dettaglio i dati clinici. Pertanto penso sia necessario che rivolga il quesito all'ematologo che segue suo marito che saprà di certo consigliarvi al meglio.
Egregi ricercatori sono affetto da mielofibrosi primaria ed assumo oncocarbite 2 cp al giorno e duoplavin, desidererei sapere se è controindicato per me assumere antinfiammatori non steroidei anche per uso topico (mal di schiena). Vi ringrazio sentitamente.
(Enzo)
Risposta
L'uso dei FANS nei pazienti affetti da mielofibrosi non è controindicato in maniera assoluta ma deve essere strettamente giustificato clinicamente. Anzitutto si deve tenere conto di eventuali terapie concomitanti, nel suo caso l'uso di una rilevante antiaggregazione piastrinica non depone a favore dell'uso di FANS per l'elevato rischio di sanguinamento. Inoltre, va monitorato l'emocromo per accertarsi che le piastrine non siano troppo basse. Ne parli con il suo ematologo che conoscendo la sua storia clinica saprà consigliarle la migliore terapia in relazione alle sue esigenze.
Ho iniziato oncocarbite in TE per problemi di acufene. Con la prima somministrazione di una compressa al giorno non ci sono stati cambiamenti, Aumentando ad una e due pasticche alternate al giorno le piastrine sono scese. Di poco ma scese. Dopo 20 giorni con lo stesso dosaggio le piastrine sono risalite. Può accadere?
(Oriana)
Risposta
I valori delle piastrine possono subire oscillazioni nonostante il dosaggio costante di oncocarbide; il dosaggio del farmaco può essere pertanto modulato, non solo tenendo conto della conta piastrinica ma anche in relazione ai valori di emoglobina e del numero dei globuli bianchi oltre che alla tollerabilità e alla azione sui sintomi. Faccia riferimento al suo ematologo a riguardo, che saprà consigliarle al meglio sapendo i dettagli sulla sua storia clinica.
Buongiorno dottori, a mio fratello di anni 35 è stata diagnosticata a novembre la Policitemia Vera. In famiglia non abbiamo mai avuto episodi in passato di malattie mieloproliferative. Tuttavia, leggendo alcuni forum, ci sono persone che riferiscono di avere più episodi in famiglia. E' quindi possibile che questa malattia possa insorgere per predisposizione genetica? Sono molto preoccupata.
Grazie e complimenti per il lavoro che fate ogni giorno.
(Gloria)
Risposta
Le malattie mieloproliferative croniche come la policitemia vera cui fa riferimento, ma anche la trombocitemia essenziale e la mielofibrosi, sono patologie del sangue determinate dalla acquisizione di una o più mutazioni a livello delle cellule del midollo osseo (la più comune è la mutazione JAK2V617F, che determina la policitemia vera nella quasi totalità dei pazienti). Tali mutazioni si definiscono acquisite in un soggetto che pertanto non le presenta sin dalla nascita. Esistono vari studi che indagano l'eventuale presenza di fattori genetici diversi che possano favorire l'acquisizione nel tempo delle mutazioni e determinare l'insorgenza di tali patologie del sangue.
Diverse variabili genetiche presenti sin dalla nascita sono state descritte come predisponenti alla acquisizione di tali mutazioni senza tuttavia giungere a conclusioni certe in tal senso.
Oltre a casi sporadici e isolati di tali patologie (che sono la quasi totalità) alcune rare famiglie, con più casi presenti tra parenti di primo grado, sono state descritte nel corso degli ultimi anni. In alcune di queste, studi genetici più o meno estesi hanno documentato la presenza di variabili genetiche verosimilmente coinvolte nella insorgenza delle malattie mieloproliferative.
Tali variabili genetiche sono risultate diverse da famiglia a famiglia e pertanto considerate come mutazioni "private", verosimilmente predisponenti, ma sono ad oggi oggetto di ulteriori studi per capirne il senso e il peso da attribuire.
Pertanto ad oggi, alla luce di quanto detto, le malattie mieloproliferative croniche sono da considerarsi sporadiche e non familiari eccetto che in alcuni rari casi, oggetto di studio.
Buongiorno, ho una situazione un po' complicata, celiachia, mdc e, ultimamente, mi è stata diagnosticata una trombocitemia essenziale; appena fatto prelievo del midollo (ancora dobbiamo avere i risultati). Arrivo alla domanda: la trombocitosi può essere causata da un lungo periodo di 8 mesi di cortisone medrol 50 mg che ho finito di scalare in questa settimana?
Ringrazio in anticipo
(Luciana)
Risposta
L'incremento della conta piastrinica è difficilmente correlabile alla terapia steroidea che ha assunto per la sua patologia infiammatoria cronica intestinale; il percorso diagnostico a cui è stata sottoposta potrà appurare la causa di tale incremento ed eventualmente condurre alla diagnosi di trombocitemia essenziale congiuntamente alle analisi genetiche dei geni coinvolti in tale patologia (JAK2, MPL e CALR). Si affidi a un ematologo di rifermento che potrà seguirla nel gestire il percoroso diagnostico/terapeutico anche alla luce delle altre sue comorbidità e degli eventuali trattamenti necessari.
Egregi Dottori,
69 anni affetto di mielofibrosi post policitemia vera; in trattamento co JAKAVI 20 mg pro-die. Da qualche tempo, solo nelle ore notturne, ho una forte secchezza delle fauci. Volevo pertanto sapere se questo può essere un effetto dovuto alla mielofibrosi oppure un effetto collaterale jakavi. Premetto che ormai sono anni che assumo il farmaco in questione e fino a poco tempo fa non ho mai avuto questo disturbo. Cordialmente.
(Riki)
Risposta
La sensazione di bocca secca è difficilmente riconducibile alla mielofibrosi o alla terapia della stessa. Va piuttosto indagata la presenza di altre patologie concomitanti o la somministrazione di farmaci che comunemente possono dare questo sintomo; tra le patologie più comuni vi sono quelle endocrinologiche quali il diabete mellito e l'ipertiroidismo, tra i farmaci l'uso di diuretici.
Faccia presente al suo curante o al suo ematologo di riferimento la presenza del sintomo e si affidi a loro per indagare l'eventuale fattore causale.
Egregi specialisti, sono Giusi, ho 57 anni e dal 2008 mi è stata diagnosticata mielofibrosi idiopatica di tipo indolente. Il decorso della malattia fino ad ora è stato molto lento, ancora oggi low risk secondo DIPSS. Fondamentalmente sto bene. Dal 2008 ad oggi l'unica terapia fatta è stata la somministrazione di cardioaspirina 100 mg/die.
Ad oggi non avverto alcuno dei sintomi sistemici che fanno score. Ossia mai avuta febbre, calo di peso, sudorazioni notturne. Per quanto riguarda la milza, pur essendo aumentata nel tempo, dai 2 cm dall'arcata costale del 2009, ai 12 cm dall'arcata costale attuali, non ho mai avvertito alcun fastidio in generale o il dolore sotto le costole del fianco sinistro in particolare. Inoltre non ho mai avuto dolore alle ossa, stanchezza, anemia.
Avverto invece del prurito alle gambe subito dopo la doccia (poco di meno dopo il bagno) nel periodo invernale/primaverile, fino ad ora però del tutto sopportabile.
La conta del CD34 è sempre stata molto bassa (a Gennaio 2019, il valore delle cellule CD45+/CD34+ era 0,09% e 19,06/mmc in valore assoluto) mentre i blasti all'ultima conta fatta a giugno 2018 erano assenti.
Per quanto riguarda i valori ematici, da 3 anni e mezzo a questa parte, i range di variazione sono i seguenti:
Globuli rossi (da 5.500.000 a 6.860.000/mmc);
Emoglobina (da 14 a 16 g/dl). Mai avuta anemia;
Ematocrito (da 44% a 51%). Con valori superiori a 47% si è provveduto a fare dei salassi (5 in tutto dal 2016 ad oggi).
Globuli bianchi (da 10.000 a 24.000 mmc). Più specificatamente sono, passati gradatamente dai 10.000/mmc del 2016 ai 24.000/mmc attuali. In particolare da 6 mesi ad oggi sono mediamente aumentati mensilmente di 830.
LDH (da 660 a 853);
Le piastrine (da 342.000 a 45.0000/mmc).
Dagli ultimi esami risulta: RBC 6.860.000 mmc; Hb 16,04 g/dl; Ht 51,1%; MCV 74,5; PLT 400.000; WBC 24.000 mmc.
Ciò premesso, considerato che di fatto sto bene e che non avverto alcun sintomo sistemico, vi chiedo cortesemente cosa significhi il costante aumento nel tempo dei globuli bianchi e soprattutto quali possano essere i pericoli immediati conseguenti ad un simile incremento e per il valore totale attualmente raggiunto (24.000/mmc) in assenza almeno per il momento di specifica terapia (Oncocarbide o Ruxolitinib).
Grazie per il tempo che mi potrete dedicare.
(Giusi)
Risposta
L'incremento del numero dei globuli bianchi è una delle caratteristiche delle malattie mieloproliferative, mielofibrosi compresa. Tale incremento nell'immediato e di per sé non determina particolari rischi, ma va associato all'eventuale presenza di altri fattori e comorbidità.
Come ha ben scritto, in accordo con il DIPSS score (che tiene conto di alcuni di questi fattori quali l'età, il numero dei globuli bianchi, l'emoglobina, la presenza di blasti periferici e la presenza di sintomi costituzionali), lei è nella categoria a basso rischio pertanto non necessiterebbe di alcun trattamento specifico.
Un incremento progressivo della conta dei globuli bianchi potrebbe rendere necessario un intervento terapeutico con una farmaco (ad esempio oncocarbide); questa valutazione va presa dal suo ematologo di riferimento che meglio conosce la storia clinica e saprà suggerirle il trattamento più appropriato, in relazione al suo stato attuale e alla presenza di eventuali comorbidità.
Buongiorno, vorrei sapere se l'oncocarbide può, a distanza di terapia continuativa da 6 anni (una pastiglia x 5 gg alla settimana), portare vomito almeno 2 volte alla settimana, oltre a spossatezza e ulcere e se in questo caso è il caso di cambiare terapia.
In Piemonte a chi mi posso rivolgere privatamente? Attualmente sono seguita dal Coes Ospedale Molinette di Torino, ma le strutture pubbliche non forniscono assistenza continua. Grazie mille.
(Loredana)
Risposta
E' verosimile che tali segni e sintomi siano da attribuire alla tossicità della terapia con oncocarbide. Potrebbe esserci la possibilità di cambiare la terapia, ne parli con il suo ematologo di riferimento che meglio conosce la sua storia clinica. In Piemonte ci sono vari centri specializzati validissimi nella gestione dei pazienti affetti da malattie ematologiche (tra cui Ospedale Molinette), soprattutto nelle strutture pubbliche che può ricercare su internet; qualora senta la necessità di farsi seguire privatamente è libera di farlo ma non posso indicarle a chi rivolgersi.
Mia madre 68 anni, affetta da TE da due anni, da un anno sotto terapia con anagrelide, non tollerava l'oncocarbide. Ora si ritrova con conta piastrinica sempre su 650/700 mila, non si abbassa di molto e prende due compresse al giorno.
Ieri hanno cambiato il farmaco con uno generico perché la Regione Sicilia ha effettuato una gara e la società farmaceutica del generico l'ha vinta.
Mia madre è molto preoccupata perché con oncocarbide è stata malissimo e nessuno pensava che la febbre alta dipendesse dal farmaco, ora cambiare farmaco anche se della stessa categoria la mette in ansia. Conoscete casi in cui un generico non sia tollerato?
Cosa mi dite dell'interferone non pegilato per la cura della TE?
Grazie.
(Azzurra)
Risposta
L'oncocarbide è di solito ben tollerata dalla maggior parte dei pazienti affetti da malattie mieloproliferative; a volte può dare reazioni avverse, tra cui febbre elevata, che portano alla necessità di sospendere il trattamento e passare a una terapia di seconda linea. L'anagrelide è una valida terapia nella trombocitemia essenziale (TE) e la necessità di passare alla formulazione "generica" dello stesso non credo possa implicare particolari reazioni ed è generalmente ben tollerata.
Per quanto concerne l'interferone (anche nella formulazione non pegilata) questo non è approvato nella terapia della TE ma può eventualmente essere prescritto in particolari e ristretti contesti clinici dall'ematologo; l'interferone, specialmente nella formulazione non pegilata, non è scevro da rischi e complicanze e in un certo numero di casi anche poco tollerato dai pazienti.
Pertanto vanno valutati attentamente i rischi/benefici riguardanti la migliore terapia da adottare; nel caso specifico ne discuta con l'ematologo di riferimento che conoscendo la storia clinica di sua madre potrà suggerirle il miglior percorso terapeutico da seguire.
Salve, a 110 giorni da trapianto allogenico per mielofibrosi post policitemia vera va tutto sommato bene eccetto un aumento repentino dei globuli bianchi, passati nelle ultime settimane da 7000 a 12000 ed ora a 16000. I medici dicono sia per assenza milza e per midollo trapiantato proveniente da mio figlio giovane. Può significare ritorno malattia? Attendo risultati biopsia, a 30 giorni avevo chimerismo 92%.
(Franco)
Risposta
L'incremento della conta dei globuli bianchi dopo il trapianto allogenico può avere molti cause sottostanti; tra queste di certo vi è la splenectomia eseguita prima del trapianto come suggerito dai colleghi. Per valutare le ipotesi più plausibili che possano spiegare tale incremento dei valori si affidi ai medici del centro trapianti presso il quale è seguito e al suo ematologo di riferimento che conoscono nel dettaglio la sua storia clinica.
Le variabili in gioco sono moltissime, specialmente dopo un trapianto allogenico, pertanto a distanza e in assenza di una storia clinica dettagliata risulta impossibile poter trarre alcuna conclusione.
Gentili ricercatori, sono una paziente di 30 anni con una diagnosi differenziale tra Trombocitemia Essenziale (più probabile) e mielofibrosi in fase prefibrotica grado 1. Ultima BOM eseguita a gennaio 2019. Da un anno assumo 4 pastiglie al dì di Anagrelide (in totale 2 mg) più 1 cardioaspirin.
Emocromo mese di marzo con piastine a 980, globuli bianchi nei limiti. Nell'ultimo periodo ho spesso della febbricola che va da 37 a 37,9. Il primo pomeriggio comincio con 37.2 per poi salire, però mai oltre i 38. Il tutto accompagnato da astenia.
Vorrei chiedere cortesemente se questa febbricola è un sintomo riconducibile al farmaco o alla malattia o se debbo provvedere ad ulteriori accertamenti.
Vi ringrazio per la vostra disponibilità. I più cordiali saluti.
(Luciana)
Risposta
L'anagrelide, farmaco utilizzato nella trombocitemia essenziale principalmente per ridurre la conta piastrinica, può determinare tra i vari effetti collaterali l'astenia e una sensazione di malessere generale; la febbricola non è un effetto collaterale tipico e andrebbe indagata per capirne la causa.
Può fare riferimento al suo ematologo di fiducia e al medico curante per eseguire eventuali accertamenti e/o cambi di terapia.
Gentili ricercatori buonasera, sono affetta da TE, dopo aver fatto un primo ciclo di interferone l'ho interpretato e preso nuovamente dopo circa 2 mesi, adesso è da tre mesi che faccio interferone e da un mese a questa parte sono iniziate a spuntarmi delle macchioline rosa pruriginose sul collo, seno, tronco, braccia e gambe. Volevo sapere intronA può provacare questo tipo di eruzioni? Ho letto sul bugiardino che tra gli effetti molto comuni vi sono le eruzioni cutanee e il prurito... Infatti da quando faccio intronA sento sempre prurito in tutto il corpo, sono veramente confusa.
Grazie anticipatamente.
(Marinella)
Risposta
La terapia con Interferone può certamente causare sia eruzioni cutanee, sia prurito tra i vari effetti collaterali. Tali segni/sintomi possono però essere correlati a molti altri fattori e non soltanto alla terapia, pertanto è necessario che faccia riferimento al suo ematologo di riferimento che potrà valutare il caso in maniera più precisa conoscendo la sua storia clinica.
Gentilissimi Ricercatori, sono un paziente affetto da Mielofibrosi Primaria con mutazione JAK2V617F diagnosticata nel 2012, terapia Ruxolitinib. Nell'ultima BOM è stato riscontrato linfoma a bsaso grado di linea B. Vorrei sapere se ci sono studi che indicano controindicazioni al Ruxolitinib in presenza di questo tipo di linfoma. Grazie.
Risposta
Già da molti anni è stato rilevato in più studi epidemiologici un lieve incremento dell'incidenza di neoplasie linfoproliferative nei pazienti affetti da malattie mieloproliferative, senza tuttavia essere riusciti a dimostrate gli eventuali fattori causali.
In un recente studio (i dati sono stati presentati all'EHA e pubblicati sulla rivista Blood) sono stati analizzati circa 630 pazienti, seguiti a Vienna, e circa 930 pazienti, seguiti a Parigi. In una piccola, ma non trascurabile, parte dei casi sono stati rilevati cloni di linfociti B nel midollo (possibili precursori di un linfoma), sia in pazienti trattati con Ruxolitinib, sia in pazienti che hanno ricevuto solo altre terapie convenzionali per la Mielofibrosi. Nella gran parte dei pazienti questi cloni non hanno dato vita ad una vera e propria patologia, ma i casi in cui, invece, questo è accaduto sono stati più frequenti in chi era stato trattato con Ruxolitinib. Tali osservazioni sono anche state dimostrate su modello murino. Per quanto questo sia un argomento ancora da approfondire e definire, questi dati meritano attenzione e saranno di certo oggetto di ulteriori studi.
Nel suo specifico caso tocca all'ematologo di riferimento, che meglio conosce la sua storia clinica, valutare il rischio/beneficio del trattamento con Ruxolitinib e l'eventuale ragionevole sospensione dello stesso alla luce dei dati descritti.
Gentili Ricercatori, buon giorno. Sono una paziente di anni 50 affetta da mielofibrosi idiopatica ed in terapia con jakavi. Ho letto sul bugiardino del farmaco, che il jakavi rende più sensibili all'herpes zoster. Poiché ho un familiare affetto dal cosiddetto fuoco di sant'Antonio, quali rischi corro dal momento che io non ho avuto da piccola neanche la varicella? Quali precauzioni dovrei eventualmente osservare? Grazie mille.
(Rosa)
Risposta
Il ruxolitinib ha tra le altre azioni quella immunosoppressiva e pertanto può "facilitare" la comparsa di alcune infezioni, anche da virus, che vanno prontamente riconosciute e trattate. E' molto più frequente la riattivazione virale (e il bugiardino fa riferimento a questo), piuttosto che una nuova infezione virale in un soggetto che non ha mai contratto il virus.
Come regola generale è da evitare il contatto diretto e/o indiretto con le lesioni vescicolari (contenenti il virus) della persona affetta. Va sottolineato che il soggetto affetto da zoster non può infettare in alcun modo nel periodo antecedente alla comparsa dell'eruzione cutanea e dopo l'evoluzione delle vescicole in croste secche.
In ogni caso qualora avvertisse la comparsa di malessere, eruzioni cutanee, febbre, faccia prontamente riferimento al suo curante e/o al suo ematologo di riferimento.
In relazione alle informazioni richieste del 27 marzo 2019 - (ore 21:56) - Rischi della splenectomia - cortesemente è possibile ottenere maggiori informazioni affinché si riesca a scaricare i risultati inerenti lo studio effettuato su 314 pazienti splenectomizzati (pubblicato nel 2006)?
(Piero)
Risposta
Il lavoro cui si fa riferimento, pubblicato nel 2006 sulla rivista "Cancer" è il seguente:
Mesa RA, Nagorney DS, Schwager S, Allred J, Tefferi A. Palliative goals, patient selection, and perioperative platelet management: outcomes and lessons from 3 decades of splenectomy for myelofibrosis with myeloid metaplasia at the Mayo Clinic. Cancer 2006;107:361-70.
Gentili ricercatori,
ho trovato su internet una trattazione del team di dott. Kralovics relativa all'inibizione della proteina CDK6 che avrebbe una posizione determinante nello sviluppo e nel follow up delle MPN. Vi mando il link che purtroppo è in scritto in tedesco. Sicuramente siete comunque a conoscenza del fatto e vi pregherei di spiegare un attimo se si tratta veramente di una novità recente.
https://healthcare-in-europe.com/de/news/neue-hoffnung-fuer-mpn-patienten.html
Un carissimo saluto.
(Andrea)
Risposta
L'articolo in lingua tedesca da lei citato fa riferimento ad un recentissimo lavoro pubblicato dal gruppo di Kralovics sulla prestigiosa rivista "Blood". Questa proteina, che è un importante regolatore del ciclo cellulare cioè di quell'insieme di meccanismi che controllano la progressione della proliferazione di una cellula, era già nota in passato per un possibile ruolo nella patogenesi del cancro.
Viene, in questo lavoro, studiata nell'ambito delle malattie mieloproliferative. In particolare, la ricerca condotta da Kralovics e collaboratori, mostra come inibendo l'espressione della proteina CDK6 migliorino sia le condizioni che la sopravvivenza di animali portatori della mutazione JAK2V617F, suggerendo quindi questa proteina come un potenziale nuovo bersaglio terapeutico per la cura delle malattie mieloprolifeartive croniche Ph-negative.
Per un approfondimento dell'argomento segnalo gli estremi dell'articolo in questione:
Uras IZ, et al. CDK6 coordinates JAK2V617F mutant MPN via NFkB and apoptotic networks. Blood 2019;Jan 11; Epub ahead of print.
Buonasera, vorrei sapere se esiste una differenza tra la mielofibrosi primaria e quella post PV/TE o se si tratta della stessa malattia. Io ho la PV ma nel mio midollo è iniziata a comparire un po' di fibrosi ed inizio ad essere un po' spaventata. Ho 45 anni, prima diagnosi nel 2007. Grazie.
(Emilia)
Risposta
Si tratta, nella pratica clinica, della stessa malattia con atteggiamenti terapeutici spesso simili. Tuttavia, vi sono alcune differenze, a cominciare dai criteri diagnostici che, per esempio, prevedono, secondo la WHO, un grado di fibrosi midollare di almeno 2 (con massimo di 3) per le forme post PV/ET, mentre, come è noto, la mielofibrosi primaria può avere un grado di fibrosi midollare da 0 a 3, quindi esistere anche senza fibrosi (cosiddetta mielofibrosi prefibrotica). E' stato inoltre riportato che le forme primarie tendono più spesso delle forme secondarie a PV/ET a sviluppare anemia trasfusione-dipendenti, mentre le secondarie possono talvolta presentare sintomi sistemici più marcati. Dal punto di vista delle mutazioni "driver", mentre praticamente tutti i pazienti con mielofibrosi post PV hanno la mutazione V617F del gene JAK2, quelli con mielofibrosi primaria e quelli con mielofibrosi post ET possono avere anche le mutazioni di MPL e di CALR oppure nessuna mutazione. Diverso è anche lo score prognostico che si applica a questi due gruppi di pazienti.
Nel suo caso specifico non è chiaro a che grado di fibrosi midollare si riferisca ("un po' di fibrosi"), ma sicuramente nel referto della sua biopsia ossea dovrebbe essere riportato.
Egregi Dottori,
68 anni affetto da mielofibrosi post Policitemia vera; in cura con JAKAVI 20 mg pro-die. Mi riferisco alla richiesta di Ernesto del 26 marzo-ore 17:50 e al fatto che assumendo Ruxolitinib gli sono scomparsi i blasti. La cosa mi ha felicemente sorpreso perché io ero convinto che Ruxolitinib non facesse regredire i blasti...
A tal proposito volevo chiedervi con quale esame clinico si monitorizzano i suddetti blasti. Infine da Ernesto leggo anche che sta assumendo Luspatercept con grandi risultati e quindi vorrei anche sapere quali sono i presupposti patologici per assumere detto farmaco e in quale centro stanno eseguendo il protocollo in questione.
Cordialmente.
(Riki)
Risposta
Nel caso cui lei fa riferimento, viene in effetti riportata la scomparsa dei blasti dal sangue periferico del paziente durante l'assunzione di terapia con Ruxolitinib. Non è però riportato in quale percentuale e da quanto tempo fossero presenti i blasti. Più in generale, la capacità del farmaco in questione di avere effetti sulla conta dei blasti nel sangue periferico resta prevalentemente aneddotica.
Il conteggio dei blasti nel sangue periferico si effettua tradizionalmente mediante la lettura, da parte di un ematologo esperto, dello striscio di sangue periferico (colorato opportunamente) mediante microscopio ottico. Una stima della presenza di blasti nel sangue può anche essere effettuata, sempre da personale esperto, mediante analisi al citofluorimetro.
Riguardo la terapia dell'anemia della mielofibrosi con Luspatercept, al momento la sperimenatzione clinica è conclusa e non sono attivi reclutameti in Italia. I criteri di inclusione dello studio prevedevano un'anemia con emoglobina inferiore a 9.5 g/dl senza storia di trasfusioni oppure un'anemia trasfusione dipendente. In entrambi i casi era ammessa (anche se non obbligatoria) la concomitante assunzione di Jakavi.
Ho Trombocitemia Essenziale, diagnosi con BOM nel 2013 e var JAK2. Ho assunto oncocarbide per molti anni. A novembre il passaggio ad interferone ha dato problemi di aumento piastrine fino a 1500 un. Ora assumo intron a anagrelide e oncocarbide. Si possono creare danni ai capelli o perdita degli stessi? Utili gli integratori?
(Brunella)
Risposta
Si tratta di un evento piuttosto infrequente. In particolare sono stati descritti casi rari di perdita di capelli durante terapia con oncocarbide così come con interferone, mentre con anagrelide normalmente non da questi effetti. L'associazione contemporanea dei tre farmaci è un evento molto infrequente e pertanto non si hanno dati sufficienti che permettano una stima della frequenza di tali complicanze, senza però poter escludere con certezza che possano manifestarsi durante tali terapie.
Cortesemente, sappiamo quanti sono i pazienti in Italia - ovvero in Europa - (tramite registro) i quali sono affetti da mielofibrosi (primaria o secondaria) che abbiano sviluppato una complicanza da splenomegalia con anche ipertensione portale? Se nel qual caso fosse possibile, rilevare pubblicazioni ufficiali.
(Pietro)
Risposta
Si stima che la percetuale di pazienti affetti da mielofibrosi complicata da ipertensione portale, secondaria a splenomegalia, sia compresa fra il 10 ed il 20%. Al riguardo può trovare dati nei seguenti lavori, pubblicati su riviste indicizzate (rilevabili in PubMed):
Mesa RA et al: Palliative goals, patient selection, and perioperative patient management: outcomes and lessons from 3 decades of splenectomy for myelofibrosis with myeloid metaplasia at the Mayo Clinic. Cancer 2006;107:361-370.
Tefferi A, et al. Risk factors and a prognostic model for post splenectomy survival i myelofibrosis. Am J Hematol 2017;92:1187-1192.
Hiang Keat Tan et al. Ruxolitinib for the treatment of portal hypertension in a patients with primary myelofibrosis. Gastroenterology 2017 May 4.
Illustri Professori - Dottori, buonasera. Cortesemente preme sapere se nell'ambito della letteratura scientifica (in ordine alle malattie mieloproliferative croniche, segnatamente mielofibrosi primaria o secondaria) siano stati pubblicati studi - statistica - in ordine alla percentuale di rischio di morte (nel corso dell'intervento chirurgico) che incorre un paziente affetto da complicanza di splenomegalia, allorquando, a seguito di rottura spontanea di milza, venga sottoposto a splenectomia.
(Piero)
Risposta
La rottura spontanea di milza è un evento raro nella mielofibrosi, per cui non vi sono raccolte statisticamente significative di dati al riguardo. Più in generale, il rischio al quale ci si sottopone effettuando una splenectomia (non in conseguenza specificamente di una rottura di milza) in un paziente affetto da mielofibrosi è valutabile attorno al 9% per la sopravvivenza peri-operatoria ed attorno al 25-30% per il rischio di complicanze, prevalentemente rappresentate da eventi trombo-embolici del distretto addominale (dati ricavati da uno studio effettuato su 314 pazienti splenectomizzati pubblicato nel 2006).
Salve, mi riallaccio ancora alla risposta sotto sull'attività fisica e TE, per una precisazione: dovendo evitare sforzi intensi e prolungati, quindi non è consigliato allenarsi per una maratona?
Risposta
Nel caso della trombocitemia essenziale valgono le precauzioni citate nella precedente risposta cui fa riferimento. In linea di massima, un allenamento progressivo e comunque impostato su tempi e prestazioni non agonistici, potrebbe anche essere effettuato: tuttavia una risposta più precisa nel suo caso andrebbe comunque data conoscendo meglio la sua situazione clinica dal punto di vista ematologico ma anche medico sportivo, chiarendo anche quali sono gli obbiettivi della sua prestazione.
Cari ricercatori buonasera,
chiedo cortesemente se in paziente sessantacinquenne affetto da policitemia in terapia con oncocarbide e cardioaspirin è indicata la vaccinazione anti herpes zoster.
Ringrazio sentitamente e porgo cordiali saluti oltre all'augurio di un proficuo lavoro.
(Paolo)
Risposta
Se per indicazione intende la necessità di effettuare tale vaccinazione, allora la risposta è che non vi è indicazione specifica ad eseguire tale vaccinazione. Se invece intende la mancanza di controindicazioni a sottoporsi a tale vaccinazione, la risposta è che non vi sono controindicazioni assolute.
Trombocitemia essenziale da 8 anni, ne ho 47, Cardioaspirina da 8 anni, ora con oncocarbide per acufene 9 compresse a settimana. Le piastrine scese da 800 a 600, ma il fischio continua. Quali sono i rischi con l'oncocarbide?
Grazie.
(Oriana)
Risposta
L'Oncocarbide (Idrossiurea) è un farmaco che viene prescritto nell'ambito delle malattie mieloproliferative croniche come citoriduttore, cioè per abbassare il numero delle cellule presenti nel sangue e nel midollo quando queste sono troppo alte. Nel suo caso le è stato prescritto per abbassare il numero delle piastrine. Si tratta di un farmaco in uso da molto tempo, molto ben conosciuto ed in generale molto ben tollerato. I principali effetti collaterali che si possono riscontrare sono ovviamente quelli legati alla sua attività di citoriduzione: pertanto può determinare un abbassamento eccessivo dei globuli rossi, oppure dei globuli bianchi o delle piastrine. Questi effetti, che spesso dipendono dalla dose, sono di solito gestibili abbastanza facilmente modulando appunto il dosaggio del farmaco.
Talvolta, i pazienti che assumono da tempo Oncocarbide sviluppano alterazioni delle unghie, oppure ulcere cutanee o dermatiti o mucositi: anche in questi casi una attenta modulazione del dosaggio può aiutare a ridurre questi effetti che comunque sono reversibili alla sospensione del farmaco. Non sono invece confermati dalla letteratura scientifica i dubbi sul fatto che l'assunzione a lungo termine dell'Oncocarbide possa esporre al rischio di sviluppare leucemie o tumori secondari.
Salve, mia moglie, età 62 anni, malata di MF2 post PV, in cura dal gennaio 2014 con Ruxolitinib (da allora scomparsi i blasti) e assunta nel protocollo Luspatercept (con grandi risultati). Desidero sapere, cosa comporta la frattura del ginocchio destro (piatto tibiale e condilo femorale mediale avvenuta 3 marzo), in particolare per quanto riguarda la formazione del callo osseo e per i tempi di guarigione (sono uguali ad un soggetto senza "mF"?). Inoltre la somministrazione di clexane 4000 cosa può comportare e se è corretta assumerla per tutto il tempo dell'ingessatura.
Grazie sempre per esserci.
(Ernesto)
Risposta
I tempi di guarigione di una frattura ossea, come quella da lei descritta, in un paziente affetto da mielofibrosi non sono sostanzialmente diversi da quelli di un soggetto senza mielofibrosi. La somministrzione di eparina a basso peso molecolare viene effettuata di norma come profilassi di eventi tromboembolici in soggetti in cui si prevede una immobilizzazione prolungata: a maggior ragione è indicata nel caso di pazienti affetti da malattie mieloproliferative croniche, per la tendenza che queste malattie danno ad avere un rischio aumentato di eventi trombotici.
Non vi sono rischi particolari se non quelli legati all'assunzione di un farmaco che interferisce con la coagulazione e quelli legati ad un possibile effetto sulla conta piastrinica, che potrebbe ridursi durante il periodo di terapia.
Sono un uomo di quasi 51 anni, mi hanno riscontrato PV nel 2013 che curo solo con cardioaspirin e 2-3 salassi all'anno. La milza nel 2018 era aumentata di 1 cm diventando di 13,5 cm. Ora all'ultima eco risulta essere diventata di 14,5 cm. Devo iniziare a pensare a fare terapia con Oncocarbide?
(Giancarlo)
Risposta
Da quanto riferito ed in mancanza di altri dati clinici, non sembra vi sia indicazione ad iniziare terapia con oncocarbide. Un diametro ecografico della milza di 14.5 cm non rappresenta un problema da trattare, in assenza di altri segni e sintomi.
A mio fratello gli hanno diagnosticato la mielofibrisi pre-fibrotica con tripla negativa, non ci sono molte informazioni su questa malattia, è una teombocitemia essenziale o più una mielofibrosi? Grazie e saluti.
(Tommi)
Risposta
La diagnosi di mielofibrosi prefibrotica (associata o meno a negatività per le mutazioni driver, cioe tripla negativa oppure no) configura un quadro di malattia riconducibile alla mielofibrosi. Non si tratta quindi di una trombocitemia essenziale. La variante prefibrotica (cioè con un grado di fibrosi midollare alla diagnosi di 0 o 1) della mielofibrosi ha caratteristiche cliniche e prognostiche peculiari, diverse da quelle della mielofibrosi fibrotica (che alla diagnosi presenta un quadro di fibrosi midollare pari a 2 o 3). La mielofibrosi prefibrotica, spesso diagnosticata in persone più giovani della media alla quale compare la forma fibrotica, può avere un andamento meno aggressivo in termini di splenomegalia e di alterazioni dei valori dell'emocromo, a parte la tendenza all'aumento delle piastrine ed un rischio di eventi trombotici che talvolta rappresentano il problema principale per questi pazienti.
Buongiorno,
ho 52 anni ed ho una Policitemia Vera JAK2 positiva, scoperta nel 2009. Già nel 2007 avevo avuto "problemi"!!
Sono in cura con Oncocarbide (10 cp a settimana), da circa 5 anni sempre ben tollerata senza particolari controindicazioni, Plavix ed effettuo 1 o 2 salassi all'anno se l'ematocrito sale troppo.
I miei valori sono più o meno come segue: Globuli Bianchi 5,94, Globuli Rossi 5,01, Ematocrito 46, Piastrine 363. Negli ultimi anni, tranne qualche problema "minore" sono sempre stato bene ed ho condotto una vita normale praticando blande attività sportive.
Vi contatto perché da due settimane (subito dopo aver praticato sci alpino in settimana bianca) soffro di un fastidioso intorpidimento ad entrambe i piedi! All'inizio avevo l'impressione che mancasse proprio la circolazione! In data 20/3 faccio prelievo di controllo e si riscontra ematocrito a 48! Dove sono in cura dicono che il problema è compatibile con la patologia e con i valori ed in data 21/3 mi viene praticato un salasso per oltre 450 ml.
Purtroppo i sintomi non regrediscono ed oggi 25/3 effettuo elettromiografia che evidenzia: "segni di sofferenza neurogena periferica cronica dei muscoli surale e tibiale". Già fissata visita presso neurologo!
Domanda: può l'oncocarbide provocare danni ai nervi o comunque una neuropatia sul lungo periodo? Mi potrebbe convenire sospendere il trattamento? Potrebbe essere un sintomo/causa della malattia?
Premesso che valuterò tutte le ipotesi possibili (possibile ernia discale) vi sarei molto grato se poteste darmi un vostro parere al riguardo.
Vorrei inoltre sapere se poteste dirmi qualcosa circa il rischio cui incorre il paziente policemico recandosi in montagna.
Grazie in anticipo ed un cordiale saluto
(Giovanni)
Risposta
Di norma l'Oncocarbide non causa neuropatia e da quanto lei descrive è più probabile che il problema, insorto comunque dopo un periodo di attività sci-alpinistica, possa essere ricondotto ad una causa primitivamente neuro-muscolare (visto anche l'esito della elettromiografia). Ponga comunque molta attenzione a che l'ematocrito non superi mai il 45%. Il rispetto di questa soglia è anche importante per poter affrontare gite in montagna, dove il paziente con policitemia vera non corre particolari rischi, evitando comunque permanenze prolungate (giorni) e sforzi fisici continui sopra quote elevate.
Buongiorno, sono malato di mielofibrosi (post trombocitemia ) dal 2016, con grave splenomegalia 26 cm, ma asintomatica. In cura dal luglio 2017 con Jakavi 20 mg per due/die e da febbraio con Binocrit 40000/U alla settimana per anemia (mediamente 88-90 g/L); ultima trasfusione aprile 2018, da quando prendo EPO emoglobina 94 g/L mi è stato segnalato che l'uso di EPO in pazienti con milza superiore a 5 cm dall'arcata costale è pericoloso per possible rottura della milza. Questa segnalazione mi ha molto preoccupato, avrei piacere di conoscere la vostra opinione in proposito e quindi se posso continuare la cura con Binocrit. Grazie infinite.
(Giovanni)
Risposta
La rottura di milza, anche nel caso di splenomegalie importanti, è un evento non molto frequente nelle malattie mieloproliferative. Non risulta confermato che l'uso di eritropoietina aumenti questo rischio e pertanto non sembrano esserci controindicazioni in questo senso a proseguire la terapia con Binocrit.
Mi dite dove si fa la sperimentazione del pacritinib e fedratinib e se si può entrare in un protocollo?
(Donato)
Risposta
Al momento non sono aperti trial clinici in Italia per questi 2 farmaci ma dovrebbero partire nuovi studi a breve. Potremo essere più precisi fra qualche mese, ci ricontatti al riguardo.
Gentili dottori,
ho 56 anni e una trombocitemia essenziale JAK2 positivo. Nelle ultime analisi mi è stata riscontrata una esterasi leucocitaria (valore 70) e, a parte questo dato, l'esame delle urine ha tutti i valori normali. La mia patologia può avere a che fare con quanto rilevato nelle u e i e?
Grazie.
(Stefania)
Risposta
Una positività con valori elevati della esterasi leucocitaria nell'esame delle urine indica con buona probabilità la possibilità di un'infezione delle basse vie urinarie. In ogni caso non ci dovrebbe essere relazione con la trombocitemie essenziale e le consiglio di parlarne col suo medico di base.
Salve, allacciandomi alla domanda precedente sull'attività fisica agonistica e la PV, chiedo se le stesse indicazioni date valgono anche per la TE in soggetti sui 40 anni e in cura solo con antiaggregante. Grazie.
Risposta
Le stesse considerazioni fatte per attività fisica agonistica e PV valgono anche per la TE, prestando molta attenzione ad evitare sport di contatto o comunque a rischio di traumi, specie per i soggetti, come lei, che sono in terapia con antiaggregante.
Salve, vorrei chiedere se esistono correlazioni note tra la policitemia vera e la disfunzione erettile, se quindi la prima può essere causa/concausa della seconda e se una eventuale assumzione di sildenafil debba essere semplicemente valutata con attenzione dallo specialista oppure se è sconsigliata a priori perché non compatibile con la malattia. Grazie.
(Flavio)
Risposta
Un'associazione fra malattie mieloproliferative croniche (in particolare policitemia vera) con la disfunzione erettile e più in generale con disturbi della sfera sessuale è stata descritta in passato. Tuttavia, prima di attribuire la comparsa di questi disturbi, ed in particolare la disfunzione erettile, alla malattia è opportuno sentire il parere di uno specialista urologo che posso indagare a fondo le possibili cause.
Per quanto riguarda l'assunzione di sildenafil, non vi è una controindicazione assoluta ad un uso occasionale del farmaco in pazienti con buon controllo ematologico della malattia, in particolare con ematocrito inferiore al 45%. Tuttavia, considerando i possibili effetti collaterali del farmaco sarebbe opportuno sentire il parere, oltre che del suo ematologo, anche di un cardiologo.
Salve, sono policitemico da circa 5 anni, ho 58 anni, in cura con cardioaspirina e salassi una/due volte l'anno. Pratico il ciclismo due-tre volte a settimana e ogni tanto qualche gara su strada, ultimamente ho subito alcuni infortuni di carattere muscolare che prima non avevo mai accusato, contratture, stiramenti e ultimamente uno strappo muscolare.
Volevo chiedere se può dipendere dalla malattia o dai salassi questa fragilità muscolare.
Grazie per il vostro puntuale e prezioso consiglio.
(Massimo)
Risposta
L'attività sportiva in pazienti affetti da policitemia vera non è controindicata a patto che il praticante eviti sforzi intensi e sudorazioni profuse senza un adeguata integrazione di liquidi. Eviterei comunque competizioni agonistiche anche di tipo dilettantistico che implichino sforzi intensi o prolungati. Riguardo gli infortuni muscolari, non vi è un rapporto diretto con la presenza della malattia né con i salassi.
Buongiorno, a mio figlio di 31 anni gli è stata diagnosticata dopo la BOM una neoplasia mieloproliferativa inclassificabile (piastrine alte da 480 a 590 dall'eta di 25 anni, milza lievemete ingrossata); vorrei sapere se resterà sempre inclassificabile o con gli anni in base agli esami si riuscirà a capire di quale malattia si tratti? L'ematologo ha detto che è inutile rifare BOM in quanto è stata eseguita correttamente.
Mi domando come mai il patolo non riesca a identificarla?
P.S: mio figlio è risultato positivo alla mutazione JAK2.
Grazie.
(Loriana)
Risposta
Succede talvolta che, nonostante un esame istologico approfondito e nonostante la presenza di una mutazione del gene JAK2, come nel caso di suo figlio, il patologo non riesca a definire di quale tipo di malattia mieloproliferativa si tratti, pur nella certezza che vi siano reperti compatibili con una tale diagnosi. Una ripetizione in tempi brevi della biopsia ossea in effetti non sarebbe probabilmenrte risolutiva e la diagnosi di malattia mieloproliferativa cronica inclassificabile rimarrebbe (e del resto è ammessa anche dall'Organizzazione Mondiale della Sanità). E' comuqnue possibile che, ad una valutazione successiva del midollo osseo ed in presenza di una evoluzione clinico- laboratoristica della malattia, sia possibile giungere ad una identificazione del tipo di neoplasia mieloproliferativa.
Bravissimi Ricercatori, molto interessanti e di grande aiuto le vostre informazioni sulle malattie mieloproliferative.
Recentemente mi ha scoraggiato un vostro parere scettico su un quesito dell'11 marzo c.a. circa la prescrivibilità, a breve, dell'interferone pegilato, già approvato dall'EMA ma non ancora dall'AIFA.
Ho52 anni, da due affetto da policitemia che controllo con aspirina e salassi. L'ematologo che mi segue mi ha parlato di eventuale utilizzo di oncocarbide e non Vi nascondo che detto farmaco mi incute terrore soltanto nominandolo: è un chemioterapico quindi incide anche sulle cellule sane e talvolta è anche leucemogenico.
Numerosi articoli di professionisti qualificati hanno fatto nascere in me fiducia e alimentato speranza nell'interferone pegilato, da tempo indicato nelle linee guida europee, raccomandato nei pazienti giovani perché risultato più sicuro, "rallenta, blocca, modifica la crescita delle cellule patologiche, regola le risposte del sistema immunitario e non ha fatto rilevare casi di evoluzione in leucemia". Confermato il giudizio positivo anche nello studio PROUD_PVdi fase 3. In Italia detto farmaco è utilizzato solo da pazienti entrati in protocollo di studio. Certamente l'interferone pegilato non è il toccasana, ha bisogno di ulteriori applicazioni cliniche, ma l'oncocarbide è ormai superato ovunque ed il ruxolinitib, tanto esaltato, a quanto si legge, agisce sui sintomi e non sul meccanismo molecolare che determina la malattia.
Perché i Vertici della Sanità tacciono in proposito? Forse la presenza dell'interferone potrebbe oscurare altri farmaci meno efficaci con pesante danno economico per le società farmaceutiche e anche per per il SSN? O forse di tale situazione i responsabili siamo noi pazienti, TROPPO PAZIENTI, incapaci di unirci tutti per scuotere i Vertici della Sanità che non hanno risposto neppure alle interrogazioni parlamentari sulla mancata prescrivibilità dell'interferone?.
Vi ringrazio sentitamente per ciò che fate per noi.
(Demetrio)
Risposta
Capisco il suo scoraggiamento dopo quanto abbiamo detto riguardo la disponibilità del PEG-interferon per la policitemia vera. Tenga comunque conto che i tempi "burocratici" per l'approvazione di un farmaco sono estremamente variabili ma, soprattutto, non abbia questo atteggiamento di paura verso l'idrossiurea (Oncocarbide): infatti, se è pur vero che si tratta di un "vecchio" farmaco e che non è in grado di distinguere fra cellule sane e cellule malate, è altrettanto vero che
1) in molti casi resta il farmaco di prima scelta per la cura della Policitemia vera;
2) è molto maneggevole;
3) è scevro da pesanti effetti collaterali e soprattutto
4) non vi sono evidenze scientifiche che possa causare una leucemia secondaria al suo uso. In genere, è ritenuto un farmaco piuttosto sicuro.
Nonostante evidenze sperimentali indichino che, in effetti, l'interferone è in grado in alcuni casi di incidere sulla biologia della malattia, tuttavia mancano studi di confronto che ne evidenzino la netta superiorità rispetto alle terapie attualmente disponibili.
Infine, riguardo il ruxolitinib, non è ancora dimostrato che abbia effetti certi sui meccanismi di malattia ma certamente si è rivelato un ottimo farmaco per il controllo dei sintomi associati alla malattia ed anche, in molti casi, dei valori emocromocitometrici.
Buonasera sono una donna di 48 anni affetta da trombocitemia dal 1998 JAK2 negativo, Carl 1. Mutato in cura con anagrelide e aspirinetta.
Da un paio d anni trasformata in mielofibrosi grado 3. Ad oggi emoglobina 9.5, piastrine 600, milza 13; mi è stato proposto di passare a jakavi. Non sono molto convinta dato che sento molti pareri non buoni per l anemia. Cosa mi consigliate?
(Sabrina)
Risposta
La comparsa o l'aggravamento di una preesistente anemia sono possibili effetti collaterali noti del Jakavi. Tuttavia, nel caso in cui sussista l'indicazione ad iniziare terapia con Jakavi, la possibile comparsa od aggravamento dell'anemia, non devono spaventare né il medico né il paziente. In molti casi modulando opporrtunamente il dosaggio del farmaco è possibile ottenere gli effetti terapeutici desiderati con un controllo accettabile degli effetti collaterali.
Salve, ho 37 anni con TE e piastrine 700, in cura con Cardirene 75 mg. A seguito di un ecocolordoppler di accertamento per l'idoneità sportiva ag. mi è stata riscontrata una formazione aggettante dal tetto dell'atrio destro e mi è stato detto di fare un ulteriore approfondimento per escludere che sia un coagulo data la mia piastrinosi. Può essere una probabile causa?
Risposta
Come certamente il suo medico curante le avrà detto la trombocitemia essenziale, di per sè e non strettamente in dipendenza del numero di piastrine, aumenta il rischio di eventi trombotici. La formazione aggettante descritta durante l'ecocolordoppler cui si è sottoposto potrebbe essere quindi una manisfestazione della sua malattia e va pertanto approfondita, come le è stato consigliato.
Ci sono nuovi dati sul ruxolitinib sulla mortalità, sulla regressione della patologia o altro? Grazie.
(Fernando)
Risposta
Gli ultimi dati disponibili confermano l’efficacia del farmaco nel ridurre le dimensioni della milza e nel controllo dei sintomi, sia nella mielofibrosi primaria che nella policitemia vera, dove è efficace anche nel controllo dell’ematocrito. Nuovi dati certi che dimostrino un effetto sulla sopravvivenza non sono disponibili, così come sulla capacità di impedire o rallentare la trasformazione della malattia.
Anche riguardo la regressione della malattia (intendendo per regressione una diminuzione della fibrosi midollare, oppure del carico allelico mutazionale oppure degli elementi immaturi circolanti) non vi sono nuove evidenze certe al riguardo.
Gentili dottori, vorrei porvi una domanda: essendo affetto da quasi 3 anni da policitemia vera ed essendo in cura con cardiospirina da sempre, da un anno anche con oncocarbide e salassi al bisogno... posso prendere anche Ginkgo Biloba?
Io credo alle cure naturali e la mia erborista di fiducia, parlandole della Policitemia vera, mi avrebbe appunto consigliato questa pianta, perché controlla l'aumento delle piastrine e aiuta per trombosi ecc., ovviamente senza mai smettere né cardiospirina, né oncocarbide!!!
Lo prenderei in concomitanza con questi medicinali che mi ha prescritto l'ematologo Il Ginkgo Biloba ha controindicazioni per la mia malattia?
Grazie, grazie, grazie mille e tanti complimenti per il vostro lavoro e la vostra gentilezza.
(Giuseppe)
Risposta
Vengono riportate diverse proprietà del Ginkgo Biloba che vanno da effetti anti-ossidanti, al sostegno della memoria, alla capacità di inibire il PAF (Platelet Activating Factor), con conseguenti effetti anti-aggreganti, da cui deriva la proprietà attribuita al Ginkgo di prevenire (o favorire la prevenzione) delle trombosi. Tuttavia proprio questo effetto, in pazienti come lei che già assumono un anti aggregante, quale la cardioaspirina, sconsiglia l'assunzione del Ginkgo poiché si potrebbero avere effetti di potenziamento dell'azione anti- aggregante, con conseguente rischio emorragico.
Ho letto che il 21 febbraio scorso l'EMA ha approvato il ropeginterferon (Besremi) per la Policitemia Vera. L'approvazione dell'AIFA è a questo punto automatica? E quindi il farmaco diventerà prescrivibile, sebbene non ancora rimborsabile? Grazie mille.
(Donatella)
Risposta
L'approvazione EMA viene seguita dall'approvazione delle agenzie dei singoli stati. Non è automatico che le agenzie, nel nostro caso AIFA, approvino tutto quanto approvato dall'EMA; modifiche possono essere apportate, anche riguardo l'indicazione all'uso, che può essere limitato a casi particolari o a situazioni specifiche.
Egregi Dottori,
vorrei chiedervi quali sono gli esami del sangue specifici per determinare se vi è una infezione batterica o no al fine di non assumere inutilmente antibiotici che, per personale esperienza, vengono prescritti troppo frettolosamente e/o facilmente senza tenere nel dovuto conto l'eventuale sviluppo alla "resistenza agli antibiotici stessi" che, come ormai noto, è diventato un problema molto diffuso e pericoloso. Inoltre, essendo io stesso portatore di MIELOFIBROSI POST POLICITEMIA VERA e quindi con un emocromo alquanto anomalo, vorrei anche sapere se i risultati dei suddetti esami fatti a chi è affetto da mielofibrosi sono comunque validi. In caso contrario, quali sono altri esami per avere una corretta indicazione?
Cordialmente.
(Riki)
Risposta
Esami del sangue che svelino un'infezione in atto sono innanzitutto le emocolture, che però rivelano solo quelle infezioni in cui l'agente patogeno è presente nel sangue. In maniera indiretta, la presenza di un'infezione nell'organismo è suggerita da un aumento dei globuli bianchi, in particolare nella loro componente di granulociti neutrofili o, talvolta, dei linfociti. Tuttavia non è necessariamente detto che un aumento dei globuli bianchi e dei granulociti neutrofili indichino un'infezione.
Infezioni di organi o apparati specifici vengono individuate mediante esami strumentali o colturali (per es. esame colturale delle urine per infezioni delle vie urinarie; radiografie o TAC del torace per infezioni polmonari ecc).
La presenza di una policitemia vera non ostacola l'interpretazione di questi esami così come non impedisce l'esecuzione di una emocoltura.
Buongiorno,
52 anni, affetto da PV JAK2+ da circa 16 anni, in trattamento da circa 9 mesi con Ruxolitinib in quanto ero resistente all'oncocarbide (3 cps al giorno).
Da circa due mesi, dopo un periodo di benessere generale, sto notando la ricomparsa anche se in modo graduale, dei sintomi quali: prurito, indolenzimento al fianco sx per la mia splenomegalia che in questi mesi non si è minimamente ridotta, giramenti di testa. Gli esami del sangue però sono buoni, hct a 41, plt 200.000, g.b. 12.000, hgb 13.5.
Volevo sapere se è il caso di prendere in considerazione l'ipotesi di una resistenza al Jakavi e se affermativo, quali potrebbero essere eventualmente altre terapie alternative.
Grazie per l'attenzione. Cordiali saluti.
(Giuseppe)
Risposta
Da quanto riportato sembrerebbe che la terapia in atto sia in grado di controllare l’ematocrito, ma sia meno effice sui sintomi e la splenomegalia. Tuttavia, prima di parlare di resistenza al ruxolitinib, bisognerebbe conoscere il dosaggio attuale del farmaco e le dimensioni della milza. Potrebbe essere sufficiente un aumento del dosaggio; farmaci alternativi per i pazienti resistenti all'idrossiurea nei quali anche il ruxolitinib non è efficace, sono l'interferone (che però non è prescrivibile in Italia per la PV) oppure il busulfano.
Policitemia vera da 3 anni. Età 71. In terapia con oncocarbide 500 mgr/die. Due domande:
1)la serie rossa e bianca è controllata mentre le piastrine molto meno, perché?
2)I GR sono calati a 3.500.000, ma non sono anemico perché l'Hb è 14mg%,però continuano ad aumentare di dimensioni(VCM 116), che significa?
(Fabrizio)
Risposta
Gli effetti che l'oncocarbide svolge sulle 3 serie emopoietiche (eritrociti, globuli bianchi e piastrine) sono in linea di massima di citoriduzione, cioè di abbassamento dei valori. L'entità di questo abbassamento è dipendente innanzitutto dal dosaggio. Nel suo caso il dosaggio è relativamente basso. Inoltre, gli effetti dipendono anche dai valori iniziali delle conte di queste cellule e dalla loro sensibilità individuale al farmaco (che può essere diversa da paziente a paziente). Pertanto è probabile che nel suo caso o i valori di piastrine fossero molto alti inizialmente o che questa serie richieda un dosaggio un po' più elevato per ridursi maggiormente. Senza i valori numerici delle conte è difficile dire di più. Invece, riguardo il volume dei globuli rossi è noto che la terapia con oncocarbide ne determina un aumento.
Gentili ricercatori,
vi contatto per mia madre (74 anni) che circa un anno fa ha avuto una diagnosi di mielofibrosi. E' in cura con il Danatrol e la cardioaspirina e non sta assumendo il Ruxolitinib: la validità di questo approccio ci è stata confermata dal professor Vannucchi, da cui è stata visitata lo scorso novembre, in considerazione della sua sintomatologia.
Sin dall'inizio il problema principale è risultato l'anemia, con valori di emoglobina giunti a 7,1, con necessità di trasfusioni. Ne ha fatte in tutto 3, tra aprile e maggio scorso; poi, iniziata la cura con Danatrol (400 mg al giorno), i valori sono via via risaliti, stabilizzandosi oltre 9 a partire da agosto (fino ad un massimo di 10,01 a dicembre). Ultimamente, però, si è verificato un abbassamento: da un valore di 9,5 registrato il 23 gennaio si è passati a 8,8 nell'emocromo del 20 febbraio scorso. L'ematologo le ha suggerito di aumentare la dose di Danatrol ed ha quindi iniziato ad assumerne 600 mg al giorno.
Il nostro timore, comunque, è che stia già cessando l'efficacia del farmaco, quindi vorrei chiedervi qual è la durata media degli effetti del Danatrol sull'anemia da mielofibrosi, nei casi in cui tali effetti si riscontrino, come nel caso di mia madre?
Grazie per l'attenzione.
(Claudia)
Risposta
E' difficile poter dare dei tempi precisi di durata media degli effetti del Danatrol sull'anemia nella mielofibrosi. Infatti si osserva una grande variabilità andando da pazienti che hanno minimi o nulli benefici da questa terapia a pazienti con buone risposte anche per tempi molto lunghi. Nel caso della paziente, vi è stato certamente un beneficio, ottenuto in tempi brevi e stabilmente, almeno per 6-7 mesi, utilizzando una dose media di farmaco. Prima quindi di pensare che l'efficacia del farmaco stia scemando va valutata la risposta all'aumento di dose che giustamente è stato proposto dall'ematologo a fronte del calo dell'emoglobina riscontrato a febbraio. Normalmente se non vi è risposta a 600 mg al dì, si può considerare il farmaco inefficace.
Nella mielofibrosi quali sono le indicazioni alla splenectomia?
(Rosa)
Risposta
Vi possono essere cause diverse, che vanno contestualizzate nell'ambito del quadro e della storia clinica del paziente. Tra le indicazioni principali vi sono: le dimensioni eccessive della milza, che non risponde più a terapie mediche che siano in grado di ridurla (per es. Jakavi o farmaci sperimentali) e l'anemia non responsiva a terapia e/o tale da indurre trasfusione dipendenza. Anche la pianificazione di un trapianto allogenico di cellule staminali emopoietiche può essere preceduta da splenectomia nel caso di splenomegalie importanti e che non si possano ridurre in altro modo
Qual è la dicitura che deve usare il medico curante sulla impegnativa per la richiesta della mutazione JAK2?
(Maria)
Risposta
Normalmente basta chiedere: "ricerca mutazione V617F del gene JAK2", aggiungendo, se il laboratorio la esegue, la dicitura "analisi quantitativa".
In ogni caso lo specialista ematologo che la segue è perfettamente in grado di effettuare la richiesta.
Buongiorno, mio papà è affetto da mielofibrosi post policitemia dal 2012 e prende jakavi da 15 mg. Pochi mesi fa è stato operato per un carcinoma cellule Merkel, ha fatto radioterapia ma ora ha 2 linfonodi molto ingrossati e dovrebbe iniziare terapia con Avelumab. Purtroppo l'uso di jakavi può comportare la comparsa per questo tumore.
Cosa consigliate: avete informazioni su come intervenire, esempio con la riduzione della concentrazione di jakavi o altro? Grazie per eventuali risposte.
(Barbara)
Risposta
La comparsa di neoplasie in corso di terapia con Jakavi è stata descritta per alcuni tumori cutanei e vi sono segnalazioni della comparsa, meno frequentemente, di altri tumori, per i quali si attendono dati più definitivi. Nel caso del carcinoma a cellule di Merkel non vi sono dati a disposizione che possano permettere di associare questa neoplasia alla terapia con Jakavi né vi sono indicazioni specifiche su eventuali riduzioni del dosaggio o sospensione della terapia. Una decisione a tal proposito dipende anche da come il paziente sta rispondendo alla terapia in corso, dalla disponibilità di alternative terapeutiche e da interferenze con la somministrazione di Avelumab.
Per quest'ultimo aspetto è importante che venga consultato lo specialista oncologo che ne ha prescritto l'assunzione.
Ho una sciatica, posso prendere Voltaren 75 in fiale e muscoril? Ho Trombocitemia Essenziale.
Grazie.
(Sergio)
Risposta
L'uso degli anti-infiammatori non steroidei in pazienti con ET deve essere fatto con molta cautela, tenendo conto del fatto che il paziente assuma o no una terapia anti-aggregante e del numero di piastrine.
Per conte piastriniche inferiori al milione ed in assenza di terapia anti-aggregante (aspirinetta) è possibile assumere del Voltaren fiale per brevi periodi di tempo, sotto controllo medico e previa assunzione di terapia gastro-protettiva. Nel caso di terapia anti-aggregante, la controindicazione alla terapia con Voltare non è assoluta ma andrà valutata in base al rapporto fra i rischi ed i benefici.
Salve dottore,
ho 37 anni e soffro di policitemia vera e JAK2, sono da pochi giorni rimasta incinta e ho paura anche perché non ho avuto risposte certe dai medici perché alla mia età è molto più raro il problema.
Per il momento sono in cura solo con la cardioaspirina e con salassi periodici. Vorrei sapere che cosa devo fare e come mi devo comportare, sono molto ansiosa ... Ho fatto le analisi oggi è ho 50.2 Hct.
(Keren)
Risposta
La gestione delle malattie mieloproliferative croniche Ph negative ed in particolare della policitemia vera durante la gravidanza è un problema che va affrontato in rapporto alle condizioni del paziente ed al suo grado di rischio. Con le informazioni limitate a disposizione, la terapia che sta attualmente seguendo con salassi ed aspirinetta sembra essere corretta. Sicuramente il suo specialista ematologo di riferimento sarà in grado di seguirla, in stretta collaborazione con il ginecologo, durante il decorso della gravianza e nel periodo post partum.
Buongiorno,
vorrei chiedere, qualora fosse possibile, alcune precisazioni in merito alla vostra risposta al mio quesito (25 febbraio 2019 - ore 3:07) - Trombocitemia Essenziale e Ruxolitinib.
1) Gli studi clinici menzionati escludono che pazienti affetti da TE JAK2 positivi in caso di intolleranza o inefficacia della terapia tradizionale possano ancora controllare la malattia con Ruxolitinib, ovvero tali studi si limitano a verificare che i miglioramenti di due gruppi affetti da TE JAK2 positivi e trattati diversamente traggono medesimi o simili benefici?
2) Posso avere indicazioni maggiori su tali studi clinici per poterli consultare?
3) Sono consultabili e quali sono le norme o le disposizioni che vietano la prescrizione di Ruxolitinib in Italia ai pazienti affetti da TE JAK2 positivi o non approvino tale indicazione anche in caso di insensibilità o intolleranza alle terapie citoriduttive tradizionali?
Chiaramente tali norme sono discriminatorie ed estremamente lesive nei confronti dei pazienti affetti da TE JAK2 positivi ed ormai insensibili o intolleranti alle terapie citoriduttive tradizionali: per quale motivo nelle medesime condizioni di insensibilità o intolleranza alle terapie citoriduttive tradizionali i pazienti affetti da TE non possono ricorrere al Ruxolitinib e sono avviati precocemente al termine della loro esistenza contrariamente agli altri pazienti affetti da patologie causate ugualmente dalla mutazione JAK2?
(Luigi)
Risposta
Attualmente, in Italia come anche in Europa e negli Stati Uniti, non è possibile prescrivere ruxolitinib per la terapia della ET nell'ambito del sistema sanitario. Come precedentemente riportato nella risposta del 25 febbraio 2019, due studi pubblicati recentemente non hanno mostrato una evidente superiorità del ruxolitinib rispetto alle terapie normalmente usate (idrossiurea, anagrelide). Nel primo di questi (Verstovsek S et al; Blood 2017;130:1768-1771) ruxolitinib era in grado di indurre un modesto calo della conta piastrinica, evidente soprattutto nei pazienti con valori elevati di piastrine. Era comunque riportato un buon effetto sui sintomi soggettivi. Nel secondo studio (Harrison CN et a; Blood 2017;130:1889-97) pazienti con ET resistenti o intolleranti all'idrossiurea venivano trattati con ruxolitinib oppure con la migliore terapia disponibile: anche in questo caso non vi era una evidente superiorità del ruxolitinib in termini di remissione ematologica completa, di incidenza di trombosi, di emorragie o di trasformazione della malattia, tuttavia era riportato un miglioramento dei sintomi.
Oltre ai due articoli citati sopra e di cui può trovare un link nei principali motori di ricerca nella rete inserendo gli estremi riportati fra parentesi, le segnalo anche l'editoriale di Bose P e Verstovsek S: "Ruxolitinib for essential thrombocythemia?" pubblicato sulla rivista online Oncoscience nel 2017, volume 4, pag. 148. In questo editoriale vengono riportate le ragioni a favore e contro l'uso del ruxolitinib nella ET da parte di due esperti della materia.
Non è comunque escluso che in futuro l'indicazione del ruxolitinib possa essere estesa anche alla ET: infatti sono in corso nuovi trial clinici in pazienti con ET in cui ruxolitinib viene valutato rispetto alla terapia con anagrelide (lo studio può essere consultato sul sito www.clinicaltrials.gov ed è identificato dalla sigla NCT03123588) oppure in cui ruxolitinib viene valutato rispetto alla terapia con anagrelide o interferone (anche questo studio può essere consultato sul sito www.clinicaltrials.gov ed è identificato dalla sigla NCT02962388) oppure in cui ruxolitinib viene valutato rispetto alla miglior terapia disponibile (lo studio può essere consultato sul sito www.clinicaltrials.gov ed è identificato dalla sigla NCT02577926).
Riguardo le norme, la non prescrivibilità del ruxolitinib, al momento, per la ET deriva appunto dalla mancanza evidente (finora) di una sua superiorità rispetto alle terapie attualmente disponibili; dal fatto che la ET è, rispetto alla PV o alla mielofibrosi, una malattia dal decorso più indolente; dai costi del farmaco (che pesano in mancanza della suddetta superiorità clinica); e dal fatto che la terapia con ruxolitinib non è scevra da effetti collaterali anche importanti quali per esempio i rischi infettivi. Tali rischi, per quanto controllabili, possono essere accettati per malattie a prognosi meno buona della ET come per esempio la mielofibrosi ma potrebbero essere messi in discussione per una malattia come la ET che, a parte alcuni casi, ha di solito un decorso meno aggressivo con sopravvivenze, per molti pazienti, simili a quelle della popolazione di controllo.
Sono affetta da policitemia vera dal 2008, assumo oncocarbide, adesso dopo molti anni noto i globuli rossi bassi, ho pensato che uso molto la chiavetta internet per collegarmi a internet per un paio di ore circa al giorno, vorrei sapere se fa male e mi avrebbe provocato anemia, dato che uso anche oncocarbide.
Risposta
Non sono noti effetti derivanti dall'uso di dispositivi di collegamento ad Internet mentre si sta assumendo terapia citostatica, né sono stati prodotti dati su correlazioni fra l'uso di internet e la patogenesi della Policitemia Vera.
Buongiorno gentilissimi, affetta da mielofibrosi idiopatica e in trattamento con jakavi, vorrei sapere se posso assumere l'Augumentin per un'infezione alle vie urinarie. Grazie mille.
(Rosa)
Risposta
Può assumere Augmentin, se non vi sono specifiche controindicazioni note al prodotto da parte sua.
Buongiorno, mio padre quasi 80 anni è affetto da milofibrosi e in cura on jakavi 15 + 15 da un anno, ultimamente si sente particolarmente stanco. Volevo chiedere se aumentare la dose a 20 + 20 potrebbe avere effetto sull'astenia oppure produrrebbe un aumento dell'anemia e se occorrerebbe prendere ancora bactrim e aciclovir come all'inizio del trattamento con jakavi.
Inoltre, nel caso dovesse in seguito tornare alla dose 15 +15 potrebbe esserci un peggioramento?
Grazie mille. Buona giornata.
(Daniela)
Risposta
L'astenia di suo padre può dipendere da diverse cause che andrebbero appurate; tuttavia è improbabile che un aumento a 20+20 di Jakavi possa avere un effetto positivo sull'astenia mentre, al contempo, potrebbe peggiorare i livelli di emoglobina.
Riguardo Bactrim ed Aciclovir, è impossibile rispondere se non vengono specificate le ragioni per le quali ha eseguito queste terapie in passato.
Sul passaggio ad un dosaggio inferiore, in particolare da 20+20 a 15+15, non è detto che vi debba essere necessariamente un peggioramento ma dipende anche dalla risposta che il paziente ha avuto al dosaggio più alto.
Soffro di policestemia vera e ho mancanza di ferro e molto basso lo posso prendere grazie.
(Maria)
Risposta
Le informazioni riportate sono molto scarse per entrare nel dettaglio. Tuttavia, in linea di massima, una carenza marziale nei pazienti affetti da policitemia vera ha effetti positivi sui valori di emoglobina e dell'ematocrito e, salvo casi di carenze severe o sintomatiche, non richiede trattamento.
Buonasera, mio padre è affetto da mielofibrosi e trattato da un anno con jakavi 15 piu 15. Recentemente c'è stato un aumento del livello di LDH, si tratta di un market tumorale? Significa che la malattia sta peggiorando? Significa distruzione di tessuti quindi fibrosi?
Grazie mille.
(Daniela)
Risposta
Buongiorno Daniela,
la latticodeidrogenasi (LDH) è un enzima dosabile nel sangue presente in numerosi tessuti dell'organismo, tra cui anche il sistema emopoeitico. Oltre ad essere un indice di distruzione cellulare (per liberazione nel sangue dell'enzima contenuto nelle cellule), l'LDH è considerato anche un indice di proliferazione cellulare (ma non di fibrosi), pertanto un incremento dell'LDH nel sangue è di frequente riscontro nei pazienti con mielofibrosi e più in generale con malattie mieloproliferative croniche, che biologicamnete si caratterizzano per l'appunto per un aumento della proliferazione cellulare a livello del sistema emopoietico.
Uno studio recente suggerisce che nei pazienti con Mielofibrosi Primitiva la presenza alla diagnosi di un'importante incremento dell'LDH (>1000 U/L) è un indicatore di comportamento biologico più aggressivo ed è stato correlato a prognosi peggiore rispetto ai pazienti con LDH <1000 U/L (Shah, Sahrish, et al. "Marked elevation of serum lactate dehydrogenase in primary myelofibrosis: clinical and prognostic correlates." Blood cancer journal 7.12 (2017)).
In linea generale, durante il decorso della malattia ematologica, un incremento del valore di LDH, pur potendosi associare ad un'evoluzione della malattia, in molti casi rappresenta invece un'oscillazione transitoria legata a fattori il più delle volte ignoti. Per tale motivo, è necessario valutare l'entità dell'incremento, la sua tempistica e contestualizzare l'incremento sulla base di condizioni cliniche concomitanti.
Risposta
Buongiorno Giusi,
La IX Giornata Fiorentina dedicata ai Pazienti con Malattie Mieloproliferative Croniche, che dal 2010 si svolge regolarmente a Firenze a cura del CRIMM (Centro di Ricerca e Innovazione per le Malattie Mieloproliferative) coordinato dal Prof. Alessandro Vannucchi, si terrà da quest'anno ogni 2 anni. Pertanto non è prevista l'edizione del 2019 e il prossimo evento verrà organizzato verosimilmente ad aprile 2020. Sul sito AGIMM è possibile trovare tutti gli aggiornamenti relativi all'evento (http://www.progettoagimm.it/).
Buon pomeriggio,
ad inizio 2017, per il riscontro di piastrinosi isolata persistente, il mio ematologo, che mi segue dal 2004 per un linfoma splenico della zona marginale, leucemizzato, ora pregresso dopo una CHOP, mi ha fatto fare la ricerca della mutazione del JAK2 V617F a cui sono risultata positiva con il 43% degli alleli mutati, indicando la presenza di una malattia mieloproliferativa cronica colta casualmente in una fase presintomatica. Purtroppo a seguito dei successivi esami ematochimici, oltre all'aumento delle piastrine sono stati riscontrati aumenti progressivi che si attestano ad oggi essere: Hb 15 g/dl, Eritrociti 5.39/μL, Ematocrito 45.2%, Leucociti 7.70/μL, Piastrine 588/μL, Eritropoietina 1,03 mU/mL, Bassa sideremia, LDH sopra la norma ed assenza di splenomegalia e di sintomi sistemici. Da questi valori il mio ematologo mi ha diagnosticato una Policitemia Vera, senza bisogno di fare una biopsia osteomidollare.
Sebbene il mio ematologo scriva che per controllare questa patologia bisognerebbe contenere il valore ematocrito entro il 45% e che è indicato quindi il trattamento citoriduttivo con Oncocarbide, mi chiedo perché indugi ancora a prescrivermelo, facendomi continuare i controlli ematochimici ogni 2 mesi e ad assumere la Cardioaspirina, che già prendo dal 2015. Aspetta forse che il mio ematocrito si avvicini al 46%?
Ho 68 anni e il salasso me lo ha sconsigliato per la mia minuta struttura fisica
.
Dato che ho letto che dopo i 60 anni è fortemente consigliato Oncocarbide, vorrei avere una vostra opinione in merito. Grazie mille.
(Eleonora)
Risposta
Buongiorno Eleonora,
la diagnosi delle malattie mieloproliferative croniche, tra cui Policitemia Vera, Trombocitemia Essenziale e Mielofibrosi Primitiva, si basa su determinati criteri revisionati nel 2016 da parte della Organizzazione Mondiale della Sanità. Relativamente alla Policitemia Vera, la diagnosi può essere posta in presenza di tutti e tre i seguenti criteri: 1) aumento di emoglobina (>16.5 g/dL negli uomini e >16.0 g/dL nelle donne) e/o ematocrito (>49% degli uomini e >48% nelle donne); 2) presenza della mutazione a carico del gene JAK2; 3) istologia suggestiva alla biopsia osteomidollare.
In una minoranza di casi, in assenza della mutazione del gene JAK2, la diagnosi di Policitemia Vera può essere posta in presenza di valori ematici di eritropoietina ridotta, purché siano presenti gli altri 2 criteri di cui sopra (emoglobina e/o ematocrito incrementati ed istologia suggestiva). Inoltre, la biopsia osteomidollare può non essere necessaria qualora sia presente un'eritrocitosi importante (emoglobina e/o ematocrito >18.5 g/dL e >55.5% nell'uomo e >16.5 g/dL e > 49.5% nella donna, rispettivamente) e siano presneti sia la mutazione di JAK2 che livelli di eritropoeitina ridotti. Nel suo caso, sulla base dei valori di ematocrito ed emoglobina riportati nella domanda e alla luce della mancanza del dato istologico della biopsia osteomidollare, non sarebbe possibile porre diagnosi certa di Policitemia Vera (quanto meno con i dati a mia disposizione) e sarebbero indicati ulteriori accertamenti.
Allo stesso modo, il trattamento delle malattie mieloproliferative si basa su linee guida condivise che sono il frutto di studi clinici e collaborazioni tra esperti internazionali. In linea generale, i soggetti con diagnosi di Policitemia Vera di età superiore a 60 anni (come nel suo caso) e/o con precedenti eventi trombotici sono considerati ad alto rischio, inteso come rischio di sviluppare trombosi. Per tale motivo, oltre all'aspirina a basso dosaggio e al salasso (con l'obiettivo di mantenere l'ematocrito inferiore al 45%), è indicata la terapia citoriduttiva, in genere a base di Oncocarbide. Tuttavia, trattandosi di un farmaco citoriduttivo, l'Oncocarbide deve essere impiegata con cautela e solo dopo un'accuarata valutazione medica nei pazienti precedentemente esposti a trattamento chemioterapico.
Pertanto ritengo che nel suo caso il ritardo nell'introduzione della terapia citoriduttiva da parte del suo ematologo sia da attribuire, giustamente, alla sua precedente storia di linfoma sottoposto a chemioterapia. Sulla base dei dati clinici e di laboratorio a disposizione, riterrei tuttavia necessaria un'attenta rivalutazione della diagnosi ematologica allo scopo anche di valutare il miglior approccio terapeutico, con particolare riferimento all'eventuale ricorso al salasso.
Buonasera! Ho 67 anni, nel 2000 colpita da sindrome di Wallenberg, in cura da allora con enapren, cardioaspirina. In terapia con eutirox per tiroidite di hashimoto. Policitemia vera dal 2013, ad oggi assumo oncocarbide, 14 compresse a settimana, emocromoxel 14/1 ematocrito a 49, emoglob.15.6, esami del 18/2 ematocrito 50 emoglob. 16.1. Fatto salasso... dopo 6 anni possibilità di evoluzione malattia? Nel 2000 colpita da sindrome di Wallenberg. Consigliati nuovi esami più approfonditi? Grazie.
(Katia)
Risposta
Buonasera Katia,
la storia evolutiva della Policitemia Vera può prevedere la progressione verso una forma di mielofibrosi e/o verso una forma di leucemia acuta. Secondo i più recenti dati provenienti dalla letteratura scientifica, il rischio di evoluzione in mielofibrosi a 10 anni dalla diagnosi è di circa il 5-6%, mentre per quanto riguarda l'evoluzione in leucemica acuta il rischio calcolato a 10 anni dalla diagnosi è di circa il 2-14% (Cerquozzi, S., and A. Tefferi. "Blast transformation and fibrotic progression in polycythemia vera and essential thrombocythemia: a literature review of incidence and risk factors." Blood cancer journal 5.11 (2015)). Per quanto riguarda ulteriori approfondimenti diagnostici, in presenza di una diagnosi accurata di Policitemia Vera basata sui più recenti criteri dell'Organizzazione Modniale della Sanità (brevemente: incremento di emoglobina/emotocrito, presenza di una mutazione a carico dei geni di JAK2, CALR o MPL e caratteristiche istologiche suggestive alla biopsia ostemidollare), non trova indicazione nessuna ulteriore indagine di inquadramento della malattia ematologica. Risulta invece di fondamentale importanza il corretto trattamento della malattia mieloproliferativa, attraverso la correzione di eventuali fattori di rischio cardiovascolare, l'assunzione di aspirina e Oncocrabide e l'eventuale ricorso al salasso con l'obiettivo di mantenere l'ematocrito inferiore al 45%.
Salve, ho 51 anni, da gennaio 2018 sono in cura con salassi ogni mese (anche 2) e ticlopidina. La diagnosi è poliglobulia JAK2 negativo. Epo inferiore a 3, poligrafia negativa per apnee, lastra torace negativa, spilometria negativa, eco addome milza nella norma e 2 aree ipoecogene, fegato ingrossato, ampia ernia iatale scivolata (intolleranza gastroprotettori e cardioaspirina), analisi nella norma, soltanto globuli rossi emoglobina in ematocrito alto, fibrinogeno alto, colesterolo e trigliceridi alti, pressione nella norma fino a 2 mesi fa poi, dopo ipotensione successiva ai salassi, mi dicono che non posso fare più salassi per portare ematocrito sotto i 45 ma fino a 49. Naturalmente il prurito aumenta, mani e piedi si addormentano, mal di testa (bruciore) sudorazione notturna.
Prendo vitamina D per via osteoporosi e da un po' dolore anomalo a tutte le giunture e alle ginocchia.
Ora mi chiedo, visto che dopo un anno di salassi emocromo scende (mai sotto 46) e poi risale subito ma la pressione e bassissima (circa 80/100 su 60/80) c'è qualche consiglio al posto dei salassi? Non bevo e non fumo da 1 anno e mezzo. Bom negativa per PV. Grazie.
(Giulia)
Risposta
Buongiorno Giulia,
l'assenza della mutazione del gene JAK2, unitamente all'istologia negativa per malattia mieloproliferaiva, non consente di porre diagnosi di Policitemia Vera. Pertanto, in assenza di una diagnosi certa di Policitemia Vera, non è possibile valutare la reale necessità e indicare il trattamento più adatto al suo caso.
Dal mio punto di vista, se non ancora eseguito, sarebbe utile valutare lo stato mutazionale delle altre due mutazioni generalmente coinvolte nell'insorgenza della malattie mieloproliferative croniche, ovvero le mutazioni dei geni CALR o MPL, la cui mutazione sarebbe altamente suggestiva di malattia mieloproliferativa cronica. Qualora fossero negative, si porrebbe la necessità di escludere qualsiasi altra possibile causa di eritrocitosi primitiva e secondaria. Nel caso in cui non fosse identificabile alcuna causa primitiva o secondaria di eritrocitosi, si dovrebbe parlare in questo caso di eritrocitosi idiopatica, un'entità non ben definita per la quale non esistono ad oggi dati certi e condivisi riguardo l'approccio terapeutico. Pur essendo stata definita anche eritrocitosi "pura" o "benigna", alcuni studi di vecchia data e di piccole dimensioni hanno comunque messo in evidenza un'incremento del rischio di trombosi anche nei pazienti con diagnosi di eritrocitosi idopatica. Per questo motivo, il trattamento a base di salassi è generalmente indicato in caso di ematocrito superiore al 54% con l'obiettivo di mantenerlo inferiore al 45%, ma può essere indicato anche nei pazienti con ematocrito inferiore al 54% in presenza di pregressi eventi trombotici, fattori di rischio cardiovascolare o segni ischemici.
Il trattamento citoriduttivo è invece controindicato nei pazienti con diagnosi di eritrocitosi idiopatica (McMullin, Mary Frances. "Diagnosis and management of congenital and idiopathic erythrocytosis." Therapeutic advances in hematology 3.6 (2012)).
Il mio consiglio rimane quello di ottenere il miglior inquadramento possibile della condizione ematologica allo scopo di ottimizzare al meglio l'eventuale trattamento.
Buongiorno, sono affetta da Policitemia Vera dal 2003, ho 56 anni e lo scorso 11 gennaio ho iniziato ad assumere oncocarbide (1 compressa al giorno) per splenomegalia e spiccata carenza di ferro per salassi. Ultimo emocromo (20/02/19): ematocrito 46,5% ma la Dottoressa che mi segue mi ha detto che non mi faceva fare il salasso perché troppo anemica. Siccome il tempo che viene dedicato ai pazienti è cronometrato, purtroppo non ho potuto fare le seguenti domande? Andrà bene il dosaggio dell'Oncocarbide? Come mai è salito l'HCT? Perché per la prima volta dopo 15 anni la Dottoressa ha deciso di sforare dalla soglia del 45%? Non so se le domande sono pertinenti su questa pagina. Grazie.
(Monica)
Risposta
Buongiorno Monica,
il dosaggio dell'Oncocarbide viene impostato e progressivamnete aggiustato sulla base dell'efficacia in termini clinici (controllo di sintomi e splenomegalia) ed ematologici (controllo di emoglobina e/o piastrine e/o globuli bianchi) e sulla base della tossicità ematologica e non ematologica, con l'obiettivo di raggiungere la minor dose in grado di garantire un buon controllo clinico ed ematologico con i minori effetti avversi. Per tale motivo, il trattamento con Oncocarbide viene generalmente avviato ad un dosaggio basso (come nel suo caso) che viene successivamente modificato dall'ematologo sulla base dell'andamento dell'emocromo e del controllo dei disturbi associati alla malattia.
L'incremento dell'ematocrito rappresenta una caratteristica tipica della Policitemia Vera per cui non c'è nulla di cui stupirsi. Non so dirle il motivo per cui il suo ematologo abbia "sforato" la soglia del 45%. Tuttavia, allo scopo di ridurre quanto più possibile il rischio di trombosi, è altamente raccomandato mantenere l'ematocrito inferiore al 45% attraverso l'impiego del salasso ed eventualmente della terapia citoriduttiva in base alla classe di rischio del paziente.
Policitemia vera diagnosticata 3 anni fa. Età 71 anni. Con oncocarbide 500 mg una cp a giorni alterni: Hb 14,GB 3500, piastrine 300000, Htc 40%.
Domanda: da diversi mesi accuso discreta fatica a sforzi moderati, per esempio spostare un peso per brevi tratti o zappare l'orto. Prima di questo periodo non mi succedeva. Avverto la fatica soprattutto nei muscoli senza dispnea. Assumo anche farmaci per ipertensione(calcio antagonista + alfa litico) ed ho moderata insufficienza renale. Ci sta con la malattia?
(Fabrizio)
Risposta
Buongiorno Fabrizio,
la presenza di una generica sensazione di stanchezza, comunemente chiamata astenia, che tende talora a peggiorare nel tempo è di comune riscontro nei pazienti con Policitemia Vera e più in generale con malattie mieloproliferative croniche. Tuttavia, è necessario considerare che, in alcuni casi, un improvviso e inaspettato peggiormento della sensazione di stanchezza e affaticamento può essere secondario ad un peggioramento dell'anemia legato, tra le altre cause, ad un effetto tossico dell'Oncocarbide sul midollo osseo oppure alla naturale evoluzione della malattia ematologica. Alternativamente, potrebbe essere necessario escludere la presenza di cause non ematologiche, tra cui le più comuni sono quelle di natura cardiologica.
Si rivolga al suo ematologo di riferimento per valutare l'entità della sintomatologia e, qualora necessario, per eventuali approfondimenti mirati.
Buongiorno,
ho avuto diagnosticata la TE nel 2004 ed ho avuto due episodi di TIA suppongo riconducibili ad eccessivo numero di piastrine che raggiunsero nei due eventi 900 mila. A seguito del primo episodio fu prescritto l'oncocarbide con esito positivo e abbassamento della conta piastrinica. Successivamente l'oncocarbide fu cambiato con l'anagrelide con pessimo risultato, con l'effetto che le piastrine risalirono a 900 mila ed un altro ricovero ospedaliero al termine del quale, verificata la mia intolleranza all'anagrelide e la sua inefficacia, fu ripristinata la terapia con oncocarbide.
Siamo adesso in una fase della malattia in cui l'oncocarbide al massimo dosaggio 1,5 g/die non riesce più a controllare il numero delle piastrine, già arrivato a 700 mila. Considerata la inefficacia delle terapie tradizionali con anagrelide e oncocarbide ed la storia delle TIA, posso sperare che mi venga finalmente prescritto Jacavi o altro farmaco inibitore di JAK2?
(Luigi)
Risposta
Buongiorno Luigi,
ad oggi né il ruxolitinib né altri farmaci inibitori di JAK2 sono approvati in Italia o all'estero per il trattamento della Trombocitemia Essenziale. Questo perché dagli studi clinici condotti recentemente in pazienti con Trombocitemia Essenziale trattati con ruxolitinib, quest'ultimo non si è dimostrato superiore rispetto alla terapia convenzionale. Pertanto, anche in caso di intolleranza o inefficacia della terapia tradizionale, non è possibile accedere al ruxolitinib.
Le alternative terapeutiche sono il proseguimento del trattamento con Oncocarbide, che sembrerebbe essere ben tollerato e parzialmente in grado di controllare la conta piastrinica, oppure l'impiego di altri farmaci citoriduttori.
Sono affetto da mielofibrosi post policitemia vera. Ci sono delle controindicazioni per ottenere il certificato medico sportivo per praticare tennis a livello agonistico? Grazie mille.
(Carlo)
Risposta
Buongiorno Carlo,
praticare un'attività fisica regolare è parte integrante di uno stile di vita sano e, per tale motivo è fortemente consigliata nei pazienti affetti da malattie mieloproliferative croniche. In genere non vi sono particolari limitazioni all'attività fisica (naturalmente in relazione all'età e allo stato di salute generale dell'individuo), fatta eccezione per gli sport di contatto e quelli che espongono ad un elevato rischio di traumatismi o cadute. Tale precauzione riguarda prevalentemente i pazienti che stanno assumendo farmaci antiaggreganti o anticoagulanti, per il conseguente aumento del rischio emorragico, e i pazienti con splenomegalia, per il rischio di lesioni o rottura post-traumatica della milza ingrandita e pertanto più fragile.
Pertanto, un paziente affetto da mielofibrosi, in assenza di controindicazioni corrrelate e non correlate alla malattia ematologica, può far richiesta e ricevere il certificato medico per attività agonistica. Tuttavia è necessario rivolgersi ad un medico dello sport per gli accertamenti e le valutazioni del caso.
Buon pomeriggio,
ho 68 anni e, tra altre malattie, sono affetta anche da Policitemia Vera con discreta piastrinosi, prossima ad assumere Oncocarbide non appena il mio ematocrito supera il valore 45-46, e da ipercolesterolemia familiare, con valori di colesterolo totale superiori a 250.
Essendo riluttante a prendere statine, ho sempre gestito questo problema con integratori di vario genere, l’ultimo Berberol K. A settembre però mi è stata imposta la statina Crestor 5 mg che, per il motivo di cui sopra, ho sostituito con Zetia, dopo cena, in combinazione con Berberol K, prima di coricarmi. Devo dire che dopo un mese di assunzione di questi due farmaci il valore del colesterolo totale si è ridotto a 172, ma a discapito delle transaminasi che si sono incrementate leggermente. Quindi, ho smesso di prendere lo Zetia e continuato con il solo Berberol K. Purtroppo, al controllo dopo quasi 3 mesi i valori sono risultati i seguenti: colesterolo totale 223, HDL 76, LDL diretto 150 e trigliceridi 66, mentre quelli del fegato sono rientrati tutti nella norma. Ora vorrei riprovare a prendere Zetia, ma senza integratore, e se questo da solo non bastasse, mi rassegnerò a prendere Crestor 5 mg.
Siccome nessun medico mi ha mai detto qual è il miglior orario per assumere questo tipo di farmaco per ottenere la massima efficacia chiedo se posso assumerlo prima di coricarmi, dato che ho letto che il picco di secrezione del colesterolo si verifica intorno alle 2 di notte.
Grazie mille per un'eventuale comferma a questa forse mia stupida domanda.
(Berenice)
Risposta
Buongiorno Berenice,
nei pazienti con malattie mieloproliefarive la correzione dei fattori di rischio cardiovascolare, tra cui anche l'ipercolesterolemia, risulta di fondamentale importanza ai fini di un corretto ed efficace controllo del rischio trombotico. Pertanto, qualora l'azione correttiva sullo stile di vita e sulle abitudini alimentari non risultasse efficace, è indispensabile l'introduzione di terapia farmacologica specifica.
La posologia ottimale delle statine in termini di efficacia non è ancora chiaramente definita. Tuttavia, come ha ben riferito nella domanda, è generalmente consigliata la somministrazione serale delle statine dal momento che la biosintesi del colesterolo raggiunge la sua massima intensità nelle ore notturne. Questo è particolarmente vero per le statine a breve emivita (tra cui tuttavia non rientra il Crestor o rosuvastatina), che in alcuni studi si sono dimostrate significativamente più efficaci nell'abbassamento del colesterolo LDL e del colesterolo totale quando assunte la sera.
Per quanto riguarda lo Zetia (o ezetimibe), può essere somministrato a qualsiasi ora del giorno indipendentemente dai pasti.
Se un paziente con diagnosi di Trombocitemia essenziale ha un ematocrito alto (50%) deve fare il salasso come un paziente con policitemia vera?
(Giovanni)
Risposta
Buongiorno Giovanni,
la presenza di un elevato valore di ematocrito in un paziente con diagnosi di trombocitemia essenziale potrebbe suggerire la presenza di una forma di policitemia vera. Esistono infatti alcune forme di policitemia vera cosidette "mascherate" che possono presentare alcuni problemi diagnostici. In rari casi, nei pazienti con policitemia vera alla diagnosi, può essere presente una carenza di ferro talmente spiccata da determinare una aumento di globuli rossi di piccole dimensioni (si parla in questo caso di eritrocitosi microcitica) ma con valori di emoglobina ed ematocrito entro i limiti della norma. In altri casi, tutt'altro che infrequenti, è possibile osservare forme mieloproliferative che nella fase iniziale presentano valori di emoglobina ed ematocrito inferiori e, per tale motivo, vengono spesso diagnosticate come trombocitemia essenziale e conseguentemente sottotrattate. Si parla in questo caso di policitemia vera "mascherata" o "prodromica". Il riconoscimento di queste forme di malattia mieloproliferativa cronica è stato reso più agevole dall'introduzione da parte dell'Organizzaione Mondiale della Sanità, a partire dal 2016, di nuovi criteri diagnostici che riducendo il valore limite di emoglobina ed ematocrito risultano più accurati anche nella diagnosi delle forme "mascherate" di policitemia vera.
Pertanto, in presenza di livelli di ematocrito ed emoglobina tali da poter far sospettare la presenza di una forma "mascherata" di policitemia vera, è senz'altro indicato il trattamento con salassi, oltre ad un'accurata rivalutazione della malattia mieloproliferativa da prate del suo ematologo di riferimento.
Egregi Dottori,
68 portatore di mielofibrosi post policitemia vera in cura con Jakavi 20 mg pro die.
A fine 2018 a seguito di lancinanti dolori al braccio sinistro sommate a lesioni epidermiche mi è stata diagnosticata, dal pronto soccorso, l'herpes zoster. Ho fatto tutta la cura prevista (antivirale e antidolorifico) ma tuttora continuo ad avere un fastidioso disturbo (per fortuna non più lancinante) al braccio sinistro che si prolunga sino al pollice e all'indice della mano con la relativa perdita di sensibilità sulle punte delle due dita coinvolte. A tal proposito avendo letto che il Jakavi ha tra i comuni effetti indesiderati i sintomi dell'herpes zoster, volevo chiedervi se questo anomalo prolungamento del dolore al braccio sinistro non derivi anche dallo jakavi stesso.
Il giorno 8 gennaio ho fatto la visita periodica, presso l'ematologo di riferimento, e in quella sede mi è stato prescritto un ulteriore periodo, a dosi ridotte, dell'antivirale sommando LYRICA e vitamine B ma, come sopra detto, seppur ridotto, il fastidioso dolore permane. Ovviamente non è mia intenzione mettere in discussione l'operato del mio ematologo ma avere anche il vostro autorevole parere e/o indicazioni mi rassicurerebbe molto.
Cordialmente.
(Riki)
Risposta
Buongiorno Riki,
la tossicità neurologica periferica associata ai farmaci inibitori di JAK ha meccanismi patogenetici ignoti ed è stata raramente descritta in pazienti in trattamento con ruxolitinib. La maggior parte dei casi è stata infatti riportata in pazienti in trattamento con un altro farmaco JAK-inibitore, chiamato momelotinib.
Pur non potendo escludere a priori un contributo del ruxolitinib nell'entità sintomatologica e nella persistenza della neuropatia, è altamente verosmile che la sintomatologia neurologica che riferisce sia da imputare esclusivamente alla nevralgia posterpetica, una non infrequente complicanza della riattivazione virale dell'HZV, spesso di lunga durata e di difficile trattamento. Pertanto, ritengo che la cosa migliore sia proseguire la terapia sintomatica in atto a base di Lyrica e vitamina B12.
Salve, mio marito con trombocitemia essenziale JAK2 e con ipertensione arteriosa da un po' di notti sta avendo delle forti sudorazione e si sente molto bollente e lui si può dire che non suda mai, come mai? La ringrazio per la risposta.
(Lucrezia)
Risposta
Buongiorno Lucrezia,
escludendo una forma infettiva che possa giustificare la febbre (se presente) e la sudorazione profusa legatata alla defervescenza, la policitemia vera e più in generale le malattie mieloproliferative si caratterizzano per la presenza in alcuni casi dei cosiddetti sintomi costituzionali. Questi comprendono la febbre, in genere non elevata (inferiore a 39 gradi), le sudorazioni profuse generalmente notturne e la perdita di peso significativa e non intenzionale. Pertanto, la sintomatologia riferita da suo marito potrebbe rientrare nel quadro clinico della malattia ematologica. Tuttavia, tali disturbi possono essere interpretati soltanto nel corso di una visita medica completa di anamnesi ed esame obiettivo, cosa che non è possibile fare attraverso un computer. Pertanto la invito innanzitutto a rivolgersi al suo medico curante per le dovute valutazioni e, eventualmente, all'ematolgo che ha in cura suo marito qualora fossero necessari approfondimenti.
Salve, 37 anni con TE e piastrine intorno ai 700, svolgo da 2 mesi un allenamento mirato per la corsa (mezzo fondo) e ho da 2 giorni una sensibilità alterata alle gambe con cambio colorito violaceo delle cosce. Cosa può essere?
Risposta
Buongiorno,
nella Trombocitemia Essenziale i disturbi vascolari di natura non trombotica sono legati ad un'alterazione della dinamica ciricolatoria secondaria all'alterazione quantitativa ma anche funzionale di piastrine e globuli bianchi ed interessano principalmente i piccoli vasi delle estremità corporee (mani e piedi), del sistema nervoso centrale, degli occhi e del sistema uditivo. Pe tale motivo, pur non potendo escludere un contributo delle alterazioni circolatorie associate alla Trombocitemia Essenziale, è probabile che la sintomatologia riferita sia legata principalmente ad una reazione vascolare conseguente allo sforzo fisico intenso.
Gentili ricercatori,
alcuni episodi simili a TIA dopo intensa attività fisica verso i 20 anni, prime emicrania con aura sporadiche dopo attività fisica all'età di 25-27 anni, nel frattempo piastrinosi progressiva con superamento dei 450 dall'età di 32 anni. A 37 anni diagnosi di TE JAK2+ carica allelica in seconda analisi 22,8% con BOM MF 0 sec WHO2016, serie eritroide e mieloide normomaturanti con rapporto conservato, da due anni in cura con cardirene 160 mg e pantoprazolo nei mesi di cambio stagione.
Ora, 39 anni, ultimo emocromo di dicembre 2018 piastrine 602 (primo superamento di quota 600!) GB 8,95, GR 5,02, HGB 14,4, HCT 43,0, Creatinina 1,28, LDH 219, P-Urato 6,4. Se ho ben capito anche senza evoluzione in PV, MF o AML la citoriduzione mi verrà inesorabilmente proposta o a seguito del primo episodio trombotico significativo (più grave dei quotidiani sintomi del microcircolo) o al momento in cui i sintomi diverranno intollerabili e/o invalidanti oppure al superamento della soglia del milione/milione e mezzo di piastrine con ev. acquisizione del Von Willebrand e rischio emorragico significativo.
Qual è la tempistica media per un paziente TE JAK2+ under 40 dalla diagnosi (con inizio terapia disaggregante) all'inizio della terapia citoriduttiva?
La mediana di sopravvivenza di 33 anni per i < 60 anni considera anche la probabilità di evoluzione fibrotica al 5-10% a 10 anni ed al 8-14% a 15 anni dalla diagnosi o altre evoluzioni? Ovvero i 33 anni sono stati definiti comprendendo solo pazienti che non hanno avuto evoluzione fibrotica o leucemica, che invece ha determinato l'uscita dal campione statistico "trombocitemia" e l'ingresso nel campione "mielofibrosi" o "AML"? Oppure i 33 anni considerano anche i pazienti TE evoluti in PV post TE, MF post TE e AML post TE?
Grazie infinite e cordiali saluti.
(Andrea)
Risposta
Buongiorno Andrea,
come ha correttamente riferito nella domanda, nei pazienti con Trombocitemia Essenziale il trattamento citoriduttivo (generalmente a base di idrossiurea o Oncocarbide) è riservato ai casi con elevato rischio trombotico, definito generalmente da un'età superiore ai 60 anni o dalla presenza di eventi trombotici. In alcuni casi, la terapia citoriduttiva può essere indicata anche in soggetti giovani in assenza di precedenti eventi trombotici nel momento in cui la presenza di trombocitosi estrema (in genere sopra al mimilione/milione e mezzo di piastrine) si associa a sanguinamneti o ad un rischio emorragico significativo per la cosiddetta sindrome di Von Willebrand acquisita.
Non è possibile definire il tempo medio di inizio delle terapia citoriduttiva nei pazienti con Trombocitemia Essenziale JAK2-positiva di età inferiore a 40 anni, in quanto non esistono ad oggi studi in grado di fornire tale dato che risulta statisticamente difficile da determinare. Ad ogni modo, considerando che nei soggetti giovani l'inizio della terapia citoriduttiva coincide generalemnte con il primo episodio trombotico, in un recente studio che ha preso in considerazione pazienti di età inferiore a 40 anni confrontandoli con due coorti più anziane (41-60 anni e >60 anni) è emerso che i pazienti di età inferiore a 40 anni presentano un numero significativamente inferiore da un punto di vista statistico di trombosi arteriose e di trombosi in generale rispetto alle 2 popolazioni più anziane (Szuber, Natasha, et al. "Myeloproliferative neoplasms in the young: Mayo Clinic experience with 361 patients age 40 years or younger." American journal of hematology 93.12 (2018)).
Per quanto riguarda la mediana di sopravvivenza di 33 anni nei pazienti con Trombocitemia Essenziale di età inferiore ai 60 anni (Long-term survival and blast transformation in molecularly annotated essential thrombocythemia, polycythemia vera, and myelofibrosis, Tefferi, Blood, 2014), trattandosi di un "overall survival", ovvero di una "sopravvivenza complessiva", il dato deriva da un'analisi eseguita su un campiojne di pazienti sia che non sono evoluti sia che sono andati incontro ad evoluzione fibrotica o leucemica.
In paziente affetto da policitemia, ma solo le piastrine risultano alte, il resto no vera che assume oncocarbide e tiklid e ha livelli di colesterolo totale a 243 e colesterolo cattivo a 133 e colesterolo buono a normale e trigliceridi a 158 è consigliabile fare solo una buona dieta per il colesterolo e muoversi o prendere statine, io sono contraria alle statine, ho 49 anni sono donna in menopausa e non soffro di problemi cardiaci e nemmeno di diabete e pressione alta, sono normale di peso, cosa mi consiglia?
Risposta
Buongiorno,
nei pazienti affetti da policitemia vera i principali fattori di rischio di trombosi sono l'età superiore a 60 anni e una storia di precedenti eventi trombotici. Si tratta evidentemente di fattori non modificabili. Altri elementi potenzilamnete in grado di aumentare il rischio trombotico sono i fattori di rischio cardiovascolare tradizionali, come ipertensione, fumo, diabete, ipercolesterolemia e sovrappeso. Pertanto, oltre alla terapia farmacologica standard, risulta di fondamentale importanza la riduzione dell'impatto di quei fattori di rischio.
In presenza di ipercolesterolemia, soprattutto se di lieve entità, è possibile intervenire inizialmente con misure atte a modificare lo stile di vita e la dieta. A tal poposito è consigliabile evitare la sedentarietà, svolgere regolaremnte attività fisica e alimentarsi con un dieta completa ed equilibrata.
Per quanto concerne le norme alimentari, è sicuramente consigliabile variare la dieta mangiando regolarmente pesce, frutta, verdura e legumi, ridurre l'apporto alimentare di colesterolo (contenuto in latte e derivati, uova, grassi di origine animale, ecc.), ridurre il consumo di grassi saturi in favore di grassi mono- e polinsaturi, limitare l'assunzione di zuccheri semplici e sale. E' possibile inoltre integrare la dieta con sostanze in grado di ridurre il colesterolo, come ad esempio il riso rosso fermentato. Nel caso in cui l'aggiustamento dello stile di vita e delle norme alimentari non risultasse sufficiente a ridurre i livelli di colesterolo nel sangue, è possibile intervenire farmacologicamente, in genere con l'impiego di statine.
Sono affetta da policitemia dal 2008, assumevo cardioaspirina e facevo salassi, poi in seguito per una conta piastrinica che superava il milione di poco, mi hanno dato oncocarbide, ora continuo ad assumere oncocarbide, ma la cardioaspirina l'hannno cambiata con tiklid, per evitare di prendere il lucen a vita, dato che si pensava che il lucen poteva ridurre il ferro, infatti il ferro è risalito dopo la sospensione del farmaco, ma i globuli rossi adessso sono scesi a 3.180.000, le piastrine a più di 900.000 e i globuli bianchi a 12.000, l'ematocrito a 41 e l'emoglobina a 12,7.
L'ematologo mi ha consigliato acido folico, una pillola al giorno per due mesi, e poi una fiala da bere di vitamina B12 a settimana per un mese. E' consigliabile questa terapia, o potrebbe far salire di più le piastrine, di questo io mi preoccupo, ma mi preoccupo anche che se non la prendo potrebbero scendere i globuli rossi..., cosa ne pensate? Datemi un consiglio spassionato, cosa dovrei fare? Poi il tiklid me l'ha dato un giorno si e un giorno no perchè a volte esce sangue quando sofffio il naso, per varici e rinite.
Risposta
Buongiorno,
la terapia con acido folico 1 compressa al giorno per 2 mesi in associazione a vitamina B12 una volta a settimana per un mese rappresenta un trattamento adeguato in caso di carenza di folati e vitamina B12 . Tuttavia è da ricordare che l'aumento di volume dei globuli rossi, generalmente misurato nell'emocromo con il parametro MCV (dall'inglese Mean Corpuscular Volume, ovvero "volume corpuscolare medio"), può non essere un buon indice di riduzione di acido folico e/o vitamina B12, dal momento che nei pazienti che assumono Oncocarbide l'aumento dell'MCV è un effetto del tutto previsto, innocuo e non trattabile del farmaco.
Per quanto riguarda il Tiklid (clopidogrel), da scheda tecnica la compressa da 75 mg dovrebbe essere assunta giornalmente allo scopo di garantire l'azione terapeutica ottimale rivolta alla riduzione dell'aggregazione piastrinica. La invito a rivolgersi al suo ematologo di riferimento, che sicuramente avrà nota la sua storia clinica, per avere tutte le informazioni e i chiarimenti di cui ha bisogno.
Buongiorno, sono affetto da policitemia. Posso prendere il Torvast per il colesterolo anche se prendo già l'onco carbide? Grazie.
(Erasmo)
Risposta
Buongiorno Erasmo,
nei pazienti in trattamento con Onco Carbide non esiste alcuna controindicazione alla concomitante assunzione di torvastatina, per altro altamente consigliata in presenza di elevati livelli di colesterolo nel sangue per il controllo di un noto fattore di rischio cardiovascolare come l'ipercolesterolemia .
Cosa sono le trombosi splacniche? Grazie della cortesia e buon lavoro.
(Giovanni)
Risposta
Buongiorno Giovanni,
le trombosi sono tra le complicazioni più frequenti e rischiose nei pazienti con malattie mieloproliferative croniche. Si tratta di disturbi provocati da un coaugulo, detto trombo, che ostruisce il regolare flusso sanguigno all'interno di un vaso sanguigno. Il trombo si forma nelle vene o nelle arterie come conseguenza di un'anomala coagulazione del sangue determinata dalla presenza di piastrine e/o globuli bianchi alterati.
Le trombosi possono essere arteriose (se si formano nei vasi che portano il sangue dal cuore agli organi) oppure venose (se si formano nei vasi che riportano il sangue dagli organi verso il cuore). Talvolta, sebbene raramente, nei pazienti con malattie mieloproliferative le trombosi possono svilupparsi in sedi inconsuete come i vasi venosi addominali che portano il sangue all'intestino, al fegato e alla milza. In questo caso si parla di trombosi splancnica.
In relazione al vaso sanguigno interessato, si riconoscono diverse forme di trombosi venosa splancnica, tra cui la trombosi della vena porta, la trombosi della vena mesenterica, la trombosi della vena splenica e la più rara trombosi delle vene epatiche (in quest'ultimo caso si chiama sindrome di Budd-Chiari).
Vorrei sapere in caso di trombocitemia essenziale se questa può essere silente ovvero esistere da anni senza l'aumento delle piastrine.
(Lucia)
Risposta
Buongiorno Lucia,
l'incremento delle piastrine rappresenta una delle principali caratteristiche cliniche della trombocitemia essenziale e la sua presenza è necessaria per porre diagnosi di malattia. Pertanto, sebbene sia possibile che la piastrinosi possa insorgere con una certa latenza (ad ogni modo inquantificabile) dall'evento genetico alla base della malattia, ovvero la mutazione del gene JAK2, CALR o MPL, risulta impossibile l'assenza di piastrinosi in un paziente con trombocitemia essenziale alla diagnosi in assenza di trattamento.
Si puo assumere oncocarbide senza involucro? Grazie.
(Caterina)
Risposta
Buongiorno Caterina,
trattandosi di un farmaco citotossico, è altamente sconsigliata la manipolazione e la rottura della capsula di Onco Carbide, allo scopo di prevenire l'esposizione di cute e mucose all'azione citotossica del farmaco.
Buon pomeriggio,
sperando di fare cosa utile, in riferimento alla risposta data a Stefano il 12 febbraio, si segnala l'avvenuto deposito del brevetto per CALR and JAK2 vaccine compositions qui segnalato.
Ritenete sia promettente la strada intrapresa da questi ricercatori? Quali sono le modalità e tempistiche a partire dal brevetto per arrivare a sperimentazioni cliniche? Grazie.
(Andrea)
Risposta
Buongiorno Andrea,
i vaccini antitumorali rappresentano un recentissimo ed innovativo approccio al trattamento delle malattie tumorali e, analogamente alle CAR-T cells, si basano sull'impiego di tecniche e prodotti in grado di agire direttamente o indirettamente sul sistema immunitario sfruttandone il fisiologico ruolo di protezione nei confronti delle cellule tumorali. Si tratta di un approccio sicuramente promettente, che necessita tuttavia ancora di studi e sperimentazioni approfondite, alla luce anche del fatto che i vaccini antitumorali vanno ad agire su un sistema biologico estremamente complesso qual è il sistema immunitario.
Il brevetto depositato cui fai riferimento riguarda il vaccino antitumorale sviluppato dal gruppo di studio danese e rappresenta solo il primo passo verso l'eventuale approvazione del vaccino, che dovrà necessariamente passare attraverso anni di sperimentazione clinica con successiva immissione in commercio del prodotto qualora si dimostri efficace e sicuro. Come già accennato nella risposta del 13 febbario, a metà del 2018 è stato avviato uno studio di fase 1 coordinato sempre dal gruppo di ricerca danese per sperimentare un vaccino antitumorale basato su un peptide derivato dalla proteina CALR muatata. Tale studio è volto principalmente a valutare il profilo di sicurezza del farmaco e la fine dello studio è prevista nel 2021.
Nel caso in cui il vaccino dovesse risultare sicuro, dovranno essere svolti altri studi clinici (detti di fase 2 e di fase 3) volti a valutare l'efficacia del farmaco nei pazienti con malattie mieloproliferative. La strada verso l'eventuale approvazione di un vaccino antitumorale per il trattamento delle malattie mieloproliferative è duqnue ancora lunga e richiederà anni di sperimentazione clinica.
Gentilissimi,
paziente con mielofibrosi in cura con jacavi, vorrei sapere se ci sono controindicazioni ad assumere anche azitromicina per un'infezione. Grazie mille.
(Rosa)
Risposta
Buongiorno Rosa,
non sono note ad oggi controindicazioni all'impiego di azitromicina nei pazienti in trattamento con ruxolitinib. Al contrario, la claritromicina (appartente alla stessa famiglia di antibiotici ma chimicamente e metabolicamente diversa dall'azitromicina) è controindicata nei pazienti che assumono ruxolitinib in quanto può determinare una esposizione eccessiva al ruxolitinib come conseguenza dell'inibizione dei meccanismi metabolici coinvolti nell'eliminazione del farmaco dall'organismo.
Ho policitemia vera dal 2008, assumevo cardioaspirina e lucen fino a poco fa, poi ho cambiato con ticlodipina e ho smesso di prendere il lucen, perchè avevo il ferro basso a 25 e la ferritina a 7, è risalito il ferro normale e la ferritina, ma i globuli rossi sono scesi a 3.180.000, le piastrine a più di 900.000 e i globuli bianchi a 12.000, ematocrito 41 e emoglobina 12,7.
Assumo da anni anche oncocarbide, ora ne sto prendendo 2 al giorno prima di più, e nonostante prendevo 3 oncocarbide non scendeva mai l'ematocrito, ora mi ritrovo normale quasi tutto trannne le piastrine, e i globuli rossi bassi, ho avuto influenza ho preso antibiotico, e per il raffreddore, usciva sangue quando soffiavo il naso; per un periodo l'otorino dice che ho le varici.
Volevo chiedervi se la ticlodipina porta anemia e come mai i globuli rossi sono bassi, datemi un consiglio.
Risposta
Buongiorno,
la ticlopidina non ha come effetto avverso diretto una riduzione dei globuli rossi e dell'emoglobina, ad eccezione di rari casi di anemia emolitica acuta in cui il quadro clinico è completamente diverso. Tuttavia, in presenza di un sanguinamento occulto, la ticlopidina può favorire il sanguinamento stesso e quindi la comparsa o il peggioramento dell'anemia.
Per quanto riguarda la riduzione dei globuli rossi, mi risulta molto difficile esprimere un'opinione a riguardo con i dati a disposizione. Potrebbe trattarsi dell'effetto di un sanguinamento occulto (potenzialmente favorito dalla ticlopidina) oppure di un effetto avverso dell'Oncocarbide, che agendo a livello del midollo osseo può determinare una riduzione eccessiva dei globuli rossi, delle piastrine e dei globuli bianchi. Alternativamente, la riduzione dei globuli rossi potrebbe essere espressione di una modificazione della policitemia vera verso una forma mielofibrotica.
Le consiglio di rivolgersi al suo ematologo di riferimento per ulteriori chiarimenti sulla base dei dati clinici e di laboratorio.
Gentili ricercatori,
ho letto di recente che in Danimarca stanno lavorando su delle vaccinazioni terapeutiche collegate alle mutazioni CALR e JAK2. Mi potete dire per cortesia di che cosa si tratta?
(Andrea)
Risposta
Buongiorno Andrea,
il gruppo di ricerca danese è da alcuni anni molto attivo nello studio e nello sviluppo di un possibile nuovo approccio terapeutico noto come vaccinazione antitumorale. Tale ricerca nasce dall'osservazione che nei pazienti con malattie mieloproliferative è presente una risposta immunitaria rivolta contro le cellule patologiche con mutazione del gene JAK2 o del gene CALR. Ciò significa che il gene mutato produce una proteina anomala che viene riconosciuta dal sistema immunitario, che a sua volta sviluppa una popolazione di linfociti T (una della "armi" più importanti del sistema immunitario) rivolti contro tale proteina anomala e contro le cellule che esprimono tale proteina. Questa risposta è presente nell'organismo ma sicuramente non efficace, anche a causa della concomitante presenza di altri meccanismi immunitari che inibiscono tale risposta (si tratta di un complesso e delicato equilibrio tra azioni stimolatorie e inibitorie).
Partendo da tale osservazione, i ricercatori danesi hanno ipotizzato la possibilità di sviluppare dei vaccini antitumorali contenenti una piccola porzione della proteina anomala potenzialmente in grado di stimolare il sistema immunitario a aviluppare una risposta contro le cellule patologiche. E' tuttavia da sottolineare l'estrema complessità dei meccanismi che regolano l'immunità antitumoarale nei pazienti con malattie mieloproliferative, potenzialmente in grado di attenuare se non annulare completamente la risposta immunitaria stimolata da un'eventuale vaccinazione antitumorale. Per tale motivo, un ulteriore approccio terapeutico ipotizzato è quello di associare la vaccinazione antitumorale contro JAK2 o CALR ad altri farmaci in grado di modulare la risposta immunitaria favorendo l'azione del vaccino.
A metà del 2018 è stato avviato uno studio di fase 1 (per cui volto principalmente a valutare gli effetti avversi) coordinato dal gruppo di ricerca danese per sperimentare un vaccino antitumorale basato su un peptide derivato dalla proteina CALR muatata.
Si tratta sicuramente di un campo di ricerca scientifica estremamente interessante e potenzialmente promettente. Tuttavia, i dati ad oggi disponibili sono ancora troppo pochi ed è necessario attendere i risultati di ulteriori ricerche per arrivare all'eventuale sviluppo di un vaccino antitumorale efficace contro le malattie mieloproliferative.
Con trombocitemia essenziale si puo richiedere un certificato medico per attività agonistica per effettuare mediofondo di ciclismo?
(Diego)
Risposta
Buongiorno Diego,
praticare un'attività fisica regolare è parte integrante di uno stile di vita sano e, per tale motivo è fortemente consigliata nei pazienti affetti da Trombocitemia Essenziale. In genere non vi è alcuna limitazione all'attività fisica (naturalmente in relazione all'età e allo stato di salute generale dell'individuo), fatta eccezione per gli sport di contatto e quelli che espongono ad un elevato rischio di traumatismi o cadute. Tale precauzione riguarda prevalentemente i pazienti che stanno assumendo farmaci antiaggreganti o anticoagulanti, per il conseguente aumento del rischio emorragico, e i pazienti con splenomegalia, per il rischio di lesioni o rottura post-traumatica della milza ingrandita e pertanto più fragile.
E' inoltre da ricordare che gli sforzi fisici protratti e molto intensi espongono ad un aumentato rischio di emoconcentrazione in conseguenza della perdita di liquidi.
Pertanto, un paziente affetto da trombocitemia essenziale, in assenza di controindicazioni corrrelate e non correlate alla malattia ematologica, può far richiesta e ricevere il certificato medico per attività agonistica. Tuttavia è necessario rivolgersi ad un medico dello sport per gli accertamenti e le valutazioni del caso.
Buongiorno, sono affetto da mielofibrosi post PV dal 2011. Ho rifatto la BOM a novembre scorso, ed è risultato la mutazione, oltre del gene JAK2, quella del gene ETV6. Vorrei sapere se questo gene è aggressivo per la mia malattia.
Vi ringrazio anticipatamente.
(Donato)
Risposta
Buongiorno Donato,
non eistono ad oggi evidenze scientifiche che associno le mutazioni del gene ETV6 ad un significato favorevole o sfavorevole nei pazienti affetti da mielofibrosi.
Salve ricercatori, qual è la vostra opinione riguardo la possibile efficacia nel combattere le sindromi mieloproliferative dei "vaccini" prodotti istruendo i linfociti T ad aggredire le cellule che presentano le mutazioni CARL e JAK2?
Grazie
(Stefano)
Risposta
Buongiorno Stefano,
la terapia cellulare rappresenta una nuova frontiera per il trattamento di diverse malattie oncologiche, tra cui anche alcune malattie onco-ematologiche. Quello a cui fai riferimento nella domanda è la terapia con cellule CAR-T (acronimo derivato dall'inglese "Chimeric Antigen Receptor"), che si basa su complesse tecniche di laboratorio volte ad "istruire" i propri linfociti a riconoscere e quindi ad aggredire le cellule tumorali.
Brevemente, i linfociti T del paziente prelevati dal sangue periferico subiscono una riprogrammazione genetica che permette loro di esperimere sulla superficie cellulare un recettore (chiamato appunto Chimeric Antigen Receptor [CAR]) in grado di riconoscere selettivamente sostanze specifiche sulla superficie della cellula tumorale attivandone i meccanismi di morte cellulare. Sebbene efficace e promettente, la terapia con cellule CAR-T non è esente da effetti collaterali anche molto severi e per ad oggi è stata sperimentata ed approvata per malattie estremamente aggressive. Tale trattamento è stato infatti recentemente approvato in USA ed Europa per il trattamento della leucemia acuta linfoblastica del bambino e del linfoma diffuso a grandi cellule B nell'adulto. Attualmente sono in corso sperimentazioni cliniche per altre neoplasie ematologiche, tra cui leucemie acute, alcuni tipi di linfoma e mieloma multiplo.
Per quanto riguarda le malattie mieloproliferative, al momento non vi sono studi in corso che prevedano l'uso di cellule CAR-T cells. Ciò è principalmente dovuto al fatto che non sono ancora stati individuati nelle malattie mieloproliferative dei specifici bersagli contro cui rivolgere le cellule CAR-T. Inoltre, i rischi di tale strategia terapeutica superano decisamente i rischi legati alla malattia, almeno nella grande maggioranza dei casi. Non si può escludere che in futuro l'affinamento della tecnica alla base di questo approccio possa ridurre gli effetti collaterali e renderlo un'opzione possibile anche nella malattie mieloproliferative croniche.
Buon pomeriggio,
cortesemente, vorrei sapere se nella trombocitemia essenziale, è normale una iperproduzione di muco, ipotermia e cardiopalmo. Grazie.
(Domenico)
Risposta
Buongiorno Domenico,
ad oggi non è nota alcuna associazione tra trombocitemia essenziale e iperproduzione di muco. L'ipotermia può invece costituire una manifestazione clinica della trombocitemia essenziale qualora si manifesti a livello delle estremità degli arti superiori e inferiori (mani e piedi e relative dita). In tali casi si parla di fenomeni Raynaud-simili ed è il risultato dei disturbi a carico della microcircolazione corporea causati dall'incremento della piastrine nel sangue e/o da un'eccessiva risposta dell'organismo agli stimoli.
Infine, il cardiopalmo non è generalmente riporato come manifestazione clinica della trombocitemia essenziale e si osserva più frequentemnete in pazienti trombocitemici trattati con un farmaco chiamato Angrelide.
Ho letto un recente articolo che mette in relazione la MF con la vitamina D ed i macrofagi. E' il caso che sospenda la vit D (sono lievemente sotto 30) avendo una prefibrotica? Da quando prendo la vit D non mi ammalo neanche per un raffreddore. Grazie.
(Fernando)
Risposta
Buongiorno Fernando,
l'articolo cui fai riferimento è molto interessante (e complesso) e sembrerebbe dimostrare un ruolo del recettore per la vitamina D nella produzione di una specifica popolazione di cellule chiamate macrofagi, a loro volta coinvolte nello sviluppo di cellule responsabili della comparsa di fibrosi nel midollo. Lo studio in oggetto, che si basa su modelli animali, non assegna un ruolo patogenetico diretto ad eventuali livelli elevati di vitamina D, che al contrario risulta generalmente ridotta nei pazienti con malattie mieloproliferative. Pertanto non vi è alcuna indicazione a limitare l'introito di vitamina D, un elemento per altro di fondamentale importanza a livello di numerosi processi biologici del nostro organismo. Inoltre, bisogna ricordare che la fibrosi midollare nella mielofibrosi è un epifenomeno legato al rilascio di citochine proinfiammatorie da parte delle cellule emopoietiche malate e non è di per se la causa della mielofibrosi.
Cortesemente vorrei sapere se nel corso del corrente anno saranno fatti convegni sulla MIELOFIBROSI.
Grazie.
(Liviana)
Risposta
Buongiorno Liviana,
al momento non sono in programma convegni sulla mielofibrosi aperti a pazienti. La Giornata del Paziente, che dal 2010 si svolge regolarmente a Firenze a cura del CRIMM (Centro di Ricerca e Innovazione per le Malattie Mieloproliferative) dell'A.O.U. Careggi coordinato dal Prof. Alessandro Maria Vannucchi, si terrà da quest'anno ogni 2 anni. Pertanto, non è prevista l'edizione del 2019, ma l'evento verrà organizzato nel 2020. Ad ogni modo sul sito AGIMM è possibile trovare tutti gli aggiornamenti più recenti dai congressi nazionali e internazionali riguardanti le malattie mieloproliferative (http://www.progettoagimm.it/).
Mia moglie 41enne è affetta da TE dal 2008 tripla-negativa. Volevo chiedere se la situazione un triplo-negativo è del tutto paragonabile a quella di un affetto da TE con geni mutati. Grazie.
(Andrea)
Risposta
Buongiorno Andrea,
ad oggi i dati della letteratura scientifica mostrano che nella trombocitremia essenziale lo stato di triplo-negativo (definito dall'assenza di una mutazione a carico di uno dei 3 geni "driver", ovvero JAK2, CALR, MPL) determina differenze solo di natura clinica. Ad esempio, se confrontati con i pazienti portatori della mutazione di JAK2, i pazienti triplo-negativi generalmente sono più giovani alla diagnosi, hanno valori di emolgobina e globuli bianchi minori e hanno un'incidenza di trombosi inferiore.
Tuttavia, per quanto riguarda la sopravvivenza, il rischio di evoluzione in mielofibrosi e il rischio di evoluzione in leucemia acuta, non vi sono differenze significative tra pazienti con trombocitemia essenziale triplo-negativa e pazienti portatori di una mutazione a carico di uno dei geni "driver".
Buongiorno gentili ricercatori,
ho 29 anni e 2 splendidi bimbi, sono affetta da te da circa 6 anni, mutazionbe calreticulina e piastrine oltre il milione. Qualche mese fa ho iniziato interferone, ma dopo 3 mesi l'ho sospeso per caduta capelli e un po' di depressione, adesso le piastrine sono risalite e il mio medico mi ha proposto di prendere oncocarbide o, se ci riesco, di cercare di riprendere interferone. Io sono terrorizzata da oncocarbide anche se il mio ematologo mi ha molto rassicurata sugli eventuali rischi a lungo termine della terapia con onco, inoltre anche oncocarbide provoca caduta dei capelli?
Quindi il mio dubbio è, posso stare tranquilla e prendere onco o è meglio cercare di sopportare interferone? Grazie mille.
(Marinella)
Risposta
Buongiorno Marinella,
il trattamento delle malattie mieloproliferative, tra cui anche la trombocitemia essenziale, si basa su linee guida internazionali che sono il frutto di numerosi studi clinici e collaborazioni tra esperti internazionali. I soggetti di età inferiore a 60 anni, senza precedenti eventi trombotici, sono definiti a basso rischio (inteso come rischio di sviluppare trombosi) e non necessitano generalmente di terapia citoriduttiva (Oncocarbide, Interferone o altro farmaco citostatico), ma sono trattati comunemente con Aspirina a basse dosi. Nei pazienti giovani, quindi, l'impiego di farmaci citoriduttivi può rendersi necessario in caso di precedenti eventi trombotici, o più infrequentemente in presenza di piastrinosi importante (in genere superiore a 1300) associata a manifestazioni emorragiche. Nel soggetto giovane è preferibile inizialmente l'utilizzo dell'Interferone, tuttavia in caso di intolleranza è necessario sospenderlo senza indicazione ad ulteriori tentativi terapeutici con lo stesso farmaco.
Pertanto, qualora si confermasse nel suo caso la necessità di trattamento citoriduttivo, l'impiego dell'Oncocarbide può trovare spazio. Tale farmaco non causa la caduta dei capelli e i possibili effetti avversi più comuni riguardano principalmente il midollo osseo (riduzione di globuli bianchi, emoglobina e piastrine, effetti del tutto reversibile) e la cute (secchezza della pelle, iperpigmentazione di cute e unghie, afte, ulcere cutanee, in alcuni rari casi tumori benigni della pelle).
Riguardo alla possibilità che il trattamento con idrossiurea possa essere associato ad un maggior rischio di evoluzione verso forme di leucemia, ci sono molti studi che non hanno rilevato un aumento significativo del rischio. Tuttavia tale rischio non può essere del tutto escluso in caso di trattamento molto prolungato, motivo per il quale nei pazienti giovani l'uso di idrossiurea è raccomandato, a titolo prudenziale, in assenza di altre opzioni terapeutiche.
Mi scusi ancora se chiedo un'altra vostra opinione ma vorrei capire... Mio marito, 38 anni con trombocitemia essenziale JAK2+ con 1110 di piastrine ha la milza che è arrivata a 13 cm, ma non può fare la cura adesso ma più in là... Per quale motivo? Grazie mille per la vostra risposta.
(Lucrezia)
Risposta
Buongiorno Lucrezia,
il trattamento della trombocitemia essenziale, come di qualsiasi altra malattia mieloproliferativa, è generalmente guidato da linee guida universalmente accettate che sono il frutto di anni di studi clinici e collaborazioni tra esperti internazionali. Dalle informazioni da lei fornite, suo marito appartiene ad una classe di rischio bassa (rischio inteso come probabilità di sviluppare eventi trombotici).
La classe di rischio bassa è determinata, nel caso di suo marito, dall'età inferiore ai 60 anni e dall'assenza di precedenti eventi trombotici. Alla luce della classe di rischio cui appartiene suo marito, e in considerazione della storia di ipertensione arteriosa e della possiblità che i disturbi visivi riferiti siano legati alla trombocitemia essenziale, l'unico trattamento indicato da linee guida è l'Aspirina a basse dosi da assumere giornalmente. Non vi è invece alcuna indicazione a trattamento citoriduttivo, generalmente a base di Oncocarbide. Quest'ultimo può trovare indicazione, nel caso di suo marito, esclusivamente nel caso in cui la conta piastrinica aumenti ulteriormente (generalemnte sopra le 1300-1500 piastrine) e si associ a sanguinamenti. La splenomegalia non costituisce nella trombocitemia essenziale un'indicazione al trattamento (oltretutto non si riesce a capire se i 13 cm si riferiscano ad una valutazione palpatoria o ecografica).
Oltre a ciò, ribadisco che i valori di ematocrito riportati nelle precedenti domande risultano piuttosto elevati e meritano senza alcun dubbio una valutazione mirata ed un eventuale intervento terapeutico. A tal scopo la invito a rivolgersi all'ematologo che ha in cura suo marito.
Gentili ricercatori,
a quando ci si può aspettare la eventuale approvazione in Italia per la PV del Besremi? Ho letto che gli studi stanno andando piuttosto bene e che l'approvazione dell'EMA è prossima.
Saluti e grazie.
(Luca)
Risposta
Buongiorno Luca,
ad oggi non è possibile fare una previsione riguardo l'approvazione nel nostro Paese del ropeginterferon alfa-2b (nome commerciale: Besremi). Ad oggi il Comitato per i Medicinali per l'Uomo (Chmp), afferente all'Agenzia Europea del Farmaco (EMA), ha espresso parere favorevole e ha raccomandato l'approvazione all'immissione in commercio del farmaco per il trattamento dei pazienti con policitemia vera senza splenomegalia sintomatica. E' pertanto necessario attendere l'approvazione ufficiale da parte dell'Agenzia Europena del Farmaco (EMA) e successivamente da parte dell'Agenzia Italiana del Faramco (AIFA).
Con ogni probabilità il farmaco verrà approvato, tuttavia non è possibile ad oggi prevedere quando il farmaco sarà prescrivibile dall'ematologo italiano.
Salve, volevo capire una cosa di alcuni valori di mio marito con trombocitemia JAK2 positivo. Dopo un'anno di controlli, all'ultimo controllo del 30 gennaio i globuli rossi a 7,92 e l'ematocrito a 53,4 e adesso farà il suo primo salasso e l'ematologo ha spiegato che lo farà ogni volta che l'ematocrito salirà sui 50.
A questo punto la sua malattia sta subendo una evoluzione in policitemia? L'ematologo ci ha detto che adesso vuole tenere sotto controllo l'ematocrito, perché?
(Lucrezia)
Risposta
Buongiorno Lucrezia,
il quadro clinico che ha descritto risulta poco chiaro. E' probabile che suo marito sia affetto da una forma di policitemia vera che inizialmente si è presentata come trombocitemia essenziale. Casi analoghi a quello di suo marito sono tutt'altro che infrequenti e in gergo medico vengo generalmente riferiti come policitemia vera "mascherata".
Il salasso è indicato per il trattamento della policitemia vera e, in linea generale, ha come obiettivo il mantenimento di un valore di ematocrito inferiore al 45%. Tale valore è il risultato di alcuni studi clinici che hanno dimostrato una significativa riduzione del rischio di trombosi nei pazienti in cui l'ematocrito viene mantenuto a valori inferiori a 45%. Pertanto, il monitoraggio dell'ematocrito associato a salassoterapia (quando necessario) è sicuramente raccomandato.
Le consiglio di rivolgersi al suo ematologo di riferimento per ulteriori chiarimenti sulla diagnosi e sul trattamento della policitemia vera.
Buon pomeriggio,
in caso di possibilità di trapianto per mielofibrosi, con cellule da donatore aploidentico, considerando rischi e benefici, in quale fase della malattia (DIPPS, MIPSS70...) è consigliabile procedere?
Grazie per la vostra disponibilità.
(Maria)
Risposta
Buongiorno Maria,
nei pazienti con mielofibrosi l'indicazione al trapianto di cellule staminali emopoietiche (sia da donatore familiare 100% compatibile o aploidentico che da donatore non familiare) è generalmente posta sulla base della classe di rischio. Secondo le più recenti linee guida, la procedura trapiantologica è indicata in pazienti giovani (di età inferiore a 70 anni) con classe di rischio elevata (cioè intermedio-2 e alta) secondo le classificazioni prognostiche oggi in uso (DIPSS, DIPSS-plus).
In alcuni casi il trapianto di midollo osseo può essere proposto in pazienti più giovani (di età inferiore a 65 anni) con classe di rischio intermedio-1, qualora siano presenti anemia trasfusione-dipendente, blasti (cellule immature) nel sangue periferico >2%, un cariotipo (analisi dei cromosomi) sfavorevole, assenza delle mutazioni driver (JAK2, MPL o CALR), oppure la presenza di mutazioni nel gene ASXL1.
Più recentemente sono stati pubblicati 2 nuove classificazioni prognostiche, chiamate MIPSS(-plus) e GIPSS, che utilizzano alcuni dati di tipo genetico e possono costituire un utile strumento a dispozione dell'ematologo per guidare le scelte terapeutiche nei pazienti affetti da mielofibrosi in età trapiantologica.
Egregi, ricercatori ho 73 anni, sono affetto da mielofibrosi da 3 anni. Il primo anno ho assunto oncocarbide 1 cp al dì e duoplavin, e ciò mi ha regolarizzato le piastrine da 700 a 460. Lentamente però ho notato che già il secondo anno pur aumentando l'oncocarbide a 11 cp settimanli non si riusciva ad andare sotto i 600. Adesso sono a 680 l'ematologo mi ha prescritto 2 cp di idrossiurea al dì.
Vorrei sapere se nel mio caso l'oncocarbide non ha più effetto e se questo nuovo dosaggio possa modificare gli altri elementi dell'emocromo attualmente stabili. Vi ringrazio.
(Enzo)
Risposta
Buongiorno Enzo,
nel suo caso è più probabile che il progressivo incremento delle piastrine sia da imputare più alla naturale evolzione della mielofibrosi che ad una perdita di efficacia dell'Oncocarbide. Ne deriva la necessità di aggiustare il dosaggio dell'Oncocarbide in funzione della conta piastrinica. Trattandosi di un farmaco citoriduttivo, è possibile che all'aumentare del dosaggio dell'Oncocarbide possa comparire un'alterazione di altri parametri dell'emocromo, in particolare del valore di globuli bianchi (o leucociti) e di emoglobina, che potrebbero tendere alla riduzione. Spetta naturalmente all'ematologo curante valutare costi e benefici del trattamento con Oncocarbide in funzione dei dati clinici e di laboratorio.
Salve, torno a scrivervi per avere notizie in merito agli effetti collaterali del Ruxolitinib, in particolare quelli neuro-tossici, perché evidentemente precedentemente non avevo esposto bene la mia domanda. Chiedevo se c'è un aggiornamento clinico a riguardo, giacché, avendo chiesto un parere ad un neurologo su determinate problematiche mi è stato risposto che qualsiasi valutazione specialistica-neurologica non può essere effettuata senza avere chiaro i possibili effetti di tossicità neurologica del ruxolitinib, giacché i sintomi di tossicità non danno soltanto problematiche neuromotorie. Aggiungo che dallo stesso mi è stato riferito che vari farmaci usati nel campo ematologico come antiblastici danno ripercussioni nel sistema nervoso. Vero è che sino adesso non è stato possibile dimostrare l'effetto antiblastico del ruxolitinib se non quello sull'alterazione del JAK2 e la diminuzione dlla milza, anche per l'assenza di un protocollo creato ad hoc sull'effetto antiblastico (a riguardo tale effetto l'ha avuto alla grande su mia moglie tenuto conto che dopo tre mesi dall'assunzione del jacavi, marzo 2014, non ha avuto più presenza di blasti, nonostante che prima della cura avesse avuto picchi del 12% di blasti). Tutto ciò, ripeto, per sapere se c'è un studio a riguardo degli effetti tossici-neurologici, in particolare se tali effetti sono più probabili tanto più si va avanti con l'assunzione del ruxolitinib.
Questa mia richiesta, come già detto, nasce dalla risposta del quesito predente del 15 gennaio dove veniva data nel sito questa risposta: "Una possibile tossicità neurologica, con meccanismi patogenetici tutti da chiarire, è stata segnalata per i farmaci inibitori di JAK".
Grazie sempre per l'attenzione.
(Ernesto)
Risposta
La citazione della risposta a precedente domanda è parziale; la risposta completa recitava infatti come di seguito:
"Una possibile tossicità neurologica, con meccanismi patogenetici tutti da chiarire, è stata segnalata per i farmaci inibitori di JAK, ma in termini di incidenza soprattutto per la molecola Momelotinib, tossicità favorita da cause concomitanti; con Ruxolitinib a mia conoscenza non è stato documentato un incremento significativo di queste complicanze, il che non esclude in modo definitivo una correlazione"
In quanto a protocolli specificamente mirati a valutare la tossicità neurologica del farmaco, questa non è generalmente l'obiettivo di un protocollo clinico, che è quella di dimostrare prima di tutto l'efficacia di un farmaco. Soprattutto nelle prime fasi di sviluppo vengono registrate con attenzione tutte le tossicità manifestate e valutata la possibile correlazione con un farmaco, arrivando a stabilire un legame nel caso di incidenze significativamente superiori di un tale effetto nei pazienti trattati. In questo senso, la tossicità neurologica è risultata incidente soprattutto nei ppazienti trattati con un diverso inibitore di JAK, cioè Momelotinib, mentre a mia conoscenza non è tra gli effetti collaterali più comuni del Ruxolitinib.
Occorre inoltre distinguere con chiarezza tra "farmaci antiblastici", quali i chemioterapici convenzionali, ed "effetti antiblastici", intesi quest'ultimi come azione contro i blasti, che può essere esercitata anche da un farmaco non strettamente antiblastico quale Ruxolitinib.
Salve vi ho scritto il 24 gennaio 2019, ed innanzitutto volevo ringraziarvi, mi è stata diagnosticata o per lo meno sono arrivati ad una conclusione di ERITROCITOSI IDIOPATICA.
Volevo chiedere, esistono sport da evitare (che possono aumentare la viscosità ematica) e sport consigliati? Io ho iniziato quest'anno nuoto. E' uno sport da evitare per chi ha una eritrocitosi? Grazie ancora.
(Elvis)
Risposta
In riferimento al Suo quesito non vi sono sport maggiormente indicati o altri da evitare; in generale esercitare attività fisica in modo continuativo è una buona raccomandazione anche in soggetti con eritrocitosi.
Salve, torno a scrivervi in segutito al problema di "tossicità neurologica" del ruxolitinib evidenziato dai recenti studi (Vs. risposta 15/01/2019).
Mia moglie per una MF post PV assume ruxolitinib 30 mg al dì, da gennaio 2014. Poiché leggendo fra i sintomi che può causare una "tossicità neurologica" ho letto: Comportamento ossessivo e/o compulsivo incontrollabile -Problemi comportamentistici. Torno a chiedervi notizie in merito, poiché da due anni mia moglie, a mio avviso e dei vecchi amici più vicini, il comportamento e le reazioni nervose, via via, col passare dei mesi SONO TOTALMENTE CAMBIATE, al punto che ancora oggi mi chiedo se è la persona che ha avuto una svolta caratteriale e comportamentale a prescindere (anche se le reazione frequenti "esagerate" per ogni cosa contraria o pseudo-contraria restano "strane"), oppure se tutto ciò è conseguenziale all'assunzione di questo farmaco (al quale da 7 mesi è stato associato il Luspatercept).
Grazie sempre per esserci.
(Ernesto)
Risposta
Premesso che è impossibile valutare a distanza queste manifestazioni cliniche, che possono essere inquadrate soltanto nel contesto di una visita specialistica, i sintomi di cui riferisce appaiono maggiormente di carattere psichiatrico che non neurologico e per una loro accurata valutazione Le consiglio comunque di parlarne con il Suo ematologo di riferimento.
Mia sorella, di circa 72 anni, soffre di trombocitemia essenziale da circa 10 anni ed è in cura con oncocarbide, che le ha abbassato notevolmente il numero dei globuli bianchi, sceso pericolosamente sotto il livello di guardia. Ha sentito parlare (è in cura presso il policlinico di Napoli) del Ruxolitinib, ma non le sono noti gli effetti collaterali né le indicazioni precise per la sua patologia. La vorrebbero sottoporre ad un altro prelievo di midollo osseo per poter adattare meglio la cura. Potreste darmi informazioni sul Ruxolitinib, sulla sua efficacia e sugli effetti collaterali? Grazie.
(Edoardo)
Risposta
L'impiego del Ruxolitinib nella trombocitemia essenziale è stato limitato finora all'interno di protocolli clinici sperimentali. I dati disponibili al momento non permettono di dimostrarne con chiarezza la superiorità rispetto all'idrossiurea, anche a causa degli effetti collaterali, in particolare in termini di riduzione delle difese immunitarie con relativo aumento di incidenza di alcune complicanze infettive.
Al momento quindi il farmaco non è disponibile con questa indicazione, ed è difficile stabilire se giungerà in futuro ad essere prescrivibile.
Buongiorno, sono affetta da mielofibrosi diagnosticatami 1 anno fa, da un paio di mesi vengo presa da attacchi di battiti cardiaci alti fino a 110, premetto che sono in cura con oncocarbide, cardiaspirina e all'ultimo esame mi hanno prescritto una cura di ferro di cui sono particolarmente carente in questi ultimi tre mesi. Mi consigliate un farmaco o una terapia per tenere sotto controllo questi eventi? Grazie.
(Giovanna)
Risposta
I sintomi che riferisce non possono essere valutati a distanza al di fuori di una visita specialistica che includa tutti gli elementi clinici e i risultati di laboratorio necessari per il loro inquadramento. Le consiglio pertanto di riferire i Suoi sintomi al Suo ematologo di riferimento.
Salve, sono un uomo di 46 anni e mi è appena stato diagnosticato una eritrocitosi idiopatica, escludendo eccellentemente tutte le forme di Eritrocitosi dovute a malattie mieloproliferative ed alle principali malattie secondarie.
Ora qualcuno mi consiglia di donare il sangue per tenere basso l'ematocrito (non ha superato mai i 54, eritrocitosi dal 2014), qualcun'altro consiglia di NON donare per evitare di sollecitare troppo il midollo osseo. Onestamente non so cosa fare. Sapreste gentilmente darmi un consiglio scientifico? Grazie.
(Elvis)
Risposta
Nelle situazioni di eritrocitosi nelle quali non si identifica una chiara causa (primaria o secondaria), pur non essendoci robusti studi specifici, generalmente si adotta come riferimento la soglia di ematocrito usata per le poliglobulie secondarie, che è pari a 52-54%.
Per fare ciò si raccomanda prima di tutto idratazione abbondante; dato che non vi è una diagnosi, la donazione di sangue può aiutare il mantenimento di valori più bassi di ematocrito.
Sempre in termini generali, la raccomandazione di non donare per "non sollecitare il midollo" non ha basi scientifiche.
Egregi Dottori,
sono qui a porvi la periodica domanda se vi sono novità farmacologiche con relative sperimentazioni su gruppi di pazienti per quanto riguarda la mielofibrosi post PV. Se si, vi sarei grato di darmi le indicazioni necessarie alla richiesta di adesione.
Cordialmente Riki.
(Riki)
Risposta
Nella mielofibrosi sono in fase di sperimentazione alcuni farmaci nuovi che si propongono di agire sulla malattia da soli o in combinazione con i farmaci già impiegati, quali il Ruxolitinib.
L'impiego di questi è limitato all'interno di protocolli sperimentali; il fatto che Le vengano proposti o meno dai Suoi ematologi dipende dall'adeguatezza di queste opzioni per il Suo caso specifico e dalla disponibilità di tali protocolli nel Centro da cui è seguito. Il consiglio è di parlarne direttamente con i medici che La seguono.
Egregi dottori, premetto che già vi ho scritto.
Sono affetto da 2 anni da PV e vi ho fatto svariate domande, ma non vi ho mai chiesto se la Policitemia Vera si evolve sempre in mielofibrosi o esistono casi dove la PV rimane PV? Più o meno in caso di evoluzione in mielofibrosi, dopo quanto tempo dalla diagnosi della PV? Premetto che sono seguito dall'ematologo da 2 anni qui a Reggio Emilia, medico che stimo molto, ma sapere anche la vostra opinione mi aiuterebbe molto.
Con tutta la mia stima vi ringrazio.
(Giuseppe)
Risposta
L'evoluzione in mielofibrosi riguarda una minoranza dei casi di policitemia vera, non si verifica in tutti i pazienti. In quanto alle tempistiche, questa è estremamente eterogenea, e l'incidenza dell'evoluzione tende a crescere percentualmente nel corso del tempo dalla diagnosi.
Buonasera,
2 anni fa, mi hanno diagnosticato con prelievo del midollo la PV. Sono in cura con salassi al bisogno (se supero 45 di ematocrito), cardiospirina e da un anno oncocarbide per un aumento di piastrine. Da 900 sono ad oggi 600..., ma l'ematologo mi ha mantenuto ugualmente l'oncocarbide una al giorno.
Mi hanno diagnosticato la PV a 42 anni, tramite un esame classico del sangue e visto i valori elevati di ematocrito (68). I miei sintomi di prurito e rossore sopratutto in viso, dopo svariati esami anche una TAC.. Infine prelievo midollo, l'esito è stato appunto policitemia vera.
Ora ho 44 anni, non bevo, non fumo, lavoro e per ora posso dire di condurre una vita normale. Non ho mai avuto casi in famiglia di trombosi o infarti e fino ad oggi, tanto meno io. Però non nego che sia preoccupato e vi vorrei fare una domanda diretta: con una diagnosi di policitemia vera, diagnosticata a 42 anni (ora ne ho 44) e con ciò che vi ho appena scritto sopra, quale sarà la mia prospettiva di vita? Quanti anni può vivere un malato di PV diagnosticata a 42 anni?
Vi ringrazio infinitamente per la vostra gentilezza.
(Giuseppe)
Risposta
Gli studi sulla sopravvivenza globale nei pazienti affetti da malattie mieloproliferative (e in generale nella medicina) sono il risultato dell'andamento in gruppi di pazienti, per i quali viene tracciata una media statistica. Bisogna tenere conto che la media è spesso il risultato di comportamenti molto diversi da paziente a paziente, per cui è estremamente complicato riportare questo dato statistico alla realtà del singolo paziente, nel quale vanno poi considerati numerose variabili individuali.
Ciò premesso, bisogna dire che la poliritmia vera è una malattia cronica, con la quale si può convivere gestendo e trattando le relative problematiche, e che modifica significativamente l'aspettativa di vita in una quota minoritaria di pazienti.
Bentornati e buon anno a tutti.
Vorrei sapere se dall'ultimo congresso di San Diego siano venute fuori novità sulla PV, in particolare per quel che concerne l'aspettativa di vita valutabile dai diversi parametri.
Nel frattempo ieri ho chiaccherato con una signora con di 79 anni con PV diagnosticata 24 anni fa. Questo lo scrivo perché sia di conforto a tutti i portatori di questa patologia.
(Giancarlo)
Risposta
I parametri principali per la valutazione della prognosi nella policitemia vera sono sostanzialmente gli stessi. In epoca recente uno studio ha dato risalto al ruolo del cariotipo, cioè l'esame dell'assetto cromosomico effettuato alla diagnosi, per il resto non ci sono novità di rilievo in tal senso.
Gentili Ricercatori,
sono un collega di 62 anni JAK-2 positivo. A 27 anni trombocitemia essenziale, a 41 policitemia vera, a 57 mielofibrosi secondaria.
Dal 1997 al 2016 sono stato trattato con Onco-Carbide 3 cps (a dosaggi inferiori l'emocromocitometria si alterava) senza effetti collaterali. Purtroppo sono comparse (dopo tutto questo tempo!) dolorosissime ulcere alle gambe per cui dopo un breve periodo di Interferon alfa assumo Jakavi. Al dosaggio di 10 + 5 mg ho avuto una fasciite necrotizzante con shock settico a gennaio 2017. Attualmente,con 5+5 mg l'emocromocitometria è soddisfacente e la splenomegalia ben controllata, seppur a prezzo di astenia, diarrea e dolori articolari.
Da circa un mese ho una neuropatia focale a carico dello sciatico popliteo esterno destro, con piede cadente. L'EMG dimostra un blocco di conduzione a livello del cavo popliteo. Sono state escluse le cause più frequenti meccaniche,infettive e farmacologiche. Il Neurologo ipotizza che il Ruxolitinib possa essere l'agente eziologico.
Che ne pensate? E in caso affermativo quale sarebbe la patogenesi?
Grazie di cuore.
(Enrico)
Risposta
Una possibile tossicità neurologica, con meccanismi patogenetici tutti da chiarire, è stata segnalata per i farmaci inibitori di JAK ma in termini di incidenza soprattutto per la molecola Momelotinib, tossicità favorita da cause concomitanti; con Ruxolitinib a mia conoscenza non è stato documentato un incremento significativo di queste complicanze, il che non esclude in modo definitivo una correlazione. D'altra parte questo tipo di tossicità non è così rapidamente reversibile da monitorare l'effetto di una sospensione per comprendere meglio il legame.
Il consiglio può essere quello di seguire questo problema nel tempo, evitando fattori aggravanti.
Mia sorella è in cura con Imatinib da circa sei anni. Io ho letto in alcuni siti di oncologia integrata, dei benefici della papaya fermentata. Parlando di questo estratto di papaya si parla però anche di produzione di interferone ed effetti immunostimolanti.
Voi cosa consigliate in questo caso? Va bene assumere papaya fermentata mentre si assume Imatinib?
(Lara)
Risposta
Al meglio delle mie conoscenze, non ravviso controindicazioni assolute all'impiego di questo preparato in concomitanza all'assunzione di imatinib.
Buongiorno e buon anno.
Volevo chiedervi quali sono i parametri per diagnosticare una PV nello stadio iniziale con valori nella norma ma con sola splenonegalia?
Grazie mille.
(Enrico)
Risposta
Il sospetto di policitemia vera parte generalmente dai parametri del sangue, in particolare dell'emocromo. La presenza di una splenomegalia è un segno clinico che può essere correlato alla policitemia vera ma raramente ne rappresenta l'unica manifestazione. Questo in termini generali; nello specifico del singolo caso clinico, questi aspetti possono essere valutati unicamente nel contesto di una visita specialistica.
Mio padre da un anno assume il Jakavi con un buon esito a parte i globuli bianchi che da 4 mesi aumentano. E'normale?
Risposta
L'incremento dei globuli bianchi è un'alterazione comune nella mielofibrosi, che può avere un andamento vario anche in corso di trattamento con Jakavi. Quello che si può affermare è che tale effetto non venga causato dal farmaco ma che si tratti piuttosto di una caratteristica della malattia che può modificarsi nel corso del tempo.
Buon giorno, vi chiedo delle delucidazione riguardo l'arruaolamento nel progetto low-pv (nato per valutare se l'aggiunta della Prolina-interferone alfa-2b peghilato alla strategia terapeutica basata sui soli salassi e cardiospirina può migliorare l'efficacia del trattamento dei pazienti con PV a basso rischio, in termini di controllo dell'ematocrito (HCT) ai livelli raccomandati < 45%), quali parametri in particolare vengono presi in considerazione fra le persone giovani e a basso rischio mai trattate prima con altri farmaci (come richiesto dal progetto) visto che persone con tali caratteristiche (me compreso che personalmente ho sostenuto visite a Firenze che so essere uno dei centri attivi per questo trial) non sono stati nemmeno informati della cosa ne tantomeno presi in considerazione, tenendo conto che variabili come l'alto numero di salassi (conosco persone che fanno parte del progetto e mantenevano htc <45 con 2-3 salassi annui) non sembrano essere motivo di esclusione dalla sperimentazione stessa; ancora mi domando e vi domando cosa è preso in esame realmente oltre cio che formalmente si sa? Quali altri parametri sono fondamentali oltre quelli conosciuti? Grazie e buon lavoro.
(Mauro)
Risposta
L'arruolamento in un protocollo clinico sperimentale viene considerato dagli ematologi, prima di tutto a partire dai criteri di inclusione ed esclusione, e in ogni caso valutando dal punto di vista medico complessivo l'utilità per il singolo paziente del farmaco o dell'approccio terapeutico in questione, se comunque impiegati in precedenza o per esperienze pubblicate in letteratura.
Per questo è impossibile valutare a distanza o descrivere nel dettaglio tutti gli aspetti che vengono presi in considerazione nella proposta di un protocollo clinico.
La cosa che certamente posso consigliarLe è di parlarne direttamente con i Suoi ematologi, o nel corso della prossima visita o contattandoli direttamente.